Da CLEMENTE XIV papa 1769-1774 = “Castel Clementino” nuovo Servigliano. Breve biografia dagli studi di Gabriele NEPI

CLEMENTE XIV FONDATORE DI CASTEL CLEMENTINO A SERVIGLIANO. Notizie desunte dagli studi di Gabriele NEPI, “Curiosità Storiche su Fermo e il Fermano”.
Nel febbraio del 1769, a Roma, si riunisce il conclave per l’elezione di un nuovo papa, dato che alcuni giorni prima era morto improvvisamente Papa Clemente XIII. I cardinali entrati in conclave il 15 febbraio 1769, fanno ripetute votazioni per eleggere il nuovo pontefice, per oltre tre mesi. Alla fine, il 19 maggio, viene eletto, con 46 voti su 47, il cardinale Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli.
Era nato il 31 ottobre 1705 a Sant’Arcangelo di Rimini da famiglia marchigiana di Sant’Angelo in Vado. Nella iconografia dei papi è indicato come Clemente XIV “vadense”, cioè da Sant’Angelo in Vado. Quindi nessun dubbio sulla sua marchigianità. Il padre, come detto, era di Sant’Angelo in Vado e si era trasferito a Sant’Arcangelo per esercitarvi la professione di medico. Ben presto Giovanni rimane orfano di padre. Dopo aver compiuto gli studi nei collegi di Urbino e Fano, a 18 anni entra tra i Frati Minori Conventuali, dedicandosi agli studi di filosofia e teologia nei conventi di Fano, Pesaro e Recanati. Forbito oratore e brillante docente, insegna filosofia e teologia a Fano, ad Ascoli Piceno, a Bologna, a Milano.
La sua intelligenza e la profondità della sua dottrina lo distinguono talmente da essere inviato a perfezionarsi a Roma, nel collegio (Università) di S. Bonaventura, di cui, nel 1741, diviene rettore. Papa Benedetto XIV ne apprezza le qualità morali e lo nomina nel 1746 consultore della Congregazione del S. Ufficio. Gli dà, inoltre, prove di alta stima, al punto da considerarlo suo amico e consigliere particolare.
Il 24 settembre 1759, Clemente XIII lo crea Cardinale. Per riconoscenza, il Ganganelli, eletto pontefice vuole assumere il nome di Clemente XIV. (Per inciso ricordiamo che altri papi “Clementi” furono marchigiani: Clemente VIIl nato a Fano, morto nel 1605 e Clemente XI di Urbino morto nel 1721). Clemente XIV segue, nel suo pontificato, l’alto esempio di Benedetto XIV, che considera sempre suo maestro di vita. Il primo proposito del nuovo pontefice, è la riappacificazione della Santa Sede con i governi cattolici. A tale scopo, allaccia rapporti amichevoli coi principi non solo cattolici, ma anche protestanti.
Sopprime le minacce di scomunica (monitori) e si astiene dal pubblicare l’annuale bolla contro gli eretici (In coena Domini). In tale contesto, s’inquadra il fatto della soppressione dei Gesuiti: evento che gli ha poi dato un rilievo particolare nella storia della Chiesa. Il momento era molto grave per il papato, che si trovava a fronteggiare una situazione forse la più difficile della sua storia.
L’opposizione contro il potere ‘temporale’ del governo statale del papa, si concentrava contro i Gesuiti. Gli Stati Europei, soprattutto le corti Borboniche di Madrid, Parigi e Napoli, ne reclamavano la soppressione. Clemente XIII aveva tentato di resistere. Ma la Francia, per protesta, aveva occupato Avignone. Napoli si era impadronita di Benevento e di Pontecorvo, possessi papali.
La Polonia minacciava di ridurre i poteri del Nunzio Apostolico; il Portogallo, uno scisma autonomo. Vienna minacciava leggi persecutorie contro gli ordini religiosi in particolare contro i Gesuiti, che erano già stati cacciati, nel 1767, dalla Spagna, da Napoli, da Pavia e da Piacenza. Venezia fremeva in attesa di vederli espulsi dalla sua Repubblica.
Clemente XIV allora, dopo profonda meditazione e matura riflessione, non senza grande amarezza, in vista del bene supremo della pace della cattolicità, decreta nel 1773 la soppressione di questa congregazione di religiosi, facendo sì che l’ordine di tale soppressione, apparisse venuto da Roma non da altri. Si dice che in tale grave frangente, si è recato a consigliarsi con S. Paolo della Croce, andando personalmente a visitare l’umile religioso per chiedere un giudizio. Viene assicurato e torna in Vaticano molto più lieto. (Cfr. Miscellanea Francescana, anno 1934, p. 60).
Profondamente convinto che per ridare pace e serenità alla Chiesa (dato che i Collegi gesuitici erano in lite quasi ovunque) non c’era altra via che la soppressione, elabora segretamente il breve ‘Dominus ac Redemptor’ che in seguito comunica ai Gesuiti. Il suo operato viene sottoposto a critiche aspre e spesso ingiuste che lo rattristano profondamente. Il Theiner che ha pubblicato i documenti al riguardo, in riferimento a giudizi poco obiettivi, ribadisce il merito di uomo “ grande, puro, senza macchia ed anzi ammirabile non solo nel conclave, ma ben anche e soprattutto nella questione dei Gesuiti, e per tutto il tempo del suo pontificato”.
L’elevata sensibilità artistica lo spinge ad interessarsi all’arte: inizia infatti la raccolta del Museo Clementino in Vaticano e abbellisce Roma; cura le opere di utilità pubblica come, ad esempio, il rinnovo dei porti di Ancona e di Civitavecchia. Ricordiamo, inoltre, che è suo merito la ricostruzione decretata nel 1772 di Servigliano (FM), con un nuovo piano di fabbricazione razionale, di perfezione neoclassica e per allora insuperabile nella disposizione urbanistica. Abbandonato l’antico centro urbano di Servigliano distrutto dalle frane e spopolato, fa costruire il nuovo paese con il progetto affidato a Virgilio Bracci. Gli abitanti in suo onore assieme con la corte romana lo intitolano con il nome di “Castel Clementino”. Poi, all’avvento del regno sabaudo di Vittorio II si torna al nome di Servigliano. Non si può inoltre non rilevare la serietà di costumi irreprensibili, l’innocenza della sua vita e la mansuetudine ammirabile, che ne fanno una persona di altissima umanità.
Muore il 22 settembre del 1774, in seguito all’aggravarsi della malattia, dopo una serena agonia, consolato da S. Alfonso che gli appare e parla con lui delle cose celesti “per consolarlo delle amarezze che gli avevano fatto trangugiare i suoi nemici nel tempo della sua santa vita… e per rallegrare la sua anima, mostrandogli l’aspetto anticipato di Colui del quale egli aveva sì degnamente occupato il posto sulla terra…” (Theiner).
Le spoglie mortali deposte in S. Pietro, vi rimasero fino al 1802 (anche a motivo dell’occupazione napoleonica di Roma) e furono trasportate nella Basilica romana dei Dodici Apostoli, sede della Curia Generalizia dei Francescani Conventuali, dove il Cav. Carlo Giorgi, fece erigere a Colui che aveva apprezzato con tanta sensibilità l’arte, un magnifico mausoleo opera di Antonio Canova, ancora ammirato.

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