A FERMO IL SANTUARIO DI SANTA MARIA A MARE E SANT’ANNA notizie desunte dagli studi di NEPI Gabriele

A FERMO = IL SANTUARIO DI SANTA MARIA A MARE E SANT’ANNA = Notizie desunte dagli studi di Gabriele NEPI
La regione marchigiana, tanto prediletta dalla Vergine Maria di Nazareth, vanta santuari famosi: fra questi quello di S. Maria a Mare documentato fin dal secolo XII. Il Santuario è da sempre oasi di pace e di serenità, tempio di preghiera e di voti verso la Vergine, che dall’alto dell’altare, in un nimbo di luci e di colori, sorride col Bambino ai fedeli! Le sono al fianco S. Giovanni Battista e S. Biagio.
La posizione del tempio è incantevole: sorge all’imbocco del casello dell’autostrada Lecce- Milano. Davanti scorre la Statale Adriatica 16, su cui sfrecciano nei due sensi macchine di ogni tipo e nazionalità. Ad est, sulla ferrovia della costa Adriatica, corrono veloci treni.
Tutto intorno una fioritura di “camping” moderni ed attrezzati, (sono una dozzina) fanno quasi corona al Santuario, che, specie nei mesi estivi, polarizza folle di turisti, provenienti da ogni parte d’Italia e dall’estero, che qui trascorrono le ferie per ritemprare le forze del corpo e dello spirito.
Non molto distante si stende un piccolo campo di aviazione, campo di fortuna; a sud, Torre di Palme, alta sul mare, su un dirupo scosceso, sembra protendere un abbraccio a difesa: quella difesa e rifugio che essa diede ai fedeli cristiani ed ai religiosi del Santuario, quando, per sfuggire alle incursioni saracene, cercarono asilo e salvezza entro le sue mura sull’altura. Torre di Palme è forse il centro urbano più suggestivo della zona.
Tutt’intorno, l’ambiente dell’intera zona su cui sorge il Santuario gli conferisce un “quid” di vita pulsante, dinamica e vivace. A nord-est un porto turistico; più a nord, Porto San Giorgio, anticamente detto “Porto di Fermo”, sua gemmazione marittima da secoli, scandisce il suo atto di amore e di devozione verso la città madre nell’iscrizione che si legge sulla rocca eretta nell’anno 1267 dal podestà di Fermo, il veneto Lorenzo Tiepolo, progenie del Doge Jacopo: “O città di Fermo, io ti conservo salvo il lido. Io sono per te chiusura del porto e protezione delle navi. Dal martire San Giorgio prendo il nome augurale”.
Torre di Palme a sud sembra fungere da vigile e amorosa scolta a difesa del Santuario, a nord la rocca del porto sangiorgese è quasi un ideale avamposto verso il settentrione. In mezzo, il Santuario, protetto dall’una e dall’altra fortezza, si stende nella pianura presso la foce dell’Ete. Il mare, che azzurreggia oltre, sembra ripetere la lode per la città. Da quanto finora descritto, emerge una componente significativa: il mare. Non per nulla il nostro Santuario ha una denominazione marittima: S. Maria a Mare! È l’Adriatico, il mare testimone di tante vicende storiche. Esso, al ritmo sonante delle sue onde, sembra cantare la pace.
Alla foce dell’Ete (fiumicello che scorre nei pressi del Santuario) esisteva lo storico bacino dell’utenza portuale che nel basso medioevo fu spostato al centro dell’allora Porto di Fermo, punto strategico di un’area a forte vocazione marinara, scandita nei secoli dal baluardo della fede: S. Maria a Mare.
E perché ciò non sembri vana letteratura, ricordiamo come, dal 1211, l’Imperatore Ottone IV, concedeva a Fermo la giurisdizione sul litorale dal fiume Tronto al Potenza; nessuno, per la profondità di mille passi (un chilometro circa), poteva costruirvi senza il permesso di Fermo. In un tratto di tale fascia costiera sorgeva già la nostra S. Maria a Mare. Il primo documento certo risale al 1130.
In realtà, la storia dell’insediamento affonda le sue radici nel periodo preromano. Qui, alla foce dell’Ete, era ubicato il Navale Fermano, di cui ci parlano Strabone, Pomponio Mela e Plinio il Vecchio. Si tratta proprio della zona dove sorge il Santuario. Plinio il Vecchio parla di questa località nella “Naturalis Historia (III,13) descrivendo il Piceno. Dopo avere elencato varie località, fra cui Truentum e il fiume Tronto, l’Albula, il Tesino, Cupra, nomina il Castello dei Fermani. Tale “Castello” è da identificare con il Navale Fermano di cui parla anche Strabone, geografo greco del I secolo d.C., nel libro V della Geografia: poi ricorda Septempeda (= San Severino Marche), Pollenza, Potenza, Fermo Piceno, e il suo porto, cioè Castello, quindi il Santuario di Cupra.
il Castello dei Fermani è nominato anche nell’Itinerario dell’imperatore Antonino, risalente al II secolo dopo Cristo: tra “Potentia civitas” e il “Castello dei Fermani” intercorrono 20 miglia; da queste a Truentum, 26 miglia, e altri dati. La “Tavola Peutingeriana” che descrive le città e le vie dell’epoca imperiale romana, nomina il Castello dei Fermani, indicandone le distanze da altre località a nord ed a sud di esso. Il Castello dei Fermani e il Navale, esistevano prima di Cristo, menzionati nei documenti greci e latini. Nella zona adiacente, sono state trovate lapidi, monete, pezzi architettonici, reperti in bronzo e altro. Lungo la strada Val d’Ete, in contrada Salvano si scorgono ruderi di monumenti funerari romani. Alcuni storici sostengono che, nei pressi, sorgesse una città di nome Palma. È comunque sicura l’esistenza di un Agro (=territorio) Palmense che si estendeva dal Tesino al Chienti. Alla foce dell’Ete è stata rinvenuta una lapide che nomina due edili ed un questore (non inteso in senso moderno), che si curavano delle acque. Nel 49 a.C. passò qui Caio Giulio Cesare, che, dopo, si recò in Ascoli, facendo tappa a Castro Truentino.
In prosieguo di tempo, nel medioevo, il porto per l’approdo delle imbarcazioni, fu dislocato verso il centro dell’odierno Porto San Giorgio (dove si ammirano avanzi di archi), data la maggiore possibilità di protezione, costituita dalla rocca e dalle mura merlate. Si progettò e si provò più volte, nel corso dei secoli, a ricostruire un porto alla foce dell’Ete. Tale era il disegno di Oliverotto da Fermo nel 1503. Successivamente, il vescovo Fermano Felice Peretti, che fu papa Sisto V, voleva stabilire uno scalo alla foce dell’Ete, per l’approdo delle navi della flotta pontificia. Anche il comune di Fermo più tardi decise di costruire, sempre alla foce dell’Ete, un porto; ma Ancona si oppose fieramente.
Nel disegno dell’Altissimo, qui, in questa piccola area, dove fiorì tanta storia da interessare gli antichi scrittori classici, doveva spuntare una stella: la Stella del mare: “Ave Stella Maris”. Doveva sorgere una chiesa, dove, dalla remota antichità ad oggi, sorride la Vergine Madre di Dio.
VICENDE STORICHE DOCUMENTATE
Il documento più antico riferibile a S. Maria a Mare risalirebbe al 965, anno in cui la chiesa della Santa Madre di Dio in Castiglione fu donata, insieme con il vicino porto, alla chiesa di Santa Croce al Chienti. Taluni però fanno osservare che la chiesa in ‘Castellione’, potrebbe essere quella rurale che sorge quasi a metà strada tra Fermo e il mare, lungo la via detta Castiglionese. Non si sa se questa sia una costruzione tardiva, per evitare le gravi scorrerie di predoni.
È certo, tuttavia, che la chiesa di S. Maria a Mare esisteva, già, al principio del secolo XII ed era un Priorato dei religiosi “Canonici regolari agostiniani”. È del 1130 il documento relativo ad Uberto, Priore di S. Maria a Mare, fondatore di una chiesa in onore dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, in territorio di Torre di Palme. Questo priorato era importante ed aveva giurisdizione su 26 chiese sparse nel territorio Fermano. Nel corso dei secoli se ne interessarono i papi, come Clemente III nel 1188; Urbano IV nel 1264.
L’archivio di Stato di Fermo conserva una pergamena (n° 377) dell’anno 1281. Nell’atto notarile rogato da Bartolomeo di Guarcino si tratta dell’elezione e della nomina del Priore e Rettore della chiesa di S. Maria a mare. Un tale Roberto, aveva rinunciato alla rettoria e si doveva procedere alla nomina del successore. Si fa uso delle urne elettorali (bussole) e si praticano sigilli e ballottaggi. Sono coinvolti gli interessi del Comune di Fermo che aveva il giuspatronato nell’eleggere il rettore, a cui il vescovo, dopo fattane l’approvazione, avrebbe dato la nomina ufficiale. Lotte di elezioni, reiterate per irregolarità vere o presunte. Nonostante che nel documento si dica che la città di Fermo doma i suoi nemici e rende agevoli le cose difficili, il Comune non ne uscì vincitore. Infatti era stato eletto un pupillo dell’Amministrazione, ma il Vescovo di Fermo (era Filippo III che governò la Diocesi dal 1272 al 1297) non approvò tale nomina. Intrighi, scontro di interessi, gelosie, procedure elettorali viziate: tutto questo anche allora poteva caratterizzare le elezioni. Alla fine vennero gli accordi.
Dopo il secolo XIII però, sia per le scorrerie dei Turchi, sia per le guerre tra le varie città della zona, i religiosi dovettero abbandonare la chiesa litoranea di S. Maria a Mare per rifugiarsi a Torre di Palme, dove costruirono una chiesa con lo stesso nome e qui rimasero per un secolo. Si ebbero così due chiese con lo stesso titolo: S. Maria a Mare in pianura (quella di cui stiamo parlando), e l’altra omonima in altura entro il Castello di Torre di Palme. Nel 1395 Bonifacio IX diede in commenda al Vescovo di Fermo il Priorato sito entro Torre di Palme. Si succedettero altri priori commendatori, finché nel 1514 Leone X, con bolla ”Ex debito Pastoralis officii” del 23 gennaio 1516 lo diede al Capitolo della Cattedrale di Fermo.
Nel corso di queste vicende l’antica chiesa di S. Maria a Mare, sita nei pressi della foce dell’Ete, ebbe molto a soffrire. Era stata abbandonata dai religiosi lateranensi che si erano rifugiati entro Torre di Palme e seguitava ad essere esposta alle incursioni di predoni e pirati; fu semidistrutta perché i laterizi vennero impiegati per fabbricare edifici entro Torre di Palme, in pratica era quasi scomparsa, in zona incolta.
Nell’area circostante stanziarono gli eserciti. Abbiamo notizia che il 7 maggio 1421, Braccio da Montone, con 1500 cavalieri e molti fanti, si accampò nei pressi il fiume Ete, vicino alla chiesa di S. Maria a Mare. Più tardi, il 27 settembre 1443, il Re d’Aragona, con un esercito di 10.000 fanti e cavalieri, diretto contro lo Sforza, si accampò presso l’Ete e “il ponte di S. Maria a Mare”. Il lunedì 7 giugno, all’aurora, sette triremi del Re d’Aragona al largo, tra S. Maria a Mare e Porto San Giorgio, venivano in soccorso di Sigismondo Malatesta di Rimini, impegnato contro le truppe di Francesco Sforza.
L’area di S. Maria a Mare era diventata boschiva. Nello stesso anno 1443, nella prima decade di dicembre, si accampò, presso il ponte e S. Maria a Mare, Francesco Sforza col suo esercito di 10.000 soldati fra fanti e cavalieri. Il giorno 11 di detto mese (era di mercoledì), alla mattina presto, detto conte Sforza levò il campo e si diresse verso Montegiorgio, devastandolo orribilmente e tagliando molte piante, specialmente di ulivi. Subito dopo si impadronì di Santa Vittoria in Matenano, di Montelparo e di altre località del contado fermano
Come si nota, il Santuario e il vicino ponte erano il crocevia e la superficie dove opposti eserciti si accampavano, in attesa di colpi di mano, di scorrerie, di assedi. Nonostante questo avvicendarsi di eserciti in un clima di distruzioni e di efferatezze, la pietà dei fedeli era sempre viva verso la Stella del Mare. Troviamo infatti che il Consiglio di Cernita del Comune di Fermo decretava di riparare il ponte in contrada “S. Maria a Mare” per l’accesso dei fedeli, che, recandosi al Santuario, dovevano oltrepassare il fiume.
Un’iscrizione, sulla lapide collocata presso la sacrestia della chiesa, ci assicura che nel 1535 fu eseguito un restauro della chiesa, a cura del canonico Domenico Assalti, di nobile famiglia cittadina, camerlengo del Capitolo fermano. E’ pure importante quanto si legge nei libri di Cernita, alla data del 23 dicembre 1560. Il Comune di Fermo decretava la riparazione del ponte di Ete in contrada S. Maria a Mare, allo scopo di rendere meno difficile ai devoti l’accesso alla chiesa. Ma di maggiore importanza, perché è assai più esplicita, è la particolare cernita del 24 ottobre 1586 che riportiamo in italiano, come si legge in un manoscritto della biblioteca comunale, in sintesi. “Si dà lettura della devozione dei pellegrini accorrenti a S. Maria a Mare, per la comunità dei quali, Melchiorre di Antonio di Torre di Palme, offre di tenere nel guado del fiume Ete due barche onde trasportare uomini e animali al minimo prezzo”. Il prezzo era di quattro quattrini per persona e cinque per ogni animale.
Straordinaria la pietà che si ebbe nel secolo XVII. Si era nel marzo del 1630, tempo di Quaresima, quando si cominciò a spargere la voce che, durante la notte, avevano luogo, sopra la chiesa di S. Maria a Mare, fenomeni luminosi. Dapprima si pensò ad una suggestione collettiva; poi, man mano che il fenomeno crebbe e si ripeté, interessò personalità qualificate, tra cui il beato Antonio Grassi. “Vi si videro, in diversi tempi, i raggi folgoranti a guisa di stella intorno a quelle sacre mura: lampi lucidissimi che, uscendo da quella chiesa, diffondevano per lo spazio di mezzo miglio nell’aria una chiarezza mai vista: globi di fuoco che coronavano il sacro tetto, dividendosi in cento e mille fari e tutto il tempio lucido come cristallo per riverbero di splendori, che irradiavano il vicino piano e la corrente del fiume Ete ed erano visibili anche dal Girfalco di Fermo, come ebbe ad attestare più di un cittadino interpellato. Tante furono, per ogni intorno, le voci che S. Maria a Mare era chiamata in quei giorni comunemente “La Madonna dei Lumi” – come riporta l’autore del “Diario Mariano” e come si ha da memorie e manoscritte.
Un contadino del luogo, tale Domenico Di Migno, fu privilegiato. Il canonico Raccamadoro riferisce che era singolare in quest’uomo la devozione verso la chiesa di S. Maria a Mare, e aveva per costume di spesso visitarla dopo le fatiche del giorno, sospendendo il lavoro della campagna. L’autore annota che la gente semplice ed umile suole facilmente nutrire la pietà e la devozione. (Libro: “Gratie dispensate dall’immagine della SS.ma Vergine Maria a Mare”. Fermo 1667 pp. 8-9).
Ora, mentre quest’uomo, un sabato della quaresima dell’anno 1630 si recava, nottetempo, conforme l’usato, a venerare la sacra immagine, fu colpito da uno spettacolo inatteso. Si presentò al suo sguardo, da lontano, “una lunga e chiara ordinanza di lumi per i cui riverberi splendeva tutto il luogo boschivo. Pensò, in sulle prime, fosse gente o di Fermo di Torre di Palme, portata colà dalla devozione, onde troncato ogni indugio affrettò il passo e il desiderio di giungere presto gli faceva parere tarda ogni velocità. Ma più si appressava e più gli pareva che quella luminosa ordinanza di mano in mano, sparendogli dagli occhi, entrasse in chiesa. Si accrebbe in lui maggiormente il desiderio di arrivare: giunto infine stanco, trovò al solito chiuse le porte. Credé un’illusione quello che aveva visto, e dopo fatte le sue preghiere alla Madonna, riprese la via di casa. Peraltro, cammin facendo, nuovo stupore lo prese: ché, voltandosi indietro di tratto in tratto, vedeva apparire i lumi e la gente che li portava, onde, pieno di santo timore, si diede alla fuga e arrivò trafelato alla povera dimora”.
Appena giorno corse a raccontare al suo confessore l’avvenimento e questi lo avvisò di non narrare ad altri l’accaduto; nel medesimo tempo lo esortò alla pratica costante della sua devozione e in cuor suo ammirò la grazia che il cielo concedeva a quel semplice uomo. Nel mercoledì seguente, Domenico rinnovò la sua visita e nuovamente fu testimonio del prodigio. “Di più, non era nel ritorno cinquanta passi lontano dalla chiesa che gli parve di vedere ombre biancovestite alla guisa di Confraternite, in devoto atteggiamento e in bell’ordine, entrare nel santo luogo a riverire la divina Madre. Segui(tò) a mirare ed anche senza rivolgersi aveva sotto gli occhi intorno a sé continuamente il riverbero che riflettevano ad ogni parte quei santi lumi”.
Crebbe ancor più, da questo tempo, la rinomanza del Santuario di S. Maria a Mare, perché la fama dei fatti cresceva ogni giorno di più. Un avvenimento singolare dell’anno successivo fu il passaggio della regina di Ungheria, Anna Maria, che diede spunto ad un nuovo fervore di opere e di fede. Questa regina, figlia del re di Spagna Filippo III, andava sposa a Ferdinando di Austria. L’otto gennaio 1631, proveniente da Grottammare, si recò a Fermo, accolta con onori regali. Dopo un breve soggiorno in città, partì per Ancona, sempre accompagnata dal numeroso seguito, e da qui si imbarcò per incontrare lo sposo. Vuole la tradizione che si fermasse a S. Maria a Mare. Il giorno successivo alla partenza della regina, l’Arcivescovo di Fermo, Giovambattista Rinuccini, convocò il clero, e, prendendo lo spunto dai grandi onori tributati ad una regina della terra, invitò ad onorare la regina del cielo, per i tanti e tanto grandi prodigi operati nel Santuario di S. Maria a Mare. Seduta stante, indisse un pellegrinaggio, cui parteciparono moltissimi fedeli: basti pensare che ben duemila furono le Comunioni eucaristiche.
Istituì un processo canonico sui fatti miracolosi e lo si aprì il 26 gennaio 1631. In esso testimoniò anche il padre filippino beato Antonio Grassi. Mons. Rinuccini, più volte testimone oculare dei prodigi, ci ha lasciato notizia di pellegrini venuti dal Piceno, dall’Abruzzo, dalla Puglia, anche dalle Alpi, dalla Toscana e dalla Calabria. E lo scrittore Raccamadoro più volte torna a ribadire la stessa sicura notizia e parla delle processioni dei religiosi di ogni ordine, i quali con “bellissime ordinanze e con una devozione che tralucea nei volti, alla santa chiesa ne andavano”: e ripete che era incredibile la “frequenza delle genti che ne venivano dai vicini contorni e di quelle che qua concorrevano da paesi lontani e da ogni lato della nostra Italia”. E quasi non trovando più espressioni adeguate scrive testualmente: “Io non saprei dirvi il numero dei Principi, dei Prelati, dei Baroni e d’altri Signori di molto riguardo e principalmente delle Confraternite e Compagnie, che in un giorno solo se ne contano ben diciassette della Provincia della Marca e dell’Abruzzo”.
Era spettacolo commovente il vedere come altri vi si recavano a piedi scalzi da lungo tratto di strada. Portati dai pellegrini, giungevano anche doni per la Chiesa: erano ceri, denaro, arredi sacrali, lampade d’argento, candelabri, ori ed altri oggetti. Il Capitolo Metropolitano di Fermo stabilì norme severe, perché tali doni non venissero alienati, ma servissero per le necessità del Santuario.
SVILUPPO ULTERIORE DEL SANTUARIO
Si incominciò a costruire qualche nuovo locale per i cappellani; si iniziò un albergo per i forestieri; si scavarono pozzi per l’acqua potabile; si pensò a potenziare il traghetto e il ponte dell’Ete; l’undici marzo 1631 fu tagliato il muro, dove era dipinta la Madonna (muro a destra dell’altare maggiore) e la sacra immagine fu collocata ben in vista sopra l’altare di centro. Da allora, fino al 1942 fu racchiusa in una ricca e arabescata cornice barocca. Alla venerazione, tributata alla sacra immagine dall’arcivescovo, dal clero e dai fedeli, si aggiungeva quella del vice-governatore, dei nobili e delle autorità comunali di Fermo. Da allora, ogni anno nella festa dell’Ascensione, i Fermani usarono recarsi in pellegrinaggio al Santuario di Santa Maria a mare.
Per le grazie dispensate dalla Madonna, il Raccamadoro si impegnò a raccoglierne la documentazione in un volume. Fino a pochi anni fa si osservavano, alle pareti, molti ex voto, consistenti in pitture, cuori d’argento e simili.
Di fronte a tanto concorso di popolo di fedeli, i canonici del capitolo metropolitano di Fermo pensarono di ampliare la chiesa, che era piccola. Un primo ampliamento si effettuò tra il 1632 e il 1640. Ma, visto che ciò non era sufficiente, il 14 aprile 1652, il Capitolo, nelle sue deliberazioni, parlò di una nuova chiesa a S. Maria a Mare e, in data 24 gennaio 1656, ne decretava la costruzione.
Demolito il portico, realizzato nell’ampliamento del 1632-40, le vecchie mura vennero inglobate nelle nuove; il legname fu fatto venire dalla Dalmazia. Ma, nonostante le generose offerte, la costruzione andava a rilento per mancanza di fondi. Fu chiesto aiuto alle Diocesi confinanti; furono effettuati ingenti sforzi finanziari; finalmente, il 28 ottobre 1670, l’arcivescovo, cardinal Giannotto Gualtieri, alla presenza del popolo, del clero, del governatore e delle autorità comunali, consacrò il nuovo tempio.
I lavori definitivi si protrassero fino al 1676. Fervore di fede e amore vivissimo alla Vergine, portarono, nel 1682, all’incoronazione delle figure della Vergine SS. e del Figlio, decretata dal Capitolo Vaticano su richiesta della popolazione locale, specie di quella di Porto San Giorgio. Due fulgide corone d’oro ornano la Vergine e il Bambino, solennemente incoronati il 31 ottobre 1683.
L’Incoronazione dell’Immagine di S. Maria a Mare fu la prima fatta dal Capitolo Vaticano, nell’arcidiocesi di Fermo. Quella della Madonna del Pianto, a Fermo, avvenne l’otto settembre 1843. Nei documenti del tempo si legge che grandissimo era il numero dei principi, cardinali, prelati, autorità, confraternite e famiglie religiose, che vi affluivano. Come già detto, il Santuario di S. Maria a Mare era considerato ”ornamento e sostegno non solo dai popoli vicini, ma di tutta la Marca Fermana”.
CULTO DI SANTA ANNA
S. Maria a Mare, come indica la stessa denominazione, è un Santuario mariano; ma, nella tradizione popolare, questa è chiamata anche chiesa di Sant’Anna; col nome, cioè, della madre della Madonna. C’è, in realtà, un altare dedicato alla Santa, sul lato destro del Santuario. Il dipinto, opera di Filippo Ricci di Fermo, ritrae Sant’Anna in atteggiamento di dolce protezione verso la Figlia, la beata Vergine Maria.
La Cappella, dove è situato l’altare, è frequentata da giovani coppie, soprattutto da mamme in attesa di mettere al mondo le loro creature. Il rito devozionale, i gesti tramandati da madre a figlia, sono semplici ma significativi: si prega e si accende un cero una lampada, come atto di omaggio a Colei che è stata madre a quella creatura sublime che è Maria Vergine, la quale riassume in sé tutte le virtù.
Spesso si fanno benedire alcuni capi del corredino, i primi che il nascituro dovrà indossare. Nel raccogliersi devotamente in preghiera, si deponendo problemi e ansie, in particolare, nell’offertorio delle celebrazioni eucaristiche: A volte si chiede addirittura al buon Padre Missionario, preposto al servizio liturgico, una particolare benedizione personale per avere conforto, aiuto e sostegno, nel difficile momento del parto.
E la protezione di Sant’Anna, stando al buon numero di pellegrini che frequentano il Santuario, sostando davanti all’altare di Lei, si rivela sempre provvidenziale e materna. La visita a Sant’Anna è fiduciosa per tutte le madri in attesa: la fede, diventa coraggio, per vivere l’avventura della maternità nella pienezza di un’emozione cosciente e serena.
LA FIERA
In occasione della festa di Sant’Anna , che, com’è noto, cade il 26 luglio, aveva luogo una fiera famosa, istituita su iniziativa del Capitolo Metropolitano, deliberata nell’adunanza del 26 ottobre 1637. A quei tempi, l’istituzione di una fiera costituiva per la zona un forte richiamo di persone. Non esistevano i grandi supermercati di oggi; i tempi erano diversi; allora i mezzi di locomozione scarsi. Tuttavia la “fiera di Sant’Anna” era famosa e durava per giorni. Il capitolo metropolitano nominava, per ogni anno, un assistente che doveva sovrintendere alla festa ed alla fiera e provvedere agli alloggi ed ai servizi logistici, soprattutto all’acqua per uomini e animali (documento del 1654).
INNO
Non molti anni or sono, in occasione della festività di Sant’Anna, si cantava nel Santuario, in onore della santa madre della Madonna, l’inno che segue, composto da mons. Giovanni Cicconi e musicato dal maestro Cesare Celsi. Ecco il testo:
O donna del miracolo Dallo stellato empireo
Anna gran nome Santo Or con l’Augusta Figlia
A Te leviamo il canto Rivolgi a noi le ciglia ,
Pieno di fede e amor. Soccorso non negar!

Beata, all’uman genere (Ritornello)
Da Dio fra mille eletta, Guarda, qual madre provvida
Desti la benedetta Il talamo e la culla.
Madre del Redentor. Guida l’età fanciulla
Proteggi i focolar.
\ PAPI CHE SI INTERESSARONO DIRETTAMENTE AL SANTUARIO
Del Santuario di S. Maria a Mare, nel corso dei secoli, si interessarono anche i Sommi Pontefici. Come accennato, Clemente III (1187-1191) e Urbano IV (1261-1264) confermarono, con apposite bolle, i privilegi concessi. Clemente III precisava: “Seguendo le orme del nostro predecessore Alessandro III (1159-1181) confermiamo quanto da lui concesso”.
La bolla di Clemente III del 10 giugno 1188 (ne riportiamo i passi salienti in appendice), è indirizzata a Gilberto della chiesa di S. Maria a Mare (S. Mariae de mare) ed ai suoi fratelli presenti e futuri dell’ordine di S. Agostino. – Infatti anticamente i sacerdoti che officiavano tale Chiesa erano i Canonici Religiosi di Sant’Agostino detti Lateranensi. La bolla, oltre alla firma del Papa, porta anche le firme di altri 14 emin. Cardinali. La bolla, pressoché identica, di Urbano IV, diretta al priore di S. Maria a Mare, è datata: Viterbo, 12 giugno 1264 e porta la firma del Papa e di altri 16 cardinali. Da ciò si può dedurre quale era l’importanza della nostra S. Maria a Mare.
E’ interessante notare, dalla lettura e dall’esame comparativo delle due bolle,il fatto che vi risultano ben 26 chiese che dipendevano dal Priorato di S. Maria a Mare. Erano le chiese di S. Benedetto, di S. Pietro, di S. Michele di Palma, quelle di S. Leonardo, di S. Marone, di S. Giovanni, di S. Nicolò, di S. Paolo, in Torre di Palme; la Chiesa de’ SS. Cosma e Damiano situata dentro la città di Fermo, quella di S. Pietro di Castiglione, quella dei S. Vittoria nel territorio di Castiglione con l’Abbadia che era vicina a detta chiesa; quella di S. Andrea nel medesimo territorio; le chiese di S. Giovanni nel Monte Marino, di S. Marino in Piemarano (Piermarano di Lapedona), di S. Ansovino , di S. Simone, di S. Maria, nel distretto del Castello di S. Martino, altrove quelle di S. Giusto, di S. Claudio, di S. Maria e di S. Giovanni nel Tribio Cuti in territorio di Lapedona: quella di S. Salvatore in Colle; quella di S. Michele in Montottone, di S. Flaviano in Capitanata, di S. Stefano in Sobuniano, di S. Costanzo, di S. Lorenzo vicino al fiume Ete, oltre alla Chiesa Madre di S. Maria a Mare.
La Bolla elenca poi molti beni e possessi, quali sono case, vigne, terreni, oliveti. Ecco i nomi di alcuni dei donatori: Teobaldo, Bartolomeo, Petro, Tommaso, Baldovino. Dal contesto risulta che i religiosi di S. Maria a Mare attendevano anche ai lavori dei campi e ad opere di bonifica. In virtù delle sovrane concessioni il Priore godeva di un’autorità amplissima sopra i luoghi e le chiese dipendenti, nel rispetto del vescovo Fermano a cui competevano gratuitamente le benedizioni degli Olii sacri, delle chiese e le ordinazioni dei chierici. Tutte le facoltà sono messe in rilievo nelle bolle di Clemente III e Urbano IV: i due grandi papi, ai quali l’antica chiesa di S. Maria a Mare andò debitrice del suo massimo splendore.
IL SANTUARIO NEI SECOLO DAL XV AL XX
La Vergine sempre ha dispensato grazie e favori e lo stesso arcivescovo fermano G. B. Rinuccini (1625-1653) che era stato mandato da Papa Innocenzo X quale suo Delegato presso gli Irlandesi, in lotta con gli Inglesi, riferiva che sfuggì alla cattura di questi ultimi che lo inseguirono in mare, dopo aver invocato la Stella del Mare. Mons. Massari, Canonico di Fermo e inviato di Propaganda Fide anch’egli in Irlanda e qui catturato dagli Inglesi, ebbe salva la vita e riottenne la libertà, non appena ebbe invocata la Vergine del Mare.
Presso questo Santuario, nel 1421 si era accampata la truppa di Braccio di Montone e più tardi di 10.000 soldati del Re d’Aragona e quelli di Francesco Sforza. Nel 1744 furono accampati, nei pressi, 28.000 soldati tedeschi e 8000 cavalli, che qui fecero tappa, durante la guerra di successione d’Austria. Una battaglia feroce e cruenta si combatté nei pressi, il 28 novembre 1798, quando si scontrarono nella pianura e nelle colline prospicienti il Santuario, le truppe francesi contro le avverse truppe napoletane. In questa famosa battaglia del Porto di Fermo, da taluni detta di Torre di Palme, avvenne la sconfitta dei Napoletani. Il Santuario fu invaso e spogliato di tutto. Seguirono poi i passaggi di truppe nel periodo napoleonico, di Murat, reduce dalla sconfitta del Castello della Rancia nei pressi di Tolentino (1815); degli Austriaci (Imperial regio Governo); dei Pontifici; delle truppe napoletane mosse in aiuto di Carlo Alberto nelle guerre dell’Indipendenza e poi di nuovo delle truppe pontificie, dopo Castelfidardo (18-9-1860); poi la calata dell’esercito di Vittorio Emanuele II, 5 ottobre 1860.
Nel 1831 fu celebrato il secondo centenario del tempio e nel 1931 furono ripetute le celebrazioni per il terzo centenario, presente il Cardinale Luigi Capotosti (nato a Monte Giberto), Datario di Sua Santità, l’arcivescovo di Fermo, mons. Castelli, altri numerosi vescovi ed autorità. Vi accorsero oltre 30.000 pellegrini, e in quella occasione fu portata processionalmente da Fermo l’Urna con le spoglie del Beato Antonio Grassi, che fu fervente devoto di S. Maria a Mare, dove si recava a piedi ogni sabato. Nella prima cappella sinistra del Santuario v’è la pittura del Beato, realizzata nel 1940.
Intanto, dal 1928 i Padri Missionari della Consolata di Torino avevano preso la cura d’anime del Santuario ed avevano aperto un convitto per “Apostolini”. Era il 16 febbraio 1928, quando i padri Antonio Garrello e Alfeo Tonelli presero possesso del Santuario e aprirono il Convitto. Le premure e le assidue cure dei Missionari della Consolata, che tuttora officiano il Santuario, fanno rifiorire la devozione e la fede per S. Maria a Mare.
Nel 1939, per opera specialmente di padre Alfredo De Agostini ebbero inizio i lavori di restauro e di ristrutturazione del Santuario. Sotto la direzione del Prof. Aldo Pettorossi e dell’ing. Goffredo Bronzi, vennero aperte due tribune laterali. Si passò poi a dipingere e dipingere con affreschi l’abside, la volta e le pareti del Santuario. Il lavoro fu affidato al prof. Ciro Pavisa di Pesaro, il quale ha scelto soggetti intonati all’ambiente; ha celebrato, in un poema lirico di colori e di luce, le glorie della Vergine, in perfetta armonia con la struttura del Santuario.
Sono dieci quadri che convergono verso l’altare, su cui troneggia l’immagine miracolosa della Stella del Mare. Nel centro della volta, in uno splendido e luminoso quadro, è raffigurato l’Eterno Padre che apre le braccia sulla Madonna; gli Angeli, in vari atteggiamenti e sapientemente distribuiti, gli fanno corona. Tra l’archivolto e il timpano dell’altare, un altro grande dipinto raffigura l’incoronazione della Vergine Maria: in una gloria di luci, due gruppi di angeli musicanti, con liuti e con spartiti di musica, affascinano per la naturalezza delle movenze e la vivacità dell’espressione.
Alle pareti, nelle lunette sopra il cornicione sono raffigurati i quattro evangelisti e, più sotto, i dottori della Chiesa che hanno celebrato le glorie di Maria. Sono S. Efrem, S. Cirillo, S. Ambrogio e S. Benedetto.
Altri spazi sono decorati a stelle su sfondo celeste con frasi della Sacra Scrittura, corone di fiori, arabeschi, che conferiscono all’insieme un “quid” di luminosità e di colorito, che attrae e incanta. Il prof. Pavisa, che è stato coadiuvato dal decoratore fermano, Francesco Moretti, con la sua opera ha creato nel Santuario un’atmosfera di mistica armonia che eleva l’anima alla preghiera.
DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AL SECOLO XXI
Scoppiata la seconda guerra mondiale, il Santuario accorrevano le madri e le spose trepidanti per i loro cari dislocati sui vari fronti di guerra. Come già durante la guerra libica e la prima mondiale, i fedeli venivano a pregare la Vergine per l’incolumità dei soldati d’Italia, in modo particolare per i marinai, esposti alle insidie del mare. La Stella del Mare ascoltava le ansie e i sospiri di tante famiglie in trepidazione per i loro cari. I militari, posti lungo il litorale per vigilare e presidiare, si recavano spesso in visita al Santuario.
All’entrare dell’Italia nella seconda guerra mondiale, un sottufficiale dell’allora 449 coorte San Marco, amante del Santuario, dipinse un quadro, effigiandovi il beato Antonio Grassi, che, era molto devoto di S. Maria a Mare. Campeggia nel primo altare laterale e raffigura il Beato dinanzi all’immagine della Stella del Mare; sullo sfondo il Santuario stesso, e, in lontananza, la città di Fermo. L’opera venne inaugurata l’undici novembre 1940.
Intanto le vicende della guerra portavano il fronte militare sempre più vicino al nostro territorio. Dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, cominciò il transito delle truppe e dei mezzi dell’esercito tedesco verso il nord. Nemmeno un mese più tardi, tali truppe e mezzi ripassavano, dirette al sud verso il fronte, allora in Abruzzo.
Soste di colonne, accampamenti di reparti, occupazioni di stalle e capanne coloniche per il ricovero di centinaia e centinaia di cavalli. Il 10 ottobre, comparsa dell’aviazione alleata e primi scontri con l’aviazione germanica. Dal 12 ottobre, iniziarono i mitragliamenti lungo la costa Adriatica con susseguenti interruzioni della ferrovia, incendi di treni e di autocarri. Un primo militare tedesco veniva seppellito nel vicino cimitero di Porto San Giorgio, il 16 ottobre. Questo Cimitero, nei pressi del Santuario, dall’autunno 1943 all’estate 1944, ha raccolto numerosi caduti appartenenti agli eserciti avversari. Esso custodisce, tra i cipressi ed i fiori dell’umana pietà, le salme di 20 militari tedeschi, 62 polacchi, 11 britannici, affratellati dalla morte.
L’indomani, 17, bombardamento aereo sui reparti germanici, accantonati in abitazioni circostanti al Santuario. Una di queste case rimase illesa: due bombe erano cadute al margine dell’aia provvidenzialmente dietro una coppia di silos da foraggio. I silos funzionarono da difesa e paraschegge, rimanendo squarciati e salvando la numerosa famiglia colonica. Il 19 ottobre, un secondo bombardamento sui ponti dell’Ete. Grosse bombe dirompenti (il cui effetto fu risentito perfino nella lontana Montegiorgio), cadute a decine di metri dal Santuario e dalla canonica, non produssero che danni relativamente lievi.
Fu a seguito di tali azioni, che la chiesa di S. Maria a Mare, pur resistendo mirabilmente alle conseguenze delle deflagrazioni, riportò qualche lesione. Analoghi episodi si susseguirono a decine. Il 19 novembre, nella vicina contrada Camera, una squadriglia di sette apparecchi compiva un’azione di mitragliamento e spezzonamento (dovuto forse ad errore di identificazione, perché mancava qualsiasi obiettivo militare). Coloni, ragazzi e donne delle numerose famiglie mezzadrili, colti di sorpresa, sparsi per le aie ed i campi, mentre accudivano alle incombenze consuete, si salvarono, senza neanche un ferito, dal grandinare delle pallottole e dallo scoppio degli spezzoni.
Il 27 gennaio 1944, proprio presso il Santuario, ben sette grosse bombe venivano lanciate su una casa colonica e scoppiarono nel terreno presso l’aia, aprendo enormi crateri del terreno arato. L’intera famiglia e l’abitazione non subivano danni. Cannoneggiamenti navali, con caduta di numerosi proiettili, nelle zone di Torre di Palme e di S. Maria a Mare, seguirono il 7,8, 9,10,13,19, gennaio, 1,10 febbraio. Nei mesi seguenti, si susseguivano queste sporadiche azioni di fuoco, navali ed aeree; divennero poi così frequenti da non potersi più contare.
In questo periodo ed in questo contesto di alterne vicende belliche, si verificarono nella zona adiacente al Santuario, vari imbarchi notturni dei prigionieri alleati che, liberati e usciti dai campi di concentramento dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si erano rifugiati nelle campagne, aiutati dalle famiglie della zona. Erano però braccati dai tedeschi che minacciavano pene severissime per chi li aiutava. Nonostante ciò, tutti diedero loro rifugio e li aiutarono ad imbarcarsi nottetempo. Venivano prelevati alla foce dell’Ete da sottomarini alleati che li portavano al sicuro, nell’Italia del sud, occupata dalle truppe alleate.
Una bomba, il 29 aprile, piombava sul Santuario, sfiorando il muro dell’abside: non esplose. Il 14 aprile, un proiettile di mitraglia scoppiava tra le gambe di un colono curvo al lavoro agricolo, in mezzo ad altri lavoratori. Il colono rimaneva illeso, solo una ragazza poco lontana riportava piccola ferita da scheggia all’anca. Il 3,18,26,28 maggio 1944 episodi consimili si susseguono alla foce dell’Ete, a Marina Palmense e nei terreni vicini al Santuario. Torre di Palme fu cannoneggiata per rappresaglia da un pezzo di artiglieria tedesco.
Nel mese di giugno, durante la ritirata germanica e l’avanzare delle truppe alleate, fra inevitabili rapine e violenti danneggiamenti, la chiesa di S. Maria a Mare rimase salva dalle distruzioni e depredazioni. E con essa le popolazioni circostanti, martoriate dalla guerra, furono salve dai combattimenti che, invece, si accesero a pochi chilometri sulla linea del fiume Chienti.
Da oltre nove secoli S. Maria a Mare sorride ai suoi fedeli, dal santuario. Nelle persone, l’amore verso la stella del mare, è sempre vivo e palpitante. Il fiume Ete, che da secoli scorre ai suoi piedi, e l’Adriatico che azzurreggia nei pressi, hanno richiami di cielo, di amore, di fede di devozione verso la regina del cielo, S. Maria a Mare! Ave Stella del Mare!
\.\.\.\.
INNO BILIGUE in onore di S. Maria a Mare, scritto dal padre Olindo PASQUALETTI
docente di composizione in lingua latina all’Università Cattolica di Milano

Virginis templum, mare quod Mariae Quel mar che lambe il tempio di Maria
adluit, muros vel osculando, come a baciare le sue mura, dolce
Hadriae dulci comitatur unda d’Adria accompagna con eterno ritmo
murmure dulcens. murmure l’onda.

Nauta fallentis maris atque vitae, Il nocchier del mare torbido e del mondo
et viam quisquis legit aeger, idem e chi la via qui percorre stanco,
semper hoc Sanctae vocat et Mariae da qui la stella di Maria, volgendo
respicit astrum. lo sguardo, invoca.

Semper hanc sacram pius intrat aedem; Qui pio scende ed entra nella chiesa
spem sibi Matrem fovet adfuturam; spera l’aiuto della Madre Santa:
quam Dei Matrem, si nunc eamdem sa che di Dio è Madre, sa che è sua
esse fatetur. tenera madre

Advenae nostris veniunt ab oris Ospiti vengon dai vicini lidi
atque lunginquis peregrina turba; qui, e da lontano pellegrine turbe;
impetrant omnes, paeeunte Christi ottengon grazie: li precorre l’alma
Matre, salutem. Madre di Cristo.

Virginis mater sua non minore Anna, la madre della Vergin, dona
copia plebi parat Anna dona; qui ai devoti i ricchi suoi tesori;
se suae Proli socians piorum asseconda i voti dei fedeli unita
vota secundat. stretta alla Figlia.

Iam fatigamus prece nunc utramque con insistenza supplichiamo entrambe
Filiam fisi satis atque matrem, e figlia e madre, certi che benigno
adplicaturas populi benignam orecchio al grido porgeran del nostro
vocibus aurem. popolo orante

Hoc iter quiasquis teris ante templum Chiunque avanti questo tempio passi
si fatiscentis sacra turris aera se di una torre fatiscente i bronzi
tinniunt, adsta nec “Ave, Maria!” suonano, fermo resta, “Ave Maria!”
hic fuge fari. dir non ti pesi.
\.\.\.\.\.
OMELIA di S: BERNARDO di Chiaravalle su Maria, Stella del Mare
O tu che, nell’ondeggiare delle vicende di questo mondo, più che camminare per terra, hai l’impressione di essere sballottato tra i marosi e le tempeste, non distogliere gli occhi dal fulgore di questa stella se non vuoi essere inghiottito dalle onde.
Se soffiano i venti delle tentazioni, se ti incagli negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria.
Se sei sballottato dai cavalloni della superbia, dell’ambizione, della detrazione, della gelosia, guarda la stella invoca Maria.
Se l’ira o l’avarizia o la concupiscenza della carne sembrano sconquassare la navicella del tuo spirito, guarda Maria.
Se turbato dell’enormità dei tuoi peccati, confuso per la coscienza della tua turpitudine, atterrito al pensiero del tremendo giudizio di Dio, cominci a sentirti risucchiare dal baratro della tristezza, dall’abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nelle angustie, nelle incertezze, pensa a Maria, invoca Maria.
Maria ti sia sempre sulla bocca, sempre nel tuo cuore; e per ottenere l’aiuto della sua preghiera, non cessare di imitarne gli esempi. Seguendo lei, non andrai fuori strada. Pregando lei non ti verrà meno la speranza, pensando a lei non sbaglierai.
Se Maria ti regge, non cadrai; sotto la sua protezione non avrei timore. Se ella ti guida non ti stancherai. Se ella ti è propizia arriverai; e così sperimenterai in te stesso quanto a proposito sia stato detto: “E il nome della Vergine era Maria” Lc 1, 27 (S. Bernardo omelie sulla Madonna, 2,17).
\ DOCUMENTO \ Bolla di Clemente III 10 giugno 1188
“Clemente, servo dei servi di Dio, ai diletti figli Gilberto, priore della chiesa di S. Maria a Mare, e ai suoi confratelli che professano la vita secondo una regola. Ogni volta che a noi si chiede quanto si intuisce che sia conveniente alla religione e alla onestà, è bene che noi lo concediamo con animo ben disposto a dare un aiuto corrispondente ai desideri dei richiedenti.
Per questo motivo, figli diletti nel Signore, aderiamo di buon grado alle vostre giuste richieste, ricalcando le orme del Papa Alessandro, nostro predecessore di felice memoria, e prendiamo sotto la protezione di S. Pietro, sotto la nostra personale, la suddetta chiesa di S. Maria a Mare, nella quale svolgete le vostre spirituali funzioni, e la fortifichiamo con il privilegio contenuto in questo scritto.
Anzitutto stabiliamo che l’ordine canonico, quale si riconosce che è stato istituito secondo Dio e secondo la regola di S. Agostino nella medesima chiesa, sia ivi conservato inviolabilmente e in perpetuo. E inoltre, tutti quei possedimenti, tutti quei beni che la medesima chiesa possiede al presente con diritto e secondo i canoni, o che in futuro potrà acquisire per concessione dei pontefici, per elargizione di re e principi, per offerte dei fedeli o in altri modi offerti al Signore, rimangano a voi e ai vostri successori, in modo stabile e intoccabile, nei termini in cui propriamente abbiamo pensato che debbono essere indicati questi beni: il luogo stesso in cui la suddetta chiesa di S. Ma ria a mare è stata costruita insieme con le sue adiacenze; la chiesa di S. Costanzo con tutte le sue adiacenze; la vigna all’Ete donata gratis da Fermo(ne), la chiesa di S. Flaviano di Capita(na)ta con tutte le adiacenze; la terra e la vigna nella zona di S. Flaviano, grazie al dono del figlio (di) Donato; le terre e vigne che avete vicino alla vostra Chiesa, grazie al dono di Attone Albasio, la terra nella zona di S. Costanzo (…) la chiesa di S. Pietro a Castiglione con tutte le sue adiacenze e la vigna che era già di Toma; la vigna che era di Balduino; le terre e le vigne che avete in Canale, grazie al dono del sacerdote Giacomo, l’oliveto presso Castiglione; l’oliveto che avete vicino alla vigna del suddetto Toma; l’orto e l’oliveto che avete in Dragonari; la chiesa di S. Andrea nel territorio di Castiglione, e la terra che vi ha dato Pietro il muto; il diritto che avete nella chiesa di S. Vittoria nel territorio del medesimo Castiglione; grazie al dono del sopraddetto Attone Albasio; i terreni adiacenti alla stessa chiesa: pascoli, poggi, boscaglie al di qua del fiume Ete; il molino sul medesimo fiume con decorso di acque e un canale fino al mare < … qui ricorrono nomi di luoghi, tra cui Torre di Palme>. Riguardo ai vostri maggesi che lavorate con le proprie mani e con quelle dei dipendenti; e agli allevamenti dei vostri animali, nessuno presuma esigere o estorcere decime o primizie. Sia anche lecito a voi accogliere i chierici secolari, fuggitivi liberi o affrancati per la conversione, e trattenerli senza nessuna contestazione.
Inoltre, proibiamo che a qualcuno dei vostri confratelli, dopo fatta la professione nel medesimo luogo, sia permesso allontanarsi dal medesimo luogo senza licenza del priore, se non in ragione della ristrettezza del luogo . Nessuno osi tenere con sé la persona che si allontana, senza la cauzione di una lettera pubblica. Quando ci fosse un generale interdetto del territorio, a voi sia lecito celebrare i divini uffici a voce bassa, a porte chiuse, durante le scomuniche e interdetti, senza suonare le campane. Siano ufficio del Vescovo diocesano, se sarà cattolico: Il crisma, l’olio santo, le consacrazioni di altari o di basiliche, le ordinazioni sacre dei chierici, i quali dovranno essere avviati ai sacri ordini, qualora lui e manterrà comunione e grazia con la Sede Apostolica, e avrà voluto offrirvi quei servizi gratuitamente senza nessuna malvagità; altrimenti, sia lecito a voi di rivolgervi a qualsiasi prelato cattolico che preferirete, il quale naturalmente con l’appoggio della nostra autorità conceda quanto si chiede. Facciamo divieto inoltre a chiunque di presumere di promulgare contro di voi o la vostra chiesa una sentenza di scomunica o di interdetto, senza un motivo chiaro e ragionevole.
Stabiliamo che sia libera l’ufficiatura funebre di tale luogo, secondo la devozione e l’ultima volontà di coloro che hanno deliberato di essere ivi seppelliti (…). Finché tu sei priore del medesimo territorio, nessun altro sia preposto per via surrettizia, o furbesca, o violenta, se non colui che i fratelli per comune consenso o la maggior parte dei fratelli del consiglio degli anziani abbiano provveduto ad eleggere secondo il timore di Dio e la regola di S. Agostino.
Decretiamo dunque che a nessuno mai sia lecito creare noie alla suddetta chiesa o ai suoi possedimenti, far rapine, o, dopo rubati, tenerli per sé, o ridurli in entità o sottoporli a vessazioni. Ma che tutto sia conservato integro, per la cui amministrazione sono stati concessi privilegi destinati ad essere di giovamento agli usi di ogni genere (…) Se dunque qualche persona ecclesiastica o laica in futuro, conoscendo questa pagina della nostra costituzione, avrà tentato di contravvenire, ammonita per una seconda e una terza volta, se non avrà emendato con una congrua penitenza la colpa commessa, resta priva della dignità del suo posto di potere, e, per divino giudizio, prenda coscienza di essere colpevole di un’iniqua azione, e sia allontanata dalla mensa del divino Corpo e Sangue del nostro Redentore Gesù Cristo, e all’estremo respiro sia sottoposta alla divina vendetta.
A tutti coloro che nel loro posto conservano i loro diritti, sia la pace del nostro signore Gesù Cristo, nella misura in cui percepiranno il frutto delle buone azioni, per trovare il premio della pace eterna davanti al severo giudice. Amen, Amen, Amen. Dato in Laterano per mezzo di Orosio suddiacono di S. Romana Chiesa, cancelliere vicegerente, il IV delle Idi di giugno (= 10 giugno), indizione VI anno 1188. Anno primo del pontificato di Clemente III.

ALCUNI PITTORI MODERNI che hanno operato nel Santuario:

Filippo RICCI (Fermo 1715 – 1795) ha dipinto un quadro armonioso, molto venerato, raffigurante sant’Anna, san Gioacchino, con la figlia Maria. Vi ha trasfuso un mistico senso di intimità della vita domestica della Vergine e della madre.

Ciro PAVISA (Mombaroccio 1890 – Pesaro 1973) uno dei più attivi pittori nelle chiese nelle Marche, a Macerata, Fossombrone, San Leo, Ancona, Roma e altrove, ha profuso a S. Maria a Mare la sua arte, creando capolavori.

Giuseppe CANALI (Ripatransone 1906 – Roma 1997), allievo di Luigi Sciocchetti e di Giuseppe Pauri, a loro volta del pittore tedesco Seitz, di cui si ammirano opere anche a Loreto, nel biennio 1947/48 fece affreschi a S. Maria a Mare, coadiuvato dalla sua allieva Rosanna Lancia. Ha insegnato all’Accademia delle belle arti di Roma.

FONTI DOCUMENTALI
Archivio arcivescovile, Fermo.
Archivio Vaticano, Città del Vaticano.
Archivio di Stato, Fermo.
Biblioteca comunale, Fermo.
Archivio notarile, Fermo.
Biblioteca del Seminario arcivescovile, Fermo.
…\\ Bibliografia essenziale
Strabone, Geografia, Libro V.
Plinio il Vecchio, “Naturalis Historia” Lib. III.
“Cronache della città di Fermo” a cura di G. DE MINICIS (Anton di Nicolò, dal 1176 al 1447; Anonimo dal 1447 al 1557. Firenze 1870.
BORGIA, A. “Cronaca della chiesa Fermana” (dal 1724 al 1758) Quaderni dell’Archivio arciv. di Fermo 2012.
RACCAMADORO, G. “Gratie dispensate dall’immagine della Santissima Vergine Maria a Mare”. Fermo 1667.
RINUCCINI, G. “Il Cappuccino Scozzese”. Fermo 1644.
BRANDIMARTE, A. “Plinio seniore illustrato nella descrizione del Piceno”. Roma 1815.
FILONI, G. – TREBBI, F. “Erezione della chiesa cattedrale di Fermo a Metropolitana” Fermo 1890.
DE MINICIS, R. “Iscrizioni fermane”. Fermo 1897.
CURI COLVANNI, A. ”Fermo dal 1849 al 1860”. Fermo 1898.
ANTICI C. “Vita del beato Antonio Grassi” Roma, 1900.
CICCONI, G. “Memorie storiche del Santuario di S. Maria a Mare”. Fermo 1933.
DANIA, L. VALENTINI, A. “La pittura a Fermo e nel suo circondario”. Fermo 1977.
“Il tributo di riconoscenza alla Vergine Stella del Mare” a cura del Comitato Coordinatore. Fermo 1945.
PRETE, S. ”Fermo” voce nel dizionario Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano 1948.
NEPI, G. “Guida di Fermo”. Fermo 1990.
******************
Il Santuario con la Parrocchia sono officiati dai sacerdoti missionari Padri della Consolata di Torino, fondati di p. Allamano, beatificato nel 1990 da Giovanni Paolo II. Uno di essi è stato docente di composizione in Latino all’Università Cattolica di Milano, è un latinista, premiato in vari concorsi di fama internazionale, il Prof. P. Olindo Pasqualetti. A lui è intitolato il piazzale davanti alla stessa chiesa e all’adiacente abitazione del parroco e dei confratelli missionari.

Orari della Parrocchia
SS. Messe nei giorni feriali ore 7 – 11 – 19
“ “ “ festivi “ 7 – 9 – 11 – 19
Sante Confessioni, sacramento della Riconciliazione ore 9,30-12 e 15,30-19

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