POESIE DI GAETANO SBAFFONI BELMONTE PICENO: agricoltore, piante, terra, frutta

E’ BELLO FAR L’AGRICOLTORE
Nei campi è davvero la vita!
Al profumo dei fiori del prato,
lavoro, con l’arte impegnato
col cuore gioioso e sereno.
Sia che zappo, che aro o che mieto,
sotto i raggi del sole cocente
in ogni momento si senton
le speranze intessute nel cuor.
Questa è l’arte nobile, antica
cantata da illustri scrittori,
è la prima che in patria e altrove
muove tutto il commercio dell’uom.
La bellezza nei campi si ammira,
dai bei colli all’ampia pianura
coltivata e retta con cura
dalla mano dell’agricoltor.
Ovunque lo sguardo si gira
pago è l’occhio, e un amore sentito
par dica: “A restare ti invito
nei campi al proficuo lavor”.
La terra vuol bene ai suoi figli
la terra dà il pane che è oro
dà prodotti come un tesoro:
diamole dunque il suo valor!

TUTTO E’ POESIA
E’ poesia ritrovarsi insieme tra famigliari
con vivo ricordo dei tempi lontani.
E’ poesia una montagna innevata,
una pioggia che cade, un giardino fiorito,
un vigneto con i grappoli coloriti,
o passeggiar nelle sponde di un fiume,
tra la freschezza dell’acqua che scorre
e il tappeto di piante spontanee.
E’ poesia vedere un’aurora che nasce,
un tramonto estivo all’orizzonte,
un merlo che fischia, un usignolo che verseggia,
una rana che gracida nella fonte,
uno svolazzar di polli in una casa colonica,
un tintinnio di pecore alla pastura.
E’ poesia il sorriso di una persona
che cancella una tristezza,
annulla un dispiacere.
Ripenso alla poesia di un tempo!
a quella vita tanto semplice,
ai lieti canti delle fanciulle,
alle gioie delle feste, del vestito nuovo,
della befana pregustate dall’attesa!
Poesia: le stelle che brillano
lassù nell’azzurro,
la luna che rischiara l’oscurità della notte.
Poesia: le bellezze umane,
muse sempre ispiratrici dei poeti.

VITA A BELMONTE PICENO
Sei bello, pittoresco, ed a me caro.
Dall’alto domini la valle!
Io da lontano ognor t’ammiro.
Mi ridèsti i ricordi del passato.
Là il boschetto di alte piante ove si nota natural bellezza;
e lo sguardo spingi fino alla marina.
Nascosta tra le querce una casetta,
lì nacqui e poi emigrò la fanciullezza e in te tornò
nell’età migliore, quando tutto si vede più bello
quando il cuore palpita d’amore.
Tra la gente buona e laboriosa la vita mia fu spensierata.
Il lieto canto delle fanciulle par riecheggiar le tue colline,
la messe ondeggia come mare e il contadin s’allegra.
Ma più vivi in mente ancor mi restano
quel colle solatio, quei pendii solchi coi lenti buoi,
le fresche aurore ed i tramonti d’oro!
Parmi ancor di sentire quel cinguettio d’uccelli
ed il fruscio d’ali, sulle querce annose
che con musica gentil mi venia a salutar festosamente.
In te non v’è cosa: alberi, strade, vie
e vecchie casette che non mi ridesti ricordi.
Io son legato a te, con tutto il cuore
t’amo, paesello mio, con tanto amore.
Oh amici d’un tempo, vi rivedo tutti; rivedo ancor la nonna
e il genitore, posti lassù, col nipotino
all’ombra dei cipressi. Vorrei venir pur io stanco
e smarrito nel peregrinare tra le ingiustizie umane,
per ritrovar la pace quassù nell’alto colle a poter dire:
”Mio paesello, tu mi desti la vita, tra le festose piante.
Quando il Signore vorrà te la rendo all’arido colle
per riposare il sonno della pace!”

LA MIA ARTE
Io son così, contadinello,
miseramente vivo e il mondo godo
lavoro tutto il giorno e son tranquillo
in mezzo ai campi dove tutto è bello,
dove si gode una pace infinita
e l’aria si respira pura e sana,
in compagnia dell’acqua cristallina:
questa è la vita da me preferita …

L’AGRICOLTORE

Che bella cosa far l’agricoltore,
godersi una bellezza indefinita;
davvero si può dir: “Questa è la vita!”
In cui pur regna vera pace e amore,
nel lavorare con lena e con ardore.
Questa è l’arte per me la più gradita
da cui sorge una speme direi infinita
per l’indefesso e buon coltivatore.
La terra giammai si mostra avara,
dà per poco l’indorato pane,
lasciare mai non potrei, tanto m’è cara.
Non si disvii verso le mete vane!
La terra è il cuor che tutto a noi prepara,
la terra è fonte di ricchezze umane!

LA NEVE
Oh, in che silenzio scende la neve!
Come farfalla agitata dal vento,
tutto imbianca per tutto s’attacca.
Il gelido vento trasporta la neve;
bufera invernale che ancor non s’arresta,
agita, turba, interrompe le strade,
copronsi gli alberi, copre le case,
ai monti e al piano si vede sol neve!
Casette sperdute in aperta campagna,
rimaste isolate. Intorno al ceppo
che avvampa i camini siedon sommessi
i nonni e i bambini.
Uccelli sgomenti vanno alle stalle,
vanno ai pagliai cercando il granello:
quelle bestiole che di lieti canti
empivan la valle; com’eran allegre!
Soffrono il freddo, soffron la fame.
Il viandante s’affretta,
pauroso, sperduto, traccia la neve
per rincasare: i suoi cari l’attendon!
Molto sgomento pei poverelli
che attendon con ansia giornate migliori
per lavorare, per guadagnare
il pane ai figlioli. O inverno che fai?
Soltanto freddo e diluvio di neve!
Dacci anche un giorno di tiepido sole.
Facci scaldare, distruggi la neve.
Quando vedremo fiorir la semente
che bene riposa sotto la neve?! O inverno non puoi!
Verrà primavera, verrà il sole d’oro a ridare la vita!

MARZO
Capriccioso e pazzerello
il sol scalda la campagna,
note allegre che accompagnan
il cantar del villanello.
Spira ovunque un venticello,
nuvolaie alla montagna,
qualche spruzzo che ci bagna
e poi il sole splende bello.
Brillar fa le goccioline
sugli alberi ormai in fiore
e le tenere fogline.
Marzo spiri gioia e amore
tu, a tutte le piantine
dài più forza e più vigore!

PASQUA
E’ Pasqua, giorno felice:
suona a festa la campana!
Dalla Chiesa più lontana
che è risorto il Signore, dice.
Ce lo comunica il sole d’oro!
La natura si ridesta
tutta pace e tutta festa!
Tutto gioia, tutto un coro.
Non più nubi fosco cielo
di giornate e passione,
tristi venti e confusione,
oggi invece senza velo
splende il sole che rinnovella
e ogni essere vivente
più vicino a Dio si sente
e con l’anima più bella!
Lo annuncian i fiorellini
che nei prati e nei fossati
ogni dove sono nati
belli, freschi e graziosini.
E ancor le rondinelle
a far festa son venute,
così nobili ed astute
come tante monachelle.
Tutto un inno di preghiera
sale al cielo col Signore
dalla terra con amore
in sì bella primavera!

LE DUE QUERCE
O grosse querce annose,
mi fate ripensar gli ozi infantili,
i giochi al prato che ancora ombreggiate,
le canzoncine che da giovanotto,
sentivo riecheggiar da ogni luogo,
nell’aia lo sfogliar del granoturco,
lo sceglier la paglia dai covoni;
gli stanchi buoi ruminanti al fresco,
il canto degli uccelli e le cicale,
i quieti riposi sotto ombrose chiome.
O dell’età novella rimembranze!
Sono passati gli anni e sono già vecchio.
Voi invece sempre belle, superbe e grandi,
par che dall’alto dominate tutto.
Né venti né tempeste v’han logorato,
nessun male giammai v’ha disturbato
e le vostre ghiande ancora belle e dorate.
Riparate gli uccellini nei nidi a primavera!
Voi siete sempre lì e godete le feconde rugiade,
il sol che nasce e i suoi tramonti,
mentre io in qua e in là sbalzato dall’imperversar
d’altre tempeste, vecchio e stanco,
sono tornato a vedervi ancora.
Or siete sole! Non più canti né rumori.
Non giochi di bimbi e svolazzar di polli.
Non più i canti degli agricoltori
né i muggiti dei buoi.
Vi rivedo e ricordo, le gioie e le persone care.
Or tutto tace! Ed io contemplo
la vita fugace e le bellezze eterne
che mai non cambian col passar degli anni!

IL GIORNO DOPO PASQUA
Solo sto qui, nell’antica casetta,
lo sguardo spingo lungo la pianura:
vedo il bel manto fresco di verzura,
gli uccelli che festeggian tra l’erbetta.
In questo lieto giorno di Pasquetta,
le piante sono in piena fioritura,
contemplo la bellezza che natura
offre alla mente mia fiacca e negletta.
Se avessi intelligenza e più destrezza
di queste belle Piane Falerone
dipingerei il volto e la bellezza
per recitar di loro un gran sermone:
elogerei l’ingegno e l’accortezza,
tutta l’attività delle persone!

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