Maria Eletta Sani lettera c. 152 Falerone Macerata

Maria Eletta Sani lettera c. 152
Viva Gesù
Ieri sera dopo le (ore) quattro ebbi da due ore di tentazioni continue con polluzione che dopo le (ore) sei non ne potevo più reggere. Sempre ho angustia. Già sono andata alle ‘Vergini’ come mi ordinava l’obbedienza. Mi (ha) assalito molte volte con disturbi veementi che per la strada mi sentivo come morire e non potevo più camminare. Son caduta in terra come morta da un sudore tanto grande sì che sono stata in terra. Mentre andavo giù per la strada, la gamba mi doleva molto ed ho detto: “L’obbedienza vuole che io venga da voi, Maria Ss.ma, tocca a voi!” Non ho più pensato al dolore. Ritornata a casa mi sono accorta che la piaga della gamba è guarita, che poco si conosce più, senza dolore, e sanata di tutto per grazia di Maria Ss.ma. Già sono andata alla Comunione e nell’atto che io dovevo ricevere la sacra Particola, mi “sgrolizzava” (inseriva nella gola?) la lingua per il cannuccio della gola e mi arrivava sino alla fine della gola in quella fossa dell’osso del petto che mi dava un martirio. Dopo che l’ho ric(ev)uta con (impeto\?) di rigettarla fuori, solo Dio sa quanto ci peno: le solite tirature di nervi per ogni -nemmeno- ora; ora da una parte e ora dall’altra, mi hanno dato un dolore senza poter respirare. Fermato questo, mi ha molto tormentato nella testa. Mi importunava e mi diceva che più mi dava pena perché portavo la stola al collo. E mi investigava a cose impure e veni(va) immodestamente. E l’ho scacciato pregando la Ss.ma Vergine che lo incatenasse; ma non ha finito in chiesa di tormentarmi ché dopo ritornata a casa mi (ha) assalito tanto per ogni parte con dolore che mi ha fatto restare senza fiato come morta. E dopo, di nuovo, con tentazioni d’impurità, insomma ho travagliato molto che Dio solo (sa) il tutto. Mi trovo tanto male di vita e di corpo che non mi reggo in piedi dicendo : “Fiat voluntas tua”. Non avendo potuto fare il ringraziamento per allora, dopo un pezzo mi sentivo quieta, e subito ho fatto un po’ di ringraziamento. E mi sono accorta che mi ha dato come una scossa co(me) una (stremezza) al corpo e subito mi sono intesa portare via lo spirito come il solito da quell’agonizzamento e affilamento di spirito, dicendo:” Dove, dove, mio Dio, si posa il mio spirito?” perché la veemenza è stata terribile così dicevo. Nel primo ingresso di quella intelligenza di cognizione e Luce divina alla Croce mi sono intesa restare nel riconoscere al chiaro la viva Luce di quella intelligenza. Lo spirito si liquefaceva, su, su, mi sentivo tirata con più affilamento di spirito nella cognizione di Gesù in Croce: l’agonia di Gesù, il distacco dello Spirito e l’anima SS.ma dopo partita dal suo SS.mo corpo. In questo non ho lingua, d(a) esprimere la pena di Gesù in Croce, non solo come uomo, ma come Dio di infinito valore. Avevo la chiara distinzione delle pene di Gesù come uomo e poi come Dio. Capire in se stesso l’Essere divino immenso e poi vedere che tanti non avrebbe(ro) stimato il suo infinito Amore: o eccessiva ingratitudine! Avevo la chiara cognizione dell’agonia di Gesù nella sua anima. Oh, come (ha) agonizzato! Capire di nuovo l’Essere divino e vedersi patire: dai peccatori così male trattato! Il mio spirito è qui restato tanto sommerso che mi pareva che già fosse finito di distillare. Non sapevo più capire e non potevo più arrivare in un mare senza fine di agonia. Mi ha penetrato tanto questa Luce (di) intelligenza nello spirito che quasi direi che quella stessa fosse nel mio spirito e lo avesse trafitto come un chiodo fisso nello spirito. Ritornata in una grande abbandono mi gettavo nella Croce e questa pareva che mi sollevasse e di nuovo son ricaduta in quel colmo d’agonia da due o tre volte. Poi ho fissato lo spirito nella cognizione dell’anima SS.ma di Gesù dopo partita dal Corpo, tutta unita con la Divinità e risplendente. Altro non desidero che di morire in una croce con il mio Gesù e di più patire. E’ un dispiacere di averlo offeso, un riconoscimento di me stessa, un abisso di miserie e d’iniquità. Ritornata in me, già il corpo senza forze con una debolezza che non mi regge(va) la vita. Questa agonia di spirito dà una luce di più conoscere Dio e me stessa e più desiderio di essere pura, senza difetti e peccati, che si purifichi. E se potessi con le mie mani, lo farei, acciò agli occhi … (di Dio) che ci vede ogni piccola macchia. Richiedo la sua santa Benedizione.
/ Ceralacca e indirizzo/ Al P. Scaramelli

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