AGNELLI GIACOMO e FRANCESCO fratelli pittori di Patrignone secolo XVI. Studio di CROCETTI Giuseppe

GIACOMO E FRANCESCO AGNELLI DA PATRIGNONE PITTORI DEL SECOLO XVI, studio  di Crocetti Giuseppe

Per la seconda metà del cinquecento è documentata l’attività pittorica dei due fratelli  Giacomo e Francesco Agnelli da Patrignone, frazione di Montalto delle Marche (AP); sconosciuti agli studiosi dei secoli XVIII e XIX, si è cominciato a parlare di loro agli inizi del secolo XX in interventi occasionali e frammentari di Carlo Astolfi, Carlo Grigioni, Vincenzo Paoletti, Francesco Pistolesi e Giulio Amadio (1). Coordinando le notizie che li riguardano, sparse in diverse pubblicazioni, si è in grado di presentare un succinto prospetto biografico e cronologico delle loro attività, unitamente ad un ristretto catalogo delle loro opere che vengono singolarmente analizzate qui. Sono opere di non notevole fattura che testimoniano un modo popolare di rappresentare l’arte sacra, nell’immediato periodo che segue il rinnovamento religioso impresso dal Concilio di Trento.  Dal modo costante con cui documentano e firmano i loro dipinti si desume che Giacomo e Francesco fossero fratelli germani, stante il costante uso del patronimico “Angelli”, o “Agnelli” – “Angellus”, “Agnellus” – nel significato di “figlio di Angelo, o Agnolo”, in un momento storico evolutivo della trasformazione del patronimico in “cognome” dell’uso moderno.  Probabilmente Giacomo è il fratello maggiore: le notizie, finora conosciute che lo riguardano direttamente, vanno dal 1552 al 1568; mentre quelle di Francesco sono comprese nel decennio 1578-1588.     L’Amadio, dai libri di amministrazione della compagnia o confraternita della Misericordia di Montalto, ha ricavato la notizia del 21 marzo 1610 che riguarda un tal Giovanni Agnelli di Patrignone, pittore, che aveva dipinto 30 legni della compagnia e ne deduce che fosse un pittore -decoratore, figlio di Francesco Agnelli (2); al benemerito studioso delle cose patrignonesi sfuggirono quasi completamente le opere del pittore Giacomo Agnelli, delle quale riferì soltanto all’ultimo momento nel libro “I Bonfini”, trascrivendovi alcuni interventi di critici della storia dell’arte. Giovan Battista Agnelli, invece, dovette essere un vero pittore. Carlo Grigioni, dall’Archivio Comunale di Ripatransone ha estratto e pubblicato due sue lettere, indirizzate agli Anziani nel 1617, con le quali si offriva per dipingere il quadro di San Carlo Borromeo, chiedendo in cambio “a favore della mercede”, la casa del testatore, ser Giacomo Ricci (3). Purtroppo, allo stato attuale delle ricerche, di lui non si conosce nessuna opera, né firmata, né documentata.

Notizie storiche e biografiche. Nel libro “Entrate – Esito” della Confraternita di S. Nicola di Montalto, all’anno 1552 si legge: “A Mastro Jacomo pittor per il tabernacolo, fiorino 1 e bc.8” (f. 114/v).

Nel 1557 dipinge e data la tela di Ripatransone. Il 20 agosto 1561 Giacomo Agnelli dipinge, una pala d’altare raffigurante “Madonna col Bambino in gloria, Angeli e quattro Santi“ per la chiesa di S. Francesco in Acquaviva Picena (4).

Il 15 settembre 1565 dipinge e firma un dipinto ad olio su tela raffigurante: la “Vergine col Figlio in trono fra Angeli e i SS. Marone e Procolo” per la chiesa dell’Annunziata di Collina, frazione di Monte Vidon Combatte. (5).

Il 29 gennaio 1567 porta a termine la pittura delle cappelle laterali erette nel piano del presbiterio della chiesa rurale di S. Maria in Camurano in territorio di Montelparo. Sotto il dipinto di sant’Antonio abate ha lasciato la firma. Nell’altare di fronte, dedicato all’Immacolata, lasciò una iscrizione che nel secolo scorso fu letta e trascritta in un quaderno di appunti del canonico Pennesi di Santa Vittoria in Matenano:    D(omi)NA FABIA UXOR QUONDAM  \  ANTONII ERCULANI DE  \  MONTELPARO ET HUIS  \  ECCLESIAE SINDICI ERIGI  \  CURAVIT M.D.LXVII  \ DIE XXII JANUARII (6) “Donna Fabia moglie del fu Antonio Ercolani sindaco di questa chiesa curò fosse eretta; <quest’opera> il giorno 22 gennaio 1567”.

Nel mese di giugno del 1567 dalla Comunità di Montalto il M° Giacomo di Patrignone ricevette quattro scudi e 24 bolognini per aver dipinto 23 arme negli archi trionfali, innalzati per festeggiare il ritorno in patria di monsignor Felice Peretti, neo-vescovo eletto di S. Agata dei Goti (7). Il 21 maggio 1568 porta a termine il dipinto a tempera su tela, raffigurante: “La Crocifissione(8), reperito nella chiesa parrocchiale di Polesio, frazione di Ascoli Piceno.  Il 31 agosto 1578 Francesco Agnelli firma la tavola centinata della Madonna del SS.mo Rosario con attorno i 15 Misteri, tuttora esistente nella chiesa parrocchiale di Patrignone (9).     Nel 1588 porta a termine un affresco nell’Oratorio della Confraternita del SS.mo Sacramento del Rosario di Patrignone, ove prima della ricostruzione si vedeva raffigurato il Crocifisso con ai piedi, genuflessi ed oranti, alcuni confratelli (10). CATALOGO DELLE OPERE DOCUMENTATE:   per Giacomo Agnelli

Scheda I – LA MADONNA REGINA DEGLI ANGELI CON S. PIETRO E S. GIOVANNI BATTISTA, S.FRANCESCO E S. GIACOMO.  – Dipinto ad olio su tela con cornice centinata (231 × 153).  –  Segnatura: J. BAPTISTA SMACCHIA DE ACQUAVIVA – EQUES LAURETANUS – F.F. HOC OPUS – 1561 DIE XX AUGUSTI; segue la firma: IACOBUS AGNELLUS DE PATRIGNONO PINXIT.  – Collocazione: Acquaviva Picena, chiesa di S. Francesco.  – Proprietà pertinente alla chiesa, edificio di proprietà privata.

Descrizione: In alto, al centro, siede la Madonna col Figlio ignudo sulle ginocchia, due putti alati la incoronano Regina degli Angeli. In basso, sono raffigurati, in piedi, S. Pietro con chiavi e libro; S. Giovanni Battista col vessillo dell’Ecce Agnus Dei ; S. Francesco d’Assisi con croce e stimmate; S. Giacomo, col bastone viatorio. Tra le due coppie di santi si apre una luminosa profondità panoramica.  Nella ricostruita e documentata cronologia questa tela, sebbene non possa considerarsi l’opera prima in ordine di tempo, si presenta come la più complessa per i vari ordini di figure con cui è stata arricchita. Pertanto, richiede un attento esame per rilevare pregi e difetti di questo pittore che si esprime nel gusto popolare e provinciale del suo tempo. Vi si nota una tendenza ad accentuare la caratterizzazione espressiva del volto dei singoli personaggi, nello sguardo intenso, variamente orientato in sintonia con l’animazione statico -dinamica impressa a tutta la composizione, eseguita con ricordi imitativi delle “sacre conversazioni” dei grandi pittori degli inizi del Cinquecento.

Vi si vede aggiunto un elemento non originale cioè l’inserimento della mascherina agitata dalla Madonna dinanzi agli occhi del Figlio: è un grossolano espediente d’un ignoto restauratore per coprire la caduta di colore nel volto del Bambino; mentre non può sfuggire l’infelice congiungimento rettilineo del setto nasale con la fronte che si vede in due angeli del coro; lo ripeterà nella Madonna della Crocifissione di Polesio (Scheda VII).

Bibliografia:  L. SERRA ed altri, Inventario degli oggetti d’arte di Italia, Vol. VIII, Prov. di Ancona ed Ascoli P., Toma 1936, p. 187.  A. STRAMUCCI, Conosci le Marche. Prov. di Ascoli Piceno, Ancona 1974, p.33.

Scheda II. MADONNA COL FIGLIO IN TRONO TRA ANGELI ED I SANTI MARONE E PROCOLO –   dipinto ad olio su tela: misure originarie(244 × 154); misure attuali (100 × 56); restauro e riduzione eseguite presso la Soprintendenza di Urbino.  – Segnatura: HOC OPUS FIERI FECIT PELLICANUS VITELLI DE COLLINA EX VOTO – ANNO DOMINI MDLXV DIE XV SEPTEMBRIS – JACOBUS ANGELLUS DE PATRIGNONO PINXIT.   –

Collocazione: Fermo, Palazzo dell’Arcivescovado, studio; proveniente dalla demolita chiesa dell’Annunziata nella frazione Collina Vecchia di Monte Vidon Combatte; in deposito.  –  Descrizione: In alto, due angeli tengono sospesa sul capo della Madonna una corona gemmata ed altri due affondano nelle nubi ai due lati. La Vergine Maria sorregge sul davanti il Bambino ignudo che trattiene il globo per le mani  paffutelle, indossa una veste rossa, coperta da un manto verdognolo che le scende dalla testa fino ai piedi. Ai lati erano rappresentati, in piedi, i santi protettori dell’antico castello di collina: S. Marone con la sagoma del castello da lui protetto, mentre con una funicella tiene legato un drago, simbolo del paganesimo sconfitto con la sua predicazione nel Piceno (11); S. Procolo, vescovo, con mitra e pastorale (12).    Questa descrizione sommaria fece l’Astolfi nel 1905; fu ripetuta da Nada Vicoli nel 1942. Essi notarono che la tela era “deperita”. Nell’immediato dopoguerra fu traslocata a Fermo, presso il Palazzo dell’Arcivescovado, dal parroco D. Alfonso Carboni per ragioni di sicurezza; per interessamento dell’arcivescovo Mons. Bellucci fu fatta restaurare dall’allora Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici delle Marche con sede in Urbino, ove, per necessità contingenti, strappi e caduta di colore su larghi strati periferici, fu ridotta la superficie godibile nelle misure suaccennate. Ora si presenta come una riedizione ridotta della pala di Acquaviva Picena.

Bibliografia: C. ASTOLFI, Giacomo Agnelli, nella rivista “Le Marche”, luglio 1905. AA.VV., Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, vol. VIII – Prov. di Ancona ed Ascoli P., Roma 1936 p. 316.

Scheda III.   SANT’ANTONIO ABATE  –  Tempera su una forma di lunetta, databile intorno all’anno 1567, firmata: JACOBUS AGNELLUS DE PATRIGNONO PINXIT. HOC OPUS ET ALTARE FIERI FECERUNT….. il resto è illeggibile.  –  Collocazione: Montelparo (AP), chiesa rurale di S. Maria de Camurano, di proprietà del Comune di Montelparo.  Notizie storico-critiche: S. Maria de Comurano fu il primo “luogo” dei Frati Minori del Terz’ordine Regolare di San Francesco; la prima notizia si fa risalire al 1250 (13). La sua forma primitiva era una “pintura stradale” e corrisponde alla cappella isolata all’interno della chiesa attuale; nel 1549 fu racchiusa in un rivestimento di pietra arenaria, squadrata e levigata. Qualche anno dopo, nel piano della tribuna furono costruiti due altari in muratura, addossati alle pareti opposte, decorati con dipinti a tempera sui muri retrostanti.  Il dipinto della parete sinistra raffigura Sant’Antonio Abate, seduto in trono su fondo azzurro, con baculo sulla sinistra e la destra benedicente, mitra e campanella sul sedile, animali domestici sul soppedaneo, entro la finzione prospettica di una grande nicchia, nei pilastri della quale sono disegnate due candelabre, mentre l’interno dell’arco è adorno da una serie di grottesche simmetriche.  L’opera è firmata; per la datazione si veda la scheda seguente.  Stilisticamente è l’opera che maggiormente si distacca da quelle esaminate finora. Se non fosse stata firmata l’avremmo attribuita ad un altro pittore (14): ad esempio, all’autore dell’affresco asportato da mani ignote dalla chiesa di S. Francesco alle Fratte di Montalto, raffigurante: “Madonna col Figlio in trono tra S. Antonio di Padova e S. Biagio”, documentato per l’anno 1531. Si ripete in parte il disegno del trono e della mitria, la decorazione del manto, il modo di rilevare con biaccature barba, occhi e sopracciglia. La decorazione con candelabri e grottesche sembra potersi apprezzare come la cosa migliore di tutto l’insieme, dimostrandosi buon osservatore delle opere altrui, però le ripropone con ritardo, fuori del suo tempo.

Bibliografia: G. CROCETTI, Montelparo, Il Segno, Ed. Negrar (VR) 1990, pp. 133,135.

Scheda IV.    L’IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA  –  Dipinto a tempera su un muro con finzione di cappella con altare, colonne timpano, documentato per l’anno 1567.  –

Segnatura: DO.NA FABIA UXOR QUONDAM ANTONII  \  ERCULANI DE MONTELPARO ET HUIUS  \  ECCLESIAE SINDICI ERIGI CURAVIT  \  M.D.LXVII DIE XXII JANUARII

Collocazione: Montelparo, chiesa rurale di S. Maria de Camurano.  –  Proprietà: Comune di Montelparo.   –  Descrizione: Sulla parete destra il pittore ha voluto fingere un altare a forma di cappella in stile rinascimentale. Due colonne laterali sorreggono la trabeazione e il timpano. Dentro l’incorniciatura del fastigio ha dipinto l’Eterno Padre reggitore del mondo, in un alone di luce, circondato da nubi. Nei pennacchi, sotto la trabeazione, ha ritratto il mistero dell‘Annunciazione: a sinistra l’Arcangelo Gabriele, a destra la Vergine Maria che riceve il saluto ed il messaggio divino, e si dispone, con le mani incrociate al petto, a fare la volontà di Dio.  Nella raffigurazione della pala centinata ci sfugge l’elemento che poteva fare da sfondo panoramico nella zona inferiore. La parte alta è contornata da cinque medaglioni, ove sono rappresentati, al centro, lo Spirito Santo, simboleggiato dalla colomba ad ali spiegate; ai lati, i Quattro Dottori della chiesa occidentale, in vesti pontificali, con vistosi cartigli in cui sono trascritti alcuni testi celebranti le glorie di Maria. (1)- S. Ambrogio: HAEC EST VIRGA IN QUA NEC NODUS ORIGINALIS NEC CORTEX VENIALIS CULPA FUIT. (2)- S. Girolamo con un cappello cardinalizio (testo illeggibile). (3)- S. Agostino: MAGNIFICETUR QUI TE OMNI PECCATO PRESERVABIT.  (4)- S. Gregorio: GENITOQUE FUIT IN UTERO MARIAE ABSQUE ORIGINALI PECCATO CONCEPTA ET GENUIT.

Al centro, nella cavità di un nicchio, ha dipinto l’Immacolata, rappresentandola eretta, in veste rossa e manto verde, a mani giunte, con la luna sotto i piedi e corona regale sul capo; un alone solare in giallo ocra la circonda dal capo ai piedi; nei bianchi cartigli è riprodotto il testo della sua apparizione a S. Giovanni Evangelista, descritta nell’Apocalisse (12,1); MULIER AMICTA SOLE – ET LUNA SUB PEDIBUS EIUS – STELLIS DUODECIM CORONATA.  Questa rappresentazione figurativa del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria acquista notevole rilevanza se si considera che segue, a pochi anni di distanza, la conclusione delle Sessioni del Concilio di Trento su questo tema, e la grande incidenza avuta in ciò i committenti, i padri francescani, nel suggerire testi ed immagini.  È un vero peccato che questo dipinto, complesso ed impegnativo, sia stato rovinato irreversibilmente da infiltrazioni di umidità, con vaste zone in cui sono caduti intonaci e colori.  Questo dipinto, datato per l’anno 1567, non è firmato. Nelle figure dell’Eterno Padre, dell’Immacolata è facile ritrovare gli stilemi disegnativi di Giacomo Agnelli; il disegno delle mitrie dei Dottori richiama quello della mitria di S. Antonio Abate, nel dipinto della parete di fronte, firmato da Giacomo Agnelli (Scheda III).  L’uno nell’altro dipinto, finora sconosciuti anche a livello di storia locale, con queste schede entrano a far parte della storia dell’arte che deve tenere in conto anche le opere di artisti minori e quelle che non hanno avuto la fortuna d’una buona conservazione.

Bibliografia: G. CROCETTI, Montelparo, op. cit., pp. 136-137.

Scheda V.   CROCIFISSIONE  –  Tempera su tela con cornice liscia (240 × 150) in discreto stato di conservazione.  –  Segnatura: 1568 DIE XXI MAY \ JACOBUS ANGELLUS PATRIGENAS PINXIT.   Collocazione: Ascoli P., Frazione di Polesio, chiesa parrocchiale di S. Maria, cantoria.  Proprietà: Parrocchia di Santa Maria Assunta di Polesio.   Descrizione: L’esistenza di questa tela fu fatta conoscere per la prima volta dal Paoletti nel 1907; ma non ne fu divulgata alcuna illustrazione fotografica. Sullo sfondo grigio, illuminato all’orizzonte, ove si stagliano rocce con le mura di Gerusalemme, svetta una grande croce di legno venato su cui è inchiodato il Crocifisso, raffigurato a palme aperte e piedi sovrapposti, col capo reclinato sulla spalla destra, coperto ai lombi con perizoma cinericcio. Ai lati della croce, in piedi, stanno l’Addolorata e S. Giovanni Evangelista, rappresentati con aureola, a fronte alta, mani congiunte e dita incrociate, coperti da ampi mantelli che scendono fino ai piedi. Inginocchiata ed abbracciata alla croce, in primo piano, si vede la Maddalena, con lo sguardo rivolto verso il Crocifisso. In figure minuscole, affondati su due nuvolette, si vedono due Angeli della Passione che raccolgono il sangue che esce dalle ferite delle mani e del costato. Lungo la base, a caratteri grandi, corre la scritta con data e firma, riferite sopra.    In questa tela ben conservata c’è da notare che l’Agnelli si distacca da moduli creativi e disegnativi, mutuati dal Pagani, per trasporvi figure, come l’Addolorata, che ricordano l’arte di Cola dell’Amatrice.

Bibliografia:  V. PAOLETTI, op. cit, pp. 61,62.

Scheda VI.  MADONNA COL BAMBINO IN TRONO TRA S. APOLLONIA E S. GIOBBE Dipinto  a tempera (168 × 122) in mediocre stato di conservazione, datato 31 dicembre 1557. Attribuzione a Giacomo Agnelli. Segnatura: DE ELEMOSINIS, F.F.  Collocazione: Ripatransone, canonica di S. Angelo in Roflano, proveniente dalla demolita chiesa di S. Domenico di Ripatransone. Proprietà: parrocchia S. Michele di Ripatransone.  Descrizione: Nella parte superiore è rappresentata la Vergine, seduta in trono, in veste rossa e manto azzurro che scende dalla testa ai piedi, mentre sul lato destro sorregge il Bambino, nudo, diritto sulle ginocchia materne, slanciato e a braccia aperte verso S. Apollonia V. e M., la quale, stando in piedi alla destra del trono, mostra i segni del suo martirio: palma e tenaglia con dente estratto. La santa è particolarmente invocata come protettrice contro il mal di denti. Sul lato opposto è raffigurato, in piedi, S. Giobbe a torso nudo, cosparso di pustole; la parte inferiore del corpo è coperta da un telo marrone.   Il disegno delle aureole, la distribuzione cromatica dei colori, le fisionomie dei personaggi indicano diretti rapporti con la tela di Acquaviva Picena (Scheda I); ed anche con l’affresco distaccato di Castel di Lama  (Scheda VII), ove la Madonna col Bambino vi si ripetono in posizione invertita.  Nella targa bugnata, sul fronte del soppedaneo del trono, il pittore ha segnato la data: DIE ULTIMO DECEMBRIS 1557, omettendo la firma, ma la calligrafia del corsivo è simile a quella della firma lasciata nella pala di Acquaviva. È un dipinto votivo fatto fare con elemosine. Le linee che danno un effetto di prospettiva alla targa sono simili a quelle tracciate nell’affresco di Castel di Lama.   Sul fondo si notano i segni, o linee di un arco gotico che, probabilmente, indicano l’utilizzo postumo della tela dentro una struttura ogivale.

Bibliografia: Inedito.

Scheda VII. MADONNA COL BAMBINO IN TRONO TRA S. PIETRO E S. GIOVANNI EVANGELISTA  –  Affresco distaccato riportato su tavola di truciolato (220 × 160), con grandi lacune e segnatura frammentaria, databile intorno al 1560. Attribuzione a Giacomo Agnelli.   Collocazione: Castel di lama (AP), chiesa parrocchiale di S. Maria in Mignano.  Proprietà della Parrocchia di S. Maria in Mignano.  Descrizione: In alto è raffigurata la Madonna in veste rossa e manto azzurro scuro, seduta in trono, mentre regge sulle ginocchia il Bambino ignudo. Ai lati del trono, in piedi, figurano S. Pietro, apostolo, con le chiavi e un libro in mano, coperto da un manto rosso sulla veste scura, il S. Giovanni Evangelista con penna, stilo e il libro, sulla veste arancione ricopre un manto celeste. Nel soppedaneo del trono restano sei righe di una scritta frammentaria, difficilmente ricostruibile; i caratteri sono simili a quelli della tela di Acquaviva (Scheda I), il trono è uguale a quello della tela di Ripatransone (Scheda VI).  Più sotto, lungo le linee della cornice del trono, alcune lettere indicano, probabilmente l’inizio della firma: ”JACOB(us)….” Che potremmo completare, facendo riferimento al modo con cui ha firmato le tele di Acquaviva e Fermo, rispettivamente nel 1561 e il 1565. Nonostante lo stato frammentario del dipinto, tuttavia evidenti sono i richiami con le opere già esaminate. G. Marcozzi in forma dubitativa ha assegnato quest’affresco al M° Martino Bonfini, ingannato da una ricevuta di pagamento del 15 aprile 1627, estratta dai registi di amministrazione della parrocchia, riguardante la costruzione della “Cappella” dell’altare maggiore. Nella chiesa parrocchiale di Santa Maria in Mignano si conserva tuttora la tela dipinta dal Bonfini, ove è raffigurata la Madonna col Figlio in gloria, S. Emidio, S. Bordonio e S. Macario.

Bibliografia: G.MARCOZZI. L’arte di Castel di Lama storia di un castello e di una comunità, nel libro Castel di Lama, di G. Marucci, Ascoli Piceno, 1982, p. 265.

Scheda VIII.       Affresco votivo (cm 75 × 51), con segnatura “S. Giob” ed una riga di iscrizione relativa al committente, indecifrabile. Attribuzione.  Collocazione: Patrignone, chiesa parrocchiale di Santa Maria de Viminatu, inizio della navata sinistra. Proprietà: Parrocchia di Santa Maria di Viminatu. Descrizione: Il dipinto è delimitato da una cornice mistilinea liscia; la figura del personaggio biblico vi era raffigurata in piedi, con giochi di luci ed ombre per la ricerca essenziale di effetti di profondità di campo e di elementare prospettiva. Lo sfondo è costituito da una parete con alta zoccolatura, dipinta a tinta unita in azzurro smorto e verde cupo; mentre sul pavimento, color celeste chiaro, si proietta l’ombra del santo. Un drappo rosso scende lungo la parte centrale e fa da sfondo alla figura aureolata di Giobbe, rappresentato a torso seminudo con capelli e barba  grigi; la testa è orientata a destra di tre quarti; dalla spalla sinistra scende il mantello; la parte nuda del corpo è cosparsa di numerose pustole maligne di carbonchio.

Per l’attribuzione in favore di Giacomo Agnelli è sufficiente il confronto con il S. Pietro della tela di Acquaviva (Scheda I) e dell’affresco staccato di Castel di Lama (Scheda VII), specialmente nel disegno della parte inferiore del mantello, dell’aureola e del volto. In quanto alla datazione ci si può orientare, anno più, anno meno, intorno al 1560.  Bibliografia: Dipinto inedito.

Scheda IX.    IL CROCIFISSO, L’ADDOLORATA, S: GIACOMO APOSTOLO  Tempera su muro (225 × 170), pala d’altare con interventi di restauro.  Segnatura: HOC OPUS. F.F. SIMONAMODus. PRO. SUA DEVOT(io)ne. ANnO D(omini). 1569 MENSE APRILI.

Collocazione: Montegiorgio, chiesa di San Giacomo.  Proprietà: Confraternita della Misericordia.  Attribuzione a Giacomo Agnelli. Descrizione: Sulla parete di fondo del braccio sinistro della chiesa, al livello dell’ultimo gradino dell’altare, incorniciata con una fascia color giallo-ocra, è rappresentata la scena del Calvario, avente per sfondo un cielo grigio cangiante e la città di Gerusalemme. Dietro alla figura del Cristo crocifisso e della croce, il pittore ha creato un alone scuro per dare maggior risalto ai chiari colori degli incarnati; mentre dietro le figure vestite dell’Addolorata e di San Giacomo accentua il contrasto dei contorni con la stesura di un chiarore stratificato che avvolge quelle immagini a guisa di nicchio. Il Crocefisso conserva integra l’originale dipintura, mentre vaste ridipinture si notano nelle vesti di San Giacomo e della Madonna.  L’aggiunta dell’ornato raffigurante un apparato di tendaggio con calate laterali, discendenti da un nodo centrale con un fiocco, posto in alto, è da assegnare alla seconda metà del sec. XVIII.  L’attribuzione a Giacomo Agnelli si basa su elementi di confronto con le opere firmate: il volto dell’Addolorata richiama quello della Crocifissione di Polesio; i legami dei sandali di San Giacomo trovano riscontro nei sandali di S. Pietro della tela di Acquaviva e dell’affresco staccato di Castel di Lama, nonché nei sandali di S. Giovanni del dipinto di Polesio; il modo di disegnare e di sfumare le pieghe fluttuanti delle vesti; la medesima grafia nella segnatura, con identici punti triangolari, disseminati tra un vocabolo e l’altro, come si nota nella targa della tela di Acquaviva. Questo soggetto è stato ripetuto dal pittore nell’affresco meglio conservato ed datato 1573, esistente nella chiesa parrocchiale di S. Michele di Ripesanginesio (MC), di cui alla scheda seguente.  Bibliografia: Il dipinto risulta a tutt’oggi inedito.

Scheda X.  IL CROCIFISSO, SAN GIACOMO, SAN BIAGIO  Affresco (260 × 180) restaurato nel 1988 da Osvaldo Pieramici con il contributo della regione Marche, sotto la direzione della Soprintendenza BB.AA.SS. di Urbino. Segnatura: ADI 20 FEBRUARIUS 1573. Collocazione: Ripesanginesio (MC), chiesa parrocchiale di San Michele, cappella laterale destra.  Proprietà: Parrocchia di San Michele di Ripe Sanginesio.  Attribuzione a Giacomo Agnelli. Descrizione: Il dipinto è inquadrato da una finta cornice, mistilinea, con ornato rinascimentale nella fascia mediana; in alto convergono, a mo’ di timpano, due delfini disegnati al diritto e rovescio dello stesso cartone.   La scena ha per sfondo un cielo color celeste chiaro che si oscura dietro la sagoma del Cristo e della croce, mentre esprime il massimo chiarore alla linea dell’orizzonte, dove si stagliano le colline e la città di Gerusalemme. Sul prato verdognolo emerge una roccia incavata col teschio d’Adamo; su di essa si inalbera la croce. La figura del Cristo è identica a quella di Montegiorgio, uguale nel disegno della muscolatura e del perizoma, col medesimo ornato del tessuto. Parimenti la figura di San Giacomo ripropone in posizione invertita la stessa immagine dipinta quattro anni prima a Monte Giorgio; stesso disegno del volto, delle mani giunte, delle vesti e dei piedi con i sandali. Il vescovo San Biagio, in abiti pontificali con mitra e pastorale, regge con la destra la sagoma del castello di Ripesanginesio, di cui  è compatrono. Nel disegno espressivo del volto ci sembra di poter intravedere analogie con la figura di San Paolo nella tela di Acquaviva.   Dopo il restauro, il dipinto ha riacquistato tutti pregi cromatici originali, per cui, tra le opere di Giacomo Agnelli, appare come il meglio conservato. Nel marzo 1988 la stampa locale riferì brevi note riguardanti il restauro dei dipinti di vario genere – tempere, tele ed affreschi – di proprietà parrocchiali su promozione del compianto don Tarcisio Marinozzi; dipinti illustrati con relazione critico-artistica dallo scrivente.

Bibliografia: A. STRAMUCCI, Conosci le Marche – Prov. Macerata, Ed. “Eco Adriatica”, Ancona 1974, p. 143.  G.PIOLI, Tesoro ritrovato, in “Il Messaggero” del 19.3. 1988, p.16.  G. CROCETTI, Ripesanginesio, castello trecentesco, storia ed arte, nel settimanale “L’Appennino Camerte”, Anno LXVIII, n.12, p.5.

 Opere di Francesco Agnelli

Scheda XI.   MADONNA DEL SS.MO ROSARIO CON I 15 MISTERI  Dipinto ad olio su tela (250 × 150) protetto da una cornice centinata in legno dorato, con gli ovali dei 15 misteri ben conservati.  Segnatura: ANNO D.NI M D L XXVII DIE ULTIMO AUGUSTI FRANCISCUS AGNELLUS PATRIGENAS PINGEBAT.  Collocazione: a Montalto Marche,  nella frazione di Patrignone, chiesa parrocchiale di Santa Maria de Viminatu, presso l’altare maggiore.  Proprietà della Parrocchia di Santa Maria de Viminatu.  Descrizione: Il dipinto rappresenta la Madonna del Rosario assisa sulle nubi, mentre sorregge il Bambino, contornata e coronata da Angeli. In basso sono rappresentati un Papa, un cardinale, un vescovo ed un frate domenicano, seguiti da una schiera di fratelloni; a destra, una turba di popolo. Il tutto è inquadrato da una singolare cornice centinata, formata dalla intelaiatura di 15 quadretti curvilinei dentro i quali sono stati dipinti i 15 Misteri. La serie dei Misteri Gaudiosi inizia nel tondo sito al vertice delle centine con l’Annunciazione, poi continua in senso orario nella successione tradizionale dei Misteri Dolorosi e quelli Gloriosi.  L’Astolfi scrisse che Francesco Agnelli si tenne nella mediocrità umile di Giacomo, giudizio che può essere confermato anche nella conoscenza più ampia dell’uno e dell’altro pittore provinciale.

Bibliografia: C. ASTOLFI, I pittori Agnelli di Patrignone, in “Rassegna bibliografica dell’arte italiana”, Ascoli P., Anno XI (1908), pp. 64-65.  C. AMADIO, Antonio Bonfini e S. Giacomo della Marca, Montalto 1928, pp. 42-43.

Scheda XII.   SS.MO CROCIFISSO   Affresco votivo andato perduto.  –  Segnatura: ANNO D.NI M D XXX VIII FRANCISCUS AGNELLUS PATRIGENAS PINXIT.  Collocazione: a Montalto Marche  (AP) nella frazione di Patrignone, presso l’oratorio delle confraternite riunite del SS.mo Sacramento e Rosario.  Descrizione: Il dipinto raffigurava Gesù crocefisso, inchiodato sulla croce a palme aperte e piedi sovrapposti e sotto, ai due lati, confratelli genuflessi in preghiera con la buffa sul viso. Nella parte più bassa correva la dicitura con la data e la firma trascritta.   Era un affresco di modesta fattura con evidenti analogie con la tela Madonna del SS.mo Rosario, di cui alla scheda precedente.  Il dipinto è andato perduto in seguito ai lavori di ristrutturazione dell’oratorio, effettuati dopo il terremoto del 1943, con la realizzazione dei locali per le opere parrocchiali.

Bibliografia: G. AMADIO, Antonio Bonfini e San Giacomo della Marca, Montalto Marche 1928, p. 43.

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Quanto pubblicato in questo studio potrà servire per utili confronti con altri dipinti anonimi della seconda metà del Cinquecento, sparsi in varie chiese del Fermano e dell’Ascolano, per i quali si potrebbe proporre una convincente attribuzione in favore di questi due umili pittori patrignonesi che si espressero nel gusto dell’arte popolare senza trascurare gli apporti dell’arte espressa da maggiori pittori conterranei, quali Giacomo Bonfini, Vincenzo Pagani e Cola dell’Amatrice.

NOTE:

1)- C. ASTOLFI, Giacomo Agnelli, nella rivista “Le Marche”, luglio 1905.  C. GRIGIONI, I Pittori Agnelli di Patrignone, in “Rassegna bibliografica dell’arte italiana”, Anno X (Apr.-Giug. 1907), p. 59. V. PAOLETTI, Una nuova tela a tempera di Giacomo Agnelli di Patrignone, ibidem, p.61. THIEME BEKER, Kunstler Lexicon, Vol. I, Lipsia 1907, p. 120. F. PISTOLESI, Montalto e Sisto V, Montalto 1921. G. AMADIO, Antonio Bonfini e S. Giacomo della Marca, Montalto 1928, pp. 42-45.  G. AMADIO, I Bonfini, Napoli 1936, pp. 192-196.  G. CROCETTI, Montelparo, Segno Ed. Negrate 1990, pp. 133-37.

2)- G. AMADIO, Antonio Bonfini e S. Giacomo della Marca, Montalto 1936, pp.44-45. DEM, I Bonfini. Napoli 1936, pp.192-196

3)- C. GRIGIONI, op. cit., pp. 59-61.

4)- A. STRAMUCCI, Conosci le Marche, Prov. Ascoli P., Ancona 1974, p.33.

5)- L. SERRA ed altri, Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, Vol. VIII, Prov. Di Ancona ed Ascoli P., Roma 1936, p. 316.

6)- G. CROCETTI, La pittura di Fra’ Marino Angeli e dei suoi continuatori, Urbino 1985, p. 153, nota n.80.

7)- F. PISTOLESI, op. cit., p.70.

8)- V. PAOLETTI, op. cit., p.61.

9)- G. AMADIO, op. cit., p.42.

10)- Ibidem, p. 43.

11)- PETRUS DE NATALIBUS, Catalogus Sanctorum, Lib.IV, Cap. LIII, Venetiis 1545. S. Marone è considerato l’evangelizzatore del Piceno circa alla fine del I secolo e agli inizi del II secolo. La  sua tomba è presso la chiesa di S. Marone in Civitanova Marche. Le diocesi del Piceno lo venerano come loro “protomartire”.

12)-  Ibidem, L.I, Cap.XV. S. Procolo, oriundo della Siria, convertito al cristianesimo al tempo dell’imperatore Giustino, fu vescovo di Terni, Spoleto e Bologna, ove colse il martirio nella persecuzione di Totila, re dei Goti.

13)- G. PASTORI, Memorie istoriche della nobile Terra di Montelparo, Fermo 1781.  G. CROCETTI, Montelparo, op, cit,.

14)- E. PISTOLESI, op. cit. pp. 30-31, con attribuzione a favore di Giacomo Bonfini (1470-1535 circa).  G. CROCETTI, Giacomo Bonfini pittore mariano, in “Il Messaggero della S. Casa”, mensile del Santuario di Loreto, sett.1988, p. 238.

(digitazione di Albino Vesprini. Autore Crocetti Giuseppe)

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