AI TERREMOTATI DARE LAVORO E LA LORO COMUNITA’ CRISTIANA

DARE LAVORO e liberare la pratica cristiana ai terremotati
Di per sé non è il terremoto la peggiore molestia per le persone costretta a sfollare dalle macerie delle abitazioni, perché è peggiore la molestia velenosa dello scoraggiamento. Se vi si aggiungesse la discordia tra persone come volontari e operatori ufficiali, tra cittadini conosciuti e sconosciuti, la situazione diverrebbe insopportabile. E’ naturalmente spontaneo scoraggiarsi quando gli aiuti chiesti e sperati (talora promessi) non giungono, o sono tanto deludenti da sentirsi abbandonati. L’umile vicinanza servizievole e spesso silenziosa è condividere anche la solitudine interiore e l’isolamento sociale. La frequenza sismica rende molto attuale l’accoglienza.
Si pensa che la ricostruzione non possa esser rapida per tanti motivi, compresa l’invernata. Tra i preti c’è stata solidarietà perché quelli dei paesi terremotati d’altura sono ospitati nelle canoniche indenni di pianura, ad esempio presso il fiume Tenna. Per tutti i cittadini le forme di gestione e di sicurezza sono talora preoccupanti, soprattutto per l’ansia delle nottate nel perdurare delle scosse telluriche. Le persone maggiormente problematizzate sono quelle che per l’età avanzata od altri problemi di salute sono disabili. Per loro servono strutture e personale qualificato nell’aiuto specifico. La Comunità di Capodarco muove i collaboratori Tra i bisogni immediati i medicinali prescritti dai medici. Di fatto è la fede il più grande movimento che ispira e regge le comunità locali, per una “legge comune” che nei territori terremotati non è mai cessata a dare i migliori risultati. Chi ignora la fede comune disgrega il vincolo comunitario e non vuol comprendere né la Costituzione della Repubblica Italiana né i vincoli famigliari che furono creati cristianamente.
L’emigrare non è un fenomeno nuovo, ma è pur penoso. Dopo la seconda guerra mondiale non meno di 150 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case per cercare alloggio altrove e altri ancora seguitano a farlo nei luoghi di guerra e di morte per fame. E’ necessario che cerchino nuove possibilità di lavoro e di vita. Il popolo cristiano è ispirato dalla Caritas a proteggere, assistere e condividere le situazioni difficili, con la preghiera, con la sensibilità ai problemi emergenti e con la disponibilità ad accogliere.
Il senso di umanità, l’identità italiana dei terremotati, la fede cristiana chiamano alla sensibilità, al dialogo, all’aiuto dato a chi non può ricambiare l’aiuto. Gesù, da bambino, insieme con i genitori, per necessità di sopravvivenza, furono profughi in terra straniera. Poi, durante i suoi viaggi apostolici, spesso ricevette ospitalità, ma trovò anche ostilità. Importante è l’opera umana di riabilitazione sociale ed economica che faciliti il riassorbimento dei traumi ed il rilancio dell’occupazione, segno di vitalità. Papa Francesco sin dalla mattinata del 24 agosto ha praticato e raccomandato la preghiera per condividere la consolazione degli addolorati perché Gesù si è sempre commosso di fronte al dolore. Un dovere richiamato all’attenzione delle persone dal santo papa Giovanni IMPEGNA IN COSCIENZA CHI HA DENARO A DARE LAVORO. Dovere sacrosanto dei cristiani e dei cittadini.
Recentemente i sindaci dei comuni disastrati hanno detto e ripetuto anche nelle trasmissioni televisive che sono paralizzati dalla burocrazia. Le soluzioni imposte come procedure non stanno rispondendo alle domande dei senzatetto rimasti emarginati nelle attività produttive. La pratica peggiore sarebbe: “Mangia e zitto!” in un contesto di diverse difficoltà.

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