FRA’ MICHELANGELO BOSDARI CAPPUCCINO INFORMA SU SUOR ANGELA BENEDETTA BONGIOVANNI 1715 Serva di Dio

Notizie sulla Serva di Dio Francescana Angela Benedetta Bongiovanni Servigliano 1640 Potenza Picena 1713 Serva di Dio. Lettera di Fra Michelangelo Bosdari generale dei cappuccini. Madrid 1715 a don Silotti

LETTERA DI FRA’ MICHELANGELO SU SUOR ANGELA BENEDETTA BONGIOVANNI diretta al rev. Silotti nel 1715
Molto Illustre molto Reverendo Signor adron Osservantiss
Jesus Maria Joseph
Io confesso a V. S. aver ricevuto due sue lettere, una in Francia mentre stavo in viaggio per Spagna, l’altra in Madrid, ma insieme la prego compatirmi, se non ho potuto risponderle, mentre poco meno che oppresso da innumerabili occupazioni del mio pesantissimo officiò et in continuo moto delle mie faticose visite, non ho momento di respiro et ora lo rubbo per scrivere queste poche righe, trovandomi per viaggio di ritorno a Madrid, per celebrarvi il nostro capitolo, onde per fretta li dico che mi hanno recato somma consolazione le preziose notizie di V. S. datemi circa la gran serva di Dio suor Angela Benedetta la quale piamente, credo, goda in Cielo il premio delle sue virtuose fatiche. Io ebbi veramente seco qualche confidenza procuratami dal sig. Cardinale Cenci, ma non fui suo direttore come suppone per la Communicazione però che qualche volta ebbi o a voce o per lettere (e ciò non fu se non troppo di rado, perché li miei continui viaggi per l’Europa mi privarono di questa consolazione) conobbi in quell’Anima un buon fondo di rade ed eroiche virtù, singolarmente di umiltà, simplicità, pazienza, con un vivo desiderio di disprezzo, di cui il Signore gliene diede buona e durevole occasione, perché non essendo conosciuto il suo spirito (ed essa procurava di nasconderlo) erano le sue operazioni, molte volte, benché forse con buon zelo, o censurate o interpretate in diverso senso e prese talvolta per sciocchezza se non per ipocrisia et ella non mostrò mai, per quanto mi disse, minimo segno di risentimento a chi le dava così bel commodo di immitare il suo Sposo abbietto e sofferente. Circa i doni soprannaturali io posso credere che ne havesse per quanto mi conferì il suddetto sig. Cardinale e Don Giuseppe di cui non mi ricordo il cognome, che fu per lungo tempo Confessore del monastero. Di quello però delle stimmate che V. S. mi accenna, io non mi ne ho alcuna cognizione, come neanche di molti altri che ho letto nell’antecedente sua lettera e benché io sia assai difficile di dar credito a simili grazie, singolarmente in Donne, sapendo quanto siano soggette alle illusioni, sia della fantasia sia del nemico, pure essendo stato in quella grand’Anima un fondo sì massiccio di virtù eroiche constantemente e fedelmente per lungo tempo praticate, danno gran motivo per la credenza di doni anche singolari, che fossero opera del Signore che non fonda la sua casa ‘super Arenam, sed super solidam Petram’ e V.S. sa che le virtù sode e gli effetti buoni sono il migliore segno che autentichi i doni del cielo. Se i fogli ne’ quali essa scrisse la sua vita per commando supremo di sua Eminenza (e io la confortai in vincere la gran repugnanza che vi haveva con il motivo non solo di cieca obbedienza, ma di conoscere li suoi inganni, se vi erano ) la sua Umiltà non li havesse sacrificati al fuoco doppo la morte del sig. Cardinale, credo che in quelli si leggerebbero molte speciali misericordie usate il dal Signore. In confermazione della sua umiltà posso aggiungerle che essendo ritornato da Roma e chiestole ove fossero gli scritti commandati da sua Eminenezza e rispostomi che gli haveva bruciati al fuoco, sgridandola io quasi di ciò, ella mi soggiunse: “ Il sig. Cardinale mi haveva commandato che scrivessi, ma non che dopo la sua morte li conservassi”. Credo che V. S. saprà che l’Anima del sig. Cardinale li comparve doppo la morte (conforme il patto fatto tra loro in vita, supposta la divina volontà) e li disse essere stato un’ora sola nel Purgatorio che gli era paruta un tempo lunghissimo, io cui essa ciò conferì, li domandai se sapeva per qual difetto quell’Anima grande detenuta in quelle Pene, mi rispose che non gliel’havea detto, ma bensì che erano maggiori d’ogni immaginazione.
Devo aggiungere una sola notizia che spetta a me, cioè che mi disse o predisse molti anni prima quell’officio pesantissimo che io allora temeva e ora mi opprime e gli imposi che pregasse Dio mi volesse liberare da questa Croce, et essendone infatti nel Capitolo generale immediato libbero, tornato nella Marca, e passato : “Creda più che mai perché la Croce vi verrà addosso “ e parole simili. Il che purtroppo si verificò che, morto il Generale doppo solo un anno di governo, il Signore caricò le mie spalle con questo peso, sotto il quale geme non meno la mia umanità già quasi consumata, che il mio debolissimo spirito. V. S. mi aiuti con le sue et altrui orazioni, potendo, sì come credo che quell’Anima felice (la quale in vita divideva meco fino ad ogni passo che faceva, come scrisse) non si dimentichi ora in Cielo ove piamente la suppongo.
Non so come la penna sii tanto corsa, benché in tutta fretta. La prego compatirmi mentre con riverirla divotamente mi confermo. D. V. S. Ill.ma Div.mo et obblig.mo servitore fra’ Michelangelo Generale de’ Cappuccini.
Madrid ove ho portato la lettera non havendola potuta finire per viaggio. 20 settembre 1715
Sig. Abbate Silotti \ Fermo

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