MIOLA Gabriele fa recensione del libro di Edoardo Scognamiglio, ” Catholica. Cum Ecclesia et cum mundo” 2005 in FIRMANA anno 2005 nn. 35-36

FIRMANA Rivista dell’Istituto Teologico di Fermo fondata da Gabriele Miola n.  35/36 anno 2005 Il biblista Gabriele Miola fa recensione del libro che riferisce al Regno

EDOARDO SCOGNAMIGLIO, CATHOLICA.CUM ECCLESIA ET CUM MUNDO, ED. MESSAGGERO PADOVA 2004, PAGG.406.

Catholica è una delle quattro note della Chiesa inserite nel credo: “credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica”. Nei trattati di ecclesiologia si dedica sempre una riflessione sul senso delle quattro caratteristiche che determinano l’essere della Chiesa. L’autore del saggio pensa che in essi viene riservato poco spazio alla nota della cattolicità e ne affronta lo studio in maniera ampia in questo volume. Le quattro note sono inclusive nel senso che si richiamano a vicenda e l’una non sta senza l’altra: il saggio si presenta come una rilettura del trattato sulla Chiesa e del suo rapporto col mondo alla luce della nota catholica.

Il libro si sviluppa in tre ampi capitoli. Il primo porta il titolo: Quale cattolicità? Partendo dal senso comune del termine cattolico come universale, l’autore precisa che fa parte della Chiesa la sua “vocazione cattolica”, cioè di sguardo e di apertura all’universale inteso non nel senso della globalizzazione moderna, che si ferma all’esigenza di una economia globale aperta e interdipendente, ma nel senso del dialogo, che è esigenza connaturata nell’uomo, che può e deve aprirsi a tutti i popoli con le loro diverse culture. Esaminate le difficoltà del dialogo nella mentalità del mondo moderno, l’autore si ferma ad analizzare le caratteristiche del vero dialogo, che può portare alla pace, di cui la Chiesa proprio in quanto cattolica nel piano di Dio è simbolo. Il dialogo che la cattolica porta avanti ha una radice trascendente perché è basato sul mistero dell’incarnazione e il dialogo trinitario. Il Verbo di Dio che entra nel mondo e costituisce la Chiesa suo corpo la rende capace di riconoscere la presenza del logos e le tracce dell’amore trinitario nell’uomo e nelle culture. La legge del dialogo, scrive l’autore, è il silenzio e l’ascolto: “dove c’è l’ascolto viene meno ogni forma di violenza, di prevalenza sull’Altro. La Chiesa, prima ancora di venire a dialogo con il mondo in cui si trova a vivere e di farsi parola, messaggio, colloquio, deve imparare ad ascoltare la voce dell’uomo e la voce di Dio. Il futuro dell’uomo è nel silenzio e non nella parola prevaricatrice” (pag. 30).

L’autore, frate minore conventuale, vede realizzata la capacità di dialogo, che il Dio trinitario ha donato alla Chiesa, nella figura e nella pratica di Francesco: fratello minore di tutti, che nell’ascolto sa immedesimarsi nell’altro, accoglierlo, testimoniargli il perdono di Dio e stabilire quindi la comunione e la pace, come frutto del perdono. A proposito scrive: “A tutto questo deve tendere il nostro essere ecclesiale: alla riconciliazione cattolica, cioè universale, tra tutti i popoli della terra. E vera quella cattolicità che dona il perdono … Nel suo significato più ampio, la cattolicità indica la chiamata di tutti i popoli alla salvezza nell’orizzonte dell’unità e della pace universale.” (pag. 42). A questo punto l’autore si pone la domanda: chi appartiene alla catholica? E, riprese le distinzioni sull’appartenenza alla Chiesa della LG 14, sottolineata la differenza tra il senso intensivo e integrale del termine cattolico e quello estensivo di universale, cioè chiamata alla missione verso tutti i popoli, che pure in qualche modo appartengono o sono ordinati alla Chiesa, scrive: “La cattolicità dell’unica Chiesa di Cristo non ha semplicemente un’estensione geografica e un’intensità giuridica, né solo un significato dogmatico e antropologico-esistenziale, ma soprattutto simbolico. Se è vero che ogni uomo -a prescindere dalla sua consapevolezza- è ordinato e orientato al popolo di Dio…la cattolicità ha un valore simbolico di unione, distinzione e partecipazione-comunione con il mistero del Padre rivelato in Cristo per mezzo dello Spirito. Questa simbolicità della cattolicità è di ogni Chiesa, di tutte le chiese, delle comunità che celebrano l’eucaristia come di quelle che professano la stessa fede e vivono del medesimo battesimo. Ogni uomo che ha compiuto una decisione per Gesù Cristo è cattolico! Per la catholica, nessun uomo è straniero” (pag. 53).

È questo il problema del rapporto tra Chiesa visibile e Chiesa invisibile: “La «Chiesa della grazia» permette d’avere una visione più aperta della cattolicità in quanto dono di Cristo e dello Spirito: nell’aggregatio fidelium rientrano anche coloro la cui fede implicita è nota solo a Dio. Per cui, secondo il genio di Tommaso, più che affermare «extra Ecclesiam nulla salus» è giusto dire «extra fidem nulla salus». Per un senso estensivo della cattolicità dev’essere in primo piano non l’ecclesia in sé e per sé, ma la fede implicita nella salvezza. La cattolicità, prima ancora di essere una nota ecclesiologica -per un certo tempo a carattere apologetico- è una realtà cristologica e pneumatica, cioè trinitaria” (pag. 55-56).

Il secondo paragrafo del primo capitolo è dedicato allo sviluppo e alla comprensione nella storia della Chiesa del termine: cattolico. Precisato che non c’è un uso biblico del termine, l’autore passa ad esaminarne i diversi significati negli scrittori classici e poi all’uso che se ne fa nei padri della Chiesa. Ignazio d’Antiochia lo usa per indicare l’unità del corpo ecclesiale contro le serpeggianti e disgreganti eresie cristologiche, un’unità testimoniata da Ignazio con il martirio, che diventa segno di coesione per tutte le chiese locali alle quali Ignazio si rivolge, un segno che esprime l’unità delle comunità intorno all’eucaristia come intorno al martire. In Ireneo “cattolica” indica l’universalità dell’unica Chiesa e il significato rimane in Tertulliano, Cipriano ecc.; con le eresie trinitarie e cristologiche cattolico esprimerà nel quinto secolo l’aspetto dell’universalità e dell’ortodossia: Vincenzo di Lerino affermerà “ciò che dovunque, ciò che sempre, ciò che da tutti è stato creduto, questo è veramente e propriamente cattolico”. Nel cammino della storia, già a partire dal VI secolo, s’incontrano, si scontrano e s’intrecciano il potere civile e quello dei vescovi; Roma, anche nel confronto con la Chiesa d’Oriente, tende a proporsi come coordinatrice della cristianità; in occidente nel medioevo i vescovi e il papa acquistano poteri sempre più vasti e con Gregorio VII la Chiesa di Roma diventa il vertice indiscusso della Chiesa cattolica fino a coincidere, con Innocenzo III, l’espressione Chiesa cattolica e Chiesa romana. Scrive Scognamiglio: “Il papa era l’unico titolare della suprema potestà universale di giurisdizione della Chiesa intera…Di conseguenza, il papa, pur vincolato dalla legge divina e alla costituzione divina della Chiesa, aveva piena libertà di manovra nel corpo ecclesiale; era diventato, in un certo senso, il monarca della Chiesa. Secondo questa prospettiva, la nota della cattolicità della Chiesa sfocia nell’assolutismo…” (pag. 112). Questo porta l’autore a precisare il significato di cattolicità e indefettibilità della Chiesa nello sviluppo della teologia fino alle soglie del Vaticano II.

Il secondo capitolo è intitolato: Immaginare la Chiesa cattolica. Volutamente usa il verbo “immaginare” per la valenza teologica che ha il termine “immagine”. Fatta un’analisi del termine, presenta i diversi modelli sviluppatisi nell’ecclesiologia postconciliare. Li chiama modelli-indirizzi e ricorda quello teandrico, kerygmatico, comunionale, ecumenico, sacra-mentale, pneumatico, storico, socio-politico, simbolico, ma si ferma ampiamente solo sull’ecclesiologia di alcuni noti autori, che hanno caratterizzato la riflessione ecclesiologica e preconciliare e preparato così la visione di Chiesa del Vaticano IL Dedica un lungo paragrafo all’ecclesiologia di H. De Lubac La grace du catholicisme e un altro ampio paragrafo a Y. M. Congar Verso un «oecumenisme catholique»; fa una breve analisi delle riflessioni ecclesiologiche proposte nel postconcilio da H. Kung, S. Dianich, J. Werbick ed altri. La cattolicità della Chiesa è vista sempre nella prospettiva del ‘già e non ancora’ nella tensione costante della Chiesa all’annuncio del vangelo, come missione fondamentale affidatale dal Risorto, e all’assunzione dei valori umani propri degli individui e dei popoli. In questo ambito affronta il problema della cattolicità in rapporto alla relazione tra Chiesa universale e chiese locali, tra Chiesa cattolica e chiese separate con riferimento all’enciclica Ut Unum Sint e alla questione dell’espressione chiese sorelle, nonché al problema della salvezza di chi è estraneo alla Chiesa con riferimento alla Dominus Jesus. Unità e cattolicità della Chiesa sono in stretto rapporto, esprimono il paradosso dell’unità di tutti coloro che sono stati raggiunti dalla parola e dalla grazia di Dio e sono stati incorporati a Cristo con il battesimo e dall’altra parte la cattolicità dice unione e comunione con tutti perché Cristo è morto per i peccati di tutti ed è risorto per la salvezza di tutti. La Chiesa è nata una e cattolica, come pure santa e apostolica, a pentecoste.

Il terzo capitolo porta il titolo Cattolicità dell’«oikoumene». È il più ampio e in quattro paragrafi affronta il senso della cattolicità della Chiesa in rapporto ai problemi attuali. Il primo paragrafo: Il senso cosmico della cattolicità: la Parola di Dio e lo Spirito dopo aver accennato alla visione della cattolicità nelle diverse confessioni cristiane, esamina il documento di studio Cattolicità ed apostolicità redatto dal gruppo di lavoro formato da membri della Chiesa cattolica e del CEC, si riferisce ad altri documenti ecumenici come quelli di Dombes e passa poi al concetto di cattolicità delineato dai teologi ortodossi Lossky e Bulgakov e conclude scrivendo: “La cattolicità della Chiesa ha un valore sovraecumenico, cioè cosmico, ed ha per fine non semplicemente l’unione delle chiese e delle comunità cristiane, bensì la trasformazione del mondo e di tutta la creazione. Il carattere universale e cosmico della Catholica si rivela a noi proprio nella celebrazione eucaristica che spinge all’unità visi-bile delle comunità… Nell’Eucaristia sono riconciliati sia l’ordine della creazione sia quello della redenzione. In questo sacramento c’è la presenza di tutta la creazione e del mondo amato da Dio” (pag. 237).

Il secondo sottotitolo La conversione delle chiese ha ancora una tonalità ecumenica, richiama il cammino ecumenico fatto nel postconcilio e affronta tra l’altro il problema dell’ospitalità eucaristica tra le chiese rifacendosi al recente documento Ecclesia de Eucharistia e invita le chiese ad affrontare i problemi non risolti e ricorda prima di tutto: “il primato primaziale del romano pontefice e il significato della successione apostolica in ambito stretta- mente giuridico e sacramentale”, ma anche altri problemi di tensione come “la nomina dei vescovi, il celibato, l’ammissione delle donne al sacerdozio, il proselitismo ecc.” (pag. 246).

Il terzo paragrafo affronta il tema de L’incontro con le religioni: cattolicità in pericolo. Dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate sul dialogo interreligioso si è sviluppata una nuova riflessione teologica sul significato delle religioni non cristiane partendo da questa prospettiva: “si deve (o si può) riconoscere un senso salvifico alle altre religioni? Anche questa domanda è collegata al significato della cattolicità ecclesiale, perché rimette in gioco l’antico lemma extra ecclesiam nulla salus.” (pag. 248). L’autore si mostra favorevole ad un ruolo salvifico delle religioni. Partendo dal mistero trinitario e dal mistero dell’incarnazione l’autore svolge un concetto di rivelazione e presenza di Dio nelle religioni. “Il Padre è nelle religioni perché è ciò che sta alle origini del movimento religioso. Ed è in questa protologia che le religioni hanno il diritto di esistere. Non perché sono un fenomeno culturale, un dato storico che non si può eliminare o che per forza dobbiamo sopportare, bensì perché vivono della tensione paterna di Dio e del suo comunicare con l’uomo”. Per l’incarnazione la mediazione del Verbo è universale e le religioni esprimono in qualche modo un volto del Cristo. Scrive l’autore: “La presenza delle religioni in Cristo è da rileggere nell’ottica della compassione all’uomo e della fedeltà al Padre. Nell’azione soteriologica di Gesù che muore in croce e che risorge c’è posto per ogni esperienza dell’uomo. Gesù ha ristabilito l’unione dell’umanità con Dio…Non solo Cristo è attivo e presente nelle religioni ad opera dello Spirito, ma sono le religioni, in rapporto al Cristo risorto e alla sua destinazione finale, già anticipata nel presente della pasqua, ad assumere un ruolo attivo per l’unica mediazione umana e divina del Verbum caro”, (pag. 282 s.). E lo Spirito, che è lo Spirito d’amore o il donatore d’amore, continua l’autore, come in una kenosi, vive in mezzo a noi e soffia dove vuole, apre, attraverso i riti, i segni, i simboli delle religioni, al regno di Dio.

Ad gentes è l’ultimo paragrafo del terzo capitolo e conclude il cammino di riflessione sulla cattolicità della Chiesa. Scrive l’autore all’inizio del paragrafo: “La presenza di Cristo nel mondo attraverso la Chiesa è di natura mistica, sacramentale, cioè simbolica. Ha un carattere liturgico: per questo, gli apostoli, dopo aver ricevuto le ultime istruzioni ed essere stati benedetti dal Risorto, «tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio» (Le 24,52s). Il cristianesimo delle origini non conosce alcun tipo di ascesi ma solo una mistica dello Spirito, una sorta d’esperienza di Dio nella memoria pneumatica di Gesù Cristo. Il Risorto apre i discepoli alla mondanità, all’inserimento nella società del tempo e al confronto delle culture e i mondi attorno a Gerusalemme” (pag. 299). Tutto il paragrafo è dedicato al problema dell’inculturazione del vangelo sulla scia dell’Evangelii Nuntiandi, della Redemptoris Missio. Analizza ampiamente il concetto di cultura nelle filosofie moderne ed affronta il problema dell’evangelizzazione in questo nostro tempo caratterizzato dalla postmodernità rifacendosi al documento postsinodale Ecclesia in Europa e al Progetto culturale orientato in senso cristiano proposto dalla CEI e al documento Comunicare il vangelo in un mondo che cambia. La Chiesa è stata posta da Cristo nel mondo per il mondo; certamente incontra nel mondo tanti pericoli e per questo deve saper superare quei «rischi globali» insiti nella mentalità del mondo. La catholica tiene lo sguardo aperto sulla storia, che cammina verso una sempre più incisiva interdipendenza nel clima di globalizzazione tipico del nostro tempo ed in esso manifesta il suo essere catholica perché «annuncia tutta intera la fede, tutta intera la salvezza per tutto l’uomo e per tutta l’umanità», come si esprime il catechismo della Chiesa tedesca. La Chiesa non è estranea al mondo né può diventarlo, ma porta la sua testimonianza evangelica assumendo i tanti problemi del mondo: vita, risorse, energia, sviluppo sostenibile ecc. Ed è proprio la testimonianza, che va dalla preghiera personale, comunitaria, alla celebrazione dell’eucaristia, alla condivisione dei problemi, all’annuncio missionario, alla carità e alla dedizione per gli altri fino al martirio, che fa sì che la Chiesa sia accolta come catholica, testimone della salvezza di Cristo. Scrive il nostro autore: “Il nostro impegno come martyria ammette nella Chiesa una solidarietà con il mondo quale premessa fondamentale alla nostra santità che ci impone di stare nella storia senza esenzioni, come compagni degli uomini. Mostrare il vivo volto di Cristo al mondo è possibile solo nell’ottica della condivisione e dell’assimilazione al mondo, raggiungendo gli uomini lì dove sono, anche nel loro peccato, negli abissi della morte, del loro rifiuto di Dio, incontrandoli con simpatia e amore, visto che lo stesso Gesù Cristo «morì per noi mentre eravamo ancora peccatori» (Rom 5,8) e ci ha riconciliati con Dio «mentre eravamo nemici» (Rom 5,10). È questa la bellezza del cristianesimo che salverà il mondo” (pag. 373).

Dopo aver seguito lo sviluppo dei capitoli di questo ampio lavoro, ecco alcune osservazioni finali. Dicevo all’inizio che il lavoro si presenta come una rivisitazione del trattato di ecclesiologia alla luce della nota catholica. La lettura del volume certamente lascia l’idea dell’ampiezza della cattolica come termine che, da una parte identifica, insieme alle altre note, la Chiesa, e dall’altra apre ad una dimensione simbolico-escatologica. L’autore tocca tutti i problemi relativi alla realtà della catholica. Chiesa e regno di Dio, Chiesa universale e chiese locali, l’unità della Chiesa e i problemi ecumenici, le divisioni dei cristiani e quindi i rapporti con le chiese separate o chiese sorelle, le comunità ecclesiali, il ministero ordinato, l’ospitalità eucaristica e inoltre la catholica e la salvezza dei non cristiani, il dialogo interreligioso, la tensione missionaria della catholica e il vasto problema dell’inculturazione del vangelo, la comunione con il mondo e le tensioni culturali, morali politiche ed economiche che lo assillano e lo lacerano. Tutti questi problemi sono affrontati, ma evidente-mente non sono risolti né potevano esserlo. La quantità dei problemi lascia l’impressione di affastellamento e dà pesantezza nella lettura. Lo stesso concetto di catholica non è usato sempre in maniera coerente e a volte risulta estraneo al problema affrontato.

Per l’autore catholica esprime la realtà dinamica del progetto di Dio, che tocca non solo la Chiesa ma tutta la realtà mondana, è la tensione escatologica che pervade il disegno di salvezza. La semantica del termine catholica si ampia e si trasforma. Nell’ultima pagina, più che nel corso del lavoro se ne evidenzia il significato, quando scrive: “E’ l’Ecclesia ab Abel, che racchiude il senso divino della cattolicità. Catholica, poi, è la Chiesa di Dio, l’intero popolo eletto … Catholica, però, è anche l’umanità che si apre all’amore di Dio… Sono cattolici i popoli che hanno diritto di cittadinanza su questa Terra…Cattolico è pure il tentativo di dialogo per ripristinare la pace tra etnie… La cattolicità, dunque, non ha un’origine giurisdizionale, un vincolo primariamente istituzionale. E un dono eziologico e carismatico che permette alle comunità cristiane di essere il luogo della compassione in cui l’umanità può ritrovare l’unità e la salvezza, lo spazio in cui il mondo appare e si sente riconciliato” (pag. 378s). Alla fin fine si potrebbe dire che la catholica coincide col “regno di Dio”. Come questo si esprime nel “già e non ancora”, così, dice l’autore, la catholica ha due tempi: “nel momento attuale, la cattolicità ha un carattere innanzitutto liturgico-sacramentale e … canonico; ma assume poi un significato cosmico, simbolico. In rapporto al futuro, la cattolicità appare totalmente come dono escatologico… dono gratuito del Padre. E lui che, nella piena gratuità, ha iscritto tutti gli esseri viventi nel libro della vita. Il salmo proclama con tenacia e gioia: «Tutti là sono nati» (Sai 84,7). Per cui, la Chiesa raccoglie e offre al Padre, nella potenza dello Spirito, attraverso Gesù Cristo, tutto ciò che è del mondo (n.d.r. cioè il regno). Così noi sappiamo dove è la Chiesa (n.d.r.: il regno), ma non ci è dato di giudicare e dire dove la catholica (n.d.r.: il regno) è” (pag. 379).

Per un’eventuale ristampa si consiglia di compilare un dizionarietto con i temi affrontati e segnalazione delle pagine relative e di correggere i seguenti errori di stampa:

pag. 73 ultima riga, da correggere il greco in:  pepleromene pistei kai agape

pag. 160: ultime due righe: non è chiaro il senso: sono giuste o c’è un refuso?

pag. 270: seconda riga del secondo capoverso: leggere “Caritas Deus est”

pag. 277 nota 92 quarta riga, leggere: quale Ur-bild

pag. 301 ultima riga, leggere: insito nel potere

 

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