DETTI ANTICHI POPOLARI SU INVERNO, PRIMAVERA, ESTATE nella campagna di Servigliano

Inverno, Primavera; Estate: antichi detti sulle stagioni in campagna a Servigliano
= L’INVERNO: il freddo entra nelle ossa, la nebbia acceca; il vento di tramontana ti sospinge; e la neve cade, cade: le case, le strade, i campi, le fratte, gli alberi, tutto diventa bianco. I contadini restano in casa, si scaldano attorno al fuoco. Gli uomini elaborano con i vimini; le donne agucchiano e discorrono. Le vecchie filano e raccontano ai piccoli le favole delle streghe e delle fate. Le notti son tristi e lunghe; i giorni scompaiono e si sospira sempre la primavera.
= LA PRIMAVERA: la terra si mette i panni più belli e sgargianti; i prati cacciano i fiorellini nuovi; ridono i monti, i boschi si ammantano di verde; e gli uccelli tutti si fanno la sposa. La lucertola, al sole, si arrampica su per i muri; e l’ape, gola lesta, va a succhiare il miele. La formica per far provviste viene fuori da casa; e la ranocchia ti dice: “Dove vai, do’ vai?” Le contadine ricominciano a cantare le canzoni: ah! la primavera ti fa allargare il cuore.
= L’ESTATE: Il sole gagliardo screpola la terra; surriscalda le piante, le erbe, i sassi e l’aria. Si muovono lenti i buoi e i cavalli; la mano si stanca pure a tirare la morsa. Il grano, l’avena, la segale, l’orzo son maturi; ribatte la falce il contadino per mietere. Le cicale cantano e quando hanno cantato bene, crepano; le mosche infastidiscono le persone e le bestie. Per il caldo si indossano pantaloni e camicia soltanto; e la cantina, quando si arriva a sera, si riempie.

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