Liberati Germano presenta il Museo diocesano di Fermo 15 luglio 2004

IL MUSEO DIOCESANO DI FERMO. 15.07.2004. Liberati Germano Direttore

La storia del museo diocesano di Fermo ha radici lontane perché quindici anni fa l’arcivescovo Fermano, mons. Cleto Bellucci aveva prospettato la necessità di offrire adeguata collocazione allo straordinario patrimonio artistico della cattedrale e di altri siti, procedendo con la progettazione e la conseguente realizzazione. Le opere erano ben custodite nei loro luoghi, ma non potevano essere ancora fruite da tutti. I locali necessari al museo sono stati scelti in quelli della estinta confraternita del Suffragio, ubicati a lato della cattedrale. Per i necessari interventi si susseguirono imprese, collaborazioni, e pareri delle Soprintendenze competenti in materia. All’architetto Fabio Torresi era stata affidata la direzione dei lavori e la progettazione dell’allestimento, dalla disposizione delle opere, al design delle teche.

Nel 1997 il successore mons. Gennaro Franceschetti ha creduto fortemente nel museo come “bene” pastorale e quindi come strumento di evangelizzazione e di incontro anche con chi non è particolarmente partecipe della vita cristiana, ed ha sostenuto, promosso, favorito e sollecitato la conclusione dei lavori ed ha curato la disposizione delle opere con adeguamento dell’apparato didattico. Al vicario generale mons. Armando Trasarti è stata affidata la oculata gestione delle risorse finanziarie. Finalmente il 16 aprile 2004, alla presenza del ministro per i Beni Culturali, on. Giuliano Urbani, di numerose autorità e gran folla di cittadini, il museo è inaugurato. Questo museo vuole essere il polo di una ricchissima e preziosa rete di musei e di raccolte parrocchiali, diffuse nel territorio dell’arcidiocesi. La Chiesa Fermana si sta dimostrando molto sensibile alla tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. Numerosi sacerdoti con grande passione ed entusiasmo ed anche con sacrifici economici hanno sistemato locali, realizzato impianti, restaurato opere, allestendo piccoli, ma straordinari musei parrocchiali. Il territorio di questa arcidiocesi è costellato da tali raccolte che vanno da Massignano a Campofilone, a Carassai e, da Capodarco di Fermo, a Petriolo, a Corridonia, a Mogliano, a Morrovalle fino a Montefortino, mentre sono in corso di progettazione altre sedi ancora.

Il museo ecclesiastico si pone come luogo di valorizzazione e recupero di un patrimonio posto al servizio della missione della Chiesa e significativo da un punto di vista storico-artistico: è strumento di evangelizzazione cristiana, di elevazione spirituale, di dialogo con i lontani, di formazione culturale, di fruizione artistica, di conoscenza storica (Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, La funzione pastorale dei musei ecclesiastici. Città del Vaticano 2001).

Nel museo diocesano di Fermo sono ora custodite le opere d’arte che un tempo erano conservate nel tesoro della cattedrale, con l’aggiunta di altre provenienti dall’arcivescovado, dalle chiese di Fermo e dal territorio dell’arcidiocesi. Vi sono esposte testimonianze di un arco di tempo che dall’arte paleocristiana giunge fino agli inizi del novecento, ripercorrendo le diverse fasi costruttive della cattedrale, la presenza di insigni vescovi, i rapporti con il papato (tra cui i vescovi di Fermo divenuti) e oggetti di uso liturgico, tracce di una costante devozione. L’esposizione è organizzata per tipologie omogenee, seguendo, all’interno di ognuna di esse, epoche e stili.

Le sezioni più ampie sono così costituite: Sala dei vasi sacri (calici, ostensori, pissidi, reliquiari e altro): suppellettili sacre di splendida fattura, tra due cui due calici gotici, un tempietto in lapislazzuli, l’apparato pontificale del card. De Angelis, opera in oro dell’insigne orafo G. L. Valadier; il servizio di candelieri e croce d’altare, in cristallo di rocca; e numerosi altri lavori di celebri argentieri e orafi romani e locali (Piani e Raffaelli).  Nelle sale dei paramenti sacri dal 600 agli inizi del 900; rilievo particolare è riservato alla casula di San Tommaso Becket, frutto dell’arte tessile di origine araba, datata 1116: la madre dell’arcivescovo di Canterbury la donò alla Chiesa Fermana in ricordo dell’amicizia tra suo figlio San Tommaso al vescovo Fermano Presbitero, suo compagno di studi a Bologna.

La Quadreria si dispiega in due sale e raccoglie opere di celebri artisti: Marino Angeli, Vittorio Crivelli, Carlo Maratta, Pomarancio, Corrado Giaquinto, Hayez, Luigi Fontana. All’ingresso, nella prima grande sala sono raccolti autentici capolavori, la parte più importante del tesoro della cattedrale: vi si possono ammirare, infatti, il Messale miniato nel 1436 da Ugolino da Milano, un inedito Messale miniato del XIII secolo, la stauroteca donata da Pio III di fattura probabilmente veneta con preziose miniature; il pastorale in tartaruga e madreperla, donato da Sisto V, il monumentale ciborio in bronzo dei fratelli Lombardi-Solari del secolo XVI, una xilografia raffigurante L’istituzione della Confraternita del Salterio di N. S. Gesù Cristo e della beatissima Vergine Maria da parte di san Domenico, una delle primissime testimonianze, databile all’ultimo quarto del secolo XV, della diffusione del Rosario.

Il museo diocesano è segno di una storia comune, attraverso quanto di più bello e di più nobile di questa storia è stato gelosamente custodito e si offre oggi alla contemplazione di tutti, innescando un processo osmotico per le nostre comunità che si rispecchiano in questa storia comune, al fine di mantenerla capace di cementare ancor più l’unità, la civile convivenza, i valori vissuti. Il museo non vuol essere il deposito di antichità sia pur belle e preziose, ma  una realtà viva, dove la meditazione sulla storia genera cultura, eleva lo spirito, affratella gli animi in una fede solida ed autentica. E’ elemento aggregante della vita religiosa, culturale e sociale.

Il museo diocesano di Fermo vuole essere una realtà viva e vivace, centro di cultura e di formazione, inserito come valido strumento nel progetto pastorale diocesana. Concretizzare tutto ciò, coinvolgendo le diverse realtà ecclesiali e non, è il progetto ambizioso ma imprescindibile se non si vuole perdere la sfida che un museo di arte sacra ha insita in sé.

Il Direttore ringrazia con grata riconoscenza le imprese, i restauratori e i loro collaboratori, infine gli operatori dell’Ufficio Beni Culturali.

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