Silvestro BAGLIONI studiava la protostoria dei Piceni a Belmonte Piceno (FM). Fece una conferenza in lingua tedesca.

UN CONTRIBUTO ALLA PROTOSTORIA DEI PICENI[1]

 DI SILVESTRO BAGLIONI  ( ma senza immagini)

In una precedente comunicazione[2] all’Accademia dei Lincei < nel 1901> a Roma[3] ho potuto riferire notizie su numerosi oggetti di terracotta, in bronzo e  altri metalli della prima età del ferro. Questi furono rinvenuti nelle sepolture del paese di Belmonte Piceno, un piccolo comune del circondario di Fermo, non lontano dalla costa Adriatica, che consentono di gettare uno sguardo proprio sulla civiltà preromana tipica dell’antico Piceno.

Poi <nel 1903>sono stato in grado di raccogliere un’altra ricca acquisizione preistorica più significativa che fa esplorare, descrivere e valorizzare i reperti scavati nello stesso luogo dei precedenti ritrovamenti e databili al medesimo periodo, e con ciò si è in grado di ampliare le nostre conoscenze su questa cultura.  E’ possibile farne una breve descrizione, seguendo gli specifici oggetti piceni ritrovati.

Purtroppo la modalità degli scavi e disseppellimenti, che finora sono stati eseguiti, in modo occasionale, durante i lavori agricoli, dai contadini (dai quali ho ricevuto poi direttamente gli oggetti), lascia molto spesso una sotto l’altra la posizione dei differenti pezzi del ritrovamento, estraendo così qualche volta neanche la forma esterna degli stessi in seguito alla loro frantumazione. Sarebbe, in effetti, auspicabile che per una volta si desse inizio al sistematico  e scientifico disseppellimento di questa interessante necropoli. Pur tuttavia, ho potuto accertare i caratteri generali del rinvenimento. Si tratta precisamente solo di scoprimenti superficiali e non di scavi tanto profondi intorno a scheletri, senza frammenti sotterranei di pietra  o in superficie o bare di legno, tanto che non vi è nessun contrassegno esterno. In essi lo scheletro giace orizzontalmente su un lato (abitualmente sul fianco sinistro) e le gambe sono tirate su verso il corpo.

Non si riconosce un preciso orientamento degli scheletri, con sicurezza. A questo riguardo, per ulteriori dettagli, rimando alla mia citata precedente comunicazione e procedo subito all’enumerazione e alla breve spiegazione dei nuovi oggetti (disegni nell’edizione).

I reperti, dei quali si dovrebbe fare qui il commento, sono quasi esclusivamente di bronzo, solo appena qualcuno di ferro, d’ osso, d’ambra e di vetro.

   1. COLLANE METALLICHE. Sono molto frequenti, più che normalmente in altre tombe d’Italia della civiltà coeva. Senza eccezione i bronzi presentano forme varie, quelle di questi gioielli sono note: sottili e massicci, lisci o piegati verso un lato (Torques), ornati o disadorni, talvolta di enorme grandezza e peso straordinario.

Le estremità assottigliate in alcuni pesanti esemplari vanno a costituire due dritti bottoni esterni (o sferette), in quelli sottili due uncini, e si allacciano l’uno all’altro (figg. 4a, e 6 della citata comunicazione). Fig. 4 armilla d asta poligonale piegata a giri di spirale. Fig. 6 armilla ad asta cilindrica piegata con mezzo giro di spirale.

Debbo indicare due nuovi collari, (torques) di cui uno (fig.1) particolarmente interessante per i suoi ornamenti, vale a dire quello che presenta lungo la sua circonferenza quattro nodi nella verga e otto pendagli, e mostra delle particolari estremità (due uncini collegati con un anello aperto che le riunisce, tirando il quale poteva essere sganciato da dietro il collo).

La Fig.2 mostra una bulla più grande di circonferenza, rinvenuta nella stessa tomba, come la collana di cui abbiamo parlato proprio adesso, e in parte rivela essere appartenuta ad un altro gioiello di uguale stile artistico. La fig.3 ci propone un collare (torquis) di asta esile e sottile, terminante  con particolari estremità in piccoli uncini.

   2. BRACCIALI. Sono presenti assai numerosi e vari. Le figg.4, 5, 6  illustrano tre differenti forme di questa raccolta; le figg. 6a, 6b nella citata relazione rappresentano altre forme.

La fig.7 mostra un esemplare di grande anello piceno con quattro nodi nella circonferenza, il cui significato non è ancora ben preciso.

   3. FIBULE.  Questi preziosi resti propri di ogni cultura preistorica sono abbondantemente presenti pure nel sepolcreto di Belmonte. Qui vorrei citare le principali tipologie della mia raccolta, affinché si giunga ad una presentazione più esatta possibile di questi oggetti altamente interessanti. La forma più frequente è la fibula ad arco, e precisamente di un caratteristico modello. La fig. 8  mostra il tipo più semplice: un pezzo massiccio  ad arco girato  in tondo armoniosamente, una staffa lunga e larga con canaletto per la spilla e alla fine con un bottone terminale posto in senso verticale, verso l’alto (capocchia finale). La fig. 9 indica la stessa forma in ferro ad arco cilindrico girato in tondo e con un bottone.

Questa semplice forma riceve un altro caratteristico sviluppo allorché viene ornata. La fig.10  mostra una fibula a bottoni guarnita a forma curva, straordinariamente presente nel Piceno, per cui è indicata con il nome di “fibula picena”. L’ornamento consiste in tre bottoni che sorgono sull’arco,  in direzione trasversa tra due rigonfiamenti dell’arco  stesso. Anche questa nuova fibula è adorna abitualmente di linee geometriche sulla lamina superiore della staffa.

La fig.11 fa vedere la terza variante delle fibule picene ad arco, che, proprio nel Piceno, è pure abbastanza numerosa, tuttavia non come la precedente. Sull’arco tre uccellini posano in direzione della fibula stessa e la capocchia terminale è a forma di testa d’uccello quale prolungamento del piede.

La fig.12 rappresenta pure una forma di fibula comune, che compare quasi esclusivamente in ferro: detta fibula serpeggiante.

Nella fig.13 è riprodotto un modello di fibula (unico nella raccolta), che si rinviene in assoluto molto raramente nel Piceno, però è assai interessante per la ricerca. La sua figura si rifà direttamente alle fibule ad archetto di violino delle terramare [4], rappresenta perciò la forma più antica fra le figure qui trattate e dimostra chiaramente le strette relazioni tra le più vecchie terramare e questa cultura picena.

Un altro tipo di fibula (spilla) frequente nel Piceno è la fibula a navicella, che si presenta in ricca varietà. La fig.14 ne mostra un piccolo esemplare, il cui archetto era guarnito di perle e pietre. Le figg.15 e 16 illustrano due grandi e bei esemplari con numerosi ornamenti geometrici.

Un particolare modello di fibula (spilla) curva ad arco, conosciuta per la prima volta attraverso la tomba di Belmonte, è la fibula riprodotta nella fig.5 della mia citata comunicazione. La fig.17 mostra un nuovo pezzo aggiuntivo, un grande esemplare di questo tipo di fibbia con le volute nella staffa.

La Fig.18 presenta una forma di spilla di vetro ad arco, con ornamenti geometrici, notoriamente questo fermaglio è pressoché esclusivo della peculiare civiltà villanoviana.

La figg. 19a e 19b riproducono due fibule con nocciolo d’ambra, come ci appaiono molto scagliose nel Piceno, e la fig. 19 c mostra il nucleo in ferro di tale fibula in ambra, visibile dove ancora si estende questo nuovo piccolo particolare aggiuntivo.

La fig.20 rappresenta una spilla con arco di osso forato molto tipica; si tratta di un osso cavo di cervo con un nucleo in ferro, fissato per mezzo di un osso più piccolo nella parte terminale cava. Una cosa merita particolare attenzione, è lo speciale fregio: due teste di animale alternate l’una contro l’altra sono scalfite sulla superficie esterna: anche sulla superficie inferiore si riconoscono fini ornamenti geometrici.

   4. CATENE, ORECCHINI, FERMAGLI PER LA CINTURA, (Fibbie).

Le figg. 21a , 21b e 21c mostrano differenti tipi di catenine con anellini in fili concentrici di bronzo, molto diffuse, che servivano a portare dei ciondoli.

La fig. 22 rappresenta un anello formato da spirale con filo metallico in bronzo, evidentemente indossata a pendaglio.

La fig. 23 mostra un tipico orecchino, in filo di bronzo attorcigliato cui è appeso un disco pendente d’ambra.

La fig. 24a è l’illustrazione di una fibbia danneggiata di cintura, in bronzo fuso, in questo molto caratteristico; porta tra due anelli una grezza figura umana; la testa purtroppo si è staccata. Questa rappresentazione antropomorfa nel suo stile e nella sua maniera corrisponde molto esattamente agli esemplari di cultura coeva di altre necropoli scavate in Italia. La fig.24b mostra due sferette bronzee, fuse insieme, rinvenute in gran numero e che raffigurano palesemente il restante metallo ornamentale della cintura.

   5. CIONDOLI. Questo monile è, quanto a numero e varietà di lavorazione, la parte rappresentata più riccamente di questa civiltà del Piceno meridionale. A ragione si è potuto affermare che tale cultura preistorica probabilmente è caratterizzata essenzialmente dai ciondoli. In realtà si trovano tanto quelli noti, comuni in altri coevi siti di ritrovamento, come anche, particolarmente isolate, forme rigorosamente peculiari picene di questo tipo di oggetti. In questa sede ho l’opportunità di esporre un ricco numero di tali reperti, per suscitare nel lettore un’idea più chiara e completa possibile circa la frequenza e il loro significato.

Vorrei iniziare con una varietà di pendagli che è assai tipica in questa cultura del Piceno meridionale, perché gli stessi, è mia opinione e poi esperienza, in nessun altro luogo, credo, li abbiano estratti: animali a doppia testa in bronzo. Possono raggiungere tutte le possibili grandezze; di solito parecchi di questi sono in una sola tomba (come, ad esempio, tre identici esemplari di buoi bronzei a doppia testa, riprodotti nella fig.28, erano depositati insieme in un sepolcro); abitualmente rappresentano delle teste di buoi o di pecora.

La fig. 25 ha doppia protome di bue con corna ricurve. le  figg.25, 26, 27, 28 indicano le forme tipiche di questa protome picena e la sua grandezza. Le figg. 26 e 27  hanno doppia protome di ariete.

Una forma di ciondolo forse pure tipica di questa regione è quella riprodotta nella Fig.29. Si tratta di un dente gigante canino di cinghiale, in parte ornato artisticamente da doppie spirali in filo metallico di bronzo. La rottura nella sezione superiore durante l’estrazione ha purtroppo distrutto una parte del singolare gioiello.

La fig.30 mostra un pendaglio di conchiglia marina (Cyprea) che è stato impiegato come ciondolo; la cosa è chiaramente testimoniata dal pezzo di ferro ancora infisso nei due fori nella parte superiore. Abitualmente si trova però un altro tipo più piccolo di questo mollusco da ciondolo, che molto spesso imita quello in bronzo, come ho avuto occasione di vedere nelle vicinanze di Belmonte.

La fig.31 presenta un pendaglio in forma di grazioso vasetto in bronzo (oinochoe trilobata) il quale è stato nuovamente utilizzato come ciondolo, in questo caso ciò si deduce indubbiamente dal logoramento della parte superiore del manico, un’usanza, quale anche altre popolazioni dello stesso periodo avevano l’abitudine di anforetta di forma e lavorazione greca (confronta nella citata comunicazione). Il modo classico e la maniera di lavorazione di questo vaso indicano che esso non è un prodotto d’arte locale, ma è stato importato (dalla Grecia ?).

La fig.32 indica in realtà di nuovo un certo pendaglio a vasetto, oinocoe con bocca trilobata (in questo caso l’uso come pendaglio era ancora più chiaro perché durante la stessa estrazione un pezzo di anello in ferro era posto nel manico), esso corrisponde esattamente ad altra arte indigena (locale) da intendere senz’altro come una imitazione locale del vaso greco notato sopra. L’importazione da uno Stato straniero (Grecia ?) e la locale grezza imitazione valse per questa civiltà una quantità (produzione, n.d.t.) ancora più grande nell’ambito della ceramica, come esporrò con maggiore esattezza in una successiva comunicazione.

La fig. 33 pendaglio ad asta cilindrica dalla quale pende un semicerchio. Fig. 34 pendaglio ad asta cilindrica terminante in sfera allungata. Fig. 35 pendaglio ad anello di forma esagonale. Fig. 36 pendaglio in forma di anellino. Fig. 37 pendaglio a doppia spirale.  Le figg.33-37 presentano altre frequenti forme di pendaglio, le quali non hanno bisogno per la loro comprensione di un’ulteriore descrizione.

Un particolare tipo di gioiello da collo è illustrato dalla fig. 38. In una tomba è stato rinvenuto un numero di piccoli pezzi d’ambra intorno al collo dello scheletro, i quali sono armoniosamente appiattiti e arrotondati, e hanno un foro nella loro parte superiore: evidentemente rappresentano gli elementi di una collana e venivano riuniti da una funicella,attraverso i loro forellini, come mostra la fig. 38.

Forme simili al monile da collo qui si manifestano molto di frequente, però accanto ad esse ci sono singole catenine di legatura che sono composte di differenti oggetti e tessuti (di solito bronzo e ferro). Così, ad esempio, in una tomba intorno al collo dello scheletro sono stati rinvenuti in quantità di 15 tipici pendagli, riprodotti nella fig. 39, i quali si presentano come  cilindri cavi in lamina di bronzo internamente riempito col legno e un nucleo in ferro. Nella sua estremità superiore presentano resti di anelli di ferro. Nella parte inferiore del cilindro c’è un ferro, con resti di una  guarnitura di anellini di calcare. Anch’essi evidentemente sono appartenuti ad una siffatta catenina.

La fig. 40a mostra di nuovo un esemplare di 14 pendagli affini  di una collana, che parimenti sono stati trovati in una tomba; però formati di bronzo massiccio e non sono tutti uguali perché i  due centrali sono costituiti da una lamina, attorcigliata, di bronzo ; sono ornati da linee geometriche, attorcigliato e cavo, con il cilindro bronzeo riempito di legno e da un nucleo di ferro (fig.40 b).

Gli elementi di un’altra collana sono i pendagli in forma di anelli fusi di bronzo attorcigliati, di differente grandezza (figg. 41a, b, c, d). Accanto a questi la fig.42 mostra un reale anello da dito, di lamina piatta forgiata.

In fine vorrei accennare che mi è arrivato, a Belmonte Piceno, un altro pezzo molto interessante di questa civiltà da scoprire, vale a dire una grande pietra con scrittura paleopicena, ora è assieme ad altre nel museo archeologico di Bologna, da me esposta in un discorso, si conserva raccolta fra gli oggetti di questa civiltà. La possibilità di leggere una volta tale scrittura accrescerebbe un bel po’ le nostre conoscenze su questa cultura preromana del Piceno meridionale.

Traduzione dalla lingua tedesca di    CLAUDIO GIOVALE’

Cfr. BAGLIONI Silvestro, Beitrag zur Vorgeschichte des Picenums,Italien;  in   Zeitscrift fuer Etnologie, a1905 , nn. 2-3, pp. 257-264.



[1] Si presenta nella seduta del 22 ottobre 1904.

[2] La presente comunicazione ha costituito il tema di una conferenza che l’anno scorso ho tenuto nella

società antropologica a Gottinga e Jena.

[3] Notizie degli scavi, mese di Aprile 1901.

[4] Terramara = cumulo di terreno costituito dai resti di insediamenti preistorici (n.d.t.).

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