TEATRO DON BOSCO
La storia di questa sala di teatro, cara alla popolazione belmontese risale al 1957 subito usato per le recite natalizie, e sempre in seguito per eventi, per la tombola di sant’Antonio abate, per le riunioni di varie associazioni, di giovani, di lavoratori, di artigiani, di partiti, di ricorrenze e commemorazioni, tra tutte quella del professore belmontese Silvestro Baglioni. In pratica è stato ed è luogo di riferimento per la comunità.
L’esigenza di questo locale fu presentata al parroco don Ruffini Brunelli dai giovani di Azione Cattolica che in precedenza si ritrovavano nello spazio adiacente all’abside della chiesa del SS. Salvatore, dove ora è sistemata la strada di Circonvallazione Nord. La costruzione ha la lunghezza della casa canonica e un’apprezzabile larghezza. Per l’ingresso dalla via maggiore, a livello superiore, il parroco cedette i locali per farvi la scala.
Luogo stabile di riferimento negli anni di rinnovamento delle associazioni politiche, culturali, e di tempo libero. Oggi l’uso è a disposizione del Comune.
LA CHIESA DELLA MADONNA DEL ROSARIO
La chiesa della Madonna del Rosario fu costruita dalla confraternita del Santo Rosario negli anni intorno al 1586 e fu rinnovata nella prima metà del secolo XVIII. Nella facciata il sovrapporta arcuato e due coppie di lesene laterali congiunte da un trave sotto il frontespizio con un finestrino rotondo. Alle pareti interne le lesene dotate di capitelli e sopra al cornicione sopra le finestre. Ogni parete laterale è scandita in tre alte arcate. La pala dell’altare maggiore è opera dei pittori fermani Filippo e Alessandro Ricci. Vi sono figurati i santi Domenico di Gusman e Caterina da Siena che contemplano la Madonna e il divin Figlio che porge il Rosario. Ai lati, due dipinti rotondi raffigurano San Giuseppe di Nazareth, e Sant’Andrea da Avellino. Alla parete destra la tela dipinta da G. Nunzi raffigura San Pacifico da San Severino Marche, quadro donato nel 1857 da don Filippo Corsi. Nell’altare a destra il dipinto raffigura il francescano San Giuseppe da Copertino in estasi. Sulla tela è l’autore Michelangelo Michelini da Belmonte, anno 1756. Alla parete sinistra la tela di ignoto marchigiano del secolo XVII raffigura i santi Filippo Neri, Carlo Borromeo e Pietro da Verona, che adorano lo Spirito Santo figurato nel simbolo della colomba. Nel retrofacciata i Crocefissi usati nelle processioni. Il pievano Don Biondi procurò i quadri della Via Crucis, con stampe policrome del secolo XIX. Egli rinnovò il pavimento in marmo.
MUSEO ARCHEOLOGICO COMUNALE
Il territorio dell’attuale comune belmontese fu popolato da popolazioni preistoriche e i reperti archeologici degli antichi Piceni risalgono all’età del bronzo, otto secoli prima dell’era cristiana. Questo popolo ha valorizzato le risorse ambientali dei colli vicini all’attuale centro urbano di Belmonte Piceno in posizione ben difendibile e che spazia ad ampio raggio, in collegamento con altre popolazioni. Sul colle più alto di 328 m. sono stati individuati resti di abitazioni protostoriche a forma geometrica. Tra i reperti più frequenti sono stati trovati piccoli oggetti in ambra, su cui gli studiosi fanno molte ipotesi storiche, data la notevolissima quantità insieme a numerosi altri manufatti. Le prime notizie di scavi archeologici sono state scritte da Silvestro Baglioni e si riferiscono agli ultimi decenni del secolo XIX. Nel 1909 fu pubblicata la legge per la proprietà statale dei beni archeologici. Dal 1911 al 1914 gli scavi diretti dal Sovrintendente Innocenzo Dall’Osso hanno offerto tantissimi materiali delle testimonianze dei Piceni, più di ogni altra necropoli delle Marche ed oggi questi manufatti sono conservati in molti musei nelle Marche, a Roma, a Bologna, a Jena, in Germania. Fra questi c’è il Museo Archeologico Comunale belmontese, inaugurato il 4 ottobre 2015. Vi sono esposti straordinari reperti come i “torques” con teste umane stilizzate e a pigna, cavalieri su anse d’impasto, elmi piceni e greci, vasi di bronzo greci, etruschi ed umbro‐piceni, morsi equini, diverse fibule tra cui anche alcune con grandi nuclei d’ambra, un netta-unghie con raffigurazioni di animali fantastici, amuleti, pettorali e pendagli che riflettono la grande fioritura di cultura, documentata anche da una stele grande e importante di questo centro piceno.
FONTE GRANDE. Le fontane hanno avuto grande importanza in tutti i secoli, per dissetare uomini ed animali, per l’igiene e per varie attività, fino a quando l’acquedotto è arrivato ai rubinetti delle case. Nel territorio Belmontese a sud della chiesina di Sant’Anna, a 240 metri sul livello del mare, resta Fonte Grande. Poco lontano, a monte, presso il bivio della strada provinciale, si trova il suo antico deposito di acqua di falda, la cui prima costruzione risale al secolo XVI. La costruzione della fonte Grande a 100 metri circa più in basso, fu eseguita nel XVIII secolo. Nei due secoli successivi ne è stata effettuata ripetutamente la manutenzione per mantenere la sua efficienza. Il vocabolo e toponimo “fonte granne” deriva dalla pronuncia dialettale. Si notano oggi le tre parti. Al centro il deposito dell’acqua con il rubinetto, ai lati ci sono due vasche. Sul lato sinistro il lavatoio dei panni e sul lato destro la vasca più grande usata per attingere acqua e per abbeveratoio
SILVESTRO BAGLIONI
Fra i figli più illustri di Belmonte Piceno c’è senza dubbio il Professore Silvestro Baglioni. Nacque a Belmonte il 30 dicembre 1876 da una famiglia di umili agricoltori. Grazie alle sue spiccate doti, ha studiato in Germania e si è laureato in medicina e chirurgia. Illustre fisiologo di fama internazionale ed umanista, scrisse molti studi e trattati scientifici. Docente in Germania all’istituto fisiologico di Gottinga a fianco del professore Max Verworn, in Italia è stato Aiuto nell’istituto di fisiologia di Napoli, poi Professore nelle Università di Sassari, di Pavia ed infine di Roma. Fondò e diresse la rivista di Fisiologia e del Problema alimentare. Lodato come perspicace studioso dei problemi dell’alimentazione, del sistema nervoso, dell’udito e della voce. La sua fama di fisiologo innovatore, sia in Italia che all’estero, è legata ad un grande numero di pubblicazioni scientifiche e all’appartenenza a molte accademie d’Italia, di Germania, d’Ungheria e di Svezia. La sua genialità ha dato nuovi apporti in altri campi come la musica, e l’archeologia. Musicò infatti alcune poesie di Leopardi e illustrò i reperti delle necropoli picene fra cui principalmente quelli del suo paese d’origine Belmonte. Prese parte alla vita politica come deputato al parlamento per cui si dedicò anche a problemi economici e sociali, e riuscì a far stabilire in Italia il Ministero della sanità. Morì a Roma il 30 luglio 1957.
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