Miola Gabriele biblista docente a Fermo: INTRODUZIONE ALLA BIBBIA RIVELAZIONE ISPIRAZIONE TRADIZIONE

MIOLA.Gabriele

PREMESSA

Prima di tutto è bene chiarire un concetto che è fondamentale per capire tutta la nostra esperienza e vita religiosa.

.a) La nostra vita religiosa, in genere, è molto naturalistica. Noi siamo stati formati ad una religiosità basata prevalentemente su una prospettiva ed un’analisi quasi puramente umana, che di tipico ha poco. La religione di tipo naturale è intesa così; in fondo tutti gli uomini sono religiosi e tentano di arrivare a Dio, chi con una religione e chi con un’altra. Cristo ci ha dato la sua. Crediamo che Egli è il figlio di Dio, l’inviato del Padre e la parola definitiva.

Ma non vediamo Cristo al culmine di una storia e di un cammino che non si è chiuso con lui ma continua attraverso i tempi. Allora noi perdiamo l’idea di una storia che si va realizzando; di una storia che non è soltanto storia umana (la storia ha sempre una componente umana, altrimenti non sarebbe storia) ma anche storia di Dio che si è immesso in questo ritmo, in questo cammino. L’aspetto fondamentale allora diventa la realizzazione del Piano di Dio. In questa prospettiva il punto, direi, di tensione è Dio; nell’altra prospettiva siamo noi.

La nostra mentalità ci porta a vedere la religiosità a servizio nostro, come rapporto quasi commerciale con Dio; Dio è il padrone che può dare e noi cerchiamo di ottenere contrattando, e cercando di accaparrarcelo. Noi gli diamo qualcosa che ci costa un po’ di sacrificio, anzi un qualcosa che, secondo noi, quasi ci menoma e quasi non vorremmo dargli. Per questo contrattiamo: Ti faccio questo ma vorrei quello. Quindi l’atteggiamento, la preghiera ed il nostro rapporto con Dio e con gli altri è bacato alla radice da questa mentalità, la più umana che esista; in questa prospettiva non si è in tensione verso Dio, ma solo verso se stessi. Noi non ci mettiamo nella prospettiva di Dio che ha un suo Piano di Salvezza.

Su questa linea non si arriva alla vera conoscenza di Dio, alla vera conoscenza del Cristo; l’esperienza di Dio diventa pressoché impossibile: se l’uomo non esce da se stesso, non potrà mai raggiungere la vera conoscenza di Dio.

.b) Dio che fa storia con noi

Cerchiamo di capire quest’altra idea; non siamo noi che andiamo incontro a Dio ma è Lui che viene incontro a noi. Sarebbe un assurdo voler conoscere un’altra persona solo con il proprio sforzo, cioè fantasticando. Per conoscere un’altra persona e necessario entrare in relazione con lei. Se la persona rimane fuori dalla tua esperienza, se non ti viene incontro e non ce l’hai presente attraverso una qualsiasi relazione (epistolare o di altro genere), tu fantastichi. In una religione naturalistica il rapporto con Dio è di questo genere; l’uomo fantastica su Dio.

Se veramente vuol conoscere Dio bisogna che si immetta nella conoscenza che Dio ha di se stesso e che dà a noi attraverso la sua Parola; infatti il Vaticano II, nella Costituzione dommatica sulla Divina Rivelazione (“Dei Verbum” n. 2) dice; “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e manifestare il mistero della sua volontà (Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per messo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura (Ef 2,18;”Pt 1,4).

Con questa rivelazione infatti Dio invisibile Cfr Col 1,15; 1Tm 1,17) nel suo grande amore, parla agli uomini come ad amici (cfr Es 33, 11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr Bar 33,38) per invitarli ed ammetterli alla comunione con Sé. Questa economia della Rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà, significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto. La profonda verità poi su Dio e sulla salvezza degli uomini, per mezzo di questa rivelazione, risplende a noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione”. (cit. Pio XII, “Divino afflante”).

L’idea da cui dobbiamo partire è questa; Dio interviene nella storia, Dio si condiziona al nostro modo di essere, di vivere, di camminare; ed è un camminare storico; e storico significa spazio, tempo; se sono qui, non posso essere da un’altra parte; se ho questa lingua, non ne posso avere un’altra e così via; significa questa cultura, questa mentalità.

Tutto questo è storia, Dio si è immesso proprio in questo cammino, in questo ritmo, quindi nella nostra storia.

LINGUAGGIO BIBLICO E MESSAGGIO DI DIO

Dio, nella Sacra Scrittura, ha parlato per mezzo di uomini e alla maniera umana. Chi interpreta la S. Scrittura, per capire bene ciò che egli ha voluto comunicare, deve ricercare con attenzione che cosa gli agiografi (cioè quelli che hanno scritto i libri) in realtà abbiamo inteso significare e a Dio è piaciuto manifestare con la loro parola, perché se vogliamo capire quello che Dio dice, non abbiamo altro mezzo che questa parola scritta, e quindi non possiamo prescindere da questo scritto, da questa storia, da questa tradizione. È assurdo voler arrivare a Dio quasi misconoscendo tutta la S. Scrittura, tutta la storia sacra: non capiremmo nulla della storia della Salvezza: di Dio, di Cristo, della Chiesa. Bisogna mettersi in questa linea, se vogliamo capire bene, dobbiamo saper interpretare quello che gli agiografi vogliono dirci. Questo è molto importante. La S. Scrittura quindi deve calare nella nostra vita, deve diventare il punto di rifermento del nostro parlare e del nostro agire. Esaminiamo due possibili domande:

.a)- Forse è importante, essenziale, mantenere il linguaggio della Bibbia?

Ogni linguaggio, ogni modo d’esprimersi è sempre, per forza di cose, inserito in una terminologia: e non esiste pensiero disincarnato da un linguaggio; ed è anche vero che il linguaggio fa il pensiero. Questi due aspetti sono correlativi; mentre io creo una civiltà, creo un linguaggio; e mentre creo un linguaggio, creo anche una civiltà: vanno di pari passo. Non è esatto dire: prima esistono i pensieri e poi viene il linguaggio. Esiste prima di tutto la parola di una lingua la quale è portatrice di un pensiero, di una mentalità, di un modo di concepire le cose.

I Padri della Chiesa non sono caduti in quest’errore. Prendiamo per tutti S. Agostino. Egli, nell’opera più famosa, le “Confessioni”, parla con il linguaggio della Bibbia: è presente il suo linguaggio filosofico, culturale derivato dalla cultura classica, ma le espressioni sono pregne del linguaggio della Bibbia; è presente il suo linguaggio filosofico, è tutto un riferire, un parlare con Dio sulla base di una mentalità e di un linguaggio biblico. Questo significa che, assorbendo il linguaggio biblico, se ne assorbe la mentalità e quando si è raggiunta la mentalità non si troveranno espressioni migliori, per esprimersi, che quelle bibliche.

.b) E come si fa a sapere con sicurezza quello che l’agiografo voleva, dirci a nome di Dio?

Questo fa capire che non c’è altro mezzo per capire quello che è la rivelazione se non entrare in quello che l’agiografo ha detto (agiografo è colui che scrive cose sacre, cioè quelle che ci portano la rivelazione di Dio). E’ necessario tuffarsi nella storia sacra, comprendere l’intervento di Dio nello storia. Dobbiamo metterci in questo cannino, aprire le nostre prospettive, uscire un po’ dal mondo chiuso nel nostro io; bisogna che ci apriamo, che usciamo da noi stessi, che ci mettiamo nelle prospettive di Dio, che ci immettiamo nel la storia, e poi capire che noi stessi siano chiamati a fare la storia insieme con Dio; se usciamo da questa mentalità, siamo quasi tagliati fuori.

Ciò può sembrare astratto, ma deve nascere la convinzione che solo immettendoci in questa linea si realizza il piano di Dio, che è la storia: la storia dei patriarchi, di Mosè, del popolo ebraico; la storia di Cristo; la storia della Chiesa, e, nello stesso tempo, la storia del mondo, la storia di oggi. Io sono dentro questa storia, se sono aperto a essa e so cogliere, come Mosè, i segni della storia, il cammino che la. storia stava facendo e come Mosè l’ha interpretata, l’ha condotta e come il popolo ebraico ha risposto. E’ tutto un popolo che cammina. Mosè costruisce un popolo. Oggi il popolo nuovo è la Chiesa: ci saranno anche dei capi, delle grandi figure, ma non tutti sono capi e grandi figure; questo va da sé, ma tutti siamo questo popolo che sta camminando, e noi siano immessi all’interno di questa storia.

I salmi ci dicono come gli ebrei nella preghiera avevano dinanzi tutta la loro storia e la loro preghiera aveva carattere fortemente comunitario e si sente che era rivolta ad un Dio che faceva storia con loro.

E’ necessario abituarsi a pregare con i salmi, a capirne la prospettiva per uscire un po’ dalla nostra preghiera tanto piccola; la nostra preghiera è fatta di formulette o è fatta dì richieste: la scuola, la salute, le relazioni con gli amici e altro; bisogna invece che ci apriamo a questo respiro più ampio; il respiro ampio della storia della Salvezza.

E’ in questa storia, con il suo sviluppo, che noi abbiamo la garanzia della continuità dell’azione di Dio, della sua fedeltà, della sua Parola. Guardata con l’occhio della fede questa storia ha un senso ben preciso e non può essere letta diversamente. Questo ci dà la sicurezza della presenza di Dio e che la storia e il libro che la racconta sono sua Parola.

 

INTRODUZIONE GENERALE ALLA LETTURA DELLA BIBBIA E DIFFICOLTA’ AD ACCOSTARSI ALLA BIBBIA

  1. Bibbia e libri di oggi

Prendendo la Bibbia pensiamo di avere in mano un libro, invece abbiamo in mano vari libri, anzi una piccola biblioteca sulla originale esperienza religiosa di un popolo o meglio la Storia di Salvezza che un Dio dona agli uomini. Egli si rivela ad essi con persone, avvenimenti, giudizi sugli avvenimenti e manifestazioni verbali. Infatti “BIBBIA” (dal greco ‘ta biblìa’) significa “i libri” cioè libri per eccellenza.

Noi abbiamo una certa idea di libro che ci porta molto lontano dalla realtà del libro ‘Bibbia’,

.a). L’idea di libro è legata a quella di una persona (autore) che ha scritto per manifestare un suo pensiero o sintetizzare il pensiero di altri in un ‘manuale’. Per la Bibbia ed anche per i suoi singoli libri l’autore-uomo ha rilevanza secondaria, perché in essi si manifesta l’esperienza religiosa e politica di un popolo nella quale partecipa attivamente Dio, la Parola di Dio (che è Gesù) ed il suo Spirito.

.b). Il libro oggi ha un suo titolo, per indicare un argomento, spesso limitato, che viene svolto gradualmente dalla prima pagina all’ultima.

La Bibbia non tratta un unico argomento (è vero solo per alcuni suoi libri), né i singoli libri sono affiancati per ordine di tempo, e di sviluppo logico; a grandi linee è divisa per argomenti.

.c). Un libro oggi nasce in poco tempo (massimo alcuni anni), la Bibbia contiene scritti nati in più di 1000 anni. E’ evidente che in 1000 anni cambiano fortemente situazioni storiche, civiltà e mentalità, fino alla contrapposizione. Da questo si deduce che è illogico dire ad una persona: “Ecco la Bibbia, leggila! cioè usala come un libro tipo quelli di oggi”.

(Indicazioni bibliografiche. Per la lettura dell’AT è di valido aiuto il lavoro di Grelot, “Pagine Bibliche”, volume che, affiancando testi presi da libri diversi della Bibbia, ricostruisce la Storia della Salvezza che è l’anima della Bibbia o la Bibbia.)

.2. La lingua semita in cui sono scritti

.a). La lingua ebraica non ha vocaboli per esprimere pensieri astratti, il suo linguaggio è povero (500 vocaboli), ed estremamente concreto (ad esempio: collera = naso perché si arrossa; forza = braccio; splendore di Dio = mantello; gloria di Dio = peso; verità = essere saldo, solido). Se ne deduce che la mentalità del semita è molto concreta, mentre la mentalità greca (e noi ne siamo figli) è fortemente idealista.

.b). Per il greco l’uomo è corpo ed anima, per il semita è un tutt’uno visto sotto aspetti particolari, (Esemplificazioni: l’uomo è carne = uomo come essere debole e mortale; l’uomo è anima o essere vivente cioè uomo in rapporto con Dio che gli ha messo dentro un soffio di vita; l’uomo è viscere cioè capace di amore e compassione; l’uomo è piede: come messaggero veloce).

.c). L’israelita fino al 200 a.C.(circa) pensa di rivivere nei figli; in tempi successivi parla della risurrezione della carne, cioè dell’uomo totale (cfr 1Cor 15 = il greco ha difficoltà a pensare la risurrezione come buona).

.d). Dal verbo ‘essere’ deriva il nome (termine) IAHVE’ = EGLI E’. Per il greco il verbo essere esprime l’essenza di una cosa, è nella sfera dell’astratto. Per l’ebreo il verbo essere dice: accadere, essere in relazione con…, essere lì per qualcuno, agire per lui (da questo derivano due nomi: Emanuele = Dio-con-noi e Gesù = Dio-salva).

.3. Il contesto mitologico

Noi viviamo in un’epoca in cui predomina la scienza ed il metodo scientifico: la misurazione, le analisi per una quantificazione, la settorizzazione, la specializzazione sono realtà assolute. Il mondo biblico invece vive in mezzo alla mitologia della cultura circostante. Non esiste la scienza come realtà autonoma ed indipendente dalla teologia-mitologia L’uomo è in possesso di parole per esprimere ciò che in qualche modo è per lui oggettivo o nel mondo della percezione dei sensi, o nel mondo della esperienza del razionale e del fantastico; non possiede termini capaci di esprimere il mondo di Dio e l’azione di Dio: egli non ha esperienza sensoriale, fantastica o razionale su Dio, perché Dio è oggetto solo di un’esperienza di fede.

La forma particolare di linguaggio che usava il mondo biblico ed ha usato la Bibbia è il MITO. Il ’mito’ quindi è un mezzo, una struttura linguistica con cui si cerca di oggettivare il mondo di Dio e l’azione di Dio, cioè il tentativo di rendere l’al di là presente nell’al di qua. Attraverso il mito Dio si naturalizza, diventa componente della scienza, e la sua opera si può verificare oggettivamente. Egli parla allora in maniera umana, afferrabile anche fuori della fede. Come conseguenza immediata la Bibbia non ha valore come testo di geografia, di storia o di scienze, perché i suoi criteri non sono scientifici ma teologici-mitologici.

.a). Concezione dell’universo nel mondo biblico

– La terra è una grande isola, in mezzo all’oceano terrestre, sostenuta da colonne (‘i fondamenti della terra’), sotto le quali c’è ’abisso’ o ’inferi’, in cui abitano i morti;

– il firmamento poggia sulle montagne eterne che sono ai lati dell’oceano a forma di grande calotta sferica, in doppio spessore con buchi combaciabili: esso divide lo spazio terrestre dai ’cieli’;

– il sole, la luna e le stelle sono fissate sulla calotta del firmamento;

– sopra il firmamento c’è l’oceano celeste da cui viene l’acqua in forma di pioggia, quando gli dei, muovendo i due spessori della calotta, fanno combaciare i buchi;

– in mezzo all’oceano celeste c’è l’abitazione degli Dei.

Gli dei hanno creato il mondo, intervengono nella storia (ad es. il tuono è la ’voce’ degli dei). Dio, in questa concezione, diventa componente naturale della scienza.

.b). La interpretazione dei miti

S’impone una sana interpretazione dei miti o del linguaggio mitologico.

-il mito della creazione (dopo Galileo) non viene più considerato come un’informazione su ’come’ si sia formato il cosmo ed è diventato portatore di un messaggio su Dio unico e signore dell’universo. Tra l’altro il racconto ha contestato la mitologia dell’ambiente circostante, secondo la quale gli astri e gli animali erano delle divinità; la Bibbia invece dà al sole ed alla luna il ruolo di segnare i giorni e non di dare la luce, che è creata a parte il primo giorno e gli animali sono creature e quindi dipendenti da Dio;

– il mito dei ’dialoghi’ tra Dio e l’uomo e quello dei ’miracoli’ (forma di oggettivazione degli interventi di Dio nella storia) non vuol dare un’informazione sulla storia, ma su Dio, sull’uomo e sul loro rapporto.

Si tratta di trovare il discorso che sta sotto il mito, il messaggio che quel mito vuol tramandare. Si comprende subito l’importanza del mito come il modo con cui la Bibbia è pervenuta a dare un contenuto alla sua fede e ad esprimere che il suo Dio è un Dio che interviene a favore degli uomini nella storia, negli eventi banali della storia quotidiana.

Nella demitologizzazione c’è un doppio pericolo: eliminare e mito e contenuti; e far passare per mito tutto quello che della Bibbia non ci piace. Sarebbe come pelare all’infinito una cipolla, alla fine rimangono soltanto gli occhi per piangere.

.4. Tradizioni e generi letterari

Molti libri (quasi tutti) dell’AT si sono formati lungo alcuni secoli e risentono, nella stesura ultima, della presenza evidente di tradizioni e di stesure diverse, con rifacimenti e ritocchi senza numero; vi si sovrappongono forme diverse di miti. Inoltre la medesima pagina spesso risente di generi letterari diversi, non sempre individuabili e lo stato attuale degli studi è troppo giovane per avere esaurito la conoscenza e gli influssi dei diversi generi letterari.

A questo si aggiunga che i nostri studi scolastici non hanno mai come centro di interesse la storia e la civiltà dei popoli orientali e semiti; ci viene quindi a mancare un valido aiuto per la comprensione dei testi biblici.

.5.Il falso concetto di Dio nel mondo cristiano occidentale

Dio é stato definito da Marx: “Oppio dei popoli”. Qual è questo dio?

\- E’ il Dio-che-risponde-alle-nostre-domande; è il Dio-tappabuchi di Bonhoeffer; è il Dio magico di tante persone che ci stanno vicino, ma anche dell’universitario spavaldo o del professionista autosufficiente che in frangenti particolari fa un qualche gesto, accenna ad un qualche dialogo con Dio.

\- Forse è anche il Dio-pensato-da-noi: cioè il “Dio dei filosofi” che è come un bel manichino purificato da tutti i limiti ed i difetti dello uomo e rivestito di tutte le perfezioni, pensate all’infinito: è il Dio dei cieli, il Dio premio o castigo, sempre comunque il Dio lontano da noi, il ’separato’.

Ed allora Marx ha ragione! Ma questo non è il Dio biblico.

Dal Dio-che-risponde-alle-nostre-domande si passa al Dio che ci pone la domanda fondamentale: “Dov’é tuo fratello?”, fatta a Caino dopo la prima lotta di classe, con spargimento di sangue.

C’è il pericolo di dare a questa domanda una risposta farisaica; “fare l’elemosina”, quando invece la domanda chiede un impegno con “loro” ed un impegno per “loro” e per un mondo più giusto.

Attraverso questa domanda Dio si presenta come “colui-che-serve”(Lc 22, 27) gli uomini, soprattutto gli esclusi, i dimenticati, i “poveri”. Dice: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve».

Cioè è il Dio-che-fa-storia-con-noi.

.6. Quali libri sono considerati ispirati e quindi ’Storia di Salvezza’

ANTICO TESTAMENTO

(Pentateuco= 5 raccolte):

Libro della Genesi  Gen

Libro dell’Esodo  Es

Libro del Levitico  Lv

Libro dei Numeri  Nm

Libro del Deuteronomio.  Dt

(Libri storici):

Libro di Giosuè  Gs

Libro dei Giudici  Gdc

Libro di Rut Rt

Libri di Samuele  Sam

Libri dei Re  Re

Libri delle Cronache  Cr

Libri di Esdra  Esd

Libro Neemia  Ne

Libro di Tobia  Tb

Libro di Giuditta  Gdt

Libro di Ester  Est

Primo libro dei Maccabei  1Mac

Secondo libro dei Maccabei  2Mac

(Libri sapienziali):

Libro di Giobbe  Gb

Libro dei Salmi  Sal

Libro dei Proverbi  Pr

Libro di Qoèlet  Qo

Cantico dei Cantici  Ct

Libro della Sapienza  Sap

Libro del Siracide  Sir

(Libri profetici):

Libro del profeta Isaia  Is

Libro del profeta Geremia  Ger

Libro delle Lamentazioni  Lam

Libro del profeta Baruc  Bar

Libro del profeta Ezechiele  Ez

  1. Libro del profeta Daniele Dn

Libro del profeta Osea  Os

Libro del profeta Gioele   Gl

Libro del profeta Amos  Am

Libro del profeta Abdia  Ab

Libro del profeta Giona  Gn

Libro del profeta Michea  Mi

Libro del profeta Naum  Na

Libro del profeta Abacuc  Ab

Libro del profeta Sofonia  Sof

Libro del profeta Aggeo  Ag

Libro del profeta Zaccaria  Zc

Libro del profeta Malachia  Ml

NUOVO TESTAMENTO

(I Vangeli):

Vangelo secondo Matteo  Mt

Vangelo secondo Marco  Mc

Vangelo secondo Luca  Lc

Vangelo secondo Giovanni Gv

(Lettere):

Lettera ai Romani  Rm

Prima lettera ai Corinzi  1Cor

Seconda lettera ai Corinzi  2Cor

Lettera ai Gàlati  Gal

Lettera agli Efesini  Ef

Lettera ai Filippesi  Fil

Lettera ai Colossesi  Col

Prima lettera ai Tessalonicesi  1Ts

Seconda lettera ai Tessalonicesi  2Ts

Prima lettera a Timòteo  1Tm

Seconda lettera a Timòteo  2Tm

Lettera a Tito  Tt

Lettera a Filèmone  Fm

Lettera agli Ebrei  Eb

Lettera di Giacomo  Gc

Prima lettera di Pietro  1Pt

Seconda lettera di Pietro  2Pt

Prima lettera di Giovanni  1Gv

Seconda lettera di Giovanni  2Gv

Terza lettera di Giovanni  3Gv

Lettera di Giuda  Gd

Libro dell’Apocalisse  Ap

\

A pagg.12-13 della ’Bibbia’ di Gerusalemme per l’AT si riportano due divisioni e due elenchi dei Libri della Bibbia; quella Ebraica e quella greca, Il fatto che in quella greca siano elencati più libri anche di quelli accolti dalla Bibbia Cristiana pone un problema. Con quale criterio un libro è considerato ispirato e quindi Storia di Salvezza ed un altro no? Il criterio dei cristiani è il giudizio della Chiesa; ed il Concilio di Trento ha definito formalmente quali libri sono norma di fede per i cristiani e quindi sono considerati dalla Chiesa ispirati, provenienti da Dio.

(Questo è solamente un accenno: l’argomento merita un approfondimento che in questa sede risulterebbe sproporzionato).

RIVELAZIONE ED ISPIRAZIONE

A-       LA BIBBIA=PAROLA DI DIO INCARNATA

Nella Celebrazione della Parola che si fa nella Liturgia Domenicale, dopo ogni Lettura sentiamo ripetere: “E’ PAROLA di DIO”.

Che cosa dice a noi quella espressione?

La difficoltà per un’esatta interpretazione viene dalla diversità di valore e di significato attribuiti da noi al termine ‘parola’, dalla cultura greca e dai popoli semiti ed in modo particolare dalla Bibbia.

A noi potrebbe sembrare naturale tradurre l’espressione ‘Parola di Dio’ come ‘Queste sono le parole pronunciate o che vengono da Dio’ e sarebbe cogliere un aspetto solo parziale e secondario. Per noi infatti la ‘parola’ è solo uno strumento per indicare o comunicare una cosa o un pensiero. Noi ci sbalordiremmo se venisse qualcuno a dirci che “casa” o “morte” in quanto realtà concrete sono una “parola”; anzi diremmo che sono tutt’altro che una ‘parola’. Noi infatti contrapponiamo parola a fatto, a realtà; diciamo: Qui non ci vogliono parole, servono i fatti (cose concrete).

Per il semita, per lo scrittore biblico il termine ebraico “dabàr” = ‘parola’ solo incidentalmente è usato come espressione verbale del pensiero; il suo significato immediato e comune è “cosa”, “realtà”, “il-già-avvenuto” e “azione”. Quindi “la parola” è realtà dinamica e carica di potenza. La parola è il terreno, l’humus nel quale si radica il significato profondo di una realtà-avvenimento-azione.

Se la semplice “parola” di ogni giorno, cioè la “parola umana” per l’Israelita ha un potere ed ha un’efficacia, è subito chiaro che la Parola di Jahvè è ancora più potente ed efficace. L’espressione “E’ Parola di Dio” usata per un brano della Bibbia o per la Bibbia nel suo insieme, ha valore concreto ed esistenziale e dice azione di Dio, giudizio, interpretazione degli avvenimenti, proposta concreta di Dio. Nella Bibbia=Parola di Dio un Dio è presente, essere vivente e personale, impegnato nella salvezza dello uomo. L’israelita sapeva anche che avrebbe trovato la Parola di Dio, cioè Dio che valuta, opera e salva in tre cose: nella Legge-messaggio (che Dio dà), nella natura (che Dio crea), nella storia (che Dio dirige) ed anche che la Bibbia ci rivela solo quello che ha relazione con la molteplice azione a favore della salvezza dell’uomo realizzata da Dio e dalla Sua PAROLA = GESÙ’ CRISTO.

Da notare che dall’A.T. fino a Cristo c’è un progresso costante nella rivelazione di Dio presente in una storia di salvezza, fino alla PAROLA di DIO che s’incarna e vive tra gli uomini e per gli uomini nella PERSONA di GESÙ’ CRISTO: da questo momento la rivelazione è completa,

I Padri della Chiesa hanno parlato di due INCARNAZIONI del VERBO:

–              una è avvenuta nel linguaggio umano

–              l’altra è avvenuta nella carne. Il Figlio di Dio, e lo sappiamo, si è reso in tutto simile agli uomini, eccetto il peccato (Ebr 4,15). Ugualmente possiamo dire che la parola di Dio contenuta nella Scrittura è completamente simile al linguaggio degli uomini, salvo che essa non comporta alcun errore formale. Il Cristo non è solamente ‘simile’ agli uomini: egli è vero Dio e vero uomo. La Scrittura non è solamente ‘simile’ alla lingua degli uomini, essa costituisce una parola umana nel senso più pieno del termine, ed è nello stesso tempo la Parola di Dio.

L’Israelita ha anche un’altra coscienza: Dio parla attraverso intermediari, designati da Lui: il PROFETA è l’intermediario per eccellenza; vicino al profeta c’è lo storico, il sapiente, lo scrittore sacerdotale.

B-  LA BIBBIA = OPERA DI DIO E DI UOMINI

In un discorso introduttivo sulla Bibbia è necessario sempre fare il tentativo di sciogliere un nodo, di penetrare in qualche modo un punto fondamentale della fede cristiana.

La Bibbia come può essere nel medesimo tempo Libro di uomini e Libro di Dio?

Se scartiamo che Dio abbia dettato o che Dio abbia messo la sua firma di approvazione su un libro scritto già, è necessario fare una qualche luce su una specie di comproprietà di questi scritti e da parte di Dio e da parte dell’uomo.

Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione (“Dei Verbum”), al n° 11 dice tra l’altro due cose:

  1. i libri sacri, “scritti per ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore”;
  2. Dio non ha scritto materialmente nessun libro, ma “per la composizione dei Libri Sacri scelse e si servì di uomini affinché… scrivessero come veri autori”.

per poter scrivere un libro sono essenziali due cose:

–              avere qualcosa da comunicare

–              volerlo comunicare per mezzo dello scritto.

In questi due settori è necessaria la partecipazione reale e personale dei due autori: Dio e l’uomo. In questo contesto Dio rivela ed ispira un popolo e alcuni uomini in particolare, i quali diventano capaci di esprimere realtà divine ed umane insieme.

  1. La rivelazione

La tentazione più pericolosa da sfuggire è quella di vedere la rivelazione prevalentemente come una comunicazione, più o meno diretta e finalizzata alle pagine da scrivere; l’altra tentazione è quella di non evidenziare sufficientemente l’azione dello Spirito.

Dobbiamo partire dall’affermazione che la Bibbia è STORIA di SALVEZZA, azione quindi di un Dio che porta avanti il suo piano di salvezza a favore del popolo di Israele e poi, in Cristo, di tutti i popoli e che Dio non porta avanti una tale storia da solo perché attore in questa storia vissuta ( e da vivere) è anche l’uomo, un popolo ed ogni popolo. Allora diventa importante sottolineare la manifestazione, la rivelazione che lungo i secoli, a cominciare dai progenitori, ha fatto all’uomo. Nel suo piano di Salvezza Dio ha rivelato Se Stesso, cioè un essere vivente e personale: il creatore che governa il mondo, il santo che invita gli uomini ad un servizio di amore, il padrone della storia che dirige tempi ed avvenimenti verso una meta di salvezza. Dio ha rivelato l’uomo allo uomo, ha rivelato i giusti rapporti tra Dio e l’uomo, proiettando tutto questo nel futuro temporale, nel futuro messianico ed in quello escatologico (le apocalissi).

Nella Bibbia Dio non ha come scopo principale di scoprire all’uomo verità astratte sconosciute, ma solamente insegnargli a leggere con occhio soprannaturalmente illuminato (azione dello Spirito) i libri divini della natura e della storia. Lo scopo principale della rivelazione di Dio è questo: manifestarsi come colui che crea, che guida, che salva.

Pertanto è rivelazione ogni manifestazione da parte di Dio lungo tutta la storia del popolo d’Israele, fino a Cristo; è rivelazione ogni intervento di Dio nella storia ed ogni intervento per guidare la lettura della natura e della storia nei suoi molteplici aspetti ed avvenimenti.

Dio rivela Se Stesso sempre dal momento in cui ha voluto essere il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio di Mosè, di Cristo e della Chiesa, cioè il Dio compromesso nella stessa storia degli uomini fino al la pazzia di amore di volere che suo FIGLIO (= PAROLA DI DIO) diventasse in tutto fratello degli uomini.

Non si vuole escludere che l’autore e gli autori di libro della Sacra Scrittura siano stati oggetto di una particolare rivelazione da parte di Dio, si vuole affermare che questo momento-rivelazione non è l’unico e neppure il primo, né in ordine di tempo, né in ordine di importanza. In fondo lo scrittore è illuminato perché fissi, presenti e trasmetta gli eventi di salvezza voluti e realizzati da Dio; e la salvezza stessa è la rivelazione più grande di Dio,

  1. La ispirazione

La parola ‘ispirazione’ deriva da Spirito e dice “impulso che proviene dallo Spirito”.

Fino ad un recente passato la ‘ispirazione scritturistica’ é stata considerata o come unica o come privilegiata nei confronti di altri impulsi dello Spirito. Oggi il significato dato al termine ispirazione é più ampio e soprattutto è più aderente ai contenuti ed alle espressioni della Bibbia.

E’ bene anticipare subito un dato sintetico, da tenere presente mentre verrà analizzata la realtà indicata dal termine ‘ispirazione’ o dalla frase ‘ispirazione ad agire’, perché qui si parla di azione.

Il dato biblico ci presenta tre tipi di ispirazione:

.a. “ispirazione pastorale”: impulso che lo Spirito fa sentire sui “pastori” o guide del popolo;

.b. “ispirazione oratoria”: impulso dello Spirito sui portatori della Parola di Dio: profeti ed apostoli;

.c- “ispirazione scritturistica” (prolungamento e compimento delle altre due): impulso dello Spirito a raccogliere, fissare e tramandare il cammino di fede del popolo ebraico e la PAROLA di DIO = GESÙ’ CRISTO,

Nell’AT, lo ‘Spirito di Jahvè’ è una forza misteriosa che entra con potenza nella storia del popolo eletto e compie le opere di Jahvè, salvatore e giudice, Egli si impadronisce di uomini scelti, li trasforma, li riveste di forza, onde permettere loro di svolgere un ruolo eccezionale e, mediante loro, dirige i destini di Israele e la storia della salvezza nelle sue differenti tappe.

.a. Nei testi primitivi l’azione dello spirito è descritta come brusca e passeggera, Lo spirito agita, discende sul profeta, trascina, trasforma e rende subito adatte delle persone ad un determinato ruolo (Giudici), e largisce il dono della profezia e dei miracoli, In ogni caso è dono di Dio supremamente libero.

.b. I testi posteriori presentano lo Spirito di Jahvè che riposa e rimane su capi carismatici (Mosè, Giosuè, Saul, David), Si descrive la consacrazione dei re per indicare la presenza costante dello Spirito. Lo Spirito riposa su Elia, su Eliseo; i profeti sono stati i portatori privilegiati dello Spirito.

.c. Dopo l’esilio si scrive che Dio, con lo Spirito, ha parlato per bocca di antichi profeti e lo Spirito di Jahvè è chiamato ‘anima dell’ispirazione profetica’ (Ez 2,2; 3,24). I profeti riconoscono che si esercita su loro una pressione imperiosa (opera dello Spirito) per costringerli a parlare anche contro loro voglia. Essi parlano, ma il farlo costa e le parole sono quasi strappate di bocca. Affermano di ricevere la Parola di Jahvè dallo Spirito di Jahvè (ls 30,1; Zc 7,2). All’epoca messianica tutti in Israele godranno dell’ispirazione profetica (Gl 3,1 ss.).

Ed infine lo Spirito di Jahvè è la sorgente della vita morale e religiosa, “Porrò il mio Spirito dentro di voi, …voi sarete il mio popolo ed io sarò il vostro Dio (Ez 36,27-28).

L’azione dello Spirito nel NT è sempre presente ed è in ogni azione di Cristo, anzi le azioni di Cristo sono dello Spirito che è chiamato “Spirito di Cristo” (merita un discorso a parte).

In sintesi vi é un’ispirazione ad agire ed un’ispirazione a parlare.

E’ vero, non si parla di un’ispirazione a scrivere, ma noi possiamo parlare di un’ispirazione scritturistica, perché la Bibbia non ‘contiene’ altro che gli avvenimenti della Storia Sacra e gli insegnamenti orali che essa con serva in forma scritta.

 

  1. LA B I B B I A  NON CONTIENE ERRORI

Gesù dice sul valore della Legge: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i profeti, non sono venuto ad abolire ma a dare compimento (Mt 5,17)”, Questa frase fa pensare a qualcosa di incompiuto, perché imperfetto, che ha bisogno di essere completato, ultimato, portato allo stadio ultimo di perfezione o ‘compimento’.

Non è necessario pensare a qualcosa di errato; anzi si deve pensare a qualcosa in parte attualizzato, in parte rimasto latente, allo stato potenziale; in una parola qualcosa in cammino che con Cristo ha raggiunto la meta finale.

Ebbene quest’ultima valutazione-descrizione tiene conto delle tappe del tutto connaturali con la natura dell’uomo. La salvezza dell’uomo, oggetto del Piano Eterno di Dio, è dono di Dio, ma non può fare a meno della cooperazione libera e cosciente dell’uomo; e l’uomo raggiunge le sue mete camminando, passo dopo passo, conquista le vette palmo dopo palmo, salendo gradino dopo gradino.

Se la Bibbia fissa e contiene le tappe di questo cammino e di questa ascesa, non può non contenere aspetti parziali e stadi imperfetti in confronto alle conquiste successive: questo non deve ingenerare dubbi sulla presenza efficacemente illuminante ed operante dello Spirito sui figli di Abramo lungo i 20 secoli del loro cammino.

Le affermazioni del Signore che ricorrono in Mt cap. 5 (ad es. «Avete inteso che fu detto (agli antichi): “Amerai il tuo prossimo ed odierai il tuo nemico”; ma io vi dico: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano.»” 43-44) non hanno valore di denuncia di un errore, di una carenza, ma invito a fare ancora un cammino, a salire ancora dei gradini che in Cristo saranno gli ultimi; eppure la Chiesa, dopo 20 secoli, come il popolo ebraico, è ancora in cammino non per tappe non ancora manifestate, ma per una continua conquista del “già ma non ancora”.

Di altro genere è invece la domanda: La Bibbia contiene messaggi che non appartengono a Dio e presentati come suoi? Contiene messaggi svisati e quindi con errori? L’assistenza continua, operante ed efficace dello Spirito di Jahvè ci garantisce che la Bibbia contiene integri i messaggi su Dio, sulla natura, sulla storia, sull’uomo e sulle relazioni tra Dio e l’uomo.

Da fare attenzione però che l’assistenza dello Spirito di Jahvè non è impegnata per quanto appartiene al modo di esprimersi, all’uso del linguaggio mitico. La Bibbia è come una noce di cocco: quel che è buono è sotto tanto materiale di scarto che è necessario asportare per venire in contatto con il messaggio genuino. Questo è il vero lavoro del credente il quale è assistito dallo Spirito come chi ha scritto ed è stato protagonista per le cose che sono state scritte.

Per questo motivo è giusto dire che in qualche modo la rivelazione continua. Certamente non nel senso che si possa aggiungere qualcosa al massimo della Parola di Dio, e cioè GESÙ’ CRISTO, PAROLA di DIO fatta UOMO; ma certamente nel senso di una comprensione sempre più ampia e profonda del Cristo, in cammino con noi, perché noi siamo membra della Chiesa, cioè membra del Corpo di Cristo.

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