Maria Eletta Sani lettera cc. 235- 236 Falerone monastero

SANI Suor Maria Eletta cc. 235-236(foglietto) – 237
Viva Gesù e Maria
A gloria di voi, mio Dio, incomincio a scrivere e per obbedienza del vostro Ministro. Non mancai di leggere la sua lettera al Confessore, dove lei mi impose che lo riverissi da parte sua e che lo ringraziava, mi fece il comando dell’obbedienza; ma che pregassi il Signore che se lui voleva questo mio patire per mangiare che io glielo offrissi, e che facessi quello che potevo perché lui non intendeva di farmi forza …. tanto che poi dovermi fare male, perché lui restava capace che quando uno stomaco indebolito e per tanti anni avvezzato e assuefatto ai cibi non di sostanza e pochi, è difficile a poterlo rinnovare e perciò mi comandò che assaggiassi un pochino di tutto, ma non intendeva che io ne mangiassi per farmi male, come mi accadde. Perché ne mangi poco, peno per la digestione che non posso digerire e Dio solo sa quello che ci patisco. Sia fatta la divina volontà. Non manca il nemico di molestarmi, ora con suggestioni interne di farmi dubitare che non sia stata volontà di Dio, che io mi sia fatta religiosa per le mie incapacità e ignoranza e vita imperfetta e mali costumi, incapacità perfezione. In questo però è tutta verità, perché per verità io mi riconosco di non essere capace, e né di abilità e né di virtù che deve regnare in una sposa di Gesù Cristo. Ohimè, alle volte mi pare di tremare di spavento perché mi apparisce che il mio vivere e fine della vita sia da disperata e morire impenitente e benché mi aiuti di pensare alla bontà e misericordia di Dio, pure mi sento che tanto più una ha ricevuto grazie e misericordie da Dio quando non se ne approfitta, la divina e giusta giustizia fa vendetta e da me stessa mi condanno. Poche notti fa mi assalì il nemico per strozzarmi alla gola. Subito invocai i Ss.mi nomi di Gesù e di Maria e fuggì. Questa setti mana passata i….. una monaca prese dispetto che dicessi (varie) … … … la medesima aveva sfogato, e che io lo dicessi, a u . . . (mo)naca acciò Io dicesse alla Badessa siccome la superiora . . . . . ripassata, a tutte le mona(che); ma io non mi ci. trovai e non sapevo nulla, né avevo parlato. Questa religiosa si sdegnò contro di me a segno tale che dove mi vedeva, mi fuggiva, e non mi parlava ed io intesi varie cose, che si dicevano, che io l’avevo scandalizzata e che la santità si vedeva, insomma molte cose … A me poco fecero senso le dicerie. Solo mi fece gran pena il vedere che non mi parlava e nemmeno mi rispondeva. Per me fu uno scompiglio ché il demonio mi suggerì mille tentazioni e due giorni piansi quasi sempre. Tutto però contro di me stessa che io ero venuta in questo monastero per tenerlo inquieto; ma non son cose da potersi ridire, in che odio di me stessa, perché vedevo lo scompiglio che vi era, che quella monaca neppure fece la Comunione, bensì il Confessore con la Badessa e Maestra e altre monache tutte mi gridavano acciò non mi affliggessi perché questa era opera del demonio per disturbare a me e acciò mi pentissi di essere monaca. E mi dicevano: ” Su, state allegra e non vi inquietate perché voi non gli avete fatto nulla”. E così il Confessore mi riaffermò; ed io davanti a Dio non mi conoscevo rea, non mi dava rimorso di coscienza. Neppure il Confessore volle che me ne accusassi … Bensì dissi alla Badessa e Maestra: “Io sono pentita di essere monaca, perché il Signore mi chiamava, monaca volevo essere, bensì se tutte queste dicerie che mi si fatte, dopo che mi sono vestita, mi fossero accadute prima, per maggior quiete e consolazione delle monache, sarei uscita e mi sarei fatta monaca in un altro monastero. Ma per bontà della superiora mi disse: “Noi siamo contente e perciò voi state contenta perché questo (è) il demonio che gira e va intorno a noi, ora per un verso e ora per l’altro. Non gli date udienza”. Ma per me poco ci vuole ad accendermi di odio contro me (stes)sa: qui sempre va a battere. Poi mi vedo che vivo tanto ingrata verso Dio che quando è la sera, ora dell’esame, altro non vedo che difetti e rimorso di coscienza, perché questa è una vita è un vivere che sempre di incammina … con la obbedienza la … … … si sta due ore in coro e poi si ritorna in coro, e poi si … … si ritorna in coro alla Messa e poi a dire le Ore … … e poi l’esame; si va a tavola, alla ricreazione, poi … … e poi si dice Vespro e poi (si) fa la Via Crucis, un’ora di silenzio, e poi si ritorna in coro due ore continue, insomma quando è la sera, per fare l’esame non trovo se non che ingratitudine le opere devote male fatte. Ohimè, se un Turco ricevesse tali grazie, quanto di più amerebbe Dio, di più di me!
Circa del mangiare in me la mortificazione non si trova perché mangio poco, perché non posso dì più, e la gola mi tirerebbe di mangiare carne e cose buone, ma se le lascio e me ne privo viene perché Iddio mi ci dà questa croce di penarci e di starci male e più volte mi viene di rigettarlo fuori con vomiti. E le monache se ne avvedono e gli fa compassione; ma io sempre gli dico: “ Non mi fate cose particolari”. Circa poi di quello che scrissi al P. Bianchi, fu che, trovandomi agitata, dal demonio che tutta la notte mi stava agli orecchi con dirmi che l’essermi vestita in questo monastero, mi ci sarei dannata e vissuta disperata e molto (ar)rabbiata e poi il battimento del cuore mi causava la febbre. E la Maestra con le monache mi facevano stare a letto e dal medico mi fu(rono) ordinate alcune medicine: mi facevano piuttosto male che bene, e mi accadevano tremori per tutta la vita. Quando mi sentivo (at)tirata con lo spirito a Dio, quasi restavo svenuta perché io dubitavo che mi potesse succedere’ in presenza della Maestra delle novizie che finora non si è mai accorta; solo la Maestra di quando ero educanda che anche adesso presentemente si
con me, finora mi tiene segreta: solo quei moti febbrili non sono potuti essere celati. Se fossi stata in arbitrio di questa non avrebbe fatto prendere alcuna medicina. Ancora dubitavo che fosse opera del demonio per farne accorgere le religiose. La risposta del P. Bianchi fu che mi diceva che non era cosa del demonio, ma di Dio: che mi quietassi e che procurassi di fare apprendere alle monache e alla Maestra che erano effetti isterici e che non prendessi medicine, che dicessi che ero sicura che mi avrebbero portato pregiudizio. Il Confessore era dello stesso sentimento, ma … restavo quieta perché facilmente si mutava come mi è successo più volte … … avermi assicurata. Dicevo che poteva essere … come il non dormire la notte per non farmi trovare … … (at)ti comuni perché la Maestra più volte non mi ha fa(tto) con le altre perché sentiva che la notte poco dormivo, ma … … stata per fare un atto di obbedienza, mi sarei alzata per trovarmi con le altre, come f(acci)o presentemente, che mi alzo con le altre. Se io feci questo passo con il P. Bianchi fu perché da V. R. non avevo risposte, che fu quando il postiglione fermava le lettere e poi ancora io avevo preso ombra che V. R. si fosse unito con il P. Eusebio per farmi restare qui e che non fosse volontà di Dio che io mi facessi monaca in questo monastero. Trovandomi con tutti questi impicci, ne scrissi al P. Bianchi, ma non palesai il dubbio che avevo preso di V. R. In questo mi rispose che quando il monastero era tale quale mi era stato mostrato in spirito, ne stessi quieta che era volere di Dio che io restassi qui. Non ho potuto fare orazione il giorno dopo, bensì non mancherò il giorno della Purificazione di fare orazione per quel che desidera V. R. giacché in questo non posso metterci altro da lei richiestomi circa i difetti, virtù e regole, mi riporterò in un’altra lettera. La Madre Badessa la ringrazia
…… il Confessore finisce il … … a maggio e si tiene per certo che si muterà dovend… anche degli altri. Richiedo la sua santa Benedizione.
La Maestra non l’ho salutata perché non so quale sia: se sia la presente delle novizie oppure la passata cioè delle educande che abbia potuto metter su il Confessore a permettermi le stra(nezze) che V. R. dice ed io non capisco: che sia stata quella delle educande non sono sicura che non ha parlato. Se poi è stata quella delle novizie io non lo so perché questa sempre vorrebbe che mi si facciano cose particolari per mangiare, contro il mio genio. Richiedo e desidero se V.R. mi dà licenza di visitare la Madonna in tutte le stagioni scalza giù nell’orto; poi desidero di fare una mortificazione: siccome vedo che il mio naturale ci ripugna, si è che qui in coro ci si tiene le concoline (=bacinelle ) dove le monache ci sputano ed io vorrei prendere un sorso in bocca. Lo farei in privato acciò nessuno lo vedesse, ma senza la licenza dell’obbedienza non l’ho voluto mai fare, bensì la licenza desidero per sempre.
/ Ceralacca; indirizzo / Al monto rev.do Padre padrone colen.mo – Il P. Giacinto Aloisi della Compagnia di Gesù – Perugia per Città San Sepolcro.

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