SINODI DIOCESANI E PROVINCIALI, VISITE PASTORALI, INVENTARI ECCLESIASTICI, RELAZIONI ALLA SANTA SEDE. Note di Crocetti Giuseppe

SINODI DIOCESANI E PROVINCIALI DELLA DIOCESI DI FERMO (Crocetti Giuseppe)

All’apertura delle visite pastorali, oppure alla loro conclusione, talora il vescovo convocava il Sinodo Diocesano di cui si redigevano gli atti e si pubblicavano le conclusioni e le risoluzioni. Il Sinodo era una consulta di sacerdoti, chierici e superiori religiosi indetta dal vescovo con il compito di prendere in esame ciò che concerne la cura pastorale, soprattutto per l’attuazione delle costituzioni pontificie, le prescrizioni delle Congregazioni Romane, e gli impegni ministeriali.  Dal 1589 l’arcivescovo di Fermo aveva facoltà di indire anche il Concilio Provinciale, estendendo l’invito ai vescovi ed al clero delle diocesi suffraganee: Montalto, Ripatransone, Macerata, Tolentino e San Severino. Promossero i Sinodi Provinciali il card. Zanettini nel 1591, il Card. Bandini nel 1596 e l’arcivescovo A. Borgia nel 1726, all’inizio del suo lungo episcopato fermano.

Nel secolo XX sono da ricordare il “Concilium Plenarium Picenum” del 1929, presieduto a loreto dal Card. Seghetti, ed il “Concilium Plenarium Picenum Secundum” del 1956, indetto e presieduto dall’arcivescovo di Fermo Mons. Perini, di venerata memoria.

Il direttore dell’Archivio, don Emilio Tassi nei “Quaderni dell’archivio storico arcivescovile di Fermo” n.7, a.1989 ha indicato gli atti diocesani dei sinodi e dei concili.

LE RELAZIONI DI SACRA VISITA

Chi volesse intraprendere la ricerca di documenti autentici del Fermano per ricostruire la storia moderna di una chiesa, parrocchia, o di un comune del territorio Fermano, non deve assolutamente trascurare le relazioni scritte delle Visite pastorali di Fermo, né ignorare l’esistenza degli Inventari del patrimonio beneficiale, degli edifici di culto e della suppellettile liturgica. Gli Inventari più antichi risalgono al sec. XV; le relazioni di Sacre Visite abbracciano un arco di tempo che va dagli inizi del sec. XVI fino a tutto il sec. XX. La visita pastorale è stata sempre considerata uno degli atti fondamentali della vita della Chiesa, fin dalle origini. Il Concilio di Trento le ha dato una regolamentazione efficace e ne ha fatto uno strumento indispensabile della riforma cattolica, il momento più alto ed importante nella vita di una diocesi: anima regiminis episcopalis (anima dell’azione pastorale del vescovo).

Famose nella storia le Sacre Visite di san Carlo Borromeo nell’arcidiocesi metropolitana di Milano. Esse furono tenute come modello nel corso dei secoli XVII e XVIII. Mons. Crispino, autore del “Trattato della Visita Pastorale”, pubblicato a Roma nel 1695, scrisse: “Il buon vescovo, per far bene la visita pastorale, si deve specchiare in S. Carlo Borromeo”.

I vescovi erano tenuti a custodire gelosamente le scritture relative alle visite, perché ad esse si potesse far riferimento nelle successive. L’archivio storico arcivescovile di Fermo offre un esempio, per ordine e conservazione del Fondo relativo alle Visite pastorali. La tradizione archivistica formata in “loco” è la coscienza storica della continuità della diocesi, di cui l’archivio, appunto, è la tangibile manifestazione. La visita pastorale si presenta come una grande inchiesta del vescovo sulle parrocchie e sulla vita cristiana dei fedeli, nella sua diocesi. Essa si svolgeva, per lo più, in forma solenne, su schemi ben determinati.

L’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo (ASAF) conserva i manoscritti cartacei, cuciti in fascicoli, relativi a sacre visite effettuate anche prima del Concilio di Trento:

a)- dal vicario dell’amministratore Card. Fr. Romolino dal 1506 al 1510;

b)- dal vicario del Card. Gaddi dal 1536 al 1539;

c)- dal vicario ed in parte dal vescovo mons. Lenzi, dal 1550 al 1555.

In ossequio ai canoni del Concilio Tridentino, la prima visita in diocesi di Fermo, fu compiuta nel 1565 dal vescovo locale mons. Lenzi (1549-1571). A lui successe il Card. Felice Peretti (Sisto V), Amministratore della chiesa Fermana dal 1571 al 1577 (Perpetuo Amministratore e principe dell’episcopato Fermano); sotto il suo governo, mentre risiedeva come Cardinale nella Curia Romana, oltre alcune visite eseguite dal suo Vicario, si ebbe la famosa Visita dell’inviato apostolico, nominato con Breve dal papa Gregorio XIII nella persona di mons. Giambattista Maremonti, vescovo Uticense, nativo di Fossombrone. Di questa visita si hanno un manoscritto originale ed una copia incompleta, redatta qualche anno dopo. Su dorso del volume si legge il titolo “Visita Apostolica del 1573”; in quello della copia “Visitatio Uticensis Maremonti”. Questa ricca relazione, indicativa di particolari situazioni, è stata oggetto di attenta analisi da parte di diversi studiosi; meriterebbe una edizione a stampa per facilitare la conoscenza di preziosi quadri analitici, minuziose descrizioni riguardanti il clero locale ed istituzioni ecclesiali, di provvedimenti, prescrizioni e suggerimenti dati caso per caso, affinché sollecita e completa fosse l’attuazione dei canoni del Concilio Tridentino, togliendo ogni abuso ad essi contrario. E’ una fedele descrizione dello stato della diocesi Fermana in cammino nello spirito della Riforma tridentina, con le inevitabili difficoltà.

Nei secoli XVII e XVIII la Visita Pastorale era preparata dall’annuncio e dall’invio di questionari ai parroci, ai rettori di chiese, ai priori delle confraternite ed ai beneficiati che dovevano riferire circa, lo stato patrimoniale ecclesiastico e quello delle anime appartenenti alle parrocchie e ai vari sodalizi. Il vescovo doveva avere un repertorio delle notizie generali concernenti le anime, gli ecclesiastici, i benefici, le chiese (quanti e quali fossero, chi fosse l’amministratore, eventuali cappelle ed oratori domestici). Vi era anche le notizie che il capitolo della cattedrale doveva dare. Inoltre le notizie locali, paese per paese. Ricevute le risposte ai questionari, il vescovo cominciava la Visita, che si chiudeva con la emissione dei decreti. Accompagnava il vescovo, nel corso della visita, un cancelliere, figura importante, perché dalle sue capacità dipendeva se la registrazione dei momenti della visita riusciva più o meno precisa. Il citato Crispino chiariva che il cancelliere, vero notaio della visita “dovrà essere buon soggetto per dottrina, sapiente, zelo ecclesiastico, e paziente nel faticare… dovrà scrivere con celerità…. senza allontanarsi dalla mente del visitatore, che gli ordina, nella estensione dei decreti aggiuntivi, che dovevano essere rilasciati prima della partenza del visitatore dal luogo”. Tutte le scritture relative alla sacra visita dovevano raccogliersi nei volumi dei verbali di visita alla città di Fermo ed ai luoghi dell’intera diocesi.

Ognuna di queste visite aveva principio con la indicazione del giorno e dell’ora della visita, del nome degli accompagnatori, del solenne ricevimento, dell’ospitalità, del clero presente, e comprendeva:

1)- La visita riguardante i luoghi materiali: chiese, canoniche, cimiteri, mura, pavimenti, tetti e simili.

2)- La visita alle cose e arredi: altari, suppellettili, paramenti e vasi sacri, e i dati di pii legati e fondazioni caritative.

3)- La visita personale, cioè i colloqui individuali con il clero, coi rappresentanti del popolo.

4)- La raccolta dei decreti ingiuntivi, da eseguirsi in tempi stabiliti, sotto pene proporzionate, tra cui gli atti giudiziali contro i delinquenti e contro i debitori dei luoghi pii.

Nell’arco temporale di un secolo e mezzo, dal 1575 al 1725, nella diocesi di Fermo furono eseguite ventidue Sacre Visite secondo il predetto schema, con una periodicità variabile da 5 a 12 anni, dai Vicari vescovili e dai vescovi titolari in persona. Oltre alle visite dette prima, restano documentate ed ordinate in volumi rilegati:

– Due Visite fatte dai vicari sotto il card. Felice Peretti (1571-1577);

– Due Visite ordinate ed eseguite dal card. Sigismondo Zanettini (1584-1594);

– Due Visite promosse dal card. Ottavio Bandini (1695-1606);

– Tre Visite fatte dal card. Alessandro Strozzi (1606-1621);

– Una Visita fatta dall’arciv. Pietro Dini (1621-1625);

– Una Visita fatta dall’arciv. Giovanni Battista Rinuccini (1625-1653) dal 1625 al 1627, con i volumi distinti per i verbali delle Visite alla città, alla diocesi e per i decreti; di quelle successive, fatte dal 1630 al 1650, si conservano minute, memoriali ed inventari.

– Una Visita del card. Carlo Gualtieri fatta nel 1655 alla città e diocesi, in più volumi;

– Due Visite del vescovo Giannotto Gualtieri (1668-1683);

– Una Visita del card. Gianfrancesco Ginetti (1684-1691), fatta nel 1685, in più volumi;

– Una Visita di mons. Fabrizio Paolucci, vescovo di macerata e Soprintendente alla chiesa di Fermo, fatta nel 1694-95, in più volumi;

– Due Visite alla città e diocesi del card. Baldassarre Cenci (1697-1709);

– Una Visita di mons. Giosafat Battistelli, vescovo di Ripatransone e Soprintendente alla Diocesi di Fermo, fatta nel 1711-12;

– Una Visita di mons. Girolamo Mattei nel periodo 1714-1719, in più volumi. Man mano che si avanza verso il secolo XVIII  cresce la mole della relazioni per più ragioni: *per lo stile aulico ed ampolloso dei cancellieri nel redigere la cronaca dell’accoglienza; *per la molteplicità in crescita dei pii sodalizi; *per la proliferazione di benefici semplici con lasciti patrimoniali ed obbligazioni di legati per la celebrazione di Messe ed altro. I carteggi delle sacre Visite del card. Ferretti (1838) sono raccolti in cartelle contenenti fascicoli con propri indici.

GLI INVENTARI DEL SECOLO XVIII

Con la Costituzione Apostolica “Maxima vigilantia” del 14 giugno 1727 Benedetto XIII aveva ordinato in tutta Italia l’istituzione e formazione di archivi ecclesiastici per la custodia di scritture documenti e libri spettanti ad ogni collegiata, chiesa parrocchiale, seminario, monastero, confraternita, ospedale e qualunque altro luogo pio ed istituto regolare. L’arcivescovo di Fermo, Alessandro Borgia, con suo editto del 6 agosto 1727, intimò a tutti i suddetti enti esistenti in diocesi l’esecuzione di detta costituzione compendiosamente riassunta, assegnando il termine di sei mesi per l’integrale sua attuazione, comminando pene severe contro contumaci e disobbedienti. Tra le norme si legge che ogni archivio doveva redigere due copie del catalogo dei documenti e dei libri conservati, e una copia doveva essere inviata all’archivio arcivescovile. Per ogni archivio si dovevano fare due chiavi: una restava presso il rettore dell’ente, l’altra presso l’archivista o la persona a ciò deputata; per i monasteri delle religiose il confessore suppliva l’archivista.

Come il dotto arcivescovo fu sollecito perché gli enti ecclesiastici ottemperassero alla provvidenziale costituzione papale, così fu altrettanto pronto, non solo nel provvedere al riordino dell’archivio diocesano, ma anche ad aggiornare i questionari relativi agli Inventari da presentare nella sacra Visita che, proprio in quell’anno 1727, stava per svolgere in città e diocesi; fece inoltre curare una raccolta di tutti i documenti riguardanti lo stato patrimoniale e la gestione della Mensa arcivescovile e li sistemò nell’Archivio Storico Arcivescovile Fermano (ASAF). La lettura di questi inventari del secolo XVIII e di quelli successivi è molto utile per diversi tipi di ricerca:

a)- Lo storico vi trova le notizie essenziali circa l’origine e l’evoluzione dei singoli enti, l’entità patrimoniale, le vertenze giuridiche e simili.

b)- Lo studioso della storia dell’arte può ricavarvi notizie sui dipinti che costituivano le pale dei numerosi altari, sulle tele che decoravano chiese, sacrestie, oratori e conventi, sull’argenteria e sui lavori in intaglio e doratura.   Vi ho ricavato nomi di committenti e di artisti; notizie di traslochi, adattamenti e restauri; anche elenchi di opere d’arte, purtroppo, non più reperibili in loco.

c)- Circa gli avvenimenti che interessano il sociologo e lo storico del costume è stato riferito sopra.

d)- Il geometra agrimensore può consultarvi con profitto ed ammirazione descrizioni e rilievi catastali.

e)- Lo studioso di toponomastica antica e moderna sarà confortato da indicazioni precise scritte da veri conoscitori del luogo descritto.

La raccolta è fatta per Comune, o località secondo la denominazione vigente in quel secolo; ogni cartella, normalmente, racchiude, mescolati insieme, gli inventari delle visite promosse dall’arcivescovo A. Borgia e dei suoi successori Paracciani, Minnucci e Brancadoro: 1728, 1765, 1771, 1805.

“Vetera Inventaria Bonorum Ecclesiasticorum totius Diocesis post annum 1400 et deinceps”.  i vecchi inventari dei beni ecclesiastici di tutta la diocesi, dal 1400 e in seguito sono una raccolta di 1490 carte numerate progressivamente in alto, a destra e sul recto di ogni foglio. Nel 1975, su consenso dell’archivista Tassi d. Emilio, il prof. Pompilio Bonvicini provvide a ordinare per data gli inventari e raccoglierli in tante cartelle, quante sono le località cui si riferiscono. Dette località sono indicate sul frontespizio di ogni cartella col nome moderno del Comune nel cui territorio si trovano, o si trovavano le chiese, le parrocchie, ed entità produttrici di detti documenti.  Questa raccolta Fermana degli Inventari ecclesiastici del sec. XV è da ritenersi documentazione di indiscutibile valore storico. Essa fa da fonte per la esatta individuazione di migliaia di toponimi che ricorrono spesso in documenti dei secoli precedenti (es. Il Codex 1030, Regestum ed il Chronicon Farfense, le Carte Fiastrensi e varie pergamene) e quelli dei secoli seguenti (es. le Visite).

Il prof. Tassi Emilio, direttore dell’ASAF, nel n° 6 dei Quaderni dell’Archivio stesso nel 1988 ha pubblicato: “Gli inventari settecenteschi delle chiese e degli enti religiosi di Montegranaro”.

RELAZIONE DELLE VISITE AD LIMINA (= alla Sede Apostolica)

Per un breve accenno alle relazioni scritte e presentate dagli arcivescovi Fermani nelle “Visite ad limina” notiamo che generalmente esse presentano un condensato dello stato della diocesi. Nel documento ufficiale consegnato al papa, o alle Congregazioni Romane, in diversa forma ed ampiezza, si cercava di offrire un quadro abbastanza fedele di una realtà controllata e governata direttamente, o anche per mezzo di collaboratori.

Si doveva rispondere al una serie di quesiti, scrupolosamente indicati; informare se i parroci svolgevano bene o male la cura d’anime, se la loro condotta morale era irreprensibile, se c’erano incompatibilità o scandali da rimuovere, negligenze colpevoli nel ministero pastorale, riferire sui costumi del popolo; se serpeggiavano eresie, se gli orfani e le vedove erano assistiti convenientemente.

Le relazioni nell’archivio diocesano Fermano si trovano in diversi registri e cartelle di varie epoche. Nell’Index ordinato dal Card. Paracciani figurano: una fatta a mezzo di procuratore da Mons. Strozzi nel 1616 e di una di Mons. Giannotto Gualtieri (1668-1683); esistono altre relazioni per la Visita ad Limina prodotte da Mons. Minnucci, dal Card. Brancadoro e da quasi tutti gli arcivescovi dell’800 e del 900.

Le relazioni per la Visita ad limina sono un copioso ed interessantissimo materiale di studio per la storia diocesana.

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