Miola Gabriele biblista presenta i SALMI preghiera dell’Alleanza divina

MIOLA Gabriele,    I SALMI

<Nel trascrivere la traduzione del salmi è del 2007: Iahvé = il Signore>

Tra tutti i libri dell’AT. il salterio è quello che la Chiesa mette più di frequente nelle mani dei fedeli. Da sempre infatti, e specialmente dopo la riforma liturgica del concilio Vaticano II, la preghiera ufficiale della Chiesa è ricchissima di preghiere salmodiche.

In questa introduzione alla comprensione dei salmi, toccheremo i seguenti punti: nome, divisione, genere letterario dei salmi. Approfondiremo poi l’origine, il contenuto e il genere dei seguenti gruppi di salmi: gli inni di lode; canti di supplica e di ringraziamento, individuali e collettivi; salmi regali; salmi di Sion e processionali; infine salmi storici e sapienziali. Concluderemo questa trattazione con una breve riflessione sui salmi come preghiera del popolo dell’antica e della nuova alleanza, da « leggere » ormai in Cristo e nella sua Chiesa.

  1. Nome, divisione, genere letterario

L’insieme dei salmi viene indicato nella bibbia ebraica con il nome di sefer tehillim (libro delle lodi o inni), oppure semplicemente con tehillim (lodi, inni, canti). In greco il nome è biblos psalmòn (Lc. 20,42; Atti 1,20) o semplicemente psalmói (Lc. 24,44), da cui il latino e l’italiano libro dei salmi o salmi. Per sé, tanto il nome ebraico come quello greco non rispondono al contenuto del libro, perché le composizioni di cui consta il salterio non sono tutte canti di lode e inni, ma vi sono anche, anzi sono la maggioranza, suppliche e lamentazioni, salmi regali, storici, sapienziali, ecc.

All’interno del salterio — che comprende 150 salmi — si trovano gruppi minori, e questo ci fa capire che l’intero salterio è il risultato di un insieme di collezioni che erano prima indipendenti e che più tardi sono state raccolte insieme. Oggi però è impossibile poter stabilire un criterio con cui determinare come questi canti e preghiere sono stati riuniti insieme.

Salta all’occhio anzitutto una divisione che forma all’interno del salterio cinque gruppi (Sal. 1-41; 42-72; 73-89; 90-106; 107-150), scanditi da un ritornello o meglio da una dossologia, che suona, di poco variata, così:

Sia benedetto il Signore, Dio d’Israele,

da sempre e per sempre. Amen, amen.

(41,14; cf. 71,19;89,52; 106,48; 150,6).

Di questa divisione non si riesce a trovare un motivo né nel contenuto, né nella forma, né nell’autore. Forse è una divisione puramente formale; si è voluto cioè dividere il salterio in cinque libri sul modello della Torah, senza con questo voler porre un rapporto di contenuto o altro con i libri del Pentateuco…,

E’ più facile, invece, rintracciare nell’insieme dei salmi collezioni minori preesistenti, che accostano insieme salmi vicini per contenuto, forma, autore, oppure collezioni liturgiche.

Un lettore attento si accorge presto di una particolarità, dovuta all’uso che si fa nei salmi del nome proprio di Dio, Iahvé, e del nome comune Elohim o El. Nel primo libro (Sal. 3-41) c’è preponderanza del nome Iahvé; nel secondo e parte del terzo (Sal. 42—83) prevale invece nettamente il nome Elohim; nel resto del salterio (84-150), si fa uso quasi esclusivamente del tetragramma sacro IHVH, cioè Iahvéh.

Si è pensato così a due raccoglitori o a due redattori: uno iahvista, che avrebbe raccolto i salmi 2-41.84-150, ed uno elohista, che avrebbe messo insieme la collezione 42-83.

All’interno poi di queste due grandi divisioni troviamo raccolte minori, i In quella elohista troviamo gruppi di salmi che hanno lo stesso autore: il gruppo 42-49 è dei «figli di Qorah »; il 51-71 (eccetto il 66) è di David; il  73-83 è di Asaf. Il che fa supporre che il raccoglitore elohista abbia usato un materiale precedentemente messo insieme.

Un’altra raccolta, che unisce salmi di David, doveva essere indipendente e inaccessibile al raccoglitore elohista: si tratta dei salmi 3-41, quasi tutti  attribuiti a David (eccetto il 33).

Gruppi minori si ritrovano anche nella restante parte iahvista del salterio (84-150): salmi sparsi di David e dei figli di Qorah; il gruppo 93-99, che canta Iahvé come re e giudice; i salmi alleluiatici (104-106; 111-117; 135; 146-150), così chiamati perché in essi ricorre il ritornello « allelu-Ia », cioè « lodate Iahvé »; i cosiddetti « salmi graduali » (120-134), ad uso liturgico, cantati nei pellegrinaggi quando si saliva sui gradini che portavano al tempio e alla città di David.

Un cenno, infine, al genere letterario dei salmi. Individuare il genere letterario di un salmo, coglierne la matrice e la corrente d’origine significa non solo comprendere il salmo in se stesso, ma vederlo in tutta la linea interpretativa, perché spesso è avvenuto che un salmo è stato usato in luoghi e circostanze diverse, in cui è stato sottoposto a riletture, subendo anche dei cambiamenti e degli adattamenti testuali. Questo lavoro è avvenuto specialmente a causa dell’uso che si è fatto dei salmi nel culto. Alcuni salmi sorti come canti e preghiere individuali sono stati poi usati nelle liturgie del tempo: tipico è il caso del salmo 51, sorto come preghiera di un individuo (forse David) che effonde dinanzi a Dio il suo animo pentito, diventa poi preghiera per la liturgia penitenziale collettiva che si svolge nel tempio (cf. vv. 20-21). Così pure alcuni salmi, che inizialmente dovettero essere poemetti e canti in onore del re, composti in occasioni diverse, come per il giorno o l’anniversario dell’intronizzazione o delle nozze, furono interpretati in senso messianico’ e forse subirono riadattamenti e rimaneggiamenti (cf. Sal. 2; 20; 21; 54; ecc.).

Questo del culto è un aspetto molto importante per la comprensione dei salmi. Nel tempio si svolgevano feste e liturgie, che comportavano riti e canti. Alcuni elementi rituali traspaiono anche tra le righe di diversi salmi, come quando si sente l’invito ad inchinarsi, a battere le mani, a procedere per entrare nella casa del Signore, a partecipare al banchetto sacro.

Il culto, inoltre, tende a diventare spesso stabile e fisso nel suo svolgimento. Esso dà quindi un quadro, uno schema entro il quale poi sorgono non solo i gesti rituali, ma anche le espressioni, le preghiere, i canti. Possiamo dire anche che la liturgia crea di per sé il genere letterario. Altro infatti è una liturgia che celebri le opere di Iahvé, come la liturgia pasquale, altro è una liturgia di ringraziamento o una liturgia penitenziale. E proprio perché vuol4 esprimere nel rito l’invisibile, la liturgia si ripete e diventa ricorrente; e questo anche perché ricorrenti sono le situazioni dell’uomo: gioia e lode, gratitudine e ringraziamento, sofferenza e supplica, dolore e penitenza. E allora accadeva che canti o raccolte di canti venivano utilizzati nelle diverse feste e liturgie per gruppi diversi di fedeli (cf. Sal. 106).

Esamineremo nei paragrafi seguenti i singoli generi letterari dei salmi.

  1. I salmi di lode

I salmi di lode sono inni in onore di Iahvé: si celebra l’amore di Dio che salva il suo popolo, la sua grandezza, poiché egli si eleva al di sopra di tutto ed è il Signore di tutto (Sal. 8; 19; 29; 33; 47; 65; 66; 93; 96-99; 100; 104-105; 111; 113; 114; 117; 135; 145-150).

La struttura letteraria di questi salmi è molto semplice: consta di una introduzione, di una parte centrale e di una conclusione.

  1. a) Introduzione: è l’invito a lodare Iahvé, espresso in diverse forme: con un

imperativo rivolto a tutti i presenti o a un gruppo particolare (sacerdoti, leviti, fedeli), o una forma plurale iussiva (« lodino lahvé tutti i suoi servi ») ; spesso l’autore del salmo o chi dirige l’azione liturgica si include tra gli altri, usando una forma esortativa: « lodiamo lahvé, nostro Dio », « loda anima mia, il Signore ». Non di rado, anche gli elementi creati sono invitati a lodare il Signore. Da parte sua, l’uomo esprime la lode con la sua voce, ma anche con strumenti musicali — la cetra, la tromba, il corno — che esprimono più plasticamente i sentimenti del suo cuore. All’invito alla lode, espresso in azione liturgica, rispondeva l’acclamazione del popolo, che si prostrava gridando: « Alleluia! », «lodate lahvé! » (Sal. 33; 113).

Sal. 33, 1-3: Esultate, o giusti, nel Signore; – per gli uomini retti è bella la lode. – Lodate il Signore con la cetra, – con l’arpa a dieci corde a lui cantate. – Cantate al Signore un canto nuovo…

Sal.  113, 1: Alleluia! – Lodate, o servi del Signore; – lodate il nome del Signore.

  1. b) La parte centrale del salmo. Dopo l’invito a lodare Dio, vengono dati i motivi di questa lode, introdotti con una particella esplicativa o causale: lodate il Signore “perché è buono, perché eterna è la sua bontà “ (Sal. 136). Al centro c’è sempre il nome di lahvé, di cui vengono ricordati la gloria e la potenza, l’amore e la giustizia, le grandi opere compiute nel suo popolo e nella natura: la memoria di tali opere è introdotta da un participio attributivo o da una proposizione relativa, che specifica l’azione di Dio; così, per es., nel Sal. 136, che enumera le azioni di Dio nella natura e nella storia a favore di Israele.

Sal. 136, 3-7.10-16: rendete grazie al Signore dei signori, – perché il suo amore è per sempre, – lui solo ha compiuto grandi meraviglie, – … creato i cieli con sapienza, – … ha steso la terra sulle acque, – …  ha fatto le grandi luci, – … ha percosso l’gitto nei suoi primogeniti, – … da quella terra fece uscire Israele, – … divise il mar Rosso in due parti, – …   guidò il suo popolo nel deserto.

  1. c) La conclusione. Il salmo generalmente termina ripetendo l’invito alla lode e si ha così una specie di inclusione; ma il salmo può terminare anche con una preghiera (« la tua grazia sia sopra di noi »), o concludersi « ex abrupto » con i soli motivi di lode.

Esaminiamo ora il contenuto/teologico di questi inni o salmi di lode. Essi ci rivelano l’atteggiamento fondamentale dell’israelita dinanzi a Dio: il pio e tutto il popolo cantano a lahvé la lode per tutto quello che ha fatto. Questo atteggiamento sorge spontaneo in Israele, per l’esperienza che ha avuto di Dio nella propria storia. Grazie alla parola di lahvé, Israele ha potuto intendere il senso di questa storia, il significato dei suoi avvenimenti.

Quel che domina prima di tutto è il concetto di salvezza: questo popolo che si raduna in assemblea, lo fa per proclamare la salvezza operata dal suo Dio. E allora le tappe salienti di questa storia salvifica vengono richiamate alla memoria e si celebra Dio: i patriarchi, Mosè e la salvezza dalla schiavitù, Giosuè e la terra dei padri, David, Gerusalemme e il tempio. Questa storia continuamente richiamata e meditata ha fatto scoprire ad Israele la fedeltà di Dio alle promesse, nonostante l’infedeltà del popolo, e ha messo in luce la sua trascendenza su tutte le cose, lahvé è anzitutto il creatore del suo popolo, e tutto il quadro della creazione cosmica non è che lo sfondo su cui Dio costruisce il popolo eletto e guida tutti i popoli.

Ecco perché l’atteggiamento fondamentale è quello della lode: Israele ha ricevuto tutto da Dio gratuitamente. Si loda Dio per i suoi interventi salvifici nella storia e per le sue opere grandiose nella natura, che è strumento di Dio per la salvezza del suo popolo. E5 dalla storia che Israele arriva a Dio, e attraverso essa si apre a una contemplazione della natura quale opera di Dio e sfondo della propria liberazione (cf. Sai. 104; 136).

3 . I salmi di supplica e di ringraziamento

A questo genere letterario appartiene la maggior parte dei salmi: i primi sono preghiere di impetrazione rivolte al Signore, spesso nel tempio, individualmente o collettivamente, nelle liturgie e nelle feste; i secondi sono canti con cui i singoli e Israele esprimono la propria gratitudine a Dio per i benefici ricevuti. I due aspetti quindi, quello della domanda e quello della gratitudine, vanno ben distinti; ma spesso in questi salmi i due motivi sono intrecciati e confusi. Consideriamo in primo luogo la struttura di queste composizioni.

  1. a) In una prima parte, che funge come da introduzione alla supplica o al ringraziamento, troviamo l’invocazione del nome di Iahvé per impetrare aiuto o per ringraziarlo del suo intervento. In Iahvé è riposta tutta la fede, la forza e la speranza del pio fedele e di tutto Israele: « noi siamo forti nel nome di Iahvé » (cf. 43, 6.9; 54, 3; ecc.).

Differenti sono i modi con cui ci si rivolge a Dio (Sal. 17; 51,3-4). A volte il fedele parla a Dio sollecitandolo arditamente e pone interrogativi chiedendo una risposta di aiuto efficace e immediato (Sal. 7; 13; 35, 23). Chi poi ha già ricevuto aiuto, chi è stato liberato dal male, loda e ringrazia il Signore e invita gli altri a unirsi al suo ringraziamento (Sal. 34, 9; 40, 4; 71,22; 92; 103).

Sal. 17, 1.6.8: Ascolta, Signore la mia giusta causa, – sii attento al mio grido, – porgi orecchi  l’orecchio alla preghiera… – Io ti invoco… – tendi a me l’orecchio e ascolta le mie parole. – Custodiscimi come la pupilla degli occhi; –  all’ombra delle tue ali nascondimi.

Sal. 7, 7: Sorgi, Signore, nella tua ira; – alzati contro la furia dei miei avversari … emetti un giudizio.

Sal. 13, 2-3: Fino a- quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?  – …Fino a quando nell’anima mia addenserò pensieri?

Sal. 92, 2-5: E’ bello rendere grazie al Signore …, – annunciare al mattino il tuo amore …, – perché mi dai gioia, Signore, con le tue meraviglie …

Sal. 103, 2: Benedici il Signore, anima mia; – non dimenticare tutti i suoi benefici.

  1. b) La parte centrale di questi salmi mette in evidenza i motivi della supplica o del rendimento di grazie. Vi troviamo spesso narrato il caso triste da cui il fedele chiede di essere liberato o per cui è venuto a ringraziare dopo essere stato salvato. A volte si tratta di motivazioni generali; i casi particolari più ricorrenti, invece, sono: pericolo di morte, malattia, falsa accusa, oppressione e violenza dei potenti.

A volte colui che è stato colpito dal male considera ciò come una giusta punizione di Dio, riconosce la propria miseria alla luce della santità divina e supplica Iahvé di non guardare i suoi peccati; ma di liberarlo. Altre volte vede il male come non meritato; allora interroga il Signore e prega di essere liberato: Iahvé mostri la sua potenza e la sua fedeltà (Sal. 30,7-9; 41).

41, 12-13: Da questo saprò che tu mi vuoi bene; – se non trionfa su di me il mio nemico. –  Per la mia integrità tu mi sostieni; – e mi fai stare alla tua presenza   per sempre.

  1. c) Nell’ultima parte di questi salmi, i motivi sono pressoché identici. In quelli di impetrazione, il fedele toma a pregare per essere esaudito, promette di seguire la legge del Signore, di ringraziare per sempre, di fare conoscere le opere del Signore in modo che altri si convertano e si uniscano alla lode, in quelli di ringraziamento, il salmista invita i presenti e spesso anche i lontani a conoscere le opere di lahvé e a esaltarlo; altre volte tutta la creazione è invitata in questo slancio di ringraziamento e di lode (Sal. 13; 56; 57,9-10).

Sal. 13, 6:  Ma io nella tua fedeltà ho confidato. – Esulterà il mio cuore nella tua salvezza. – Canterò al Signore, che mi ha beneficato.

Sal. 56, 13-14: Menterrò, o Dio, i voti che ti ho fatto; – ti renderò azioni di grazie, – perché hai liberato la mia vita dalla morte, – … per camminare dinanzi a Dio, – nella luce dei viventi.

Quanto all’ambiente e al contenuto teologico di questi salmi, facciamo alcune brevi considerazioni.

L’ambiente in cui i salmi sono sorti è generalmente quello del tempio. Ciò è vero particolarmente per i salmi di impetrazione e di ringraziamento: è nel tempio che si viene a ringraziare Dio per l’aiuto che ha portato, nel tempio si va a supplicare lahvé perché soccorra; tanto è vero che alcuni salmi appaiono senz’altro come liturgie di ringraziamento, di supplica o penitenziali (si esaminino, ad es., i Sal. 22; 118).

Leggendo questo genere di salmi, quel che più colpisce è la fiducia e l’abbandono, la fede con cui ci si rivolge a lahvé. Di Dio il pio fedele conosce il nome, la fedeltà e la misericordia, che egli ha manifestato in tutte le sue opere. Gli avvenimenti passati sono per l’israelita la piatta¬forma della fede: egli sa che Dio lo ascolterà come ha ascoltato il grido del suo popolo. Con piena confidenza ardisce ricordargli quel che ha compiuto altre volte e quasi ammonirlo perché non si smentisca, non metta a repentaglio la gloria che si è acquistata. La fede proietta l’uomo in Dio e genera la speranza: questa tensione tra domanda e certezza dell’esaudimento, tra fede e speranza, è peculiare della storia e della spiritualità di Israele e la ritroviamo continuamente nella preghiera dei salmi.

Con ciò è connesso un altro aspetto caratteristico di questo genere di salmi: il fedele promette di narrare le opere di lahvé nell’assemblea, perché tutti conoscano le meraviglie che egli opera. Questo fatto è considerato più importante degli stessi sacrifici di ringraziamento, perché esso, più dei riti, rende gloria a Dio, fonda e rafforza la fede e la speranza della comunità. Il fedele si sente unito a tutto il popolo, e sa che il suo rapporto con Dio non prescinde da quello della comunità, perché in essa si è nutrito di fede ed ha conosciuto lahvé: perciò in essa trasmette la sua fede e la sua speranza.

Ricordiamo qui, infine, che anche la comunità ha bisogno di chiedere e di ringraziare: alcuni salmi sono suppliche e azioni di grazie di carattere pubblico, salmi che riguardano tutto il popolo e assumono quindi un significato nazionale. Gli elementi e il quadro di questi salmi sono dati da calamità nazionali, disfatte militari, turbamenti civili; i nemici sono o popoli pagani, gli eserciti avversari e gli stessi israeliti infedeli a lahvé. La preghiera si fa più pressante, mentre il salmista ricorda i grandi interventi di Dio in favore del suo popolo. L’ambiente è quello del tempio, dove il popolo si è riunito per una liturgia penitenziale: l’intervento del

sacerdote o del profeta, che in forma oracolare promette l’aiuto e la protezione di Dio, crea quell’atmosfera sacra in cui il popolo sperimenta di nuovo la presenza protettrice di Dio che salva (cf. Sal. 60; 74; 79; 80; 83; 85; 90; 137; ecc.).

Sal. 83, 2-4.18-19: Dio, non startene muto; – non restare in silenzio e inerte, o Dio. – Vedi: i tuoi nemici sono in tumulto – e quelli che ti odiano alzano la testa. – Contro il tuo popolo tramano congiure, – e cospirano contro i tuoi protetti … – Siano svergognati e tremanti per sempre; – siano confusi e distrutti. – Sappiano che il tuo nome è ” Signore”, – tu solo l’Altissimo su tutta la terra.

4, I salmi regali

I salmi regali formano un piccolo gruppo all’interno del salterio (Sal. 2; 20; 21; 45; 72; 89; 101; 110; 132; 144, 1-11). Sebbene gli elementi formali siano differenti da un salmo all’altro, li unisce tuttavia il contenuto comune, poiché tutti hanno per oggetto il re; oracoli, messaggi profetici, preghiere, promesse divine per il presente e il futuro sono elementi ricorrenti in questi salmi.

Gli elementi molteplici che rientrano in questi salmi sono unificati dal tema fondamentale che è il re, non tanto nella sua persona, ma per quello che rappresenta. La figura del re viene idealizzata e proiettata verso il futuro, verso un tipo ideale che si incarna nel discendente di David. Un elemento importante è quello oracolare. Nel giorno della intronizzazione o in altra occasione (elezione, nozze, impresa militare…), il poeta canta al re il suo poema: riprende i motivi di Natan (2 Sam 7) e traspone sul re davidico caratteristiche della monarchia gebusea, che regnava su Gerusalemme prima di David. Sono chiari questi motivi, per es., nei Sal. 2 e HO (cf. 132, 11-18).

Sal. 2, 6-8: « Io solo ho stabilito il mio sovrano – sul Sion, mio santa montagna »- … «Tu sei mio figlio; – io oggi ti ho generato!  Chiedimi e ti darò  in eredità le genti, – e in tuo dominio le terre più lontane ».

Sal. 110, 1.4: Oracolo del Signore al mio Signore: – «Siedi alla mia destra … – Tu sei sacerdote per sempre, – al modo di Melchìsedek! ».

Gli oracoli esprimono una fede ed hanno un senso augurale; la fede nella promessa di Iahvé e nella s£a fedeltà, l’augurio che la promessa trovi compimento perfetto,

Questo tono augurale, espresso in una preghiera o in un indirizzo di omaggio o in una occasione festiva, lo troviamo particolarmente in altri salmi di intonazione regale: « egli (Iahvé) ti mandi il suo aiuto » (20, 3), «ti sia vicino secondo il tuo cuore» (20,5). Altre volte è il re stesso che prega Iahvé, che donò la vittoria a David suo servo (Sal. 144), o il salmista esprime in modo più affermativo e aderente alle promesse la fiducia del sovrano (Sal. 21).  Nel Sal. 101 — una specie di discorso della corona — il re enuncia il suo programma di fedeltà a Iahvé e alla sua legge. Il Sal. 45, invece, è un epitalamio per il giorno delle nozze del re, e lo si può considerare un canto augurale.

Sal. 144, 7: Stendi dall’alto la tua mano, – scampami e liberami dalle grandi acque, – dalla mano degli stranieri. Cf. v. 10.

Sal. 21, 8: Perché il re confida nel Signore: – per la fedeltà dell’Altissimo non sarà mai scosso.

Sal. 101, 2.6: … Camminerò con cuore innocente, – dentro la mia casa … – I miei occhi sono rivolti ai fedeli del paese, – perché restino accanto a me…

La preghiera, l’augurio per il re, la fedeltà al patto davidico sono tutti elementi che si fondono in una visione escatologica. La discrepanza tra il discendente davidico e il suo regno nella realtà e il discendente e il regno promessi secondo il patto era troppo forte. La speranza messianica alimentata dai profeti si proietta verso il futuro. Il Sai. 72 può essere definito la descrizione del futuro re messianico.

Sal. 72, 2.4.7: Egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia, – i tuoi miseri secondo il diritto. – Ai poveri del popolo renda giustizia, – salvi i figli del misero – e abbatta l’oppressore. – … e abbondi la pace…

Dinanzi ad una realtà profondamente diversa, come quella che si profilò alla caduta di Gerusalemme e della casa davidica, il fedele è scosso da grossi interrogativi. In questa prospettiva bisogna leggere il Sai. 89, che dopo aver. richiamato le promesse di Dio (vv. 20-38), continua chiedendosi: « ma tu ora hai rigettato e ripudiato il tuo unto…, hai rovesciato a terra il suo trono… Dove sono le promesse del tuo amore, Signore? » (vv. 39.45.50). E’ la prova della fede, che però rimane salda, poiché l’onnipotenza e la fedeltà di lahvé non vengono meno: « amore e fedeltà camminano davanti al trono di Dio» (89,15).

  1. I salmi processionali

I salmi di Sion formano un piccolo gruppo (Sal. 48; 76; 84; 87; 122; 137); celebrano Gerusalemme, la città santa, la sede e la dimora dell’Altissimo.

L’ambiente in cui sorgono questi salmi è quello in cui si è sviluppata una teologia su Gerusalemme, città del re, città del tempio, dimora di Dio, centro di raccolta e di unità di tutti i popoli. Queste idee si sono sviluppate sulla base dell’alleanza davidica; poi sono state riprese e inserite nella visione nuova, che i profeti presentavano dell’alleanza sinaitica e davidica, del rapporto di lahvé gol suo popolo, della sua presenza nel tempio, in Gerusalemme, nella discendenza davidica. E come l’alleanza viene proiettata in una visione futura di rinnovamento, così anche Gerusalemme viene vista in una luce nuova. Il punto di partenza di questi salmi è quindi quello della glorificazione di Sion.

Ambiente e circostanze. esterne che li hanno causati sono le feste e le liturgie, che avevano come centro il tempio e la corte, i pellegrinaggi che il popolo faceva una o più “Volte all’anno, mura e costruzioni che difendevano e ornavano la città, e soprattutto la volontà di vedere Gerusalemme rinnovata nella fedeltà e nel culto.

I motivi che troviamo in questo piccolo gruppo di salmi sono vari. In primo luogo vi è la lode per Gerusalemme, città bella, tutta splendente e ben difesa: « dall’aspetto di grande città, con le sue costruzioni aderenti le une alle altre » (Sal. 122, 3); « nei suoi torrioni Dio si rivela una fortezza » (48, 4). « Percorrete Sion — invita il salmista — giratele attorno, contatene le torri! » (48, 13). E i fedeli pensano con nostalgia agli atri e ai cortili del tempio della città (84, 4.5.11).

Questi motivi però sono un fatto esteriore; conta molto di più la fede che Gerusalemme risveglia. Sion è anzitutto la sede di Dio, alla cui presenza salgono le tribù d’Israele (Sal. 122); egli l’ha scelta come sua dimora (Sal. 76; 132), come sua città e suo monte (Sal. 48). lahvé vi domina dal suo tempio e là si rivela a Israele, e i fedeli vi accorrono per contemplare il volto di Dio.

Sal. 122, 4: [Gerusalemme] dove salgono le tribù, – le tribù del Signore – secondo la legge del Signore d’Israele – per lodare il nome del Signore.

Sal. 76, 3: E’ in Salem la sua tenda, – in Sion la sua dimora.

Sal. 132, 13-14: Sì, il Signore ha scelto Sion, – l’ha voluta per sua residenza, –

« Questo sarà il luogo del mio riposo per sempre; – qui risiederò,  perché l’ho voluto! ».

Sal. 48, 2-3: Grande è il Signore e degno di ogni lode – nella città del nostro Dio.- la sua montagna, altura stupenda – è la gioia di tutta la terra. – Il monte Sion, vera dimora divina  – è la capitale del grande re!

Poiché Dio è presente a Gerusalemme, essa è forte e sicura: Iahvé mette a tacere tutte le forze nemiche (cf. 46; 48; 76); egli è suo presidio e baluardo. I profeti, soprattutto Geremia ed Ezechiele, purificheranno questa mentalità, perché esigeranno anzitutto la fede e la coerenza col patto stretto con Dio. E’ inutile appellarsi al tempio e alla città santa, se poi si tradisce l’alleanza. Essi però non negano questa visione della città; anzi, proiettandola nel futuro, quando il popolo e Gerusalemme saranno purificati, l’innalzano e l’ingrandiscono: allora città e tempio saranno il segno di una presenza di Dio più vera, la presenza in mezzo al suo popolo purificato.

Alla luce della predicazione profetica e particolarmente del Deuteroisaia va considerato il Sal. 87, che celebra, in una prospettiva universalistica, il destino di Gerusalemme: la città santa è il centro della salvezza, la patria di tutti, la madre dei popoli; bisogna essere figli di Gerusalemme e là registrati, per poter partecipare alla salvezza che viene da Dio.

Accanto ai salmi di Sion possiamo ricordare i salmi processionali. Un gruppo di salmi (120-134) porta l’iscrizione « sir hamma ‘aldi », che sembra significare « canti delle gradinate » del tempio (come intese s. Girolamo) o « canti di pellegrinaggio ». Si tratterebbe comunque di inni processionali che si cantavano al termine dei pellegrinaggi, quando si salivano le scalinate che portavano dalla valle del Cedron al tempio e a Gerusalemme (cf. Neem. 3, 15; 12, 37). Da notare però che tali salmi, eccetto il 122 e il 132, non accennano affatto a pellegrinaggi e processioni. Forse formavano Ana raccolta usata in queste circostanze, ma senza un tema specifico.

I pellegrinaggi e le feste al tempio e a Gerusalemme (pasqua, Pentecoste, tabernacoli) sono momenti tipici della spiritualità dell’israelita. Già nel periodo tardivo della monarchia, una volta accentrato il culto in Sion, la salita alla città santa era diventato un fatto importante e significativo.

Il ritrovarsi insieme rappresentava un motivo di grande gioia e fede.

L’occhio dell’israelita è rivolto a Gerusalemme e il suo cuore è nel tempio. Con commozione egli sente l’annuncio del pellegrinaggio e decide di partire per la città santa (Sal. 122). Nel tempio egli desidera fermarsi ed abitare, porvi il nido come le rondini e i passeri (Sal. 84). Prima di entrare nel tempio bisogna purificarsi e i pellegrini partecipavano a delle liturgie di purificazione all’ingresso del tempio. Il Sai. 15 può essere considerato una liturgia d’ingresso, in cui alla domanda dei fedeli (v. 1) rispondono i leviti e i sacerdoti (vv. 2-5). I fedeli infine, sentendosi vicini a Iahvé, e purificati, possono affermare: « Tale è la generazione di quanti lo ricercano, di quanti anelano il tuo volto, Dio di Giacobbe » (Sal. 24, 6; cf. 95,6-11).

Sal. 122, 1: Quale gioia quando mi dissero: – «Andremo alla casa del Signore ». –  Giasà i nostri piedi sono fermi – alle tue porte, Gerusalemme!

Sal. 84, 2.4-5: Quanto sono amabili le tue dimore, – Signore degli eserciti. – Anche il passero trova una casa – e la rondine il nido, – dove porre i suoi piccoli   – presso i tuoi altari,  Signore degli eserciti, – mio re e mio Dio. – Beato chi abita nella tua casa; – senza fine canta le tue lodi.

Sal.  15, 1-3:   Signore, chi abiterà nella tua tenda? – Chi dimorerà sulla tua   santa montagna? – Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia – e dice la verità che ha nel cuore, – non sparge calunnie con la sua lingua, – non lancia inulti al suo vicino.

Le feste erano anche occasioni propizie per istruire il popolo (cf. Dt. 31, 10-13); erano anche l’occasione in cui i profeti portavano’ il loro messaggio e richiamavano alla osservanza del patto (cf, Amos, Geremia); essi, inoltre, annunciando i tempi messianici, vedevano salire a Gerusalemme turbe non solo di Israele, ma di tutte le nazioni (cf. Ger. 31, 6; Is. 60; ecc.), per venire a inebriarsi alla luce del vero Dio.

Al momento di partire, il pellegrino si accomiatava dal tempio, dalla città, dai sacerdoti, i quali invocavano su di lui la benedizione di Iahvé (Sal. 134).

Sal. 134, 3:  Il Signore ti benedica da Sion- egli ha fatto  cielo e  terra.

  1. I salmi sapienziali

Sotto questo nome generico raccogliamo diversi tipi di salmi, che non possono essere ridotti ad un unico genere letterario né per gli aspetti formali né per contenuto, ma che pur hanno una linea comune che li lega. Questo filo unitario può essere individuato nella « riflessione sapienziale »: sono salmi che affrontano problemi diversi come la legge, la storia d’Israele, il vero culto, il problema del dolore, della retribuzione, del giusto sofferente.

In alcuni salmi, che possiamo chiamare « storici » perché vi è ampiamente richiamata la storia di Israele, sono evidenti l’impostazione o i richiami sapienziali. Talvolta il salmo si presenta come un « insegnamento », che proferisce « sentenze » e « enigmi antichi » (Sal. 78; 106): si richiama tutta la storia, dai padri fino a David, mettendo in contrapposizione la generosità di Dio verso il suo popolo e l’ingratitudine di questi. Altre volte il salmo, pur presentando gli stessi elementi storici, ha una impostazione innica in cui si proclamavano le opere di Dio (Sal. 105), oppure si sviluppa in una cornice chiaramente liturgica, in cui il discorso storico è riportato direttamente da Dio come ammonizione (Sal. 81). Questi salmi erano una fonte di meditazione e di richiamo alla fede. Anche il Sal. 50 può essere interpretato in chiave sapienziale pur essendo, per linguaggio e per tema di derivazione profetica. Viene affrontato il problema del culto, tante volte trattato dai profeti.

Due salmi riguardano direttamente la legge: il 19 e il 119. Il primo mette insieme due temi, che possono essere considerati strettamente uniti: la legge di Dio che si manifesta nel cosmo, e la legge di Dio come norma di vita data al suo popolo. Potrebbero sembrare due temi lontani tra loro; sono invece vicini nella riflessione sapienziale: la stessa sapienza divina che presiede alle opere della creazione ha trovato dimora in Israele portando come dono la legge (Sal. 19).

Sal. 19, 2-3.8-9: I cieli narrano la gloria di Dio, –  l’opera delle sue mani annuncia ill firmamento. – Il giorno al giorno ne affida il messaggio, – e la notte alla notte ne trasmette notizia … – La legge del Signore è perfetta, – rinfranca l’anima. – La testimonianza del Signore è stabile; – rende saggio il semplice. – I precetti del Signore sono retti; – fanno gioire il cuore …

Se in alcuni salmi c’è quasi una contemplazione distaccata, in altri invece si sente che il problema è vissuto di persona. Questi salmi hanno sempre due parti: nella prima si descrive l’orgoglio e le oppressioni degli empi (10,2.4; 12,3; 14,3; 53,4; 94,6-7); nella seconda si chiede l’intervento di Dio (10, 15; 12, 6), oppure l’autore ironizza sulla presunta sicurezza dell’empio (94, 8-9). In questi salmi l’autore appare turbato per un momento, ma poi riafferma la propria fede. Insieme a lui fanno coro gli umili e i poveri — i poveri di lahvé — che non trovano altra forza e sicurezza che in Dio.

In alcuni salmi l’autore, pur all’oscuro della vera soluzione del male e del dolore, sa anticipare visioni mirabili: egli intuisce che, al di là di ogni caso e di ogni sofferenza, solo in Dio c’è la pace (Sal. 56; 37), la vera liberazione (Sal. 49); la sola cosa che gli preme è di essere col Signore (Sal. 73), « sotto la protezione dell’Altissimo » (91, 1).

Sal.  36, 8-10: Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! –  Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali.- … Tu li disseti al torrente delle tue delizie. – E’ in te è la sorgente della vita; – alla tua luce noi vediamo la luce.

Sal.        37, 7: Sta in silenzio davanti al Signore e spera in lui…

Sal.      49, 16:  Certo,  riscatterà la mia  vita –  mi strapperà dalla mano degli inferi.

Sal.73, 23- 26: Ma io sono sempre con te; – tu mi hai preso per  la mano destra. – Mi guiderai secondo i tuoi disegni, – e poi mi accoglierai nella gloria. – … Con Te non desidero nulla sulla terra. – Vengono meno la mia carne e il mio cuore; – ma Dio è  roccia del mio cuore e mia parte per sempre.

  1. I salmi, preghiera d’Israele e della Chiesa

I salmi, come abbiamo visto, sono sorti all’interno della storia di Israele e sono in essa radicati. E’ impossibile comprendere i salmi prescindendo dalla storia del popolo eletto. Non nel senso di una conoscenza a carattere tecnico-scientifico, ma à quel livello che è capace di farci gettare uno sguardo di insieme sul piano di Dio e sulla storia della rivelazione, fino al centro di tutto, Cristo.

Nei salmi infatti non si tratta dì una preghiera che parta anzitutto dalle necessità dell’uomo, né dal suo sforzo di elevazione a Dio; ma di una preghiera che ha come quadro il piano stesso di Dio che si svolge nella storia. I salmi dunque sono l’espressione orante dell’anima di Israele che contempla la storia della sua salvezza.

Gesù, che è venuto a compiere la legge e i profeti, cioè la storia di Israele, ha fatto sua la preghiera dei salmi e li ha spiegati ai discepoli perché essi parlavano di lui. Per questo anche noi dobbiamo fare nostra la preghiera dei salmi, come preghiera della storia della nostra salvezza, rischiarata dalla luce di Cristo.

I salmi ci chiedono anzitutto uno spirito di contemplazione che penetra nel piano di Dio per mezzo di Cristo e lo vede realizzato in lui e nella sua Chiesa. Allora acquistano sapore e significato i salmi storici, quelli regali e quelli di Sion; diventa preghiera nostra il travaglio dell’animo di Israele e ci sentiremo immersi nella vita del povero di lahvé che implora con fede l’intervento di Dio e uniremo il nostro canto a quello del salmista che celebra le meraviglie che Dio ha profuso nella creazione.

GABRIELE MIOLA

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