Il RINASCIMENTO LETTERARIO ITALIANO appunti degli studenti dalle lezioni del prof. MANCINI d. DINO

 

                                             IL  RINASCIMENTO

 L’EPOCA DEL RINASCIMENTO

   Il Rinascimento è l’epoca della cultura italiana che va dalla metà del secolo XIV° alla metà del secolo XVI°, epoca caratterizzata da una spiritualità schiettamente naturalistica e da uno stile d’espressione modellato su quello classico greco-romano. L’epoca è stata denominata Rinascimento dai posteri, sopratutto dagli Illuministi, i quali notavano che, dalla seconda metà del sec. XIV° in poi, le generazioni si erano venute evolvendo con alcune conquiste culturali:

.   l’individuo aveva acquistato nuova coscienza della sua importanza,

.   le nazioni si erano sottratte al domino dell’impero e della Chiesa,

.   audaci scopritori avevano aperto le rotte oceaniche verso il nuovo continente,

.   la produzione artistica e letteraria diveniva  abbondante nelle opere e dotata di perfezione stilistica,

.   molti altri aspetti fiorivano nella vita che sembrava rinascere.

   Il contemporaneo Vasari nella sua opera: “Le Vite dei più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani da Cimabue insino a’ tempi nostri“, aveva adoperato la parola ”Rinascita” parlando di Giotto che aveva tolto via, dal mondo della pittura, le forme irrigidite dei bizantini e aveva impresso alle figure ed ai personaggi il moto spontaneo della naturalezza: figure vive, modellate con più aderenza alla realtà, vivificate da un sentimento intenso e controllato nello stesso tempo.

   Il termine Rinascimento include un significato di polemica illuminista contro il Medioevo come epoca morta, in confronto al quale, il Rinascimento è considerato l’epoca in cui si ritorna a vivere.

   Gli umanisti, erano appassionati della cultura classica, richiamavano in uso la lingua, i miti, le forme, i generi letterari dell’età greco-romana, avevano la sensazione di aver tratto fuori le lettere dalle tenebre e di aver ridato ad esse le forme della vera vita, quelle greco-romane che consideravano dotate di perfezione assoluta. I letterati del Rinascimento affermavano il ritorno alla forma classica che esprime la vita in forza del suo realismo armonico, elegante e decoroso.

   Storicamente tra un’epoca e l’altra non esiste un distacco; sono sempre le stesse generazioni che, evolvendosi, ora preferiscono alcuni motivi ed alcune forme, ora ne preferiscono altri. Quindi due epoche successive possono presentare anche caratteri opposti, ma tra di esse c’è sempre un legame: la storia è vita e nella vita non vi possono essere interruzioni di continuità. Alle generazioni neolatine che avevano vissuto nel Medioevo gli ideali di libertà con ideali soprannaturali e cristiani, succedono altre che aspirano ad una libertà tutta umana e naturale.

   Già nel Medioevo già si affermava l’aspirazione alla libertà.

= Il popolo cercava di liberarsi dalla soggezione dall’impero e con i comuni cercava di affermare la propria autonomia. Innocenzo terzo voleva la supremazia della Chiesa sull’impero. L’impero, prima con Federico Barbarossa, e con Enrico VI, poi con Federico II cercava di imporsi a questa. Lo schieramento dei Guelfi e dei Ghibellini era parallelo alla lotta fra l’autorità religiosa e l’autorità imperiale, è esprime una tendenza del popolo a mettersi contro l’influenza dei nobili nella vita amministrativa del comune e, al contrario, l’azione dei nobili per frenare l’avanzata del popolo. Nel seno della Chiesa si affermano tendenze autonomistiche che tendono a creare Chiese nazionali, ad esempio, la Chiesa di Francia al tempo di Bonifacio VIII si schierava con  il re Filippo il Bello contro il papa, perché il clero di Francia era obbligato anzitutto all’obbedienza al re di Francia. Alcune sette che professano l’eresia, pretendono di interpretare e di attuare il vero Vangelo. Nel seno poi dell’impero si andavano diffondendo sempre più le autonomie dei feudi, dei comuni, dei regni: quando nel 1310 Arrigo VII scese in Italia, la maggior parte delle città italiane gli chiusero la porta in faccia.

== Anche nell’arte si affermava la tendenza all’autonomia cioè alla libertà. Il principio fondamentale del “Dolce stile” era che scrive bene, chi scrive secondo il dettato del cuore, e i cuori dettano ciascuno a modo proprio. Dante manifesta la sua personalità mettendosi in opposizione contro la società del suo tempo: critica il clero, e le autorità politiche, tuttavia rimane entro il cristianesimo. Giotto in pittura lavora secondo la sua ispirazione e si stacca dalla tradizione bizantina.

   Nella maturazione del Medioevo, permangono i limiti della struttura spirituale e politica tracciati dal Romanesimo, dal Germanesimo e dal Cristianesimo, e si vanno si affermando le tendenze alla libertà negli individui e nei popoli.

   Tra medioevo e Rinascimento dunque esiste questo fattore continuativo: l’aspirazione alla libertà con il fine di utilizzare le energie individuali e comunitarie, con pienezza. Nel Medioevo: si tende a potenziare l’unione, consociando le energie di molti: questo spirito medioevale, maturandosi, assumeva l’atteggiamento che è caratteristico delle età mature: cioè l’individualismo, il realismo utilitario. Nel Rinascimento si considerava la consociazione come causa di dispersione delle energie stesse.

   Nel periodo di maturazione del Medioevo l’individualismo costituisce il fattore di passaggio al Rinascimento. Già Dante avvertiva la presenza di questo spirito disgregativo, egoistico che si manifestava come discordia nei paesi, nelle città, nelle regioni, nelle nazioni; e la Commedia è un richiamo rivolto all’umanità perché ritorni alla pace, e rivolto ai responsabili della “Respublica cristiana” perché con la loro autorità riconducano i popoli a quella concordia per garantire la quale, la Provvidenza divina ha istituito il papato e l’impero.

 CAUSE DEL RINASCIMENTO

=  Causa psicologica. Dopo l’età medioevale, le generazioni rinascimentali vivono la loro fase di crescita degli interessi umani, con uno stile non dettato da ideali soprannaturali, ma dal buon gusto e dall’eleganza. La concezione  e il fine della vita portavano a vivere con pienezza nel fare tutte le esperienze possibili, traendo da esse il massimo di piacere.  Nel Rinascimento si nota il bisogno di ampliare i limiti del pensiero e dell’azione, seguendo l’esigenza naturale, l’utilità, il decoro. Le persone intendevano agire con libertà e agilità.

==  La nuova concezione della vita e dei suoi fini è collegata con l’affermarsi della borghesia, classe diffusa nei comuni dal fiorire delle attività produttive e commerciali. La borghesia già nei secoli era caratterizzata da uno stile mentale pratico schiettamente edonistico, tipico di chi possiede e gode le sue ricchezze. A questo dato mentale va connesso uno stile d’espressione tutto eleganza e piacevolezza: la casa, la città, la moda, il modo di parlare debbono essere impostati sulla base del buon gusto perché così contribuiscono a generar piacere.

   Lo stile greco-romano è il più indicato dagli uomini del Rinascimento: armonia ed eleganza combinati in modo perfetto danno un aspetto piacevole. La borghesia ama istruirsi: i figli delle famiglie ricche entrano nel campo della cultura, che assume una intonazione e un indirizzo naturalistico nella sostanza e classicheggiante nell’espressione. E’ una cultura creata dalla borghesia e a servizio della borghesia. Di questa classe Dante aveva temuto molto ed aveva detto tanto male perché scorgeva in essa la causa della rovina spirituale delle città: ambizione, avarizia, corruzione, discordia, erano, secondo Dante, i frutti della nuova pianta che è stata trapiantata nelle città un tempo cosi pacifiche. Il Villani invece si compiaceva del nuovo lusso, delle iniziative festose e gaudenti, delle costruzioni piacevoli ed eleganti create dalla classe borghese.

===  Il passaggio dal comune alla signoria  dovuto anzitutto all’impossibilità di continuare il sistema di vita cittadina sconvolto dai continui tumulti dei partiti, e  da qui la necessità che si affermasse sulle famiglie e sui partiti l’autorità di un personaggio, influente ed energico (il signore). Un’altra causa che porta alla signoria è stata l’insufficienza del territorio comunale nei confronti delle accresciute esigenze dell’economia: una città con il suo territorio, cioè un comune, non può bastare a se stesso e perciò ogni grande comune accoglie con favore l’opera di un cittadino bravo in politica e in armi, il quale riesca ad aggregare le città circonvicine al vecchio territorio, in modo che si allarghi la sfera economica dei loro interessi.

   Il ‘nuovo signore’ dà un tono alla vita cittadina: la sua dimora è costruita secondo uno stile elegante, quello classico, gli elementi ornamentali di questa sono ugualmente improntati all’eleganza classica; uomini dotti, cavalieri e dame costituiscono la compagnia pregiata e simpatica del signore. Le famiglie ricche della città gareggiano con il signore in splendore mondano: si costruiscono magnifici palazzi, proteggono i letterati e gli artisti, fanno costruire e decorare le chiese.

   Sorgono così una cultura ed un’arte signorili, di ispirazione edonistica, di forma elegante; si crea il gusto di apprezzare soltanto ciò che è fine. Ogni forma mentale ed espressiva sia evoluta, distaccata dalle forme popolari. Si afferma così l’aristocratismo, in forza del quale la letteratura e le arti perdono il contatto con la vita del popolo per passare a servizio dei signori: guadagnano molto in eleganza formale, perdono molto in contenuto umano, e resteranno a servizio dei signori

   Mentalità edonistica e mondana, stile espressivo elegante sono i risultati del passaggio dal comune alla signoria nel campo spirituale ed artistico.

===  La decadenza del papato e dell’impero che erano stati, nel medioevo, i robusti sostegni della “Respublica christiana” e della sua civiltà, e una causa dell’ affermarsi della civiltà umana del Rinascimento. L’impero, dopo il vano tentativo di restaurare la sua autorità da parte di Arrigo VII, è una istituzione puramente nominale perché ogni nazione comincia a organizzarsi per conto proprio. La Chiesa, a causa della “schiavitù avignonese” e dello scisma d’Occidente, perde molta della sua autorità presso i fedeli mentre molte forme mondane sono praticate da alti prelati e da ecclesiastici minori.

 ASPETTI FONDAMENTALI DEL RINASCIMENTO.

   Due sono gli aspetti fondamentali del Rinascimento: il naturalismo e l’umanismo. Il primo costituisce la spiritualità, il secondo lo stile d’espressione dell’epoca. Il naturalismo consiste  nel concepire la vita come espressione piena di tutte le energie della natura umana. E’ una concezione che se non si oppone direttamente a quella soprannaturale o mistica, ma ne prescinde.

   Una concezione naturalistica si attua attraverso una serie continua di esperienze nelle quali l’individuo saggia le sue forze, raccoglie soddisfazioni fisiche e spirituali, diventa esperto delle cose e degli uomini, ha la sensazione di esercitare un controllo pieno sulla realtà che lo circonda e perfino sul destino, ossia acquista coscienza di essere il signore della terra e come tale si vagheggia e si esalta. E’ evidente che questa concezione è la conseguenza immediata di una esigenza fondamentale, cioè del bisogno di godere, affermatosi, come si è detto, in seguito all’accresciuta agiatezza nelle città italiane.

   Il cristianesimo rinascimentale esaltava le energie umane, mentre quello medioevale, senza comprimerle, definiva i limiti naturali e disciplinava le energie.

 Condizioni per realizzare praticamente la concezione naturalistica.

1- Conoscenza delle risorse della natura sia di quelle personali del mondo umano, sia del mondo fisico esterno all’uomo. Da qui l’indirizzo sperimentale e pratico dell’indagine della cultura rinascimentale: “Non v’è scienza senza esperienza” dice Leonardo e inaugura il diffondersi delle scienze naturali. Ne derivano le scoperte geografiche, e le applicazioni delle  invenzioni tecniche (stampa, polvere da sparo, armi da fuoco), lo sviluppo delle scienze cosmografiche (Copernico = eliocentrismo opposto al geocentrismo); e sopratutto l’indagine circa l’uomo considerato non più da un punto di vista metafisico (cioè se abbia l’anima e se questa sia immortale), ma esclusivamente da un punto di vista pratico circa i mezzi e le capacità di cui dispone per operare e le sue realizzazioni. Si affermano così gli studi scientifici sulla natura fisica e quelli storici sulla vita dell’uomo. Le scienze sono destinate a riprodurre il quadro vero delle forze fisiche della natura, la storia a riprodurre il quadro vero delle capacità umane.

    Vengono rievocate filosofie antiche con preferenza per quelle che hanno indirizzo di utili applicazioni pratiche, come l’Epicureismo, lo Stoicismo, il Platonismo. Quest’ultimo afferma che al sommo della gerarchia delle idee c’è il bello che serve a dare aspetti armoniosi a tutte le forme della vita. Le scienze naturali, prima del Rinascimento, erano collegate con la metafisica, cosicché i fatti spesso venivano affermati in base ai ragionamenti: ora i fatti invece si constatano, e si può ragionare sui fatti.

2-Conoscenza dei modi di utilizzare le risorse della natura. Le capacità della natura umana, una volta individuate le loro leggi, vengono utilizzate nella vita pratica secondo criteri che si adeguano a ciascun uomo e che sono l’intelligenza ed il buon gusto. L’attenzione degli uomini del Rinascimento è diretta al progresso delle scoperte, come gli innumerevoli progetti di Leonardo in tutti i campi della fisica specie nell’idraulica e perfino nell’arte del volo. Ancor più interessa l’indagine circa i modi del vivere umano.

   Lo studio della storia e l’osservazione diretta degli uomini, serve ad ammaestrare chi vuol essere vincitore nel gioco della vita: l’abilità di certe persone nel risolvere problemi difficili e complicati, le loro astuzie nello sfruttare la fortuna, la genialità con cui sono riuscite a guadagnarsi l’appoggio dei loro simili, il buon gusto con cui hanno saputo ornare la loro agiatezza, la prudenza con cui hanno proceduto nella buona fortuna e il coraggio che hanno dimostrato nell’avversità, costituiscono un ottimo quadro di osservazione e di ammaestramento per tutti coloro che vogliono imparare a vivere, non secondo le teorie astratte, ma secondo la realtà concreta dell’esistenza. Interessa come si vive perché vale lo stile realistico. I modi del vivere più apprezzati dal Rinascimento sono: intelligenza, abilità, moderazione o discrezione, decoro.

3- La libertà.  Quando lo spirito è frenato da forze opprimenti viene a mancare la condizione essenziale perché esso possa operare. I rinascimentali si sentivano in dovere di liberare lo spirito umano e potenziarlo in funzione del progresso. Prendiamo in analisi le varie manifestazioni riguardanti l’individuo e i gruppi umani:  liberazione dell’intelletto dalle soggezioni umane, dalla cultura ecclesiastica, dalle teorie, dalle direttive obbligate; liberazione della volontà; liberazione del sentimento; liberazione delle nazioni.

    =   Liberazione dell’intelletto.

.   Liberazione dall’autorità degli uomini, da affermazioni a cui si dà valore perché sono enunciate da persone ritenute infallibili o molto intelligenti: Aristotele, ad esempio, nel mondo della scuola medioevale era considerato infallibile; un documento storico valorizzato da una lunga tradizione era considerato sicuro. Gli uomini del Rinascimento assumono un atteggiamento di indipendenza nei confronti dell’autorità che impone affermazioni all’intelletto.

 Liberazione dall’autorità della tradizione. Il fatto che una affermazione  sia stata considerata vera per tanti secoli non dispensa dall’indagare sul valore effettivo di essa. Es.: la tradizione aveva presentato come sicuro il documento della donazione di Costantino. Lorenzo Valla dimostra che quel documento è falso. La tradizione marinara affermava che l’uscita dalle colonne d’Ercole era fatale. Cristoforo Colombo varca le Colonne d’Ercole, famosi “riguardi”  danteschi, e scopre un nuovo continente. La tradizione cosmografica aristotelico-tolemaica aveva affermato che la terra è ferma e il sole le gira intorno; Copernico formula la teoria ipotesi opposta.

.   Liberazione dalle autorità dei filosofi, dei teologi. L’indirizzo pratico del Rinascimento comporta la svalutazione della filosofia e della teologia, scienze essenzialmente teoriche, con una dialettica che porta a conclusioni logiche e ineluttabili dal punto di vista teorico, ma sconcertanti dal punto di vista pratico. Di fatto i filosofi e i teologi avevano spesso litigato tra loro, e dopo tanto tempo non s’erano messi d’accordo neanche su questioni fondamentali ;  spesso si erano perduti dietro questioni scipite e vane. Un po’ la difficoltà di risolvere con chiarezza certi problemi, un po’ le intemperanze di certi maestri di filosofia e teologia, indussero gli uomini del Rinascimento a concludere che nel campo della metafisica e della religione non si potrà mai sapere nulla di certo (come diceva Melchisedech giudeo nella novella del Boccaccio) e che le questioni filosofiche e teologiche servono solo ad esercitare gli ingegni, non a concludere qualche cosa, perché nessuno mai ha detto tante pazzie quante i filosofi e i teologi (affermazione del Guicciardini). Niente dogmi imposti dall’autorità esterna: il problema del reale ognuno lo risolve secondo il dettato migliore del suo spirito.

 Liberazione dal’autorità della Chiesa. Lo scossone dello scisma d’occidente contribuisce a far decadere l’autorità del Papa. Lutero nega in blocco i dogmi imposti dall’autorità ecclesiastica, svincola la coscienza dell’individuo, e afferma la religione di coscienza, a formulare la quale, concorrono, soltanto, la lettura della Bibbia e l’opera dello Spirito Santo.

 Liberazione dall’influsso della cultura ecclesiastica. La persona del Rinascimento vuole vivere con la libertà piena, procedere con serenità di spirito a tutte le esperienze belle e piacevoli della vita facendo a meno la cultura troppo angusta dei religiosi, di “chi fa professione di vita dipendente da Dio” (Guicciardini). Preferisce le fonti di cultura, d’ispirazione umana, liberale, estetica. Nel Rinascimento, l’Umanesimo crea il culto dello spirito e delle forme del mondo greco-romano, per favorire una cultura di mentalità aperta e di gusto evoluto. Dante viene disprezzato dagli esponenti della nuova cultura, come poeta dei frati. Virgilio, Cicerone, Livio vengono considerati come i veri maestri di una vita bella e decorosa. Il movimento laicale, iniziato nel Rinascimento in forme moderate e corrette, senza polemiche clamorose, (salvo il fenomeno del protestantesimo) si allarga e si approfondisce nel seguito. Così la letteratura, le arti, la politica, l’economia si vengono sganciando dall’ispirazione religiosa e assumono forme schiettamente profane. Il protestantesimo giunge a laicizzare la religione, affidandola alla coscienza dell’individuo. Questa “religione di coscienza” nella sua organizzazione esterna sottostà al principe. Si diceva: “cuius regio illius est religio” (la religione appartiene a chi regna). Sorgono le Chiese nazionali con a capo il re : cesaropapismo. Un certo liberalismo impoverì l’ispirazione evangelica delle attività umane.

.   Liberazione dalla teoria. Secondo la mentalità rinascimentale, la vita trae norma dalla vita, non da idee astratte. Per vivere bene, con pienezza, bisogna utilizzare il dettato dell’esperienza, non ascoltare la voce della ragione, della filosofia e della teologia dei luoghi ecclesiastici. Quando si esce fuori da questi ambienti e ci si trova in mezzo alla vita, è necessario adottare le norme e i principi che costituiscono la sostanza del vivere di ogni giorno. Se tutti gli uomini fossero buoni – fa intendere il Machiavelli – i principi di bontà predicati dalla filosofia e dalla religione potrebbero essere applicati anche nella vita; ma, essendo gli uomini cattivi, è necessario che, chi vive tra briganti, adotti lo stile dei briganti, in modo tale che non solo non soccomba, ma riesca ad affermarsi. Il Rinascimento fa una distinzione tra criteri teorici e vita pratica : considera i primi come effettivamente rispettabili, ma dichiara applicabili solo i suggerimenti che vengono dalla pratica. La coscienza non è turbata da questa scissione tra verità teoriche e vita pratica: l’umanità è ridotta male e non si può apportare alcun rimedio a questa situazione, perciò il rinnegare i principi ideali nella prassi della vita è una fatale necessità.

   Vengono asseriti i principi indotti dall’ esperienza; le forme del vivere che in pratica hanno prodotto buoni effetti, vengono elevate a legge (Machiavelli). Nella fase conclusiva del Rinascimento il Guicciardini propone l’eliminazione conclusiva di ogni principio, anche dei principi indotti dalla pratica: ogni circostanza detterà essa stessa la norma del vivere. E’ evidente che la liberazione dei criteri teorici permette all’uomo di operare come gli è più utile e più piacevole secondo la concezione naturalistica della vita. Il Rinascimento si vantò di essere l’età della concretezza e della maturità.

.   Liberazione da direttive obbligate nell’indagine della vita, della storia e della natura. Nel medioevo tutte le scienze erano rapportate direttamente o indirettamente alla scienza alla teologia. Per Dante  Beatrice (teologia) è superiore a Virgilio (ragione) e si avvale dell’opera di lui, ossia la teologia è superiore alla filosofia e alle science naturali e si vale di esse. La filosofia, e le scienze naturali, come la giurisprudenza, l’arte e simili, sono legate alla filosofia. Per le scienze naturali rinascimentali vale solo il metodo sperimentale, non il metodo teorico deduttivo. L’intelletto rinascimentale vuole procedere nelle indagini in modo spassionato, oggettivo: ad esempio, nelle opere dei classici vede solo quel che c’è, interpreta oggettivamente la civiltà greco-romana il cui naturalismo lo attrae. In forza di questa oggettività può procedere alla critica di affermazioni errate. La filosofia viene scissa dalla teologia e Aristotele, che da S.Tommaso è stato sposato alla teologia, viene messo in disparte, finché Pomponazzi non scopre l’Aristotele non teologizzato: e tutte le filosofie antiche che non hanno avuto rapporto col Cristianesimo, vengono rievocate. Le scienze, staccate dalla filosofia, usano il loro metodo sperimentale ed iniziano così la loro grande ascesa. Si afferma un enciclopedismo d’ispirazione naturalistica, per cui la conoscenza di tutti i settori dello scibile, serve per trarne i motivi utili e belli per rendere piacevole la vita. L’enciclopedismo rinascimentale ha il fine di permettere all’individuo, che si sente ben potenziato dalla natura, di dar prova delle sue capacità nelle attività più svariate. Da ricordare gli uomini enciclopedici del Rinascimento: Leon Battista Alberti  (architetto, scultore, scrittore, atleta); Leonardo da Vinci (pittore, scultore, matematico, fisico, scrittore); Michelangelo (architetto, scultore, pittore, poeta).

   Conclusione. Con la liberazione dell’intelletto da qualsiasi limite si afferma nel Rinascimento la cultura pratica, rivolta sopratutto a risolvere i problemi del vivere, per cui la genialità spesso equivale alla abilità mentale.  Si afferma una cultura liberale, imparziale. Lo stile liberale che si intende come comprensione e valutazione di ciò che di buono vi è nel pensiero altrui è raro nel Rinascimento, perché si nota spesso l’intolleranza.

   Il Rinascimento estende la critica alle istituzioni, salvando, spesso, gli uomini che è propenso a scusare in base al concetto dell’esigenza di natura. Col criticismo va connesso il razionalismo secondo il criterio che nessuno deve accettare alcuna affermazione che non sia riconosciuta vera dalla ragione.

   –   Liberazione della volontà

.   Liberazione dalla legge morale dettata dalla filosofia o dalla religione. Dato l’indirizzo pratico e naturalistico della spiritualità rinascimentale, si preferisce l’etica naturale e pratica, secondo il principio: segui la natura con decoro

.   Liberazione dalla legge. L’intellettuale del Rinascimento suole assumere atteggiamenti di assoluta indipendenza: è l’uomo che basta a sé, autosufficiente (salvo poi in pratica a servire i potenti per interesse). L’umanista, studioso della letteratura classica, è l’esemplare dell’uomo che ha coscienza della sua superiorità su tutti: sul volgo e sulle autorità politiche e religiose.

.   Liberazione dalla religione. La volontà rinascimentale può tutto e gli uomini ben potenziati non hanno bisogno di aiuti esterni, né da parte dei mortali, né da parte di Dio. I personaggi creati dall’arte rinascimentale sono tutti autosufficienti e fidano solo nelle loro energie.

   =   Alcune conseguenze di questo tipo di liberazione:

.   Un nuovo concetto di virtù: virtù è abilità cioè saper fare, e riuscir a seguir i propri scopi con sicura determinazione. Questo nuovo concetto è basato sul principio che il bene non è adesione della volontà ad una legge morale teorica, ma realizzazione di un fine pratico utile e piacevole. La virtù è saper fare, peccato è non saper fare. Machiavelli considera peccatori i principi italiani perché non hanno saputo impedire le invasioni straniere; e chiama virtuoso il duca Valentino che fu bravo come politico, criminale come uomo.

.   Un nuovo concetto della storia.  La storia non è opera del popolo (concezione democratica) ma è opera dell’eroe ossia dell’uomo eccezionale che, con le risorse della sua abilità e con l’energia della sua volontà, riesce a dare una fisionomia all’ambiente in cui vive: concezione eroica della storia. Tale concezione è in parte giustificata dalla realtà storica del Rinascimento, quando molti uomini da condizioni umili sono ascesi a signorie e a principati (capitani di ventura ad es. Francesco Sforza) o ai sommi fastigi dell’arte (ad es. l’incisore  Bernardi). I poeti e gli artisti sono considerati eroi che danno una impronta particolare all’arte da essi esercitata.

.   Un nuovo concetto di perfezione. L’uomo perfetto del Rinascimento è colui che ha ricevuto da natura buone risorse di intelletto, sentimento e volontà ed ha saputo valorizzarle, ed è quindi riuscito ad affermarsi. L’uomo perfetto è l’espressione più potente della natura, come  i principi, gli artisti e i poeti, i gentiluomini o cavalieri ideali.

   –   Liberazione del sentimento.

.   Liberazione dalle preoccupazioni del rimorso per il peccato, in quanto tutto è esigenza della natura e legittimo. Pecca chi non sa seguire la natura o la segue con stile eccessivo e volgare, perciò l’unica paura è quella di far brutta figura o di incontrare dolore, invece che gioia, nel corso di una esperienza.

.   Liberazione dalla paura dell’oltretomba. Non si sa nulla di quello che ci attende dopo la morte: si viva lieti finché non arriva il termine e il passaggio, allora sapremo il nostro destino.

.   Liberazione dalle paure di avversità della fortuna. La fortuna, secondo Dante, è insidiosa e all’improvviso capovolge le situazioni. L’uomo del Rinascimento non la teme: con la forza della volontà si doma anche la fortuna: per Leon Battista Alberti: ciascuno crea la sua fortuna.

.   Liberazione dall’umiltà e dall’avvilimento. I Rinascimentali preferiscono una concezione ottimistica dell’uomo: le risorse che la natura ci ha dato, ci fanno degni di rispetto (diceva Pico della Mirandola).  Per conseguenza: si afferma nel Rinascimento uno stile affettivo, ottimista e sereno.

   –   Liberazione del corpo dalla penitenza, dalla trascuratezza, dai pregiudizi.

.   – dalla legge della penitenza. La penitenza non è necessaria perché i peccati non esistono ed è turpe sfigurare o indebolire il corpo o farlo soffrire quando Dio ce l’ha dato come strumento di attività utili e belle; l’uomo rinascimentale si veste, si nutre, si diverte al meglio;

.   – dai costumi di vita arretrati. Per accrescere la bellezza del corpo si cura la moda. Per rendere agile il corpo si introduce la ginnastica; per i cibi si cura l’arte culinaria, per la sanità si curano l’igiene e l’edilizia privata e pubblica con tecnica razionale: case comode e belle, vie larghe, piazze larghe con giardini, si introducono i bagni privati e pubblici,

.   – da svalutazioni pregiudiziali. Spesso gli asceti avevano affermato che il corpo può diventare una specie di alleato di Satana da cui bisogna fuggire. Gli uomini del Rinascimento si compiacciono invece di contemplare e di riprodurre, idealizzato nell’arte, il corpo umano, specie nelle sue forme più armoniche. Da qui lo studio dell’anatomia e la riproduzione fedele nell’arte della membra umane; mai la visione degli scheletri o di corpi deformi, bensì corpi fiorenti e belli. Il nudo si diffonde nella figurazione artistica.

   Conclusione per la parte personale.  L’uomo del Rinascimento si sente evoluto perché spregiudicato, parla anche meglio: però medita superficialmente sui doveri e studia troppo la sua espressione. Nel Rinascimento si ha un benessere di ricchezza limitata solo ad una minima percentuale della società.

   –   Liberazione delle nazioni.

   Il Rinascimento è persuaso che per potenziare le nazioni è necessario liberarle dalle forze le quali limitano  le sue attività:

.   dal sacro Romano impero  considerato come una consociazione ormai tramontata, che non favorisce il progresso per le nazioni, anzi è fonte di sfruttamento per le famiglie feudali (specie in Germania). Dopo Arrigo VII l’impero non ha più che un valore nominale: ogni nazione cammina nella sua strada, quasi che camminando insieme si perde tempo e si rischia di essere sfruttati: va bene chi va solo.

.   Liberazione dalle autorità della Chiesa. Alcune nazioni vogliono crearsi una propria Chiesa, nella indipendenza assoluta dalla “Santa Sede” romana, in nome della sovranità dello Stato, che ha diritto di governare su tutti i cittadini indistintamente, compresi gli ecclesiastici, senza farli dipendere da alcun altro potere. L’espressione clamorosa di questo distacco delle nazioni dalla Chiesa è il Protestantesimo per cui le comunità dei fedeli  sono state assoggettate ai governi.

.   Liberazione dal vincolo della fraternità cristiana. In nome del Cristianesimo, i governi medievali, più o meno, collaboravano tra di loro, specie quando si trattava di combattere un nemico comune che normalmente era l’islamismo (crociate). Ora le nazioni si aiutano solo per interesse, altrimenti si isolano le une dalle altre per potenziarsi meglio, anzi si pongono l’una di fronte all’altra in atteggiamento di diffidenza e di ostilità. Nell’Europa centro-occidentale si sono affermate le monarchie nazionali e in Italia si affermarono le Signorie e i Principati: monarchie, signorie e principati in lotta fra loro. L’individualismo degenera spesso in spirito di sopraffazione.

Conclusione per la vita internazionale. L’Europa del Rinascimento dal punto di vista politico ha presentato questi fenomeni :

.   disgregazione dell’universalismo romano cristiano. L’Europa del tempo in nome della sovranità dello stato e dell’esigenza dei potenziamento  economico si è andata disgregando negli interessi nazionali;

.   affermazione del principio della sovranità e della laicità dello stato. Iniziano le lotte nazionalistiche per il  potenziamento economico e politico di alcune nazioni, con arretramento di altre.

 ALCUNE CONSEGUENZE DELLA CONCEZIONE NATURALISTICA

.   Il Rinascimento non rivaluta la natura umana in quanto tale, ma solo la natura individuale potenziata. Faceva prevalere il pregiudizio che gli uomini non sono liberi tutti allo stesso modo: c’è chi si rivela più uomo, c’è chi si rivela meno uomo. In forza di questo pregiudizio si affermano:

= L’individualismo esagerato in ogni campo.

== L’aristocratismo delle persone nobili (per nascita o per agiatezza o per genialità) e la svalutazione del popolo.

=== Il laicismo come distacco della vita morale dalla religione.

==== Il pragmatismo che valuta l’esigenza pratica di ogni uomo dei indipendentemente dai criteri teorici di carattere universale e validi per tutti. Il valore di un principio è da definirsi in base agli effetti che esso è capace di produrre allorché viene applicato.

===== Il nazionalismo che valuta sopra tutte la propria nazione e svaluta le nazioni altrui.

====== Il cesaropapismo per il sopravvento dell’autorità dei governi nelle Chiese, cosicché si affermano tante Chiese quanti sono i principi e re protestanti. L’espressione più clamorosa del Naturalismo rinascimentale, preso nei vari aspetti, era il Protestantesimo. Questo afferma che alla natura non si può resistere e non si deve resistere, perché essa è troppo forte e l’uomo è troppo debole. Ognuno è libero di regolare a suo piacere il mondo interiore e perciò è diritto dell’uomo svincolarsi da ogni autorità che pretenda di disciplinare la coscienza. Lo Stato deve controllare la religione perché i laici sono più esperti e più sinceri degli ecclesiastici. I punti di contatto fra Rinascimento e Protestantesimo sono: Naturalismo, Individualismo, Laicismo.

 FASI SUCCESSIVE DEL NATURALISMO RINASCIMENTALE

 – La fase iniziale: si ha nel momento di crisi del Medioevo, ponendo la natura di fronte alla soprannatura con pretese uguali.  Si sente in questa fase iniziale l’attrattiva della natura e della libertà, del piacevole e del profano, nello stesso tempo si sente il richiamo della coscienza religiosa. Esponente della spiritualità di tono sofferente, di questa fase, è il Petrarca.

   Il naturalismo si presenta come forma di vita bella con una concezione estetica e gentile della natura; e viene affermato come fatto compiuto: esiste e non si può fare che constatarlo, osservarlo e goderne i doni; senza un protestare contro di esso (Dante), senza temere la potente seduzione del corpo (Petrarca) L’esponente di questa fase è il Boccaccio il quale dice che gli uomini vivono una beata naturalità, come lui ce li presenta nella loro beatitudine naturale. Il tono di questa fase è realistico, compiaciuto ma distaccato senza impegni polemici né di difesa né di attacco nei riguardi di altre forme di vita.

 – La fase giovanile dello stile rinascimentale è caratterizzata da infatuazione, con pacato realismo. Il Rinascimento giovane coltiva con spensierata intensità tutti i motivi del Naturalismo; particolarmente l’ideale di una vita bella e libera, allietata dal sano godimento di tutto ciò che la terra offre all’uomo. La vita cittadina è allietata da feste civili e religiose, celebrate con tutte le risorse dell’arte. Si hanno le prime e splendide affermazioni della nuova architettura modellata sulle strutture e sui motivi decorativi dell’architettura greco-romana; la pittura e la scultura accolgono i suggerimenti di un realismo di buon gusto.

   In Italia il regime politico predominante è quello della Signoria che tempera l’assolutismo con forme residue della libertà comunale. E’ governo del “primo cittadino” in ambiente ancora repubblicano. In questa fase il motivo predominante è quello di un realismo estetico; del bello di forma gentile e delicata in ogni espressione della vita. Nel secolo XV una delle più gradite fonti di gioia è l’idillio della natura, con i suoi paesaggi, con la sue voci, con i suoi colori; l’uomo è posto nella scena della natura come dominatore ardito e cavalleresco.

   Gli uomini di questo periodo hanno la sensazione di poter conquistare tutto il reale con la forza del loro ingegno e della loro volontà. Leon Battista Alberti afferma che non  la fortuna decide della vita dell’uomo, ma la volontà dell’uomo stesso è capace di domare la fortuna. Il Boiardo esalta il cavaliere di nuovo tipo, uomo d’armi, uomo d’amore, uomo d’onore, uomo di cultura, e vede in lui l’espressione più genuina di una natura che congiunge insieme vigore e bellezza.

   La coscienza entusiastica delle forme umane induce alle imprese più ardite come le scoperte geografiche, e a far prova delle proprie forze nei più svariati settori della comunità umana (enciclopedismo). Il motto che riassume la spiritualità di questa fase entusiastica e spensierata si trova nel “Trionfo di Bacco e Arianna” d i Lorenzo il Magnifico: “Quant’è bella giovinezza, –  che si fugge tuttavia! – Chi vuol esser lieto sia, – del doman non c’è certezza. E il Poliziano nelle “Stanze per la giostra” si compiace di presentare la vita come vagheggiamento ingenuo e incantato della natura, come amore intenso e puro, come dimostrazione ardita di energie fisiche e morali.

   Il Naturalismo del Rinascimento giovane si manifesta come godimento estetico, intenso e signorile dei piaceri della vita, come sogno di bellezza, di amore e di ardimento. Lo spirito religioso cristiano, in questo Naturalismo ingenuo ed estetico, non si trova a disagio; accoglie inconsciamente il nuovo spirito mondano e se ne vale per concepire in modo più umano Dio, la virtù, il destino dopo la morte, e per conciliare serenamente le esigenze del Cristianesimo con quelle della natura. Si tenta la conciliazione delle filosofie naturali con il Cristianesimo: Marsilio Ficino concilia le dottrine di Platone con il Cristianesimo nel trattato “Teologia platonica“. Lorenzo Valla tenta di conciliare il Cristianesimo con l’epicureismo nel “De voluptate” il piacere. Questa fase del Naturalismo è giovanile nell’esperienza affrontata con arditezza e con la preoccupazione di salvare il bello stile.

 – La fase della maturità. Per l’uomo rinascimentale maturo non viene meno l’ansia dell’esperienza; ma ogni esperienza viene affrontata con animo distaccato, qualificato dalle seguenti forme spirituali:

=  realismo e oggettività con una visione delle cose senza veli ideali che le avvolgono: il brutto è brutto, il bello è bello, l’esagerato è ridicolo, il moderato è simpatico; i sogni sono temperati dal dettato dell’esperienza.

== moderazione. La maturità non ammette un tono sfasato o ridicolo. Le esagerazioni in questa fase sono individuate con facilità e costituiscono oggetto di bonario sorriso, come il sorriso dell’Ariosto nei riguardi degli innamorati focosi, e dei superbi presuntuosi.

=== serenità. Chi ha fatto svariate esperienze sa che dopo la tempesta viene il sereno; e perciò non si turba nei momenti difficili. Attende il bene dopo il male.

==== senso del limite. Nella maturità si capisce quanti ostacoli limitano le nostre iniziative. Non si tratta di limiti ideologici o morali, si tratta di impossibilità in cui spesso ci mette la mancanza di forza.

===== senso di appagamento  della vita. Dice il Guicciardini (uomo che conclude il Rinascimento): “Io ho avuto dalla vita assai più di quanto ho desiderato; ma non vi ho trovato dentro mai quella soddisfazione che avevo immaginato”. Motivo sufficiente per troncare molte delle cupidità umane. La sazietà porta insoddisfazione: la vita è vana, ma è meglio vivere che morire. L’uomo del Rinascimento maturo non maledice né rimpiange la vita, la accetta con sorriso arguto ed intelligente, cercando di utilizzarla nel miglior modo finché non viene la morte.

===== indifferentismo. Chi è a contatto diretto con le cose e le vede da vicino, non può trasfigurarle con le fantasie e la loro attrattiva lascia un margine di indifferenza.

====== utilitarismo. L’uomo rinascimentale maturo si contenta di individuare, attraverso l’esperienza, quel che è utile a vivere bene. Come se fosse preoccupato di costruire qualcosa da lasciare alla storia, si crede in diritto di guardare solo a ciò che è utile al fine di  realizzare i suoi progetti; il Guicciardini guarda solo a ciò che contribuiva al bene particolare.

======= liberalismo che dà una buona disposizione ad accogliere le più svariate forme di vita, con senso di comprensione, sapendo che non sempre si può avere ragione. Se qualcuno pensa diversamente da lui egli, pur criticandolo, tiene conto della sua opinione. In conclusione lo stile del Naturalismo maturo è sereno e di discreto buon gusto. E’ questa la fase perciò delle creazioni più robuste e ricche. Cronologicamente questa fase comprende quel periodo che va dall’ultimo ventennio del ‘400 alla metà del ‘500.

 CONCLUSIONI SUL RINASCIMENTO MATURO

   La prima fase del Rinascimento (di cui il personaggio più rappresentativo è il Petrarca) è caratterizzata da un naturalismo frenato ancora dalla coscienza religiosa in contrasto con essa e da un umanesimo che non disprezza ancora il volgare.

   La seconda fase o giovanile del Rinascimento è caratterizzata da un Naturalismo estetico e cavalleresco e da un umanesimo esageratamente attaccato alla classicità. Il Rinascimento raggiunge la sua fase matura nella prima metà del cinquecento con un naturalismo senza preoccupazioni ed un umanesimo equilibrato.

NATURALISMO.

= Il terzo Rinascimento si apre a tutti gli ideali della vita umana, e li vive senza preoccupazioni: la vita deve essere vissuta con pienezza e di essa si debbono fare tutte le esperienze, anche quelle che nel passato sembravano assurde o impossibili. Ad esempio nell’Orlando Furioso troveremo il fulgido Paladino Orlando divenuto matto per amore, che compirà stranezze indecorose. L’ultima immagine di Angelica nel poema è quella di una che cade da cavallo a gambe levate.  Troveremo un Ruggero (capostipite della famiglia Estense)  che per ben due volte è deluso ridicolmente nell’ imminenza di approcci amorosi. Astolfo fa un viaggio addirittura sulla luna,  quasi che l’Ariosto voglia ingannare, in questo episodio, lo spirito avventuroso del Rinascimento,  specie dopo che il viaggio di Colombo aveva sfrenato nei più audaci la brama di scoprire e di affrontare l’ignoto.

   In breve, il Rinascimento maturo si interessa di tutti gli aspetti della vita, in quanto, non esclude nulla dalla vita, né il bello, né il brutto, né il decente, né l’indecente,  né il glorioso. né l’ignominioso.

== Il Rinascimento maturo presenta anche la caratteristica della concretezza  nel suo ideale di bellezza,  si interessa ai problemi pratici  (ad esempio il Machiavelli) e propone addirittura come ideale supremo della vita l’utilitarismo ” il bene particulare “  (in Guicciardini). E l’Ariosto, che sembra lavorare solo di fantasia, nelle sue creazioni fantasiose, incarna aspetti concreti della vita vissuta.

=== Il Rinascimento maturo vive il suo naturalismo con distacco,  con sorriso ironico e smaliziato,  come accade a chi ha fatto tutte le esperienze della vita, ad eccezione del Machiavelli che è mosso da un’accesa passione per la politica, gli altri esponenti del Rinascimento maturo,  in particolare l’Ariosto ed il Guicciardini, guardano la vita con distacco:  il loro interesse è venato di sorriso malizioso, che è caratteristico di chi è sazio della vita e,  pur sentendone la vanità, continua a viverla con un certo gusto, pur venato di insoddisfazione.

 UMANESIMO CLASSICHEGGIANTE.

=   L’Umanesimo crea nel secolo XV  il culto della classicità,  che, nella fase matura del Rinascimento, è caratterizzato da un’attenzione rivolta più ai modi di vivere dei classici che alle belle forme espressive da essi create. Ad esempio il Machiavelli nell’introduzione ai “Discorsi sulla prima decade di Tito Livio” si rammarica che gli italiani stimino tanto gli esemplari della scultura e dell’architettura classica e non rivolgano mai l’attenzione ai modi con cui i romani costruirono un’Italia unita ed un impero universale. La prassi dei classici più che i loro canoni compositivi interessa agli umanisti maturi, come il Machiavelli.

==   Nel Rinascimento maturo si continua a tener presenti i modelli classici, non per riprodurli con minuziosa diligenza e imitazione quasi passiva, bensì per trarne alcuni spunti che si ritengono opportuni per dare maggior decoro alle creazioni originali.

   L’originalità è la caratteristica dell’umanesimo maturo: Michelangelo progetta edifici, esegue sculture e affreschi tenendo presenti alcune leggi dell’arte greco-romana, e le sue creazioni sono del tutto originali: crea cose nuove, ma con l’uso di elementi antichi che egli considera sempre validi. Anche nell’Orlando Furioso ritroviamo temi dell’Iliade e dell’Eneide,  inseriti in una creazione che rispecchia il secolo XVI, proprio dell’autore.

 Caratteristiche delle opere del Rinascimento maturo

Sia le opere letterarie, sia quelle artistiche nel Rinascimento maturo presentano le seguenti caratteristiche:

=   RICCHEZZA E COMPLESSITÀ’  DI MOTIVI dovuta alla vasta esperienza che gli uomini di questo periodo hanno acquisito. La pittura e la scultura del Michelangelo manifestano nel “Giudizio universale” e nella cupola di San Pietro, manifestano varietà tematica unita all’eleganza. Queste si notano anche nell’Orlando Furioso dell’Ariosto. Queste opere rinascimentali si distinguono per la grandiosità dell’impostazione e per la ricchezza dei particolari.

==   SEMPLICITÀ’ E CHIAREZZA NELLE STRUTTURE. L’armonia dà ad ogni parte di un’opera lo sviluppo e il risalto che le convengono, in modo tale che l’autore domina la molteplicità degli aspetti. La capacità di dominio è la dote di chi si distacca dalla creazione fatta da lui stesso e la guarda dall’alto, per cui evita di esagerare una parte, a danno di un’altra e di trasformare la complessità in confusione, esagerando gli elementi secondari a danno di altri più importanti.

=== SOLIDITA’, ROBUSTEZZA DI STRUTTURE E DI CONTENUTO CONGIUNTA CON DECORO DI ORNAMENTI. Quello che conta nell’opera di un autore del Rinascimento maturo, non è solamente l’ornato, ma la sostanza del contenuto. Emerge la ricchezza umana della sua opera, più delle infiorettature ornamentali, tanto care agli artisti e letterati del 1400. L’ornato, dunque, è tanto quanto è necessario ed è strettamente legato al contenuto. Ne risultano opere più naturali, più grandiose e più signorili. Qualche graziosa civetteria dello stile quattrocentesco appare più come prodotto del gusto che non del genio. In un confronto tra i quadretti idillici del Poliziano o del Sannazaro e quelli dell’Ariosto: i primi appaiono minuziosi e graziosi troppo idealizzati;  i secondi più aderenti al reale,  più semplici e nello stesso tempo coloriti in modo anche efficace.

==== PERFEZIONE TECNICA. Le opere sono caratterizzate anche da una perfezione tecnica espertissima di tutte le regole. Le forme medioevali non conoscevano tanti segreti, come la prospettiva nella pittura. Nel  secolo XVI le esperienze tecniche permettono agli artisti di affrontare e risolvere i problemi compositivi più ardui, come si nota negli affreschi di Michelangelo sulla volta della Cappella Sistina e nella costruzione della cupola di San Pietro. Gli scrittori dispongono di un vocabolario, di una grammatica e di una sintassi molto più ricchi di quelli di cui disponevano Dante,  Petrarca, Boccaccio,  avendo contribuito lo studio dei classici ad arricchire la nostra lingua. Le immagini create dagli scrittori del secolo XV sono state assimilate per l’attività della fantasia dell’Ariosto. Dopo la precedente elaborazione, nel secolo XVI il vocabolario è più ricco e il repertorio di immagini abbondante.  Gli autori cinquecenteschi  maturano una vasta esperienza della tecnica della parola e dell’immagine, e sono in grado di esprimere le più svariate creazioni del pensiero e della fantasia.

 LA CRISI DEL RINASCIMENTO

   Le età della storia hanno ciascuna caratteri propri, ma si succedono senza fratture o salti, anzi sono generate l’una dall’altra. Mentre alcuni fattori che danno il tono ad un’epoca si vanno esaurendo, ne sorgono altri non venuti su dal nulla, ma generati da quelli stessi che tramontano in epoca successiva.Nel tempo, appaiono evidenti e prendono vigore alcuni elementi che precedentemente erano rimasti latenti, pur essendo vivi e in qualche modo operanti.

   I fattori che caratterizzavano l’epoca rinascimentale sono il naturalismo e l’umanesimo. Il primo riguarda la concezione nella vita, il secondo riguarda lo stile con cui esprimere questa concezione. In forza della concezione naturalistica della vita, in quell’epoca l’esistenza umana era stata considerata come un’avventura libera, audace e nobilissima in tutti i campi, come un’esperienza piena e spregiudicata delle forme belle del vivere e dell’essere.

   In forza dell’adozione dello stile classico, l’eleganza fu una norma generale, Tuttavia alcuni teorici si erano creduti in dovere di definire e di imporre le così dette norme scritte della proporzione, dell’eleganza e dell’armonia. Di conseguenza si ebbero accademici, declamatori di circolo.

   Attorno alla metà del sec. XVI i due fattori, naturalismo e umanesimo, si esauriscono, e nuovi indirizzi sorgano da essi.

 Decadenza Del Naturalismo

   Lo spossamento psicologico e il venir meno della libertà sono le cause di questo affievolirsi del ritmo di un’esistenza  e di un’arte, vissute come esperienza intensa e libera. Lo spossamento psicologico e il venir meno della libertà.

=   Esaurimento psicologico. E’ normale nella vita dello spirito umano che lo sfrenamento delle energie della natura, contenuto solo entro i limiti dell’estetica e dell’utilità, porti a momenti di l’insoddisfazione. Un segno evidente di questo esaurimento spirituale è dato dall’affievolirsi e dallo spegnersi dell’entusiasmo per l’ideale, in nome saggezza, della concretezza, e della praticità. Ariosto sorride sulla umanità da lui presentata in un’esperienza molteplice e arguta; il Machiavelli, posto di fronte a problemi urgenti, getta via altri ideali morali per risolvere le situazioni in modo spregiudicato, realistico e, secondo lui, efficace. Il Guicciardini, tanto più deluso dalla vita quanto più da essa aveva avuto,  si chiude nel suo malizioso e orgoglioso scetticismo, e dichiara che nella vita “colui si regge bene che mira sempre al bene suo particulare“. E’ la conclusione di una esperienza, per cui il Rinascimento, dopo il Guicciardini, non soddisfaceva più lo spirito umano.

==   Il venir meno della libertà nel campo morale e politico. La coercizione che comprima la libertà dell’individuo e dei popoli è normalmente causa di stasi e di regresso. Le persone del Rinascimento avevano invocato la libertà assoluta nel campo religioso, nel campo morale, nel campo politico: ma l’eccesso di libertà provocava la fine della libertà stessa. Lo si nota nel campo religioso, in quello politico ed in quello economico.

-NEL CAMPO RELIGIOSO.

   Il Protestantesimo affermava la religione propria della coscienza soggettiva: la libertà eccessiva lasciava pullulare tanti ‘cristianismi’ quante erano le coscienze e così il Cristianesimo di Gesù Cristo era mal interpretato. La Chiesa Cattolica avvertì il pericolo della confusione e si sentì in dovere di impedire il traviamento dal vangelo. La Chiesa cominciò a controllare quella libertà di parola e di critica che nel Medioevo erano state attuate senza esagerazioni: Dante, infatti, che aveva criticato la condotta dei cristiani e dei loro capi, rispettando ed esaltando il Cristianesimo, aveva parlato senza ricever noie da nessuno, anzi la sua Commedia era stata letta e commentata in Chiesa.

   Quelli stessi protestanti che in nome della libertà si erano ribellati al vescovo di Roma, per mezzo dei loro governi protestanti, costringevano ad emigrare tutti quelli che non avessero aderito alla religione del principe. Il calvinismo mandò a morte parecchia gente in nome della sua religione; e in Inghilterra, in nome dell’anglicanesimo definitivamente sistemato, furono condannati i cattolici e i calvinisti; e quando nel 1688 la rinnovata Costituzioni Inglese accolse la dichiarazione dei diritti dell’uomo, il diritto della libertà religiosa veniva enunciato cosi: libertà di religione per tutti eccetto che per i papisti.

-NEL CAMPO MORALE.

   Nel Rinascimento alcuni umanisti affermavano  che non esiste alcuna distinzione tra bene e male, in quanto ciò che è naturale e necessario, è bene: le leggi dell’eleganza e dell’utilità, con cui avevano creduto di arginare decorosamente la sfrenatezza innata negli istinti, non erano capaci di impedire l’affermarsi progressivo di una immoralità turpe. Perfino gli uomini di Chiesa avevano dato un triste esempio di scandalosa condotta, come viene riferito riguardo al papa Alessandro VI.

Il protestantesimo si dichiarava scandalizzato dalla decadenza morale degli uomini di Chiesa, e proclamava, per bocca di Lutero, l’impossibilità di resistere alla natura, l’impotenza di fronte ai difetti umani. Donde la necessità di confidare unicamente nei meriti di salvezza del Cristo. Gli umanisti, nella loro decorosità classica, deridevano gli uomini di Chiesa quali ipocriti, e davano esempio di deplorevole condotta privata e pubblica, come hanno riferito dell’Aretino.

   La morale è strettamente connessa con la religione, pertanto, affermata l’intolleranza religiosa, si affermava anche un metodo di vigilanza e di disciplinamento di costumi da parte dello Stato.

   Comunemente si crede che solo la Chiesa cattolica abbia fatto ricorso a metodi polizieschi. Nelle regioni protestanti la religione passò sotto il controllo statale. Le leggi morali e religiose passarono nel codice civile. Il controllo sui costumi e la repressione del malcostume furono rigorosi ed efficaci. Lo si è notato in Svizzera e in Olanda con il calvinismo.

-NEL CAMPO POLITICO.

   Sembra strano che proprio nell’epoca in cui si affermò audacemente la libertà umana in nome delle esigenze di natura, le nazioni abbiano perduto la loro indipendenza esterna e siano cadute sotto la tirannide interna, particolarmente nel caso dell’Italia.

   Il naturalismo nel Rinascimento dava valore alle singole nature umane potenziate: fece distinzione, per le persone, tra nature maggiori e nature minori e si affermò che le nature maggiori possono sfruttare le nature minori. Le applicazioni di questo principio nel campo politico furono disastrose: gli individui o le famiglie più forti si credevano in diritto di imporre la propria personalità a tutto un popolo; le nazioni più forti si mossero a sfruttare quelle più deboli: nei comuni ( prima democratici) si affermarono le tirannie dei signori e dei principi. Per conseguenza si ebbe così il dominio straniero su svariate zone della Penisola italiana.

   Eppure il Rinascimento aveva manifestato tutt’altre intenzioni e previsioni: il Petrarca aveva vagheggiato per l’Italia una repubblica unitaria con a capo Roma. Non ci fu.  Il sogno degli umanisti, ammiratori di Roma repubblicana, poi si riduceva a tributare omaggi ai potenti che, più o meno signorilmente, tiranneggiavano nelle varie città d’Italia.

   Gli stessi umanisti, esuberanti di retorica; leggevano nelle storie di Livio che la potenza di Roma fu opera del popolo, e nello stesso tempo, manifestavano un presuntuoso disprezzo ne definire il popolo come “vulgo”. Il Machiavelli, come faceva osservare il Guicciardini, peccava di storicismo classico e di retorica politica. Il Guicciardini ignorava che la più potente forza della storia è il popolo.

   L’individualismo derivante dal naturalismo, nel campo politico, ha comportato la spartizione della penisola in signorie e principati, con la  gelosia reciproca tra i vari signori. E’ l’egoismo incosciente e spregiudicato che induce a invocare l’intervento straniero contro i rivali, in Italia.

   Tolta via la legge morale dalla vita politica, come era diventato uso comune nella pratica e come aveva preteso di giustificare il Machiavelli, ridotta la virtù ad abilità, ridotto l’ingegno ad astuzia, ridotta la superiorità a possesso padronale, i rapporti tra i singoli organismi politici dovevano diventare rapporti di forza: chi è più forte vince e chi è più debole piange. Ridotta la politica ad un gioco di astuzie e di violenze, ha diritto di vincere chi sa imporsi.

   Dal 1454 al 1559 prevalsero nel campo internazionale gli Asburgo che misero i ceppi a buona parte d’Italia,  considerarono i popoli come possessi di famiglia, oggetti di eredità nelle successioni.

-ESAURIMENTO DELLA RICCHEZZA.

   Nel basso Medioevo e nel primo Rinascimento, il Mediterraneo era stato al centro dei commerci europei; e l’Italia, penisola mediterranea per eccellenza, aveva costituito la banchina commerciale del continente su quel mare. La notevole quantità di ricchezze prodotte dai commerci e dalle industrie da parte delle famiglie borghesi nelle varie città italiane serviva allo sfarzo, al lusso, alle feste.

   In seguito alla scoperta dell’America, i commerci si trasferivano dalla zona mediterranea, a quella atlantica, e subentravano nelle attività del traffico il Portogallo, la Francia, l’Olanda e l’Inghilterra. La borghesia italiana decade: Venezia e Genova cambiavano aspetto: da città commerciali, ma città dalle apparenze aristocratiche. Mentre l’importazione in Europa di metallo prezioso dall’America faceva perdere valore all’oro, la crisi economica colpiva la nobiltà italiana. Col venir meno del benessere vengono meno le possibilità di soddisfare, con finezza ed eleganza, le esigenze di natura, e si esaurisce il programma del naturalismo rinascimentale italiano.

 Decadenza Dell’Umanesimo

   La decadenza del culto della civiltà classica, cioè dell’umanesimo, è prodotta da svariate cause come la retorica pedante, il distacco dalla vita reale, l’astruseria del linguaggio.

I – L’ESEMPLARISMO UMANISTICO.

   I cultori della civiltà romana e greca avevano svalutato tutto ciò che non era classico, avevano dichiarato perfetto ed insuperabile tutto ciò che fosse di quella ispirazione romana e greca. Questa esemplarità portò con sé l’imitazione, facilitata dalla retorica che cominciò a dettare precise norme per modellare l’ispirazione personale e la sua espressione secondo i criteri degli antichi.

   I più intelligenti tra gli scrittori si contentarono di prendere soltanto lo spunto dai classici, per elaborare testi poi, secondo le esigenze del loro mondo interiore. I mediocri non poterono fare a meno di seguire i modelli e della retorica. Verso la metà del ‘500, la retorica mortificava la spontaneità d’ispirazione e d’espressione, fini ad uccidere la libera poesia.

   Andò decadendo con il tempo quell’umanesimo che voleva infondere nell’opera d’arte maggior bellezza ed eleganza attraverso l’utilizzo delle esperienze classiche, perché quel che doveva essere alimento dell’arte, con la pedante retorica, diventa causa della morte di essa.

II – IL DISTACCO DELLA LETTERATURA DALLA VITA.

   Gli umanisti, impegnati in una gara di eleganza tecnica classicheggiante, si preoccuparono dello stile formale e linguistico tanto che per loro l’interpretazione della vita intima dei temi trattati passò in seconda linea.

   Nel Medioevo la poesia interpretava i problemi e le aspirazioni del popolo, anzi, in Dante, interpretò la vita di tutto il mondo cristiano; perciò era una poesia ricchissima di temi, seria e spontanea. Nel Rinascimento i poeti vivevano nella corte di un signore, come letterati cultori di un settore classico, uomini di circolo e di accademia: perciò la loro ispirazione è nel complesso limitata ai motivi del mondo signorile. Le loro esercitazioni descrittive idilliche, oratorie, epistolari, e simili, sfoggiano il pregio di una elegante forma, con distacco dalla vita del popolo.

   L’0rlando Furioso è  valorizzato più come romanzo di svago, per dame e cavalieri poco affaccendati, più che come libro di vita; tra la Commedia e l’0rlando Furioso c’è la stessa differenza che intercorre fra la vita e un una fantasia di vita.

   Il Machiavelli, che sembrerebbe l’uomo più serio del Rinascimento, fu un sognatore anch’egli; glielo diceva chiaramente il Guicciardini, quando rimproverava, alla sua speculazione politica, la mania storico-classicista che lo rendeva interprete della politica romana, piuttosto che medico dell’Italia dei suoi tempi. Machiavelli armava la mano di un principe forte e pretendeva che gli innumerevoli tirannelli della penisola stessero ad aspettare, ciascuno il proprio turno, per essere eliminati. Egli ha ignorato che la forza della storia è il popolo e che la rigenerazione dell’Italia era possibile soltanto attraverso una rigenerazione del popolo italiano. Questa rigenerazione sarebbe stata favorita dagli scrittori che, come l’Alfieri, volevano essere gli educatori e i tribuni naturali del popolo.

   Per il Machiavelli e per il Guicciardini, il popolo appare come volgo spregevole, massa inerte, più da sfruttare che non da educare, né da elevare. Il Rinascimento non rappresenta un progresso nell’ispirazione delle creazioni poetica, piuttosto un’avanzata nel settore dell’arte tecnica poetica dell’espressione. Col Rinascimento la letteratura si rifugia nelle corti dei signori, nei palazzi dei principi, e nelle accademie e nei circoli letterari dove si prestava a tutti i giochi delle ambizione signorili o delle stravaganze dei dotti.

   Quando la poesia interpreta la vita, anche se di forma modesta, è sem­pre interessante; quando invece è tutta lindura stilistica, può mancare di buon senso. L’ideale del Rinascimento è la bellezza, come motivo d’ispirazione, e di forma. La vita nella sua integrità attendeva di essere interpretata e rappresentata nei suoi significati, nei suoi aspetti più profondi. L’accademia non bastava.

III – L’ESPRESSIONE TROPPO LONTANA DALLE FORME COMUNI.

   Gli scrittori del Rinascimento ebbero il merito di essere persone dotte e di far pompa della loro dottrina. Le loro opere non erano destinate al maggior numero possibile di lettori, ma al ristretto gruppo dei colleghi; ed avevano per fine, non quello di alimentare lo spirito dei lettori, ma quello di offrire saggi di bravura formale e linguistica e di capacità imitativa dei modelli classici.  Nella prosa latineggiante e abbastanza inaccessibile del Machiavelli insieme a una indiscutibile originalità, si nota una mania di linguaggio singolare e dotto.

   Gli scrittori del Rinascimento si propongono di comporre il bel pezzo, non si preoccupano affatto se la loro opera sa essere, o no, utile all’umanità. Diffondevano lo stile letterario con partizioni fisse, e con vocaboli simbolici, ad esempio, ‘cigno’ per poeta; ‘liquido cristallo’ per acqua; ‘ninfa’ per fanciulla. Sfoggiavano un periodare ciceroniano, o liviano, o tacitiano; usavano uno stile del tutto diverso da quello che è comune al popolo, diventando oggetto di curiosa ammirazione o di ironico sorriso.

   E’ una letteratura che vive di sé, si vagheggia da sé, e fatalmente muffisce nel suo angusto circolo di vita. Gli illuministi di fronte al problema della ricongiunzione della letteratura alla vita, faranno disperdere le loro cianfrusaglie stilistiche.

This entry was posted in PERSONE and tagged , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Bookmark the permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Gentilmente scrivi le lettere di questa immagine captcha nella casella di input

Perchè il commento venga inoltrato è necessario copiare i caratteri dell'immagine nel box qui sopra