ATTI AMMINISTRATIVI DEI BENEFICI ECCLESIASTICI DELLA DIOCESI DI FERMO (Tomassini Carlo)

GLI ATTI AMMINISTRATIVI DEI TERRENI DEI BENEFICI ECCLESIASTICI DI FERMO. Spunti segnalati da Carlo Tomassini

Lo storiografo attento alla vita economica delle campagne picene dell’archidiocesi fermana nello storia moderna, può soddisfare le sue attese di studio con l’uso dei documenti del fondo beneficiale-agrario dell’archivio arcivescovile. Le cartelle sono disposte in ordine topografico per comune. La considerazione dell’attuale insediamento cerca nel passato le radici che hanno il volto ed il cuore degli antenati agricoltori.

Ogni ecclesiastico rettore di un beneficio se voleva innovare e migliorare la rendita dei beni immobiliari che egli stesso amministrava, doveva ottenere l’approvazione della Curia vescovile che verificava se esisteva l’evidente utilità. Così sono documentate le vendite, le permute, gli acquisti, le nuove coltivazioni o nuovi investimenti: “si in evidentem utilitatem”. Gli atti di permuta di terre erano destinati a valutare ed acquistare terreni di maggior raccolto e valore. I documenti dell’Archivio diocesano sono metodici nel frasario, facilmente utilizzabili. Tra l’altro vi si leggono anche i patti colonici e l’amministrazione della mensa Arcivescovile dell’epoca borgiana (1724-1764).

Per fare un esempio ci riferiamo ad un paese di cui si conoscono la posizione, la superficie, la popolazione: Penna San Giovanni (MC). Una raccolta di ottanta fascicoli dal 1618 al 1720 riguarda i benefici di questo paese d’alta collina (alt. 674) esteso su 2.822 ettari con 1.519 abitanti nell’anno 1674, in progressivo aumento tanto da esservi 2.145 abitanti in 450 famiglie nel 1763. Miglioramenti diffusi erano il piantar alberi, viti, ulivi; l’acquistar e allevar bestiame; il riattare o ampliare le case; il mettere a coltivazione nuove terre con lavori di drenaggio o protezione.

Dall’analisi dei documenti si deduce un grande frazionamento dei coltivi, su piccole superfici con un reddito cerealicolo non notevole; ma la produzione del grano risulta raddoppiata nelle proprietà ecclesiastiche durante il quarantennio dal 1728 al 1765 e di pari passo raddoppiato il valore commerciale dei terreni. Esulava, per motivi climatici, il mais. Nella ripartizione dei prodotti tra proprietario e coltivatore, risulta prevalente la quota del coltivatore, ad es. tre quinti per lui e due quinti di porzione dominicale. Tra le piante che vennero diffuse progressivamente, vanno notate le viti in filoni o in arborata, con contratto a terza generazione: in media 15 alberi su 2000 mq nel 1696.

Notevole interesse aveva la tutela delle risorse produttive dei terreni con le piantagioni, fatto questo che raddoppiava la quotazione delle terre piantate rispetto a quelle spoglie. Di recente, tra XX e XXI secolo, al contrario si è usato tagliare le piante per arare meglio i campi con i trattori; ma con degrado del paesaggio.

Le notizie sugli allevamenti, specie nel corso del sec. XVIII ci fan conoscere una progressiva diffusione del bestiame allevato che fu la fonte principale del reddito agrario. Si diceva generalmente, nel Piceno, che la terra rendesse poco, e si cercavano altri vantaggi. Alcuni rettori di benefici scrivevano, con calcoli alla mano, di poter ottenere un ricavo annuo maggiore vendendo le terre e mettendo i soldi a censo (oggi si direbbe in banca). Tuttavia i proprietari facevano investimenti anche nel patrimonio di beni mobili con l’acquisto di manufatti artigianali d’oro, d’argento, di suppellettile, di opere d’arte. Si documentano 19 dipinti provveduti per le chiese di Penna. Le innovazioni, gli investimenti vengono ad emergere dalla successione negli anni e dal variare dei dati.

Nel succedersi dei decenni si notano gli investimenti effettuati, le variazioni di proprietà e l’emergere di nuovi proprietari. La considerazione diacronica snebbia l’ormai vieto pregiudizio che per ideologia pensa solo al capitalismo, perché gli aspetti analizzabili sono più vari in base ai dati dei documenti e vari divengono gli spunti per un’indagine socio economica, ad esempio, da quello quantitativo delle superfici dei terreni a quello cerealicolo e commerciale.

Senza soffermarci sulle metodologie storiografiche che si vanno praticando, sembra utile proporre un lavoro di spoglio dei dati informativi offerti dai fascicoli beneficiali. Sono dati riassumibili e classificabili con un prospetto o griglia. Si procede in ordine cronologico con le seguenti voci disposte a formare altrettante colonne:

-Data o almeno anno

-Superficie in mogiuri, stare, canne

-Prezzo al mogiuro in scudi o fiorini

-Tipo di terreno: arativo, alberato, boschivo, sodivo, incolto, pascolo…..

-Coltivazioni varie: cerealicole, ortofrutticole, arbustive

-Resa- fruttato per unità di superficie oppure per qualità di semina

-Rotazione delle coltivazioni

-Bestiame allevamenti vari

-Ripartizione dei prodotti e delle spese

-Interventi particolari, problemi

-Prezzi

-Guadagni.

La tentazione più facile è quella di correre subito alla statistica che richiede di per sé criteri ben calibrati: Ci si può rendere conto delle tecniche, delle attrezzature, della distribuzione delle colture, della produttività riferita ai vari tipi di terreno, dei canoni, dei salari, dei consumi, della pressione tributaria, delle usanze diffuse tra la popolazione. Ogni documento rivela una situazione particolare.

Molto positivo ed aperto a nuovi orizzonti è l’apporto della documentazione del fondo beneficiale ai fini della topografia storica, quella che considera gli insediamenti e la toponomastica che frequentemente fa conoscere le intitolazioni delle chiese ed i culti variamente diffusi, esattamente nel catasto.

I fogli dell’archivio beneficiale fan conoscere lo stato delle proprietà. Si vengono a scoprire modifiche ed innovazioni a scopo di miglioria, con tanto di perizie testimoniali, di resoconti catastali ed amministrativi. Emergono così le antiche abitudini con le profferite esigenze di mutar la situazione. La dinamica è varia e sempre significativa.

Più in generale lo storiografo trova numerosi ulteriori documenti riguardanti le proprietà ecclesiastiche nello Stato Pontificio, in vari archivi: da quelli più globali a quelli più dettagliati: Archivio Vaticano, Archivio di Stato per il Buon Governo e Archivio Catastale a Roma, Archivio della Curia Legatizia della Marca, archivi comunali, archivi parrocchiali.

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