Gioia Maria di Casette d’Ete venerabile esempio di santità nelle preghiere eucaristiche personali e nel cenacolo della Gioventù femminile d’Azione Cattolica. Notizie di Gabriele Miola e Igino Marcelli

MARIA GIOIA venerabile serva di Dio

MIOLA Gabriele e Igino MARCELLI scrivono la  Prefazione al Diario di Marietta Gioia

Pubblichiamo di nuovo il «Diario di Marietta Gioia ». Era stato pubblicato già nel 1973 da Guido A. Piergallina nel volume « Marietta Gioia e il suo diario », ma siamo spinti a ripubblicarlo poiché il 31 luglio 1981 la S. Congregazione per le cause dei Santi emetteva il decreto per la apertura del processo diocesano sulla vita e le virtù di Marietta Gioia. L’Arcivescovo Bellucci apriva il processo il 12 dicembre 1981 e, in una grande convocazione ecclesiale al duomo di Fermo il 17 ottobre 1982, presentava alla Diocesi, e particolarmente alla gioventù, le due figure di ragazze: Marietta Gioia e Renata Carboni.

Premettiamo al suo diario alcuni cenni biografici, che aiutano a capire quanto ella scrive nel suo diario, che abbraccia solo gli ultimi cinque anni della sua vita.

Marietta Gioia è nata a Casette d’Ete in Comune di Sant’Elpidio a Mare il 23 settembre 1904. Il babbo si chiamava Raffaele e la mamma Laura Bracalente. La famiglia era modesta, ma non proprio povera, godeva di un certo benessere tanto da poter mandare Marietta alle scuole superiori. Soprattutto era una famiglia di fermi principi e forti tradizioni religiose. La famiglia fu allietata da altri due figli, nati a distanza di due anni l’uno dall’altro: Amalia nel 1906 e Vincenzo nel 1908.

All’inizio del secolo l’ambiente di Casette d’Ete era molto modesto; il nome stesso della frazione Casette richiamava e sottolineava la piccolezza e la povertà del luogo. Religiosamente Casette non aveva l’assistenza di un parroco locale; non c’era una chiesa; la popolazione faceva capo al paese, distante cinque chilometri. Soltanto nel 1926 vi fu costruita una chiesina con annessa una canonica.

Casette si trova a ridosso di una catena di colline che dal mare si alzano verso Sant’Elpidio; il territorio si apre sulla valle del Chienti e ha un clima costantemente umido. All’inizio del secolo quando la tubercolosi non era stata vinta, quell’ambiente e quelle casette piccole, basse, piene di umidità erano il terreno più propizio per lo sviluppo di quel male che stroncava tante vite.

Seguiamo Marietta attraverso i vari periodi scolastici sottolineando gli avvenimenti più importanti della sua vita.

Prima ancora che cominciasse la scuola Marietta perdette la mamma Laura, che morì il 9 giugno 1910. Marietta ne fu fortemente segnata e ricorderà spesso la mamma nelle lettere e nel diario. Il babbo Raffaele affidò la figlioletta Amalia, di quattro anni, alla famiglia del cognato Giovanni Orsili e tenne con sé Marietta di sei anni e Vincenzino di due: Marietta fece così da piccola mamma al fratellino.

L’arco delle scuole elementari va dal 1910 al 1916: frequentò i primi tre anni in una pluriclasse a Casette d’Ete; finita la terza elementare dovette fermarsi un anno e solo nel 1914 -16 poté finire le elementari a Sant’Elpidio a Mare rimanendo ospite presso la signorina Maria Palmili.

Nel 1915 insieme con il fratellino e la sorellina, rispettivamente di sette e nove anni, il 23 maggio, nella chiesa Collegiata di Sant’Elpidio, fece la prima Comunione. Lei aveva undici anni e questo giorno rimase indelebile nella sua vita: poca fu la festa esterna, anche perché era iniziata la prima guerra mondiale e l’Italia era scesa da poco in campo contro l’Austria, ma grande fu la letizia di questo giorno.

Nel 1916 entrò nel collegio delle Benedettine di Sant’Elpidio a Mare e vi rimase per tre anni fino al 1919. Nel clima severo e gioioso, di disciplina e di allegria, di sentita religiosità e di forte educazione civile, Marietta ricevette un’ottima educazione e frequentò la scuola, che oggi chiamiamo la scuola dell’obbligo o media inferiore per prepararsi alle Superiori. I professori di allora e le Suore le rendono una bella testimonianza: « era la più brava tra le più brave ».

Nel 1919 il babbo Raffaele mise Marietta presso le suore Domenicane di S. Caterina a Ripatransone perché frequentasse la scuola magistrale; mise la sorella Amalia nel collegio delle suore dell’Addolorata a Potenza Picena mentre Vincenzino lo tenne con sé. In questa situazione, le figliole ormai grandicelle, il padre, rimasto solo con il piccolo Vincenzino di undici anni, decise di passare in seconde nozze con Maria Arcangeli, che gli dette due figli, Laura nel 1920 e Raffaele nel 1923, e fu buona seconda mamma per i figli della defunta Laura, cioè Marietta, Amalia e Vincenzino.

Marietta rimase a Ripatransone per le magistrali dal 1919 al 1923 ritornando per le vacanze e per qualche rara occasione a Casette. Furono anni proficui di formazione e di studio.

Alla fine delle vacanze del ‘921, nel settembre, si ammalò di tifo e ne scampò dopo più di due mesi di letto in grave situazione, passò un mese senza parola, si riprese a stento e dovette lasciare la scuola fino all’anno dopo, cioè nell’ottobre del ’922. Intanto nell’agosto si ammalò il padre e morì il 26 agosto di quel difficile 1922. Rimanevano così completamente soli Marietta, Amalia e Vincenzino; la vedova Maria rimaneva con la figlioletta Laura di due anni e incinta di un secondo figlio che vedrà la luce nel gennaio del 1923. In questa situazione il cognato del babbo, Giovanni Orsili, divenne tutore di Marietta, di Amalia e di Vincenzino.

Marietta veniva temprata dalla sofferenza, ma intanto riprendeva gli studi a Ripatransone e sì diplomava maestra a pieni voti senza esami il 26 giugno del 1923. Lo studio la impegnò molto: spesso nelle lettere di questo periodo, scritte specialmente alla sorella Amalia, ricorda la fatica dello studio e i professori molto esigenti. Ma è serena, trova pace nella preghiera, fiducia nel Signore, sicurezza nei propositi.

Giovane diplomata maestra Marietta torna a Casette, ma la prova e la croce vengono ancora a bussare alla sua porta: un mese dopo si ammala la sorella Amalia e muore il 3 agosto 1923.

Legata da profondo affetto alla sorella, con cui s’era scambiata una fitta corrispondenza durante gli anni degli studi magistrali, Marietta superò lo strazio con la preghiera e nella fede. Perduta la sorella, Marietta si fece coraggio e riprese gli studi per prepararsi al concorso magistrale e prendeva lezioni di latino a Sant’Elpidio.

Nell’estate di quest’anno 1924, conosciuto un giovane dì Rortocivitanova, sì fidanzò. Si frequentarono per dieci mesi, ma i due erano tanto lontani l’una dall’altro, tanto religiosa e praticante Marietta quanto religiosamente indifferente il ragazzo, tanto fine e paziente lei quanto rozzo e istintivo lui. Il fidanzamento durò una decina di mesi e, quando ormai si cominciava a parlare di matrimonio, Marietta ruppe ogni relazione e quel 25 giugno 1925 fu per lei un giorno di libertà, di cui parla nel suo diario e di cui ringraziò grandemente il Signore.

Nel 1926 e precisamente il 7 febbraio cominciò a scrivere il suo diario. Fino a questo momento i suoi dati e soprattutto la sua evoluzione psicologica, i suoi sentimenti e stati d’animo ci sono noti dalla sua corrispondenza e dalle testimonianze di quanti la conobbero; da questa data si può seguire più da vicino la sua vita, la sua crescita umana e religiosa, le fasi della sua sofferenza e della vita offerta al Signore. Iniziò a scrivere il diario per poter meglio guardare dentro se stessa « servendomi ciò », scrive, « per farmi meglio comprendere me stessa » e seguire il suo ideale che esprimeva nel motto latino usque in finem (fino alla fine); queste parole le si andranno chiarendo man mano che maturerà e significherà fino alla fine dell’offerta di sé al Signore. Il suo padre spirituale, don Ottavio Svampa, la sosterrà e le consiglierà di essere perseverante nell’annotare tutto sul suo diario: aveva intuito che in quella vita c’era un tesoro che non doveva essere perduto, quel diario poteva essere una grazia del Signore per tanti giovani; e fu vero profeta.

Intanto a Casette c’era una importante novità. Il parroco di Sant’Elpidio e l’Arcivescovo di Fermo (tanto pregato da Maria Gioia), che sentivano l’urgenza di un’assistenza religiosa per la popolazione di quella frazione, avevano portato a termine il progetto di una chiesina che fu inaugurata il 14 giugno 1926 e nominato rettore della medesima don Michele Antonini.

Non fu eretta a parrocchia, ma a cappellania, intanto però don Michele risiedeva a Casette e vi cominciò la sua azione pastorale. Egli vi rimase per sei mesi e nel dicembre dello stesso anno venne nominato rettore don Virgio Martinucci. Vi lavorò per tre anni fino a che vi fu sostituito da don Luigi Zega. Marietta fu entusiasta di questo fatto, di poter avere un sacerdote a Casette e lei rispose generosamente all’impegno pastorale dei sacerdoti. Dietro consiglio di don Michele, Marietta fondò il primo Circolo femminile di Azione Cattolica e diede, come sede, una stanza a pian terreno della sua casa. Fu la prima presidente del Circolo e sentì questo incarico come una missione: riuniva le ragazze per momenti di formazione, di lavoro, di allegria, le seguiva una ad una con profondo senso di amicizia e di gioia cristiana.

Intanto ebbe occasione di fare qualche supplenza alle elementari e si affezionò moltissimo ai ragazzini. Ebbe più volte occasione di fidanzarsi di nuovo, ma non volle, sentiva che dentro di sé maturava qualcosa di nuovo. Studiava intanto intensamente per prepararsi al concorso magistrale ad Ascoli Piceno; sostenne gli esami il 10 luglio 1927, ma l’esito fu negativo. Ne fu rattristata, ma si riprese subito. Lavorò più intensamente al circolo di Azione Cattolica sotto la direzione di don Virgio, alternando momenti di entusiasmo e di abbattimento secondo la corrispondenza più o meno generosa ed assidua delle “circoline”. Andavano maturando in lei intanto i primi segni di una vocazione religiosa, ci pensava di giorno, la sognava di notte. Aveva presentato domanda di essere ammessa tra le probande alle suore Benedettine di Empoli. Stava progettando con don Virgio di fare visita a questo monastero, ma il Signore le stava preparando ben altro progetto.

L’ultimo periodo della sua vita va dall’estate 1928 al marzo 1931: è il periodo della sua malattia. Il diario in questo periodo si fa più fitto, scrive quasi ogni giorno qualche pensiero e si può seguire dalle sue pagine l’evolversi del male, ma soprattutto la sua consapevolezza e l’eroismo con cui affronta questi giorni di morte, ma radiosi per la lucidità con cui si sa unire al Signore sofferente e sa offrire se stessa per il bene di tutti.

Il male cominciò a manifestarsi nel luglio del 1928 con una profonda spossatezza; passò una visita in Ancona da specialisti e lei stessa ne dà la risposta nel suo diario scrivendo: « il mio polmone destro è affetto in basso da vecchia pleurite; il sinistro fa sentire dei rantoli . . . E’ necessaria una cura d’aria». (31 agosto 1928).

Per poter godere di aria più pura andò a Montemonaco, che si trova a circa mille metri di altitudine. Vi si fermò un anno circa, ma ritornando ogni tanto a Casette. In questo periodo Marietta va maturando la sua vocazione alla vita religiosa e prega per questo, ma intuisce che il suo male potrebbe essere l’inizio di quella malattia che aveva stroncato le vite della madre, del padre, della sorella Amalia. La prova venne non molto tempo dopo poiché nel luglio del 1929 ebbe una emottisi. In quei giorni nel diario scrive: « Dio mio. . . cadono le illusioni. . . la realtà è cruda. . . Dio mio, dammi forza, non potrò essere la tua sposa in vita, possa esserlo almeno in cielo» (26 luglio 1929).

Tornata da Montemonaco, sempre per poter trovare un ambiente più salubre di quello di Casette, aveva trovato una pensione a Montegranaro da dove poteva tornare più spesso a casa e soprattutto poteva seguire più da vicino le ragazze del Circolo di Azione Cattolica. In questo periodo scrive tante lettere alle sue ragazze piene di incoraggiamento, di indicazioni preziose, di richiami alla generosità. Non potendo intanto realizzare il suo sogno di entrare nella vita religiosa emetteva nelle mani del suo padre spirituale don Ottavio Svampa il voto temporaneo di verginità e di vita consacrata al Signore.

Si ammalò anche il fratello Vincenzino che dovette passare più di tre mesi al sanatorio di Imola. Tornò a Casette il giorno della festa dell’Immacolata, ma ormai era in condizioni disperate.

Marietta, per stare vicino al fratello, prese una casa a Sant’Elpidio dove si trasferirono lei e Vincenzino. Stettero insieme due mesi, Vincenzino morì il 21 febbraio 1931 e quindici giorni dopo chiudeva la sua vita anche Marietta, il 7 marzo.

Il diario di quest’ultimo periodo rivela tutta la ricchezza dell’anima di Marietta, che consapevole del suo male, sa offrire se stessa al Signore per le sue ragazze del circolo, per la Chiesa e le Missioni e anela a quell’unione per cui il Signore l’aveva preparata e purificata attraverso tante prove perché fosse pronta per il cielo e rifulgesse la sua vita santa.

Nel pubblicare il diario di Marietta ci auguriamo che tutti i parrocchiani di Casette d’Ete, ma anche quanti avranno la grazia di leggere queste pagine, scoprano i valori fondamentali della vita e della fede.

 

Perché l’elenco delle persone che hanno ottenuto favori da Dio, per intercessione di questa serva di Dio, possa crescere, esortiamo alla preghiera profonda e costante, in forma privata; esortiamo all’imitazione delle sue virtù, ad avere un grande amore per la Chiesa e tanta disponibilità nel servizio della comunità.

Don Gabriele Miola, vicario generale – don Igino Marcelli, parroco

 

MIOLA Gabriele

PREFAZIONE al volume di Giuseppe Cecarini “La venerabile Marietta Gioia (1904-1931) “ Fermo 1979

Terminato il processo diocesano su la vita e le virtù di Maria Gioia e trasmessi gli atti alla Congregazione per le cause dei Santi, don Giuseppe Cecarini, che del processo diocesano è stato segretario, ha scritto questo schizzo della vita di Maria Gioia; il suo intento è quello di far conoscere sempre di più questa giovane, che tutti noi ammiriamo come « serva di Dio » e che desideriamo vedere glorificata e ufficialmente indicata dalla Chiesa come modello di vita cristiana.

Mentre leggevo queste pagine, riandavo con la mente al « Diario di Maria Gioia », che fu ristampato due anni fa a Fermo e per cui scrissi una prefazione. La figura di Maria Gioia, che in famiglia e le sue amiche chiamavano Marietta, è affascinante per la semplicità e profondità cristiana della sua vita. Quasi anticipando quanto il lettore troverà in queste pagine, mi piace sottolineare alcuni aspetti esaltati dall’autore di questo schizzo:

— La semplicità della vita: Maria Gioia ha conosciuto le piccole gioie della vita quotidiana e le durezze del dolore che attraversa la vita di ogni famiglia: gli affetti familiari, la spensieratezza dei giuoco, la festa della Prima Comunione, le amicizie del periodo della scuola, l’impegno dei compiti e dello studio; ma anche il dolore delle incomprensioni e soprattutto della morte, che ha visitato così spesso e duramente la sua casa.

_ la sapienza di Dio: la sua vita semplice è stata illuminata da una « sapienza », che dava gusto e sapore a tutte le cose, piccole e grandi, quella sapienza che Dio pone in un cuore aperto e pronto, docile alla sua voce. Il suo punto di riferimento era il Signore e sapeva vagliare tutto alla sua luce, sapeva offrire a Dio tutto, le gioie e le sofferenze, sempre piena di fiducia e di ottimismo, memore dell’esortazione di S. Paolo: « offrite i vostri corpi (cioè la vostra vita quotidiana concreta) come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: questo è il vostro culto spirituale» (Rom. 12,1). E’ sintomatico che nel suo Diario ricorra spesso, scritta in lettere maiuscole, la parola FIAT: SIA FATTA, (la tua volontà); in lei la preghiera insegnataci da Gesù diventava vita.

— la maturazione di un progetto di vita, cui Maria aveva posto mente e cuore. Conseguito il titolo di maestra, guardava al domani. Come si vedeva: fidanzata, sposa, madre? oppure in una vita consacrata nella carità e nella verginità per servire più liberamente il Signore e la gente? A 20 anni fu fidanzata per un anno circa ma poi andò maturando la sua vocazione religiosa e solo la malattia le impedì di raggiungere il suo sogno. E’ un richiamo importante per oggi: ogni giovane e ogni ragazza cristiani dovrebbero porsi il problema, conoscere veramente sia la via della famiglia sia la via della vita religiosa, maturare un progetto e scegliere con cognizione, senza superficialità e senza lasciarsi guidare da pregiudizi.

— il senso- della missionarietà: Marietta aveva capito che la vita cristiana comporta testimonianza e annuncio della fede e per questo si prodigò nell’associazione di Azione Cattolica e nel tenere i contatti con tante compagne anche per lettera e, malata, fece del suo letto un luogo di apostolato.

Queste pagine di don Giuseppe Cecarini faranno scoprire questi valori semplici e profondi vissuti con intensità da Marietta, faranno scoprire che la santità è vocazione per ogni cristiano, faranno sorgere il desiderio di conoscere più da vicino Marietta e di leggere il suo diario.

L’augurio che ci facciamo tutti è che il Signore glorifichi la sua « piccola serva » e che per intercessione di lei faccia fiorire in Diocesi giovani vite forti nella semplicità del quotidiano vivere, ricche di progetti di carità e consacrate all’amore di Dio e degli uomini.

Don GABRIELE MIOLA vicario generale

PREGHIERA da recitarsi solo in forma privata

«Signore, glorifica qui in terra la tua serva fedele Marietta Gioia e concedi a noi, per sua intercessione, la grazia che ti chiediamo. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Amen».

 

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