IL MORO DI GARIBALDI GIUSEPPE in una lettera del 1872 scritta nel 1872 da Viola Giuseppe

ANDREA, IL MORO DI GARIBALDI in una lettera scritta nel 1872 da Viola Giuseppe (Garibaldino) all’amico Corsi Domenico residente a Belmonte Piceno. Trascrizione fedele <non ortografica>

Carissimo amico, ecco finalmente vi voglio far contento con mandarvi la cinta della Spada del moro di Caribaldi che si chiamava col nome di Andrea Ktaun morto, nella chiesa di Santa Maria della Scala in Trastevere, che nel 1849 si cambiò in una ambulanza per portarvi i feriti che si combattevano sulle mura di Porta San Pancrazio. Ritornando al Moro questo fu ferito il giorno 29 giugno del suddetto anno, mentre si partiva da una osteria posta in via del Canestraro in Trastevere che era stato a far colazione con alcuni suoi amici, che la sera avante gli tenne una Bambina a Battesimo. Così Uscendo da detta osteria ecco all’improvviso cade una grossa bomba scoppia e un pezzo di mitraglia lo colpisce in una tempia alle ore 11 e 1/2 antimeridiane. Subito fu portato alla suddetta ambulanza per la pronta cura, il posto del letto fu davanti l’altare di San Giacinto.

Per prestargli soccorso ma nulla giovò alle 2 pomeridiane spirò alla mia presenza, e del padre Stanislao priore di quel convento e Chiesa che gli somministrò l’Estrema Unzione. Dopo morto fu portato nella Sagrestia di detta chiesa ed lo tenne in custodia per 2 giorni, lì si faceva vedere a varie persone, alcuni lo vollero misurare quanto era alto. La misura asciendeva a due metri perché l’uomo era gicantesco e di bella forma, ma brutto quanto il Diavolo, di lì fu portato con il Carro Comune assieme con gli altri al Cimitero di Santo Spirito in Sassia e lì fu sepolto.

Ecco pertanto Caro Domenico la mia narrazione del Moro di Garibaldi, dunque tenetela acconto, il prezzo è della somma di zero e di zero fa zero. Vi saluto di cuore vostro amico Giuseppe Viola

<che era custode di Santa Maria di Scala in Trastevere>

<NOTA aggiunta:> Belmonte atto 20 giugno 1900 La presente lettera del Viola Giuseppe di Roma fu inviata a mio padre Domenico Corsi nell’anno 1872 insieme una cintura del Moro di Garibaldi. Per sentimento di amicizia e di principi politici io sottoscritto faccio dono di tutto all’amico Ruggero Mercuri, pregandolo di conservare gelosamente il ricordo di un’epoca gloriosa. <firma> Luigi Corsi <autenticazione> Municipio di Belmonte Piceno addì 30 marzo 1911

Visto: Vera la firma del signor Corsi Luigi \ IL SINDACO Remia Severino. < timbro del> MUNICIPIO DI BELMONTE PICENO

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Giovedì della Cena del Cristo

tradizione

UN’ANTICA TRADIZIONE DEL GIOVEDì DELLA CENA DEL CRISTO.

“Andiamo a fare un giro per i sepolcri” si diceva nel secolo scorso. Era un momento atteso, prossimo alla festa più grande dell’anno, la Pasqua del Cristo immolato e risorto che si perpetua come Ostia santa nella Comunione. Cominciamo con il dire che il sepolcro non era altro che “l’altare della reposizione”, ossia il luogo nella chiesa dove viene riposta e conservata l’Eucaristia al termine della liturgia del Giovedì della Cena del Signore.

   Ci si avvicina all’altare contornato con i simboli stabiliti. Le luci danno un’impressione confortante alla comunità che sosta in preghiera. Sullo sfondo, tra molte candele accese, il tabernacolo del Santissimo, con un bel telo. La mensa ha le più splendide tovaglie ricamate a simboli eucaristici. Lo spazio che è davanti è abbellito da tappeti e attorno vi sono i vasi dai molti fiori bianchi e multicolori. L’incensiere accesso emana profumo. Di lato è collocato il ramo dell’ulivo della domenica delle Palme. Sul tavolino il pane e il vino riferiscono l’Ultima Cena del Cristo. Di lato La Bibbia e il candelabro ebraico a nove becchi richiamano l’alleanza del Dio uno e trino con il suo popolo.

   Un’ampolla d’acqua dice che Gesù dona ai credenti l’acqua che zampilla in essi per la vita eterna. Ciascun elemento collocato ha il suo significato che contribuisce al comune scopo di richiamare il credente al supremo valore dell’eucaristia. Lo spazio reso luminoso dona un flusso di gioia, di bontà, di coraggio per la fiducia nella divina fortezza che dà sostegno nelle prove a vantaggio delle umane debolezze. Questo ambiente solenne di devozione valorizza la preghiera. Fa rivivere la scena in cui Gesù si era reso cibo spirituale indispensabile per la fede, la speranza e l’amore. E’ donato il nuovo comandamento che è l’amore. L’agnello pasquale ebraico è ora il corpo e il sangue del Cristo redentore che si dona trasformando pane e vino.

   È lui la via, la verità, e la vita e il suo cuore eucaristico illumina e rinnova la faccia della terra. L’essenzialità è l’agnello pasquale che accoglie le persone espiando e perdonando le persone nella grazia del Padre celeste. Una stola liturgica sta a mostrare il sacerdozio ministeriale voluto nella Chiesa madre e maestra.

 Qui si vivono momenti di preghiera in preparazione della Passione e della Resurrezione di Gesù. Nell’antica tradizione, le famiglie preparavano i vasi con il bianco grano. Nei precedenti mesi invernali, avevano messo i semi in un vaso in un luogo sempre al buio, per far crescere i germogli con colore bianco. I ragazzi facevano in modo che i vasi non soffrissero la mancanza dell’acqua. Talora una famiglia faceva “a gara” con quella vicina nel preparare il miglior vaso con i rampolli di frumento bianco e insieme collaboravano con il prete nell’addobbare l’altare speciale della reposizione con le tradizionali composizioni. E’ onorato il cuore eucaristico di Gesù Agnello Pasquale dell nuova eterna alleanza.

Nell’altare e nel tabernacolo speciale si onorano il cuore eucaristico del Cristo che è l’agnello pasquale dell’eterna Alleanza.

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Pasto fratino (rurale)

FRATINO IL RAPIDO PASTO NEL CAMPO DEI FALCIATORI E MIETITORI

   “Fratino” si dice il modo, lo stile, il senso sociale semplice e amichevole. Il tavolo fratino è piccolo, il taglio dei capelli fratino riduce la capigliatura: questo vocabolo viene riportato dai dizionari della lingua italiana come derivato da “frate” nel senso di frugale . Tra altro fratino è anche il nome di un uccello.

   Durante i lavori nella calura estiva per la fienagione dell’erba e per la mietitura del frumento si faceva una sosta di sollievo: era un rito culinario di ristoro gradevole perché si posavano gli attrezzi agricoli per una breve pausa durante la quale si gustavano cibo e bevande preparate in casa dalle donne e servite nello stesso campo dove si svolgevano i lavori. Si faceva sosta all’ombra di una pianta. Si prendeva cibo semplice, alla svelta, stando in piedi tra le stoppie. Già al mattino presto il lavoratore aveva ‘sdigiunato’. Nel campo l’amichevole bisboccia di dose ridotta era l’occasione per ritemprare le energie, e scambiarsi idee e notizie.

   Questo pasto fruito senza allontanarsi dal campo, non faceva perdere tempo e non riduceva l’impegno nel lavoro; al contrario rincuorava per lo sforzo della fatica da continuare. Ogni lavoratore mangiava un pezzo di “ciambellotto” o biscotti o altra preparazione gastronomica per una rapida merenda. Gli uomini adulti la completavano con una rapida stozza di mezzo bicchiere di vino cotto. Pasto rapido per una pausa adatta a rinvigorire il corpo nel faticoso lavoro.

   Tutti conosciamo ora i profondi cambiamenti dei mezzi e dei metodi di lavorazione e di produzione rurale, rapidamente giunti a trasformare le abitudini della generazione dei nostri nonni agricoltori. È una storia da raccontare, da riscoprire, da sapere perché in campagna era importante scambiarsi l’aiuto tra agricoltori, come dire: “oggi da Noi; domani da Voi ci aiutiamo e ci mettiamo assieme in squadra”. La collaborazione solidale era affatto frenetica, allorché alzando lo sguardo sulla distesa campagna si vedevano arrivare nel campo la donna, i ragazzi, le ragazze che portavano il “fratino” nel quale avrebbero consegnato i bicchieri.

   Momento atteso e desiderato di sollievo che ridestava l’allegria appena era stata posata la canestra con la pizza tagliata a pezzi e talora con il cocomero rinfrescato tagliato a fette e con le bevande.

Quei lavori estivi richiedevano forza e ci voleva proprio una merendina. Allora per primi i giovani raggiungevano a lunghi passi l’albero dove era posata la canestra con il ristoro fratino. Ognuno chiamava l’altro e lo invitava a rinfrescarsi, a ristorarsi con un boccone dolce e con una bevuta che perlopiù era di acqua con limone o con ‘citrato’. La fatica lasciava immaginare una sperata serenità per il buon esito dei lavori contro la povertà, pensando al grano tagliato e raccolto per fare la farina per il pane dei figli e così si apprezzava il fruttato del mietere in collaborazione.

   Con il raccolto veniva evitata la povertà e esorcizzava l’afa, i sudori, i sospiri con l’aiuto tra lavoratori che non si sentivano mai solitari ed erano consolati nel rafforzare la sollecitudine per giungere a completare l’opera. Questo scambievole aiuto mai si negava. E il momento fratino di mangiare vicini era un sentirsi incoraggiati l’un l’altro, in pace. Talora il vergaro raccomandava di evitare ogni bestemmia per il rischio che i grani spigati diventassero carbone. Con la ferma fiducia nella divina provvidenza, il metodo fratino dava speranza, rincuorava a risolvere le difficoltà: serviva a non avvilirsi negli sforzi, a non scoraggiarsi e prendere amicizia tra lavoratori vicini, creava fiducia, faceva sognare il fruttato, sosteneva i sudori senza impazientirsi e quel rapido mangiare fratino in piedi presso una pianta, raddrizzava le spalle che si incurvavano nella falciatura.

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Penitenza nella quaresima cristiana

Penitenza nella quaresima significa cercare Dio con un rapporto più sobrio con il cibo, un utilizzo più consapevole dei mezzi di comunicazione sociale, il lasciare spazio all’ascolto dell’altro, alla costruzione di relazioni più autentiche, il perdono, l’elemosina, l’accettazione di una prova o mortificazione…

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San Paolo Lettera ai “tessalonicesi,2-3”

Domanda: Come intendere l’ANTICRISTO di san Paolo nella lettera ai Tessalonicesi 2, 3 : “Prima infatti verrà l’apostasia e si rivelerà l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che si innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio”?

Risposta: Quello è il clima spirituale

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Per chi chiede studi sulla Resistenza 1943-1944 nel territorio Fermano

Alcuni saggi

Bibliografia. Vedi Biblioteca Provinciale di Storia contemporanea con il movimento di liberazione delle Marche sta a Fermo e sta anche in Ascoli Piceno

Tema scelto – Territorio: PICENO e Fermano 1943-1944

Collana di libri STORIA E MEMORIA DEL PICENO editi dall’ISTOITUTO PROVINCIALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERRAZIONE NELLE MARCHE

=*= 20 giugno 1975 Festa della Repubblica Trentesimo della lotta di Liberazione- BIBLIOGRAFIA e CATALOGHI (1995)

*   Quaderni della Resistenza Marche (1981-1987)

*   La resistenza nelle Marche (1964)

*   Storia della Resistenza nelle Marche 1943 – 1944 (ed. 2020)

*   Armati di violino: tra resistenza armata e resistenza spirituale (2000–2013)

*   Guerriglia sull’Appennino. La Resistenza nelle Marche (1965)

*   I giornali clandestini delle Marche 1943-1944   (1975)

*   i Frati Minori nelle Marche: La guerra e il passaggio del fronte, la resistenza (2014)

*   STORIA E MEMORIA CONTEMPORANEA. Semestrale dell’istituto provinciale per storia del

                       movimento di liberazione nelle Marche – di Ascoli Piceno (2005)

*   MANIFESTAZIONI IN PROVINCIA DI Ascoli Piceno per il 20. della Resistenza e della <Liberazione (1965)

*   Ribelli e partigiani: la Resistenza nelle Marche 1943-1944 (2005 e 2008)

*   Il governo della Resistenza: il C L N nelle Marche (2011)

*   Il secondo corpo d’armata polacco nelle Marche 1944-1946. Mostra fotografica (2005)

*   La Resistenza nel Piceno (1965)

*   Gaspare >Morello: sacerdote educatore politico Presidente del Comitato provinciale di Liberazione Nazionale (2007)

*   Il Comitato di mobilitazione civile di San Benedetto del Tronto (2015)

*   50. (cinquantesimo) anniversario della Resistenza e della Liberazione (Fermo 1995)

*   L’8 settembre nelle Marche: premesse e conseguenze (2004)

*    Antifascismo e resistenza nelle Marche 1919-1944 edito dalla Regione Marche 1974

*Antigone nella Valle del Tenna: l’accoglienza dei prigionieri alleati e degli ebrei in fuga dopo l’8 settembre 1943 nella valle del Tenna come di disubbidienza civili per nazifascismo edito dalla regione Marche 2002

* ed altro ….internet sbn

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A FATIMA I VEGGENTI APPRESERO UNA PREGHIERA SPECIALE

PREGHIERA ORIGINARIA DEI VEGGENTI DI FATIMA   

Gesù è per tuo amore, per la conversione dei peccatori, per il santo Padre e per riparare le ingiurie fatte al Cuore immacolato di Maria. Gesù, perdonateci le nostre colpe, preservateci dal fuoco dell’inferno, portate al Cielo tutte le anime e specialmente le più bisognose della vostra misericordia”

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Quaresima dalle esortazioni di Suor Vera D’Agostino anno 1994

Quaresima2024.

Ricordo nel terzo decennale delle esortazioni della Madre delle FIGLIE DI GESU’ E DI MARIA

MADRE VERA D’AGOSTINO parla alle persone venute dai paesi vicini a Grottazzolina il 22 marzo 1994. <Sintesi fatta degli appunti dall’ascolto>

      “Siamo qui per amare insieme il Signore. Da vere persone che amano, insieme. Ci sono troppe falsità, ci sono persone che abusano della Parola di Dio e della Chiesa per portare avanti solo se stessi, non il Cristo. Amiamo Gesù Redentore nella Sua Parola e nell’Eucaristia. Siamo aridi e abbiamo bisogno dell’acqua che ristori. Abbiamo bisogno dell’Eucaristia.

   Il mondo ha tutto bisogno di bontà e di dolcezza. Amiamo Gesù, momento per momento. Viviamo con Gesù nel cuore in qualsiasi posto ci troviamo. Dovunque, viviamo con Gesù che vuol vivere con noi, vuol sorridere con il nostro sorriso. Questo ci dà energia quando ci sentiamo deboli. Le famiglie sono impoverite. DEVONO VIVERE CON IL SIGNORE, scoprire il Signore che è Verità.

   Il cuore della persona cristiana può dire che è certezza. Non dobbiamo correre dietro a coloro che dicono di poter guarire, a quelli che abusano del nome di Gesù per i loro interessi, ai visionari. Troppi visionari dicono di seguire Gesù e non lo seguono; portano fuori strada. Un solo essere può dar la PACE, Gesù che dice: “VENITE DIETRO A ME”. La Chiesa è la certezza. Dobbiamo difendere la Chiesa. Ci sono troppi avvoltoi attorno alla Chiesa. Chi non ama il Signore resta un essere vegetale. Amare Gesù e amare Maria ci fa vivere da persone. La Madonnina è la donna meravigliosa, l’arcobaleno di mille colori e di ogni virtù.

   La Quaresima è un tempo bello per scoprire l’amore immenso di Gesù Cristo e di Maria SS.ma. Maria è la mamma delle mamme, tenera e premurosa. Non giudicare gli altri che sbagliano; ma aiutare gli altri nei loro errori, camminare con loro, stare insieme con loro, se no non riusciamo a superare i problemi. Da soli è difficile farcela. Preghiamo insieme. Come i figli si fidano e si affidano ai genitori, anche noi affidiamoci all’amore di Gesù e di Maria. Maria è il più bel fiore che mai sia spuntato sulla terra. Il vero cristiano profuma, porta la gioia.

   La Quaresima: tempo per scoprire il valore dei sacramenti. Portare nelle famiglie un sorriso e il vero amore di Cristo Gesù. Con Gesù nel cuore non saremo falsi. Chi prega si salva. La preghiera unisce. Pregare Gesù Cristo e nessun altro. Quaresima: proponiamo al nostro cuore dì conoscere Gesù nella Chiesa. Esser fiduciosi con Gesù che risorge. Pasquale la risurrezione della Chiesa, di tutti i cristiani”.

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I NONNI PREGAVANO IN CASA CON LA FAMIGLIA

La Preghiera di famiglia detta dai nonni

“Grazie o Dio”

Grazie, o Dio, che a noi apristi

l’ampia fonte dei tuoi doni.

   Nel mio petto ognor risuoni

la canzone della tua bontà.

   Ci creasti a te figlioli

nella Grazia e nell’amore

E ci chiami allo splendore

dell’eterna tua città.

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TASSIANO o Tasciano a Servigliano

ETIMI DI TASCIANO E DI TASSIANO

Presso il Fossato San Gualtiero che è confine geografico tra i due comuni di Servigliano e di Santa Vittoria in Matenano, nella località Piani di San Gualtiero dove la famiglia Tomassini Eugenio abitava nelle casette chiamate “Villa” (abitazione romana rurale) poco lontano dal fiume Tenna, una superficie ha il toponimo Tascià in dialetto e Tassiano in italiano. Vediamo gli etimi: TASC e TASS nel dizionario Latino del Gaffiot, e nel Glossarium mediae et infimae latinitatis (in internet edito dall’università Sorbonne)

Questo toponimo è negli atti notarili dell’abbazia di Farfa trasmessi da Gregorio da Ctino e nel copiario n. 1030 dell’archivio di Fermo

\TASC\ —- TASCI = popolazione dell’antica Persia romana, Tasciano è un cittadino venuto tra gli immigrati nella Roma antica come militare poi veterano compensato da Augusto con terreni.

\TASC\ —- TASCHIA = Decima o tributo annuale pagato per terreni in uso

\TASC\ —- TASCHIA = Paga di un lavoro diurno

\TASS\ —- TASSA = pagare un tributo

\TASS\ —- TASSUS = animale di bosco

\TASS\ —- TASSIA   =   selvetta o insieme di piante

= Scegliendo il dialetto TASCIA’ = Tasciano è un abitante proveniente dal popolo Tasci

== Scegliendo la parola Tassiano = insieme di piante,  boschetto

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