LAUDI POETICHE PER IL PELLEGRINAGGIO IN SANTA CASA DELLA MADONNA A LORETO. Mantova 1749. trascrizione di Albino Vesprini

LAUDI SPIRITUALI

Da cantarsi nel Santo Viaggio

A  L O R E T O

Per sollavarsi dalla stanchezza,

ed infiammarsi nel desiderio

di vedere

L A   S A N T A    C A S A

ED IVI ADORARE

LA SANTISSIMA VERGINE

M  A  R  I  A

In MANTOVA, MDCCXLIX

Per Ercole di Alberto Pazzoni

Laudi spirituali da cantarsi nel viaggio e nel ritorno dalla Santa Casa di Loreto

Noi siamo i Pellegrini,

che ci poniamo in via,

per andare a Maria

          di Loreto.

Ciascun venga pur lieto

a quella Abitazione,

ch’è casa d’Orazione,

          e tutta d’Oro

Non v’è in Terra Tesoro,

non v’è sì Sacro Luogo,

dov’ha l’alma il suo sfogo

             con Maria.

Non v’è Casa si pia,

dove sia salvo ognuno,

né vi perisca alcuno,

          come in quella,

Non v’è stanza sì bella

quaggiù sia più beata,

né che sia mai più grata

          al Redentore.

Non v’è Tempio d’onore,

sì prezioso, e raro,

che possa essere più caro

          al nostro Dio

Non ve Tetto sì pio,

né  men più sacrosanto,

già che de’ Santi il Santo

          l’ha abitato.

Non c’è altare più ornato

di più bel Reliquiario,

s’è tutto un Santuario

          da adorarsi.

Né in Terra può trovarsi

la più gradita reggia

dove abbia la sua seggia

          la gran Madre.

Dove l’Eterno Padre

spedì il suo Divino Figlio,

dopo l’alto Consiglio

          ivi seguito.

Dove fu definito,

 non poter l’Uomo salvarsi,

senza il Verbo incarnarsi,

          e poi morire.

Andiamo a riverire

Casa si generata

e Vergine inviolata

         ad adorare.

Ognun l’ha dà chiamare

per Madre del Signore

per riempirsi il core

         di virtude.

Ella, che al vizio chiude

con la sua man la via,

e dona l’alma ria

         la puritade.

Fa dono d’umiltade,

e rende casto, e bello

l’uomo che era già bello

          al Creatore.

Ciascun or con dolore

venga contrito, e pio,

sicuro d’aver Dio

           in compagnia.

Avrem buona la via,

avrem sicuro il viaggio,

e senza alcun disaggio

           arriveremo.

Ma quanto ben faremo,

se mentre camminiamo,

le laudi noi cantiamo

            di Maria.

Orsù con voce pia,

le laudi unitamente,

ma ben divotamente

            recitiamo.

Si recitano le litanie

Torniamo al nostro canto,

che senz’alcuna pena,

anzi con maggior lena

             n’anderemo.

Oh quanto goderemo,

se nel nostro viaggiare

saprem la mente alzare

              verso il cielo.

Là sì che senza velo

vedrem il Divin Padre,

vedrem la cara Madre

          del Signore.

Oh quale, oh quant’amore

ci sveglierà nel petto

la Madre del diletto

          nostro bene.

Se quaggiù ancor le pene

commuta in gran piacere

il poter sol vedere

           sua Casa pia.

Ma quando in compagnia

di tutti in Cielo i Santi

vedrem poi tutti quanti

           il suo bel volto?

Allor ci verrà tolto

dal cor ogni timore

dal corpo ogni dolore

           ogni tristezza.

Oh quando tal bellezza

della gran Donna in viso

vedrem il Paradiso,

           oh quando sia?

Basta dir che Maria,

pria d’essere concetta

fu dal gran Padre eletta,

           e destinata.

Per Pura, e Immacolata

Vergine insieme, e Madre,

di quello, a cui è Padre

           Iddio Signore.

Lo Spirto Santo Amore

l’elesse per sua Sposa

quindi tutta amorosa

           Egli la rese.

Perché in essa distese

di grazia ogni pienezza,

del Ciel ogni bellezza,

           ogni possanza.

Oh quanto sopravanza

di purità in candore 

la Madre del Signore

            tutt’i Santi.

Deh siam pur noi amanti

d’una sì gran Signora,

che tutto il Cielo adora

              per Regina.

A Lei ancor si inchina

il Mondo, e ‘l cupo Inferno

a suo grande scorno eterno

               da Lei vinto.

Così sia pur estinto

dentro del nostro cuore

ogni fiamma d’amore,

               che sia profano,

E’ ben di core infamo

chi non si accende tutto,

né si sente distrutto

                per Maria.

Ma se qua nella via

Sentiam tanto conforto,

che sarà poi nel porto,

            in vagheggiarla?

Poniamoci a contemplarla,

e con alzar la mente

pensiam divotamente

           a tal Signora.

Ella è la vaga Aurora

per lui comparsa al mondo

che lo rese giocondo.

           e tutto lieto.

Non v’è Mar più quieto

di Lei pia, e cortese,

ch’altrui placa le offese,

           e ‘l tutto puole.

Non c’è più chiaro Sole

di Maria si clemente,

che rischiara ogni mente,

           e fa pudica.

Non c’è Stella più amica

di Lei, che può scampare

noi dal turbato Mare

          senza Barca.

Non c’è Nave più carca

di Lei, che da lontano

il Pane a noi sovrano

          ben appresta.

Della Vergine questa

Non c’è più bel Giardino,

ove il Verbo Divino

          vi s’innesta.

Aura non v’è più fresca

della madre beata,

dove l’alma affannata

         si riposa.

Non c’è più vaga rosa

di Madre sì modesta,

che al puro amor ci desta,

          e vi ci infiamma

non c’è più viva fiamma

della sposa d’amore,

che abbruccia l’altrui core,

           senza pena.

Non v’è Terra più amena

della Vergine amante

dov’ogni cor costante

            si ripianta.

Non c’è più nobil Pianta

di Lei, che ci ha prodotto

quel Santo, e Divin Frutto

             del suo Figlio.

Non v’è più grato Giglio

della Vergine Madre,

ch’alle Verginee Squadre

             renda odore.

Non c’è miglior liquore

di Lei, ch’è il dolce Rio,

al qual bevette un Dio

              per noi nato.

E se Lei ce l’ha dato,

non v’è già maggior Bene

se dentro se contiene

               Iddio stesso.

Ad un tal riflesso

ciascun s’ha da infiammare

l’affetto a ravvivare

          in ver Maria.

Non c’è Sposa, che dia

come Ella nel suo viso

mostra di Paradiso

          a chi l’onora.

Meditiamo per mezz’ora

il suo merto, e le virtù

per amarla sempre più

          come dobbiamo.

Qui segue mezz’ora di divota Meditazione sopra le virtù della SS. Vergine così viaggiando

Or che diremo adesso

che abbiamo meritato,

e di Maria pensato

          le grandezze.

O grandi, o gran bellezze

o gran virtudi abbraccia

chi è piena della grazia

          il suo Dio!

Dì fu, dì fu cor mio,

e parla la lingua mia,

ciò che di Maria

           hai contemplato.

Dirò mi sono fermato

a pensar l’umiltà,

e la gran purità

          del di Lei core.

Che innamorò il Signore

a prender di lei in carne,

venire ad abitarene

            tra mortali.

Per liberar da mali

noi Peccatori tutti,

che andavamo distrutti

             dal Peccato.

Oh quanto ben ci ha fatto

La Purità sì monda,

e l’umiltà profonda

               di Maria.

A l’Lei grazie ne sia,

che sua mercé salvati

siamo per lei liberati

               dall’Inferno.

In eterno, in eterno

a Lei siam obbligati

Le dobbiam esser grati

               di tal bene.

Il sangue nelle vene

per Lei spender dobbiamo

se Lei di cuor amiamo,

                 e pur è vero

Che tutti da dove

all’lei tenuti siamo

del bene, che aspettiamo

                  lassù in Cielo.

Fu causa il suo gran zelo,

che presto discendesse

chi per Madre l’elesse

          quaggiù in terra.

Per Lei pur si disserra

al peccatore la gloria,

e a chi vuol vittoria

          vien concessa.

Ognun pure confessa,

che chi di lei la vita

col suo favore imita,

           si fa Santo….

E’ pur ver altrettanto,

che da pensieri carnali

La Purità sua vali

           a liberare.

Così per discacciare

La gran superbia altiera

l’umiltade  sua vera

            fu provata.

E chi l’ebbe invocata

delle colpe il perdono,

di castitade il dono

             ha ricevuto.

Anzi chi fu perduto,

e l’alma aveva dato

a Satana disgraziato

             ebbe la grazia.

Che tale fu l’efficacia

della Madre di Dio,

che il scolerato, e rio

             fu salvato.

Dunque da noi lodato

chi è il nostro caro Padre,

che del Figlio la Madre

         tanto onora.

Allegri stiamo pur ora,

e vada ciascun quieto,

ch’andiam verso Loreto

          alla sua Casa.

Sì sì alla santa casa

noi tutti i suoi divoti

i nostri umili voti

            offriremo.

Là sì supplicheremo

La Madre Santa, e Pia,

la Vergine Maria

              a farci i Santi.

Che s’ha salvati tanti

del suo Figliol nemici,

concederà agli amici,

               almeno un guardo.

Che quasi come dardo

chiediam nel nostro core

per fiamme del suo amore.

                 E nostra vita.

Ma perché sia esaudita

la nostra umile preghiera,

de’ Santi la gran Schiera

                  invochiamo.

Le loro laudi cantiamo

con vera divozione

e con questa intenzione

           di pregarli.

Anzi di supplicarli

lodato per noi Maria,

e in nostra compagnia

          riverirla.

Qui si cantano le Litanie de’ Santi con tutte le Preci ed Orazioni.

Or chi abbiam riposato,

e d’altro già discorso

torniamo al nostro corso.

           In ver Maria

abbrevierà la via

né sentirem stanchezza

se la di Lei grandezza

            esalteremo.

Oh quando giungeremo

a quella Casa Santa,

oh quanta gioia, oh quanta

              proveremo.

Assai ben più godremo,

che nel vedere Paesi,

Città, Monti scoscesi,

               e Valli, e Mari.

Questi scorran  gli avari,

che cercano novitadi,

per noi sono vanitadi

                da vedere.

Tutto il nostro piacere

è poter arrivare,

è poter adorare

          il Sacro Tempio.

Sarebbe ben un empio

chi per vederla via,

e non sol per Maria

            là n’andasse.

Piuttosto si levasse

costui di compagnia

di chi corre a Maria

             per sol amore.

E pur un grand’onore

ci fa Nostra Signora

s’ella fra poco d’ora

              noi abbraccia.

Tra le sue care braccia

In sua Casa paterna,

che sarà forsi eterna

               ancora in Cielo.

Abbruggi il cor di zelo,

si pongan l’ali al piede,

si voli sin si vede

                 il Sacro Tetto.

Oh qual, oh qual diletto

aspetta il nostro interno

nell’albergo materno

                   del Signore.

Per passar presto l’ore

del santo cammin nostro

chiediamo l’aiuto vostro

                     o gran Reina.

La carità sì fina,

che verso ognun mostrate

a noi or non negate

          o Madre Santa.

Se la speranza è tanta

che tutti in Voi abbiamo

che tutto noi speriamo

            d’ottenere.

Il vostro gran potere

sopra di noi stendete,

che venir ci vedete

             al vostro albergo.

Ci servirà d’usbergo,

la vostra Protezione

in qualunque occasione

              si presenti.

Mentre noi siamo intenti

a questo santo viaggio

senza curar disaggio

               a vostr’onore.

Tu ancor Gesù Signore

in grazia di Maria

aiutaci per via,

                in ogni passo.

Che no viaggiam per spasso,

bensì con fede santa

per la tua Madre Santa

                 riverire.

E tu vieni ad aprire

o Gabriele letto

il sentier più perfetto

         per Loreto.

Se là scendesti lieto

A recar la novella

alla gran Verginella

          fatta Madre.

Colà l’Eterno Padre

ti spedì Messaggiero

il tuo Divin pensiero,

           a noi salvare.

Ti preghiamo preservare

La vita nel cammino

e l’aiuto Divino

            ad impetrarci.

Intanto a sollevarci

dal lungo camminare

potrem noi recitare

             alcun Rosario.

Così ci parrà vario

l’andare che facciamo,

e in tanto meritiamo

               per il Cielo.

Ha dunque con buon zelo

Maria salutiamo,

e i Mister pensiamo

                 Gaudiosi.

E dopo i Dolorosi

ancor m’eviteremo,

e poi seguiteremo

                  i Gloriosi.

Qui si recita in una, o più volte l’intiero Rosario della Beata Vergine.

Dopo pranzo verso sera si segue.

Ormai s’appresta sera

e noi Maria ancora,

colla sua Casa ogn’ora

          veneriamo.

Ricorso a Lei facciamo

acciò senza mestizia

finiamo, Lei propizia

          la giornata.

A fin che sia impiegata

intiera per suo amore

cantando in tutto l’ore

          le sue lodi.

La notte, e ‘l dì t’applaudi

La Terra, e ‘l Ciel t’onori

La Luna, è ‘l Sol che t’indori

          o Santa Casa.

O Sacra, o Santa Casa,

quando sia mai quel giorno

ch’in te te facciam  soggiorno,

           e t’adoriamo.

PrOstrati veneriamo

le tue sacrate mura

acciò la mente impura

           ci compungi.

Da noi fa che sia lungi

del cor ogni durezza

acciò la tua bellezza

          ci innamori.

Da noi gli scacci gli errori,

da noi tolga i peccati

perché santificati

            noi entriamo.

E visitar possiamo

la nostra Albergatrice,

cogn’alma peccatrice

             al Ciel converte.

Sì,sì vedrem aperte

le braccia di Maria

per stringer l’alma mia

              nel suo seno.

Il nostro cor ripieno

di quanta festa, oh quanta,

in quella Magion Santa

               sentiremo.

Né pur parlar potremo

per la grande allegrezza,

e per la gran dolcezza

                proveremo.

Beati allor saremo

in Casa di Gesù,

bramar non potrem più

                  noi quivi in terra.

Là la si finì la Guerra,

là dentro si fe pace

tra Dio, e l’Uomo audace

          per Maria.

La pace con noi sia,

godremo un Paradiso,

se Lei con lieto viso

          ivi ci mira.

Ad essa il cor sospira,

ma se tramonta il Sole

noi alla Madre, e Prole

          diam saluto.

La bella Pianta, e ‘l Frutto

adorerem cantando

qualch’inno recitando

          in lor onore.

Si può dir con fervore

l’inno Ave Maria Stella

a chi si chiamò Ancella,

ed è Signora.

Qui si canta divotamente: Ave Maris Stella.

Per la mattina seguente, e per due altri dì servirà il resto che segue da cantarsi interpolatamente

Ne’ nostri primi passi,

che diam questa mattina,

La Stella Mattutina

          salutiamo.

Adunque che invochiamo

Madre del Creatore,

Madre del Salvatore

          Madre possente.

Tu sei ancor Clemente,

tu sei Inviolata,

sei Intemerata,

           e di gran Fede.

Ognun perciò ti crede

degna da venerarsi,

degna da predicarsi,

            e d’ogni onore.

Verso di Sant’Amore

sei specchio di giustizia,

causa d’ogni letizia,

             e d’Orazione.

Vaso di divozione,

Madre di Puritade,

Madre di Castitade,

             e tutta pura.

Veniam alle tue Mura,

ch’è Casa tutta d’Oro

essendo tu il Tesoro

             che in sé vanta.

Tu sei la Terra Santa,

in segno Tu di Pace;

la Scienza più verace

              in te risiede.

Beato chi possiede

Te Madre d’ogni Grazia,

ch’hai tutta l’efficacia

            presso il Figlio.

Mentre che in questo esiglio

al Peccatore dai mano,

l’infermo Tu fai sano,

          ognuno aiuti.

La sorte ancor tu muti,

 se tu con tanto zelo,

fatta Porta del Cielo,

           i Rei accetti.

Rendendoli tu netti,

e al Signor ben grati

dalle colpe purgati,

            e non più immondi.

Tu degli Angeli mondi,

de’ Patriarchi santi,

e de’ Profeti tanti

             sei Reina.

A te pure s’inchina

l’Apostolico coro,

i Martiri anche loro,

              e i Confessori.

Le Vergini, i Dottori,

e tutti in Ciel gli eletti,

tuoi Servi sono costretti

               a nominarsi.

Noi prima di inoltrarsi

ti supplichiamo divoti

gradire i nostri voti,

e le preghiere.

Al Nord con grande piacere

faremo il nostro viaggio

né temeremo disaggio,

           o pur stanchezza

O con quant’allegrezza

verremo a Te Maria,

se in questa nostra via

             ci farai guida.

Ciascun di noi s’affida

alla tua Protezione,

e con gran Divozione

               ora ti chiama.

Mentre ogni cor ti brama,

ogni lingua  t’implora,

ogni mente t’adora,

                 ognuno t’ama.

S’accende sì gran fiamma

dentro de’ nostri petti,

che fa, ch’ognun s’affretti

                   nel cammino.

Quel gran Tempio Divino,

quella Magion si santa,

oh quanta pena, oh quanta

                    al cor ci mette.

Mentre ciascuno riflette

dal tanto lungi stare,

ch’al cor si vien tardare

                     il suo diletto.

Veder quel Sacro Tetto,

quelle Mura Beate,

quelle Statue Sacrate

                      di Maria.

Precorre il cor la via,

e là giunge veloce,

ove né men la voce,

          ancor arriva.

La speme in tanto avviva

Il nostro cor gelato

all’Oggetto Beato,

           che bramiamo.

A te la mira abbiamo,

che a tutti sei conforto,

in questa vita Porto

            di salute.

Oh quant’alme perdute

furon per Te salvate,

ed ora son Beate

             in Paradiso.

A noi rivolgi il viso,

a noi la mano stendi,

e ‘l nostro pié difendi,

               e fa felice.

Di Dio tu Genitrice,

tu Verginella, e Madre,

Figlia del Divino Padre,

               e fatta Sposa.

Del Santo Amor, che posa

Nell’Anima diletta,

di niun peccato infetta

               e Immacolata.

Non è di cor umano

chi non rivolge il piede

là dove ebber sua fede

               Gesù, e Maria.

Dov’eran stati i pria

ripieni di favori

i santi genitori

          di Maria.

La dentro umil, e pia

col Figlio, e col suo Sposo

con tratto rispettoso

            Ella se ne stava.

Ivi pur allevava

il suo Figlio la Madre,

e lo offriva al Padre

             ben di cuore.

Là dentro sì ‘l Signore

Ancor picciol Bambino

il suo Corpo Divino

              tormentava.

Là dentro  meditava

nel suo pensier interno

come il suo Padre Eterno

                placar dovea.

Per la Natura rea

dell’uomo disordinato

per cui s’era incarnato

                 in essa Casa.

La Madre persuasa

dal sospir del Figlio,

dall’inarcar del ciglio

                  ch’ei faceva.

Anche ella pur piangeva,

e al pianto del Figliuolo

univa anche il suo duolo

           e i suoi sospiri.

Là dentro i gran martiri

d’amara sua Passione

della Crocefissione

          aveva in mente

Gesù l’Onnipotente,

che là prostrato orava,

per l’Uom colà pregava

          del perdono.

Di là giungeva il suono

delle sue voci al Cielo,

e dal Divin suo zelo

           eran tirati.

Ivi I Spiriti Beati

a vagheggiarlo in viso

più bel del Paradiso

           ivi veduto.

Gesù riconosciuto

costretti eran fermarsi

là dentro, e seco starsi

            e non partire.

Bensì d’amor languire

languir con lor Maria,

e seco in compagnia

            ancor Giuseppe.

E chi trovar mai seppe

quaggiù più bel ricetto,

se non quel Sacro Tetto,

            ch’albergo diede,

a chi nel Ciel risiede,

alla sua Madre Santa

ad una parte tanto da

di sua Corte?

          Oh ben felice sorte,

se là, giunger potiamo

e se là dentro entriamo

           oh fortunati.

Oh bene avventurati,

se siamo fatti degni,

di porre i piedi indegni

            in quella stanza.

N’abbiamo la speranza,

ma entrar sotto quel Tetto

fa il cor tremare in petto

             al Peccatore.

Oh Dio! Con quale orrore

calcar l’orme di Cristo,

chi sino ad or fu tristo

               e cieco, e insano.

Dunque con pié profano

calcar dovrem que’ sassi,

che impresser co’ suoi passi

                Gesù, Maria?

Nò nò, si scacci pria

dall’alma ogni peccato,

ognun così sia grato

                  al nostro Dio.

Che il cor contrito, e pio

Là dentro lascia entrare,

per ivi contemplare

                   i gran Misterj.

Gli arcani occulti, e veri,

per cui siamo presenti,

e dagli eterni stenti

          liberati.

Là dentro dispensati

dal Ciel sono tutti doni,

di là gli Eletti, e i Buoni

           escono Santi.

Oh quanti entrati, o quanti

seguaci pria del mondo

n’uscirono col cor mondo

            più perfetto.

Anzi Santo, è perfetto

ripieni sol d’amore

verso del lor Signore

             e Madre Santa.

Oh Sacra Casa, o Santa

da lungi a te veniamo,

da lungi t’adoriamo,

             e chiediam grazia.

Vedere a faccia, a faccia

dopo sue mure sacre

Gesù con la sua Madre

              in Paradiso.

Vedere a viso, a viso

il Facitor superno,

il Ciel tutt’in eterno

              Ognuno prega.

Giacché nulla Dio niega

di quel, che in te si chiede

dal Pellegrin con fede

               per Maria.

Noi tutti in compagnia

ti riveriamo Signora,

tu rilucente Aurora,

          e Sol nascente.

Tu detta anticamente

Grand’Albero della Vita,

bella Verga fiorita,

            e Campo ameno.

Chiamata Ciel sereno,

tu Scala misteriosa,

tu pur mistica Rosa,

            Roveto ardente.

Tu Nube risplendente,

tu Sacrosanto Monte,

tu cristallino Ponte,

            e Porta chiusa.

Arca di Grazia infusa

Reina tu famosa,

Giuditta vittoriosa

              del Dragone.

Tu Vel di Gedeone,

del Tempio l’Edifizio

altar del sacrifizio

               Verga di Jesse

Sotto queste ombre espresse

bella Madre d’Amore

lo Spirto del Signore

                Tua bellezza;

Di grazia alla pienezza

Verginità feconda,

Tua luce, che s’nfonda

          in ogni mente.

Poter sopra ogni gente,

dominio in Ciel, e in Terra,

e fin dove si serra

          il cupo Averno.

Lodiam tutti in eterno

sì grand’Imperatrice

di Dio Genitrice,

          e Figlia, e Sposa.

Sin che il nostro piè posa

nella sua Casa stessa,

ov’ella  genuflessa

            orò più volte.

E le sue preci accolte

dal suo Figliuol Bambino,

col suo merto divino

            al Ciel offriva.

Dov’Ella pur soffriva

vedere un Dio fanciullo

a servir di trastullo

           al buon Giuseppe.

Dove questi ancor seppe

i più segreti arcani

da Spiriti Sovrani

             rivelati.

Dove  lor tre profeti

a santa, e frugale mensa

fiamma d’amore intensa

             li cibava.

Dove Gesù parlava,

dove Giuseppe udiva,

e la madre gioiva

          in tanti affetti.

Quindi d’ognora i petti

freddi, ed agghiacciati

là dentro appena entrati

           son accesi.

Da Sant’Amor sono presi,

dal respirar quell’aura,

là dentro si restaura

              il Pellegrino.

Dunque presti al cammino

per tosto possedere

quanto si può godere

               quaggiù in Terra.

Nel Tempio, ove si serra

il maggior Reliquiario,

il Sacro Santuario,

                e Magion Santa.

Oh quanta gente, oh quanta

là dentro troveremo,

e piangere noi vedremo

                  per Amore.

Quanta con gran dolore

sacro suol prostesa,

detestare ogni offesa

                  a Dio fatta.

Quanta poi soddisfatta

davvero pure adorato,

baciato e ribaciato

il Sacro Luogo.

Cercare al suo cor sfogo

con novi baci, e pianti

dentro que’ muri santi

          ancor languire.

Quanta nel suo partire

volgere a dietro l’occhio,

e in terra col ginocchio

          là gridare.

Vuole il mio cor tornare

senza restarmi in petto

al Sacrosanto Tetto

           di Maria.

Sen torna l’Alma mia

in quella Casa Santa,

ov’ebbe gioia tanta

           entro que’ muri.

Avrem noi cor sì duri,

che non bruciam affatto,

che non resti disfatto

            il corpo intero.

Al bel sguardo primiero

della Stanza Divina

si dia a cor la mina

            e n’esca fuori.

E senza far dimora

precorra i nostri passi,

e ratto entro que’ sassi

Maria ador i.

Indi ritorni fuori

di quel sacro rigetto,

e ci ritorni in petto

ad abbruggiare.

Hor su su a camminare

s’ella mirar vogliamo,

s’ella adorar bramiamo

          di preferenza.

Ahi che gran veemenza

d’affetto al cor sentiamo

cantar più non possiamo

il cor si serra.

Al primo vedersi da lungi la Copola della Santa Casa si canti in ginocchio.

Presto il ginocchio a terra

a terra, a terra Amici

o quanto siam felici

          ecco Loreto.

Ecco sì mostra a deto

La Casa di Maria

il fin di nostra via

           il Ciel sereno.

Cantiam a coro pieno;

da lungi ti miriamo,

a te noi sospiriamo,

           o Santa Casa.

Oh sacra, o Santa Casa,

di qua ci veneriamo

di qua noi ti inchiniamo

            ben di core.

E tutto il nostro amore

a te noi tributiamo,

prostrati  t’adoriamo

o Santa Madre.

Si levi in piedi, e camminando si prosiegua.

Rendiamo grazie al Padre,

al Figlio, al Paracleto

al Luogo di Loreto  

          siam vicini.

Allegri, o pellegrini,

che il resto del sentiero

ci sarà assai leggiero

           più che prima.

Qui sì perdiam la rima

in questo nostro canto

mentre Loreto Santo

           ci sta in vista.

Qui sì nessun s’attrista

dal lungo camminare,

ma ben vorria volare

            al Sacro Tetto.

S’accende il fuoco in petto,

ci abbrucia in petto il core

dalla fiamma d’amore

             in ver Maria.

Nessun lo crederìa

quanto si goda adesso,

che si vediam d’appresso

alla sua Casa.

O Santa, o Santa Casa,

nostro conforto, e vita,

or or è pur finita

          la via nostra

Di novo ognun si prostra

a terra co’ ginocchi,

e con le lacrime agli occhi

           ben t’adora.

Oh quando sia quell’ora

che al santuario giunti

nel cor tutti i compunti

            ne restiamo.

Allor sì che vogliamo

baciar que’ Sacri Muri

che da Maria sì puri

             furon resi.

Allor sì che prostesi

su quel sacrato suolo,

la Madre, e lì il Figliuolo

              adoreremo.

A loro afferiremo

i nostri passi, e ‘l viaggio

ogni stento, e disagio

              avrem sofferto.

Ma quest’è poco certo

s’ancor il sangue, e vita

con che pur sia gradita

               non si doni.

 E pregarem perdoni

dal Ciel l’Eterno Padre

pe ‘l Figlio, e per la Madre

           a noi gli errori.

Che raggi, e che splendori

di sante illustrazioni,

a noi sia che si doni

          da Maria.

Giunto ciascun che sia

là dentro ad adorare

vorrebbe ognuno spirare

           e non uscire.

Vorrebbe ognuno morire

in quel Sacro Ricetto,

dove Gesù concetto

            prese carne.

Vorrebbe ognun restarne

là dentro seppellito

là dentro incenerito

            dall’amore.

Or dentro il nostro core,

qual fiamma ne discende,

o qual ardor s’accende

             in santi affetti.

O s’apriranno i petti,

o bruggieranno i cori

a sì focosi ardori

             Verginali.

O d’onde tanto vali

o Casa Sacrosanta,

ch’accendi fiamma tanta

             sol veduta?

E che sia poi goduta

nel Santuario interno,

dove l’Amore superno

          si diffonde?

O quanti doni infonde

in grazia di sua Sposa

a quell’alma amorosa

            ch’ivi trova.

Questo da noi si prova,

che là solo al mirare,

sentiam a liquefare

              i sensi nostri.

S’abbruggia pure i mostri

delle fiere passioni,

delle varie affezioni,

                che in noi sono.

Questo chiediamo in dono,

per questo a te veniamo,

affinché diventiamo

                  tutti santi.

Sarà questo tra i vanti

delle grazie maggiori

far santi i Peccatori

                  al sol mirarti.

Possiamo ben consacrarli

Le brame, e ti i sospiri

del nostro cor martìri

                   o Santa Casa.

Oh Sacra, o Santa casa

alziamo le pupille

ben mille volte, e mille

                    al Sacro Tetto.

A quel felice aspetto

ciascuno ne vien meno

dal gaudio di ch’è pieno

           per Maria.

Ognun sol tacerìa

per concepir grand’atti,

per offerir gran fatti

          di virtudi.

Fiasco dunque si studj

e si prepari avanti

all’esempio de’ santi

          e or tacciamo.

Ma che tacer? miriamo,

se siamo giunti in tanto

al Luogo Sacrosanto,

          ecco le Mura.

O Casa Santa, e pura

noi siamo qui ben umiliati,

di nuovo a Te prostrati

          T’adoriamo.

Qui sì imprimer vogliamo

in quelle pietre i baci

testimoni veraci

          dell’interno.

Qui si col pianto esterno,

dopo fermati passi,

laverem questi sassi

          qui d’intorno.

Qui si di notte, e giorno

nostri cor amorosi

sospiri ben pietosi

           manderemo.

Qui sì si sentiranno

gli affetti, le preghiere,

che con sommo piacere

           offeriremo.

Qui sì supplicheremo

La madre e il divino figlio a donarci del giglio

            dell’onestade.

Fervor di caritade

al prossimo, e a Dio

chiediamo con cor ben pio

              da Maria.

L’altra virtude sia

un’umiltà profonda,

che dentro il cor s’infonda

               dal Signore.

Poi tolga ogni malore,

che il corpo ci molesta,

e dal servirlo arresta,

                e dal lodarlo.

Ne ci scordiam pregarlo

ancor per i Congiunti,

se vivi, che defunti

                 noi abbiamo.

Qui il canto terminiamo

per ben sfogare gli affetti, ch’abbiam nei nostri petti

                  in ver Maria.

Quando si sarà o appresso, o sull’Atrio del Sacro Tempio si canterà con tutto giubbilo di cuore, come segue.

Ognun ami Maria,

ogni lingua alla Lodi,

ognuno in tutti i modi

          a Lei si dia.

Dica ciascun, Maria

tu sei conforto mio,

liquefarmi desìo

          al tuo aspetto.

Si strugga questo petto,

s’incenerisca il core

dalla fiamma d’amore

          verso Te?

O Dio beato me,

s’arder potessi canto,

ch’avessi gloria, e vanto

morir per Te?

O Dio beato me,

se qui arrestar finita

potesse la mia vita

sol per Te?

O Dio beato me,

se con quivi morire,

al Ciel potessi gire

a veder Te?

O Dio beato me,

Ahimé ch’io moro, e spiro,

perché con un sospiro

          non vengo a Te?

O Dio beato me,

Che certo vuol morire,

né vuol di qua partire,

           e lasciar Te.

O Dio beato me,

ti chiedo al fine Maria

spirar or l’Alma mia

             in grembo a Te.

O Dio beato me,

o Madre, o Figlio ancora,

deh frate, che in quell’ora

             in Voi io spiri.

Dopo nel partire da Loreto, e nel ritorno a Casa.

Noi siamo i Pellegrini,

che torniamo da Loreto,

col cor tranquillo e quieto

          a Casa nostra.

Ma sin che a noi si mostra

da lungi il sacro tetto

ci salta il core in petto

              per dolore.

Ci risospinge amore

indietro ritornare

l’albergo a visitare

          di Maria.

Amara ora è la via,

e poco abbiam conforto

per esser fuor del Porto

           ov’eravamo.

O quanto volevamo

in quella casa Santa

dove con gioia tanta

           siamo stati.

Oh bene avventurati

Son stati i cori nostri,

ognun quivi si prostri

            e s’inginocchi.

E rivolgendo gli occhi

con dare un sguardo lieto.

miriamo ancor Loreto

            da vicino.

Con umìle inchino

la Santa casa onori

poi la Vergine adori,

            e la saluti.

Qui sì prostrati tutti

il Tempio benedetto

con rIverente affetto

            veneriamo.

A te ci rivolgiamo

o Madre intemerata

da tutti venerata

             T’adoriamo.

E pria che ci partiamo,

ti ridoniamo i cori,

acciò Tu gl’infervori

          e ti lasciamo.

Ma che linea proviamo

a slontanare il piede

da quella Santa sede

           di Maria.

Orsù partiamo via,

perché, finché si veggia

quella sacrata Regia

            qui staremo.

Nel un passo pur daremo

a proseguire il viaggio

fin che il divino Palagio

             abbiamo in vista.

O quando mai attrista

il non più rivedere,

nè poté più godere

              il dolce aspetto.

Il sacrosanto tetto,

che l’alma ci ha rapita

e di novo c’invita

                a lui tornare.

Non lo potiam scordare,

e fin che viveremo

in desiderio avremo

                 ivi tornare.

Ma se vogliam quietare

un po la nostra mente

preghiam divotamente

           e andiam cantando.

Kyrie, etc

Dopo poi a tempo.

Noi siamo i Pellegrini,

che a casa ritorniamo

dopo veduto abbiamo

           la Casa di Maria

Dolce sarà la via

con la memoria grata

dìaver noi visitata

            Casa Santa.

Davvero con gente tanta

là dentro venerata,

e di cor adorata

            Nostra Dama.

Che Mondo tutto l’ama,

e là corre pietoso,

e tutto ossequioso

             ad inchinarla.

Chiediam pur noi d’amarla

essi si mantenga acceso

l’amore, che c’è disceso

             dentro il petto.

Là sotto il sacro Tetto,

dov’arse nostro core

presso dal Sant’Amore,

              che ci ardea.

Ho quanta forza avea

quell’amato Ricetto

a muovere ogn’affetto

          dentro i cori.

Se il sol mirar di fuori

que’ sacrosanti muri

i petti anche più duri

             intenerisce.

Il Turco, e il Mor mugisce

per aver loro in faccia

Forte di sì efficacia

              sopra il mare.

Quell’è quel Sacro Altare,

quell’è quel divin Tempio,

che bramerebbe l’empio

                sradicare.

Le inviò perciò, a donare

quelli Cereo veduto,

con che volea distrutto

                il Santo Luogo.

Ma non ebbe il suo sfogo

il Cereo artificiale,

che da mano virginale

                venne estinto.

Così con scorno vinto

fu l’Ottoman sgraziato,

che invano avea tentato

                  sì gran male.

O quando, o quanto vale

del Ciel l’Imperatrice,

di Dio la Generatrice

                   tutto puole.

Ottiene quant’Ella vuole

pietosa co’ suoi servi,

terribile a’ protervi

         si dimostra.

Ell’è l’Avvocata nostra,

ancor è nostra Madre,

dell’Inferno le squadre

         non temiamo.

Basta ci ricordiamo

di quanto abbiam veduto,

di quanto abbiamo goduto

          in quella Stanza.

Oh quanta, o qual speranza

dobbiamo noi avere

d’essere sempre a godere

           Maria in Cielo.

Lassù senz’alcun velo,

se qui ci ha graziati,

accolti, e di albergati

           in propria Casa.

S’ha da venir persuasa

La nostra compagnia

della Madre Maria

           esser diletta.

E dal suo Figlio eletta

per sempre al Paradiso

a vagheggiare in viso

           il nostro Bene.

Lungi timor di pene,

lungi timor d’oltraggio

in questo santo viaggio,

           che facciamo.

Per Protettrice abbiamo

chi debellò l’Inferno,

e chi del Verbo Eterno

          è Genitrice.

Abbiamo protettrice

chi in qual strada si sia

sarà per ogni via

          nostra Guida.

Sempre potente, e fida

a buoni Pellegrini;

dunque ciascun cammini

           allegramente.

S’abbiamo del Mar lucente

per luminosa Stella

Maria Vergine bella

            senza uguale.

Vergine trionfale,

sicura, e fida scorta,

che al Ciel l’Anima porta

             ove riposa.

Con voce lagrimosa,

e con alti sospiri

ver noi preghiam, che giri

             i dolci rai.

Se là de’ nostri guai

cessaron le tempeste

quando il Nunzio Celeste

Ti diè pace.

Se là il Verbo verace

unì l’Umanitade

con la sua Deitade

          e in Te discese.

Madre dunque cortese,

mentre sei nostra spreme

spezza l’aspre catene

          a i peccatori.

E se chi fuor d’errore

guida alla chiara luce,

che al Porto ne conduce

          di Salute.

Tu pur ogni virtute

c’impetra dal tuo Figlio

e qualunque periglio

          da noi scaccia.

E Madre esser ti piaccia

nostra benigna, e pia,

a buona, e dritta via

          per condurci.

In tanto per ridurci

noi ben a camminare

poniamoci a meditare

          per mezz’ora.

Come sì gran Signora

tante grazie comparte

a chi da casa parte

          a visitarla.

E va per adottarla

con invocato affetto

dentro quel Sacro Tetto

          di Loreto.

Ognuno pur stia cheto

nella meditazione,

per far questo Orazione,

          he sia grata.

O madre Immacolata,

che da noI li l’accetti

riempia i nostri petti

          di sua grazia.

A fin ch’abbia efficacia

appresso l’alto Dio,

che sempre ci sia pio

           in vita, e in morte.

Qui segue la Meditazione, e poi a tempo si segua.

Noi siamo i Pellegrini,

che da Lorè veniamo,

e a casa ritorniamo

             tutti lieti.

La grande divozione,

che ci ha nel cor stillato

quel Luogo sì sagrato

             di Maria.

Ogni dover vorria,

ogni ragion pur vuole

si faccia quel che si puole

              per suo amore.

Che sempre intatto il core

si tenga dal peccato,

e sempre immacolato

               si conservi.

Così farem suoi servi,

così saremo grati

a chi ci ha graziati

          del suo affetto.

A chi si diè ricetto

nella sua propria Stanza

per darci la speranza

          esser Beati.  

Felici, e fortunati

saremo noi da per tutto,

se conserviamo il frutto

          della grazia.

Che pur Maria procaccia

A chi l’ama di core

dal suo Figlio, e Signore

          Gesù Cristo.

Sarebbe ben un tristo,

se alcuno fra noi si dasse

che mai più s’imbrattasse

          in alcun vizio.

Oddio acqua al supplizio

sarebbe condannato,

che fosse stato in grado

           ver Maria.

Ahimè chi ‘l crederia

che alcun mai più potesse,

che alcun di noi volesse

           ancor peccare.

Piuttosto consacrate

a Lei, ch’è inviolata,

 l’alma Se gli è donata

           col morire.

Ma chi potrà ridire

le illustrazioni, e i lumi,

che per mutar costumi

          abbiamo avute.

Le garanzie ricevute,

i doni dispensati,

i guai, che ci ha levati

           là in Loreto.

E quel, ch’è poi segreto,

che si ha il Signor donato,

e il male ci ha levato

           nell’interno.

In vita, e in eterno

(Se pur non siamo bruti)

noi siam tutti tenuti

            ad esser Santi.

Adunque tutti quanti

stiam lungi dal peccato,

dal mondo scelerato,

             e traditore.

Si tenga puro il core

purgato con la mente

col vivere innocente

              da per tutto.

Altrimenti perduto

avrem quanto s’è fatto,

e tutto in un sol tratto

              gettaremo.

Ma che poi dir potremo,

se al Divin Tribunale

La Madre Virginale

          ci rinfaccia.

Abbiam persa la grazia,

ch’al singolar favore

c’impetrò dal Signore

         nel Sant’Ospizio.

Di sì gran benefizo

allor trovati rei

saremo co’ Giudei

         ancor dannati.

A’ suoi i figli uomini armati

Maria giammai permette,

che Gesù li rigette,

          e da se scacci.

Ognun sforzo si facci

di vincer bene se stesso,

di riformare ben spesso

          la sua vita.

Veder se ben s’imita

La Vergine in virtude,

se al senso il cor si chiude

          e il vizio fugga.

Se il proprio amor si strugga,

se la mente sgombrata,

se la lingua purgata

          si ritrovi.

Così ciascun si provi

Con supplicar in  tanto

il Ciel per esser Santo

          sin’a morte.

E per l’aiuto forte,

di cui noi bisogniamo

adesso ricorriamo

          a tutti i Santi.

Su su per tutti quanti

lo spirto al Cielo alziamo

le lor laudi cantiamo

          ad alta voce.

Qui si cantan le Litanie dei Santi con le PrecI, ed Orazioni.

Poi a tempo si seguita.

Noi siamo i Pellegrini,

che andiamo così cantando

a casa ritornando

            a Loreto.

Oh se mostrarlo a deto

potessim pur ancora,

e mirarlo tuttora

            da lontano.

Ma ciò riesce vano

perché siam già scostati

da que’ Muri Sacrati

             di Maria.

Se seguiam pure noi la via,

e ci serva di sfogo

narrar del Santo Luogo

              i gran portenti.

Far ch’ognun sappia, e senti

e il Mondo tutto intenda

a qual gloria s’estenda

           il Sacro Tetto.

Di cui degno concetto

nè mente può formare,

né lingua può narrare

            che sia abbastanza.

Se ogn’altro luogo avanza

per il Mister più fino

che Iddio uno, e Trino

            v’ha operato.

Se allor fu consacrato

nel più prezioso Tempio,

che quaggiù senz’esempio

            Ei s’era eletto.

Se affin non sia negletto

con sforzi onnipotenti

senza dei fondamenti

           il fe portare.

Per aria, e sopra il mare

senza che un sasso solo

dei Muri o pur del suolo

           si muovesse.

Dopo i Schiavoni elesse

una Selva d’Ancona

di Nobile Matrona,

           e fu Lauretta.

Non già per sempre eletta

(Che vi dimorò poco)

ma se mutò poi Loco,

           fu la Marca.

Dove qual nobile Arca

per memoria di pace

per scudo contro il Trace

          fu lasciato.

E ‘l Luogo fu chiamato

la terra di Loreto.

Che per divin segreto

           è destinato.

Ad essere venerato

per quella Santa Casa,

la gente persuasa

            ivi portarsi.

Convenne fabbricarsi

non solo un’ampia chiesa,

che tien dentro compresa

             la Magion Santa.

Ma dalla gente tanta,

che là volle fermarsi

ebbe ad edificarsi

              una Cittade.

Che splende in Sanitade,

che tutta pietà spira,

e il Pellegrino ammira

               come un Cielo.

Là tratte sono dal Zelo

da pura di divozione

genti d’ogni Nazione,

                d’ogni Paese.

IL Gal,  l’Indo, e l’Inglese,

l’Armeno, e l’Africano,

l’Arabo, Moro, e Ispano,

                 e ‘l Mondo tutto.

Ogni popolo istrutto

di qua, di là dal Mare

dov’il Sol va a spuntare,

           e dove scende.

Ne sesso pur s’attende,

etade o pur lingnaggio,

di Natali legnaggio,

           o Dignitade

Là va la Povertade

Là van ricchi Mercanti;

là vanno i Benestanti,

           e i doviziosi.

Soldati, e Religiosi,

Gran Principi, e Prelati,

Monarchi; e Porporati

           colà vanno.

E fin dal Vaticano

di Cristo i Successori

hanno per gran favori

            là portarsi.

Oh quanto d’ammirarsi

incontrando per viaggio

Genti con Equipaggio

            e gran Reine.

Che fuor del lor confine

lasciato in abbandono

portando ricco dono

             son uscite.

Andando umili vestite

in abito negletto

al Sacrosanto Tetto

             di Maria.

Udirsi poi per via

cantar tutto giulivo

 allegro, e ben festivo

          il Pellegrino.

Ma in giungere vicino

a quelle Mure Sagre

veder le genti a squadre

          tutte in pianto.

Oh quanto move,oh quanto

ognun assunse spiegare,

ognun a lagrimare

           d’allegrezza.

Ma quanta tenerezza

d’amor affettuoso,

di cor tutto pietoso

             poi si sente.

Là nell’entrar la gente

dentro il Sacro Ricetto

nel mirarne l’oggetto,

             che si ama.

Si sveglia più la brama

in noi di ritornare

di nuovo a venerare

              quella Stanza.

Ahi dolce rimembranza,

ma che ferisce il core,

e la piaga d’amore

               ancor rinnova.

E certa  pur far prova

che noi tronchiam la via

per tornare a Maria

          di Loreto.

Sì, sì, farà sì inquieto

il cor, che in sen abbiamo

sin tanto ci troviamo

          in questo viaggio.

Dov’ha provato un saggio

diciamo del paradiso

nel vagheggiare in viso

         l’alta Signora.

Oh se potessimo ora

tornarla a rivedere

oh che grato piacere

          ognun avrebbe?

Che giubbilo godrebbe

che sol qui dimorare

potesse per mirare

           la Santa Casa.

Oh sacra, o Santa casa

tu sei la calamita,

che con gioia inaudita

           rapisci i cori.

Tu fai comparire fuori

gli affetti più segreti,

che stavan dentro quieti

            in mezzo al petto.

O Sacrosanto Tetto,

o Casa d’Orazione

Tempio di Devozione

            onor di Dio!

Col cor umile, e pio

di nuovo ti inchiniamo

ancor ti riveriamo

          sulla via.

A Madre Maria

di nuovo ci volgiamo

di nuovo ti adoriamo

           qua prostrati.

E dopo in pié levati

seguiam ben il cammino

ma ‘l cor a Te  vicino

            noi torniamo.

E senza cor andiamo

poiché l’abbiamo lasciato

nell’albergo Sacrato

             di Tua Casa.

Oh sacra, Santa casa

l’Alma non ci rapire

se il viaggio proseguire

             noi dobbiamo.

Acciò ci divertiamo

dal Sacro Santuario

recitiamo il Rosario,

             unitamente.

Ma con attenta mente

che vengan meditati

i misteri operati

             là in quel Luogo.

Avranno così il suo sfogo

nostri cor amorosi,

i Misteri Gaudiosi

             meditando.

E dopo recitando

i detti Dolorosi

gli amori più pietosi

          ne usciranno.

Poi fuori ne verranno

i giubbili più veri

meditando i Misterj

           Gloriosi.

Alcun parlar non osi

per questo poco d’ora,

acciò nostra Signora

           noi ascolti.

A Lei dunque rivolti

con l’attenzion più fina

diciam Salve Regina,

            e cominciamo.

Qui si dice tutto il Rosario in una, o più volte a beneplacito.

Noi siamo i pellegrini,

che ora ce ne torniamo

dove temp’è lasciamo

          i nostri averi.

Noi siamo forastieri

un pezzo fa partiti,

da casa nostra, ed iti

           al bel Loreto.

Là fummo col cor quieto

là dentro fummo accetti,

là dentro i nostri petti

          amor s’accese.

Crediam Maria ci prese

per suoi Figli adottivi,

e noi tutti giulivi,

           ce ne andiamo.

Perché certo speriamo

d’essere da Lei guardati

protetti, e preservati

            d’ogni male.

Dal peccato mortale,

ch’è la maggior disgrazia,

che ci toglie la grazia

             del Signore.

Ci ha poi empito il core

d’amore si infuocato,

che ancor non s’è scordato

             di Maria.

Anzi in tutta la via

è stato sempre ardente,

sempre puro, e innocente

              è dimorato.

Così sia conservato

dalla Vergine Madre,

sin che si renda al Padre

               la nostr’Alma.

A conseguire la Palma,

che il giusto in Ciel possiede,

e Dio poscia concede

                 ai penitenti.

In tanto li Parenti

presto ci incontreranno

or or che ci vedranno

          gir a Casa.

O dalla Santa Casa

essi faransi a dire

che c’avete ridire

          e che portate?

Orsù via ci mostrate,

ciò che con voi avete

quel che dar ci volete,

           e poi direte.

Quanto veduto avrete,

se sia vera la fama

di quanto si proclama

            di Loreto.

Ognuno vorrà in segreto

che tosto se gli dona

Medaglia, o pur Corona

            benedetta.

O qualch’Immaginetta

dell’adorata Immago,

e perché ognun sia pago

            che faremo?

Noi a ciascun daremo

di quel, che abbiamo provisto

poi ciò, che abbiamo visto

           narreremo.

Principio noi daremo

dalla nostra partenza,

e come il fumo senza

           alcun disaggio.

Per tutto il nostro viaggio,

che il fe, tutto felice

la nostra Ausiliatrice,

          e cara Madre.

Che dall’Eterno Padre,

dal Sposo, e dal suo Figlio

salvò d’ogni periglio

            i suoi Divoti.

Se bene non eram noti

tutti ci ha ben trattati,

dove siam capitati

              giorno, e notte.

In Mar viste le Flotte,

che ne premevan l’onde,

e noi da quelle Sponde

                godevamo.

Veduti ancor abbiamo

diversi gran Pallaggi,

bei Tempi, e Romitaggi

                 nel cammino.

Ma quel, che ha del Divino

è il Sacrosanto Tetto,

di cui formar concetto

                   nissun vale.

Presenza personale

al certo si richiede,

e che là ponga il piede

                    se alcun vuole.

Intender quanto puole

di quel Sagrato Luogo,

se per qualunque sfogo,

          che si faccia.

Di dir con efficacia,

non si può caldo dire,

che altrui possa capire

           quanto è vero.

Non esservi Mistero,

che al par di questo mova

che colà si ritrova

           a ben pensare.

Là dir, qui s’ebbe a fare

il Trattato di Pace

tra l’Uom, e Dio verace

            e qui concluso.

Dentro l’Utero chiuso

del Ventre Virginale

di Donzella Reale

            il Verbo scese.

E di Lei Carne prese,

e chi vi fu obumbrata

Maria fu chiamata,

            e fu qui tutto.

Qui il Verbo si fe muto,

la pianta apprese il frutto,

il peccato distrutto,

            e l’Uomo salvato.

O luogo consacrato

da sì Divino Mistero,

che l’umano pensiero

           là si oscura.

Alma non vi è sì dura,

che in quel Sacrario Santo

non si disfaccia in pianto.

          e quasi muoja.

Dall’eccessiva gioia,

dalla piena d’Amore,

e dall’alto stupore

           la sorprende.

Ma questo non s’intende

Da verun’ intelletto,

se dentro il Sacro Tetto

           non si trova.

Né quel, che là si prova

della Grazia in segreto,

che sol s’apre in Loreto,

            e vi si serra.

Alla Casa che in terra

che la Divina Madre

diede l’Eterno Padre,

             questo dono.

Quindi incapaci sono

questi nostri Congiunti

per mezzo di racconti

              intender tutto.

Del gran Tempio veduto

del suo ricco Tesoro

potiam parlar a loro

               con piacere.

E dirgli, o bel vedere

un edifizio tale

che non v’è in Terra eguale,

                  e sontuoso.

Un tempio maestoso

di vaga, e grande altezza,

di non minor ampiezza,

          e tutto quello.

Dove grave scalpello,

dove pennello fino,

ed ago soprafino

           v’han sudato.

Sarà sempre ammirato

lavoro di grand’arte

perché v’ebbero parte

          i più periti.

Con disegni graditi,

con dotta maestria

Tempio per Maria

          fu innalzato.

Quant’Oro hanno impiegato

più Nobili, e Mitrati

Principi, e Porporati,

          e i Papi stessi.

Perché furon anch’essi

dalla Vergin graziati,

e bene spesso ajutati

          in grandi affari.

Oh come belli Altari

di Casi preziosi,

d’arredi sontuosi

         tutti ornati.

Veder poi attaccati,

e a quei Muri appesi

là d’intorno distesi

        Tanti Voti.

Portati da divoti

per grazie ricevute

con iscrizioni argute,

          e ben intese.

Là di Galee prese

A’ Turchi, o liberate,

d’altre pur affondate,

           e riavute.

Parlan Tabelle mute,

parlan Stendardi, e le Armi

con dir: senza risparmi

           qui fansi Grazie.

Si levan le disgrazie

i morbi, ed i dolori,

le pene, e i languori

           sono sanati.

Gl’Infermi liberati,

i Ceppi, e le Catene

mostrano a chi qua viene

           da lontano.

L’Onnipotente mano

romper i lacci, e ferri

acciò che si disserri

           ogni Prigione.

Togliere ogni passione,

frenar pioggie e tempeste,

scacciar l’orrida peste,

           e quietar Mari.

Mandar questi ripari

a fiamme ben ardenti,

a Fiumi, ed a Torrenti

          senza offesa.

V’è la memoria appesa

delle liti serrate,

delle Vittorie date,

          e pace avuta.

Della gente perduta

nel velleggiar per Mare

se al fin s’ebbe a salvare

          qui ricorda.

Della gente soccorsa

in mezzo agli Assassini

con aiuti Divini

           per Maria.

Ancor di gente ria

da Demone suasa

rubar la Santa Casa,

           e poi fuggire.

Ebber dal Ciel venire

squadre di Spiriti armati

fermare i disgraziati,

           e furon colti.

Disegni essere ascolti

nanti del Divin Tetto

strapparvisi dal petto

           l’alma loro.

Così pur di coloro,

che un po’ di calce solo

preser dal sacro suolo,

            e fur puniti.

Sino al tornar pentiti

rimetter al suo loco

il tolto, benché poco

          ai Muri Santi.

Oh quanti segni, o quanti

pendono d’intorno al Tempio

a memoria, ed esempio

            delle Genti.

Che sappiano i portenti,

ed i prodigi strani

oprati per le mani

             di Maria.

Mai non si finirà

vedere i Voti loro

in Tela, Argento, ed Oro

              là lasciati.

D’Attratti,  e Disperati,

di Ciechi, Sordi, e Muti,

d’Ossessi e mal caduti

              in precipizj.

Altri da malefizj,

da Larve, ed ombre presi,

e dal Nemico offesi,

               liberati.

Di Figliuoli impetrati

da Donne partorienti,

Prigionieri Innocenti

              liberati.

Che tutti fur graziati.

Là dotti gli Ignoranti

là i Peccatori, Santi

               furono fatti.

Là pure i mentecatti

ebber giudizio sano,

ebbero cor uno anno

          anche i Tiranni.

Idolatri a molt’anni

altri nell’Eresia

sono tutti da Maria

          illuminati.

Questi sono dimostrati

nelle Tabelle impresse;

molto dimostrano esse,

          non già tutto.

È tempo ormai perduto

voler del già seguito,

ch’ha pur dell’infinito

          far racconto.

Qui torna ben a conto

dir qualche cosa ancora

del Tesoro che finora

          ivi ha Maria.

Oh gran tesoreria

Che ha mai la Casa Santa

Oh qual è mai oh quanta

          e senza stima.

I doni diciam prima

de i Papi ad un per uno,

di questi sol ciascuno

          fa un Tesoro.

Non solo d’argento, ed oro,

ma cose le più rare

scelte tra le lor care

           in Vaticano.

Imitati loro hanno

Vescovi, e Cardinali,

Prelati Principali,

          e gran Signori.

Gran Regi, e Imperatori,

Monarchi, e più Sovrani,

più Duci, e Capitani,

           e Cavalieri.

Così Luoghi primieri,

Città, Castelli, Regni

per Personaggi degni

            hanno recato.

A quel Luogo Sacrato,

suoi doni regalati

con l’Armi lo segnati

             come appare.

Sono Vasi d’Altare,

Lampade, e Candelieri,

più Croci, ed Incensieri

              di gran lavoro.

Calici tutti d’oro

di gioie tempestati,

e Crocefissi a aurati,

              e gran Lumiere

D’argento Statue intere,

più Gemme, e più Corone

di più Regie Persone,

              e più Maniglie.

Manti con Momperiglie

di Diamante intessute,

Collane mai vedute

          sì preziose.

Più Vesti maestose,

altre Sacerdotali

di Topazzi Orientali

          ancor guarnite.

Altre di Margherite,

di Smeraldi, e Rubini,

Pendenti, ed Orecchini,

          con Anelli.

De’ più fini Gioielli

guarniti, ed ingemmati

de’ Drappi ingiojellati

          senza fine.

Tratti d’ogni confine

ricche Spoglie di Guerra,

finiamo; il Ciel, la Terra,

           il Mondo tutto.

Sempre recò in tributo

Alla Ca Lauretana,

alla Vergine Sovrana

           i suoi Tesori.

Ma quanto più degli Ori

son più rare novizie

le sacre Massarizie

           son mostrate.

Sì spesso maneggiate

da Gesù, e da Maria,

e seco in compagnia

           da Giuseppe.

Giammai nessuno seppe

cercar cose maggiori

là dentro i gran Tesori

          di Loreto.

Quello che non è segreto

quello è il Tesor maggiore,

che non rende gran stupore,

            e ‘l tutto avanza.

Questa è la Sacra Stanza,

l’istessa Casa, e Tetto,

in che Gesù concetto

              ne rimase.

In che l’Angelo persuase

alla Reale Donzella,

farsi Madre l’Ancella

              del Signore.

Luogo di Sacr’onore,

ogni Sasso è un Tesoro,

la Polve più dell’Oro

               è preziosa.

La Statua Maestosa,

l’Immago Virginale,

di Viso Celestiale

               di Maria.

Tutta divota, e pia

col Bambin fra le braccia,

che pari porga la Grazia

                a chi la vuole.

Polve di rose, e viole,

e fior di giglio mista

San Luca Evangelista

                 par si servisse,

con quella coloro risse

l’Immago riverita

resa poi inbrunita

          da’ Profumi.

Di vari Incensi, e Lumi

che stando sempre ardenti

sembrano Stelle lucenti

          di quel Cielo.

Svegliando i cor di gelo

ad acquistar ardore,

infiammarsi d’amore,

          e poi bruciare.

Qual Tesoro è l’Altare

dentro del Santuario,

che di Cristo il Vicario

          ha consacrato?

Dove v’ha celebrato

il primo Successore

del nostro Redentore

          nella Chiesa.

La fiamma poi discesa

dal Ciel più volte il Tetto

del Divino Ricetto,

          e le visioni.

Le stesse apparizioni

della Madre di Dio

mostran se Sacro, e pio

          ne sia Loreto.

Sì che contento, e cheto

ogni nostro Congionto,

quando ciò le sia conto,

          dovrà stare.

Più non si può narrare

il resto abbiam veduto,

e meno assai del tutto,

          h’abbiam detto.

Sen vadi al Sacro Tetto

chi vuol di più sapere,

chi vuol di più vedere,

           e sarà sazio.

Soffrirebbe ogni strazio

ognun di noi ancora

per venerare tutt’ora

            la Sacra Casa.

O Santa, o Santa Casa,

di nuovo t’adoriamo,

di nuovo i cor doniamo

             a te Maria.

Così finiam la via,

e perché il ciel ci applaudi

finiamo con le laudi

             di Maria.

E qui si recitano le litanie,ec.

Atto di contrizione per ogni mattina, e sera nel viaggiarsi.

Sommo Ben, mio Signor

come non v’amerò?

V’amo con sommo amor,

quanto quest’alma può.

     Perché il mio cor peccò

     or n’ho sommo dolor,

     mai più v’offenderò

     con il vostro favor.

Le mie colpe dirò

 a pié del Confessor;

penitenza farò

de miei passati error.

     Sommo Ben, mio Signor

     come non v’amerò?

     V’amo con sommo amor,

     quanto quest’alma può.

               IL FINE

LAUDI SPIRITUALI

Da cantarsi nel Santo Viaggio

A  L O R E T O

Per sollavarsi dalla stanchezza,

ed infiammarsi nel desiderio

di vedere

L A   S A N T A    C A S A

ED IVI ADORARE

LA SANTISSIMA VERGINE

M  A  R  I  A

In MANTOVA, MDCCXLIX

Per Ercole di Alberto Pazzoni

Laudi spirituali da cantarsi nel viaggio e nel ritorno dalla Santa Casa di Loreto

Noi siamo i Pellegrini,

che ci poniamo in via,

per andare a Maria

          di Loreto.

Ciascun venga pur lieto

a quella Abitazione,

ch’è casa d’Orazione,

          e tutta d’Oro

Non v’è in Terra Tesoro,

non v’è sì Sacro Luogo,

dov’ha l’alma il suo sfogo

             con Maria.

Non v’è Casa si pia,

dove sia salvo ognuno,

né vi perisca alcuno,

          come in quella,

Non v’è stanza sì bella

quaggiù sia più beata,

né che sia mai più grata

          al Redentore.

Non v’è Tempio d’onore,

sì prezioso, e raro,

che possa essere più caro

          al nostro Dio

Non ve Tetto sì pio,

né  men più sacrosanto,

già che de’ Santi il Santo

          l’ha abitato.

Non c’è altare più ornato

di più bel Reliquiario,

s’è tutto un Santuario

          da adorarsi.

Né in Terra può trovarsi

la più gradita reggia

dove abbia la sua seggia

          la gran Madre.

Dove l’Eterno Padre

spedì il suo Divino Figlio,

dopo l’alto Consiglio

          ivi seguito.

Dove fu definito,

 non poter l’Uomo salvarsi,

senza il Verbo incarnarsi,

          e poi morire.

Andiamo a riverire

Casa si generata

e Vergine inviolata

         ad adorare.

Ognun l’ha dà chiamare

per Madre del Signore

per riempirsi il core

         di virtude.

Ella, che al vizio chiude

con la sua man la via,

e dona l’alma ria

         la puritade.

Fa dono d’umiltade,

e rende casto, e bello

l’uomo che era già bello

          al Creatore.

Ciascun or con dolore

venga contrito, e pio,

sicuro d’aver Dio

           in compagnia.

Avrem buona la via,

avrem sicuro il viaggio,

e senza alcun disaggio

           arriveremo.

Ma quanto ben faremo,

se mentre camminiamo,

le laudi noi cantiamo

            di Maria.

Orsù con voce pia,

le laudi unitamente,

ma ben divotamente

            recitiamo.

Si recitano le litanie

Torniamo al nostro canto,

che senz’alcuna pena,

anzi con maggior lena

             n’anderemo.

Oh quanto goderemo,

se nel nostro viaggiare

saprem la mente alzare

              verso il cielo.

Là sì che senza velo

vedrem il Divin Padre,

vedrem la cara Madre

          del Signore.

Oh quale, oh quant’amore

ci sveglierà nel petto

la Madre del diletto

          nostro bene.

Se quaggiù ancor le pene

commuta in gran piacere

il poter sol vedere

           sua Casa pia.

Ma quando in compagnia

di tutti in Cielo i Santi

vedrem poi tutti quanti

           il suo bel volto?

Allor ci verrà tolto

dal cor ogni timore

dal corpo ogni dolore

           ogni tristezza.

Oh quando tal bellezza

della gran Donna in viso

vedrem il Paradiso,

           oh quando sia?

Basta dir che Maria,

pria d’essere concetta

fu dal gran Padre eletta,

           e destinata.

Per Pura, e Immacolata

Vergine insieme, e Madre,

di quello, a cui è Padre

           Iddio Signore.

Lo Spirto Santo Amore

l’elesse per sua Sposa

quindi tutta amorosa

           Egli la rese.

Perché in essa distese

di grazia ogni pienezza,

del Ciel ogni bellezza,

           ogni possanza.

Oh quanto sopravanza

di purità in candore 

la Madre del Signore

            tutt’i Santi.

Deh siam pur noi amanti

d’una sì gran Signora,

che tutto il Cielo adora

              per Regina.

A Lei ancor si inchina

il Mondo, e ‘l cupo Inferno

a suo grande scorno eterno

               da Lei vinto.

Così sia pur estinto

dentro del nostro cuore

ogni fiamma d’amore,

               che sia profano,

E’ ben di core infamo

chi non si accende tutto,

né si sente distrutto

                per Maria.

Ma se qua nella via

Sentiam tanto conforto,

che sarà poi nel porto,

            in vagheggiarla?

Poniamoci a contemplarla,

e con alzar la mente

pensiam divotamente

           a tal Signora.

Ella è la vaga Aurora

per lui comparsa al mondo

che lo rese giocondo.

           e tutto lieto.

Non v’è Mar più quieto

di Lei pia, e cortese,

ch’altrui placa le offese,

           e ‘l tutto puole.

Non c’è più chiaro Sole

di Maria si clemente,

che rischiara ogni mente,

           e fa pudica.

Non c’è Stella più amica

di Lei, che può scampare

noi dal turbato Mare

          senza Barca.

Non c’è Nave più carca

di Lei, che da lontano

il Pane a noi sovrano

          ben appresta.

Della Vergine questa

Non c’è più bel Giardino,

ove il Verbo Divino

          vi s’innesta.

Aura non v’è più fresca

della madre beata,

dove l’alma affannata

         si riposa.

Non c’è più vaga rosa

di Madre sì modesta,

che al puro amor ci desta,

          e vi ci infiamma

non c’è più viva fiamma

della sposa d’amore,

che abbruccia l’altrui core,

           senza pena.

Non v’è Terra più amena

della Vergine amante

dov’ogni cor costante

            si ripianta.

Non c’è più nobil Pianta

di Lei, che ci ha prodotto

quel Santo, e Divin Frutto

             del suo Figlio.

Non v’è più grato Giglio

della Vergine Madre,

ch’alle Verginee Squadre

             renda odore.

Non c’è miglior liquore

di Lei, ch’è il dolce Rio,

al qual bevette un Dio

              per noi nato.

E se Lei ce l’ha dato,

non v’è già maggior Bene

se dentro se contiene

               Iddio stesso.

Ad un tal riflesso

ciascun s’ha da infiammare

l’affetto a ravvivare

          in ver Maria.

Non c’è Sposa, che dia

come Ella nel suo viso

mostra di Paradiso

          a chi l’onora.

Meditiamo per mezz’ora

il suo merto, e le virtù

per amarla sempre più

          come dobbiamo.

Qui segue mezz’ora di divota Meditazione sopra le virtù della SS. Vergine così viaggiando

Or che diremo adesso

che abbiamo meritato,

e di Maria pensato

          le grandezze.

O grandi, o gran bellezze

o gran virtudi abbraccia

chi è piena della grazia

          il suo Dio!

Dì fu, dì fu cor mio,

e parla la lingua mia,

ciò che di Maria

           hai contemplato.

Dirò mi sono fermato

a pensar l’umiltà,

e la gran purità

          del di Lei core.

Che innamorò il Signore

a prender di lei in carne,

venire ad abitarene

            tra mortali.

Per liberar da mali

noi Peccatori tutti,

che andavamo distrutti

             dal Peccato.

Oh quanto ben ci ha fatto

La Purità sì monda,

e l’umiltà profonda

               di Maria.

A l’Lei grazie ne sia,

che sua mercé salvati

siamo per lei liberati

               dall’Inferno.

In eterno, in eterno

a Lei siam obbligati

Le dobbiam esser grati

               di tal bene.

Il sangue nelle vene

per Lei spender dobbiamo

se Lei di cuor amiamo,

                 e pur è vero

Che tutti da dove

all’lei tenuti siamo

del bene, che aspettiamo

                  lassù in Cielo.

Fu causa il suo gran zelo,

che presto discendesse

chi per Madre l’elesse

          quaggiù in terra.

Per Lei pur si disserra

al peccatore la gloria,

e a chi vuol vittoria

          vien concessa.

Ognun pure confessa,

che chi di lei la vita

col suo favore imita,

           si fa Santo….

E’ pur ver altrettanto,

che da pensieri carnali

La Purità sua vali

           a liberare.

Così per discacciare

La gran superbia altiera

l’umiltade  sua vera

            fu provata.

E chi l’ebbe invocata

delle colpe il perdono,

di castitade il dono

             ha ricevuto.

Anzi chi fu perduto,

e l’alma aveva dato

a Satana disgraziato

             ebbe la grazia.

Che tale fu l’efficacia

della Madre di Dio,

che il scolerato, e rio

             fu salvato.

Dunque da noi lodato

chi è il nostro caro Padre,

che del Figlio la Madre

         tanto onora.

Allegri stiamo pur ora,

e vada ciascun quieto,

ch’andiam verso Loreto

          alla sua Casa.

Sì sì alla santa casa

noi tutti i suoi divoti

i nostri umili voti

            offriremo.

Là sì supplicheremo

La Madre Santa, e Pia,

la Vergine Maria

              a farci i Santi.

Che s’ha salvati tanti

del suo Figliol nemici,

concederà agli amici,

               almeno un guardo.

Che quasi come dardo

chiediam nel nostro core

per fiamme del suo amore.

                 E nostra vita.

Ma perché sia esaudita

la nostra umile preghiera,

de’ Santi la gran Schiera

                  invochiamo.

Le loro laudi cantiamo

con vera divozione

e con questa intenzione

           di pregarli.

Anzi di supplicarli

lodato per noi Maria,

e in nostra compagnia

          riverirla.

Qui si cantano le Litanie de’ Santi con tutte le Preci ed Orazioni.

Or chi abbiam riposato,

e d’altro già discorso

torniamo al nostro corso.

           In ver Maria

abbrevierà la via

né sentirem stanchezza

se la di Lei grandezza

            esalteremo.

Oh quando giungeremo

a quella Casa Santa,

oh quanta gioia, oh quanta

              proveremo.

Assai ben più godremo,

che nel vedere Paesi,

Città, Monti scoscesi,

               e Valli, e Mari.

Questi scorran  gli avari,

che cercano novitadi,

per noi sono vanitadi

                da vedere.

Tutto il nostro piacere

è poter arrivare,

è poter adorare

          il Sacro Tempio.

Sarebbe ben un empio

chi per vederla via,

e non sol per Maria

            là n’andasse.

Piuttosto si levasse

costui di compagnia

di chi corre a Maria

             per sol amore.

E pur un grand’onore

ci fa Nostra Signora

s’ella fra poco d’ora

              noi abbraccia.

Tra le sue care braccia

In sua Casa paterna,

che sarà forsi eterna

               ancora in Cielo.

Abbruggi il cor di zelo,

si pongan l’ali al piede,

si voli sin si vede

                 il Sacro Tetto.

Oh qual, oh qual diletto

aspetta il nostro interno

nell’albergo materno

                   del Signore.

Per passar presto l’ore

del santo cammin nostro

chiediamo l’aiuto vostro

                     o gran Reina.

La carità sì fina,

che verso ognun mostrate

a noi or non negate

          o Madre Santa.

Se la speranza è tanta

che tutti in Voi abbiamo

che tutto noi speriamo

            d’ottenere.

Il vostro gran potere

sopra di noi stendete,

che venir ci vedete

             al vostro albergo.

Ci servirà d’usbergo,

la vostra Protezione

in qualunque occasione

              si presenti.

Mentre noi siamo intenti

a questo santo viaggio

senza curar disaggio

               a vostr’onore.

Tu ancor Gesù Signore

in grazia di Maria

aiutaci per via,

                in ogni passo.

Che no viaggiam per spasso,

bensì con fede santa

per la tua Madre Santa

                 riverire.

E tu vieni ad aprire

o Gabriele letto

il sentier più perfetto

         per Loreto.

Se là scendesti lieto

A recar la novella

alla gran Verginella

          fatta Madre.

Colà l’Eterno Padre

ti spedì Messaggiero

il tuo Divin pensiero,

           a noi salvare.

Ti preghiamo preservare

La vita nel cammino

e l’aiuto Divino

            ad impetrarci.

Intanto a sollevarci

dal lungo camminare

potrem noi recitare

             alcun Rosario.

Così ci parrà vario

l’andare che facciamo,

e in tanto meritiamo

               per il Cielo.

Ha dunque con buon zelo

Maria salutiamo,

e i Mister pensiamo

                 Gaudiosi.

E dopo i Dolorosi

ancor m’eviteremo,

e poi seguiteremo

                  i Gloriosi.

Qui si recita in una, o più volte l’intiero Rosario della Beata Vergine.

Dopo pranzo verso sera si segue.

Ormai s’appresta sera

e noi Maria ancora,

colla sua Casa ogn’ora

          veneriamo.

Ricorso a Lei facciamo

acciò senza mestizia

finiamo, Lei propizia

          la giornata.

A fin che sia impiegata

intiera per suo amore

cantando in tutto l’ore

          le sue lodi.

La notte, e ‘l dì t’applaudi

La Terra, e ‘l Ciel t’onori

La Luna, è ‘l Sol che t’indori

          o Santa Casa.

O Sacra, o Santa Casa,

quando sia mai quel giorno

ch’in te te facciam  soggiorno,

           e t’adoriamo.

PrOstrati veneriamo

le tue sacrate mura

acciò la mente impura

           ci compungi.

Da noi fa che sia lungi

del cor ogni durezza

acciò la tua bellezza

          ci innamori.

Da noi gli scacci gli errori,

da noi tolga i peccati

perché santificati

            noi entriamo.

E visitar possiamo

la nostra Albergatrice,

cogn’alma peccatrice

             al Ciel converte.

Sì,sì vedrem aperte

le braccia di Maria

per stringer l’alma mia

              nel suo seno.

Il nostro cor ripieno

di quanta festa, oh quanta,

in quella Magion Santa

               sentiremo.

Né pur parlar potremo

per la grande allegrezza,

e per la gran dolcezza

                proveremo.

Beati allor saremo

in Casa di Gesù,

bramar non potrem più

                  noi quivi in terra.

Là la si finì la Guerra,

là dentro si fe pace

tra Dio, e l’Uomo audace

          per Maria.

La pace con noi sia,

godremo un Paradiso,

se Lei con lieto viso

          ivi ci mira.

Ad essa il cor sospira,

ma se tramonta il Sole

noi alla Madre, e Prole

          diam saluto.

La bella Pianta, e ‘l Frutto

adorerem cantando

qualch’inno recitando

          in lor onore.

Si può dir con fervore

l’inno Ave Maria Stella

a chi si chiamò Ancella,

ed è Signora.

Qui si canta divotamente: Ave Maris Stella.

Per la mattina seguente, e per due altri dì servirà il resto che segue da cantarsi interpolatamente

Ne’ nostri primi passi,

che diam questa mattina,

La Stella Mattutina

          salutiamo.

Adunque che invochiamo

Madre del Creatore,

Madre del Salvatore

          Madre possente.

Tu sei ancor Clemente,

tu sei Inviolata,

sei Intemerata,

           e di gran Fede.

Ognun perciò ti crede

degna da venerarsi,

degna da predicarsi,

            e d’ogni onore.

Verso di Sant’Amore

sei specchio di giustizia,

causa d’ogni letizia,

             e d’Orazione.

Vaso di divozione,

Madre di Puritade,

Madre di Castitade,

             e tutta pura.

Veniam alle tue Mura,

ch’è Casa tutta d’Oro

essendo tu il Tesoro

             che in sé vanta.

Tu sei la Terra Santa,

in segno Tu di Pace;

la Scienza più verace

              in te risiede.

Beato chi possiede

Te Madre d’ogni Grazia,

ch’hai tutta l’efficacia

            presso il Figlio.

Mentre che in questo esiglio

al Peccatore dai mano,

l’infermo Tu fai sano,

          ognuno aiuti.

La sorte ancor tu muti,

 se tu con tanto zelo,

fatta Porta del Cielo,

           i Rei accetti.

Rendendoli tu netti,

e al Signor ben grati

dalle colpe purgati,

            e non più immondi.

Tu degli Angeli mondi,

de’ Patriarchi santi,

e de’ Profeti tanti

             sei Reina.

A te pure s’inchina

l’Apostolico coro,

i Martiri anche loro,

              e i Confessori.

Le Vergini, i Dottori,

e tutti in Ciel gli eletti,

tuoi Servi sono costretti

               a nominarsi.

Noi prima di inoltrarsi

ti supplichiamo divoti

gradire i nostri voti,

e le preghiere.

Al Nord con grande piacere

faremo il nostro viaggio

né temeremo disaggio,

           o pur stanchezza

O con quant’allegrezza

verremo a Te Maria,

se in questa nostra via

             ci farai guida.

Ciascun di noi s’affida

alla tua Protezione,

e con gran Divozione

               ora ti chiama.

Mentre ogni cor ti brama,

ogni lingua  t’implora,

ogni mente t’adora,

                 ognuno t’ama.

S’accende sì gran fiamma

dentro de’ nostri petti,

che fa, ch’ognun s’affretti

                   nel cammino.

Quel gran Tempio Divino,

quella Magion si santa,

oh quanta pena, oh quanta

                    al cor ci mette.

Mentre ciascuno riflette

dal tanto lungi stare,

ch’al cor si vien tardare

                     il suo diletto.

Veder quel Sacro Tetto,

quelle Mura Beate,

quelle Statue Sacrate

                      di Maria.

Precorre il cor la via,

e là giunge veloce,

ove né men la voce,

          ancor arriva.

La speme in tanto avviva

Il nostro cor gelato

all’Oggetto Beato,

           che bramiamo.

A te la mira abbiamo,

che a tutti sei conforto,

in questa vita Porto

            di salute.

Oh quant’alme perdute

furon per Te salvate,

ed ora son Beate

             in Paradiso.

A noi rivolgi il viso,

a noi la mano stendi,

e ‘l nostro pié difendi,

               e fa felice.

Di Dio tu Genitrice,

tu Verginella, e Madre,

Figlia del Divino Padre,

               e fatta Sposa.

Del Santo Amor, che posa

Nell’Anima diletta,

di niun peccato infetta

               e Immacolata.

Non è di cor umano

chi non rivolge il piede

là dove ebber sua fede

               Gesù, e Maria.

Dov’eran stati i pria

ripieni di favori

i santi genitori

          di Maria.

La dentro umil, e pia

col Figlio, e col suo Sposo

con tratto rispettoso

            Ella se ne stava.

Ivi pur allevava

il suo Figlio la Madre,

e lo offriva al Padre

             ben di cuore.

Là dentro sì ‘l Signore

Ancor picciol Bambino

il suo Corpo Divino

              tormentava.

Là dentro  meditava

nel suo pensier interno

come il suo Padre Eterno

                placar dovea.

Per la Natura rea

dell’uomo disordinato

per cui s’era incarnato

                 in essa Casa.

La Madre persuasa

dal sospir del Figlio,

dall’inarcar del ciglio

                  ch’ei faceva.

Anche ella pur piangeva,

e al pianto del Figliuolo

univa anche il suo duolo

           e i suoi sospiri.

Là dentro i gran martiri

d’amara sua Passione

della Crocefissione

          aveva in mente

Gesù l’Onnipotente,

che là prostrato orava,

per l’Uom colà pregava

          del perdono.

Di là giungeva il suono

delle sue voci al Cielo,

e dal Divin suo zelo

           eran tirati.

Ivi I Spiriti Beati

a vagheggiarlo in viso

più bel del Paradiso

           ivi veduto.

Gesù riconosciuto

costretti eran fermarsi

là dentro, e seco starsi

            e non partire.

Bensì d’amor languire

languir con lor Maria,

e seco in compagnia

            ancor Giuseppe.

E chi trovar mai seppe

quaggiù più bel ricetto,

se non quel Sacro Tetto,

            ch’albergo diede,

a chi nel Ciel risiede,

alla sua Madre Santa

ad una parte tanto da

di sua Corte?

          Oh ben felice sorte,

se là, giunger potiamo

e se là dentro entriamo

           oh fortunati.

Oh bene avventurati,

se siamo fatti degni,

di porre i piedi indegni

            in quella stanza.

N’abbiamo la speranza,

ma entrar sotto quel Tetto

fa il cor tremare in petto

             al Peccatore.

Oh Dio! Con quale orrore

calcar l’orme di Cristo,

chi sino ad or fu tristo

               e cieco, e insano.

Dunque con pié profano

calcar dovrem que’ sassi,

che impresser co’ suoi passi

                Gesù, Maria?

Nò nò, si scacci pria

dall’alma ogni peccato,

ognun così sia grato

                  al nostro Dio.

Che il cor contrito, e pio

Là dentro lascia entrare,

per ivi contemplare

                   i gran Misterj.

Gli arcani occulti, e veri,

per cui siamo presenti,

e dagli eterni stenti

          liberati.

Là dentro dispensati

dal Ciel sono tutti doni,

di là gli Eletti, e i Buoni

           escono Santi.

Oh quanti entrati, o quanti

seguaci pria del mondo

n’uscirono col cor mondo

            più perfetto.

Anzi Santo, è perfetto

ripieni sol d’amore

verso del lor Signore

             e Madre Santa.

Oh Sacra Casa, o Santa

da lungi a te veniamo,

da lungi t’adoriamo,

             e chiediam grazia.

Vedere a faccia, a faccia

dopo sue mure sacre

Gesù con la sua Madre

              in Paradiso.

Vedere a viso, a viso

il Facitor superno,

il Ciel tutt’in eterno

              Ognuno prega.

Giacché nulla Dio niega

di quel, che in te si chiede

dal Pellegrin con fede

               per Maria.

Noi tutti in compagnia

ti riveriamo Signora,

tu rilucente Aurora,

          e Sol nascente.

Tu detta anticamente

Grand’Albero della Vita,

bella Verga fiorita,

            e Campo ameno.

Chiamata Ciel sereno,

tu Scala misteriosa,

tu pur mistica Rosa,

            Roveto ardente.

Tu Nube risplendente,

tu Sacrosanto Monte,

tu cristallino Ponte,

            e Porta chiusa.

Arca di Grazia infusa

Reina tu famosa,

Giuditta vittoriosa

              del Dragone.

Tu Vel di Gedeone,

del Tempio l’Edifizio

altar del sacrifizio

               Verga di Jesse

Sotto queste ombre espresse

bella Madre d’Amore

lo Spirto del Signore

                Tua bellezza;

Di grazia alla pienezza

Verginità feconda,

Tua luce, che s’nfonda

          in ogni mente.

Poter sopra ogni gente,

dominio in Ciel, e in Terra,

e fin dove si serra

          il cupo Averno.

Lodiam tutti in eterno

sì grand’Imperatrice

di Dio Genitrice,

          e Figlia, e Sposa.

Sin che il nostro piè posa

nella sua Casa stessa,

ov’ella  genuflessa

            orò più volte.

E le sue preci accolte

dal suo Figliuol Bambino,

col suo merto divino

            al Ciel offriva.

Dov’Ella pur soffriva

vedere un Dio fanciullo

a servir di trastullo

           al buon Giuseppe.

Dove questi ancor seppe

i più segreti arcani

da Spiriti Sovrani

             rivelati.

Dove  lor tre profeti

a santa, e frugale mensa

fiamma d’amore intensa

             li cibava.

Dove Gesù parlava,

dove Giuseppe udiva,

e la madre gioiva

          in tanti affetti.

Quindi d’ognora i petti

freddi, ed agghiacciati

là dentro appena entrati

           son accesi.

Da Sant’Amor sono presi,

dal respirar quell’aura,

là dentro si restaura

              il Pellegrino.

Dunque presti al cammino

per tosto possedere

quanto si può godere

               quaggiù in Terra.

Nel Tempio, ove si serra

il maggior Reliquiario,

il Sacro Santuario,

                e Magion Santa.

Oh quanta gente, oh quanta

là dentro troveremo,

e piangere noi vedremo

                  per Amore.

Quanta con gran dolore

sacro suol prostesa,

detestare ogni offesa

                  a Dio fatta.

Quanta poi soddisfatta

davvero pure adorato,

baciato e ribaciato

il Sacro Luogo.

Cercare al suo cor sfogo

con novi baci, e pianti

dentro que’ muri santi

          ancor languire.

Quanta nel suo partire

volgere a dietro l’occhio,

e in terra col ginocchio

          là gridare.

Vuole il mio cor tornare

senza restarmi in petto

al Sacrosanto Tetto

           di Maria.

Sen torna l’Alma mia

in quella Casa Santa,

ov’ebbe gioia tanta

           entro que’ muri.

Avrem noi cor sì duri,

che non bruciam affatto,

che non resti disfatto

            il corpo intero.

Al bel sguardo primiero

della Stanza Divina

si dia a cor la mina

            e n’esca fuori.

E senza far dimora

precorra i nostri passi,

e ratto entro que’ sassi

Maria ador i.

Indi ritorni fuori

di quel sacro rigetto,

e ci ritorni in petto

ad abbruggiare.

Hor su su a camminare

s’ella mirar vogliamo,

s’ella adorar bramiamo

          di preferenza.

Ahi che gran veemenza

d’affetto al cor sentiamo

cantar più non possiamo

il cor si serra.

Al primo vedersi da lungi la Copola della Santa Casa si canti in ginocchio.

Presto il ginocchio a terra

a terra, a terra Amici

o quanto siam felici

          ecco Loreto.

Ecco sì mostra a deto

La Casa di Maria

il fin di nostra via

           il Ciel sereno.

Cantiam a coro pieno;

da lungi ti miriamo,

a te noi sospiriamo,

           o Santa Casa.

Oh sacra, o Santa Casa,

di qua ci veneriamo

di qua noi ti inchiniamo

            ben di core.

E tutto il nostro amore

a te noi tributiamo,

prostrati  t’adoriamo

o Santa Madre.

Si levi in piedi, e camminando si prosiegua.

Rendiamo grazie al Padre,

al Figlio, al Paracleto

al Luogo di Loreto  

          siam vicini.

Allegri, o pellegrini,

che il resto del sentiero

ci sarà assai leggiero

           più che prima.

Qui sì perdiam la rima

in questo nostro canto

mentre Loreto Santo

           ci sta in vista.

Qui sì nessun s’attrista

dal lungo camminare,

ma ben vorria volare

            al Sacro Tetto.

S’accende il fuoco in petto,

ci abbrucia in petto il core

dalla fiamma d’amore

             in ver Maria.

Nessun lo crederìa

quanto si goda adesso,

che si vediam d’appresso

alla sua Casa.

O Santa, o Santa Casa,

nostro conforto, e vita,

or or è pur finita

          la via nostra

Di novo ognun si prostra

a terra co’ ginocchi,

e con le lacrime agli occhi

           ben t’adora.

Oh quando sia quell’ora

che al santuario giunti

nel cor tutti i compunti

            ne restiamo.

Allor sì che vogliamo

baciar que’ Sacri Muri

che da Maria sì puri

             furon resi.

Allor sì che prostesi

su quel sacrato suolo,

la Madre, e lì il Figliuolo

              adoreremo.

A loro afferiremo

i nostri passi, e ‘l viaggio

ogni stento, e disagio

              avrem sofferto.

Ma quest’è poco certo

s’ancor il sangue, e vita

con che pur sia gradita

               non si doni.

 E pregarem perdoni

dal Ciel l’Eterno Padre

pe ‘l Figlio, e per la Madre

           a noi gli errori.

Che raggi, e che splendori

di sante illustrazioni,

a noi sia che si doni

          da Maria.

Giunto ciascun che sia

là dentro ad adorare

vorrebbe ognuno spirare

           e non uscire.

Vorrebbe ognuno morire

in quel Sacro Ricetto,

dove Gesù concetto

            prese carne.

Vorrebbe ognun restarne

là dentro seppellito

là dentro incenerito

            dall’amore.

Or dentro il nostro core,

qual fiamma ne discende,

o qual ardor s’accende

             in santi affetti.

O s’apriranno i petti,

o bruggieranno i cori

a sì focosi ardori

             Verginali.

O d’onde tanto vali

o Casa Sacrosanta,

ch’accendi fiamma tanta

             sol veduta?

E che sia poi goduta

nel Santuario interno,

dove l’Amore superno

          si diffonde?

O quanti doni infonde

in grazia di sua Sposa

a quell’alma amorosa

            ch’ivi trova.

Questo da noi si prova,

che là solo al mirare,

sentiam a liquefare

              i sensi nostri.

S’abbruggia pure i mostri

delle fiere passioni,

delle varie affezioni,

                che in noi sono.

Questo chiediamo in dono,

per questo a te veniamo,

affinché diventiamo

                  tutti santi.

Sarà questo tra i vanti

delle grazie maggiori

far santi i Peccatori

                  al sol mirarti.

Possiamo ben consacrarli

Le brame, e ti i sospiri

del nostro cor martìri

                   o Santa Casa.

Oh Sacra, o Santa casa

alziamo le pupille

ben mille volte, e mille

                    al Sacro Tetto.

A quel felice aspetto

ciascuno ne vien meno

dal gaudio di ch’è pieno

           per Maria.

Ognun sol tacerìa

per concepir grand’atti,

per offerir gran fatti

          di virtudi.

Fiasco dunque si studj

e si prepari avanti

all’esempio de’ santi

          e or tacciamo.

Ma che tacer? miriamo,

se siamo giunti in tanto

al Luogo Sacrosanto,

          ecco le Mura.

O Casa Santa, e pura

noi siamo qui ben umiliati,

di nuovo a Te prostrati

          T’adoriamo.

Qui sì imprimer vogliamo

in quelle pietre i baci

testimoni veraci

          dell’interno.

Qui si col pianto esterno,

dopo fermati passi,

laverem questi sassi

          qui d’intorno.

Qui si di notte, e giorno

nostri cor amorosi

sospiri ben pietosi

           manderemo.

Qui sì si sentiranno

gli affetti, le preghiere,

che con sommo piacere

           offeriremo.

Qui sì supplicheremo

La madre e il divino figlio a donarci del giglio

            dell’onestade.

Fervor di caritade

al prossimo, e a Dio

chiediamo con cor ben pio

              da Maria.

L’altra virtude sia

un’umiltà profonda,

che dentro il cor s’infonda

               dal Signore.

Poi tolga ogni malore,

che il corpo ci molesta,

e dal servirlo arresta,

                e dal lodarlo.

Ne ci scordiam pregarlo

ancor per i Congiunti,

se vivi, che defunti

                 noi abbiamo.

Qui il canto terminiamo

per ben sfogare gli affetti, ch’abbiam nei nostri petti

                  in ver Maria.

Quando si sarà o appresso, o sull’Atrio del Sacro Tempio si canterà con tutto giubbilo di cuore, come segue.

Ognun ami Maria,

ogni lingua alla Lodi,

ognuno in tutti i modi

          a Lei si dia.

Dica ciascun, Maria

tu sei conforto mio,

liquefarmi desìo

          al tuo aspetto.

Si strugga questo petto,

s’incenerisca il core

dalla fiamma d’amore

          verso Te?

O Dio beato me,

s’arder potessi canto,

ch’avessi gloria, e vanto

morir per Te?

O Dio beato me,

se qui arrestar finita

potesse la mia vita

sol per Te?

O Dio beato me,

se con quivi morire,

al Ciel potessi gire

a veder Te?

O Dio beato me,

Ahimé ch’io moro, e spiro,

perché con un sospiro

          non vengo a Te?

O Dio beato me,

Che certo vuol morire,

né vuol di qua partire,

           e lasciar Te.

O Dio beato me,

ti chiedo al fine Maria

spirar or l’Alma mia

             in grembo a Te.

O Dio beato me,

o Madre, o Figlio ancora,

deh frate, che in quell’ora

             in Voi io spiri.

Dopo nel partire da Loreto, e nel ritorno a Casa.

Noi siamo i Pellegrini,

che torniamo da Loreto,

col cor tranquillo e quieto

          a Casa nostra.

Ma sin che a noi si mostra

da lungi il sacro tetto

ci salta il core in petto

              per dolore.

Ci risospinge amore

indietro ritornare

l’albergo a visitare

          di Maria.

Amara ora è la via,

e poco abbiam conforto

per esser fuor del Porto

           ov’eravamo.

O quanto volevamo

in quella casa Santa

dove con gioia tanta

           siamo stati.

Oh bene avventurati

Son stati i cori nostri,

ognun quivi si prostri

            e s’inginocchi.

E rivolgendo gli occhi

con dare un sguardo lieto.

miriamo ancor Loreto

            da vicino.

Con umìle inchino

la Santa casa onori

poi la Vergine adori,

            e la saluti.

Qui sì prostrati tutti

il Tempio benedetto

con rIverente affetto

            veneriamo.

A te ci rivolgiamo

o Madre intemerata

da tutti venerata

             T’adoriamo.

E pria che ci partiamo,

ti ridoniamo i cori,

acciò Tu gl’infervori

          e ti lasciamo.

Ma che linea proviamo

a slontanare il piede

da quella Santa sede

           di Maria.

Orsù partiamo via,

perché, finché si veggia

quella sacrata Regia

            qui staremo.

Nel un passo pur daremo

a proseguire il viaggio

fin che il divino Palagio

             abbiamo in vista.

O quando mai attrista

il non più rivedere,

nè poté più godere

              il dolce aspetto.

Il sacrosanto tetto,

che l’alma ci ha rapita

e di novo c’invita

                a lui tornare.

Non lo potiam scordare,

e fin che viveremo

in desiderio avremo

                 ivi tornare.

Ma se vogliam quietare

un po la nostra mente

preghiam divotamente

           e andiam cantando.

Kyrie, etc

Dopo poi a tempo.

Noi siamo i Pellegrini,

che a casa ritorniamo

dopo veduto abbiamo

           la Casa di Maria

Dolce sarà la via

con la memoria grata

dìaver noi visitata

            Casa Santa.

Davvero con gente tanta

là dentro venerata,

e di cor adorata

            Nostra Dama.

Che Mondo tutto l’ama,

e là corre pietoso,

e tutto ossequioso

             ad inchinarla.

Chiediam pur noi d’amarla

essi si mantenga acceso

l’amore, che c’è disceso

             dentro il petto.

Là sotto il sacro Tetto,

dov’arse nostro core

presso dal Sant’Amore,

              che ci ardea.

Ho quanta forza avea

quell’amato Ricetto

a muovere ogn’affetto

          dentro i cori.

Se il sol mirar di fuori

que’ sacrosanti muri

i petti anche più duri

             intenerisce.

Il Turco, e il Mor mugisce

per aver loro in faccia

Forte di sì efficacia

              sopra il mare.

Quell’è quel Sacro Altare,

quell’è quel divin Tempio,

che bramerebbe l’empio

                sradicare.

Le inviò perciò, a donare

quelli Cereo veduto,

con che volea distrutto

                il Santo Luogo.

Ma non ebbe il suo sfogo

il Cereo artificiale,

che da mano virginale

                venne estinto.

Così con scorno vinto

fu l’Ottoman sgraziato,

che invano avea tentato

                  sì gran male.

O quando, o quanto vale

del Ciel l’Imperatrice,

di Dio la Generatrice

                   tutto puole.

Ottiene quant’Ella vuole

pietosa co’ suoi servi,

terribile a’ protervi

         si dimostra.

Ell’è l’Avvocata nostra,

ancor è nostra Madre,

dell’Inferno le squadre

         non temiamo.

Basta ci ricordiamo

di quanto abbiam veduto,

di quanto abbiamo goduto

          in quella Stanza.

Oh quanta, o qual speranza

dobbiamo noi avere

d’essere sempre a godere

           Maria in Cielo.

Lassù senz’alcun velo,

se qui ci ha graziati,

accolti, e di albergati

           in propria Casa.

S’ha da venir persuasa

La nostra compagnia

della Madre Maria

           esser diletta.

E dal suo Figlio eletta

per sempre al Paradiso

a vagheggiare in viso

           il nostro Bene.

Lungi timor di pene,

lungi timor d’oltraggio

in questo santo viaggio,

           che facciamo.

Per Protettrice abbiamo

chi debellò l’Inferno,

e chi del Verbo Eterno

          è Genitrice.

Abbiamo protettrice

chi in qual strada si sia

sarà per ogni via

          nostra Guida.

Sempre potente, e fida

a buoni Pellegrini;

dunque ciascun cammini

           allegramente.

S’abbiamo del Mar lucente

per luminosa Stella

Maria Vergine bella

            senza uguale.

Vergine trionfale,

sicura, e fida scorta,

che al Ciel l’Anima porta

             ove riposa.

Con voce lagrimosa,

e con alti sospiri

ver noi preghiam, che giri

             i dolci rai.

Se là de’ nostri guai

cessaron le tempeste

quando il Nunzio Celeste

Ti diè pace.

Se là il Verbo verace

unì l’Umanitade

con la sua Deitade

          e in Te discese.

Madre dunque cortese,

mentre sei nostra spreme

spezza l’aspre catene

          a i peccatori.

E se chi fuor d’errore

guida alla chiara luce,

che al Porto ne conduce

          di Salute.

Tu pur ogni virtute

c’impetra dal tuo Figlio

e qualunque periglio

          da noi scaccia.

E Madre esser ti piaccia

nostra benigna, e pia,

a buona, e dritta via

          per condurci.

In tanto per ridurci

noi ben a camminare

poniamoci a meditare

          per mezz’ora.

Come sì gran Signora

tante grazie comparte

a chi da casa parte

          a visitarla.

E va per adottarla

con invocato affetto

dentro quel Sacro Tetto

          di Loreto.

Ognuno pur stia cheto

nella meditazione,

per far questo Orazione,

          he sia grata.

O madre Immacolata,

che da noI li l’accetti

riempia i nostri petti

          di sua grazia.

A fin ch’abbia efficacia

appresso l’alto Dio,

che sempre ci sia pio

           in vita, e in morte.

Qui segue la Meditazione, e poi a tempo si segua.

Noi siamo i Pellegrini,

che da Lorè veniamo,

e a casa ritorniamo

             tutti lieti.

La grande divozione,

che ci ha nel cor stillato

quel Luogo sì sagrato

             di Maria.

Ogni dover vorria,

ogni ragion pur vuole

si faccia quel che si puole

              per suo amore.

Che sempre intatto il core

si tenga dal peccato,

e sempre immacolato

               si conservi.

Così farem suoi servi,

così saremo grati

a chi ci ha graziati

          del suo affetto.

A chi si diè ricetto

nella sua propria Stanza

per darci la speranza

          esser Beati.  

Felici, e fortunati

saremo noi da per tutto,

se conserviamo il frutto

          della grazia.

Che pur Maria procaccia

A chi l’ama di core

dal suo Figlio, e Signore

          Gesù Cristo.

Sarebbe ben un tristo,

se alcuno fra noi si dasse

che mai più s’imbrattasse

          in alcun vizio.

Oddio acqua al supplizio

sarebbe condannato,

che fosse stato in grado

           ver Maria.

Ahimè chi ‘l crederia

che alcun mai più potesse,

che alcun di noi volesse

           ancor peccare.

Piuttosto consacrate

a Lei, ch’è inviolata,

 l’alma Se gli è donata

           col morire.

Ma chi potrà ridire

le illustrazioni, e i lumi,

che per mutar costumi

          abbiamo avute.

Le garanzie ricevute,

i doni dispensati,

i guai, che ci ha levati

           là in Loreto.

E quel, ch’è poi segreto,

che si ha il Signor donato,

e il male ci ha levato

           nell’interno.

In vita, e in eterno

(Se pur non siamo bruti)

noi siam tutti tenuti

            ad esser Santi.

Adunque tutti quanti

stiam lungi dal peccato,

dal mondo scelerato,

             e traditore.

Si tenga puro il core

purgato con la mente

col vivere innocente

              da per tutto.

Altrimenti perduto

avrem quanto s’è fatto,

e tutto in un sol tratto

              gettaremo.

Ma che poi dir potremo,

se al Divin Tribunale

La Madre Virginale

          ci rinfaccia.

Abbiam persa la grazia,

ch’al singolar favore

c’impetrò dal Signore

         nel Sant’Ospizio.

Di sì gran benefizo

allor trovati rei

saremo co’ Giudei

         ancor dannati.

A’ suoi i figli uomini armati

Maria giammai permette,

che Gesù li rigette,

          e da se scacci.

Ognun sforzo si facci

di vincer bene se stesso,

di riformare ben spesso

          la sua vita.

Veder se ben s’imita

La Vergine in virtude,

se al senso il cor si chiude

          e il vizio fugga.

Se il proprio amor si strugga,

se la mente sgombrata,

se la lingua purgata

          si ritrovi.

Così ciascun si provi

Con supplicar in  tanto

il Ciel per esser Santo

          sin’a morte.

E per l’aiuto forte,

di cui noi bisogniamo

adesso ricorriamo

          a tutti i Santi.

Su su per tutti quanti

lo spirto al Cielo alziamo

le lor laudi cantiamo

          ad alta voce.

Qui si cantan le Litanie dei Santi con le PrecI, ed Orazioni.

Poi a tempo si seguita.

Noi siamo i Pellegrini,

che andiamo così cantando

a casa ritornando

            a Loreto.

Oh se mostrarlo a deto

potessim pur ancora,

e mirarlo tuttora

            da lontano.

Ma ciò riesce vano

perché siam già scostati

da que’ Muri Sacrati

             di Maria.

Se seguiam pure noi la via,

e ci serva di sfogo

narrar del Santo Luogo

              i gran portenti.

Far ch’ognun sappia, e senti

e il Mondo tutto intenda

a qual gloria s’estenda

           il Sacro Tetto.

Di cui degno concetto

nè mente può formare,

né lingua può narrare

            che sia abbastanza.

Se ogn’altro luogo avanza

per il Mister più fino

che Iddio uno, e Trino

            v’ha operato.

Se allor fu consacrato

nel più prezioso Tempio,

che quaggiù senz’esempio

            Ei s’era eletto.

Se affin non sia negletto

con sforzi onnipotenti

senza dei fondamenti

           il fe portare.

Per aria, e sopra il mare

senza che un sasso solo

dei Muri o pur del suolo

           si muovesse.

Dopo i Schiavoni elesse

una Selva d’Ancona

di Nobile Matrona,

           e fu Lauretta.

Non già per sempre eletta

(Che vi dimorò poco)

ma se mutò poi Loco,

           fu la Marca.

Dove qual nobile Arca

per memoria di pace

per scudo contro il Trace

          fu lasciato.

E ‘l Luogo fu chiamato

la terra di Loreto.

Che per divin segreto

           è destinato.

Ad essere venerato

per quella Santa Casa,

la gente persuasa

            ivi portarsi.

Convenne fabbricarsi

non solo un’ampia chiesa,

che tien dentro compresa

             la Magion Santa.

Ma dalla gente tanta,

che là volle fermarsi

ebbe ad edificarsi

              una Cittade.

Che splende in Sanitade,

che tutta pietà spira,

e il Pellegrino ammira

               come un Cielo.

Là tratte sono dal Zelo

da pura di divozione

genti d’ogni Nazione,

                d’ogni Paese.

IL Gal,  l’Indo, e l’Inglese,

l’Armeno, e l’Africano,

l’Arabo, Moro, e Ispano,

                 e ‘l Mondo tutto.

Ogni popolo istrutto

di qua, di là dal Mare

dov’il Sol va a spuntare,

           e dove scende.

Ne sesso pur s’attende,

etade o pur lingnaggio,

di Natali legnaggio,

           o Dignitade

Là va la Povertade

Là van ricchi Mercanti;

là vanno i Benestanti,

           e i doviziosi.

Soldati, e Religiosi,

Gran Principi, e Prelati,

Monarchi; e Porporati

           colà vanno.

E fin dal Vaticano

di Cristo i Successori

hanno per gran favori

            là portarsi.

Oh quanto d’ammirarsi

incontrando per viaggio

Genti con Equipaggio

            e gran Reine.

Che fuor del lor confine

lasciato in abbandono

portando ricco dono

             son uscite.

Andando umili vestite

in abito negletto

al Sacrosanto Tetto

             di Maria.

Udirsi poi per via

cantar tutto giulivo

 allegro, e ben festivo

          il Pellegrino.

Ma in giungere vicino

a quelle Mure Sagre

veder le genti a squadre

          tutte in pianto.

Oh quanto move,oh quanto

ognun assunse spiegare,

ognun a lagrimare

           d’allegrezza.

Ma quanta tenerezza

d’amor affettuoso,

di cor tutto pietoso

             poi si sente.

Là nell’entrar la gente

dentro il Sacro Ricetto

nel mirarne l’oggetto,

             che si ama.

Si sveglia più la brama

in noi di ritornare

di nuovo a venerare

              quella Stanza.

Ahi dolce rimembranza,

ma che ferisce il core,

e la piaga d’amore

               ancor rinnova.

E certa  pur far prova

che noi tronchiam la via

per tornare a Maria

          di Loreto.

Sì, sì, farà sì inquieto

il cor, che in sen abbiamo

sin tanto ci troviamo

          in questo viaggio.

Dov’ha provato un saggio

diciamo del paradiso

nel vagheggiare in viso

         l’alta Signora.

Oh se potessimo ora

tornarla a rivedere

oh che grato piacere

          ognun avrebbe?

Che giubbilo godrebbe

che sol qui dimorare

potesse per mirare

           la Santa Casa.

Oh sacra, o Santa casa

tu sei la calamita,

che con gioia inaudita

           rapisci i cori.

Tu fai comparire fuori

gli affetti più segreti,

che stavan dentro quieti

            in mezzo al petto.

O Sacrosanto Tetto,

o Casa d’Orazione

Tempio di Devozione

            onor di Dio!

Col cor umile, e pio

di nuovo ti inchiniamo

ancor ti riveriamo

          sulla via.

A Madre Maria

di nuovo ci volgiamo

di nuovo ti adoriamo

           qua prostrati.

E dopo in pié levati

seguiam ben il cammino

ma ‘l cor a Te  vicino

            noi torniamo.

E senza cor andiamo

poiché l’abbiamo lasciato

nell’albergo Sacrato

             di Tua Casa.

Oh sacra, Santa casa

l’Alma non ci rapire

se il viaggio proseguire

             noi dobbiamo.

Acciò ci divertiamo

dal Sacro Santuario

recitiamo il Rosario,

             unitamente.

Ma con attenta mente

che vengan meditati

i misteri operati

             là in quel Luogo.

Avranno così il suo sfogo

nostri cor amorosi,

i Misteri Gaudiosi

             meditando.

E dopo recitando

i detti Dolorosi

gli amori più pietosi

          ne usciranno.

Poi fuori ne verranno

i giubbili più veri

meditando i Misterj

           Gloriosi.

Alcun parlar non osi

per questo poco d’ora,

acciò nostra Signora

           noi ascolti.

A Lei dunque rivolti

con l’attenzion più fina

diciam Salve Regina,

            e cominciamo.

Qui si dice tutto il Rosario in una, o più volte a beneplacito.

Noi siamo i pellegrini,

che ora ce ne torniamo

dove temp’è lasciamo

          i nostri averi.

Noi siamo forastieri

un pezzo fa partiti,

da casa nostra, ed iti

           al bel Loreto.

Là fummo col cor quieto

là dentro fummo accetti,

là dentro i nostri petti

          amor s’accese.

Crediam Maria ci prese

per suoi Figli adottivi,

e noi tutti giulivi,

           ce ne andiamo.

Perché certo speriamo

d’essere da Lei guardati

protetti, e preservati

            d’ogni male.

Dal peccato mortale,

ch’è la maggior disgrazia,

che ci toglie la grazia

             del Signore.

Ci ha poi empito il core

d’amore si infuocato,

che ancor non s’è scordato

             di Maria.

Anzi in tutta la via

è stato sempre ardente,

sempre puro, e innocente

              è dimorato.

Così sia conservato

dalla Vergine Madre,

sin che si renda al Padre

               la nostr’Alma.

A conseguire la Palma,

che il giusto in Ciel possiede,

e Dio poscia concede

                 ai penitenti.

In tanto li Parenti

presto ci incontreranno

or or che ci vedranno

          gir a Casa.

O dalla Santa Casa

essi faransi a dire

che c’avete ridire

          e che portate?

Orsù via ci mostrate,

ciò che con voi avete

quel che dar ci volete,

           e poi direte.

Quanto veduto avrete,

se sia vera la fama

di quanto si proclama

            di Loreto.

Ognuno vorrà in segreto

che tosto se gli dona

Medaglia, o pur Corona

            benedetta.

O qualch’Immaginetta

dell’adorata Immago,

e perché ognun sia pago

            che faremo?

Noi a ciascun daremo

di quel, che abbiamo provisto

poi ciò, che abbiamo visto

           narreremo.

Principio noi daremo

dalla nostra partenza,

e come il fumo senza

           alcun disaggio.

Per tutto il nostro viaggio,

che il fe, tutto felice

la nostra Ausiliatrice,

          e cara Madre.

Che dall’Eterno Padre,

dal Sposo, e dal suo Figlio

salvò d’ogni periglio

            i suoi Divoti.

Se bene non eram noti

tutti ci ha ben trattati,

dove siam capitati

              giorno, e notte.

In Mar viste le Flotte,

che ne premevan l’onde,

e noi da quelle Sponde

                godevamo.

Veduti ancor abbiamo

diversi gran Pallaggi,

bei Tempi, e Romitaggi

                 nel cammino.

Ma quel, che ha del Divino

è il Sacrosanto Tetto,

di cui formar concetto

                   nissun vale.

Presenza personale

al certo si richiede,

e che là ponga il piede

                    se alcun vuole.

Intender quanto puole

di quel Sagrato Luogo,

se per qualunque sfogo,

          che si faccia.

Di dir con efficacia,

non si può caldo dire,

che altrui possa capire

           quanto è vero.

Non esservi Mistero,

che al par di questo mova

che colà si ritrova

           a ben pensare.

Là dir, qui s’ebbe a fare

il Trattato di Pace

tra l’Uom, e Dio verace

            e qui concluso.

Dentro l’Utero chiuso

del Ventre Virginale

di Donzella Reale

            il Verbo scese.

E di Lei Carne prese,

e chi vi fu obumbrata

Maria fu chiamata,

            e fu qui tutto.

Qui il Verbo si fe muto,

la pianta apprese il frutto,

il peccato distrutto,

            e l’Uomo salvato.

O luogo consacrato

da sì Divino Mistero,

che l’umano pensiero

           là si oscura.

Alma non vi è sì dura,

che in quel Sacrario Santo

non si disfaccia in pianto.

          e quasi muoja.

Dall’eccessiva gioia,

dalla piena d’Amore,

e dall’alto stupore

           la sorprende.

Ma questo non s’intende

Da verun’ intelletto,

se dentro il Sacro Tetto

           non si trova.

Né quel, che là si prova

della Grazia in segreto,

che sol s’apre in Loreto,

            e vi si serra.

Alla Casa che in terra

che la Divina Madre

diede l’Eterno Padre,

             questo dono.

Quindi incapaci sono

questi nostri Congiunti

per mezzo di racconti

              intender tutto.

Del gran Tempio veduto

del suo ricco Tesoro

potiam parlar a loro

               con piacere.

E dirgli, o bel vedere

un edifizio tale

che non v’è in Terra eguale,

                  e sontuoso.

Un tempio maestoso

di vaga, e grande altezza,

di non minor ampiezza,

          e tutto quello.

Dove grave scalpello,

dove pennello fino,

ed ago soprafino

           v’han sudato.

Sarà sempre ammirato

lavoro di grand’arte

perché v’ebbero parte

          i più periti.

Con disegni graditi,

con dotta maestria

Tempio per Maria

          fu innalzato.

Quant’Oro hanno impiegato

più Nobili, e Mitrati

Principi, e Porporati,

          e i Papi stessi.

Perché furon anch’essi

dalla Vergin graziati,

e bene spesso ajutati

          in grandi affari.

Oh come belli Altari

di Casi preziosi,

d’arredi sontuosi

         tutti ornati.

Veder poi attaccati,

e a quei Muri appesi

là d’intorno distesi

        Tanti Voti.

Portati da divoti

per grazie ricevute

con iscrizioni argute,

          e ben intese.

Là di Galee prese

A’ Turchi, o liberate,

d’altre pur affondate,

           e riavute.

Parlan Tabelle mute,

parlan Stendardi, e le Armi

con dir: senza risparmi

           qui fansi Grazie.

Si levan le disgrazie

i morbi, ed i dolori,

le pene, e i languori

           sono sanati.

Gl’Infermi liberati,

i Ceppi, e le Catene

mostrano a chi qua viene

           da lontano.

L’Onnipotente mano

romper i lacci, e ferri

acciò che si disserri

           ogni Prigione.

Togliere ogni passione,

frenar pioggie e tempeste,

scacciar l’orrida peste,

           e quietar Mari.

Mandar questi ripari

a fiamme ben ardenti,

a Fiumi, ed a Torrenti

          senza offesa.

V’è la memoria appesa

delle liti serrate,

delle Vittorie date,

          e pace avuta.

Della gente perduta

nel velleggiar per Mare

se al fin s’ebbe a salvare

          qui ricorda.

Della gente soccorsa

in mezzo agli Assassini

con aiuti Divini

           per Maria.

Ancor di gente ria

da Demone suasa

rubar la Santa Casa,

           e poi fuggire.

Ebber dal Ciel venire

squadre di Spiriti armati

fermare i disgraziati,

           e furon colti.

Disegni essere ascolti

nanti del Divin Tetto

strapparvisi dal petto

           l’alma loro.

Così pur di coloro,

che un po’ di calce solo

preser dal sacro suolo,

            e fur puniti.

Sino al tornar pentiti

rimetter al suo loco

il tolto, benché poco

          ai Muri Santi.

Oh quanti segni, o quanti

pendono d’intorno al Tempio

a memoria, ed esempio

            delle Genti.

Che sappiano i portenti,

ed i prodigi strani

oprati per le mani

             di Maria.

Mai non si finirà

vedere i Voti loro

in Tela, Argento, ed Oro

              là lasciati.

D’Attratti,  e Disperati,

di Ciechi, Sordi, e Muti,

d’Ossessi e mal caduti

              in precipizj.

Altri da malefizj,

da Larve, ed ombre presi,

e dal Nemico offesi,

               liberati.

Di Figliuoli impetrati

da Donne partorienti,

Prigionieri Innocenti

              liberati.

Che tutti fur graziati.

Là dotti gli Ignoranti

là i Peccatori, Santi

               furono fatti.

Là pure i mentecatti

ebber giudizio sano,

ebbero cor uno anno

          anche i Tiranni.

Idolatri a molt’anni

altri nell’Eresia

sono tutti da Maria

          illuminati.

Questi sono dimostrati

nelle Tabelle impresse;

molto dimostrano esse,

          non già tutto.

È tempo ormai perduto

voler del già seguito,

ch’ha pur dell’infinito

          far racconto.

Qui torna ben a conto

dir qualche cosa ancora

del Tesoro che finora

          ivi ha Maria.

Oh gran tesoreria

Che ha mai la Casa Santa

Oh qual è mai oh quanta

          e senza stima.

I doni diciam prima

de i Papi ad un per uno,

di questi sol ciascuno

          fa un Tesoro.

Non solo d’argento, ed oro,

ma cose le più rare

scelte tra le lor care

           in Vaticano.

Imitati loro hanno

Vescovi, e Cardinali,

Prelati Principali,

          e gran Signori.

Gran Regi, e Imperatori,

Monarchi, e più Sovrani,

più Duci, e Capitani,

           e Cavalieri.

Così Luoghi primieri,

Città, Castelli, Regni

per Personaggi degni

            hanno recato.

A quel Luogo Sacrato,

suoi doni regalati

con l’Armi lo segnati

             come appare.

Sono Vasi d’Altare,

Lampade, e Candelieri,

più Croci, ed Incensieri

              di gran lavoro.

Calici tutti d’oro

di gioie tempestati,

e Crocefissi a aurati,

              e gran Lumiere

D’argento Statue intere,

più Gemme, e più Corone

di più Regie Persone,

              e più Maniglie.

Manti con Momperiglie

di Diamante intessute,

Collane mai vedute

          sì preziose.

Più Vesti maestose,

altre Sacerdotali

di Topazzi Orientali

          ancor guarnite.

Altre di Margherite,

di Smeraldi, e Rubini,

Pendenti, ed Orecchini,

          con Anelli.

De’ più fini Gioielli

guarniti, ed ingemmati

de’ Drappi ingiojellati

          senza fine.

Tratti d’ogni confine

ricche Spoglie di Guerra,

finiamo; il Ciel, la Terra,

           il Mondo tutto.

Sempre recò in tributo

Alla Ca Lauretana,

alla Vergine Sovrana

           i suoi Tesori.

Ma quanto più degli Ori

son più rare novizie

le sacre Massarizie

           son mostrate.

Sì spesso maneggiate

da Gesù, e da Maria,

e seco in compagnia

           da Giuseppe.

Giammai nessuno seppe

cercar cose maggiori

là dentro i gran Tesori

          di Loreto.

Quello che non è segreto

quello è il Tesor maggiore,

che non rende gran stupore,

            e ‘l tutto avanza.

Questa è la Sacra Stanza,

l’istessa Casa, e Tetto,

in che Gesù concetto

              ne rimase.

In che l’Angelo persuase

alla Reale Donzella,

farsi Madre l’Ancella

              del Signore.

Luogo di Sacr’onore,

ogni Sasso è un Tesoro,

la Polve più dell’Oro

               è preziosa.

La Statua Maestosa,

l’Immago Virginale,

di Viso Celestiale

               di Maria.

Tutta divota, e pia

col Bambin fra le braccia,

che pari porga la Grazia

                a chi la vuole.

Polve di rose, e viole,

e fior di giglio mista

San Luca Evangelista

                 par si servisse,

con quella coloro risse

l’Immago riverita

resa poi inbrunita

          da’ Profumi.

Di vari Incensi, e Lumi

che stando sempre ardenti

sembrano Stelle lucenti

          di quel Cielo.

Svegliando i cor di gelo

ad acquistar ardore,

infiammarsi d’amore,

          e poi bruciare.

Qual Tesoro è l’Altare

dentro del Santuario,

che di Cristo il Vicario

          ha consacrato?

Dove v’ha celebrato

il primo Successore

del nostro Redentore

          nella Chiesa.

La fiamma poi discesa

dal Ciel più volte il Tetto

del Divino Ricetto,

          e le visioni.

Le stesse apparizioni

della Madre di Dio

mostran se Sacro, e pio

          ne sia Loreto.

Sì che contento, e cheto

ogni nostro Congionto,

quando ciò le sia conto,

          dovrà stare.

Più non si può narrare

il resto abbiam veduto,

e meno assai del tutto,

          h’abbiam detto.

Sen vadi al Sacro Tetto

chi vuol di più sapere,

chi vuol di più vedere,

           e sarà sazio.

Soffrirebbe ogni strazio

ognun di noi ancora

per venerare tutt’ora

            la Sacra Casa.

O Santa, o Santa Casa,

di nuovo t’adoriamo,

di nuovo i cor doniamo

             a te Maria.

Così finiam la via,

e perché il ciel ci applaudi

finiamo con le laudi

             di Maria.

E qui si recitano le litanie,ec.

Atto di contrizione per ogni mattina, e sera nel viaggiarsi.

Sommo Ben, mio Signor

come non v’amerò?

V’amo con sommo amor,

quanto quest’alma può.

     Perché il mio cor peccò

     or n’ho sommo dolor,

     mai più v’offenderò

     con il vostro favor.

Le mie colpe dirò

 a pié del Confessor;

penitenza farò

de miei passati error.

     Sommo Ben, mio Signor

     come non v’amerò?

     V’amo con sommo amor,

     quanto quest’alma può.

               IL FINE

LAUDI SPIRITUALI

Da cantarsi nel Santo Viaggio

A  L O R E T O

Per sollavarsi dalla stanchezza,

ed infiammarsi nel desiderio

di vedere

L A   S A N T A    C A S A

ED IVI ADORARE

LA SANTISSIMA VERGINE

M  A  R  I  A

In MANTOVA, MDCCXLIX

Per Ercole di Alberto Pazzoni

Laudi spirituali da cantarsi nel viaggio e nel ritorno dalla Santa Casa di Loreto

Noi siamo i Pellegrini,

che ci poniamo in via,

per andare a Maria

          di Loreto.

Ciascun venga pur lieto

a quella Abitazione,

ch’è casa d’Orazione,

          e tutta d’Oro

Non v’è in Terra Tesoro,

non v’è sì Sacro Luogo,

dov’ha l’alma il suo sfogo

             con Maria.

Non v’è Casa si pia,

dove sia salvo ognuno,

né vi perisca alcuno,

          come in quella,

Non v’è stanza sì bella

quaggiù sia più beata,

né che sia mai più grata

          al Redentore.

Non v’è Tempio d’onore,

sì prezioso, e raro,

che possa essere più caro

          al nostro Dio

Non ve Tetto sì pio,

né  men più sacrosanto,

già che de’ Santi il Santo

          l’ha abitato.

Non c’è altare più ornato

di più bel Reliquiario,

s’è tutto un Santuario

          da adorarsi.

Né in Terra può trovarsi

la più gradita reggia

dove abbia la sua seggia

          la gran Madre.

Dove l’Eterno Padre

spedì il suo Divino Figlio,

dopo l’alto Consiglio

          ivi seguito.

Dove fu definito,

 non poter l’Uomo salvarsi,

senza il Verbo incarnarsi,

          e poi morire.

Andiamo a riverire

Casa si generata

e Vergine inviolata

         ad adorare.

Ognun l’ha dà chiamare

per Madre del Signore

per riempirsi il core

         di virtude.

Ella, che al vizio chiude

con la sua man la via,

e dona l’alma ria

         la puritade.

Fa dono d’umiltade,

e rende casto, e bello

l’uomo che era già bello

          al Creatore.

Ciascun or con dolore

venga contrito, e pio,

sicuro d’aver Dio

           in compagnia.

Avrem buona la via,

avrem sicuro il viaggio,

e senza alcun disaggio

           arriveremo.

Ma quanto ben faremo,

se mentre camminiamo,

le laudi noi cantiamo

            di Maria.

Orsù con voce pia,

le laudi unitamente,

ma ben divotamente

            recitiamo.

Si recitano le litanie

Torniamo al nostro canto,

che senz’alcuna pena,

anzi con maggior lena

             n’anderemo.

Oh quanto goderemo,

se nel nostro viaggiare

saprem la mente alzare

              verso il cielo.

Là sì che senza velo

vedrem il Divin Padre,

vedrem la cara Madre

          del Signore.

Oh quale, oh quant’amore

ci sveglierà nel petto

la Madre del diletto

          nostro bene.

Se quaggiù ancor le pene

commuta in gran piacere

il poter sol vedere

           sua Casa pia.

Ma quando in compagnia

di tutti in Cielo i Santi

vedrem poi tutti quanti

           il suo bel volto?

Allor ci verrà tolto

dal cor ogni timore

dal corpo ogni dolore

           ogni tristezza.

Oh quando tal bellezza

della gran Donna in viso

vedrem il Paradiso,

           oh quando sia?

Basta dir che Maria,

pria d’essere concetta

fu dal gran Padre eletta,

           e destinata.

Per Pura, e Immacolata

Vergine insieme, e Madre,

di quello, a cui è Padre

           Iddio Signore.

Lo Spirto Santo Amore

l’elesse per sua Sposa

quindi tutta amorosa

           Egli la rese.

Perché in essa distese

di grazia ogni pienezza,

del Ciel ogni bellezza,

           ogni possanza.

Oh quanto sopravanza

di purità in candore 

la Madre del Signore

            tutt’i Santi.

Deh siam pur noi amanti

d’una sì gran Signora,

che tutto il Cielo adora

              per Regina.

A Lei ancor si inchina

il Mondo, e ‘l cupo Inferno

a suo grande scorno eterno

               da Lei vinto.

Così sia pur estinto

dentro del nostro cuore

ogni fiamma d’amore,

               che sia profano,

E’ ben di core infamo

chi non si accende tutto,

né si sente distrutto

                per Maria.

Ma se qua nella via

Sentiam tanto conforto,

che sarà poi nel porto,

            in vagheggiarla?

Poniamoci a contemplarla,

e con alzar la mente

pensiam divotamente

           a tal Signora.

Ella è la vaga Aurora

per lui comparsa al mondo

che lo rese giocondo.

           e tutto lieto.

Non v’è Mar più quieto

di Lei pia, e cortese,

ch’altrui placa le offese,

           e ‘l tutto puole.

Non c’è più chiaro Sole

di Maria si clemente,

che rischiara ogni mente,

           e fa pudica.

Non c’è Stella più amica

di Lei, che può scampare

noi dal turbato Mare

          senza Barca.

Non c’è Nave più carca

di Lei, che da lontano

il Pane a noi sovrano

          ben appresta.

Della Vergine questa

Non c’è più bel Giardino,

ove il Verbo Divino

          vi s’innesta.

Aura non v’è più fresca

della madre beata,

dove l’alma affannata

         si riposa.

Non c’è più vaga rosa

di Madre sì modesta,

che al puro amor ci desta,

          e vi ci infiamma

non c’è più viva fiamma

della sposa d’amore,

che abbruccia l’altrui core,

           senza pena.

Non v’è Terra più amena

della Vergine amante

dov’ogni cor costante

            si ripianta.

Non c’è più nobil Pianta

di Lei, che ci ha prodotto

quel Santo, e Divin Frutto

             del suo Figlio.

Non v’è più grato Giglio

della Vergine Madre,

ch’alle Verginee Squadre

             renda odore.

Non c’è miglior liquore

di Lei, ch’è il dolce Rio,

al qual bevette un Dio

              per noi nato.

E se Lei ce l’ha dato,

non v’è già maggior Bene

se dentro se contiene

               Iddio stesso.

Ad un tal riflesso

ciascun s’ha da infiammare

l’affetto a ravvivare

          in ver Maria.

Non c’è Sposa, che dia

come Ella nel suo viso

mostra di Paradiso

          a chi l’onora.

Meditiamo per mezz’ora

il suo merto, e le virtù

per amarla sempre più

          come dobbiamo.

Qui segue mezz’ora di divota Meditazione sopra le virtù della SS. Vergine così viaggiando

Or che diremo adesso

che abbiamo meritato,

e di Maria pensato

          le grandezze.

O grandi, o gran bellezze

o gran virtudi abbraccia

chi è piena della grazia

          il suo Dio!

Dì fu, dì fu cor mio,

e parla la lingua mia,

ciò che di Maria

           hai contemplato.

Dirò mi sono fermato

a pensar l’umiltà,

e la gran purità

          del di Lei core.

Che innamorò il Signore

a prender di lei in carne,

venire ad abitarene

            tra mortali.

Per liberar da mali

noi Peccatori tutti,

che andavamo distrutti

             dal Peccato.

Oh quanto ben ci ha fatto

La Purità sì monda,

e l’umiltà profonda

               di Maria.

A l’Lei grazie ne sia,

che sua mercé salvati

siamo per lei liberati

               dall’Inferno.

In eterno, in eterno

a Lei siam obbligati

Le dobbiam esser grati

               di tal bene.

Il sangue nelle vene

per Lei spender dobbiamo

se Lei di cuor amiamo,

                 e pur è vero

Che tutti da dove

all’lei tenuti siamo

del bene, che aspettiamo

                  lassù in Cielo.

Fu causa il suo gran zelo,

che presto discendesse

chi per Madre l’elesse

          quaggiù in terra.

Per Lei pur si disserra

al peccatore la gloria,

e a chi vuol vittoria

          vien concessa.

Ognun pure confessa,

che chi di lei la vita

col suo favore imita,

           si fa Santo….

E’ pur ver altrettanto,

che da pensieri carnali

La Purità sua vali

           a liberare.

Così per discacciare

La gran superbia altiera

l’umiltade  sua vera

            fu provata.

E chi l’ebbe invocata

delle colpe il perdono,

di castitade il dono

             ha ricevuto.

Anzi chi fu perduto,

e l’alma aveva dato

a Satana disgraziato

             ebbe la grazia.

Che tale fu l’efficacia

della Madre di Dio,

che il scolerato, e rio

             fu salvato.

Dunque da noi lodato

chi è il nostro caro Padre,

che del Figlio la Madre

         tanto onora.

Allegri stiamo pur ora,

e vada ciascun quieto,

ch’andiam verso Loreto

          alla sua Casa.

Sì sì alla santa casa

noi tutti i suoi divoti

i nostri umili voti

            offriremo.

Là sì supplicheremo

La Madre Santa, e Pia,

la Vergine Maria

              a farci i Santi.

Che s’ha salvati tanti

del suo Figliol nemici,

concederà agli amici,

               almeno un guardo.

Che quasi come dardo

chiediam nel nostro core

per fiamme del suo amore.

                 E nostra vita.

Ma perché sia esaudita

la nostra umile preghiera,

de’ Santi la gran Schiera

                  invochiamo.

Le loro laudi cantiamo

con vera divozione

e con questa intenzione

           di pregarli.

Anzi di supplicarli

lodato per noi Maria,

e in nostra compagnia

          riverirla.

Qui si cantano le Litanie de’ Santi con tutte le Preci ed Orazioni.

Or chi abbiam riposato,

e d’altro già discorso

torniamo al nostro corso.

           In ver Maria

abbrevierà la via

né sentirem stanchezza

se la di Lei grandezza

            esalteremo.

Oh quando giungeremo

a quella Casa Santa,

oh quanta gioia, oh quanta

              proveremo.

Assai ben più godremo,

che nel vedere Paesi,

Città, Monti scoscesi,

               e Valli, e Mari.

Questi scorran  gli avari,

che cercano novitadi,

per noi sono vanitadi

                da vedere.

Tutto il nostro piacere

è poter arrivare,

è poter adorare

          il Sacro Tempio.

Sarebbe ben un empio

chi per vederla via,

e non sol per Maria

            là n’andasse.

Piuttosto si levasse

costui di compagnia

di chi corre a Maria

             per sol amore.

E pur un grand’onore

ci fa Nostra Signora

s’ella fra poco d’ora

              noi abbraccia.

Tra le sue care braccia

In sua Casa paterna,

che sarà forsi eterna

               ancora in Cielo.

Abbruggi il cor di zelo,

si pongan l’ali al piede,

si voli sin si vede

                 il Sacro Tetto.

Oh qual, oh qual diletto

aspetta il nostro interno

nell’albergo materno

                   del Signore.

Per passar presto l’ore

del santo cammin nostro

chiediamo l’aiuto vostro

                     o gran Reina.

La carità sì fina,

che verso ognun mostrate

a noi or non negate

          o Madre Santa.

Se la speranza è tanta

che tutti in Voi abbiamo

che tutto noi speriamo

            d’ottenere.

Il vostro gran potere

sopra di noi stendete,

che venir ci vedete

             al vostro albergo.

Ci servirà d’usbergo,

la vostra Protezione

in qualunque occasione

              si presenti.

Mentre noi siamo intenti

a questo santo viaggio

senza curar disaggio

               a vostr’onore.

Tu ancor Gesù Signore

in grazia di Maria

aiutaci per via,

                in ogni passo.

Che no viaggiam per spasso,

bensì con fede santa

per la tua Madre Santa

                 riverire.

E tu vieni ad aprire

o Gabriele letto

il sentier più perfetto

         per Loreto.

Se là scendesti lieto

A recar la novella

alla gran Verginella

          fatta Madre.

Colà l’Eterno Padre

ti spedì Messaggiero

il tuo Divin pensiero,

           a noi salvare.

Ti preghiamo preservare

La vita nel cammino

e l’aiuto Divino

            ad impetrarci.

Intanto a sollevarci

dal lungo camminare

potrem noi recitare

             alcun Rosario.

Così ci parrà vario

l’andare che facciamo,

e in tanto meritiamo

               per il Cielo.

Ha dunque con buon zelo

Maria salutiamo,

e i Mister pensiamo

                 Gaudiosi.

E dopo i Dolorosi

ancor m’eviteremo,

e poi seguiteremo

                  i Gloriosi.

Qui si recita in una, o più volte l’intiero Rosario della Beata Vergine.

Dopo pranzo verso sera si segue.

Ormai s’appresta sera

e noi Maria ancora,

colla sua Casa ogn’ora

          veneriamo.

Ricorso a Lei facciamo

acciò senza mestizia

finiamo, Lei propizia

          la giornata.

A fin che sia impiegata

intiera per suo amore

cantando in tutto l’ore

          le sue lodi.

La notte, e ‘l dì t’applaudi

La Terra, e ‘l Ciel t’onori

La Luna, è ‘l Sol che t’indori

          o Santa Casa.

O Sacra, o Santa Casa,

quando sia mai quel giorno

ch’in te te facciam  soggiorno,

           e t’adoriamo.

PrOstrati veneriamo

le tue sacrate mura

acciò la mente impura

           ci compungi.

Da noi fa che sia lungi

del cor ogni durezza

acciò la tua bellezza

          ci innamori.

Da noi gli scacci gli errori,

da noi tolga i peccati

perché santificati

            noi entriamo.

E visitar possiamo

la nostra Albergatrice,

cogn’alma peccatrice

             al Ciel converte.

Sì,sì vedrem aperte

le braccia di Maria

per stringer l’alma mia

              nel suo seno.

Il nostro cor ripieno

di quanta festa, oh quanta,

in quella Magion Santa

               sentiremo.

Né pur parlar potremo

per la grande allegrezza,

e per la gran dolcezza

                proveremo.

Beati allor saremo

in Casa di Gesù,

bramar non potrem più

                  noi quivi in terra.

Là la si finì la Guerra,

là dentro si fe pace

tra Dio, e l’Uomo audace

          per Maria.

La pace con noi sia,

godremo un Paradiso,

se Lei con lieto viso

          ivi ci mira.

Ad essa il cor sospira,

ma se tramonta il Sole

noi alla Madre, e Prole

          diam saluto.

La bella Pianta, e ‘l Frutto

adorerem cantando

qualch’inno recitando

          in lor onore.

Si può dir con fervore

l’inno Ave Maria Stella

a chi si chiamò Ancella,

ed è Signora.

Qui si canta divotamente: Ave Maris Stella.

Per la mattina seguente, e per due altri dì servirà il resto che segue da cantarsi interpolatamente

Ne’ nostri primi passi,

che diam questa mattina,

La Stella Mattutina

          salutiamo.

Adunque che invochiamo

Madre del Creatore,

Madre del Salvatore

          Madre possente.

Tu sei ancor Clemente,

tu sei Inviolata,

sei Intemerata,

           e di gran Fede.

Ognun perciò ti crede

degna da venerarsi,

degna da predicarsi,

            e d’ogni onore.

Verso di Sant’Amore

sei specchio di giustizia,

causa d’ogni letizia,

             e d’Orazione.

Vaso di divozione,

Madre di Puritade,

Madre di Castitade,

             e tutta pura.

Veniam alle tue Mura,

ch’è Casa tutta d’Oro

essendo tu il Tesoro

             che in sé vanta.

Tu sei la Terra Santa,

in segno Tu di Pace;

la Scienza più verace

              in te risiede.

Beato chi possiede

Te Madre d’ogni Grazia,

ch’hai tutta l’efficacia

            presso il Figlio.

Mentre che in questo esiglio

al Peccatore dai mano,

l’infermo Tu fai sano,

          ognuno aiuti.

La sorte ancor tu muti,

 se tu con tanto zelo,

fatta Porta del Cielo,

           i Rei accetti.

Rendendoli tu netti,

e al Signor ben grati

dalle colpe purgati,

            e non più immondi.

Tu degli Angeli mondi,

de’ Patriarchi santi,

e de’ Profeti tanti

             sei Reina.

A te pure s’inchina

l’Apostolico coro,

i Martiri anche loro,

              e i Confessori.

Le Vergini, i Dottori,

e tutti in Ciel gli eletti,

tuoi Servi sono costretti

               a nominarsi.

Noi prima di inoltrarsi

ti supplichiamo divoti

gradire i nostri voti,

e le preghiere.

Al Nord con grande piacere

faremo il nostro viaggio

né temeremo disaggio,

           o pur stanchezza

O con quant’allegrezza

verremo a Te Maria,

se in questa nostra via

             ci farai guida.

Ciascun di noi s’affida

alla tua Protezione,

e con gran Divozione

               ora ti chiama.

Mentre ogni cor ti brama,

ogni lingua  t’implora,

ogni mente t’adora,

                 ognuno t’ama.

S’accende sì gran fiamma

dentro de’ nostri petti,

che fa, ch’ognun s’affretti

                   nel cammino.

Quel gran Tempio Divino,

quella Magion si santa,

oh quanta pena, oh quanta

                    al cor ci mette.

Mentre ciascuno riflette

dal tanto lungi stare,

ch’al cor si vien tardare

                     il suo diletto.

Veder quel Sacro Tetto,

quelle Mura Beate,

quelle Statue Sacrate

                      di Maria.

Precorre il cor la via,

e là giunge veloce,

ove né men la voce,

          ancor arriva.

La speme in tanto avviva

Il nostro cor gelato

all’Oggetto Beato,

           che bramiamo.

A te la mira abbiamo,

che a tutti sei conforto,

in questa vita Porto

            di salute.

Oh quant’alme perdute

furon per Te salvate,

ed ora son Beate

             in Paradiso.

A noi rivolgi il viso,

a noi la mano stendi,

e ‘l nostro pié difendi,

               e fa felice.

Di Dio tu Genitrice,

tu Verginella, e Madre,

Figlia del Divino Padre,

               e fatta Sposa.

Del Santo Amor, che posa

Nell’Anima diletta,

di niun peccato infetta

               e Immacolata.

Non è di cor umano

chi non rivolge il piede

là dove ebber sua fede

               Gesù, e Maria.

Dov’eran stati i pria

ripieni di favori

i santi genitori

          di Maria.

La dentro umil, e pia

col Figlio, e col suo Sposo

con tratto rispettoso

            Ella se ne stava.

Ivi pur allevava

il suo Figlio la Madre,

e lo offriva al Padre

             ben di cuore.

Là dentro sì ‘l Signore

Ancor picciol Bambino

il suo Corpo Divino

              tormentava.

Là dentro  meditava

nel suo pensier interno

come il suo Padre Eterno

                placar dovea.

Per la Natura rea

dell’uomo disordinato

per cui s’era incarnato

                 in essa Casa.

La Madre persuasa

dal sospir del Figlio,

dall’inarcar del ciglio

                  ch’ei faceva.

Anche ella pur piangeva,

e al pianto del Figliuolo

univa anche il suo duolo

           e i suoi sospiri.

Là dentro i gran martiri

d’amara sua Passione

della Crocefissione

          aveva in mente

Gesù l’Onnipotente,

che là prostrato orava,

per l’Uom colà pregava

          del perdono.

Di là giungeva il suono

delle sue voci al Cielo,

e dal Divin suo zelo

           eran tirati.

Ivi I Spiriti Beati

a vagheggiarlo in viso

più bel del Paradiso

           ivi veduto.

Gesù riconosciuto

costretti eran fermarsi

là dentro, e seco starsi

            e non partire.

Bensì d’amor languire

languir con lor Maria,

e seco in compagnia

            ancor Giuseppe.

E chi trovar mai seppe

quaggiù più bel ricetto,

se non quel Sacro Tetto,

            ch’albergo diede,

a chi nel Ciel risiede,

alla sua Madre Santa

ad una parte tanto da

di sua Corte?

          Oh ben felice sorte,

se là, giunger potiamo

e se là dentro entriamo

           oh fortunati.

Oh bene avventurati,

se siamo fatti degni,

di porre i piedi indegni

            in quella stanza.

N’abbiamo la speranza,

ma entrar sotto quel Tetto

fa il cor tremare in petto

             al Peccatore.

Oh Dio! Con quale orrore

calcar l’orme di Cristo,

chi sino ad or fu tristo

               e cieco, e insano.

Dunque con pié profano

calcar dovrem que’ sassi,

che impresser co’ suoi passi

                Gesù, Maria?

Nò nò, si scacci pria

dall’alma ogni peccato,

ognun così sia grato

                  al nostro Dio.

Che il cor contrito, e pio

Là dentro lascia entrare,

per ivi contemplare

                   i gran Misterj.

Gli arcani occulti, e veri,

per cui siamo presenti,

e dagli eterni stenti

          liberati.

Là dentro dispensati

dal Ciel sono tutti doni,

di là gli Eletti, e i Buoni

           escono Santi.

Oh quanti entrati, o quanti

seguaci pria del mondo

n’uscirono col cor mondo

            più perfetto.

Anzi Santo, è perfetto

ripieni sol d’amore

verso del lor Signore

             e Madre Santa.

Oh Sacra Casa, o Santa

da lungi a te veniamo,

da lungi t’adoriamo,

             e chiediam grazia.

Vedere a faccia, a faccia

dopo sue mure sacre

Gesù con la sua Madre

              in Paradiso.

Vedere a viso, a viso

il Facitor superno,

il Ciel tutt’in eterno

              Ognuno prega.

Giacché nulla Dio niega

di quel, che in te si chiede

dal Pellegrin con fede

               per Maria.

Noi tutti in compagnia

ti riveriamo Signora,

tu rilucente Aurora,

          e Sol nascente.

Tu detta anticamente

Grand’Albero della Vita,

bella Verga fiorita,

            e Campo ameno.

Chiamata Ciel sereno,

tu Scala misteriosa,

tu pur mistica Rosa,

            Roveto ardente.

Tu Nube risplendente,

tu Sacrosanto Monte,

tu cristallino Ponte,

            e Porta chiusa.

Arca di Grazia infusa

Reina tu famosa,

Giuditta vittoriosa

              del Dragone.

Tu Vel di Gedeone,

del Tempio l’Edifizio

altar del sacrifizio

               Verga di Jesse

Sotto queste ombre espresse

bella Madre d’Amore

lo Spirto del Signore

                Tua bellezza;

Di grazia alla pienezza

Verginità feconda,

Tua luce, che s’nfonda

          in ogni mente.

Poter sopra ogni gente,

dominio in Ciel, e in Terra,

e fin dove si serra

          il cupo Averno.

Lodiam tutti in eterno

sì grand’Imperatrice

di Dio Genitrice,

          e Figlia, e Sposa.

Sin che il nostro piè posa

nella sua Casa stessa,

ov’ella  genuflessa

            orò più volte.

E le sue preci accolte

dal suo Figliuol Bambino,

col suo merto divino

            al Ciel offriva.

Dov’Ella pur soffriva

vedere un Dio fanciullo

a servir di trastullo

           al buon Giuseppe.

Dove questi ancor seppe

i più segreti arcani

da Spiriti Sovrani

             rivelati.

Dove  lor tre profeti

a santa, e frugale mensa

fiamma d’amore intensa

             li cibava.

Dove Gesù parlava,

dove Giuseppe udiva,

e la madre gioiva

          in tanti affetti.

Quindi d’ognora i petti

freddi, ed agghiacciati

là dentro appena entrati

           son accesi.

Da Sant’Amor sono presi,

dal respirar quell’aura,

là dentro si restaura

              il Pellegrino.

Dunque presti al cammino

per tosto possedere

quanto si può godere

               quaggiù in Terra.

Nel Tempio, ove si serra

il maggior Reliquiario,

il Sacro Santuario,

                e Magion Santa.

Oh quanta gente, oh quanta

là dentro troveremo,

e piangere noi vedremo

                  per Amore.

Quanta con gran dolore

sacro suol prostesa,

detestare ogni offesa

                  a Dio fatta.

Quanta poi soddisfatta

davvero pure adorato,

baciato e ribaciato

il Sacro Luogo.

Cercare al suo cor sfogo

con novi baci, e pianti

dentro que’ muri santi

          ancor languire.

Quanta nel suo partire

volgere a dietro l’occhio,

e in terra col ginocchio

          là gridare.

Vuole il mio cor tornare

senza restarmi in petto

al Sacrosanto Tetto

           di Maria.

Sen torna l’Alma mia

in quella Casa Santa,

ov’ebbe gioia tanta

           entro que’ muri.

Avrem noi cor sì duri,

che non bruciam affatto,

che non resti disfatto

            il corpo intero.

Al bel sguardo primiero

della Stanza Divina

si dia a cor la mina

            e n’esca fuori.

E senza far dimora

precorra i nostri passi,

e ratto entro que’ sassi

Maria ador i.

Indi ritorni fuori

di quel sacro rigetto,

e ci ritorni in petto

ad abbruggiare.

Hor su su a camminare

s’ella mirar vogliamo,

s’ella adorar bramiamo

          di preferenza.

Ahi che gran veemenza

d’affetto al cor sentiamo

cantar più non possiamo

il cor si serra.

Al primo vedersi da lungi la Copola della Santa Casa si canti in ginocchio.

Presto il ginocchio a terra

a terra, a terra Amici

o quanto siam felici

          ecco Loreto.

Ecco sì mostra a deto

La Casa di Maria

il fin di nostra via

           il Ciel sereno.

Cantiam a coro pieno;

da lungi ti miriamo,

a te noi sospiriamo,

           o Santa Casa.

Oh sacra, o Santa Casa,

di qua ci veneriamo

di qua noi ti inchiniamo

            ben di core.

E tutto il nostro amore

a te noi tributiamo,

prostrati  t’adoriamo

o Santa Madre.

Si levi in piedi, e camminando si prosiegua.

Rendiamo grazie al Padre,

al Figlio, al Paracleto

al Luogo di Loreto  

          siam vicini.

Allegri, o pellegrini,

che il resto del sentiero

ci sarà assai leggiero

           più che prima.

Qui sì perdiam la rima

in questo nostro canto

mentre Loreto Santo

           ci sta in vista.

Qui sì nessun s’attrista

dal lungo camminare,

ma ben vorria volare

            al Sacro Tetto.

S’accende il fuoco in petto,

ci abbrucia in petto il core

dalla fiamma d’amore

             in ver Maria.

Nessun lo crederìa

quanto si goda adesso,

che si vediam d’appresso

alla sua Casa.

O Santa, o Santa Casa,

nostro conforto, e vita,

or or è pur finita

          la via nostra

Di novo ognun si prostra

a terra co’ ginocchi,

e con le lacrime agli occhi

           ben t’adora.

Oh quando sia quell’ora

che al santuario giunti

nel cor tutti i compunti

            ne restiamo.

Allor sì che vogliamo

baciar que’ Sacri Muri

che da Maria sì puri

             furon resi.

Allor sì che prostesi

su quel sacrato suolo,

la Madre, e lì il Figliuolo

              adoreremo.

A loro afferiremo

i nostri passi, e ‘l viaggio

ogni stento, e disagio

              avrem sofferto.

Ma quest’è poco certo

s’ancor il sangue, e vita

con che pur sia gradita

               non si doni.

 E pregarem perdoni

dal Ciel l’Eterno Padre

pe ‘l Figlio, e per la Madre

           a noi gli errori.

Che raggi, e che splendori

di sante illustrazioni,

a noi sia che si doni

          da Maria.

Giunto ciascun che sia

là dentro ad adorare

vorrebbe ognuno spirare

           e non uscire.

Vorrebbe ognuno morire

in quel Sacro Ricetto,

dove Gesù concetto

            prese carne.

Vorrebbe ognun restarne

là dentro seppellito

là dentro incenerito

            dall’amore.

Or dentro il nostro core,

qual fiamma ne discende,

o qual ardor s’accende

             in santi affetti.

O s’apriranno i petti,

o bruggieranno i cori

a sì focosi ardori

             Verginali.

O d’onde tanto vali

o Casa Sacrosanta,

ch’accendi fiamma tanta

             sol veduta?

E che sia poi goduta

nel Santuario interno,

dove l’Amore superno

          si diffonde?

O quanti doni infonde

in grazia di sua Sposa

a quell’alma amorosa

            ch’ivi trova.

Questo da noi si prova,

che là solo al mirare,

sentiam a liquefare

              i sensi nostri.

S’abbruggia pure i mostri

delle fiere passioni,

delle varie affezioni,

                che in noi sono.

Questo chiediamo in dono,

per questo a te veniamo,

affinché diventiamo

                  tutti santi.

Sarà questo tra i vanti

delle grazie maggiori

far santi i Peccatori

                  al sol mirarti.

Possiamo ben consacrarli

Le brame, e ti i sospiri

del nostro cor martìri

                   o Santa Casa.

Oh Sacra, o Santa casa

alziamo le pupille

ben mille volte, e mille

                    al Sacro Tetto.

A quel felice aspetto

ciascuno ne vien meno

dal gaudio di ch’è pieno

           per Maria.

Ognun sol tacerìa

per concepir grand’atti,

per offerir gran fatti

          di virtudi.

Fiasco dunque si studj

e si prepari avanti

all’esempio de’ santi

          e or tacciamo.

Ma che tacer? miriamo,

se siamo giunti in tanto

al Luogo Sacrosanto,

          ecco le Mura.

O Casa Santa, e pura

noi siamo qui ben umiliati,

di nuovo a Te prostrati

          T’adoriamo.

Qui sì imprimer vogliamo

in quelle pietre i baci

testimoni veraci

          dell’interno.

Qui si col pianto esterno,

dopo fermati passi,

laverem questi sassi

          qui d’intorno.

Qui si di notte, e giorno

nostri cor amorosi

sospiri ben pietosi

           manderemo.

Qui sì si sentiranno

gli affetti, le preghiere,

che con sommo piacere

           offeriremo.

Qui sì supplicheremo

La madre e il divino figlio a donarci del giglio

            dell’onestade.

Fervor di caritade

al prossimo, e a Dio

chiediamo con cor ben pio

              da Maria.

L’altra virtude sia

un’umiltà profonda,

che dentro il cor s’infonda

               dal Signore.

Poi tolga ogni malore,

che il corpo ci molesta,

e dal servirlo arresta,

                e dal lodarlo.

Ne ci scordiam pregarlo

ancor per i Congiunti,

se vivi, che defunti

                 noi abbiamo.

Qui il canto terminiamo

per ben sfogare gli affetti, ch’abbiam nei nostri petti

                  in ver Maria.

Quando si sarà o appresso, o sull’Atrio del Sacro Tempio si canterà con tutto giubbilo di cuore, come segue.

Ognun ami Maria,

ogni lingua alla Lodi,

ognuno in tutti i modi

          a Lei si dia.

Dica ciascun, Maria

tu sei conforto mio,

liquefarmi desìo

          al tuo aspetto.

Si strugga questo petto,

s’incenerisca il core

dalla fiamma d’amore

          verso Te?

O Dio beato me,

s’arder potessi canto,

ch’avessi gloria, e vanto

morir per Te?

O Dio beato me,

se qui arrestar finita

potesse la mia vita

sol per Te?

O Dio beato me,

se con quivi morire,

al Ciel potessi gire

a veder Te?

O Dio beato me,

Ahimé ch’io moro, e spiro,

perché con un sospiro

          non vengo a Te?

O Dio beato me,

Che certo vuol morire,

né vuol di qua partire,

           e lasciar Te.

O Dio beato me,

ti chiedo al fine Maria

spirar or l’Alma mia

             in grembo a Te.

O Dio beato me,

o Madre, o Figlio ancora,

deh frate, che in quell’ora

             in Voi io spiri.

Dopo nel partire da Loreto, e nel ritorno a Casa.

Noi siamo i Pellegrini,

che torniamo da Loreto,

col cor tranquillo e quieto

          a Casa nostra.

Ma sin che a noi si mostra

da lungi il sacro tetto

ci salta il core in petto

              per dolore.

Ci risospinge amore

indietro ritornare

l’albergo a visitare

          di Maria.

Amara ora è la via,

e poco abbiam conforto

per esser fuor del Porto

           ov’eravamo.

O quanto volevamo

in quella casa Santa

dove con gioia tanta

           siamo stati.

Oh bene avventurati

Son stati i cori nostri,

ognun quivi si prostri

            e s’inginocchi.

E rivolgendo gli occhi

con dare un sguardo lieto.

miriamo ancor Loreto

            da vicino.

Con umìle inchino

la Santa casa onori

poi la Vergine adori,

            e la saluti.

Qui sì prostrati tutti

il Tempio benedetto

con rIverente affetto

            veneriamo.

A te ci rivolgiamo

o Madre intemerata

da tutti venerata

             T’adoriamo.

E pria che ci partiamo,

ti ridoniamo i cori,

acciò Tu gl’infervori

          e ti lasciamo.

Ma che linea proviamo

a slontanare il piede

da quella Santa sede

           di Maria.

Orsù partiamo via,

perché, finché si veggia

quella sacrata Regia

            qui staremo.

Nel un passo pur daremo

a proseguire il viaggio

fin che il divino Palagio

             abbiamo in vista.

O quando mai attrista

il non più rivedere,

nè poté più godere

              il dolce aspetto.

Il sacrosanto tetto,

che l’alma ci ha rapita

e di novo c’invita

                a lui tornare.

Non lo potiam scordare,

e fin che viveremo

in desiderio avremo

                 ivi tornare.

Ma se vogliam quietare

un po la nostra mente

preghiam divotamente

           e andiam cantando.

Kyrie, etc

Dopo poi a tempo.

Noi siamo i Pellegrini,

che a casa ritorniamo

dopo veduto abbiamo

           la Casa di Maria

Dolce sarà la via

con la memoria grata

dìaver noi visitata

            Casa Santa.

Davvero con gente tanta

là dentro venerata,

e di cor adorata

            Nostra Dama.

Che Mondo tutto l’ama,

e là corre pietoso,

e tutto ossequioso

             ad inchinarla.

Chiediam pur noi d’amarla

essi si mantenga acceso

l’amore, che c’è disceso

             dentro il petto.

Là sotto il sacro Tetto,

dov’arse nostro core

presso dal Sant’Amore,

              che ci ardea.

Ho quanta forza avea

quell’amato Ricetto

a muovere ogn’affetto

          dentro i cori.

Se il sol mirar di fuori

que’ sacrosanti muri

i petti anche più duri

             intenerisce.

Il Turco, e il Mor mugisce

per aver loro in faccia

Forte di sì efficacia

              sopra il mare.

Quell’è quel Sacro Altare,

quell’è quel divin Tempio,

che bramerebbe l’empio

                sradicare.

Le inviò perciò, a donare

quelli Cereo veduto,

con che volea distrutto

                il Santo Luogo.

Ma non ebbe il suo sfogo

il Cereo artificiale,

che da mano virginale

                venne estinto.

Così con scorno vinto

fu l’Ottoman sgraziato,

che invano avea tentato

                  sì gran male.

O quando, o quanto vale

del Ciel l’Imperatrice,

di Dio la Generatrice

                   tutto puole.

Ottiene quant’Ella vuole

pietosa co’ suoi servi,

terribile a’ protervi

         si dimostra.

Ell’è l’Avvocata nostra,

ancor è nostra Madre,

dell’Inferno le squadre

         non temiamo.

Basta ci ricordiamo

di quanto abbiam veduto,

di quanto abbiamo goduto

          in quella Stanza.

Oh quanta, o qual speranza

dobbiamo noi avere

d’essere sempre a godere

           Maria in Cielo.

Lassù senz’alcun velo,

se qui ci ha graziati,

accolti, e di albergati

           in propria Casa.

S’ha da venir persuasa

La nostra compagnia

della Madre Maria

           esser diletta.

E dal suo Figlio eletta

per sempre al Paradiso

a vagheggiare in viso

           il nostro Bene.

Lungi timor di pene,

lungi timor d’oltraggio

in questo santo viaggio,

           che facciamo.

Per Protettrice abbiamo

chi debellò l’Inferno,

e chi del Verbo Eterno

          è Genitrice.

Abbiamo protettrice

chi in qual strada si sia

sarà per ogni via

          nostra Guida.

Sempre potente, e fida

a buoni Pellegrini;

dunque ciascun cammini

           allegramente.

S’abbiamo del Mar lucente

per luminosa Stella

Maria Vergine bella

            senza uguale.

Vergine trionfale,

sicura, e fida scorta,

che al Ciel l’Anima porta

             ove riposa.

Con voce lagrimosa,

e con alti sospiri

ver noi preghiam, che giri

             i dolci rai.

Se là de’ nostri guai

cessaron le tempeste

quando il Nunzio Celeste

Ti diè pace.

Se là il Verbo verace

unì l’Umanitade

con la sua Deitade

          e in Te discese.

Madre dunque cortese,

mentre sei nostra spreme

spezza l’aspre catene

          a i peccatori.

E se chi fuor d’errore

guida alla chiara luce,

che al Porto ne conduce

          di Salute.

Tu pur ogni virtute

c’impetra dal tuo Figlio

e qualunque periglio

          da noi scaccia.

E Madre esser ti piaccia

nostra benigna, e pia,

a buona, e dritta via

          per condurci.

In tanto per ridurci

noi ben a camminare

poniamoci a meditare

          per mezz’ora.

Come sì gran Signora

tante grazie comparte

a chi da casa parte

          a visitarla.

E va per adottarla

con invocato affetto

dentro quel Sacro Tetto

          di Loreto.

Ognuno pur stia cheto

nella meditazione,

per far questo Orazione,

          he sia grata.

O madre Immacolata,

che da noI li l’accetti

riempia i nostri petti

          di sua grazia.

A fin ch’abbia efficacia

appresso l’alto Dio,

che sempre ci sia pio

           in vita, e in morte.

Qui segue la Meditazione, e poi a tempo si segua.

Noi siamo i Pellegrini,

che da Lorè veniamo,

e a casa ritorniamo

             tutti lieti.

La grande divozione,

che ci ha nel cor stillato

quel Luogo sì sagrato

             di Maria.

Ogni dover vorria,

ogni ragion pur vuole

si faccia quel che si puole

              per suo amore.

Che sempre intatto il core

si tenga dal peccato,

e sempre immacolato

               si conservi.

Così farem suoi servi,

così saremo grati

a chi ci ha graziati

          del suo affetto.

A chi si diè ricetto

nella sua propria Stanza

per darci la speranza

          esser Beati.  

Felici, e fortunati

saremo noi da per tutto,

se conserviamo il frutto

          della grazia.

Che pur Maria procaccia

A chi l’ama di core

dal suo Figlio, e Signore

          Gesù Cristo.

Sarebbe ben un tristo,

se alcuno fra noi si dasse

che mai più s’imbrattasse

          in alcun vizio.

Oddio acqua al supplizio

sarebbe condannato,

che fosse stato in grado

           ver Maria.

Ahimè chi ‘l crederia

che alcun mai più potesse,

che alcun di noi volesse

           ancor peccare.

Piuttosto consacrate

a Lei, ch’è inviolata,

 l’alma Se gli è donata

           col morire.

Ma chi potrà ridire

le illustrazioni, e i lumi,

che per mutar costumi

          abbiamo avute.

Le garanzie ricevute,

i doni dispensati,

i guai, che ci ha levati

           là in Loreto.

E quel, ch’è poi segreto,

che si ha il Signor donato,

e il male ci ha levato

           nell’interno.

In vita, e in eterno

(Se pur non siamo bruti)

noi siam tutti tenuti

            ad esser Santi.

Adunque tutti quanti

stiam lungi dal peccato,

dal mondo scelerato,

             e traditore.

Si tenga puro il core

purgato con la mente

col vivere innocente

              da per tutto.

Altrimenti perduto

avrem quanto s’è fatto,

e tutto in un sol tratto

              gettaremo.

Ma che poi dir potremo,

se al Divin Tribunale

La Madre Virginale

          ci rinfaccia.

Abbiam persa la grazia,

ch’al singolar favore

c’impetrò dal Signore

         nel Sant’Ospizio.

Di sì gran benefizo

allor trovati rei

saremo co’ Giudei

         ancor dannati.

A’ suoi i figli uomini armati

Maria giammai permette,

che Gesù li rigette,

          e da se scacci.

Ognun sforzo si facci

di vincer bene se stesso,

di riformare ben spesso

          la sua vita.

Veder se ben s’imita

La Vergine in virtude,

se al senso il cor si chiude

          e il vizio fugga.

Se il proprio amor si strugga,

se la mente sgombrata,

se la lingua purgata

          si ritrovi.

Così ciascun si provi

Con supplicar in  tanto

il Ciel per esser Santo

          sin’a morte.

E per l’aiuto forte,

di cui noi bisogniamo

adesso ricorriamo

          a tutti i Santi.

Su su per tutti quanti

lo spirto al Cielo alziamo

le lor laudi cantiamo

          ad alta voce.

Qui si cantan le Litanie dei Santi con le PrecI, ed Orazioni.

Poi a tempo si seguita.

Noi siamo i Pellegrini,

che andiamo così cantando

a casa ritornando

            a Loreto.

Oh se mostrarlo a deto

potessim pur ancora,

e mirarlo tuttora

            da lontano.

Ma ciò riesce vano

perché siam già scostati

da que’ Muri Sacrati

             di Maria.

Se seguiam pure noi la via,

e ci serva di sfogo

narrar del Santo Luogo

              i gran portenti.

Far ch’ognun sappia, e senti

e il Mondo tutto intenda

a qual gloria s’estenda

           il Sacro Tetto.

Di cui degno concetto

nè mente può formare,

né lingua può narrare

            che sia abbastanza.

Se ogn’altro luogo avanza

per il Mister più fino

che Iddio uno, e Trino

            v’ha operato.

Se allor fu consacrato

nel più prezioso Tempio,

che quaggiù senz’esempio

            Ei s’era eletto.

Se affin non sia negletto

con sforzi onnipotenti

senza dei fondamenti

           il fe portare.

Per aria, e sopra il mare

senza che un sasso solo

dei Muri o pur del suolo

           si muovesse.

Dopo i Schiavoni elesse

una Selva d’Ancona

di Nobile Matrona,

           e fu Lauretta.

Non già per sempre eletta

(Che vi dimorò poco)

ma se mutò poi Loco,

           fu la Marca.

Dove qual nobile Arca

per memoria di pace

per scudo contro il Trace

          fu lasciato.

E ‘l Luogo fu chiamato

la terra di Loreto.

Che per divin segreto

           è destinato.

Ad essere venerato

per quella Santa Casa,

la gente persuasa

            ivi portarsi.

Convenne fabbricarsi

non solo un’ampia chiesa,

che tien dentro compresa

             la Magion Santa.

Ma dalla gente tanta,

che là volle fermarsi

ebbe ad edificarsi

              una Cittade.

Che splende in Sanitade,

che tutta pietà spira,

e il Pellegrino ammira

               come un Cielo.

Là tratte sono dal Zelo

da pura di divozione

genti d’ogni Nazione,

                d’ogni Paese.

IL Gal,  l’Indo, e l’Inglese,

l’Armeno, e l’Africano,

l’Arabo, Moro, e Ispano,

                 e ‘l Mondo tutto.

Ogni popolo istrutto

di qua, di là dal Mare

dov’il Sol va a spuntare,

           e dove scende.

Ne sesso pur s’attende,

etade o pur lingnaggio,

di Natali legnaggio,

           o Dignitade

Là va la Povertade

Là van ricchi Mercanti;

là vanno i Benestanti,

           e i doviziosi.

Soldati, e Religiosi,

Gran Principi, e Prelati,

Monarchi; e Porporati

           colà vanno.

E fin dal Vaticano

di Cristo i Successori

hanno per gran favori

            là portarsi.

Oh quanto d’ammirarsi

incontrando per viaggio

Genti con Equipaggio

            e gran Reine.

Che fuor del lor confine

lasciato in abbandono

portando ricco dono

             son uscite.

Andando umili vestite

in abito negletto

al Sacrosanto Tetto

             di Maria.

Udirsi poi per via

cantar tutto giulivo

 allegro, e ben festivo

          il Pellegrino.

Ma in giungere vicino

a quelle Mure Sagre

veder le genti a squadre

          tutte in pianto.

Oh quanto move,oh quanto

ognun assunse spiegare,

ognun a lagrimare

           d’allegrezza.

Ma quanta tenerezza

d’amor affettuoso,

di cor tutto pietoso

             poi si sente.

Là nell’entrar la gente

dentro il Sacro Ricetto

nel mirarne l’oggetto,

             che si ama.

Si sveglia più la brama

in noi di ritornare

di nuovo a venerare

              quella Stanza.

Ahi dolce rimembranza,

ma che ferisce il core,

e la piaga d’amore

               ancor rinnova.

E certa  pur far prova

che noi tronchiam la via

per tornare a Maria

          di Loreto.

Sì, sì, farà sì inquieto

il cor, che in sen abbiamo

sin tanto ci troviamo

          in questo viaggio.

Dov’ha provato un saggio

diciamo del paradiso

nel vagheggiare in viso

         l’alta Signora.

Oh se potessimo ora

tornarla a rivedere

oh che grato piacere

          ognun avrebbe?

Che giubbilo godrebbe

che sol qui dimorare

potesse per mirare

           la Santa Casa.

Oh sacra, o Santa casa

tu sei la calamita,

che con gioia inaudita

           rapisci i cori.

Tu fai comparire fuori

gli affetti più segreti,

che stavan dentro quieti

            in mezzo al petto.

O Sacrosanto Tetto,

o Casa d’Orazione

Tempio di Devozione

            onor di Dio!

Col cor umile, e pio

di nuovo ti inchiniamo

ancor ti riveriamo

          sulla via.

A Madre Maria

di nuovo ci volgiamo

di nuovo ti adoriamo

           qua prostrati.

E dopo in pié levati

seguiam ben il cammino

ma ‘l cor a Te  vicino

            noi torniamo.

E senza cor andiamo

poiché l’abbiamo lasciato

nell’albergo Sacrato

             di Tua Casa.

Oh sacra, Santa casa

l’Alma non ci rapire

se il viaggio proseguire

             noi dobbiamo.

Acciò ci divertiamo

dal Sacro Santuario

recitiamo il Rosario,

             unitamente.

Ma con attenta mente

che vengan meditati

i misteri operati

             là in quel Luogo.

Avranno così il suo sfogo

nostri cor amorosi,

i Misteri Gaudiosi

             meditando.

E dopo recitando

i detti Dolorosi

gli amori più pietosi

          ne usciranno.

Poi fuori ne verranno

i giubbili più veri

meditando i Misterj

           Gloriosi.

Alcun parlar non osi

per questo poco d’ora,

acciò nostra Signora

           noi ascolti.

A Lei dunque rivolti

con l’attenzion più fina

diciam Salve Regina,

            e cominciamo.

Qui si dice tutto il Rosario in una, o più volte a beneplacito.

Noi siamo i pellegrini,

che ora ce ne torniamo

dove temp’è lasciamo

          i nostri averi.

Noi siamo forastieri

un pezzo fa partiti,

da casa nostra, ed iti

           al bel Loreto.

Là fummo col cor quieto

là dentro fummo accetti,

là dentro i nostri petti

          amor s’accese.

Crediam Maria ci prese

per suoi Figli adottivi,

e noi tutti giulivi,

           ce ne andiamo.

Perché certo speriamo

d’essere da Lei guardati

protetti, e preservati

            d’ogni male.

Dal peccato mortale,

ch’è la maggior disgrazia,

che ci toglie la grazia

             del Signore.

Ci ha poi empito il core

d’amore si infuocato,

che ancor non s’è scordato

             di Maria.

Anzi in tutta la via

è stato sempre ardente,

sempre puro, e innocente

              è dimorato.

Così sia conservato

dalla Vergine Madre,

sin che si renda al Padre

               la nostr’Alma.

A conseguire la Palma,

che il giusto in Ciel possiede,

e Dio poscia concede

                 ai penitenti.

In tanto li Parenti

presto ci incontreranno

or or che ci vedranno

          gir a Casa.

O dalla Santa Casa

essi faransi a dire

che c’avete ridire

          e che portate?

Orsù via ci mostrate,

ciò che con voi avete

quel che dar ci volete,

           e poi direte.

Quanto veduto avrete,

se sia vera la fama

di quanto si proclama

            di Loreto.

Ognuno vorrà in segreto

che tosto se gli dona

Medaglia, o pur Corona

            benedetta.

O qualch’Immaginetta

dell’adorata Immago,

e perché ognun sia pago

            che faremo?

Noi a ciascun daremo

di quel, che abbiamo provisto

poi ciò, che abbiamo visto

           narreremo.

Principio noi daremo

dalla nostra partenza,

e come il fumo senza

           alcun disaggio.

Per tutto il nostro viaggio,

che il fe, tutto felice

la nostra Ausiliatrice,

          e cara Madre.

Che dall’Eterno Padre,

dal Sposo, e dal suo Figlio

salvò d’ogni periglio

            i suoi Divoti.

Se bene non eram noti

tutti ci ha ben trattati,

dove siam capitati

              giorno, e notte.

In Mar viste le Flotte,

che ne premevan l’onde,

e noi da quelle Sponde

                godevamo.

Veduti ancor abbiamo

diversi gran Pallaggi,

bei Tempi, e Romitaggi

                 nel cammino.

Ma quel, che ha del Divino

è il Sacrosanto Tetto,

di cui formar concetto

                   nissun vale.

Presenza personale

al certo si richiede,

e che là ponga il piede

                    se alcun vuole.

Intender quanto puole

di quel Sagrato Luogo,

se per qualunque sfogo,

          che si faccia.

Di dir con efficacia,

non si può caldo dire,

che altrui possa capire

           quanto è vero.

Non esservi Mistero,

che al par di questo mova

che colà si ritrova

           a ben pensare.

Là dir, qui s’ebbe a fare

il Trattato di Pace

tra l’Uom, e Dio verace

            e qui concluso.

Dentro l’Utero chiuso

del Ventre Virginale

di Donzella Reale

            il Verbo scese.

E di Lei Carne prese,

e chi vi fu obumbrata

Maria fu chiamata,

            e fu qui tutto.

Qui il Verbo si fe muto,

la pianta apprese il frutto,

il peccato distrutto,

            e l’Uomo salvato.

O luogo consacrato

da sì Divino Mistero,

che l’umano pensiero

           là si oscura.

Alma non vi è sì dura,

che in quel Sacrario Santo

non si disfaccia in pianto.

          e quasi muoja.

Dall’eccessiva gioia,

dalla piena d’Amore,

e dall’alto stupore

           la sorprende.

Ma questo non s’intende

Da verun’ intelletto,

se dentro il Sacro Tetto

           non si trova.

Né quel, che là si prova

della Grazia in segreto,

che sol s’apre in Loreto,

            e vi si serra.

Alla Casa che in terra

che la Divina Madre

diede l’Eterno Padre,

             questo dono.

Quindi incapaci sono

questi nostri Congiunti

per mezzo di racconti

              intender tutto.

Del gran Tempio veduto

del suo ricco Tesoro

potiam parlar a loro

               con piacere.

E dirgli, o bel vedere

un edifizio tale

che non v’è in Terra eguale,

                  e sontuoso.

Un tempio maestoso

di vaga, e grande altezza,

di non minor ampiezza,

          e tutto quello.

Dove grave scalpello,

dove pennello fino,

ed ago soprafino

           v’han sudato.

Sarà sempre ammirato

lavoro di grand’arte

perché v’ebbero parte

          i più periti.

Con disegni graditi,

con dotta maestria

Tempio per Maria

          fu innalzato.

Quant’Oro hanno impiegato

più Nobili, e Mitrati

Principi, e Porporati,

          e i Papi stessi.

Perché furon anch’essi

dalla Vergin graziati,

e bene spesso ajutati

          in grandi affari.

Oh come belli Altari

di Casi preziosi,

d’arredi sontuosi

         tutti ornati.

Veder poi attaccati,

e a quei Muri appesi

là d’intorno distesi

        Tanti Voti.

Portati da divoti

per grazie ricevute

con iscrizioni argute,

          e ben intese.

Là di Galee prese

A’ Turchi, o liberate,

d’altre pur affondate,

           e riavute.

Parlan Tabelle mute,

parlan Stendardi, e le Armi

con dir: senza risparmi

           qui fansi Grazie.

Si levan le disgrazie

i morbi, ed i dolori,

le pene, e i languori

           sono sanati.

Gl’Infermi liberati,

i Ceppi, e le Catene

mostrano a chi qua viene

           da lontano.

L’Onnipotente mano

romper i lacci, e ferri

acciò che si disserri

           ogni Prigione.

Togliere ogni passione,

frenar pioggie e tempeste,

scacciar l’orrida peste,

           e quietar Mari.

Mandar questi ripari

a fiamme ben ardenti,

a Fiumi, ed a Torrenti

          senza offesa.

V’è la memoria appesa

delle liti serrate,

delle Vittorie date,

          e pace avuta.

Della gente perduta

nel velleggiar per Mare

se al fin s’ebbe a salvare

          qui ricorda.

Della gente soccorsa

in mezzo agli Assassini

con aiuti Divini

           per Maria.

Ancor di gente ria

da Demone suasa

rubar la Santa Casa,

           e poi fuggire.

Ebber dal Ciel venire

squadre di Spiriti armati

fermare i disgraziati,

           e furon colti.

Disegni essere ascolti

nanti del Divin Tetto

strapparvisi dal petto

           l’alma loro.

Così pur di coloro,

che un po’ di calce solo

preser dal sacro suolo,

            e fur puniti.

Sino al tornar pentiti

rimetter al suo loco

il tolto, benché poco

          ai Muri Santi.

Oh quanti segni, o quanti

pendono d’intorno al Tempio

a memoria, ed esempio

            delle Genti.

Che sappiano i portenti,

ed i prodigi strani

oprati per le mani

             di Maria.

Mai non si finirà

vedere i Voti loro

in Tela, Argento, ed Oro

              là lasciati.

D’Attratti,  e Disperati,

di Ciechi, Sordi, e Muti,

d’Ossessi e mal caduti

              in precipizj.

Altri da malefizj,

da Larve, ed ombre presi,

e dal Nemico offesi,

               liberati.

Di Figliuoli impetrati

da Donne partorienti,

Prigionieri Innocenti

              liberati.

Che tutti fur graziati.

Là dotti gli Ignoranti

là i Peccatori, Santi

               furono fatti.

Là pure i mentecatti

ebber giudizio sano,

ebbero cor uno anno

          anche i Tiranni.

Idolatri a molt’anni

altri nell’Eresia

sono tutti da Maria

          illuminati.

Questi sono dimostrati

nelle Tabelle impresse;

molto dimostrano esse,

          non già tutto.

È tempo ormai perduto

voler del già seguito,

ch’ha pur dell’infinito

          far racconto.

Qui torna ben a conto

dir qualche cosa ancora

del Tesoro che finora

          ivi ha Maria.

Oh gran tesoreria

Che ha mai la Casa Santa

Oh qual è mai oh quanta

          e senza stima.

I doni diciam prima

de i Papi ad un per uno,

di questi sol ciascuno

          fa un Tesoro.

Non solo d’argento, ed oro,

ma cose le più rare

scelte tra le lor care

           in Vaticano.

Imitati loro hanno

Vescovi, e Cardinali,

Prelati Principali,

          e gran Signori.

Gran Regi, e Imperatori,

Monarchi, e più Sovrani,

più Duci, e Capitani,

           e Cavalieri.

Così Luoghi primieri,

Città, Castelli, Regni

per Personaggi degni

            hanno recato.

A quel Luogo Sacrato,

suoi doni regalati

con l’Armi lo segnati

             come appare.

Sono Vasi d’Altare,

Lampade, e Candelieri,

più Croci, ed Incensieri

              di gran lavoro.

Calici tutti d’oro

di gioie tempestati,

e Crocefissi a aurati,

              e gran Lumiere

D’argento Statue intere,

più Gemme, e più Corone

di più Regie Persone,

              e più Maniglie.

Manti con Momperiglie

di Diamante intessute,

Collane mai vedute

          sì preziose.

Più Vesti maestose,

altre Sacerdotali

di Topazzi Orientali

          ancor guarnite.

Altre di Margherite,

di Smeraldi, e Rubini,

Pendenti, ed Orecchini,

          con Anelli.

De’ più fini Gioielli

guarniti, ed ingemmati

de’ Drappi ingiojellati

          senza fine.

Tratti d’ogni confine

ricche Spoglie di Guerra,

finiamo; il Ciel, la Terra,

           il Mondo tutto.

Sempre recò in tributo

Alla Ca Lauretana,

alla Vergine Sovrana

           i suoi Tesori.

Ma quanto più degli Ori

son più rare novizie

le sacre Massarizie

           son mostrate.

Sì spesso maneggiate

da Gesù, e da Maria,

e seco in compagnia

           da Giuseppe.

Giammai nessuno seppe

cercar cose maggiori

là dentro i gran Tesori

          di Loreto.

Quello che non è segreto

quello è il Tesor maggiore,

che non rende gran stupore,

            e ‘l tutto avanza.

Questa è la Sacra Stanza,

l’istessa Casa, e Tetto,

in che Gesù concetto

              ne rimase.

In che l’Angelo persuase

alla Reale Donzella,

farsi Madre l’Ancella

              del Signore.

Luogo di Sacr’onore,

ogni Sasso è un Tesoro,

la Polve più dell’Oro

               è preziosa.

La Statua Maestosa,

l’Immago Virginale,

di Viso Celestiale

               di Maria.

Tutta divota, e pia

col Bambin fra le braccia,

che pari porga la Grazia

                a chi la vuole.

Polve di rose, e viole,

e fior di giglio mista

San Luca Evangelista

                 par si servisse,

con quella coloro risse

l’Immago riverita

resa poi inbrunita

          da’ Profumi.

Di vari Incensi, e Lumi

che stando sempre ardenti

sembrano Stelle lucenti

          di quel Cielo.

Svegliando i cor di gelo

ad acquistar ardore,

infiammarsi d’amore,

          e poi bruciare.

Qual Tesoro è l’Altare

dentro del Santuario,

che di Cristo il Vicario

          ha consacrato?

Dove v’ha celebrato

il primo Successore

del nostro Redentore

          nella Chiesa.

La fiamma poi discesa

dal Ciel più volte il Tetto

del Divino Ricetto,

          e le visioni.

Le stesse apparizioni

della Madre di Dio

mostran se Sacro, e pio

          ne sia Loreto.

Sì che contento, e cheto

ogni nostro Congionto,

quando ciò le sia conto,

          dovrà stare.

Più non si può narrare

il resto abbiam veduto,

e meno assai del tutto,

          h’abbiam detto.

Sen vadi al Sacro Tetto

chi vuol di più sapere,

chi vuol di più vedere,

           e sarà sazio.

Soffrirebbe ogni strazio

ognun di noi ancora

per venerare tutt’ora

            la Sacra Casa.

O Santa, o Santa Casa,

di nuovo t’adoriamo,

di nuovo i cor doniamo

             a te Maria.

Così finiam la via,

e perché il ciel ci applaudi

finiamo con le laudi

             di Maria.

E qui si recitano le litanie,ec.

Atto di contrizione per ogni mattina, e sera nel viaggiarsi.

Sommo Ben, mio Signor

come non v’amerò?

V’amo con sommo amor,

quanto quest’alma può.

     Perché il mio cor peccò

     or n’ho sommo dolor,

     mai più v’offenderò

     con il vostro favor.

Le mie colpe dirò

 a pié del Confessor;

penitenza farò

de miei passati error.

     Sommo Ben, mio Signor

     come non v’amerò?

     V’amo con sommo amor,

     quanto quest’alma può.

               IL FINE

LAUDI SPIRITUALI

Da cantarsi nel Santo Viaggio

A  L O R E T O

Per sollavarsi dalla stanchezza,

ed infiammarsi nel desiderio

di vedere

L A   S A N T A    C A S A

ED IVI ADORARE

LA SANTISSIMA VERGINE

M  A  R  I  A

In MANTOVA, MDCCXLIX

Per Ercole di Alberto Pazzoni

Laudi spirituali da cantarsi nel viaggio e nel ritorno dalla Santa Casa di Loreto

Noi siamo i Pellegrini,

che ci poniamo in via,

per andare a Maria

          di Loreto.

Ciascun venga pur lieto

a quella Abitazione,

ch’è casa d’Orazione,

          e tutta d’Oro

Non v’è in Terra Tesoro,

non v’è sì Sacro Luogo,

dov’ha l’alma il suo sfogo

             con Maria.

Non v’è Casa si pia,

dove sia salvo ognuno,

né vi perisca alcuno,

          come in quella,

Non v’è stanza sì bella

quaggiù sia più beata,

né che sia mai più grata

          al Redentore.

Non v’è Tempio d’onore,

sì prezioso, e raro,

che possa essere più caro

          al nostro Dio

Non ve Tetto sì pio,

né  men più sacrosanto,

già che de’ Santi il Santo

          l’ha abitato.

Non c’è altare più ornato

di più bel Reliquiario,

s’è tutto un Santuario

          da adorarsi.

Né in Terra può trovarsi

la più gradita reggia

dove abbia la sua seggia

          la gran Madre.

Dove l’Eterno Padre

spedì il suo Divino Figlio,

dopo l’alto Consiglio

          ivi seguito.

Dove fu definito,

 non poter l’Uomo salvarsi,

senza il Verbo incarnarsi,

          e poi morire.

Andiamo a riverire

Casa si generata

e Vergine inviolata

         ad adorare.

Ognun l’ha dà chiamare

per Madre del Signore

per riempirsi il core

         di virtude.

Ella, che al vizio chiude

con la sua man la via,

e dona l’alma ria

         la puritade.

Fa dono d’umiltade,

e rende casto, e bello

l’uomo che era già bello

          al Creatore.

Ciascun or con dolore

venga contrito, e pio,

sicuro d’aver Dio

           in compagnia.

Avrem buona la via,

avrem sicuro il viaggio,

e senza alcun disaggio

           arriveremo.

Ma quanto ben faremo,

se mentre camminiamo,

le laudi noi cantiamo

            di Maria.

Orsù con voce pia,

le laudi unitamente,

ma ben divotamente

            recitiamo.

Si recitano le litanie

Torniamo al nostro canto,

che senz’alcuna pena,

anzi con maggior lena

             n’anderemo.

Oh quanto goderemo,

se nel nostro viaggiare

saprem la mente alzare

              verso il cielo.

Là sì che senza velo

vedrem il Divin Padre,

vedrem la cara Madre

          del Signore.

Oh quale, oh quant’amore

ci sveglierà nel petto

la Madre del diletto

          nostro bene.

Se quaggiù ancor le pene

commuta in gran piacere

il poter sol vedere

           sua Casa pia.

Ma quando in compagnia

di tutti in Cielo i Santi

vedrem poi tutti quanti

           il suo bel volto?

Allor ci verrà tolto

dal cor ogni timore

dal corpo ogni dolore

           ogni tristezza.

Oh quando tal bellezza

della gran Donna in viso

vedrem il Paradiso,

           oh quando sia?

Basta dir che Maria,

pria d’essere concetta

fu dal gran Padre eletta,

           e destinata.

Per Pura, e Immacolata

Vergine insieme, e Madre,

di quello, a cui è Padre

           Iddio Signore.

Lo Spirto Santo Amore

l’elesse per sua Sposa

quindi tutta amorosa

           Egli la rese.

Perché in essa distese

di grazia ogni pienezza,

del Ciel ogni bellezza,

           ogni possanza.

Oh quanto sopravanza

di purità in candore 

la Madre del Signore

            tutt’i Santi.

Deh siam pur noi amanti

d’una sì gran Signora,

che tutto il Cielo adora

              per Regina.

A Lei ancor si inchina

il Mondo, e ‘l cupo Inferno

a suo grande scorno eterno

               da Lei vinto.

Così sia pur estinto

dentro del nostro cuore

ogni fiamma d’amore,

               che sia profano,

E’ ben di core infamo

chi non si accende tutto,

né si sente distrutto

                per Maria.

Ma se qua nella via

Sentiam tanto conforto,

che sarà poi nel porto,

            in vagheggiarla?

Poniamoci a contemplarla,

e con alzar la mente

pensiam divotamente

           a tal Signora.

Ella è la vaga Aurora

per lui comparsa al mondo

che lo rese giocondo.

           e tutto lieto.

Non v’è Mar più quieto

di Lei pia, e cortese,

ch’altrui placa le offese,

           e ‘l tutto puole.

Non c’è più chiaro Sole

di Maria si clemente,

che rischiara ogni mente,

           e fa pudica.

Non c’è Stella più amica

di Lei, che può scampare

noi dal turbato Mare

          senza Barca.

Non c’è Nave più carca

di Lei, che da lontano

il Pane a noi sovrano

          ben appresta.

Della Vergine questa

Non c’è più bel Giardino,

ove il Verbo Divino

          vi s’innesta.

Aura non v’è più fresca

della madre beata,

dove l’alma affannata

         si riposa.

Non c’è più vaga rosa

di Madre sì modesta,

che al puro amor ci desta,

          e vi ci infiamma

non c’è più viva fiamma

della sposa d’amore,

che abbruccia l’altrui core,

           senza pena.

Non v’è Terra più amena

della Vergine amante

dov’ogni cor costante

            si ripianta.

Non c’è più nobil Pianta

di Lei, che ci ha prodotto

quel Santo, e Divin Frutto

             del suo Figlio.

Non v’è più grato Giglio

della Vergine Madre,

ch’alle Verginee Squadre

             renda odore.

Non c’è miglior liquore

di Lei, ch’è il dolce Rio,

al qual bevette un Dio

              per noi nato.

E se Lei ce l’ha dato,

non v’è già maggior Bene

se dentro se contiene

               Iddio stesso.

Ad un tal riflesso

ciascun s’ha da infiammare

l’affetto a ravvivare

          in ver Maria.

Non c’è Sposa, che dia

come Ella nel suo viso

mostra di Paradiso

          a chi l’onora.

Meditiamo per mezz’ora

il suo merto, e le virtù

per amarla sempre più

          come dobbiamo.

Qui segue mezz’ora di divota Meditazione sopra le virtù della SS. Vergine così viaggiando

Or che diremo adesso

che abbiamo meritato,

e di Maria pensato

          le grandezze.

O grandi, o gran bellezze

o gran virtudi abbraccia

chi è piena della grazia

          il suo Dio!

Dì fu, dì fu cor mio,

e parla la lingua mia,

ciò che di Maria

           hai contemplato.

Dirò mi sono fermato

a pensar l’umiltà,

e la gran purità

          del di Lei core.

Che innamorò il Signore

a prender di lei in carne,

venire ad abitarene

            tra mortali.

Per liberar da mali

noi Peccatori tutti,

che andavamo distrutti

             dal Peccato.

Oh quanto ben ci ha fatto

La Purità sì monda,

e l’umiltà profonda

               di Maria.

A l’Lei grazie ne sia,

che sua mercé salvati

siamo per lei liberati

               dall’Inferno.

In eterno, in eterno

a Lei siam obbligati

Le dobbiam esser grati

               di tal bene.

Il sangue nelle vene

per Lei spender dobbiamo

se Lei di cuor amiamo,

                 e pur è vero

Che tutti da dove

all’lei tenuti siamo

del bene, che aspettiamo

                  lassù in Cielo.

Fu causa il suo gran zelo,

che presto discendesse

chi per Madre l’elesse

          quaggiù in terra.

Per Lei pur si disserra

al peccatore la gloria,

e a chi vuol vittoria

          vien concessa.

Ognun pure confessa,

che chi di lei la vita

col suo favore imita,

           si fa Santo….

E’ pur ver altrettanto,

che da pensieri carnali

La Purità sua vali

           a liberare.

Così per discacciare

La gran superbia altiera

l’umiltade  sua vera

            fu provata.

E chi l’ebbe invocata

delle colpe il perdono,

di castitade il dono

             ha ricevuto.

Anzi chi fu perduto,

e l’alma aveva dato

a Satana disgraziato

             ebbe la grazia.

Che tale fu l’efficacia

della Madre di Dio,

che il scolerato, e rio

             fu salvato.

Dunque da noi lodato

chi è il nostro caro Padre,

che del Figlio la Madre

         tanto onora.

Allegri stiamo pur ora,

e vada ciascun quieto,

ch’andiam verso Loreto

          alla sua Casa.

Sì sì alla santa casa

noi tutti i suoi divoti

i nostri umili voti

            offriremo.

Là sì supplicheremo

La Madre Santa, e Pia,

la Vergine Maria

              a farci i Santi.

Che s’ha salvati tanti

del suo Figliol nemici,

concederà agli amici,

               almeno un guardo.

Che quasi come dardo

chiediam nel nostro core

per fiamme del suo amore.

                 E nostra vita.

Ma perché sia esaudita

la nostra umile preghiera,

de’ Santi la gran Schiera

                  invochiamo.

Le loro laudi cantiamo

con vera divozione

e con questa intenzione

           di pregarli.

Anzi di supplicarli

lodato per noi Maria,

e in nostra compagnia

          riverirla.

Qui si cantano le Litanie de’ Santi con tutte le Preci ed Orazioni.

Or chi abbiam riposato,

e d’altro già discorso

torniamo al nostro corso.

           In ver Maria

abbrevierà la via

né sentirem stanchezza

se la di Lei grandezza

            esalteremo.

Oh quando giungeremo

a quella Casa Santa,

oh quanta gioia, oh quanta

              proveremo.

Assai ben più godremo,

che nel vedere Paesi,

Città, Monti scoscesi,

               e Valli, e Mari.

Questi scorran  gli avari,

che cercano novitadi,

per noi sono vanitadi

                da vedere.

Tutto il nostro piacere

è poter arrivare,

è poter adorare

          il Sacro Tempio.

Sarebbe ben un empio

chi per vederla via,

e non sol per Maria

            là n’andasse.

Piuttosto si levasse

costui di compagnia

di chi corre a Maria

             per sol amore.

E pur un grand’onore

ci fa Nostra Signora

s’ella fra poco d’ora

              noi abbraccia.

Tra le sue care braccia

In sua Casa paterna,

che sarà forsi eterna

               ancora in Cielo.

Abbruggi il cor di zelo,

si pongan l’ali al piede,

si voli sin si vede

                 il Sacro Tetto.

Oh qual, oh qual diletto

aspetta il nostro interno

nell’albergo materno

                   del Signore.

Per passar presto l’ore

del santo cammin nostro

chiediamo l’aiuto vostro

                     o gran Reina.

La carità sì fina,

che verso ognun mostrate

a noi or non negate

          o Madre Santa.

Se la speranza è tanta

che tutti in Voi abbiamo

che tutto noi speriamo

            d’ottenere.

Il vostro gran potere

sopra di noi stendete,

che venir ci vedete

             al vostro albergo.

Ci servirà d’usbergo,

la vostra Protezione

in qualunque occasione

              si presenti.

Mentre noi siamo intenti

a questo santo viaggio

senza curar disaggio

               a vostr’onore.

Tu ancor Gesù Signore

in grazia di Maria

aiutaci per via,

                in ogni passo.

Che no viaggiam per spasso,

bensì con fede santa

per la tua Madre Santa

                 riverire.

E tu vieni ad aprire

o Gabriele letto

il sentier più perfetto

         per Loreto.

Se là scendesti lieto

A recar la novella

alla gran Verginella

          fatta Madre.

Colà l’Eterno Padre

ti spedì Messaggiero

il tuo Divin pensiero,

           a noi salvare.

Ti preghiamo preservare

La vita nel cammino

e l’aiuto Divino

            ad impetrarci.

Intanto a sollevarci

dal lungo camminare

potrem noi recitare

             alcun Rosario.

Così ci parrà vario

l’andare che facciamo,

e in tanto meritiamo

               per il Cielo.

Ha dunque con buon zelo

Maria salutiamo,

e i Mister pensiamo

                 Gaudiosi.

E dopo i Dolorosi

ancor m’eviteremo,

e poi seguiteremo

                  i Gloriosi.

Qui si recita in una, o più volte l’intiero Rosario della Beata Vergine.

Dopo pranzo verso sera si segue.

Ormai s’appresta sera

e noi Maria ancora,

colla sua Casa ogn’ora

          veneriamo.

Ricorso a Lei facciamo

acciò senza mestizia

finiamo, Lei propizia

          la giornata.

A fin che sia impiegata

intiera per suo amore

cantando in tutto l’ore

          le sue lodi.

La notte, e ‘l dì t’applaudi

La Terra, e ‘l Ciel t’onori

La Luna, è ‘l Sol che t’indori

          o Santa Casa.

O Sacra, o Santa Casa,

quando sia mai quel giorno

ch’in te te facciam  soggiorno,

           e t’adoriamo.

PrOstrati veneriamo

le tue sacrate mura

acciò la mente impura

           ci compungi.

Da noi fa che sia lungi

del cor ogni durezza

acciò la tua bellezza

          ci innamori.

Da noi gli scacci gli errori,

da noi tolga i peccati

perché santificati

            noi entriamo.

E visitar possiamo

la nostra Albergatrice,

cogn’alma peccatrice

             al Ciel converte.

Sì,sì vedrem aperte

le braccia di Maria

per stringer l’alma mia

              nel suo seno.

Il nostro cor ripieno

di quanta festa, oh quanta,

in quella Magion Santa

               sentiremo.

Né pur parlar potremo

per la grande allegrezza,

e per la gran dolcezza

                proveremo.

Beati allor saremo

in Casa di Gesù,

bramar non potrem più

                  noi quivi in terra.

Là la si finì la Guerra,

là dentro si fe pace

tra Dio, e l’Uomo audace

          per Maria.

La pace con noi sia,

godremo un Paradiso,

se Lei con lieto viso

          ivi ci mira.

Ad essa il cor sospira,

ma se tramonta il Sole

noi alla Madre, e Prole

          diam saluto.

La bella Pianta, e ‘l Frutto

adorerem cantando

qualch’inno recitando

          in lor onore.

Si può dir con fervore

l’inno Ave Maria Stella

a chi si chiamò Ancella,

ed è Signora.

Qui si canta divotamente: Ave Maris Stella.

Per la mattina seguente, e per due altri dì servirà il resto che segue da cantarsi interpolatamente

Ne’ nostri primi passi,

che diam questa mattina,

La Stella Mattutina

          salutiamo.

Adunque che invochiamo

Madre del Creatore,

Madre del Salvatore

          Madre possente.

Tu sei ancor Clemente,

tu sei Inviolata,

sei Intemerata,

           e di gran Fede.

Ognun perciò ti crede

degna da venerarsi,

degna da predicarsi,

            e d’ogni onore.

Verso di Sant’Amore

sei specchio di giustizia,

causa d’ogni letizia,

             e d’Orazione.

Vaso di divozione,

Madre di Puritade,

Madre di Castitade,

             e tutta pura.

Veniam alle tue Mura,

ch’è Casa tutta d’Oro

essendo tu il Tesoro

             che in sé vanta.

Tu sei la Terra Santa,

in segno Tu di Pace;

la Scienza più verace

              in te risiede.

Beato chi possiede

Te Madre d’ogni Grazia,

ch’hai tutta l’efficacia

            presso il Figlio.

Mentre che in questo esiglio

al Peccatore dai mano,

l’infermo Tu fai sano,

          ognuno aiuti.

La sorte ancor tu muti,

 se tu con tanto zelo,

fatta Porta del Cielo,

           i Rei accetti.

Rendendoli tu netti,

e al Signor ben grati

dalle colpe purgati,

            e non più immondi.

Tu degli Angeli mondi,

de’ Patriarchi santi,

e de’ Profeti tanti

             sei Reina.

A te pure s’inchina

l’Apostolico coro,

i Martiri anche loro,

              e i Confessori.

Le Vergini, i Dottori,

e tutti in Ciel gli eletti,

tuoi Servi sono costretti

               a nominarsi.

Noi prima di inoltrarsi

ti supplichiamo divoti

gradire i nostri voti,

e le preghiere.

Al Nord con grande piacere

faremo il nostro viaggio

né temeremo disaggio,

           o pur stanchezza

O con quant’allegrezza

verremo a Te Maria,

se in questa nostra via

             ci farai guida.

Ciascun di noi s’affida

alla tua Protezione,

e con gran Divozione

               ora ti chiama.

Mentre ogni cor ti brama,

ogni lingua  t’implora,

ogni mente t’adora,

                 ognuno t’ama.

S’accende sì gran fiamma

dentro de’ nostri petti,

che fa, ch’ognun s’affretti

                   nel cammino.

Quel gran Tempio Divino,

quella Magion si santa,

oh quanta pena, oh quanta

                    al cor ci mette.

Mentre ciascuno riflette

dal tanto lungi stare,

ch’al cor si vien tardare

                     il suo diletto.

Veder quel Sacro Tetto,

quelle Mura Beate,

quelle Statue Sacrate

                      di Maria.

Precorre il cor la via,

e là giunge veloce,

ove né men la voce,

          ancor arriva.

La speme in tanto avviva

Il nostro cor gelato

all’Oggetto Beato,

           che bramiamo.

A te la mira abbiamo,

che a tutti sei conforto,

in questa vita Porto

            di salute.

Oh quant’alme perdute

furon per Te salvate,

ed ora son Beate

             in Paradiso.

A noi rivolgi il viso,

a noi la mano stendi,

e ‘l nostro pié difendi,

               e fa felice.

Di Dio tu Genitrice,

tu Verginella, e Madre,

Figlia del Divino Padre,

               e fatta Sposa.

Del Santo Amor, che posa

Nell’Anima diletta,

di niun peccato infetta

               e Immacolata.

Non è di cor umano

chi non rivolge il piede

là dove ebber sua fede

               Gesù, e Maria.

Dov’eran stati i pria

ripieni di favori

i santi genitori

          di Maria.

La dentro umil, e pia

col Figlio, e col suo Sposo

con tratto rispettoso

            Ella se ne stava.

Ivi pur allevava

il suo Figlio la Madre,

e lo offriva al Padre

             ben di cuore.

Là dentro sì ‘l Signore

Ancor picciol Bambino

il suo Corpo Divino

              tormentava.

Là dentro  meditava

nel suo pensier interno

come il suo Padre Eterno

                placar dovea.

Per la Natura rea

dell’uomo disordinato

per cui s’era incarnato

                 in essa Casa.

La Madre persuasa

dal sospir del Figlio,

dall’inarcar del ciglio

                  ch’ei faceva.

Anche ella pur piangeva,

e al pianto del Figliuolo

univa anche il suo duolo

           e i suoi sospiri.

Là dentro i gran martiri

d’amara sua Passione

della Crocefissione

          aveva in mente

Gesù l’Onnipotente,

che là prostrato orava,

per l’Uom colà pregava

          del perdono.

Di là giungeva il suono

delle sue voci al Cielo,

e dal Divin suo zelo

           eran tirati.

Ivi I Spiriti Beati

a vagheggiarlo in viso

più bel del Paradiso

           ivi veduto.

Gesù riconosciuto

costretti eran fermarsi

là dentro, e seco starsi

            e non partire.

Bensì d’amor languire

languir con lor Maria,

e seco in compagnia

            ancor Giuseppe.

E chi trovar mai seppe

quaggiù più bel ricetto,

se non quel Sacro Tetto,

            ch’albergo diede,

a chi nel Ciel risiede,

alla sua Madre Santa

ad una parte tanto da

di sua Corte?

          Oh ben felice sorte,

se là, giunger potiamo

e se là dentro entriamo

           oh fortunati.

Oh bene avventurati,

se siamo fatti degni,

di porre i piedi indegni

            in quella stanza.

N’abbiamo la speranza,

ma entrar sotto quel Tetto

fa il cor tremare in petto

             al Peccatore.

Oh Dio! Con quale orrore

calcar l’orme di Cristo,

chi sino ad or fu tristo

               e cieco, e insano.

Dunque con pié profano

calcar dovrem que’ sassi,

che impresser co’ suoi passi

                Gesù, Maria?

Nò nò, si scacci pria

dall’alma ogni peccato,

ognun così sia grato

                  al nostro Dio.

Che il cor contrito, e pio

Là dentro lascia entrare,

per ivi contemplare

                   i gran Misterj.

Gli arcani occulti, e veri,

per cui siamo presenti,

e dagli eterni stenti

          liberati.

Là dentro dispensati

dal Ciel sono tutti doni,

di là gli Eletti, e i Buoni

           escono Santi.

Oh quanti entrati, o quanti

seguaci pria del mondo

n’uscirono col cor mondo

            più perfetto.

Anzi Santo, è perfetto

ripieni sol d’amore

verso del lor Signore

             e Madre Santa.

Oh Sacra Casa, o Santa

da lungi a te veniamo,

da lungi t’adoriamo,

             e chiediam grazia.

Vedere a faccia, a faccia

dopo sue mure sacre

Gesù con la sua Madre

              in Paradiso.

Vedere a viso, a viso

il Facitor superno,

il Ciel tutt’in eterno

              Ognuno prega.

Giacché nulla Dio niega

di quel, che in te si chiede

dal Pellegrin con fede

               per Maria.

Noi tutti in compagnia

ti riveriamo Signora,

tu rilucente Aurora,

          e Sol nascente.

Tu detta anticamente

Grand’Albero della Vita,

bella Verga fiorita,

            e Campo ameno.

Chiamata Ciel sereno,

tu Scala misteriosa,

tu pur mistica Rosa,

            Roveto ardente.

Tu Nube risplendente,

tu Sacrosanto Monte,

tu cristallino Ponte,

            e Porta chiusa.

Arca di Grazia infusa

Reina tu famosa,

Giuditta vittoriosa

              del Dragone.

Tu Vel di Gedeone,

del Tempio l’Edifizio

altar del sacrifizio

               Verga di Jesse

Sotto queste ombre espresse

bella Madre d’Amore

lo Spirto del Signore

                Tua bellezza;

Di grazia alla pienezza

Verginità feconda,

Tua luce, che s’nfonda

          in ogni mente.

Poter sopra ogni gente,

dominio in Ciel, e in Terra,

e fin dove si serra

          il cupo Averno.

Lodiam tutti in eterno

sì grand’Imperatrice

di Dio Genitrice,

          e Figlia, e Sposa.

Sin che il nostro piè posa

nella sua Casa stessa,

ov’ella  genuflessa

            orò più volte.

E le sue preci accolte

dal suo Figliuol Bambino,

col suo merto divino

            al Ciel offriva.

Dov’Ella pur soffriva

vedere un Dio fanciullo

a servir di trastullo

           al buon Giuseppe.

Dove questi ancor seppe

i più segreti arcani

da Spiriti Sovrani

             rivelati.

Dove  lor tre profeti

a santa, e frugale mensa

fiamma d’amore intensa

             li cibava.

Dove Gesù parlava,

dove Giuseppe udiva,

e la madre gioiva

          in tanti affetti.

Quindi d’ognora i petti

freddi, ed agghiacciati

là dentro appena entrati

           son accesi.

Da Sant’Amor sono presi,

dal respirar quell’aura,

là dentro si restaura

              il Pellegrino.

Dunque presti al cammino

per tosto possedere

quanto si può godere

               quaggiù in Terra.

Nel Tempio, ove si serra

il maggior Reliquiario,

il Sacro Santuario,

                e Magion Santa.

Oh quanta gente, oh quanta

là dentro troveremo,

e piangere noi vedremo

                  per Amore.

Quanta con gran dolore

sacro suol prostesa,

detestare ogni offesa

                  a Dio fatta.

Quanta poi soddisfatta

davvero pure adorato,

baciato e ribaciato

il Sacro Luogo.

Cercare al suo cor sfogo

con novi baci, e pianti

dentro que’ muri santi

          ancor languire.

Quanta nel suo partire

volgere a dietro l’occhio,

e in terra col ginocchio

          là gridare.

Vuole il mio cor tornare

senza restarmi in petto

al Sacrosanto Tetto

           di Maria.

Sen torna l’Alma mia

in quella Casa Santa,

ov’ebbe gioia tanta

           entro que’ muri.

Avrem noi cor sì duri,

che non bruciam affatto,

che non resti disfatto

            il corpo intero.

Al bel sguardo primiero

della Stanza Divina

si dia a cor la mina

            e n’esca fuori.

E senza far dimora

precorra i nostri passi,

e ratto entro que’ sassi

Maria ador i.

Indi ritorni fuori

di quel sacro rigetto,

e ci ritorni in petto

ad abbruggiare.

Hor su su a camminare

s’ella mirar vogliamo,

s’ella adorar bramiamo

          di preferenza.

Ahi che gran veemenza

d’affetto al cor sentiamo

cantar più non possiamo

il cor si serra.

Al primo vedersi da lungi la Copola della Santa Casa si canti in ginocchio.

Presto il ginocchio a terra

a terra, a terra Amici

o quanto siam felici

          ecco Loreto.

Ecco sì mostra a deto

La Casa di Maria

il fin di nostra via

           il Ciel sereno.

Cantiam a coro pieno;

da lungi ti miriamo,

a te noi sospiriamo,

           o Santa Casa.

Oh sacra, o Santa Casa,

di qua ci veneriamo

di qua noi ti inchiniamo

            ben di core.

E tutto il nostro amore

a te noi tributiamo,

prostrati  t’adoriamo

o Santa Madre.

Si levi in piedi, e camminando si prosiegua.

Rendiamo grazie al Padre,

al Figlio, al Paracleto

al Luogo di Loreto  

          siam vicini.

Allegri, o pellegrini,

che il resto del sentiero

ci sarà assai leggiero

           più che prima.

Qui sì perdiam la rima

in questo nostro canto

mentre Loreto Santo

           ci sta in vista.

Qui sì nessun s’attrista

dal lungo camminare,

ma ben vorria volare

            al Sacro Tetto.

S’accende il fuoco in petto,

ci abbrucia in petto il core

dalla fiamma d’amore

             in ver Maria.

Nessun lo crederìa

quanto si goda adesso,

che si vediam d’appresso

alla sua Casa.

O Santa, o Santa Casa,

nostro conforto, e vita,

or or è pur finita

          la via nostra

Di novo ognun si prostra

a terra co’ ginocchi,

e con le lacrime agli occhi

           ben t’adora.

Oh quando sia quell’ora

che al santuario giunti

nel cor tutti i compunti

            ne restiamo.

Allor sì che vogliamo

baciar que’ Sacri Muri

che da Maria sì puri

             furon resi.

Allor sì che prostesi

su quel sacrato suolo,

la Madre, e lì il Figliuolo

              adoreremo.

A loro afferiremo

i nostri passi, e ‘l viaggio

ogni stento, e disagio

              avrem sofferto.

Ma quest’è poco certo

s’ancor il sangue, e vita

con che pur sia gradita

               non si doni.

 E pregarem perdoni

dal Ciel l’Eterno Padre

pe ‘l Figlio, e per la Madre

           a noi gli errori.

Che raggi, e che splendori

di sante illustrazioni,

a noi sia che si doni

          da Maria.

Giunto ciascun che sia

là dentro ad adorare

vorrebbe ognuno spirare

           e non uscire.

Vorrebbe ognuno morire

in quel Sacro Ricetto,

dove Gesù concetto

            prese carne.

Vorrebbe ognun restarne

là dentro seppellito

là dentro incenerito

            dall’amore.

Or dentro il nostro core,

qual fiamma ne discende,

o qual ardor s’accende

             in santi affetti.

O s’apriranno i petti,

o bruggieranno i cori

a sì focosi ardori

             Verginali.

O d’onde tanto vali

o Casa Sacrosanta,

ch’accendi fiamma tanta

             sol veduta?

E che sia poi goduta

nel Santuario interno,

dove l’Amore superno

          si diffonde?

O quanti doni infonde

in grazia di sua Sposa

a quell’alma amorosa

            ch’ivi trova.

Questo da noi si prova,

che là solo al mirare,

sentiam a liquefare

              i sensi nostri.

S’abbruggia pure i mostri

delle fiere passioni,

delle varie affezioni,

                che in noi sono.

Questo chiediamo in dono,

per questo a te veniamo,

affinché diventiamo

                  tutti santi.

Sarà questo tra i vanti

delle grazie maggiori

far santi i Peccatori

                  al sol mirarti.

Possiamo ben consacrarli

Le brame, e ti i sospiri

del nostro cor martìri

                   o Santa Casa.

Oh Sacra, o Santa casa

alziamo le pupille

ben mille volte, e mille

                    al Sacro Tetto.

A quel felice aspetto

ciascuno ne vien meno

dal gaudio di ch’è pieno

           per Maria.

Ognun sol tacerìa

per concepir grand’atti,

per offerir gran fatti

          di virtudi.

Fiasco dunque si studj

e si prepari avanti

all’esempio de’ santi

          e or tacciamo.

Ma che tacer? miriamo,

se siamo giunti in tanto

al Luogo Sacrosanto,

          ecco le Mura.

O Casa Santa, e pura

noi siamo qui ben umiliati,

di nuovo a Te prostrati

          T’adoriamo.

Qui sì imprimer vogliamo

in quelle pietre i baci

testimoni veraci

          dell’interno.

Qui si col pianto esterno,

dopo fermati passi,

laverem questi sassi

          qui d’intorno.

Qui si di notte, e giorno

nostri cor amorosi

sospiri ben pietosi

           manderemo.

Qui sì si sentiranno

gli affetti, le preghiere,

che con sommo piacere

           offeriremo.

Qui sì supplicheremo

La madre e il divino figlio a donarci del giglio

            dell’onestade.

Fervor di caritade

al prossimo, e a Dio

chiediamo con cor ben pio

              da Maria.

L’altra virtude sia

un’umiltà profonda,

che dentro il cor s’infonda

               dal Signore.

Poi tolga ogni malore,

che il corpo ci molesta,

e dal servirlo arresta,

                e dal lodarlo.

Ne ci scordiam pregarlo

ancor per i Congiunti,

se vivi, che defunti

                 noi abbiamo.

Qui il canto terminiamo

per ben sfogare gli affetti, ch’abbiam nei nostri petti

                  in ver Maria.

Quando si sarà o appresso, o sull’Atrio del Sacro Tempio si canterà con tutto giubbilo di cuore, come segue.

Ognun ami Maria,

ogni lingua alla Lodi,

ognuno in tutti i modi

          a Lei si dia.

Dica ciascun, Maria

tu sei conforto mio,

liquefarmi desìo

          al tuo aspetto.

Si strugga questo petto,

s’incenerisca il core

dalla fiamma d’amore

          verso Te?

O Dio beato me,

s’arder potessi canto,

ch’avessi gloria, e vanto

morir per Te?

O Dio beato me,

se qui arrestar finita

potesse la mia vita

sol per Te?

O Dio beato me,

se con quivi morire,

al Ciel potessi gire

a veder Te?

O Dio beato me,

Ahimé ch’io moro, e spiro,

perché con un sospiro

          non vengo a Te?

O Dio beato me,

Che certo vuol morire,

né vuol di qua partire,

           e lasciar Te.

O Dio beato me,

ti chiedo al fine Maria

spirar or l’Alma mia

             in grembo a Te.

O Dio beato me,

o Madre, o Figlio ancora,

deh frate, che in quell’ora

             in Voi io spiri.

Dopo nel partire da Loreto, e nel ritorno a Casa.

Noi siamo i Pellegrini,

che torniamo da Loreto,

col cor tranquillo e quieto

          a Casa nostra.

Ma sin che a noi si mostra

da lungi il sacro tetto

ci salta il core in petto

              per dolore.

Ci risospinge amore

indietro ritornare

l’albergo a visitare

          di Maria.

Amara ora è la via,

e poco abbiam conforto

per esser fuor del Porto

           ov’eravamo.

O quanto volevamo

in quella casa Santa

dove con gioia tanta

           siamo stati.

Oh bene avventurati

Son stati i cori nostri,

ognun quivi si prostri

            e s’inginocchi.

E rivolgendo gli occhi

con dare un sguardo lieto.

miriamo ancor Loreto

            da vicino.

Con umìle inchino

la Santa casa onori

poi la Vergine adori,

            e la saluti.

Qui sì prostrati tutti

il Tempio benedetto

con rIverente affetto

            veneriamo.

A te ci rivolgiamo

o Madre intemerata

da tutti venerata

             T’adoriamo.

E pria che ci partiamo,

ti ridoniamo i cori,

acciò Tu gl’infervori

          e ti lasciamo.

Ma che linea proviamo

a slontanare il piede

da quella Santa sede

           di Maria.

Orsù partiamo via,

perché, finché si veggia

quella sacrata Regia

            qui staremo.

Nel un passo pur daremo

a proseguire il viaggio

fin che il divino Palagio

             abbiamo in vista.

O quando mai attrista

il non più rivedere,

nè poté più godere

              il dolce aspetto.

Il sacrosanto tetto,

che l’alma ci ha rapita

e di novo c’invita

                a lui tornare.

Non lo potiam scordare,

e fin che viveremo

in desiderio avremo

                 ivi tornare.

Ma se vogliam quietare

un po la nostra mente

preghiam divotamente

           e andiam cantando.

Kyrie, etc

Dopo poi a tempo.

Noi siamo i Pellegrini,

che a casa ritorniamo

dopo veduto abbiamo

           la Casa di Maria

Dolce sarà la via

con la memoria grata

dìaver noi visitata

            Casa Santa.

Davvero con gente tanta

là dentro venerata,

e di cor adorata

            Nostra Dama.

Che Mondo tutto l’ama,

e là corre pietoso,

e tutto ossequioso

             ad inchinarla.

Chiediam pur noi d’amarla

essi si mantenga acceso

l’amore, che c’è disceso

             dentro il petto.

Là sotto il sacro Tetto,

dov’arse nostro core

presso dal Sant’Amore,

              che ci ardea.

Ho quanta forza avea

quell’amato Ricetto

a muovere ogn’affetto

          dentro i cori.

Se il sol mirar di fuori

que’ sacrosanti muri

i petti anche più duri

             intenerisce.

Il Turco, e il Mor mugisce

per aver loro in faccia

Forte di sì efficacia

              sopra il mare.

Quell’è quel Sacro Altare,

quell’è quel divin Tempio,

che bramerebbe l’empio

                sradicare.

Le inviò perciò, a donare

quelli Cereo veduto,

con che volea distrutto

                il Santo Luogo.

Ma non ebbe il suo sfogo

il Cereo artificiale,

che da mano virginale

                venne estinto.

Così con scorno vinto

fu l’Ottoman sgraziato,

che invano avea tentato

                  sì gran male.

O quando, o quanto vale

del Ciel l’Imperatrice,

di Dio la Generatrice

                   tutto puole.

Ottiene quant’Ella vuole

pietosa co’ suoi servi,

terribile a’ protervi

         si dimostra.

Ell’è l’Avvocata nostra,

ancor è nostra Madre,

dell’Inferno le squadre

         non temiamo.

Basta ci ricordiamo

di quanto abbiam veduto,

di quanto abbiamo goduto

          in quella Stanza.

Oh quanta, o qual speranza

dobbiamo noi avere

d’essere sempre a godere

           Maria in Cielo.

Lassù senz’alcun velo,

se qui ci ha graziati,

accolti, e di albergati

           in propria Casa.

S’ha da venir persuasa

La nostra compagnia

della Madre Maria

           esser diletta.

E dal suo Figlio eletta

per sempre al Paradiso

a vagheggiare in viso

           il nostro Bene.

Lungi timor di pene,

lungi timor d’oltraggio

in questo santo viaggio,

           che facciamo.

Per Protettrice abbiamo

chi debellò l’Inferno,

e chi del Verbo Eterno

          è Genitrice.

Abbiamo protettrice

chi in qual strada si sia

sarà per ogni via

          nostra Guida.

Sempre potente, e fida

a buoni Pellegrini;

dunque ciascun cammini

           allegramente.

S’abbiamo del Mar lucente

per luminosa Stella

Maria Vergine bella

            senza uguale.

Vergine trionfale,

sicura, e fida scorta,

che al Ciel l’Anima porta

             ove riposa.

Con voce lagrimosa,

e con alti sospiri

ver noi preghiam, che giri

             i dolci rai.

Se là de’ nostri guai

cessaron le tempeste

quando il Nunzio Celeste

Ti diè pace.

Se là il Verbo verace

unì l’Umanitade

con la sua Deitade

          e in Te discese.

Madre dunque cortese,

mentre sei nostra spreme

spezza l’aspre catene

          a i peccatori.

E se chi fuor d’errore

guida alla chiara luce,

che al Porto ne conduce

          di Salute.

Tu pur ogni virtute

c’impetra dal tuo Figlio

e qualunque periglio

          da noi scaccia.

E Madre esser ti piaccia

nostra benigna, e pia,

a buona, e dritta via

          per condurci.

In tanto per ridurci

noi ben a camminare

poniamoci a meditare

          per mezz’ora.

Come sì gran Signora

tante grazie comparte

a chi da casa parte

          a visitarla.

E va per adottarla

con invocato affetto

dentro quel Sacro Tetto

          di Loreto.

Ognuno pur stia cheto

nella meditazione,

per far questo Orazione,

          he sia grata.

O madre Immacolata,

che da noI li l’accetti

riempia i nostri petti

          di sua grazia.

A fin ch’abbia efficacia

appresso l’alto Dio,

che sempre ci sia pio

           in vita, e in morte.

Qui segue la Meditazione, e poi a tempo si segua.

Noi siamo i Pellegrini,

che da Lorè veniamo,

e a casa ritorniamo

             tutti lieti.

La grande divozione,

che ci ha nel cor stillato

quel Luogo sì sagrato

             di Maria.

Ogni dover vorria,

ogni ragion pur vuole

si faccia quel che si puole

              per suo amore.

Che sempre intatto il core

si tenga dal peccato,

e sempre immacolato

               si conservi.

Così farem suoi servi,

così saremo grati

a chi ci ha graziati

          del suo affetto.

A chi si diè ricetto

nella sua propria Stanza

per darci la speranza

          esser Beati.  

Felici, e fortunati

saremo noi da per tutto,

se conserviamo il frutto

          della grazia.

Che pur Maria procaccia

A chi l’ama di core

dal suo Figlio, e Signore

          Gesù Cristo.

Sarebbe ben un tristo,

se alcuno fra noi si dasse

che mai più s’imbrattasse

          in alcun vizio.

Oddio acqua al supplizio

sarebbe condannato,

che fosse stato in grado

           ver Maria.

Ahimè chi ‘l crederia

che alcun mai più potesse,

che alcun di noi volesse

           ancor peccare.

Piuttosto consacrate

a Lei, ch’è inviolata,

 l’alma Se gli è donata

           col morire.

Ma chi potrà ridire

le illustrazioni, e i lumi,

che per mutar costumi

          abbiamo avute.

Le garanzie ricevute,

i doni dispensati,

i guai, che ci ha levati

           là in Loreto.

E quel, ch’è poi segreto,

che si ha il Signor donato,

e il male ci ha levato

           nell’interno.

In vita, e in eterno

(Se pur non siamo bruti)

noi siam tutti tenuti

            ad esser Santi.

Adunque tutti quanti

stiam lungi dal peccato,

dal mondo scelerato,

             e traditore.

Si tenga puro il core

purgato con la mente

col vivere innocente

              da per tutto.

Altrimenti perduto

avrem quanto s’è fatto,

e tutto in un sol tratto

              gettaremo.

Ma che poi dir potremo,

se al Divin Tribunale

La Madre Virginale

          ci rinfaccia.

Abbiam persa la grazia,

ch’al singolar favore

c’impetrò dal Signore

         nel Sant’Ospizio.

Di sì gran benefizo

allor trovati rei

saremo co’ Giudei

         ancor dannati.

A’ suoi i figli uomini armati

Maria giammai permette,

che Gesù li rigette,

          e da se scacci.

Ognun sforzo si facci

di vincer bene se stesso,

di riformare ben spesso

          la sua vita.

Veder se ben s’imita

La Vergine in virtude,

se al senso il cor si chiude

          e il vizio fugga.

Se il proprio amor si strugga,

se la mente sgombrata,

se la lingua purgata

          si ritrovi.

Così ciascun si provi

Con supplicar in  tanto

il Ciel per esser Santo

          sin’a morte.

E per l’aiuto forte,

di cui noi bisogniamo

adesso ricorriamo

          a tutti i Santi.

Su su per tutti quanti

lo spirto al Cielo alziamo

le lor laudi cantiamo

          ad alta voce.

Qui si cantan le Litanie dei Santi con le PrecI, ed Orazioni.

Poi a tempo si seguita.

Noi siamo i Pellegrini,

che andiamo così cantando

a casa ritornando

            a Loreto.

Oh se mostrarlo a deto

potessim pur ancora,

e mirarlo tuttora

            da lontano.

Ma ciò riesce vano

perché siam già scostati

da que’ Muri Sacrati

             di Maria.

Se seguiam pure noi la via,

e ci serva di sfogo

narrar del Santo Luogo

              i gran portenti.

Far ch’ognun sappia, e senti

e il Mondo tutto intenda

a qual gloria s’estenda

           il Sacro Tetto.

Di cui degno concetto

nè mente può formare,

né lingua può narrare

            che sia abbastanza.

Se ogn’altro luogo avanza

per il Mister più fino

che Iddio uno, e Trino

            v’ha operato.

Se allor fu consacrato

nel più prezioso Tempio,

che quaggiù senz’esempio

            Ei s’era eletto.

Se affin non sia negletto

con sforzi onnipotenti

senza dei fondamenti

           il fe portare.

Per aria, e sopra il mare

senza che un sasso solo

dei Muri o pur del suolo

           si muovesse.

Dopo i Schiavoni elesse

una Selva d’Ancona

di Nobile Matrona,

           e fu Lauretta.

Non già per sempre eletta

(Che vi dimorò poco)

ma se mutò poi Loco,

           fu la Marca.

Dove qual nobile Arca

per memoria di pace

per scudo contro il Trace

          fu lasciato.

E ‘l Luogo fu chiamato

la terra di Loreto.

Che per divin segreto

           è destinato.

Ad essere venerato

per quella Santa Casa,

la gente persuasa

            ivi portarsi.

Convenne fabbricarsi

non solo un’ampia chiesa,

che tien dentro compresa

             la Magion Santa.

Ma dalla gente tanta,

che là volle fermarsi

ebbe ad edificarsi

              una Cittade.

Che splende in Sanitade,

che tutta pietà spira,

e il Pellegrino ammira

               come un Cielo.

Là tratte sono dal Zelo

da pura di divozione

genti d’ogni Nazione,

                d’ogni Paese.

IL Gal,  l’Indo, e l’Inglese,

l’Armeno, e l’Africano,

l’Arabo, Moro, e Ispano,

                 e ‘l Mondo tutto.

Ogni popolo istrutto

di qua, di là dal Mare

dov’il Sol va a spuntare,

           e dove scende.

Ne sesso pur s’attende,

etade o pur lingnaggio,

di Natali legnaggio,

           o Dignitade

Là va la Povertade

Là van ricchi Mercanti;

là vanno i Benestanti,

           e i doviziosi.

Soldati, e Religiosi,

Gran Principi, e Prelati,

Monarchi; e Porporati

           colà vanno.

E fin dal Vaticano

di Cristo i Successori

hanno per gran favori

            là portarsi.

Oh quanto d’ammirarsi

incontrando per viaggio

Genti con Equipaggio

            e gran Reine.

Che fuor del lor confine

lasciato in abbandono

portando ricco dono

             son uscite.

Andando umili vestite

in abito negletto

al Sacrosanto Tetto

             di Maria.

Udirsi poi per via

cantar tutto giulivo

 allegro, e ben festivo

          il Pellegrino.

Ma in giungere vicino

a quelle Mure Sagre

veder le genti a squadre

          tutte in pianto.

Oh quanto move,oh quanto

ognun assunse spiegare,

ognun a lagrimare

           d’allegrezza.

Ma quanta tenerezza

d’amor affettuoso,

di cor tutto pietoso

             poi si sente.

Là nell’entrar la gente

dentro il Sacro Ricetto

nel mirarne l’oggetto,

             che si ama.

Si sveglia più la brama

in noi di ritornare

di nuovo a venerare

              quella Stanza.

Ahi dolce rimembranza,

ma che ferisce il core,

e la piaga d’amore

               ancor rinnova.

E certa  pur far prova

che noi tronchiam la via

per tornare a Maria

          di Loreto.

Sì, sì, farà sì inquieto

il cor, che in sen abbiamo

sin tanto ci troviamo

          in questo viaggio.

Dov’ha provato un saggio

diciamo del paradiso

nel vagheggiare in viso

         l’alta Signora.

Oh se potessimo ora

tornarla a rivedere

oh che grato piacere

          ognun avrebbe?

Che giubbilo godrebbe

che sol qui dimorare

potesse per mirare

           la Santa Casa.

Oh sacra, o Santa casa

tu sei la calamita,

che con gioia inaudita

           rapisci i cori.

Tu fai comparire fuori

gli affetti più segreti,

che stavan dentro quieti

            in mezzo al petto.

O Sacrosanto Tetto,

o Casa d’Orazione

Tempio di Devozione

            onor di Dio!

Col cor umile, e pio

di nuovo ti inchiniamo

ancor ti riveriamo

          sulla via.

A Madre Maria

di nuovo ci volgiamo

di nuovo ti adoriamo

           qua prostrati.

E dopo in pié levati

seguiam ben il cammino

ma ‘l cor a Te  vicino

            noi torniamo.

E senza cor andiamo

poiché l’abbiamo lasciato

nell’albergo Sacrato

             di Tua Casa.

Oh sacra, Santa casa

l’Alma non ci rapire

se il viaggio proseguire

             noi dobbiamo.

Acciò ci divertiamo

dal Sacro Santuario

recitiamo il Rosario,

             unitamente.

Ma con attenta mente

che vengan meditati

i misteri operati

             là in quel Luogo.

Avranno così il suo sfogo

nostri cor amorosi,

i Misteri Gaudiosi

             meditando.

E dopo recitando

i detti Dolorosi

gli amori più pietosi

          ne usciranno.

Poi fuori ne verranno

i giubbili più veri

meditando i Misterj

           Gloriosi.

Alcun parlar non osi

per questo poco d’ora,

acciò nostra Signora

           noi ascolti.

A Lei dunque rivolti

con l’attenzion più fina

diciam Salve Regina,

            e cominciamo.

Qui si dice tutto il Rosario in una, o più volte a beneplacito.

Noi siamo i pellegrini,

che ora ce ne torniamo

dove temp’è lasciamo

          i nostri averi.

Noi siamo forastieri

un pezzo fa partiti,

da casa nostra, ed iti

           al bel Loreto.

Là fummo col cor quieto

là dentro fummo accetti,

là dentro i nostri petti

          amor s’accese.

Crediam Maria ci prese

per suoi Figli adottivi,

e noi tutti giulivi,

           ce ne andiamo.

Perché certo speriamo

d’essere da Lei guardati

protetti, e preservati

            d’ogni male.

Dal peccato mortale,

ch’è la maggior disgrazia,

che ci toglie la grazia

             del Signore.

Ci ha poi empito il core

d’amore si infuocato,

che ancor non s’è scordato

             di Maria.

Anzi in tutta la via

è stato sempre ardente,

sempre puro, e innocente

              è dimorato.

Così sia conservato

dalla Vergine Madre,

sin che si renda al Padre

               la nostr’Alma.

A conseguire la Palma,

che il giusto in Ciel possiede,

e Dio poscia concede

                 ai penitenti.

In tanto li Parenti

presto ci incontreranno

or or che ci vedranno

          gir a Casa.

O dalla Santa Casa

essi faransi a dire

che c’avete ridire

          e che portate?

Orsù via ci mostrate,

ciò che con voi avete

quel che dar ci volete,

           e poi direte.

Quanto veduto avrete,

se sia vera la fama

di quanto si proclama

            di Loreto.

Ognuno vorrà in segreto

che tosto se gli dona

Medaglia, o pur Corona

            benedetta.

O qualch’Immaginetta

dell’adorata Immago,

e perché ognun sia pago

            che faremo?

Noi a ciascun daremo

di quel, che abbiamo provisto

poi ciò, che abbiamo visto

           narreremo.

Principio noi daremo

dalla nostra partenza,

e come il fumo senza

           alcun disaggio.

Per tutto il nostro viaggio,

che il fe, tutto felice

la nostra Ausiliatrice,

          e cara Madre.

Che dall’Eterno Padre,

dal Sposo, e dal suo Figlio

salvò d’ogni periglio

            i suoi Divoti.

Se bene non eram noti

tutti ci ha ben trattati,

dove siam capitati

              giorno, e notte.

In Mar viste le Flotte,

che ne premevan l’onde,

e noi da quelle Sponde

                godevamo.

Veduti ancor abbiamo

diversi gran Pallaggi,

bei Tempi, e Romitaggi

                 nel cammino.

Ma quel, che ha del Divino

è il Sacrosanto Tetto,

di cui formar concetto

                   nissun vale.

Presenza personale

al certo si richiede,

e che là ponga il piede

                    se alcun vuole.

Intender quanto puole

di quel Sagrato Luogo,

se per qualunque sfogo,

          che si faccia.

Di dir con efficacia,

non si può caldo dire,

che altrui possa capire

           quanto è vero.

Non esservi Mistero,

che al par di questo mova

che colà si ritrova

           a ben pensare.

Là dir, qui s’ebbe a fare

il Trattato di Pace

tra l’Uom, e Dio verace

            e qui concluso.

Dentro l’Utero chiuso

del Ventre Virginale

di Donzella Reale

            il Verbo scese.

E di Lei Carne prese,

e chi vi fu obumbrata

Maria fu chiamata,

            e fu qui tutto.

Qui il Verbo si fe muto,

la pianta apprese il frutto,

il peccato distrutto,

            e l’Uomo salvato.

O luogo consacrato

da sì Divino Mistero,

che l’umano pensiero

           là si oscura.

Alma non vi è sì dura,

che in quel Sacrario Santo

non si disfaccia in pianto.

          e quasi muoja.

Dall’eccessiva gioia,

dalla piena d’Amore,

e dall’alto stupore

           la sorprende.

Ma questo non s’intende

Da verun’ intelletto,

se dentro il Sacro Tetto

           non si trova.

Né quel, che là si prova

della Grazia in segreto,

che sol s’apre in Loreto,

            e vi si serra.

Alla Casa che in terra

che la Divina Madre

diede l’Eterno Padre,

             questo dono.

Quindi incapaci sono

questi nostri Congiunti

per mezzo di racconti

              intender tutto.

Del gran Tempio veduto

del suo ricco Tesoro

potiam parlar a loro

               con piacere.

E dirgli, o bel vedere

un edifizio tale

che non v’è in Terra eguale,

                  e sontuoso.

Un tempio maestoso

di vaga, e grande altezza,

di non minor ampiezza,

          e tutto quello.

Dove grave scalpello,

dove pennello fino,

ed ago soprafino

           v’han sudato.

Sarà sempre ammirato

lavoro di grand’arte

perché v’ebbero parte

          i più periti.

Con disegni graditi,

con dotta maestria

Tempio per Maria

          fu innalzato.

Quant’Oro hanno impiegato

più Nobili, e Mitrati

Principi, e Porporati,

          e i Papi stessi.

Perché furon anch’essi

dalla Vergin graziati,

e bene spesso ajutati

          in grandi affari.

Oh come belli Altari

di Casi preziosi,

d’arredi sontuosi

         tutti ornati.

Veder poi attaccati,

e a quei Muri appesi

là d’intorno distesi

        Tanti Voti.

Portati da divoti

per grazie ricevute

con iscrizioni argute,

          e ben intese.

Là di Galee prese

A’ Turchi, o liberate,

d’altre pur affondate,

           e riavute.

Parlan Tabelle mute,

parlan Stendardi, e le Armi

con dir: senza risparmi

           qui fansi Grazie.

Si levan le disgrazie

i morbi, ed i dolori,

le pene, e i languori

           sono sanati.

Gl’Infermi liberati,

i Ceppi, e le Catene

mostrano a chi qua viene

           da lontano.

L’Onnipotente mano

romper i lacci, e ferri

acciò che si disserri

           ogni Prigione.

Togliere ogni passione,

frenar pioggie e tempeste,

scacciar l’orrida peste,

           e quietar Mari.

Mandar questi ripari

a fiamme ben ardenti,

a Fiumi, ed a Torrenti

          senza offesa.

V’è la memoria appesa

delle liti serrate,

delle Vittorie date,

          e pace avuta.

Della gente perduta

nel velleggiar per Mare

se al fin s’ebbe a salvare

          qui ricorda.

Della gente soccorsa

in mezzo agli Assassini

con aiuti Divini

           per Maria.

Ancor di gente ria

da Demone suasa

rubar la Santa Casa,

           e poi fuggire.

Ebber dal Ciel venire

squadre di Spiriti armati

fermare i disgraziati,

           e furon colti.

Disegni essere ascolti

nanti del Divin Tetto

strapparvisi dal petto

           l’alma loro.

Così pur di coloro,

che un po’ di calce solo

preser dal sacro suolo,

            e fur puniti.

Sino al tornar pentiti

rimetter al suo loco

il tolto, benché poco

          ai Muri Santi.

Oh quanti segni, o quanti

pendono d’intorno al Tempio

a memoria, ed esempio

            delle Genti.

Che sappiano i portenti,

ed i prodigi strani

oprati per le mani

             di Maria.

Mai non si finirà

vedere i Voti loro

in Tela, Argento, ed Oro

              là lasciati.

D’Attratti,  e Disperati,

di Ciechi, Sordi, e Muti,

d’Ossessi e mal caduti

              in precipizj.

Altri da malefizj,

da Larve, ed ombre presi,

e dal Nemico offesi,

               liberati.

Di Figliuoli impetrati

da Donne partorienti,

Prigionieri Innocenti

              liberati.

Che tutti fur graziati.

Là dotti gli Ignoranti

là i Peccatori, Santi

               furono fatti.

Là pure i mentecatti

ebber giudizio sano,

ebbero cor uno anno

          anche i Tiranni.

Idolatri a molt’anni

altri nell’Eresia

sono tutti da Maria

          illuminati.

Questi sono dimostrati

nelle Tabelle impresse;

molto dimostrano esse,

          non già tutto.

È tempo ormai perduto

voler del già seguito,

ch’ha pur dell’infinito

          far racconto.

Qui torna ben a conto

dir qualche cosa ancora

del Tesoro che finora

          ivi ha Maria.

Oh gran tesoreria

Che ha mai la Casa Santa

Oh qual è mai oh quanta

          e senza stima.

I doni diciam prima

de i Papi ad un per uno,

di questi sol ciascuno

          fa un Tesoro.

Non solo d’argento, ed oro,

ma cose le più rare

scelte tra le lor care

           in Vaticano.

Imitati loro hanno

Vescovi, e Cardinali,

Prelati Principali,

          e gran Signori.

Gran Regi, e Imperatori,

Monarchi, e più Sovrani,

più Duci, e Capitani,

           e Cavalieri.

Così Luoghi primieri,

Città, Castelli, Regni

per Personaggi degni

            hanno recato.

A quel Luogo Sacrato,

suoi doni regalati

con l’Armi lo segnati

             come appare.

Sono Vasi d’Altare,

Lampade, e Candelieri,

più Croci, ed Incensieri

              di gran lavoro.

Calici tutti d’oro

di gioie tempestati,

e Crocefissi a aurati,

              e gran Lumiere

D’argento Statue intere,

più Gemme, e più Corone

di più Regie Persone,

              e più Maniglie.

Manti con Momperiglie

di Diamante intessute,

Collane mai vedute

          sì preziose.

Più Vesti maestose,

altre Sacerdotali

di Topazzi Orientali

          ancor guarnite.

Altre di Margherite,

di Smeraldi, e Rubini,

Pendenti, ed Orecchini,

          con Anelli.

De’ più fini Gioielli

guarniti, ed ingemmati

de’ Drappi ingiojellati

          senza fine.

Tratti d’ogni confine

ricche Spoglie di Guerra,

finiamo; il Ciel, la Terra,

           il Mondo tutto.

Sempre recò in tributo

Alla Ca Lauretana,

alla Vergine Sovrana

           i suoi Tesori.

Ma quanto più degli Ori

son più rare novizie

le sacre Massarizie

           son mostrate.

Sì spesso maneggiate

da Gesù, e da Maria,

e seco in compagnia

           da Giuseppe.

Giammai nessuno seppe

cercar cose maggiori

là dentro i gran Tesori

          di Loreto.

Quello che non è segreto

quello è il Tesor maggiore,

che non rende gran stupore,

            e ‘l tutto avanza.

Questa è la Sacra Stanza,

l’istessa Casa, e Tetto,

in che Gesù concetto

              ne rimase.

In che l’Angelo persuase

alla Reale Donzella,

farsi Madre l’Ancella

              del Signore.

Luogo di Sacr’onore,

ogni Sasso è un Tesoro,

la Polve più dell’Oro

               è preziosa.

La Statua Maestosa,

l’Immago Virginale,

di Viso Celestiale

               di Maria.

Tutta divota, e pia

col Bambin fra le braccia,

che pari porga la Grazia

                a chi la vuole.

Polve di rose, e viole,

e fior di giglio mista

San Luca Evangelista

                 par si servisse,

con quella coloro risse

l’Immago riverita

resa poi inbrunita

          da’ Profumi.

Di vari Incensi, e Lumi

che stando sempre ardenti

sembrano Stelle lucenti

          di quel Cielo.

Svegliando i cor di gelo

ad acquistar ardore,

infiammarsi d’amore,

          e poi bruciare.

Qual Tesoro è l’Altare

dentro del Santuario,

che di Cristo il Vicario

          ha consacrato?

Dove v’ha celebrato

il primo Successore

del nostro Redentore

          nella Chiesa.

La fiamma poi discesa

dal Ciel più volte il Tetto

del Divino Ricetto,

          e le visioni.

Le stesse apparizioni

della Madre di Dio

mostran se Sacro, e pio

          ne sia Loreto.

Sì che contento, e cheto

ogni nostro Congionto,

quando ciò le sia conto,

          dovrà stare.

Più non si può narrare

il resto abbiam veduto,

e meno assai del tutto,

          h’abbiam detto.

Sen vadi al Sacro Tetto

chi vuol di più sapere,

chi vuol di più vedere,

           e sarà sazio.

Soffrirebbe ogni strazio

ognun di noi ancora

per venerare tutt’ora

            la Sacra Casa.

O Santa, o Santa Casa,

di nuovo t’adoriamo,

di nuovo i cor doniamo

             a te Maria.

Così finiam la via,

e perché il ciel ci applaudi

finiamo con le laudi

             di Maria.

E qui si recitano le litanie,ec.

Atto di contrizione per ogni mattina, e sera nel viaggiarsi.

Sommo Ben, mio Signor

come non v’amerò?

V’amo con sommo amor,

quanto quest’alma può.

     Perché il mio cor peccò

     or n’ho sommo dolor,

     mai più v’offenderò

     con il vostro favor.

Le mie colpe dirò

 a pié del Confessor;

penitenza farò

de miei passati error.

     Sommo Ben, mio Signor

     come non v’amerò?

     V’amo con sommo amor,

     quanto quest’alma può.

               IL FINE

LAUDI SPIRITUALI

Da cantarsi nel Santo Viaggio

A  L O R E T O

Per sollavarsi dalla stanchezza,

ed infiammarsi nel desiderio

di vedere

L A   S A N T A    C A S A

ED IVI ADORARE

LA SANTISSIMA VERGINE

M  A  R  I  A

In MANTOVA, MDCCXLIX

Per Ercole di Alberto Pazzoni

Laudi spirituali da cantarsi nel viaggio e nel ritorno dalla Santa Casa di Loreto

Noi siamo i Pellegrini,

che ci poniamo in via,

per andare a Maria

          di Loreto.

Ciascun venga pur lieto

a quella Abitazione,

ch’è casa d’Orazione,

          e tutta d’Oro

Non v’è in Terra Tesoro,

non v’è sì Sacro Luogo,

dov’ha l’alma il suo sfogo

             con Maria.

Non v’è Casa si pia,

dove sia salvo ognuno,

né vi perisca alcuno,

          come in quella,

Non v’è stanza sì bella

quaggiù sia più beata,

né che sia mai più grata

          al Redentore.

Non v’è Tempio d’onore,

sì prezioso, e raro,

che possa essere più caro

          al nostro Dio

Non ve Tetto sì pio,

né  men più sacrosanto,

già che de’ Santi il Santo

          l’ha abitato.

Non c’è altare più ornato

di più bel Reliquiario,

s’è tutto un Santuario

          da adorarsi.

Né in Terra può trovarsi

la più gradita reggia

dove abbia la sua seggia

          la gran Madre.

Dove l’Eterno Padre

spedì il suo Divino Figlio,

dopo l’alto Consiglio

          ivi seguito.

Dove fu definito,

 non poter l’Uomo salvarsi,

senza il Verbo incarnarsi,

          e poi morire.

Andiamo a riverire

Casa si generata

e Vergine inviolata

         ad adorare.

Ognun l’ha dà chiamare

per Madre del Signore

per riempirsi il core

         di virtude.

Ella, che al vizio chiude

con la sua man la via,

e dona l’alma ria

         la puritade.

Fa dono d’umiltade,

e rende casto, e bello

l’uomo che era già bello

          al Creatore.

Ciascun or con dolore

venga contrito, e pio,

sicuro d’aver Dio

           in compagnia.

Avrem buona la via,

avrem sicuro il viaggio,

e senza alcun disaggio

           arriveremo.

Ma quanto ben faremo,

se mentre camminiamo,

le laudi noi cantiamo

            di Maria.

Orsù con voce pia,

le laudi unitamente,

ma ben divotamente

            recitiamo.

Si recitano le litanie

Torniamo al nostro canto,

che senz’alcuna pena,

anzi con maggior lena

             n’anderemo.

Oh quanto goderemo,

se nel nostro viaggiare

saprem la mente alzare

              verso il cielo.

Là sì che senza velo

vedrem il Divin Padre,

vedrem la cara Madre

          del Signore.

Oh quale, oh quant’amore

ci sveglierà nel petto

la Madre del diletto

          nostro bene.

Se quaggiù ancor le pene

commuta in gran piacere

il poter sol vedere

           sua Casa pia.

Ma quando in compagnia

di tutti in Cielo i Santi

vedrem poi tutti quanti

           il suo bel volto?

Allor ci verrà tolto

dal cor ogni timore

dal corpo ogni dolore

           ogni tristezza.

Oh quando tal bellezza

della gran Donna in viso

vedrem il Paradiso,

           oh quando sia?

Basta dir che Maria,

pria d’essere concetta

fu dal gran Padre eletta,

           e destinata.

Per Pura, e Immacolata

Vergine insieme, e Madre,

di quello, a cui è Padre

           Iddio Signore.

Lo Spirto Santo Amore

l’elesse per sua Sposa

quindi tutta amorosa

           Egli la rese.

Perché in essa distese

di grazia ogni pienezza,

del Ciel ogni bellezza,

           ogni possanza.

Oh quanto sopravanza

di purità in candore 

la Madre del Signore

            tutt’i Santi.

Deh siam pur noi amanti

d’una sì gran Signora,

che tutto il Cielo adora

              per Regina.

A Lei ancor si inchina

il Mondo, e ‘l cupo Inferno

a suo grande scorno eterno

               da Lei vinto.

Così sia pur estinto

dentro del nostro cuore

ogni fiamma d’amore,

               che sia profano,

E’ ben di core infamo

chi non si accende tutto,

né si sente distrutto

                per Maria.

Ma se qua nella via

Sentiam tanto conforto,

che sarà poi nel porto,

            in vagheggiarla?

Poniamoci a contemplarla,

e con alzar la mente

pensiam divotamente

           a tal Signora.

Ella è la vaga Aurora

per lui comparsa al mondo

che lo rese giocondo.

           e tutto lieto.

Non v’è Mar più quieto

di Lei pia, e cortese,

ch’altrui placa le offese,

           e ‘l tutto puole.

Non c’è più chiaro Sole

di Maria si clemente,

che rischiara ogni mente,

           e fa pudica.

Non c’è Stella più amica

di Lei, che può scampare

noi dal turbato Mare

          senza Barca.

Non c’è Nave più carca

di Lei, che da lontano

il Pane a noi sovrano

          ben appresta.

Della Vergine questa

Non c’è più bel Giardino,

ove il Verbo Divino

          vi s’innesta.

Aura non v’è più fresca

della madre beata,

dove l’alma affannata

         si riposa.

Non c’è più vaga rosa

di Madre sì modesta,

che al puro amor ci desta,

          e vi ci infiamma

non c’è più viva fiamma

della sposa d’amore,

che abbruccia l’altrui core,

           senza pena.

Non v’è Terra più amena

della Vergine amante

dov’ogni cor costante

            si ripianta.

Non c’è più nobil Pianta

di Lei, che ci ha prodotto

quel Santo, e Divin Frutto

             del suo Figlio.

Non v’è più grato Giglio

della Vergine Madre,

ch’alle Verginee Squadre

             renda odore.

Non c’è miglior liquore

di Lei, ch’è il dolce Rio,

al qual bevette un Dio

              per noi nato.

E se Lei ce l’ha dato,

non v’è già maggior Bene

se dentro se contiene

               Iddio stesso.

Ad un tal riflesso

ciascun s’ha da infiammare

l’affetto a ravvivare

          in ver Maria.

Non c’è Sposa, che dia

come Ella nel suo viso

mostra di Paradiso

          a chi l’onora.

Meditiamo per mezz’ora

il suo merto, e le virtù

per amarla sempre più

          come dobbiamo.

Qui segue mezz’ora di divota Meditazione sopra le virtù della SS. Vergine così viaggiando

Or che diremo adesso

che abbiamo meritato,

e di Maria pensato

          le grandezze.

O grandi, o gran bellezze

o gran virtudi abbraccia

chi è piena della grazia

          il suo Dio!

Dì fu, dì fu cor mio,

e parla la lingua mia,

ciò che di Maria

           hai contemplato.

Dirò mi sono fermato

a pensar l’umiltà,

e la gran purità

          del di Lei core.

Che innamorò il Signore

a prender di lei in carne,

venire ad abitarene

            tra mortali.

Per liberar da mali

noi Peccatori tutti,

che andavamo distrutti

             dal Peccato.

Oh quanto ben ci ha fatto

La Purità sì monda,

e l’umiltà profonda

               di Maria.

A l’Lei grazie ne sia,

che sua mercé salvati

siamo per lei liberati

               dall’Inferno.

In eterno, in eterno

a Lei siam obbligati

Le dobbiam esser grati

               di tal bene.

Il sangue nelle vene

per Lei spender dobbiamo

se Lei di cuor amiamo,

                 e pur è vero

Che tutti da dove

all’lei tenuti siamo

del bene, che aspettiamo

                  lassù in Cielo.

Fu causa il suo gran zelo,

che presto discendesse

chi per Madre l’elesse

          quaggiù in terra.

Per Lei pur si disserra

al peccatore la gloria,

e a chi vuol vittoria

          vien concessa.

Ognun pure confessa,

che chi di lei la vita

col suo favore imita,

           si fa Santo….

E’ pur ver altrettanto,

che da pensieri carnali

La Purità sua vali

           a liberare.

Così per discacciare

La gran superbia altiera

l’umiltade  sua vera

            fu provata.

E chi l’ebbe invocata

delle colpe il perdono,

di castitade il dono

             ha ricevuto.

Anzi chi fu perduto,

e l’alma aveva dato

a Satana disgraziato

             ebbe la grazia.

Che tale fu l’efficacia

della Madre di Dio,

che il scolerato, e rio

             fu salvato.

Dunque da noi lodato

chi è il nostro caro Padre,

che del Figlio la Madre

         tanto onora.

Allegri stiamo pur ora,

e vada ciascun quieto,

ch’andiam verso Loreto

          alla sua Casa.

Sì sì alla santa casa

noi tutti i suoi divoti

i nostri umili voti

            offriremo.

Là sì supplicheremo

La Madre Santa, e Pia,

la Vergine Maria

              a farci i Santi.

Che s’ha salvati tanti

del suo Figliol nemici,

concederà agli amici,

               almeno un guardo.

Che quasi come dardo

chiediam nel nostro core

per fiamme del suo amore.

                 E nostra vita.

Ma perché sia esaudita

la nostra umile preghiera,

de’ Santi la gran Schiera

                  invochiamo.

Le loro laudi cantiamo

con vera divozione

e con questa intenzione

           di pregarli.

Anzi di supplicarli

lodato per noi Maria,

e in nostra compagnia

          riverirla.

Qui si cantano le Litanie de’ Santi con tutte le Preci ed Orazioni.

Or chi abbiam riposato,

e d’altro già discorso

torniamo al nostro corso.

           In ver Maria

abbrevierà la via

né sentirem stanchezza

se la di Lei grandezza

            esalteremo.

Oh quando giungeremo

a quella Casa Santa,

oh quanta gioia, oh quanta

              proveremo.

Assai ben più godremo,

che nel vedere Paesi,

Città, Monti scoscesi,

               e Valli, e Mari.

Questi scorran  gli avari,

che cercano novitadi,

per noi sono vanitadi

                da vedere.

Tutto il nostro piacere

è poter arrivare,

è poter adorare

          il Sacro Tempio.

Sarebbe ben un empio

chi per vederla via,

e non sol per Maria

            là n’andasse.

Piuttosto si levasse

costui di compagnia

di chi corre a Maria

             per sol amore.

E pur un grand’onore

ci fa Nostra Signora

s’ella fra poco d’ora

              noi abbraccia.

Tra le sue care braccia

In sua Casa paterna,

che sarà forsi eterna

               ancora in Cielo.

Abbruggi il cor di zelo,

si pongan l’ali al piede,

si voli sin si vede

                 il Sacro Tetto.

Oh qual, oh qual diletto

aspetta il nostro interno

nell’albergo materno

                   del Signore.

Per passar presto l’ore

del santo cammin nostro

chiediamo l’aiuto vostro

                     o gran Reina.

La carità sì fina,

che verso ognun mostrate

a noi or non negate

          o Madre Santa.

Se la speranza è tanta

che tutti in Voi abbiamo

che tutto noi speriamo

            d’ottenere.

Il vostro gran potere

sopra di noi stendete,

che venir ci vedete

             al vostro albergo.

Ci servirà d’usbergo,

la vostra Protezione

in qualunque occasione

              si presenti.

Mentre noi siamo intenti

a questo santo viaggio

senza curar disaggio

               a vostr’onore.

Tu ancor Gesù Signore

in grazia di Maria

aiutaci per via,

                in ogni passo.

Che no viaggiam per spasso,

bensì con fede santa

per la tua Madre Santa

                 riverire.

E tu vieni ad aprire

o Gabriele letto

il sentier più perfetto

         per Loreto.

Se là scendesti lieto

A recar la novella

alla gran Verginella

          fatta Madre.

Colà l’Eterno Padre

ti spedì Messaggiero

il tuo Divin pensiero,

           a noi salvare.

Ti preghiamo preservare

La vita nel cammino

e l’aiuto Divino

            ad impetrarci.

Intanto a sollevarci

dal lungo camminare

potrem noi recitare

             alcun Rosario.

Così ci parrà vario

l’andare che facciamo,

e in tanto meritiamo

               per il Cielo.

Ha dunque con buon zelo

Maria salutiamo,

e i Mister pensiamo

                 Gaudiosi.

E dopo i Dolorosi

ancor m’eviteremo,

e poi seguiteremo

                  i Gloriosi.

Qui si recita in una, o più volte l’intiero Rosario della Beata Vergine.

Dopo pranzo verso sera si segue.

Ormai s’appresta sera

e noi Maria ancora,

colla sua Casa ogn’ora

          veneriamo.

Ricorso a Lei facciamo

acciò senza mestizia

finiamo, Lei propizia

          la giornata.

A fin che sia impiegata

intiera per suo amore

cantando in tutto l’ore

          le sue lodi.

La notte, e ‘l dì t’applaudi

La Terra, e ‘l Ciel t’onori

La Luna, è ‘l Sol che t’indori

          o Santa Casa.

O Sacra, o Santa Casa,

quando sia mai quel giorno

ch’in te te facciam  soggiorno,

           e t’adoriamo.

PrOstrati veneriamo

le tue sacrate mura

acciò la mente impura

           ci compungi.

Da noi fa che sia lungi

del cor ogni durezza

acciò la tua bellezza

          ci innamori.

Da noi gli scacci gli errori,

da noi tolga i peccati

perché santificati

            noi entriamo.

E visitar possiamo

la nostra Albergatrice,

cogn’alma peccatrice

             al Ciel converte.

Sì,sì vedrem aperte

le braccia di Maria

per stringer l’alma mia

              nel suo seno.

Il nostro cor ripieno

di quanta festa, oh quanta,

in quella Magion Santa

               sentiremo.

Né pur parlar potremo

per la grande allegrezza,

e per la gran dolcezza

                proveremo.

Beati allor saremo

in Casa di Gesù,

bramar non potrem più

                  noi quivi in terra.

Là la si finì la Guerra,

là dentro si fe pace

tra Dio, e l’Uomo audace

          per Maria.

La pace con noi sia,

godremo un Paradiso,

se Lei con lieto viso

          ivi ci mira.

Ad essa il cor sospira,

ma se tramonta il Sole

noi alla Madre, e Prole

          diam saluto.

La bella Pianta, e ‘l Frutto

adorerem cantando

qualch’inno recitando

          in lor onore.

Si può dir con fervore

l’inno Ave Maria Stella

a chi si chiamò Ancella,

ed è Signora.

Qui si canta divotamente: Ave Maris Stella.

Per la mattina seguente, e per due altri dì servirà il resto che segue da cantarsi interpolatamente

Ne’ nostri primi passi,

che diam questa mattina,

La Stella Mattutina

          salutiamo.

Adunque che invochiamo

Madre del Creatore,

Madre del Salvatore

          Madre possente.

Tu sei ancor Clemente,

tu sei Inviolata,

sei Intemerata,

           e di gran Fede.

Ognun perciò ti crede

degna da venerarsi,

degna da predicarsi,

            e d’ogni onore.

Verso di Sant’Amore

sei specchio di giustizia,

causa d’ogni letizia,

             e d’Orazione.

Vaso di divozione,

Madre di Puritade,

Madre di Castitade,

             e tutta pura.

Veniam alle tue Mura,

ch’è Casa tutta d’Oro

essendo tu il Tesoro

             che in sé vanta.

Tu sei la Terra Santa,

in segno Tu di Pace;

la Scienza più verace

              in te risiede.

Beato chi possiede

Te Madre d’ogni Grazia,

ch’hai tutta l’efficacia

            presso il Figlio.

Mentre che in questo esiglio

al Peccatore dai mano,

l’infermo Tu fai sano,

          ognuno aiuti.

La sorte ancor tu muti,

 se tu con tanto zelo,

fatta Porta del Cielo,

           i Rei accetti.

Rendendoli tu netti,

e al Signor ben grati

dalle colpe purgati,

            e non più immondi.

Tu degli Angeli mondi,

de’ Patriarchi santi,

e de’ Profeti tanti

             sei Reina.

A te pure s’inchina

l’Apostolico coro,

i Martiri anche loro,

              e i Confessori.

Le Vergini, i Dottori,

e tutti in Ciel gli eletti,

tuoi Servi sono costretti

               a nominarsi.

Noi prima di inoltrarsi

ti supplichiamo divoti

gradire i nostri voti,

e le preghiere.

Al Nord con grande piacere

faremo il nostro viaggio

né temeremo disaggio,

           o pur stanchezza

O con quant’allegrezza

verremo a Te Maria,

se in questa nostra via

             ci farai guida.

Ciascun di noi s’affida

alla tua Protezione,

e con gran Divozione

               ora ti chiama.

Mentre ogni cor ti brama,

ogni lingua  t’implora,

ogni mente t’adora,

                 ognuno t’ama.

S’accende sì gran fiamma

dentro de’ nostri petti,

che fa, ch’ognun s’affretti

                   nel cammino.

Quel gran Tempio Divino,

quella Magion si santa,

oh quanta pena, oh quanta

                    al cor ci mette.

Mentre ciascuno riflette

dal tanto lungi stare,

ch’al cor si vien tardare

                     il suo diletto.

Veder quel Sacro Tetto,

quelle Mura Beate,

quelle Statue Sacrate

                      di Maria.

Precorre il cor la via,

e là giunge veloce,

ove né men la voce,

          ancor arriva.

La speme in tanto avviva

Il nostro cor gelato

all’Oggetto Beato,

           che bramiamo.

A te la mira abbiamo,

che a tutti sei conforto,

in questa vita Porto

            di salute.

Oh quant’alme perdute

furon per Te salvate,

ed ora son Beate

             in Paradiso.

A noi rivolgi il viso,

a noi la mano stendi,

e ‘l nostro pié difendi,

               e fa felice.

Di Dio tu Genitrice,

tu Verginella, e Madre,

Figlia del Divino Padre,

               e fatta Sposa.

Del Santo Amor, che posa

Nell’Anima diletta,

di niun peccato infetta

               e Immacolata.

Non è di cor umano

chi non rivolge il piede

là dove ebber sua fede

               Gesù, e Maria.

Dov’eran stati i pria

ripieni di favori

i santi genitori

          di Maria.

La dentro umil, e pia

col Figlio, e col suo Sposo

con tratto rispettoso

            Ella se ne stava.

Ivi pur allevava

il suo Figlio la Madre,

e lo offriva al Padre

             ben di cuore.

Là dentro sì ‘l Signore

Ancor picciol Bambino

il suo Corpo Divino

              tormentava.

Là dentro  meditava

nel suo pensier interno

come il suo Padre Eterno

                placar dovea.

Per la Natura rea

dell’uomo disordinato

per cui s’era incarnato

                 in essa Casa.

La Madre persuasa

dal sospir del Figlio,

dall’inarcar del ciglio

                  ch’ei faceva.

Anche ella pur piangeva,

e al pianto del Figliuolo

univa anche il suo duolo

           e i suoi sospiri.

Là dentro i gran martiri

d’amara sua Passione

della Crocefissione

          aveva in mente

Gesù l’Onnipotente,

che là prostrato orava,

per l’Uom colà pregava

          del perdono.

Di là giungeva il suono

delle sue voci al Cielo,

e dal Divin suo zelo

           eran tirati.

Ivi I Spiriti Beati

a vagheggiarlo in viso

più bel del Paradiso

           ivi veduto.

Gesù riconosciuto

costretti eran fermarsi

là dentro, e seco starsi

            e non partire.

Bensì d’amor languire

languir con lor Maria,

e seco in compagnia

            ancor Giuseppe.

E chi trovar mai seppe

quaggiù più bel ricetto,

se non quel Sacro Tetto,

            ch’albergo diede,

a chi nel Ciel risiede,

alla sua Madre Santa

ad una parte tanto da

di sua Corte?

          Oh ben felice sorte,

se là, giunger potiamo

e se là dentro entriamo

           oh fortunati.

Oh bene avventurati,

se siamo fatti degni,

di porre i piedi indegni

            in quella stanza.

N’abbiamo la speranza,

ma entrar sotto quel Tetto

fa il cor tremare in petto

             al Peccatore.

Oh Dio! Con quale orrore

calcar l’orme di Cristo,

chi sino ad or fu tristo

               e cieco, e insano.

Dunque con pié profano

calcar dovrem que’ sassi,

che impresser co’ suoi passi

                Gesù, Maria?

Nò nò, si scacci pria

dall’alma ogni peccato,

ognun così sia grato

                  al nostro Dio.

Che il cor contrito, e pio

Là dentro lascia entrare,

per ivi contemplare

                   i gran Misterj.

Gli arcani occulti, e veri,

per cui siamo presenti,

e dagli eterni stenti

          liberati.

Là dentro dispensati

dal Ciel sono tutti doni,

di là gli Eletti, e i Buoni

           escono Santi.

Oh quanti entrati, o quanti

seguaci pria del mondo

n’uscirono col cor mondo

            più perfetto.

Anzi Santo, è perfetto

ripieni sol d’amore

verso del lor Signore

             e Madre Santa.

Oh Sacra Casa, o Santa

da lungi a te veniamo,

da lungi t’adoriamo,

             e chiediam grazia.

Vedere a faccia, a faccia

dopo sue mure sacre

Gesù con la sua Madre

              in Paradiso.

Vedere a viso, a viso

il Facitor superno,

il Ciel tutt’in eterno

              Ognuno prega.

Giacché nulla Dio niega

di quel, che in te si chiede

dal Pellegrin con fede

               per Maria.

Noi tutti in compagnia

ti riveriamo Signora,

tu rilucente Aurora,

          e Sol nascente.

Tu detta anticamente

Grand’Albero della Vita,

bella Verga fiorita,

            e Campo ameno.

Chiamata Ciel sereno,

tu Scala misteriosa,

tu pur mistica Rosa,

            Roveto ardente.

Tu Nube risplendente,

tu Sacrosanto Monte,

tu cristallino Ponte,

            e Porta chiusa.

Arca di Grazia infusa

Reina tu famosa,

Giuditta vittoriosa

              del Dragone.

Tu Vel di Gedeone,

del Tempio l’Edifizio

altar del sacrifizio

               Verga di Jesse

Sotto queste ombre espresse

bella Madre d’Amore

lo Spirto del Signore

                Tua bellezza;

Di grazia alla pienezza

Verginità feconda,

Tua luce, che s’nfonda

          in ogni mente.

Poter sopra ogni gente,

dominio in Ciel, e in Terra,

e fin dove si serra

          il cupo Averno.

Lodiam tutti in eterno

sì grand’Imperatrice

di Dio Genitrice,

          e Figlia, e Sposa.

Sin che il nostro piè posa

nella sua Casa stessa,

ov’ella  genuflessa

            orò più volte.

E le sue preci accolte

dal suo Figliuol Bambino,

col suo merto divino

            al Ciel offriva.

Dov’Ella pur soffriva

vedere un Dio fanciullo

a servir di trastullo

           al buon Giuseppe.

Dove questi ancor seppe

i più segreti arcani

da Spiriti Sovrani

             rivelati.

Dove  lor tre profeti

a santa, e frugale mensa

fiamma d’amore intensa

             li cibava.

Dove Gesù parlava,

dove Giuseppe udiva,

e la madre gioiva

          in tanti affetti.

Quindi d’ognora i petti

freddi, ed agghiacciati

là dentro appena entrati

           son accesi.

Da Sant’Amor sono presi,

dal respirar quell’aura,

là dentro si restaura

              il Pellegrino.

Dunque presti al cammino

per tosto possedere

quanto si può godere

               quaggiù in Terra.

Nel Tempio, ove si serra

il maggior Reliquiario,

il Sacro Santuario,

                e Magion Santa.

Oh quanta gente, oh quanta

là dentro troveremo,

e piangere noi vedremo

                  per Amore.

Quanta con gran dolore

sacro suol prostesa,

detestare ogni offesa

                  a Dio fatta.

Quanta poi soddisfatta

davvero pure adorato,

baciato e ribaciato

il Sacro Luogo.

Cercare al suo cor sfogo

con novi baci, e pianti

dentro que’ muri santi

          ancor languire.

Quanta nel suo partire

volgere a dietro l’occhio,

e in terra col ginocchio

          là gridare.

Vuole il mio cor tornare

senza restarmi in petto

al Sacrosanto Tetto

           di Maria.

Sen torna l’Alma mia

in quella Casa Santa,

ov’ebbe gioia tanta

           entro que’ muri.

Avrem noi cor sì duri,

che non bruciam affatto,

che non resti disfatto

            il corpo intero.

Al bel sguardo primiero

della Stanza Divina

si dia a cor la mina

            e n’esca fuori.

E senza far dimora

precorra i nostri passi,

e ratto entro que’ sassi

Maria ador i.

Indi ritorni fuori

di quel sacro rigetto,

e ci ritorni in petto

ad abbruggiare.

Hor su su a camminare

s’ella mirar vogliamo,

s’ella adorar bramiamo

          di preferenza.

Ahi che gran veemenza

d’affetto al cor sentiamo

cantar più non possiamo

il cor si serra.

Al primo vedersi da lungi la Copola della Santa Casa si canti in ginocchio.

Presto il ginocchio a terra

a terra, a terra Amici

o quanto siam felici

          ecco Loreto.

Ecco sì mostra a deto

La Casa di Maria

il fin di nostra via

           il Ciel sereno.

Cantiam a coro pieno;

da lungi ti miriamo,

a te noi sospiriamo,

           o Santa Casa.

Oh sacra, o Santa Casa,

di qua ci veneriamo

di qua noi ti inchiniamo

            ben di core.

E tutto il nostro amore

a te noi tributiamo,

prostrati  t’adoriamo

o Santa Madre.

Si levi in piedi, e camminando si prosiegua.

Rendiamo grazie al Padre,

al Figlio, al Paracleto

al Luogo di Loreto  

          siam vicini.

Allegri, o pellegrini,

che il resto del sentiero

ci sarà assai leggiero

           più che prima.

Qui sì perdiam la rima

in questo nostro canto

mentre Loreto Santo

           ci sta in vista.

Qui sì nessun s’attrista

dal lungo camminare,

ma ben vorria volare

            al Sacro Tetto.

S’accende il fuoco in petto,

ci abbrucia in petto il core

dalla fiamma d’amore

             in ver Maria.

Nessun lo crederìa

quanto si goda adesso,

che si vediam d’appresso

alla sua Casa.

O Santa, o Santa Casa,

nostro conforto, e vita,

or or è pur finita

          la via nostra

Di novo ognun si prostra

a terra co’ ginocchi,

e con le lacrime agli occhi

           ben t’adora.

Oh quando sia quell’ora

che al santuario giunti

nel cor tutti i compunti

            ne restiamo.

Allor sì che vogliamo

baciar que’ Sacri Muri

che da Maria sì puri

             furon resi.

Allor sì che prostesi

su quel sacrato suolo,

la Madre, e lì il Figliuolo

              adoreremo.

A loro afferiremo

i nostri passi, e ‘l viaggio

ogni stento, e disagio

              avrem sofferto.

Ma quest’è poco certo

s’ancor il sangue, e vita

con che pur sia gradita

               non si doni.

 E pregarem perdoni

dal Ciel l’Eterno Padre

pe ‘l Figlio, e per la Madre

           a noi gli errori.

Che raggi, e che splendori

di sante illustrazioni,

a noi sia che si doni

          da Maria.

Giunto ciascun che sia

là dentro ad adorare

vorrebbe ognuno spirare

           e non uscire.

Vorrebbe ognuno morire

in quel Sacro Ricetto,

dove Gesù concetto

            prese carne.

Vorrebbe ognun restarne

là dentro seppellito

là dentro incenerito

            dall’amore.

Or dentro il nostro core,

qual fiamma ne discende,

o qual ardor s’accende

             in santi affetti.

O s’apriranno i petti,

o bruggieranno i cori

a sì focosi ardori

             Verginali.

O d’onde tanto vali

o Casa Sacrosanta,

ch’accendi fiamma tanta

             sol veduta?

E che sia poi goduta

nel Santuario interno,

dove l’Amore superno

          si diffonde?

O quanti doni infonde

in grazia di sua Sposa

a quell’alma amorosa

            ch’ivi trova.

Questo da noi si prova,

che là solo al mirare,

sentiam a liquefare

              i sensi nostri.

S’abbruggia pure i mostri

delle fiere passioni,

delle varie affezioni,

                che in noi sono.

Questo chiediamo in dono,

per questo a te veniamo,

affinché diventiamo

                  tutti santi.

Sarà questo tra i vanti

delle grazie maggiori

far santi i Peccatori

                  al sol mirarti.

Possiamo ben consacrarli

Le brame, e ti i sospiri

del nostro cor martìri

                   o Santa Casa.

Oh Sacra, o Santa casa

alziamo le pupille

ben mille volte, e mille

                    al Sacro Tetto.

A quel felice aspetto

ciascuno ne vien meno

dal gaudio di ch’è pieno

           per Maria.

Ognun sol tacerìa

per concepir grand’atti,

per offerir gran fatti

          di virtudi.

Fiasco dunque si studj

e si prepari avanti

all’esempio de’ santi

          e or tacciamo.

Ma che tacer? miriamo,

se siamo giunti in tanto

al Luogo Sacrosanto,

          ecco le Mura.

O Casa Santa, e pura

noi siamo qui ben umiliati,

di nuovo a Te prostrati

          T’adoriamo.

Qui sì imprimer vogliamo

in quelle pietre i baci

testimoni veraci

          dell’interno.

Qui si col pianto esterno,

dopo fermati passi,

laverem questi sassi

          qui d’intorno.

Qui si di notte, e giorno

nostri cor amorosi

sospiri ben pietosi

           manderemo.

Qui sì si sentiranno

gli affetti, le preghiere,

che con sommo piacere

           offeriremo.

Qui sì supplicheremo

La madre e il divino figlio a donarci del giglio

            dell’onestade.

Fervor di caritade

al prossimo, e a Dio

chiediamo con cor ben pio

              da Maria.

L’altra virtude sia

un’umiltà profonda,

che dentro il cor s’infonda

               dal Signore.

Poi tolga ogni malore,

che il corpo ci molesta,

e dal servirlo arresta,

                e dal lodarlo.

Ne ci scordiam pregarlo

ancor per i Congiunti,

se vivi, che defunti

                 noi abbiamo.

Qui il canto terminiamo

per ben sfogare gli affetti, ch’abbiam nei nostri petti

                  in ver Maria.

Quando si sarà o appresso, o sull’Atrio del Sacro Tempio si canterà con tutto giubbilo di cuore, come segue.

Ognun ami Maria,

ogni lingua alla Lodi,

ognuno in tutti i modi

          a Lei si dia.

Dica ciascun, Maria

tu sei conforto mio,

liquefarmi desìo

          al tuo aspetto.

Si strugga questo petto,

s’incenerisca il core

dalla fiamma d’amore

          verso Te?

O Dio beato me,

s’arder potessi canto,

ch’avessi gloria, e vanto

morir per Te?

O Dio beato me,

se qui arrestar finita

potesse la mia vita

sol per Te?

O Dio beato me,

se con quivi morire,

al Ciel potessi gire

a veder Te?

O Dio beato me,

Ahimé ch’io moro, e spiro,

perché con un sospiro

          non vengo a Te?

O Dio beato me,

Che certo vuol morire,

né vuol di qua partire,

           e lasciar Te.

O Dio beato me,

ti chiedo al fine Maria

spirar or l’Alma mia

             in grembo a Te.

O Dio beato me,

o Madre, o Figlio ancora,

deh frate, che in quell’ora

             in Voi io spiri.

Dopo nel partire da Loreto, e nel ritorno a Casa.

Noi siamo i Pellegrini,

che torniamo da Loreto,

col cor tranquillo e quieto

          a Casa nostra.

Ma sin che a noi si mostra

da lungi il sacro tetto

ci salta il core in petto

              per dolore.

Ci risospinge amore

indietro ritornare

l’albergo a visitare

          di Maria.

Amara ora è la via,

e poco abbiam conforto

per esser fuor del Porto

           ov’eravamo.

O quanto volevamo

in quella casa Santa

dove con gioia tanta

           siamo stati.

Oh bene avventurati

Son stati i cori nostri,

ognun quivi si prostri

            e s’inginocchi.

E rivolgendo gli occhi

con dare un sguardo lieto.

miriamo ancor Loreto

            da vicino.

Con umìle inchino

la Santa casa onori

poi la Vergine adori,

            e la saluti.

Qui sì prostrati tutti

il Tempio benedetto

con rIverente affetto

            veneriamo.

A te ci rivolgiamo

o Madre intemerata

da tutti venerata

             T’adoriamo.

E pria che ci partiamo,

ti ridoniamo i cori,

acciò Tu gl’infervori

          e ti lasciamo.

Ma che linea proviamo

a slontanare il piede

da quella Santa sede

           di Maria.

Orsù partiamo via,

perché, finché si veggia

quella sacrata Regia

            qui staremo.

Nel un passo pur daremo

a proseguire il viaggio

fin che il divino Palagio

             abbiamo in vista.

O quando mai attrista

il non più rivedere,

nè poté più godere

              il dolce aspetto.

Il sacrosanto tetto,

che l’alma ci ha rapita

e di novo c’invita

                a lui tornare.

Non lo potiam scordare,

e fin che viveremo

in desiderio avremo

                 ivi tornare.

Ma se vogliam quietare

un po la nostra mente

preghiam divotamente

           e andiam cantando.

Kyrie, etc

Dopo poi a tempo.

Noi siamo i Pellegrini,

che a casa ritorniamo

dopo veduto abbiamo

           la Casa di Maria

Dolce sarà la via

con la memoria grata

dìaver noi visitata

            Casa Santa.

Davvero con gente tanta

là dentro venerata,

e di cor adorata

            Nostra Dama.

Che Mondo tutto l’ama,

e là corre pietoso,

e tutto ossequioso

             ad inchinarla.

Chiediam pur noi d’amarla

essi si mantenga acceso

l’amore, che c’è disceso

             dentro il petto.

Là sotto il sacro Tetto,

dov’arse nostro core

presso dal Sant’Amore,

              che ci ardea.

Ho quanta forza avea

quell’amato Ricetto

a muovere ogn’affetto

          dentro i cori.

Se il sol mirar di fuori

que’ sacrosanti muri

i petti anche più duri

             intenerisce.

Il Turco, e il Mor mugisce

per aver loro in faccia

Forte di sì efficacia

              sopra il mare.

Quell’è quel Sacro Altare,

quell’è quel divin Tempio,

che bramerebbe l’empio

                sradicare.

Le inviò perciò, a donare

quelli Cereo veduto,

con che volea distrutto

                il Santo Luogo.

Ma non ebbe il suo sfogo

il Cereo artificiale,

che da mano virginale

                venne estinto.

Così con scorno vinto

fu l’Ottoman sgraziato,

che invano avea tentato

                  sì gran male.

O quando, o quanto vale

del Ciel l’Imperatrice,

di Dio la Generatrice

                   tutto puole.

Ottiene quant’Ella vuole

pietosa co’ suoi servi,

terribile a’ protervi

         si dimostra.

Ell’è l’Avvocata nostra,

ancor è nostra Madre,

dell’Inferno le squadre

         non temiamo.

Basta ci ricordiamo

di quanto abbiam veduto,

di quanto abbiamo goduto

          in quella Stanza.

Oh quanta, o qual speranza

dobbiamo noi avere

d’essere sempre a godere

           Maria in Cielo.

Lassù senz’alcun velo,

se qui ci ha graziati,

accolti, e di albergati

           in propria Casa.

S’ha da venir persuasa

La nostra compagnia

della Madre Maria

           esser diletta.

E dal suo Figlio eletta

per sempre al Paradiso

a vagheggiare in viso

           il nostro Bene.

Lungi timor di pene,

lungi timor d’oltraggio

in questo santo viaggio,

           che facciamo.

Per Protettrice abbiamo

chi debellò l’Inferno,

e chi del Verbo Eterno

          è Genitrice.

Abbiamo protettrice

chi in qual strada si sia

sarà per ogni via

          nostra Guida.

Sempre potente, e fida

a buoni Pellegrini;

dunque ciascun cammini

           allegramente.

S’abbiamo del Mar lucente

per luminosa Stella

Maria Vergine bella

            senza uguale.

Vergine trionfale,

sicura, e fida scorta,

che al Ciel l’Anima porta

             ove riposa.

Con voce lagrimosa,

e con alti sospiri

ver noi preghiam, che giri

             i dolci rai.

Se là de’ nostri guai

cessaron le tempeste

quando il Nunzio Celeste

Ti diè pace.

Se là il Verbo verace

unì l’Umanitade

con la sua Deitade

          e in Te discese.

Madre dunque cortese,

mentre sei nostra spreme

spezza l’aspre catene

          a i peccatori.

E se chi fuor d’errore

guida alla chiara luce,

che al Porto ne conduce

          di Salute.

Tu pur ogni virtute

c’impetra dal tuo Figlio

e qualunque periglio

          da noi scaccia.

E Madre esser ti piaccia

nostra benigna, e pia,

a buona, e dritta via

          per condurci.

In tanto per ridurci

noi ben a camminare

poniamoci a meditare

          per mezz’ora.

Come sì gran Signora

tante grazie comparte

a chi da casa parte

          a visitarla.

E va per adottarla

con invocato affetto

dentro quel Sacro Tetto

          di Loreto.

Ognuno pur stia cheto

nella meditazione,

per far questo Orazione,

          he sia grata.

O madre Immacolata,

che da noI li l’accetti

riempia i nostri petti

          di sua grazia.

A fin ch’abbia efficacia

appresso l’alto Dio,

che sempre ci sia pio

           in vita, e in morte.

Qui segue la Meditazione, e poi a tempo si segua.

Noi siamo i Pellegrini,

che da Lorè veniamo,

e a casa ritorniamo

             tutti lieti.

La grande divozione,

che ci ha nel cor stillato

quel Luogo sì sagrato

             di Maria.

Ogni dover vorria,

ogni ragion pur vuole

si faccia quel che si puole

              per suo amore.

Che sempre intatto il core

si tenga dal peccato,

e sempre immacolato

               si conservi.

Così farem suoi servi,

così saremo grati

a chi ci ha graziati

          del suo affetto.

A chi si diè ricetto

nella sua propria Stanza

per darci la speranza

          esser Beati.  

Felici, e fortunati

saremo noi da per tutto,

se conserviamo il frutto

          della grazia.

Che pur Maria procaccia

A chi l’ama di core

dal suo Figlio, e Signore

          Gesù Cristo.

Sarebbe ben un tristo,

se alcuno fra noi si dasse

che mai più s’imbrattasse

          in alcun vizio.

Oddio acqua al supplizio

sarebbe condannato,

che fosse stato in grado

           ver Maria.

Ahimè chi ‘l crederia

che alcun mai più potesse,

che alcun di noi volesse

           ancor peccare.

Piuttosto consacrate

a Lei, ch’è inviolata,

 l’alma Se gli è donata

           col morire.

Ma chi potrà ridire

le illustrazioni, e i lumi,

che per mutar costumi

          abbiamo avute.

Le garanzie ricevute,

i doni dispensati,

i guai, che ci ha levati

           là in Loreto.

E quel, ch’è poi segreto,

che si ha il Signor donato,

e il male ci ha levato

           nell’interno.

In vita, e in eterno

(Se pur non siamo bruti)

noi siam tutti tenuti

            ad esser Santi.

Adunque tutti quanti

stiam lungi dal peccato,

dal mondo scelerato,

             e traditore.

Si tenga puro il core

purgato con la mente

col vivere innocente

              da per tutto.

Altrimenti perduto

avrem quanto s’è fatto,

e tutto in un sol tratto

              gettaremo.

Ma che poi dir potremo,

se al Divin Tribunale

La Madre Virginale

          ci rinfaccia.

Abbiam persa la grazia,

ch’al singolar favore

c’impetrò dal Signore

         nel Sant’Ospizio.

Di sì gran benefizo

allor trovati rei

saremo co’ Giudei

         ancor dannati.

A’ suoi i figli uomini armati

Maria giammai permette,

che Gesù li rigette,

          e da se scacci.

Ognun sforzo si facci

di vincer bene se stesso,

di riformare ben spesso

          la sua vita.

Veder se ben s’imita

La Vergine in virtude,

se al senso il cor si chiude

          e il vizio fugga.

Se il proprio amor si strugga,

se la mente sgombrata,

se la lingua purgata

          si ritrovi.

Così ciascun si provi

Con supplicar in  tanto

il Ciel per esser Santo

          sin’a morte.

E per l’aiuto forte,

di cui noi bisogniamo

adesso ricorriamo

          a tutti i Santi.

Su su per tutti quanti

lo spirto al Cielo alziamo

le lor laudi cantiamo

          ad alta voce.

Qui si cantan le Litanie dei Santi con le PrecI, ed Orazioni.

Poi a tempo si seguita.

Noi siamo i Pellegrini,

che andiamo così cantando

a casa ritornando

            a Loreto.

Oh se mostrarlo a deto

potessim pur ancora,

e mirarlo tuttora

            da lontano.

Ma ciò riesce vano

perché siam già scostati

da que’ Muri Sacrati

             di Maria.

Se seguiam pure noi la via,

e ci serva di sfogo

narrar del Santo Luogo

              i gran portenti.

Far ch’ognun sappia, e senti

e il Mondo tutto intenda

a qual gloria s’estenda

           il Sacro Tetto.

Di cui degno concetto

nè mente può formare,

né lingua può narrare

            che sia abbastanza.

Se ogn’altro luogo avanza

per il Mister più fino

che Iddio uno, e Trino

            v’ha operato.

Se allor fu consacrato

nel più prezioso Tempio,

che quaggiù senz’esempio

            Ei s’era eletto.

Se affin non sia negletto

con sforzi onnipotenti

senza dei fondamenti

           il fe portare.

Per aria, e sopra il mare

senza che un sasso solo

dei Muri o pur del suolo

           si muovesse.

Dopo i Schiavoni elesse

una Selva d’Ancona

di Nobile Matrona,

           e fu Lauretta.

Non già per sempre eletta

(Che vi dimorò poco)

ma se mutò poi Loco,

           fu la Marca.

Dove qual nobile Arca

per memoria di pace

per scudo contro il Trace

          fu lasciato.

E ‘l Luogo fu chiamato

la terra di Loreto.

Che per divin segreto

           è destinato.

Ad essere venerato

per quella Santa Casa,

la gente persuasa

            ivi portarsi.

Convenne fabbricarsi

non solo un’ampia chiesa,

che tien dentro compresa

             la Magion Santa.

Ma dalla gente tanta,

che là volle fermarsi

ebbe ad edificarsi

              una Cittade.

Che splende in Sanitade,

che tutta pietà spira,

e il Pellegrino ammira

               come un Cielo.

Là tratte sono dal Zelo

da pura di divozione

genti d’ogni Nazione,

                d’ogni Paese.

IL Gal,  l’Indo, e l’Inglese,

l’Armeno, e l’Africano,

l’Arabo, Moro, e Ispano,

                 e ‘l Mondo tutto.

Ogni popolo istrutto

di qua, di là dal Mare

dov’il Sol va a spuntare,

           e dove scende.

Ne sesso pur s’attende,

etade o pur lingnaggio,

di Natali legnaggio,

           o Dignitade

Là va la Povertade

Là van ricchi Mercanti;

là vanno i Benestanti,

           e i doviziosi.

Soldati, e Religiosi,

Gran Principi, e Prelati,

Monarchi; e Porporati

           colà vanno.

E fin dal Vaticano

di Cristo i Successori

hanno per gran favori

            là portarsi.

Oh quanto d’ammirarsi

incontrando per viaggio

Genti con Equipaggio

            e gran Reine.

Che fuor del lor confine

lasciato in abbandono

portando ricco dono

             son uscite.

Andando umili vestite

in abito negletto

al Sacrosanto Tetto

             di Maria.

Udirsi poi per via

cantar tutto giulivo

 allegro, e ben festivo

          il Pellegrino.

Ma in giungere vicino

a quelle Mure Sagre

veder le genti a squadre

          tutte in pianto.

Oh quanto move,oh quanto

ognun assunse spiegare,

ognun a lagrimare

           d’allegrezza.

Ma quanta tenerezza

d’amor affettuoso,

di cor tutto pietoso

             poi si sente.

Là nell’entrar la gente

dentro il Sacro Ricetto

nel mirarne l’oggetto,

             che si ama.

Si sveglia più la brama

in noi di ritornare

di nuovo a venerare

              quella Stanza.

Ahi dolce rimembranza,

ma che ferisce il core,

e la piaga d’amore

               ancor rinnova.

E certa  pur far prova

che noi tronchiam la via

per tornare a Maria

          di Loreto.

Sì, sì, farà sì inquieto

il cor, che in sen abbiamo

sin tanto ci troviamo

          in questo viaggio.

Dov’ha provato un saggio

diciamo del paradiso

nel vagheggiare in viso

         l’alta Signora.

Oh se potessimo ora

tornarla a rivedere

oh che grato piacere

          ognun avrebbe?

Che giubbilo godrebbe

che sol qui dimorare

potesse per mirare

           la Santa Casa.

Oh sacra, o Santa casa

tu sei la calamita,

che con gioia inaudita

           rapisci i cori.

Tu fai comparire fuori

gli affetti più segreti,

che stavan dentro quieti

            in mezzo al petto.

O Sacrosanto Tetto,

o Casa d’Orazione

Tempio di Devozione

            onor di Dio!

Col cor umile, e pio

di nuovo ti inchiniamo

ancor ti riveriamo

          sulla via.

A Madre Maria

di nuovo ci volgiamo

di nuovo ti adoriamo

           qua prostrati.

E dopo in pié levati

seguiam ben il cammino

ma ‘l cor a Te  vicino

            noi torniamo.

E senza cor andiamo

poiché l’abbiamo lasciato

nell’albergo Sacrato

             di Tua Casa.

Oh sacra, Santa casa

l’Alma non ci rapire

se il viaggio proseguire

             noi dobbiamo.

Acciò ci divertiamo

dal Sacro Santuario

recitiamo il Rosario,

             unitamente.

Ma con attenta mente

che vengan meditati

i misteri operati

             là in quel Luogo.

Avranno così il suo sfogo

nostri cor amorosi,

i Misteri Gaudiosi

             meditando.

E dopo recitando

i detti Dolorosi

gli amori più pietosi

          ne usciranno.

Poi fuori ne verranno

i giubbili più veri

meditando i Misterj

           Gloriosi.

Alcun parlar non osi

per questo poco d’ora,

acciò nostra Signora

           noi ascolti.

A Lei dunque rivolti

con l’attenzion più fina

diciam Salve Regina,

            e cominciamo.

Qui si dice tutto il Rosario in una, o più volte a beneplacito.

Noi siamo i pellegrini,

che ora ce ne torniamo

dove temp’è lasciamo

          i nostri averi.

Noi siamo forastieri

un pezzo fa partiti,

da casa nostra, ed iti

           al bel Loreto.

Là fummo col cor quieto

là dentro fummo accetti,

là dentro i nostri petti

          amor s’accese.

Crediam Maria ci prese

per suoi Figli adottivi,

e noi tutti giulivi,

           ce ne andiamo.

Perché certo speriamo

d’essere da Lei guardati

protetti, e preservati

            d’ogni male.

Dal peccato mortale,

ch’è la maggior disgrazia,

che ci toglie la grazia

             del Signore.

Ci ha poi empito il core

d’amore si infuocato,

che ancor non s’è scordato

             di Maria.

Anzi in tutta la via

è stato sempre ardente,

sempre puro, e innocente

              è dimorato.

Così sia conservato

dalla Vergine Madre,

sin che si renda al Padre

               la nostr’Alma.

A conseguire la Palma,

che il giusto in Ciel possiede,

e Dio poscia concede

                 ai penitenti.

In tanto li Parenti

presto ci incontreranno

or or che ci vedranno

          gir a Casa.

O dalla Santa Casa

essi faransi a dire

che c’avete ridire

          e che portate?

Orsù via ci mostrate,

ciò che con voi avete

quel che dar ci volete,

           e poi direte.

Quanto veduto avrete,

se sia vera la fama

di quanto si proclama

            di Loreto.

Ognuno vorrà in segreto

che tosto se gli dona

Medaglia, o pur Corona

            benedetta.

O qualch’Immaginetta

dell’adorata Immago,

e perché ognun sia pago

            che faremo?

Noi a ciascun daremo

di quel, che abbiamo provisto

poi ciò, che abbiamo visto

           narreremo.

Principio noi daremo

dalla nostra partenza,

e come il fumo senza

           alcun disaggio.

Per tutto il nostro viaggio,

che il fe, tutto felice

la nostra Ausiliatrice,

          e cara Madre.

Che dall’Eterno Padre,

dal Sposo, e dal suo Figlio

salvò d’ogni periglio

            i suoi Divoti.

Se bene non eram noti

tutti ci ha ben trattati,

dove siam capitati

              giorno, e notte.

In Mar viste le Flotte,

che ne premevan l’onde,

e noi da quelle Sponde

                godevamo.

Veduti ancor abbiamo

diversi gran Pallaggi,

bei Tempi, e Romitaggi

                 nel cammino.

Ma quel, che ha del Divino

è il Sacrosanto Tetto,

di cui formar concetto

                   nissun vale.

Presenza personale

al certo si richiede,

e che là ponga il piede

                    se alcun vuole.

Intender quanto puole

di quel Sagrato Luogo,

se per qualunque sfogo,

          che si faccia.

Di dir con efficacia,

non si può caldo dire,

che altrui possa capire

           quanto è vero.

Non esservi Mistero,

che al par di questo mova

che colà si ritrova

           a ben pensare.

Là dir, qui s’ebbe a fare

il Trattato di Pace

tra l’Uom, e Dio verace

            e qui concluso.

Dentro l’Utero chiuso

del Ventre Virginale

di Donzella Reale

            il Verbo scese.

E di Lei Carne prese,

e chi vi fu obumbrata

Maria fu chiamata,

            e fu qui tutto.

Qui il Verbo si fe muto,

la pianta apprese il frutto,

il peccato distrutto,

            e l’Uomo salvato.

O luogo consacrato

da sì Divino Mistero,

che l’umano pensiero

           là si oscura.

Alma non vi è sì dura,

che in quel Sacrario Santo

non si disfaccia in pianto.

          e quasi muoja.

Dall’eccessiva gioia,

dalla piena d’Amore,

e dall’alto stupore

           la sorprende.

Ma questo non s’intende

Da verun’ intelletto,

se dentro il Sacro Tetto

           non si trova.

Né quel, che là si prova

della Grazia in segreto,

che sol s’apre in Loreto,

            e vi si serra.

Alla Casa che in terra

che la Divina Madre

diede l’Eterno Padre,

             questo dono.

Quindi incapaci sono

questi nostri Congiunti

per mezzo di racconti

              intender tutto.

Del gran Tempio veduto

del suo ricco Tesoro

potiam parlar a loro

               con piacere.

E dirgli, o bel vedere

un edifizio tale

che non v’è in Terra eguale,

                  e sontuoso.

Un tempio maestoso

di vaga, e grande altezza,

di non minor ampiezza,

          e tutto quello.

Dove grave scalpello,

dove pennello fino,

ed ago soprafino

           v’han sudato.

Sarà sempre ammirato

lavoro di grand’arte

perché v’ebbero parte

          i più periti.

Con disegni graditi,

con dotta maestria

Tempio per Maria

          fu innalzato.

Quant’Oro hanno impiegato

più Nobili, e Mitrati

Principi, e Porporati,

          e i Papi stessi.

Perché furon anch’essi

dalla Vergin graziati,

e bene spesso ajutati

          in grandi affari.

Oh come belli Altari

di Casi preziosi,

d’arredi sontuosi

         tutti ornati.

Veder poi attaccati,

e a quei Muri appesi

là d’intorno distesi

        Tanti Voti.

Portati da divoti

per grazie ricevute

con iscrizioni argute,

          e ben intese.

Là di Galee prese

A’ Turchi, o liberate,

d’altre pur affondate,

           e riavute.

Parlan Tabelle mute,

parlan Stendardi, e le Armi

con dir: senza risparmi

           qui fansi Grazie.

Si levan le disgrazie

i morbi, ed i dolori,

le pene, e i languori

           sono sanati.

Gl’Infermi liberati,

i Ceppi, e le Catene

mostrano a chi qua viene

           da lontano.

L’Onnipotente mano

romper i lacci, e ferri

acciò che si disserri

           ogni Prigione.

Togliere ogni passione,

frenar pioggie e tempeste,

scacciar l’orrida peste,

           e quietar Mari.

Mandar questi ripari

a fiamme ben ardenti,

a Fiumi, ed a Torrenti

          senza offesa.

V’è la memoria appesa

delle liti serrate,

delle Vittorie date,

          e pace avuta.

Della gente perduta

nel velleggiar per Mare

se al fin s’ebbe a salvare

          qui ricorda.

Della gente soccorsa

in mezzo agli Assassini

con aiuti Divini

           per Maria.

Ancor di gente ria

da Demone suasa

rubar la Santa Casa,

           e poi fuggire.

Ebber dal Ciel venire

squadre di Spiriti armati

fermare i disgraziati,

           e furon colti.

Disegni essere ascolti

nanti del Divin Tetto

strapparvisi dal petto

           l’alma loro.

Così pur di coloro,

che un po’ di calce solo

preser dal sacro suolo,

            e fur puniti.

Sino al tornar pentiti

rimetter al suo loco

il tolto, benché poco

          ai Muri Santi.

Oh quanti segni, o quanti

pendono d’intorno al Tempio

a memoria, ed esempio

            delle Genti.

Che sappiano i portenti,

ed i prodigi strani

oprati per le mani

             di Maria.

Mai non si finirà

vedere i Voti loro

in Tela, Argento, ed Oro

              là lasciati.

D’Attratti,  e Disperati,

di Ciechi, Sordi, e Muti,

d’Ossessi e mal caduti

              in precipizj.

Altri da malefizj,

da Larve, ed ombre presi,

e dal Nemico offesi,

               liberati.

Di Figliuoli impetrati

da Donne partorienti,

Prigionieri Innocenti

              liberati.

Che tutti fur graziati.

Là dotti gli Ignoranti

là i Peccatori, Santi

               furono fatti.

Là pure i mentecatti

ebber giudizio sano,

ebbero cor uno anno

          anche i Tiranni.

Idolatri a molt’anni

altri nell’Eresia

sono tutti da Maria

          illuminati.

Questi sono dimostrati

nelle Tabelle impresse;

molto dimostrano esse,

          non già tutto.

È tempo ormai perduto

voler del già seguito,

ch’ha pur dell’infinito

          far racconto.

Qui torna ben a conto

dir qualche cosa ancora

del Tesoro che finora

          ivi ha Maria.

Oh gran tesoreria

Che ha mai la Casa Santa

Oh qual è mai oh quanta

          e senza stima.

I doni diciam prima

de i Papi ad un per uno,

di questi sol ciascuno

          fa un Tesoro.

Non solo d’argento, ed oro,

ma cose le più rare

scelte tra le lor care

           in Vaticano.

Imitati loro hanno

Vescovi, e Cardinali,

Prelati Principali,

          e gran Signori.

Gran Regi, e Imperatori,

Monarchi, e più Sovrani,

più Duci, e Capitani,

           e Cavalieri.

Così Luoghi primieri,

Città, Castelli, Regni

per Personaggi degni

            hanno recato.

A quel Luogo Sacrato,

suoi doni regalati

con l’Armi lo segnati

             come appare.

Sono Vasi d’Altare,

Lampade, e Candelieri,

più Croci, ed Incensieri

              di gran lavoro.

Calici tutti d’oro

di gioie tempestati,

e Crocefissi a aurati,

              e gran Lumiere

D’argento Statue intere,

più Gemme, e più Corone

di più Regie Persone,

              e più Maniglie.

Manti con Momperiglie

di Diamante intessute,

Collane mai vedute

          sì preziose.

Più Vesti maestose,

altre Sacerdotali

di Topazzi Orientali

          ancor guarnite.

Altre di Margherite,

di Smeraldi, e Rubini,

Pendenti, ed Orecchini,

          con Anelli.

De’ più fini Gioielli

guarniti, ed ingemmati

de’ Drappi ingiojellati

          senza fine.

Tratti d’ogni confine

ricche Spoglie di Guerra,

finiamo; il Ciel, la Terra,

           il Mondo tutto.

Sempre recò in tributo

Alla Ca Lauretana,

alla Vergine Sovrana

           i suoi Tesori.

Ma quanto più degli Ori

son più rare novizie

le sacre Massarizie

           son mostrate.

Sì spesso maneggiate

da Gesù, e da Maria,

e seco in compagnia

           da Giuseppe.

Giammai nessuno seppe

cercar cose maggiori

là dentro i gran Tesori

          di Loreto.

Quello che non è segreto

quello è il Tesor maggiore,

che non rende gran stupore,

            e ‘l tutto avanza.

Questa è la Sacra Stanza,

l’istessa Casa, e Tetto,

in che Gesù concetto

              ne rimase.

In che l’Angelo persuase

alla Reale Donzella,

farsi Madre l’Ancella

              del Signore.

Luogo di Sacr’onore,

ogni Sasso è un Tesoro,

la Polve più dell’Oro

               è preziosa.

La Statua Maestosa,

l’Immago Virginale,

di Viso Celestiale

               di Maria.

Tutta divota, e pia

col Bambin fra le braccia,

che pari porga la Grazia

                a chi la vuole.

Polve di rose, e viole,

e fior di giglio mista

San Luca Evangelista

                 par si servisse,

con quella coloro risse

l’Immago riverita

resa poi inbrunita

          da’ Profumi.

Di vari Incensi, e Lumi

che stando sempre ardenti

sembrano Stelle lucenti

          di quel Cielo.

Svegliando i cor di gelo

ad acquistar ardore,

infiammarsi d’amore,

          e poi bruciare.

Qual Tesoro è l’Altare

dentro del Santuario,

che di Cristo il Vicario

          ha consacrato?

Dove v’ha celebrato

il primo Successore

del nostro Redentore

          nella Chiesa.

La fiamma poi discesa

dal Ciel più volte il Tetto

del Divino Ricetto,

          e le visioni.

Le stesse apparizioni

della Madre di Dio

mostran se Sacro, e pio

          ne sia Loreto.

Sì che contento, e cheto

ogni nostro Congionto,

quando ciò le sia conto,

          dovrà stare.

Più non si può narrare

il resto abbiam veduto,

e meno assai del tutto,

          h’abbiam detto.

Sen vadi al Sacro Tetto

chi vuol di più sapere,

chi vuol di più vedere,

           e sarà sazio.

Soffrirebbe ogni strazio

ognun di noi ancora

per venerare tutt’ora

            la Sacra Casa.

O Santa, o Santa Casa,

di nuovo t’adoriamo,

di nuovo i cor doniamo

             a te Maria.

Così finiam la via,

e perché il ciel ci applaudi

finiamo con le laudi

             di Maria.

E qui si recitano le litanie,ec.

Atto di contrizione per ogni mattina, e sera nel viaggiarsi.

Sommo Ben, mio Signor

come non v’amerò?

V’amo con sommo amor,

quanto quest’alma può.

     Perché il mio cor peccò

     or n’ho sommo dolor,

     mai più v’offenderò

     con il vostro favor.

Le mie colpe dirò

 a pié del Confessor;

penitenza farò

de miei passati error.

     Sommo Ben, mio Signor

     come non v’amerò?

     V’amo con sommo amor,

     quanto quest’alma può.

               IL FINE

LAUDI SPIRITUALI

Da cantarsi nel Santo Viaggio

A  L O R E T O

Per sollavarsi dalla stanchezza,

ed infiammarsi nel desiderio

di vedere

L A   S A N T A    C A S A

ED IVI ADORARE

LA SANTISSIMA VERGINE

M  A  R  I  A

In MANTOVA, MDCCXLIX

Per Ercole di Alberto Pazzoni

Laudi spirituali da cantarsi nel viaggio e nel ritorno dalla Santa Casa di Loreto

Noi siamo i Pellegrini,

che ci poniamo in via,

per andare a Maria

          di Loreto.

Ciascun venga pur lieto

a quella Abitazione,

ch’è casa d’Orazione,

          e tutta d’Oro

Non v’è in Terra Tesoro,

non v’è sì Sacro Luogo,

dov’ha l’alma il suo sfogo

             con Maria.

Non v’è Casa si pia,

dove sia salvo ognuno,

né vi perisca alcuno,

          come in quella,

Non v’è stanza sì bella

quaggiù sia più beata,

né che sia mai più grata

          al Redentore.

Non v’è Tempio d’onore,

sì prezioso, e raro,

che possa essere più caro

          al nostro Dio

Non ve Tetto sì pio,

né  men più sacrosanto,

già che de’ Santi il Santo

          l’ha abitato.

Non c’è altare più ornato

di più bel Reliquiario,

s’è tutto un Santuario

          da adorarsi.

Né in Terra può trovarsi

la più gradita reggia

dove abbia la sua seggia

          la gran Madre.

Dove l’Eterno Padre

spedì il suo Divino Figlio,

dopo l’alto Consiglio

          ivi seguito.

Dove fu definito,

 non poter l’Uomo salvarsi,

senza il Verbo incarnarsi,

          e poi morire.

Andiamo a riverire

Casa si generata

e Vergine inviolata

         ad adorare.

Ognun l’ha dà chiamare

per Madre del Signore

per riempirsi il core

         di virtude.

Ella, che al vizio chiude

con la sua man la via,

e dona l’alma ria

         la puritade.

Fa dono d’umiltade,

e rende casto, e bello

l’uomo che era già bello

          al Creatore.

Ciascun or con dolore

venga contrito, e pio,

sicuro d’aver Dio

           in compagnia.

Avrem buona la via,

avrem sicuro il viaggio,

e senza alcun disaggio

           arriveremo.

Ma quanto ben faremo,

se mentre camminiamo,

le laudi noi cantiamo

            di Maria.

Orsù con voce pia,

le laudi unitamente,

ma ben divotamente

            recitiamo.

Si recitano le litanie

Torniamo al nostro canto,

che senz’alcuna pena,

anzi con maggior lena

             n’anderemo.

Oh quanto goderemo,

se nel nostro viaggiare

saprem la mente alzare

              verso il cielo.

Là sì che senza velo

vedrem il Divin Padre,

vedrem la cara Madre

          del Signore.

Oh quale, oh quant’amore

ci sveglierà nel petto

la Madre del diletto

          nostro bene.

Se quaggiù ancor le pene

commuta in gran piacere

il poter sol vedere

           sua Casa pia.

Ma quando in compagnia

di tutti in Cielo i Santi

vedrem poi tutti quanti

           il suo bel volto?

Allor ci verrà tolto

dal cor ogni timore

dal corpo ogni dolore

           ogni tristezza.

Oh quando tal bellezza

della gran Donna in viso

vedrem il Paradiso,

           oh quando sia?

Basta dir che Maria,

pria d’essere concetta

fu dal gran Padre eletta,

           e destinata.

Per Pura, e Immacolata

Vergine insieme, e Madre,

di quello, a cui è Padre

           Iddio Signore.

Lo Spirto Santo Amore

l’elesse per sua Sposa

quindi tutta amorosa

           Egli la rese.

Perché in essa distese

di grazia ogni pienezza,

del Ciel ogni bellezza,

           ogni possanza.

Oh quanto sopravanza

di purità in candore 

la Madre del Signore

            tutt’i Santi.

Deh siam pur noi amanti

d’una sì gran Signora,

che tutto il Cielo adora

              per Regina.

A Lei ancor si inchina

il Mondo, e ‘l cupo Inferno

a suo grande scorno eterno

               da Lei vinto.

Così sia pur estinto

dentro del nostro cuore

ogni fiamma d’amore,

               che sia profano,

E’ ben di core infamo

chi non si accende tutto,

né si sente distrutto

                per Maria.

Ma se qua nella via

Sentiam tanto conforto,

che sarà poi nel porto,

            in vagheggiarla?

Poniamoci a contemplarla,

e con alzar la mente

pensiam divotamente

           a tal Signora.

Ella è la vaga Aurora

per lui comparsa al mondo

che lo rese giocondo.

           e tutto lieto.

Non v’è Mar più quieto

di Lei pia, e cortese,

ch’altrui placa le offese,

           e ‘l tutto puole.

Non c’è più chiaro Sole

di Maria si clemente,

che rischiara ogni mente,

           e fa pudica.

Non c’è Stella più amica

di Lei, che può scampare

noi dal turbato Mare

          senza Barca.

Non c’è Nave più carca

di Lei, che da lontano

il Pane a noi sovrano

          ben appresta.

Della Vergine questa

Non c’è più bel Giardino,

ove il Verbo Divino

          vi s’innesta.

Aura non v’è più fresca

della madre beata,

dove l’alma affannata

         si riposa.

Non c’è più vaga rosa

di Madre sì modesta,

che al puro amor ci desta,

          e vi ci infiamma

non c’è più viva fiamma

della sposa d’amore,

che abbruccia l’altrui core,

           senza pena.

Non v’è Terra più amena

della Vergine amante

dov’ogni cor costante

            si ripianta.

Non c’è più nobil Pianta

di Lei, che ci ha prodotto

quel Santo, e Divin Frutto

             del suo Figlio.

Non v’è più grato Giglio

della Vergine Madre,

ch’alle Verginee Squadre

             renda odore.

Non c’è miglior liquore

di Lei, ch’è il dolce Rio,

al qual bevette un Dio

              per noi nato.

E se Lei ce l’ha dato,

non v’è già maggior Bene

se dentro se contiene

               Iddio stesso.

Ad un tal riflesso

ciascun s’ha da infiammare

l’affetto a ravvivare

          in ver Maria.

Non c’è Sposa, che dia

come Ella nel suo viso

mostra di Paradiso

          a chi l’onora.

Meditiamo per mezz’ora

il suo merto, e le virtù

per amarla sempre più

          come dobbiamo.

Qui segue mezz’ora di divota Meditazione sopra le virtù della SS. Vergine così viaggiando

Or che diremo adesso

che abbiamo meritato,

e di Maria pensato

          le grandezze.

O grandi, o gran bellezze

o gran virtudi abbraccia

chi è piena della grazia

          il suo Dio!

Dì fu, dì fu cor mio,

e parla la lingua mia,

ciò che di Maria

           hai contemplato.

Dirò mi sono fermato

a pensar l’umiltà,

e la gran purità

          del di Lei core.

Che innamorò il Signore

a prender di lei in carne,

venire ad abitarene

            tra mortali.

Per liberar da mali

noi Peccatori tutti,

che andavamo distrutti

             dal Peccato.

Oh quanto ben ci ha fatto

La Purità sì monda,

e l’umiltà profonda

               di Maria.

A l’Lei grazie ne sia,

che sua mercé salvati

siamo per lei liberati

               dall’Inferno.

In eterno, in eterno

a Lei siam obbligati

Le dobbiam esser grati

               di tal bene.

Il sangue nelle vene

per Lei spender dobbiamo

se Lei di cuor amiamo,

                 e pur è vero

Che tutti da dove

all’lei tenuti siamo

del bene, che aspettiamo

                  lassù in Cielo.

Fu causa il suo gran zelo,

che presto discendesse

chi per Madre l’elesse

          quaggiù in terra.

Per Lei pur si disserra

al peccatore la gloria,

e a chi vuol vittoria

          vien concessa.

Ognun pure confessa,

che chi di lei la vita

col suo favore imita,

           si fa Santo….

E’ pur ver altrettanto,

che da pensieri carnali

La Purità sua vali

           a liberare.

Così per discacciare

La gran superbia altiera

l’umiltade  sua vera

            fu provata.

E chi l’ebbe invocata

delle colpe il perdono,

di castitade il dono

             ha ricevuto.

Anzi chi fu perduto,

e l’alma aveva dato

a Satana disgraziato

             ebbe la grazia.

Che tale fu l’efficacia

della Madre di Dio,

che il scolerato, e rio

             fu salvato.

Dunque da noi lodato

chi è il nostro caro Padre,

che del Figlio la Madre

         tanto onora.

Allegri stiamo pur ora,

e vada ciascun quieto,

ch’andiam verso Loreto

          alla sua Casa.

Sì sì alla santa casa

noi tutti i suoi divoti

i nostri umili voti

            offriremo.

Là sì supplicheremo

La Madre Santa, e Pia,

la Vergine Maria

              a farci i Santi.

Che s’ha salvati tanti

del suo Figliol nemici,

concederà agli amici,

               almeno un guardo.

Che quasi come dardo

chiediam nel nostro core

per fiamme del suo amore.

                 E nostra vita.

Ma perché sia esaudita

la nostra umile preghiera,

de’ Santi la gran Schiera

                  invochiamo.

Le loro laudi cantiamo

con vera divozione

e con questa intenzione

           di pregarli.

Anzi di supplicarli

lodato per noi Maria,

e in nostra compagnia

          riverirla.

Qui si cantano le Litanie de’ Santi con tutte le Preci ed Orazioni.

Or chi abbiam riposato,

e d’altro già discorso

torniamo al nostro corso.

           In ver Maria

abbrevierà la via

né sentirem stanchezza

se la di Lei grandezza

            esalteremo.

Oh quando giungeremo

a quella Casa Santa,

oh quanta gioia, oh quanta

              proveremo.

Assai ben più godremo,

che nel vedere Paesi,

Città, Monti scoscesi,

               e Valli, e Mari.

Questi scorran  gli avari,

che cercano novitadi,

per noi sono vanitadi

                da vedere.

Tutto il nostro piacere

è poter arrivare,

è poter adorare

          il Sacro Tempio.

Sarebbe ben un empio

chi per vederla via,

e non sol per Maria

            là n’andasse.

Piuttosto si levasse

costui di compagnia

di chi corre a Maria

             per sol amore.

E pur un grand’onore

ci fa Nostra Signora

s’ella fra poco d’ora

              noi abbraccia.

Tra le sue care braccia

In sua Casa paterna,

che sarà forsi eterna

               ancora in Cielo.

Abbruggi il cor di zelo,

si pongan l’ali al piede,

si voli sin si vede

                 il Sacro Tetto.

Oh qual, oh qual diletto

aspetta il nostro interno

nell’albergo materno

                   del Signore.

Per passar presto l’ore

del santo cammin nostro

chiediamo l’aiuto vostro

                     o gran Reina.

La carità sì fina,

che verso ognun mostrate

a noi or non negate

          o Madre Santa.

Se la speranza è tanta

che tutti in Voi abbiamo

che tutto noi speriamo

            d’ottenere.

Il vostro gran potere

sopra di noi stendete,

che venir ci vedete

             al vostro albergo.

Ci servirà d’usbergo,

la vostra Protezione

in qualunque occasione

              si presenti.

Mentre noi siamo intenti

a questo santo viaggio

senza curar disaggio

               a vostr’onore.

Tu ancor Gesù Signore

in grazia di Maria

aiutaci per via,

                in ogni passo.

Che no viaggiam per spasso,

bensì con fede santa

per la tua Madre Santa

                 riverire.

E tu vieni ad aprire

o Gabriele letto

il sentier più perfetto

         per Loreto.

Se là scendesti lieto

A recar la novella

alla gran Verginella

          fatta Madre.

Colà l’Eterno Padre

ti spedì Messaggiero

il tuo Divin pensiero,

           a noi salvare.

Ti preghiamo preservare

La vita nel cammino

e l’aiuto Divino

            ad impetrarci.

Intanto a sollevarci

dal lungo camminare

potrem noi recitare

             alcun Rosario.

Così ci parrà vario

l’andare che facciamo,

e in tanto meritiamo

               per il Cielo.

Ha dunque con buon zelo

Maria salutiamo,

e i Mister pensiamo

                 Gaudiosi.

E dopo i Dolorosi

ancor m’eviteremo,

e poi seguiteremo

                  i Gloriosi.

Qui si recita in una, o più volte l’intiero Rosario della Beata Vergine.

Dopo pranzo verso sera si segue.

Ormai s’appresta sera

e noi Maria ancora,

colla sua Casa ogn’ora

          veneriamo.

Ricorso a Lei facciamo

acciò senza mestizia

finiamo, Lei propizia

          la giornata.

A fin che sia impiegata

intiera per suo amore

cantando in tutto l’ore

          le sue lodi.

La notte, e ‘l dì t’applaudi

La Terra, e ‘l Ciel t’onori

La Luna, è ‘l Sol che t’indori

          o Santa Casa.

O Sacra, o Santa Casa,

quando sia mai quel giorno

ch’in te te facciam  soggiorno,

           e t’adoriamo.

PrOstrati veneriamo

le tue sacrate mura

acciò la mente impura

           ci compungi.

Da noi fa che sia lungi

del cor ogni durezza

acciò la tua bellezza

          ci innamori.

Da noi gli scacci gli errori,

da noi tolga i peccati

perché santificati

            noi entriamo.

E visitar possiamo

la nostra Albergatrice,

cogn’alma peccatrice

             al Ciel converte.

Sì,sì vedrem aperte

le braccia di Maria

per stringer l’alma mia

              nel suo seno.

Il nostro cor ripieno

di quanta festa, oh quanta,

in quella Magion Santa

               sentiremo.

Né pur parlar potremo

per la grande allegrezza,

e per la gran dolcezza

                proveremo.

Beati allor saremo

in Casa di Gesù,

bramar non potrem più

                  noi quivi in terra.

Là la si finì la Guerra,

là dentro si fe pace

tra Dio, e l’Uomo audace

          per Maria.

La pace con noi sia,

godremo un Paradiso,

se Lei con lieto viso

          ivi ci mira.

Ad essa il cor sospira,

ma se tramonta il Sole

noi alla Madre, e Prole

          diam saluto.

La bella Pianta, e ‘l Frutto

adorerem cantando

qualch’inno recitando

          in lor onore.

Si può dir con fervore

l’inno Ave Maria Stella

a chi si chiamò Ancella,

ed è Signora.

Qui si canta divotamente: Ave Maris Stella.

Per la mattina seguente, e per due altri dì servirà il resto che segue da cantarsi interpolatamente

Ne’ nostri primi passi,

che diam questa mattina,

La Stella Mattutina

          salutiamo.

Adunque che invochiamo

Madre del Creatore,

Madre del Salvatore

          Madre possente.

Tu sei ancor Clemente,

tu sei Inviolata,

sei Intemerata,

           e di gran Fede.

Ognun perciò ti crede

degna da venerarsi,

degna da predicarsi,

            e d’ogni onore.

Verso di Sant’Amore

sei specchio di giustizia,

causa d’ogni letizia,

             e d’Orazione.

Vaso di divozione,

Madre di Puritade,

Madre di Castitade,

             e tutta pura.

Veniam alle tue Mura,

ch’è Casa tutta d’Oro

essendo tu il Tesoro

             che in sé vanta.

Tu sei la Terra Santa,

in segno Tu di Pace;

la Scienza più verace

              in te risiede.

Beato chi possiede

Te Madre d’ogni Grazia,

ch’hai tutta l’efficacia

            presso il Figlio.

Mentre che in questo esiglio

al Peccatore dai mano,

l’infermo Tu fai sano,

          ognuno aiuti.

La sorte ancor tu muti,

 se tu con tanto zelo,

fatta Porta del Cielo,

           i Rei accetti.

Rendendoli tu netti,

e al Signor ben grati

dalle colpe purgati,

            e non più immondi.

Tu degli Angeli mondi,

de’ Patriarchi santi,

e de’ Profeti tanti

             sei Reina.

A te pure s’inchina

l’Apostolico coro,

i Martiri anche loro,

              e i Confessori.

Le Vergini, i Dottori,

e tutti in Ciel gli eletti,

tuoi Servi sono costretti

               a nominarsi.

Noi prima di inoltrarsi

ti supplichiamo divoti

gradire i nostri voti,

e le preghiere.

Al Nord con grande piacere

faremo il nostro viaggio

né temeremo disaggio,

           o pur stanchezza

O con quant’allegrezza

verremo a Te Maria,

se in questa nostra via

             ci farai guida.

Ciascun di noi s’affida

alla tua Protezione,

e con gran Divozione

               ora ti chiama.

Mentre ogni cor ti brama,

ogni lingua  t’implora,

ogni mente t’adora,

                 ognuno t’ama.

S’accende sì gran fiamma

dentro de’ nostri petti,

che fa, ch’ognun s’affretti

                   nel cammino.

Quel gran Tempio Divino,

quella Magion si santa,

oh quanta pena, oh quanta

                    al cor ci mette.

Mentre ciascuno riflette

dal tanto lungi stare,

ch’al cor si vien tardare

                     il suo diletto.

Veder quel Sacro Tetto,

quelle Mura Beate,

quelle Statue Sacrate

                      di Maria.

Precorre il cor la via,

e là giunge veloce,

ove né men la voce,

          ancor arriva.

La speme in tanto avviva

Il nostro cor gelato

all’Oggetto Beato,

           che bramiamo.

A te la mira abbiamo,

che a tutti sei conforto,

in questa vita Porto

            di salute.

Oh quant’alme perdute

furon per Te salvate,

ed ora son Beate

             in Paradiso.

A noi rivolgi il viso,

a noi la mano stendi,

e ‘l nostro pié difendi,

               e fa felice.

Di Dio tu Genitrice,

tu Verginella, e Madre,

Figlia del Divino Padre,

               e fatta Sposa.

Del Santo Amor, che posa

Nell’Anima diletta,

di niun peccato infetta

               e Immacolata.

Non è di cor umano

chi non rivolge il piede

là dove ebber sua fede

               Gesù, e Maria.

Dov’eran stati i pria

ripieni di favori

i santi genitori

          di Maria.

La dentro umil, e pia

col Figlio, e col suo Sposo

con tratto rispettoso

            Ella se ne stava.

Ivi pur allevava

il suo Figlio la Madre,

e lo offriva al Padre

             ben di cuore.

Là dentro sì ‘l Signore

Ancor picciol Bambino

il suo Corpo Divino

              tormentava.

Là dentro  meditava

nel suo pensier interno

come il suo Padre Eterno

                placar dovea.

Per la Natura rea

dell’uomo disordinato

per cui s’era incarnato

                 in essa Casa.

La Madre persuasa

dal sospir del Figlio,

dall’inarcar del ciglio

                  ch’ei faceva.

Anche ella pur piangeva,

e al pianto del Figliuolo

univa anche il suo duolo

           e i suoi sospiri.

Là dentro i gran martiri

d’amara sua Passione

della Crocefissione

          aveva in mente

Gesù l’Onnipotente,

che là prostrato orava,

per l’Uom colà pregava

          del perdono.

Di là giungeva il suono

delle sue voci al Cielo,

e dal Divin suo zelo

           eran tirati.

Ivi I Spiriti Beati

a vagheggiarlo in viso

più bel del Paradiso

           ivi veduto.

Gesù riconosciuto

costretti eran fermarsi

là dentro, e seco starsi

            e non partire.

Bensì d’amor languire

languir con lor Maria,

e seco in compagnia

            ancor Giuseppe.

E chi trovar mai seppe

quaggiù più bel ricetto,

se non quel Sacro Tetto,

            ch’albergo diede,

a chi nel Ciel risiede,

alla sua Madre Santa

ad una parte tanto da

di sua Corte?

          Oh ben felice sorte,

se là, giunger potiamo

e se là dentro entriamo

           oh fortunati.

Oh bene avventurati,

se siamo fatti degni,

di porre i piedi indegni

            in quella stanza.

N’abbiamo la speranza,

ma entrar sotto quel Tetto

fa il cor tremare in petto

             al Peccatore.

Oh Dio! Con quale orrore

calcar l’orme di Cristo,

chi sino ad or fu tristo

               e cieco, e insano.

Dunque con pié profano

calcar dovrem que’ sassi,

che impresser co’ suoi passi

                Gesù, Maria?

Nò nò, si scacci pria

dall’alma ogni peccato,

ognun così sia grato

                  al nostro Dio.

Che il cor contrito, e pio

Là dentro lascia entrare,

per ivi contemplare

                   i gran Misterj.

Gli arcani occulti, e veri,

per cui siamo presenti,

e dagli eterni stenti

          liberati.

Là dentro dispensati

dal Ciel sono tutti doni,

di là gli Eletti, e i Buoni

           escono Santi.

Oh quanti entrati, o quanti

seguaci pria del mondo

n’uscirono col cor mondo

            più perfetto.

Anzi Santo, è perfetto

ripieni sol d’amore

verso del lor Signore

             e Madre Santa.

Oh Sacra Casa, o Santa

da lungi a te veniamo,

da lungi t’adoriamo,

             e chiediam grazia.

Vedere a faccia, a faccia

dopo sue mure sacre

Gesù con la sua Madre

              in Paradiso.

Vedere a viso, a viso

il Facitor superno,

il Ciel tutt’in eterno

              Ognuno prega.

Giacché nulla Dio niega

di quel, che in te si chiede

dal Pellegrin con fede

               per Maria.

Noi tutti in compagnia

ti riveriamo Signora,

tu rilucente Aurora,

          e Sol nascente.

Tu detta anticamente

Grand’Albero della Vita,

bella Verga fiorita,

            e Campo ameno.

Chiamata Ciel sereno,

tu Scala misteriosa,

tu pur mistica Rosa,

            Roveto ardente.

Tu Nube risplendente,

tu Sacrosanto Monte,

tu cristallino Ponte,

            e Porta chiusa.

Arca di Grazia infusa

Reina tu famosa,

Giuditta vittoriosa

              del Dragone.

Tu Vel di Gedeone,

del Tempio l’Edifizio

altar del sacrifizio

               Verga di Jesse

Sotto queste ombre espresse

bella Madre d’Amore

lo Spirto del Signore

                Tua bellezza;

Di grazia alla pienezza

Verginità feconda,

Tua luce, che s’nfonda

          in ogni mente.

Poter sopra ogni gente,

dominio in Ciel, e in Terra,

e fin dove si serra

          il cupo Averno.

Lodiam tutti in eterno

sì grand’Imperatrice

di Dio Genitrice,

          e Figlia, e Sposa.

Sin che il nostro piè posa

nella sua Casa stessa,

ov’ella  genuflessa

            orò più volte.

E le sue preci accolte

dal suo Figliuol Bambino,

col suo merto divino

            al Ciel offriva.

Dov’Ella pur soffriva

vedere un Dio fanciullo

a servir di trastullo

           al buon Giuseppe.

Dove questi ancor seppe

i più segreti arcani

da Spiriti Sovrani

             rivelati.

Dove  lor tre profeti

a santa, e frugale mensa

fiamma d’amore intensa

             li cibava.

Dove Gesù parlava,

dove Giuseppe udiva,

e la madre gioiva

          in tanti affetti.

Quindi d’ognora i petti

freddi, ed agghiacciati

là dentro appena entrati

           son accesi.

Da Sant’Amor sono presi,

dal respirar quell’aura,

là dentro si restaura

              il Pellegrino.

Dunque presti al cammino

per tosto possedere

quanto si può godere

               quaggiù in Terra.

Nel Tempio, ove si serra

il maggior Reliquiario,

il Sacro Santuario,

                e Magion Santa.

Oh quanta gente, oh quanta

là dentro troveremo,

e piangere noi vedremo

                  per Amore.

Quanta con gran dolore

sacro suol prostesa,

detestare ogni offesa

                  a Dio fatta.

Quanta poi soddisfatta

davvero pure adorato,

baciato e ribaciato

il Sacro Luogo.

Cercare al suo cor sfogo

con novi baci, e pianti

dentro que’ muri santi

          ancor languire.

Quanta nel suo partire

volgere a dietro l’occhio,

e in terra col ginocchio

          là gridare.

Vuole il mio cor tornare

senza restarmi in petto

al Sacrosanto Tetto

           di Maria.

Sen torna l’Alma mia

in quella Casa Santa,

ov’ebbe gioia tanta

           entro que’ muri.

Avrem noi cor sì duri,

che non bruciam affatto,

che non resti disfatto

            il corpo intero.

Al bel sguardo primiero

della Stanza Divina

si dia a cor la mina

            e n’esca fuori.

E senza far dimora

precorra i nostri passi,

e ratto entro que’ sassi

Maria ador i.

Indi ritorni fuori

di quel sacro rigetto,

e ci ritorni in petto

ad abbruggiare.

Hor su su a camminare

s’ella mirar vogliamo,

s’ella adorar bramiamo

          di preferenza.

Ahi che gran veemenza

d’affetto al cor sentiamo

cantar più non possiamo

il cor si serra.

Al primo vedersi da lungi la Copola della Santa Casa si canti in ginocchio.

Presto il ginocchio a terra

a terra, a terra Amici

o quanto siam felici

          ecco Loreto.

Ecco sì mostra a deto

La Casa di Maria

il fin di nostra via

           il Ciel sereno.

Cantiam a coro pieno;

da lungi ti miriamo,

a te noi sospiriamo,

           o Santa Casa.

Oh sacra, o Santa Casa,

di qua ci veneriamo

di qua noi ti inchiniamo

            ben di core.

E tutto il nostro amore

a te noi tributiamo,

prostrati  t’adoriamo

o Santa Madre.

Si levi in piedi, e camminando si prosiegua.

Rendiamo grazie al Padre,

al Figlio, al Paracleto

al Luogo di Loreto  

          siam vicini.

Allegri, o pellegrini,

che il resto del sentiero

ci sarà assai leggiero

           più che prima.

Qui sì perdiam la rima

in questo nostro canto

mentre Loreto Santo

           ci sta in vista.

Qui sì nessun s’attrista

dal lungo camminare,

ma ben vorria volare

            al Sacro Tetto.

S’accende il fuoco in petto,

ci abbrucia in petto il core

dalla fiamma d’amore

             in ver Maria.

Nessun lo crederìa

quanto si goda adesso,

che si vediam d’appresso

alla sua Casa.

O Santa, o Santa Casa,

nostro conforto, e vita,

or or è pur finita

          la via nostra

Di novo ognun si prostra

a terra co’ ginocchi,

e con le lacrime agli occhi

           ben t’adora.

Oh quando sia quell’ora

che al santuario giunti

nel cor tutti i compunti

            ne restiamo.

Allor sì che vogliamo

baciar que’ Sacri Muri

che da Maria sì puri

             furon resi.

Allor sì che prostesi

su quel sacrato suolo,

la Madre, e lì il Figliuolo

              adoreremo.

A loro afferiremo

i nostri passi, e ‘l viaggio

ogni stento, e disagio

              avrem sofferto.

Ma quest’è poco certo

s’ancor il sangue, e vita

con che pur sia gradita

               non si doni.

 E pregarem perdoni

dal Ciel l’Eterno Padre

pe ‘l Figlio, e per la Madre

           a noi gli errori.

Che raggi, e che splendori

di sante illustrazioni,

a noi sia che si doni

          da Maria.

Giunto ciascun che sia

là dentro ad adorare

vorrebbe ognuno spirare

           e non uscire.

Vorrebbe ognuno morire

in quel Sacro Ricetto,

dove Gesù concetto

            prese carne.

Vorrebbe ognun restarne

là dentro seppellito

là dentro incenerito

            dall’amore.

Or dentro il nostro core,

qual fiamma ne discende,

o qual ardor s’accende

             in santi affetti.

O s’apriranno i petti,

o bruggieranno i cori

a sì focosi ardori

             Verginali.

O d’onde tanto vali

o Casa Sacrosanta,

ch’accendi fiamma tanta

             sol veduta?

E che sia poi goduta

nel Santuario interno,

dove l’Amore superno

          si diffonde?

O quanti doni infonde

in grazia di sua Sposa

a quell’alma amorosa

            ch’ivi trova.

Questo da noi si prova,

che là solo al mirare,

sentiam a liquefare

              i sensi nostri.

S’abbruggia pure i mostri

delle fiere passioni,

delle varie affezioni,

                che in noi sono.

Questo chiediamo in dono,

per questo a te veniamo,

affinché diventiamo

                  tutti santi.

Sarà questo tra i vanti

delle grazie maggiori

far santi i Peccatori

                  al sol mirarti.

Possiamo ben consacrarli

Le brame, e ti i sospiri

del nostro cor martìri

                   o Santa Casa.

Oh Sacra, o Santa casa

alziamo le pupille

ben mille volte, e mille

                    al Sacro Tetto.

A quel felice aspetto

ciascuno ne vien meno

dal gaudio di ch’è pieno

           per Maria.

Ognun sol tacerìa

per concepir grand’atti,

per offerir gran fatti

          di virtudi.

Fiasco dunque si studj

e si prepari avanti

all’esempio de’ santi

          e or tacciamo.

Ma che tacer? miriamo,

se siamo giunti in tanto

al Luogo Sacrosanto,

          ecco le Mura.

O Casa Santa, e pura

noi siamo qui ben umiliati,

di nuovo a Te prostrati

          T’adoriamo.

Qui sì imprimer vogliamo

in quelle pietre i baci

testimoni veraci

          dell’interno.

Qui si col pianto esterno,

dopo fermati passi,

laverem questi sassi

          qui d’intorno.

Qui si di notte, e giorno

nostri cor amorosi

sospiri ben pietosi

           manderemo.

Qui sì si sentiranno

gli affetti, le preghiere,

che con sommo piacere

           offeriremo.

Qui sì supplicheremo

La madre e il divino figlio a donarci del giglio

            dell’onestade.

Fervor di caritade

al prossimo, e a Dio

chiediamo con cor ben pio

              da Maria.

L’altra virtude sia

un’umiltà profonda,

che dentro il cor s’infonda

               dal Signore.

Poi tolga ogni malore,

che il corpo ci molesta,

e dal servirlo arresta,

                e dal lodarlo.

Ne ci scordiam pregarlo

ancor per i Congiunti,

se vivi, che defunti

                 noi abbiamo.

Qui il canto terminiamo

per ben sfogare gli affetti, ch’abbiam nei nostri petti

                  in ver Maria.

Quando si sarà o appresso, o sull’Atrio del Sacro Tempio si canterà con tutto giubbilo di cuore, come segue.

Ognun ami Maria,

ogni lingua alla Lodi,

ognuno in tutti i modi

          a Lei si dia.

Dica ciascun, Maria

tu sei conforto mio,

liquefarmi desìo

          al tuo aspetto.

Si strugga questo petto,

s’incenerisca il core

dalla fiamma d’amore

          verso Te?

O Dio beato me,

s’arder potessi canto,

ch’avessi gloria, e vanto

morir per Te?

O Dio beato me,

se qui arrestar finita

potesse la mia vita

sol per Te?

O Dio beato me,

se con quivi morire,

al Ciel potessi gire

a veder Te?

O Dio beato me,

Ahimé ch’io moro, e spiro,

perché con un sospiro

          non vengo a Te?

O Dio beato me,

Che certo vuol morire,

né vuol di qua partire,

           e lasciar Te.

O Dio beato me,

ti chiedo al fine Maria

spirar or l’Alma mia

             in grembo a Te.

O Dio beato me,

o Madre, o Figlio ancora,

deh frate, che in quell’ora

             in Voi io spiri.

Dopo nel partire da Loreto, e nel ritorno a Casa.

Noi siamo i Pellegrini,

che torniamo da Loreto,

col cor tranquillo e quieto

          a Casa nostra.

Ma sin che a noi si mostra

da lungi il sacro tetto

ci salta il core in petto

              per dolore.

Ci risospinge amore

indietro ritornare

l’albergo a visitare

          di Maria.

Amara ora è la via,

e poco abbiam conforto

per esser fuor del Porto

           ov’eravamo.

O quanto volevamo

in quella casa Santa

dove con gioia tanta

           siamo stati.

Oh bene avventurati

Son stati i cori nostri,

ognun quivi si prostri

            e s’inginocchi.

E rivolgendo gli occhi

con dare un sguardo lieto.

miriamo ancor Loreto

            da vicino.

Con umìle inchino

la Santa casa onori

poi la Vergine adori,

            e la saluti.

Qui sì prostrati tutti

il Tempio benedetto

con rIverente affetto

            veneriamo.

A te ci rivolgiamo

o Madre intemerata

da tutti venerata

             T’adoriamo.

E pria che ci partiamo,

ti ridoniamo i cori,

acciò Tu gl’infervori

          e ti lasciamo.

Ma che linea proviamo

a slontanare il piede

da quella Santa sede

           di Maria.

Orsù partiamo via,

perché, finché si veggia

quella sacrata Regia

            qui staremo.

Nel un passo pur daremo

a proseguire il viaggio

fin che il divino Palagio

             abbiamo in vista.

O quando mai attrista

il non più rivedere,

nè poté più godere

              il dolce aspetto.

Il sacrosanto tetto,

che l’alma ci ha rapita

e di novo c’invita

                a lui tornare.

Non lo potiam scordare,

e fin che viveremo

in desiderio avremo

                 ivi tornare.

Ma se vogliam quietare

un po la nostra mente

preghiam divotamente

           e andiam cantando.

Kyrie, etc

Dopo poi a tempo.

Noi siamo i Pellegrini,

che a casa ritorniamo

dopo veduto abbiamo

           la Casa di Maria

Dolce sarà la via

con la memoria grata

dìaver noi visitata

            Casa Santa.

Davvero con gente tanta

là dentro venerata,

e di cor adorata

            Nostra Dama.

Che Mondo tutto l’ama,

e là corre pietoso,

e tutto ossequioso

             ad inchinarla.

Chiediam pur noi d’amarla

essi si mantenga acceso

l’amore, che c’è disceso

             dentro il petto.

Là sotto il sacro Tetto,

dov’arse nostro core

presso dal Sant’Amore,

              che ci ardea.

Ho quanta forza avea

quell’amato Ricetto

a muovere ogn’affetto

          dentro i cori.

Se il sol mirar di fuori

que’ sacrosanti muri

i petti anche più duri

             intenerisce.

Il Turco, e il Mor mugisce

per aver loro in faccia

Forte di sì efficacia

              sopra il mare.

Quell’è quel Sacro Altare,

quell’è quel divin Tempio,

che bramerebbe l’empio

                sradicare.

Le inviò perciò, a donare

quelli Cereo veduto,

con che volea distrutto

                il Santo Luogo.

Ma non ebbe il suo sfogo

il Cereo artificiale,

che da mano virginale

                venne estinto.

Così con scorno vinto

fu l’Ottoman sgraziato,

che invano avea tentato

                  sì gran male.

O quando, o quanto vale

del Ciel l’Imperatrice,

di Dio la Generatrice

                   tutto puole.

Ottiene quant’Ella vuole

pietosa co’ suoi servi,

terribile a’ protervi

         si dimostra.

Ell’è l’Avvocata nostra,

ancor è nostra Madre,

dell’Inferno le squadre

         non temiamo.

Basta ci ricordiamo

di quanto abbiam veduto,

di quanto abbiamo goduto

          in quella Stanza.

Oh quanta, o qual speranza

dobbiamo noi avere

d’essere sempre a godere

           Maria in Cielo.

Lassù senz’alcun velo,

se qui ci ha graziati,

accolti, e di albergati

           in propria Casa.

S’ha da venir persuasa

La nostra compagnia

della Madre Maria

           esser diletta.

E dal suo Figlio eletta

per sempre al Paradiso

a vagheggiare in viso

           il nostro Bene.

Lungi timor di pene,

lungi timor d’oltraggio

in questo santo viaggio,

           che facciamo.

Per Protettrice abbiamo

chi debellò l’Inferno,

e chi del Verbo Eterno

          è Genitrice.

Abbiamo protettrice

chi in qual strada si sia

sarà per ogni via

          nostra Guida.

Sempre potente, e fida

a buoni Pellegrini;

dunque ciascun cammini

           allegramente.

S’abbiamo del Mar lucente

per luminosa Stella

Maria Vergine bella

            senza uguale.

Vergine trionfale,

sicura, e fida scorta,

che al Ciel l’Anima porta

             ove riposa.

Con voce lagrimosa,

e con alti sospiri

ver noi preghiam, che giri

             i dolci rai.

Se là de’ nostri guai

cessaron le tempeste

quando il Nunzio Celeste

Ti diè pace.

Se là il Verbo verace

unì l’Umanitade

con la sua Deitade

          e in Te discese.

Madre dunque cortese,

mentre sei nostra spreme

spezza l’aspre catene

          a i peccatori.

E se chi fuor d’errore

guida alla chiara luce,

che al Porto ne conduce

          di Salute.

Tu pur ogni virtute

c’impetra dal tuo Figlio

e qualunque periglio

          da noi scaccia.

E Madre esser ti piaccia

nostra benigna, e pia,

a buona, e dritta via

          per condurci.

In tanto per ridurci

noi ben a camminare

poniamoci a meditare

          per mezz’ora.

Come sì gran Signora

tante grazie comparte

a chi da casa parte

          a visitarla.

E va per adottarla

con invocato affetto

dentro quel Sacro Tetto

          di Loreto.

Ognuno pur stia cheto

nella meditazione,

per far questo Orazione,

          he sia grata.

O madre Immacolata,

che da noI li l’accetti

riempia i nostri petti

          di sua grazia.

A fin ch’abbia efficacia

appresso l’alto Dio,

che sempre ci sia pio

           in vita, e in morte.

Qui segue la Meditazione, e poi a tempo si segua.

Noi siamo i Pellegrini,

che da Lorè veniamo,

e a casa ritorniamo

             tutti lieti.

La grande divozione,

che ci ha nel cor stillato

quel Luogo sì sagrato

             di Maria.

Ogni dover vorria,

ogni ragion pur vuole

si faccia quel che si puole

              per suo amore.

Che sempre intatto il core

si tenga dal peccato,

e sempre immacolato

               si conservi.

Così farem suoi servi,

così saremo grati

a chi ci ha graziati

          del suo affetto.

A chi si diè ricetto

nella sua propria Stanza

per darci la speranza

          esser Beati.  

Felici, e fortunati

saremo noi da per tutto,

se conserviamo il frutto

          della grazia.

Che pur Maria procaccia

A chi l’ama di core

dal suo Figlio, e Signore

          Gesù Cristo.

Sarebbe ben un tristo,

se alcuno fra noi si dasse

che mai più s’imbrattasse

          in alcun vizio.

Oddio acqua al supplizio

sarebbe condannato,

che fosse stato in grado

           ver Maria.

Ahimè chi ‘l crederia

che alcun mai più potesse,

che alcun di noi volesse

           ancor peccare.

Piuttosto consacrate

a Lei, ch’è inviolata,

 l’alma Se gli è donata

           col morire.

Ma chi potrà ridire

le illustrazioni, e i lumi,

che per mutar costumi

          abbiamo avute.

Le garanzie ricevute,

i doni dispensati,

i guai, che ci ha levati

           là in Loreto.

E quel, ch’è poi segreto,

che si ha il Signor donato,

e il male ci ha levato

           nell’interno.

In vita, e in eterno

(Se pur non siamo bruti)

noi siam tutti tenuti

            ad esser Santi.

Adunque tutti quanti

stiam lungi dal peccato,

dal mondo scelerato,

             e traditore.

Si tenga puro il core

purgato con la mente

col vivere innocente

              da per tutto.

Altrimenti perduto

avrem quanto s’è fatto,

e tutto in un sol tratto

              gettaremo.

Ma che poi dir potremo,

se al Divin Tribunale

La Madre Virginale

          ci rinfaccia.

Abbiam persa la grazia,

ch’al singolar favore

c’impetrò dal Signore

         nel Sant’Ospizio.

Di sì gran benefizo

allor trovati rei

saremo co’ Giudei

         ancor dannati.

A’ suoi i figli uomini armati

Maria giammai permette,

che Gesù li rigette,

          e da se scacci.

Ognun sforzo si facci

di vincer bene se stesso,

di riformare ben spesso

          la sua vita.

Veder se ben s’imita

La Vergine in virtude,

se al senso il cor si chiude

          e il vizio fugga.

Se il proprio amor si strugga,

se la mente sgombrata,

se la lingua purgata

          si ritrovi.

Così ciascun si provi

Con supplicar in  tanto

il Ciel per esser Santo

          sin’a morte.

E per l’aiuto forte,

di cui noi bisogniamo

adesso ricorriamo

          a tutti i Santi.

Su su per tutti quanti

lo spirto al Cielo alziamo

le lor laudi cantiamo

          ad alta voce.

Qui si cantan le Litanie dei Santi con le PrecI, ed Orazioni.

Poi a tempo si seguita.

Noi siamo i Pellegrini,

che andiamo così cantando

a casa ritornando

            a Loreto.

Oh se mostrarlo a deto

potessim pur ancora,

e mirarlo tuttora

            da lontano.

Ma ciò riesce vano

perché siam già scostati

da que’ Muri Sacrati

             di Maria.

Se seguiam pure noi la via,

e ci serva di sfogo

narrar del Santo Luogo

              i gran portenti.

Far ch’ognun sappia, e senti

e il Mondo tutto intenda

a qual gloria s’estenda

           il Sacro Tetto.

Di cui degno concetto

nè mente può formare,

né lingua può narrare

            che sia abbastanza.

Se ogn’altro luogo avanza

per il Mister più fino

che Iddio uno, e Trino

            v’ha operato.

Se allor fu consacrato

nel più prezioso Tempio,

che quaggiù senz’esempio

            Ei s’era eletto.

Se affin non sia negletto

con sforzi onnipotenti

senza dei fondamenti

           il fe portare.

Per aria, e sopra il mare

senza che un sasso solo

dei Muri o pur del suolo

           si muovesse.

Dopo i Schiavoni elesse

una Selva d’Ancona

di Nobile Matrona,

           e fu Lauretta.

Non già per sempre eletta

(Che vi dimorò poco)

ma se mutò poi Loco,

           fu la Marca.

Dove qual nobile Arca

per memoria di pace

per scudo contro il Trace

          fu lasciato.

E ‘l Luogo fu chiamato

la terra di Loreto.

Che per divin segreto

           è destinato.

Ad essere venerato

per quella Santa Casa,

la gente persuasa

            ivi portarsi.

Convenne fabbricarsi

non solo un’ampia chiesa,

che tien dentro compresa

             la Magion Santa.

Ma dalla gente tanta,

che là volle fermarsi

ebbe ad edificarsi

              una Cittade.

Che splende in Sanitade,

che tutta pietà spira,

e il Pellegrino ammira

               come un Cielo.

Là tratte sono dal Zelo

da pura di divozione

genti d’ogni Nazione,

                d’ogni Paese.

IL Gal,  l’Indo, e l’Inglese,

l’Armeno, e l’Africano,

l’Arabo, Moro, e Ispano,

                 e ‘l Mondo tutto.

Ogni popolo istrutto

di qua, di là dal Mare

dov’il Sol va a spuntare,

           e dove scende.

Ne sesso pur s’attende,

etade o pur lingnaggio,

di Natali legnaggio,

           o Dignitade

Là va la Povertade

Là van ricchi Mercanti;

là vanno i Benestanti,

           e i doviziosi.

Soldati, e Religiosi,

Gran Principi, e Prelati,

Monarchi; e Porporati

           colà vanno.

E fin dal Vaticano

di Cristo i Successori

hanno per gran favori

            là portarsi.

Oh quanto d’ammirarsi

incontrando per viaggio

Genti con Equipaggio

            e gran Reine.

Che fuor del lor confine

lasciato in abbandono

portando ricco dono

             son uscite.

Andando umili vestite

in abito negletto

al Sacrosanto Tetto

             di Maria.

Udirsi poi per via

cantar tutto giulivo

 allegro, e ben festivo

          il Pellegrino.

Ma in giungere vicino

a quelle Mure Sagre

veder le genti a squadre

          tutte in pianto.

Oh quanto move,oh quanto

ognun assunse spiegare,

ognun a lagrimare

           d’allegrezza.

Ma quanta tenerezza

d’amor affettuoso,

di cor tutto pietoso

             poi si sente.

Là nell’entrar la gente

dentro il Sacro Ricetto

nel mirarne l’oggetto,

             che si ama.

Si sveglia più la brama

in noi di ritornare

di nuovo a venerare

              quella Stanza.

Ahi dolce rimembranza,

ma che ferisce il core,

e la piaga d’amore

               ancor rinnova.

E certa  pur far prova

che noi tronchiam la via

per tornare a Maria

          di Loreto.

Sì, sì, farà sì inquieto

il cor, che in sen abbiamo

sin tanto ci troviamo

          in questo viaggio.

Dov’ha provato un saggio

diciamo del paradiso

nel vagheggiare in viso

         l’alta Signora.

Oh se potessimo ora

tornarla a rivedere

oh che grato piacere

          ognun avrebbe?

Che giubbilo godrebbe

che sol qui dimorare

potesse per mirare

           la Santa Casa.

Oh sacra, o Santa casa

tu sei la calamita,

che con gioia inaudita

           rapisci i cori.

Tu fai comparire fuori

gli affetti più segreti,

che stavan dentro quieti

            in mezzo al petto.

O Sacrosanto Tetto,

o Casa d’Orazione

Tempio di Devozione

            onor di Dio!

Col cor umile, e pio

di nuovo ti inchiniamo

ancor ti riveriamo

          sulla via.

A Madre Maria

di nuovo ci volgiamo

di nuovo ti adoriamo

           qua prostrati.

E dopo in pié levati

seguiam ben il cammino

ma ‘l cor a Te  vicino

            noi torniamo.

E senza cor andiamo

poiché l’abbiamo lasciato

nell’albergo Sacrato

             di Tua Casa.

Oh sacra, Santa casa

l’Alma non ci rapire

se il viaggio proseguire

             noi dobbiamo.

Acciò ci divertiamo

dal Sacro Santuario

recitiamo il Rosario,

             unitamente.

Ma con attenta mente

che vengan meditati

i misteri operati

             là in quel Luogo.

Avranno così il suo sfogo

nostri cor amorosi,

i Misteri Gaudiosi

             meditando.

E dopo recitando

i detti Dolorosi

gli amori più pietosi

          ne usciranno.

Poi fuori ne verranno

i giubbili più veri

meditando i Misterj

           Gloriosi.

Alcun parlar non osi

per questo poco d’ora,

acciò nostra Signora

           noi ascolti.

A Lei dunque rivolti

con l’attenzion più fina

diciam Salve Regina,

            e cominciamo.

Qui si dice tutto il Rosario in una, o più volte a beneplacito.

Noi siamo i pellegrini,

che ora ce ne torniamo

dove temp’è lasciamo

          i nostri averi.

Noi siamo forastieri

un pezzo fa partiti,

da casa nostra, ed iti

           al bel Loreto.

Là fummo col cor quieto

là dentro fummo accetti,

là dentro i nostri petti

          amor s’accese.

Crediam Maria ci prese

per suoi Figli adottivi,

e noi tutti giulivi,

           ce ne andiamo.

Perché certo speriamo

d’essere da Lei guardati

protetti, e preservati

            d’ogni male.

Dal peccato mortale,

ch’è la maggior disgrazia,

che ci toglie la grazia

             del Signore.

Ci ha poi empito il core

d’amore si infuocato,

che ancor non s’è scordato

             di Maria.

Anzi in tutta la via

è stato sempre ardente,

sempre puro, e innocente

              è dimorato.

Così sia conservato

dalla Vergine Madre,

sin che si renda al Padre

               la nostr’Alma.

A conseguire la Palma,

che il giusto in Ciel possiede,

e Dio poscia concede

                 ai penitenti.

In tanto li Parenti

presto ci incontreranno

or or che ci vedranno

          gir a Casa.

O dalla Santa Casa

essi faransi a dire

che c’avete ridire

          e che portate?

Orsù via ci mostrate,

ciò che con voi avete

quel che dar ci volete,

           e poi direte.

Quanto veduto avrete,

se sia vera la fama

di quanto si proclama

            di Loreto.

Ognuno vorrà in segreto

che tosto se gli dona

Medaglia, o pur Corona

            benedetta.

O qualch’Immaginetta

dell’adorata Immago,

e perché ognun sia pago

            che faremo?

Noi a ciascun daremo

di quel, che abbiamo provisto

poi ciò, che abbiamo visto

           narreremo.

Principio noi daremo

dalla nostra partenza,

e come il fumo senza

           alcun disaggio.

Per tutto il nostro viaggio,

che il fe, tutto felice

la nostra Ausiliatrice,

          e cara Madre.

Che dall’Eterno Padre,

dal Sposo, e dal suo Figlio

salvò d’ogni periglio

            i suoi Divoti.

Se bene non eram noti

tutti ci ha ben trattati,

dove siam capitati

              giorno, e notte.

In Mar viste le Flotte,

che ne premevan l’onde,

e noi da quelle Sponde

                godevamo.

Veduti ancor abbiamo

diversi gran Pallaggi,

bei Tempi, e Romitaggi

                 nel cammino.

Ma quel, che ha del Divino

è il Sacrosanto Tetto,

di cui formar concetto

                   nissun vale.

Presenza personale

al certo si richiede,

e che là ponga il piede

                    se alcun vuole.

Intender quanto puole

di quel Sagrato Luogo,

se per qualunque sfogo,

          che si faccia.

Di dir con efficacia,

non si può caldo dire,

che altrui possa capire

           quanto è vero.

Non esservi Mistero,

che al par di questo mova

che colà si ritrova

           a ben pensare.

Là dir, qui s’ebbe a fare

il Trattato di Pace

tra l’Uom, e Dio verace

            e qui concluso.

Dentro l’Utero chiuso

del Ventre Virginale

di Donzella Reale

            il Verbo scese.

E di Lei Carne prese,

e chi vi fu obumbrata

Maria fu chiamata,

            e fu qui tutto.

Qui il Verbo si fe muto,

la pianta apprese il frutto,

il peccato distrutto,

            e l’Uomo salvato.

O luogo consacrato

da sì Divino Mistero,

che l’umano pensiero

           là si oscura.

Alma non vi è sì dura,

che in quel Sacrario Santo

non si disfaccia in pianto.

          e quasi muoja.

Dall’eccessiva gioia,

dalla piena d’Amore,

e dall’alto stupore

           la sorprende.

Ma questo non s’intende

Da verun’ intelletto,

se dentro il Sacro Tetto

           non si trova.

Né quel, che là si prova

della Grazia in segreto,

che sol s’apre in Loreto,

            e vi si serra.

Alla Casa che in terra

che la Divina Madre

diede l’Eterno Padre,

             questo dono.

Quindi incapaci sono

questi nostri Congiunti

per mezzo di racconti

              intender tutto.

Del gran Tempio veduto

del suo ricco Tesoro

potiam parlar a loro

               con piacere.

E dirgli, o bel vedere

un edifizio tale

che non v’è in Terra eguale,

                  e sontuoso.

Un tempio maestoso

di vaga, e grande altezza,

di non minor ampiezza,

          e tutto quello.

Dove grave scalpello,

dove pennello fino,

ed ago soprafino

           v’han sudato.

Sarà sempre ammirato

lavoro di grand’arte

perché v’ebbero parte

          i più periti.

Con disegni graditi,

con dotta maestria

Tempio per Maria

          fu innalzato.

Quant’Oro hanno impiegato

più Nobili, e Mitrati

Principi, e Porporati,

          e i Papi stessi.

Perché furon anch’essi

dalla Vergin graziati,

e bene spesso ajutati

          in grandi affari.

Oh come belli Altari

di Casi preziosi,

d’arredi sontuosi

         tutti ornati.

Veder poi attaccati,

e a quei Muri appesi

là d’intorno distesi

        Tanti Voti.

Portati da divoti

per grazie ricevute

con iscrizioni argute,

          e ben intese.

Là di Galee prese

A’ Turchi, o liberate,

d’altre pur affondate,

           e riavute.

Parlan Tabelle mute,

parlan Stendardi, e le Armi

con dir: senza risparmi

           qui fansi Grazie.

Si levan le disgrazie

i morbi, ed i dolori,

le pene, e i languori

           sono sanati.

Gl’Infermi liberati,

i Ceppi, e le Catene

mostrano a chi qua viene

           da lontano.

L’Onnipotente mano

romper i lacci, e ferri

acciò che si disserri

           ogni Prigione.

Togliere ogni passione,

frenar pioggie e tempeste,

scacciar l’orrida peste,

           e quietar Mari.

Mandar questi ripari

a fiamme ben ardenti,

a Fiumi, ed a Torrenti

          senza offesa.

V’è la memoria appesa

delle liti serrate,

delle Vittorie date,

          e pace avuta.

Della gente perduta

nel velleggiar per Mare

se al fin s’ebbe a salvare

          qui ricorda.

Della gente soccorsa

in mezzo agli Assassini

con aiuti Divini

           per Maria.

Ancor di gente ria

da Demone suasa

rubar la Santa Casa,

           e poi fuggire.

Ebber dal Ciel venire

squadre di Spiriti armati

fermare i disgraziati,

           e furon colti.

Disegni essere ascolti

nanti del Divin Tetto

strapparvisi dal petto

           l’alma loro.

Così pur di coloro,

che un po’ di calce solo

preser dal sacro suolo,

            e fur puniti.

Sino al tornar pentiti

rimetter al suo loco

il tolto, benché poco

          ai Muri Santi.

Oh quanti segni, o quanti

pendono d’intorno al Tempio

a memoria, ed esempio

            delle Genti.

Che sappiano i portenti,

ed i prodigi strani

oprati per le mani

             di Maria.

Mai non si finirà

vedere i Voti loro

in Tela, Argento, ed Oro

              là lasciati.

D’Attratti,  e Disperati,

di Ciechi, Sordi, e Muti,

d’Ossessi e mal caduti

              in precipizj.

Altri da malefizj,

da Larve, ed ombre presi,

e dal Nemico offesi,

               liberati.

Di Figliuoli impetrati

da Donne partorienti,

Prigionieri Innocenti

              liberati.

Che tutti fur graziati.

Là dotti gli Ignoranti

là i Peccatori, Santi

               furono fatti.

Là pure i mentecatti

ebber giudizio sano,

ebbero cor uno anno

          anche i Tiranni.

Idolatri a molt’anni

altri nell’Eresia

sono tutti da Maria

          illuminati.

Questi sono dimostrati

nelle Tabelle impresse;

molto dimostrano esse,

          non già tutto.

È tempo ormai perduto

voler del già seguito,

ch’ha pur dell’infinito

          far racconto.

Qui torna ben a conto

dir qualche cosa ancora

del Tesoro che finora

          ivi ha Maria.

Oh gran tesoreria

Che ha mai la Casa Santa

Oh qual è mai oh quanta

          e senza stima.

I doni diciam prima

de i Papi ad un per uno,

di questi sol ciascuno

          fa un Tesoro.

Non solo d’argento, ed oro,

ma cose le più rare

scelte tra le lor care

           in Vaticano.

Imitati loro hanno

Vescovi, e Cardinali,

Prelati Principali,

          e gran Signori.

Gran Regi, e Imperatori,

Monarchi, e più Sovrani,

più Duci, e Capitani,

           e Cavalieri.

Così Luoghi primieri,

Città, Castelli, Regni

per Personaggi degni

            hanno recato.

A quel Luogo Sacrato,

suoi doni regalati

con l’Armi lo segnati

             come appare.

Sono Vasi d’Altare,

Lampade, e Candelieri,

più Croci, ed Incensieri

              di gran lavoro.

Calici tutti d’oro

di gioie tempestati,

e Crocefissi a aurati,

              e gran Lumiere

D’argento Statue intere,

più Gemme, e più Corone

di più Regie Persone,

              e più Maniglie.

Manti con Momperiglie

di Diamante intessute,

Collane mai vedute

          sì preziose.

Più Vesti maestose,

altre Sacerdotali

di Topazzi Orientali

          ancor guarnite.

Altre di Margherite,

di Smeraldi, e Rubini,

Pendenti, ed Orecchini,

          con Anelli.

De’ più fini Gioielli

guarniti, ed ingemmati

de’ Drappi ingiojellati

          senza fine.

Tratti d’ogni confine

ricche Spoglie di Guerra,

finiamo; il Ciel, la Terra,

           il Mondo tutto.

Sempre recò in tributo

Alla Ca Lauretana,

alla Vergine Sovrana

           i suoi Tesori.

Ma quanto più degli Ori

son più rare novizie

le sacre Massarizie

           son mostrate.

Sì spesso maneggiate

da Gesù, e da Maria,

e seco in compagnia

           da Giuseppe.

Giammai nessuno seppe

cercar cose maggiori

là dentro i gran Tesori

          di Loreto.

Quello che non è segreto

quello è il Tesor maggiore,

che non rende gran stupore,

            e ‘l tutto avanza.

Questa è la Sacra Stanza,

l’istessa Casa, e Tetto,

in che Gesù concetto

              ne rimase.

In che l’Angelo persuase

alla Reale Donzella,

farsi Madre l’Ancella

              del Signore.

Luogo di Sacr’onore,

ogni Sasso è un Tesoro,

la Polve più dell’Oro

               è preziosa.

La Statua Maestosa,

l’Immago Virginale,

di Viso Celestiale

               di Maria.

Tutta divota, e pia

col Bambin fra le braccia,

che pari porga la Grazia

                a chi la vuole.

Polve di rose, e viole,

e fior di giglio mista

San Luca Evangelista

                 par si servisse,

con quella coloro risse

l’Immago riverita

resa poi inbrunita

          da’ Profumi.

Di vari Incensi, e Lumi

che stando sempre ardenti

sembrano Stelle lucenti

          di quel Cielo.

Svegliando i cor di gelo

ad acquistar ardore,

infiammarsi d’amore,

          e poi bruciare.

Qual Tesoro è l’Altare

dentro del Santuario,

che di Cristo il Vicario

          ha consacrato?

Dove v’ha celebrato

il primo Successore

del nostro Redentore

          nella Chiesa.

La fiamma poi discesa

dal Ciel più volte il Tetto

del Divino Ricetto,

          e le visioni.

Le stesse apparizioni

della Madre di Dio

mostran se Sacro, e pio

          ne sia Loreto.

Sì che contento, e cheto

ogni nostro Congionto,

quando ciò le sia conto,

          dovrà stare.

Più non si può narrare

il resto abbiam veduto,

e meno assai del tutto,

          h’abbiam detto.

Sen vadi al Sacro Tetto

chi vuol di più sapere,

chi vuol di più vedere,

           e sarà sazio.

Soffrirebbe ogni strazio

ognun di noi ancora

per venerare tutt’ora

            la Sacra Casa.

O Santa, o Santa Casa,

di nuovo t’adoriamo,

di nuovo i cor doniamo

             a te Maria.

Così finiam la via,

e perché il ciel ci applaudi

finiamo con le laudi

             di Maria.

E qui si recitano le litanie,ec.

Atto di contrizione per ogni mattina, e sera nel viaggiarsi.

Sommo Ben, mio Signor

come non v’amerò?

V’amo con sommo amor,

quanto quest’alma può.

     Perché il mio cor peccò

     or n’ho sommo dolor,

     mai più v’offenderò

     con il vostro favor.

Le mie colpe dirò

 a pié del Confessor;

penitenza farò

de miei passati error.

     Sommo Ben, mio Signor

     come non v’amerò?

     V’amo con sommo amor,

     quanto quest’alma può.

-.-.-.-. Vesprini Albino Belmonte Piceno 2025 trascrisse

               IL FINE

               IL FINE

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MIRELLA RICORDA LA GUARIGIONE CON LE PREGHIERE DI GIUSTINA AGOSTINI SBAFFONI

Mirella ricorda GIUSTINA Sbaffoni

   La storia che voglio narrarvi, seppure vissuta da me in prima persona, mi è stata in parte raccontata dai miei genitori. Al tempo dei principali avvenimenti qui narrati, non ero infatti in grado di comprendere cosa stesse accadendo intorno a me.

   È il mio incontro con Giustina Sbaffoni che intendo narrare e di come, da quel momento, la mia vita è cambiata al punto da poter dire di essere nuovamente nata.

Avevo non più di 14 anni d’età al tempo dei fatti: ero una bambina normale trasferitasi dal Fermano, in quel di Roma, all’età di cinque anni con i genitori. Mio padre Renato e mia madre Angela sono dovuti emigrare per motivi economici dalle loro terre natie, ma, nonostante ciò, la mia vita trascorreva tranquilla, se non fosse che, in un giorno qualsiasi dei tanti, la salute smise di sorridermi.

Iniziai a provare un profondo malessere, improvviso e violento: inspiegabile. Sono bastati due o tre giorni per veder appassire il mio fisico e il mio umore. Smisi di mangiare. I miei genitori, da una lieve apprensione iniziale, cominciarono seriamente a preoccuparsi quando smisi di vedere. Iniziava così il calvario dei miei cari. Si susseguirono visite e medici, un via vai continuo che inizialmente ancora comprendevo, ma poco dopo la mia mente si spense. Dai racconti ascoltati, ho appreso che non ero più in grado di muovermi, né parlare, rimanevo fissa nel letto dove il mio corpo iniziava a spegnersi. Mi stavo consumando lentamente e senza che si capisse un perché. Le lacrime dei miei genitori, di fronte al capezzale di una bambina che ormai pesava meno di trenta chili, non si contavano più. In seguito, mi furono raccontati per lungo tempo quei momenti di disperata preoccupazione che profondamente hanno marchiato i miei cari, nell’impotenza di darmi un qualsiasi aiuto. Anche la scienza medica non ne sapeva dare un perché.

Da ragazza robusta e piena di salute quale ero prima, apparivo al contrario smunta ed inerme alla visita dell’ennesimo medico. La disperazione dei miei genitori raggiunse il culmine quando mi fu palesata, nell’ennesima visita, una forma di tumore al cervelletto. La diagnosi arrivò terribile e cruda, accompagnata dalle parole del medico che prognosticava ormai poco tempo per me da trascorrere in vita.

Rivivo ancora oggi i racconti dei miei cari: il loro smarrimento ed il senso di impotenza. La loro vita era ad un bivio come ormai la mia. I miei genitori vagavano costantemente in cerca di qualche aiuto di rimedio. Un giorno mia madre arrivò a sfogarsi con una loro cara amica, piangendo presso di lei e con lei di gran dolore. Fu questa donna che risvegliò un ricordo in mia madre. Tra le confidenze, in tempi non sospetti, avevano parlato tra loro di Giustina. Questa conversazione aveva fatto ricordare a mia madre la signora Giustina, conterranea, che si prodigava nell’aiutare i malati. Lei con la fede e la preghiera aveva aiutato molti. Ci fu come un risveglio. La decisione di portarmi da Giustina fu immediata. I timori per il viaggio erano molti: più di quattr’ore di macchina da affrontare e la quasi certezza che non sarei sopravvissuta alla fatica. Non rimaneva altro che provare.

Mio padre in seguito mi raccontò lo sforzo per sollevarmi dal letto e adagiarmi sui sedili posteriori della sua auto, sforzo di animo più che di fisico, dato il mio poco peso. Posatami una coperta addosso, il viaggio iniziò senza interruzioni. Erano compagni, il silenzio e la preghiera. All’arrivo, di nuovo tra le braccia di mio padre, incontrai Giustina. Non potevo vedere. I loro racconti mi hanno dato modo di ricostruire quei momenti, ma si fanno nebbiosi. Ricordo di mia madre che parlava mentre Giustina era seduta su di uno sgabello in una stalla con delle mucche. Vicino a lei una seggiola. Giustina invitò mio padre a farmi sedere. Mia madre disse che non sarei riuscita a rimanere seduta, inevitabilmente sarei caduta. Giustina si rivolse a mio padre insistendo per adagiarmi sulla seggiola, con la raccomandazione di rimanere accanto. Dai racconti di mia madre ho appreso che Giustina poggiò le sue mani sulla mia pancia, pregando ad occhi chiusi. Dopo breve tempo, rivolgendosi a mio padre, disse di riprendermi in braccio e portarmi via. Mentre venivo riadagiata sul sedile dell’auto, mia madre era rimasta sola con Giustina e le raccontava dei tormenti a seguito della diagnosi di tumore al cervelletto e dei timori per la mia morte. Fu allora che Giustina chiese di riportarmi da lei. Nuovamente mio padre sollevò il mio corpo privo di consapevole volontà per riadagiarmi sulla seggiola al cospetto di Giustina. Fin qui, il racconto, ricevuto da parte dei miei, mi ha permesso di ricostruire quei tempi. Io non ho nessun ricordo di quei giorni.

Come il risvegliarsi da un lungo sonno. Mi trovavo in una stalla, con attorno a me persone sconosciute e tra loro una signora anziana, con un fazzoletto in testa e il Crocifisso tra le mani. Sentivo il peso di quelle mani sul mio stomaco. Percepivo le piccole battute fatte da quelle mani.

Poi guardavo spaesata intorno a me, vedevo i miei genitori e con voce forzata e flebile chiesi loro dove fossi. Li vidi mettersi a piangere al mio parlare. I miei ricordi si fanno confusi. Ero stanca.

Per la prima volta, udii Giustina che rivolgendosi ai miei cari, disse loro di andare, di stare tranquilli. Le parole che ancora ricordo furono: «Gli hanno voluto tanto male».

Sentii la voce di Giustina che mi diceva di alzarmi. Allora provai traballando per quanto ero indebolita, e ci riuscii. I miei che stavano inchinati, furono emozionati per l’accaduto, e alla vista di ciò si lanciarono verso di me e fui presa tra le braccia, subito, da mio padre e da mia madre. Non ricordo altro.

Affrontai il viaggio di ritorno verso Roma. E così, improvvisamente come era arrivato, il mio male se ne era andato, svanito. Dopo che mi ero ripresami a sufficienza in salute, iniziai a fare domande. Inconsciamente mi sentivo incuriosita sui fatti, mi sentivo spinta a chiedere notizie di quella signora di cui ricordavo chiaramente le poche parole. Sentivo un legame profondo e inspiegabile.

Tra i fatti più ricordati dai miei genitori e c’era quel nostro arrivo da Giustina. Mi hanno più volte raccontato che davanti al locale della stalla si accalcavano tante persone in attesa di poter incontrare Giustina e appena arrivati noi, queste si spostarono per farci passare. Scoprimmo poi che Giustina si era raccomandata con loro di far passare una bambina che stava male e che veniva da lontano e così fecero, seppure noi non avessimo avvisato nessuno di questo nostro viaggio.

Oramai pienamente ripresa in salute, iniziai a vivere la mia adolescenza in modo naturale. Sentivo peraltro il bisogno di rivedere Giustina. Il desiderio mi spinse a chiedere ai miei genitori di riportarmi da lei, non appena si sarebbe potuti tornare nelle Marche. Passò un anno.

Fremente riuscii a tornare da Giustina. Riconobbi la stalla, la sua voce, il suo profumo. Abbracciai e baciai Giustina, pensando a come mi sentissi stranamente legata a lei. In quel momento la sentivo dire, rivolgendosi a mia madre Angela: «Oh, quanto mi rimane impressa questa ragazzina». Poi, guardandomi, mi disse che avrebbe scritto di suo pugno una lettera per me, per la mia futura famiglia, per i figli che avrei avuto … Mi raccomandò di non lasciarla mai, di portarla sempre con me, parlandomi di gelosie che avrebbero minato la mia serenità, soprattutto da parte delle mie future cognate.

Non diedi importanza alla cosa, erano ancora adolescente, di sicuro non pensavo ancora ad un matrimonio. Promisi però di conservarla e dissi a lei che io sarei tornata nuovamente a trovarla non appena mi fosse stato possibile ritornare nelle Marche.

Fu allora, dopo questa mia promessa, che Giustina indicò una finestrella in alto sulla stalla e guardandomi con amore disse: « Vedi … Mi hanno già chiamata». Dissi un flebile “no”. Lei sorrise e mi disse: «Senti bene: tu tornerai da me ma io non ci sarò». La interruppi di nuovo chiedendo ingenuamente: Perché? dove vai?». Giustina mi rispose: «Lassù … ma ti dico che quando verrai sarai accompagnata con l’uomo giusto per te. E quando avrai bisogno di me chiamami … Quando la Madonna mi darà il permesso, io ti aiuterò». Mi allontanai perplessa, ma gioiosa nell’aver potuto abbracciare Giustina, e , nonostante tutto, la sentivo oramai parte di me.

Passarono gli anni e la vita trascorse, ma il desiderio di poter rivedere Giustina non svanì. Fu in un’estate spensierata che riuscii finalmente a tornare nella mia natia regione, in vacanza, con la mia famiglia e con il mio fidanzato. Fu naturale per me trovare il modo di tornare a Belmonte, da Giustina, per giunta con il mio fidanzato e volevo tanto che lei lo conoscesse. Arrivai a quella sua abitazione e non trovai le solite persone davanti alla stalla. Allora cercai di capire e potei chiedere ad una signora dove si trovasse Giustina. Mi rispose che non era più tra noi. Questa signora mi diede una foto di Giustina come ricordino. Stetti male.

Presi conoscenza del luogo della sua sepoltura e andai a trovarla, mantenni così la parola. Accanto a me il mio futuro marito. Giustina aveva ragione.

Mi sposai con l’uomo che mi aveva accompagnato fidanzato nell’andare da lei. E, come Giustina mi aveva predetto, così tutto accadde. Ho ancora la sua lettera, e da quel giorno ogni anno, faccio visita alle sue spoglie mortali e le porto un fiore per ringraziarla di tutto ciò che lei è stata per me e per i miei cari, da lei predetti.

   Queste poche righe vogliono essere una testimonianza per coloro che non hanno potuto conoscere Giustina Sbaffoni, e per quanti non hanno potuto bearsi della sua bontà e per quelli che, conoscendomi, sanno quanto bene, quell’incontro con Giustina abbia creato per la mia vita.

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GIUSTINA AGOSTINI SBAFFONI orante a Belmonte Piceno

GIUSTINA

AGOSTINI SBAFFONI

“ Vi amerò dal cielo come vi ho amato in terra“

Belmonte Piceno 1984 con aggiunte 2025

GIUSTINA AGOSTINI SBAFFONI

(*Servigliano 1882 – + Falerone1972)

I N D I C E

Pag.

3   Gaetano Sbaffoni: Un breve racconto della vita di mia madre

7  Dino Agostini: Una santa

8  Lettere scritte da Giustina

9  Giustina a colloquio con le persone

10  Dante Agostini: Ricordando zia Giustina (poesia)

11  Giustina prega

12  Giustina testimonia il Vangelo

14  Il carisma: arrivano i cuori per essere leniti

15  Don Mauro Natali: “Mi manda Giustina”

16  Giustina dona

17  La lettera che scriveva solitamente Giustina

18  Parlano di Lei varie persone

19 Emilia Sagripanti:  Amata  e ricordata come santa

21  Ricordino pubblicato dopo la morte

25  Ivano Bascioni: Giustina

26  Sante Vitturini: “Santa”

27  Racconti di vari ricordi

30  Le sue raccomandazioni (Sagripanti Emilia)

31   Raccogliere notizie

             <Digitazione di Vesprini Albino>

 GIUSTINA disse alla fine: “Non piangete la mia morte.

Vi amerò dal cielo come vi ho amato in terra”

Sbaffoni Gaetano scrive

“Un breve racconto della vita di mia madre“

   Mia madre Agostini Giustina nacque a Servigliano il 24 aprile 1882 da famiglia di agricoltori (Agostini Pietro), poi quando era ancora giovanetta, si trasferì con tutta la famiglia a Monteleone di Fermo ove il nonno aveva comprato un appezzamento di terreno e costruito la casa. Nel 1903 sposò mio padre, Sbaffoni Giovanni di Belmonte Piceno. Da questo matrimonio nacquero sei figli, di cui tre a Belmonte Piceno: Gaetano e Nello, la prima fu una bambina che morì piccolina di poliomelite; poi altri tre figli: Consiglia, Giulia e Francesco nacquero a Falerone ove ci trasferimmo nel 1909.

   La vita di mia madre non fu certo cosparsa di rose, tutt’altro. Eravamo allora una famiglia numerosa. Nel 1914 morì a soli 29 anni un fratello di mio padre che viveva insieme, lasciando la moglie, zia Elisa con tre figlioletti piccoli. Nel maggio 1915 mio padre fu richiamato in guerra ove restò per più di tre anni: che disastro! Rimanemmo 10 persone di cui sette bambini, io che ero il più grande avevo 9 anni appena; mia nonna 70; mia zia e mamma tutto il giorno lavoravano in campagna e in casa. Alla sera, di notte, mamma tesseva la tela per gli altri, mentre zia e nonna filavano con la rocca, come si usava in quei tempi. Mamma, quando non aveva da tessere la tela, cuciva camicie, pantaloni e vestaglie, lavorava le maglie di lana, ricamava. Era molto brava per i lavori di uncinetto e per i disegni che insegnava anche alle ragazze della contrada. Venivano alcune persone a parlare con lei e a pregare per la guarigione dai loro mali. Mio padre non voleva confusione di tante persone, specialmente sconosciute; nonno e nonna mi raccontavano che la virtù di pregare per guarire e prevedere i fatti, l’aveva fin dalla nascita. Mi raccontavano che mamma era molto religiosa e voleva farsi suora; ma i suoi non vollero, specie nonno che era molto autoritario, essendo stato per alcuni anni “il fattore” di un grosso proprietario di vigneti a Roma.

   In quei tempi vi erano molti analfabeti e mamma scriveva spesso le lettere per gli altri, specialmente durante la guerra. Alcuni venivano a farle leggere lettere e documenti di carattere legislativo che lei spiegava. Consigliava le persone con competenza.

   In tutta la sua vita: sacrifici e lavoro; molte volte d’estate, si lavorava nei campi di notte, al chiarore della luna.

   Nell’autunno del 1918, terminata la guerra, cominciò una disastrosa malattia, un’epidemia chiamata “Spagnola” che mieteva moltissime vittime, soprattutto giovani. Mamma allora si prodigava a visitare gli ammalati passando, a volte, le nottate intere ai capezzali degli infermi. Mi ricordo che quando parlavano di alcuni e di altri malati, lei diceva con sicurezza (e poi si avverava) i nomi di coloro che sarebbero morti nel giro di pochi giorni.

   Nel 1920 ritornò un po’ di serenità.  Nel 1923 ci trasferimmo a Belmonte Piceno, paese nativo mio, di mio fratello Nello, di mio padre e degli antenati. Fu allora che mamma poté concedersi più libertà per dedicarsi a ricevere persone, senza trascurare il lavoro di casalinga. Era un periodo che si viveva con molta felicità: tanta allegria regnava nella nostra famiglia, ma non fu duratura, poiché nel 1937 morì improvvisamente mio padre a soli 58 anni. Mamma fu molto rassegnata e da quel momento diventò più religiosa ancora. Alla sera, chiusa nella sua cameretta, pregava in ginocchio. Quella sua virtù di impetrare guarigioni e di prevedere i fatti, lei l’attribuiva ad un dono di Dio. Otteneva con la preghiera le guarigioni. Era considerata come guaritrice. Era molto disinteressata, non voleva niente per sé, anzi era più soddisfatta di dare che non di ricevere.

   Poi, un giorno, l’arcivescovo mons. Norberto Perini, in una predica, invitò i cittadini di Belmonte a riparare la chiesa belmontese della Madonna delle Grazie. Cominciò anche lei a ricevere qualche offerta, insieme con don Mauro Natali, cappellano a Belmonte.

   Era molto altruista, caritatevole, amava soffrire per implorare grazie da Dio. Digiunava per 40 giorni consecutivi tutte le quaresime, e la notte di Pasqua non andava a dormire, la passava tutta in preghiera. Così pure la notte di Natale.

   Era sempre a disposizione di tutti ed amava tutti, come la propria famiglia. Compativa i giovani per i loro errori giovanili.

   Mi diceva sempre: “Gesù nacque povero in una stalla e visse povero. Anch’io voglio morire povera”.

   Tanti fedeli ogni giorno si avvicinavano al lei. Io mi meravigliavo di come faceva a sapere tante cose private, quando ad alcuni raccontava il loro passato senza averli conosciuti o visti altre volte. Esortava, consigliava, aveva per tutti una parola di conforto e di incoraggiamento.

   Pregò per un mio nipotino che doveva avere un intervento chirurgico per un ascesso sotto il braccio: appena toccato e benedetto, fu guarito completamente. Quando in famiglia avveniva qualche disgrazia, lei la prevedeva dieci o quindici giorni prima. Andava a visitare gli ammalati, anche per nottate intere, quando avevano bisogno di assistenza. Ricca di esperienza, temprata dai sacrifici, era di animo forte, di fisico robusto, di mente aperta e molto intuitiva. Il culmine della sua capacità di pregare e ottenere guarigioni, divenne più stabile, con carità cristiana, dopo un infortunio che la fece molto soffrire all’ospedale di Montegiorgio, dove si ricoverò per l’amputazione del dito anulare, completamente spezzato, mentre attingeva l’acqua dal pozzo, profondo circa trenta metri. Mandando giù il rotolo che avvolgeva la corda, gli era rimasto impigliato il dito anulare ad un ferro. Fu operata all’ospedale.

   Soffrì anche, molto, per la lunga assenza di mio fratello Francesco, nato nel 1919, dopo il servizio militare d’obbligo. Si fece tutta la guerra e mentre tutti gli altri tornavano, lui restava prigioniero in Germania. In quel tempo fu richiamato alle armi pure mio fratello Nello.

   Nel 1948, mio fratello Francesco si trasferì a Roma. Poi nel 1953 la mia famiglia e quella di Nello, ci dividemmo, e mamma ne fu dispiaciuta perché preferiva stare insieme con tutti i figli. Lei andò ad abitare insieme con Nello che rimase a Belmonte, mentre io mi trasferii a Piane di Falerone. Allora mia madre, ormai anziana, si dedicò completamente al servizio dei sofferenti. Andava a Messa, a Belmonte, tutte le mattine, poi fino alla sera non faceva altro che ricevere le persone d’ogni condizione e d’ogni età che venivano a cercarla. Questa sua attività di ricevere le persone tutto il giorno, l’ha sempre seguitata fino alla morte. Nell’aprile 1968 venne ad abitare a Piane di Falerone per circa due anni. Poi la salute cominciò a declinare: ammalata di diabete perse in parte la vista, e fu ricoverata per una quindicina di giorni all’ospedale di Fermo. Non perse mai l’intelligenza: leggeva con gli occhiali le preghiere che erano scritte in un libriccino. La sua morte avvenne in una fredda e triste giornata invernale, precisamente il 19 dicembre 1972.  Prevedeva la sua fine molti giorni prima, diceva: “Non ho più niente da fare, sono pronta per partire”.

   Affacciata alla finestra, ebbe a dire: “Lasciatemi guardare questo mondo tanto bello che poi non lo rivedo più” ed infatti, mentre nella sua cameretta, stava parlando con un’infermiera dell’ospedale di Fermo, si addormentò, per sempre, nella sedia dove era seduta. La notizia della sua morte si sparse rapidamente un po’ dovunque, anche a mezzo dei manifesti e del giornale “Il Messaggero” (21/12/72)

“La popolare “guaritrice” Giustina Sbaffoni   < … >   è morta a Piane di Falerone dove negli ultimi anni si era trasferita dalla vicina Belmonte Piceno e dove nonostante i suoi 90 anni, riusciva ancora a dare, grazie alle sue eccezionali doti di sensibilità, speranza e fiducia nella vita e spesso la salute al corpo. Figlia di contadini era nata a Servigliano, la Città Clementina, centro della ubertosa vallata del Tenna. Si era unita in matrimonio a Giovanni Sbaffoni da cui ebbe cinque figli. A Belmonte aveva fatto costruire il conventino a sue spese presso la Chiesa della Madonna delle Grazie.

   Il ricordo che lascia è quello inciso nel cuore di migliaia di persone sparse in tutta Italia che la considerano: “Benefattrice dei poveri, degli umili e degli afflitti”. – \

   I funerali si svolsero a Piane di Falerone e poi a Belmonte Piceno, dove erano numerosissime le persone tanto che non fu possibile a tutti di entrare in chiesa, con la predica di padre Dino Agostini, suo nipote, a cui mamma voleva bene più di un figlio. Appresa telegraficamente la notizia era ritornato in aereo dalle missioni dove si trovava.

   Ancora vengono pellegrini da lontano a visitare la chiesa della Madonna delle grazie e la tomba di mia madre: persone che davano le loro testimonianze dicendomi: ”ha fatto del bene”. Le ha guarite non solo dai mali fisici, ma soprattutto morali.

   Certamente non spetta a me, suo figlio, raccontare altri particolari. Ho voluto soltanto fare un cenno delle sue abitudini, della sua vita, dato che la mia fanciullezza è stata lungamente legata alla sua giovinezza, poiché alla mia nascita mamma aveva appena 24 anni.

 Gaetano Sbaffoni

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P. Dino Agostini, nipote per parte del fratello di Giustina, Enrico, la definiva: “una mamma, una zia, una benefattrice, una santa”. –

   Ecco la lettera che scrisse dal Seminario Internazionale di Madrid “Giovanni XXIII” dei Missionari della Consolata.

   “Di lei possono parlare molto i figli, i vicini, e le migliaia di persone che sono passate davanti a Lei per più di settant’anni. Quello che veramente fu ammirabile, in zia, non fu tanto il dono avuto da Dio, di intuire, di guarire: questi sono doni che altre persone hanno. Il meraviglioso fa la sua vita: la sua incessante preghiera, la sua bontà, la sua pazienza, il suo spirito di fede, di penitenza; quella carità inesauribile verso tutti, senza dare alcun segno di stanchezza. Ora i beneficati incominceranno a parlare.

   Aveva anche i suoi limiti; ma che cosa sono questi davanti all’amore che lei praticava ed alle virtù cristiane che adornavano quest’anima? Preghiamo per la sua anima; e invito tutti a rivolgerci a Lei e dirle: “Prega per noi!” Con questi pensieri invito tutti a sentimenti di gioia: gioia che non annulla i sentimenti di dolore per la scomparsa, ma che diffonde, sul manto nero della morte, la luce di Dio, con l’allegria di avere ancora una mamma e una protettrice nel cielo”.

14 gennaio 1973                        p. Dino

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LETTERA SCRITTA DA GIUSTINA (1961)

Carissimo,

                  Ti auguro ogni bene, particolarmente la pace. Il Signore ti riempie di gioia e santifica l’anima tua. Pregate che io prego.

   Nel nome del Signore vi auguro che vi preservi da ogni male e vi conservi nella Sua grazia. Saluti e santa Benedizione a tutti i componenti del tuo lavoro.

   Ricordami che io rassicuro che ti terrò presente con le mie preghiere, sebbene tanto fredde e distratte.

   La Casa già l’ho sistemata e ci è andato Don Sante con la madre, in un appartamentino. C’è la Messa sempre.   è custode di tutta quella roba che ho acquistato con tutti i buoni che hanno voluto aiutarmi in questa opera di bene.

   Stai tranquillo che il dolore racchiude un segreto di felicità in avvenire.

Un saluto moltiplicato.        Giustina Agostini ved. Sbaffoni

(In altre lettere)     “Saluti e santa benedizione a tutta la famiglia. Offro un’altissima affettuosa riconoscenza di preghiere e di beneficenze …”

(oppure)   “….Ti benedico con tutto cuore,

tua Aff.ma in Gesù e Maria…”   Giustina

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Giustina a colloquio con le persone

   Esploriamo quello che Giustina ha fatto ed ha detto. Quel suo modo di star a colloquio con la gente, modo sincero, spontaneo, generoso, era nutrito dalla viva sensibilità fraterna.

   A spingere Giustina a dialogare era la piena fiducia in Dio nostro Padre, tanto da trasformare ogni incontro con le persone in una preghiera.

   Il suo segreto?  La conquista personale di un ricco patrimonio di fede profonda, e insieme la competenza pratica, la sicurezza interiore, il senso concreto dei bisogni e dei dolori.

   L’abbiamo vista al mattino, in chiesa, vicino all’altare, per unire la sua all’offerta del sacrificio eucaristico, con intima unione con Cristo. L’abbiamo vista per strada con il rosario in mano.

   L’abbiamo vista spesso segnare con il Crocifisso.

   Ogni momento di incontro con una persona le faceva costatare tante preoccupazioni: ogni persona portava una pena, giorno per giorno.

   E Lei, di fronte alle prove che le venivano confidate, di fronte alle avversità, non ha mai spento la fiducia, la speranza. Lei meditava e pregava. Le bastavano la fede, la speranza e la carità.

   Giustina parlava, sempre serena, nella mitezza, per la fiducia nella misericordia del Padre nostro.

   Perché per Giustina né i peccatori, né gli avversari, né altre persone scontente, causavano mai un pregiudizio? Cosa spingeva la sua attenzione a occuparsi e preoccuparsi di loro?

   Atei, indifferenti, fedifraghi, nessuno era estraneo. Giustina è coerente con la carità cristiana, generosamente dedita all’altrui felicità. Si presentavano persone sfiduciate e se ne partivano incoraggiate.

    La sua povertà, la mansuetudine, sono una proposta di pace, di sacrificio, di gioia.

   Accompagnava le persone che sfogavano le loro pene, a vivere la pace con se stesse, con Dio, e con gli altri. Lei, come noi, si trovava di fronte a tante infelicità.

   Lei sa che l’infelicità è specchio dell’intero sistema di vita. Pertanto l’unica cosa, che è congeniale, è la misericordia, con attenzione vitale per ogni persona accolta, ascoltata, compresa.

RICORDANDO ZIA GIUSTINA

Sempre serena, sempre sorridente,

pure se in cuore avevi qualche spina,

povera, cara e brava zia Giustina,

com’eri dolce e buona con la gente !

   Vivevi la giornata intensamente

    per le visite continue, poverina;

   sempre rivolta alla Bontà Divina

   tu elargivi conforto al sofferente.

Quasi rapita, pronunciavi frasi

ispirate, ma dense di costrutto,

e risolvevi ingarbugliati casi.

   Favori e grazie potevi ottenere

   sì per le tue virtù, ma soprattutto

   per l’efficacia delle tue preghiere!

                         Dante Agostini (nipote)

              <Missionario della Consolata>

GIUSTINA PREGA

   Giustina ha attinto l’energia della sua spiritualità dall’Eucaristia, dalla preghiera Mariana, dalla sofferenza. Viveva nella fiducia dell’opera di Dio. Ben sapeva che ogni persona trova difficile il patire, ma guardava la vita eterna: quanto dura il dolore sulla terra?

   Nell’intensa pietà c’è la sua dedizione a Dio. Meditava la passione di Gesù e con serene rinunce alimentava la carità interiore.

   Leggeva “L’Imitazione di Gesù Cristo” e recitava le preghiere usando il libro diocesano delle Pie pratiche per la Madonna del Pianto (Fermo 1929). Con sé aveva sempre il Crocifisso.

   Celebrava con gioia le feste, preparandosi nella vigilia e partecipando alle sacre funzioni parrocchiali. Per onorare Dio, invocava i suoi Santi, a cominciare dalla Madonna e da sua madre sant’Anna. Faceva tesoro delle indulgenze e procurava di meritarne per sé e per i defunti. Soprattutto faceva ogni sforzo per partecipare, ogni giorno, alla santa Messa e Comunione e sostava con devoto raccoglimento dinnanzi al santissimo Sacramento, inginocchiata, a mani giunte, sulla soglia di marmo della balaustra.

   Chi conosceva bene i suoi genitori testimonia che non avevano voluto che si consacrasse facendosi Religiosa. Non si scoraggiò: in segreto, meditava e manteneva l’intenzione di amare Dio e gli altri, con l’aiuto della Grazia. Tutto accettava per amor di Dio, trattando gli altri in modo umile, mite e abbandonandosi a Gesù Cristo.

   Pregava con l’offerta di se stessa in atto di adorazione, digiunava d’Avvento e di Quaresima per espiare le manchevolezze sue e degli altri. Pensava per chi ancora non conosce Dio nostro Padre, pregava e propagandava le opere missionarie nelle quali infervorò anche il nipote Dino Agostini che visse un po’ di tempo insieme con lei ed è stato missionario della Consolata.

      Consolava gli altri, poco prima di morire, dicendo: “Pregherò per te in cielo, come faccio in terra”. Il suo cuore era distaccato dal piacere materiale, ma attaccato al Bene supremo. Di cibi e di bevande usava con la parsimonia di chi sui nutre molto e vive della Parola di Dio.

    Rende grazie delle pene, a Gesù che in esse viene.

    Al Crocifisso lei si offre che Risorto più non soffre

GIUSTINA TESTIMONIA IL VANGELO

   Le azioni di ogni giorno le offriva a Dio in unione con il divin Figlio, Salvatore, e con filiale devozione alla Madonna.

   Rifuggiva da ogni diversivo inutile, premurosa di confortare e incoraggiare nel bene chi si avvicinava a lei. L’amore di Dio le faceva superare gli ostacoli, ed il suo atteggiamento di umile, attenta dedizione era più eloquente di ogni discorso.

   A chi la contrariava o la offendeva, non rispondeva, perdonava tacendo e pregando. Con tale pazienza dissuadeva anche dal bestemmiare.

   Si dedicava alle attività, insaporendole con l’intenzione di amor di Dio. Dal suo volto traspariva la serenità, dal suo vestire l’umiltà, dal portamento la purezza dell’animo. Era ubbidiente a per avvicinarsi con tutti al Signore. Manteneva il tipico riserbo della vita interiore.

   Rifuggiva anche dalla precipitazione specie nel giudicare: era padrona di sé, senza mai lamentarsi, né per offese, né per il freddo intenso, né per l’eccessivo caldo o per altri incomodi.

   La sua vita testimonia l’umiltà e la parsimonia

    Lei spera, prega e tace con gran fede, forza e pace.

GIUSTINA DICE

   In ogni occasione, in ogni sua lettera, raccomanda sempre di pregare. Ma non per un senso pessimistico di paura della vita, anzi offre il suo modello di preghiera estasiata che ringrazia il Padre per l’incanto della vita: le ultime parole, che sono state raccolte dal figlio Gaetano: “Fammi guardare questo mondo che tanto bello” sono parole che invitano a partecipare alla gioia del creato.

   Alcuni suoi consigli sono restati proverbiali. Tanti se ne potrebbero raccogliere dalle testimonianze delle persone che l’hanno incontrata.

   A proposito di riconoscenza, ripeteva: “Quando uno l’hai portato sempre sulle spalle, al momento che lo posi a terra, è come se non gli avessi fatto mai niente”.

   Diceva anche: “La persona, meno vale, più pretende”.

   Ad un ragazzo desideroso di diventare sacerdote, col suo sorriso preveggente, disse: “Meglio un buon secolare che un cattivo prete”.

   Alle persone malate nello spirito e nel corpo, raccomandava di pregare per accrescere la propria fede. Dice ai sofferenti di non disperare; non imprecare, ma affidarsi al buon Dio che li chiama con la prova e li rassicura che: “Nella sofferenza è racchiuso un segreto di felicità per l’avvenire”.

   Dice: “Cerca di non far del male che tutti ti vorranno bene”.

   Incoraggia a guadagnarsi il paradiso, con fiducia, pregando: “Gesù confido in Te”.

    La fede evangelizzante,  anche senza altoparlante

    parla e chiama con l’esempio e risveglia pure l’empio.

*

IL CARISMA: “Arrivano i cuori per essere leniti”  

   Il dono di Giustizia era la comprensione fraterna, con presenza umile. Ascoltava migliaia di persone all’anno, senza lasciar trasparire alcun sacrificio; irradiava sempre la calma. La incontravano in qualsiasi ora e lei tranquillamente avvicinava le persone meno simpatiche, cioè quelli che stanno a lagnarsi dei propri affanni ed insistono per vedere esauditi i loro desideri.

   Le sue parole scendevano nel cuore dei preoccupati e degli afflitti con la delicatezza del sollievo, con l’effetto di una carezza avuta da Dio. Irradiava la rassegnazione cristiana, la pace interiore. E partecipava alla gioia dei piccoli e dei grandi. Così pure per ogni dolore.

   Procedeva nel suo carisma di pacificazione con costanza, senza cedere allo scoraggiamento, mostrando amore a Dio e al prossimo nell’accoglienza quotidiana. Testimoniava, senza ostentazione, la fiducia cristiana, anche tra dolori.

   Nascondeva i propri dolori fisici, dietro un pacato sorriso. Suggeriva una parola buona, sempre, nei contrasti, senza mai alterarsi, con atteggiamento meditativo e garbato

   Sapeva penetrare i cuori, consigliare, con una sapienza che non poteva essere semplicemente umana, ma di grazia divina. Nelle discordie invitava il più prudente a saper cedere, invece di accanirsi per aver ragione. Conciliava. Scusava, perché a volte uno fa del male senza volerlo, e consigliava sempre il perdono.

   Il suo sguardo era un richiamo alla bontà: occhio pacato, puro, onesto, buono. La furbizia di Giustina è piuttosto cortesia, con la delicata perseveranza. Con la preghiera costante riusciva dove altri non riuscivano.

   Della persona che sbagliava, lei non pensava alla malizia, piuttosto vedeva il bisogno di misericordia. Esortava a vivere senza far del male. Spesso la pace manca persino tra parenti o familiari, a motivo del danaro o dell’orgoglio, per cui c’è tanto bisogno di riappacificare le persone.

   È successo che quelli che non speravano di far pace, vinti dall’opera divina mediata da Giustina, piangevano, alla fine, contenti di perdonare.

   Per Giustina non c’era peccatore che non potesse sperare, che non potesse pentirsi e tornare a sorridere, rialzando la faccia umili con lo spirito perdonato dalla divina misericordia.

 Le è certa che il Padre nostro perdona sempre, per i meriti dell’Agnello divino, che porta e toglie il peccato del mondo, offrendo il Suo sangue. Giustina era lieta di riconciliare le anime; non si scoraggiava neanche per la massoneria.

   Guidava le persone con la sua parola, il suo esempio e con il suo coraggio nel mare burrascoso della vita. Amava per insegnare ad amare.

    Nella Chiesa, Cristo soffre

nel martirio Lui si offre

del fedele e sacerdote  

che il Nemico ancor percuote.

TESTIMONIANZA SCRITTA DA UN PARROCO:

Montecosaro Scalo, 12 aprile 1984 

   “Dalla casa dove abitava Giustina alla chiesa parrocchiale del SS. Salvatore a Belmonte Piceno, situata al centro del paesino, c’era un buon tratto di strada da percorrere.

   Molto spesso a piedi veniva qualcuno a chiedere del Sacerdote: “Ho bisogno di confessarmi…. mi manda Giustina”. Erano casi molto delicati, situazioni aggrovigliate e certamente procuravano anche un malessere fisico. Il tormento dell’anima si rifletteva in una sofferenza esteriore ed allarmante. Giustina aveva letto nel profondo della coscienza ed aveva suggerito, per prima cosa, di rimettersi in pace con Dio. La guarigione poi sarebbe stata sicura. “Sto meglio …. mi sento tranquillo” erano le espressioni che si coglievano sulle labbra di chi aveva confidato al Sacerdote, quello che nascondeva da tempo nell’intimo del suo cuore.

   “Il tuo è male dello spirito” aveva detto a qualcuno con espressione penosa e triste e veramente era così.

   Giudicare Giustina Sbaffoni come la donna privilegiata da doni di natura non è tutto; ai doni di natura si aggiungeva la carica spirituale di donna di preghiera – vegliava in preghiera molte ore della notte – di riflessione, di anima contemplativa e sapeva cogliere i problemi che si agitano nel cuore dell’uomo”.

Montecosaro Scalo                      Sac. Mauro Natali

GIUSTINA DONA

   Tra le persone a lei care c’è il nipote Padre Dino Agostini, attivo coi Padri Missionari della Consolata a San Manuel di San Paolo in Brasile e altrove. Fu lei ad infervorarlo ed educarlo. Anche con i seminaristi diocesani era benevola, generosa per la maggiore gloria di Dio e li sosteneva con la preghiera assidua, tra l’altro per il buon esito negli studi. Pregava per tutti, sempre, senza distinzione di ideologie e realizzava la giustizia con la carità, evitando che si offendesse alcuno.

   La gente dice che Giustina “indovinava”, ma non faceva l’indovina. Leggeva nel profondo del cuore. Prediceva cose che sarebbero avvenute, come la durata di una malattia, o una morte improvvisa. Spiegava ad una donna che lamentava l’appendicite, trattarsi invece di gestazione. Rassicurava i fidanzati a non ritardare il matrimonio per la grave malattia del parente che invece sarebbe vissuto. Invogliava un colono a comprarsi il terreno dei Bonaparte. Rinfrancava per un posto di lavoro; orientava i giovani al fidanzamento. Alla donna, arrivata di fretta, andava incontro ad dirle che il marito stava meglio (nessuno gliene aveva parlato); consigliava certe operazioni chirurgiche, o il ricordo ai medici per le cure, suggeriva infusi per smaltire i calcoli. Ai genitori preoccupati delle malformazioni del figlio diceva di pregare e quegli arti sarebbero tornati sani.

   L’uomo con la bronchite cronica pregò con Giustina, ebbe un piccolo ascesso e con esso sparì il male. Il sordastro, dopo preghiere, si accorse di riavere di udito. I mal di testa scomparivano con la preghiera. Giustina chiedeva l’intercessione della Madonna. Le persone erano ben liete delle grazie ottenute dalla mediazione della Madonna.

   Nessuno può parlare di un miracolo, fino a quando non questo non sia analizzati e verificato dalla Chiesa. La voce popolare e comune dice che Giustina era buona, umile, una santa donna dedita alla preghiera, un’anima contemplativa, uno spirito disinteressato e mistico, persona non comune, illuminata; tanto che si recavano da Lei molte persone. Pregava e “segnava con la croce e il Crocifisso”.

                                          Lettera di Giustina:

Carissimi tutti,

                   pregate che io prego: nel nome del Signore vi auguro che vi preservi da ogni male.; vi colmi di ogni bene; e vi conservi nella sua grazia. Saluti e santa Benedizione a tutti i componenti della famiglia.  Ricordami che io ti assicuro che ti terrò presente con la mia preghiera sebbene tanto fredda e distratta.  Ti benedico con tutto cuore.

 Tua aff. ma   in Gesù e Maria.

 Un saluto moltiplicato.  

Giustina

PARLANO DI LEI

   Tra le voci di riconoscenza e di ammirazione di persone di qualsiasi genere (erano più di 200 quelli che le scrivevano), riportiamo alcune testimonianze, tra le moltissime, di gratitudine.

Remo P. – Brigadiere a Macerata scrive: “Donna esemplare che nei suoi 90 anni di vita ha sempre profuso bene a piene mani. Sono certo che ora dal cielo continuerà la sua opera di bene per proteggerci da tutti questi mali che ci circondano e dai quali rimase sempre incontaminata”.

 Luigi C. – Ispettore: “La figura più dolce e cara che io abbia mai conosciuta. Non le può mancare il premio della beatitudine eterna”.

Il Parroco di S. Maria delle Grazie a Monteverde (20/10/1972)

 “Il gran bene compiuto a vantaggio dei sofferenti, che in un numero incalcolabile ha avvicinato, sia per voi di conforto, per Lei pegno di vita eterna. Mi ha sempre edificato (e ne ho parlato con tanti) il suo disinteresse…. Non è corsa dietro all’oro, proprio come dice la Bibbia; per ciò il Signore è la sua ricompensa (…)  nella speranza di poter (noi) raccogliere il suo esempio come un monito”.

Il Pretore capo di Fermo riferisce che Giustina era amata da tutti, tanto compianta a ricordo perenne delle sue opere.

Per Rinaldo Rinaldi  Giustina è

 “Mamma vivente in cielo: avrà la missione di confortare il cuore dei suoi prediletti figli e sarà l’ancora di salvezza nei momenti più tristi e desolati della vita. Tutela e vigila sull’avvenire”.(12\2\1973)

   Ancor oggi ci sono persone che pregano, sentono vicina Giustina e ne visitano la tomba, memori del profumo della sua bontà.

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MEMORIA DI EMILIA SAGRIPANTI NIPOTE

                            (Figlia di Giulia Sbaffoni, nipote di Giustina)

GIUSTINA  amata e ricordata come santa.

   Quando ero ragazzina non mi rendevo conto del grande dono ricevuto da Dio, del valore così prezioso di appartenere ad una famiglia di modeste origini, ma di grande fede cristiana. Il mio pensiero va in modo particolare alla mia nonna materna, Giustina Agostini, vedova Sbaffoni, al suo esempio, alle sue opere, alla sua umiltà. I talenti che Dio le aveva donati, lei li aveva fatti fruttare in abbondanza.

   Dio le aveva dato i doni della conoscenza e della guarigione. Lei con molta umiltà, grande fede, tanta preghiera, spirito di sacrificio e amore verso il prossimo, ha operato veri prodigi. Con le sue preghiere intercedeva presso Dio, ed otteneva la grazia della guarigione per tanti sofferenti che a lei si rivolgevano.

   Ho vivi nella memoria alcuni episodi. Al termine della giornata, quando ci si apprestava per andare a letto, lei mi invitava a dormire tranquilla. Durante la notte mi svegliai più volte, la vidi sempre in preghiera inginocchiata di fianco al letto. Mi resi conto che il suo riposo era ridotto al minimo indispensabile. Lei durante le notti pregava per tutte le persone sofferenti che le avevano chiesto aiuto. Pregava molto anche per le cattiverie esistenti su questa meravigliosa terra che Dio ha creato.

   Alla preghiera lei aggiungeva il digiuno. Nei miei ricordi, lei faceva un solo pasto al giorno. Questo pasto nel periodo della quaresima, consisteva in pane ed acqua, al massimo qualche volta aggiungeva un po’ di verdura cotta. Abitava in campagna, ma immancabilmente tutte le mattine, molto presto, si incamminava per andare alla Santa Messa per tutto il tragitto (più di 2 km) recitava il Santo Rosario. Per tutta la durata della Santa Messa lei era inginocchiata. Finita la Santa Messa lei si intratteneva ancora in preghiera, poi si incamminava per fare ritorno a casa, sempre pregando.

   Il suo volto era sereno, anche nei momenti di grande sofferenza. Lei di sofferenze ne ha avute veramente tante. Non ricordo di averla mai sentita formulare un rimprovero per alcuno, era molto comprensiva, ed infondeva serenità a tutti. Invitava sempre e soltanto alla preghiera. Mi capitò di assisterla alcuni giorni, perché ammalata, ma non ricordo di averla vista triste, o di notare sofferenza nel suo volto, neanche sentita lamentarsi, come può capitare a tutti. Sicuramente lei offriva al Signore ogni sua sofferenza come preghiera.

   Un giorno in mia presenza si avvicinò a lei un uomo, il quale le chiese aiuto per la sua salute, lei lo ascoltò con molta attenzione, poi, sorridendo e con molta dolcezza gli chiese perché mai si fosse rivolta a lei, dal momento che lui non era un credente. Quell’uomo restò sbalordito e molto sorpreso dal momento che per lei era un perfetto sconosciuto e quindi non poteva saperlo, ma lei con un sorriso di straordinaria dolcezza, posto su di lui il Crocefisso, che lei aveva sempre con sé, lo invitò a pregare con lei. Udii quell’uomo, non credente, pregare insieme con lei. Pensai alla parabola della pecorella smarrita. È mia convinzione che lei di pecorelle smarrite, all’ovile del Signore, ne ha riportate tante.

   Ricordo e tengo sempre presente alcune parole che le udii dire ad un uomo che si lamentava di un sacerdote, disse: “Tu fa’ ciò che il prete dice, non guardare quel che il prete fa”. Sono parole che invitano alla riflessione. Tutti possiamo sbagliare, sacerdoti compresi, ed è motivo di preghiera, non di giudizio: giudicare non è compito nostro.

   La sua grande devozione alla Madonna la indusse al restauro della chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie, ormai diroccata ed anche alla costruzione di un appartamento adiacente alla chiesa, per poi darla in dono alla Curia vescovile di Fermo. Ricostruì anche la chiesetta di Sant’Anna protettrice delle partorienti. Entrambe le chiese si trovano nel territorio di Belmonte Piceno, dove anche lei abitava. Queste opere le realizzò con l’aiuto e le offerte di tantissima gente, a solo scopo benefico. Tutt’oggi è meta di tanti pellegrini.

   Alla protezione della Madonna lei affidava tante anime bisognose, per cui lei tanto pregava. A distanza di anni dalla sua morte è per me, tutt’ora, motivo di insegnamento. Ogni sua parola era lo specchio di una grande saggezza e mi fa pensare alle parole dette da Gesù: “Io sono la resurrezione e la vita, chi crede in me non morirà in eterno”. Mia nonna è morta da molti anni; ma è vivo il suo ricordo in molti di noi, ancora pellegrini sulla terra.  Le sue opere, la sua intercessione, la sua protezione, vivono ancora.  Ora io mi rivolgo ancora a lei, chiedendole di tenere sempre la sua mano sul loro capo e sulla loro famiglia, di intercedere e pregare per loro, per le loro famiglie e per tutti coloro che ne hanno bisogno. Nel Vangelo troviamo la parabola del granellino di senape: esso è il più piccolo dei semi; ma se l’uomo lo semina nel suo campo diventa un grande albero.

   Lei vive ancora. Dalla casa del nostro Padre supremo, veglia su tutti noi e ci protegge. Mi piace ricordare alcuni dei tanti episodi di quando era ancora in vita. Io seppi dell’esistenza di padre Pio, ora San Pio da Pietrelcina da lei. Mi parlava spesso di quanto bene facesse quel frate: lei lo stimava molto. Mi risulta che anche padre Pio stimasse molto nonna Giustina, ed apprezzasse molto il bene che lei faceva.

   Ricordo le tante persone che arrivavano a piedi da altri paesi, chiedendo informazioni, dicevano: Dove abita la santa? O Dove sta l’indovina? ”  Se è santa lo sa solo nostro Signore. (Per me lo è). Indovina non è il termine; ma lei aveva il dono della conoscenza. ‘Maga’ assolutamente no: lei non faceva magie. Lei, con grandissima fede, con umiltà, con sacrifici e con tanta preghiera ha fatto lievitare i doni che Dio le aveva dati. Non voleva essere ringraziata, diceva che non era opera sua. Aveva ragione: era Dio che operava per mezzo di lei.

    Un giorno davanti alla sua tomba ci trovai un ragazzo, il quale mi chiese chi fossi e se l’avevo conosciuta. Poi ci mettemmo a parlare e mi raccontò la sua storia. Mi disse: “Sono venuto a ringraziarla. Ero molto malato. Il dolore alla testa mi tormentava giorno e notte. I vari specialisti dai quali mi ero recato, non sapevano più che farmi. I farmaci non solo non miglioravano le mie condizioni, che continuavano a peggiorare; ma non mi davano alcun sollievo, neanche per il dolore. Mia madre voleva portarmi da questa Giustina. Io mi sono sempre rifiutato di venirci, perché non ci credevo. Cosa avrebbe potuto fare lei, se tutti i dottori fallivano? Mia madre non si arrese: prese la mia sciarpa e ci andò da sola.

   Al ritorno mi disse: “Giustina ha pregato per te e pregherà ancora: tu devi portare al collo questa sciarpa. Ero molto scettico; ma non volevo deludere mia madre e mi misi al collo quella sciarpa”. Poi con molta commozione dice ancora: “Dopo alcune ore stetti così male che pensai di morire, mi sembrava che qualcosa stesse scavando nella mia testa. Era così forte il dolore che mi gettai a terra. Poi improvvisamente il dolore diminuì e passò del tutto: stetti sempre meglio e riacquistai le forze, senza mai più avere un dolore. Però lei nel frattempo è morta ed io sono qui davanti alla sua tomba, per ringraziarla e conoscerla attraverso questa foto. Sono molto rammaricato, dovevo venirci subito, l’avrei trovata ancora in vita”.

   Mia madre mi raccontò che nel periodo della guerra c’erano tanti analfabeti. Molti di essi andavano da nonna Giustina per farsi leggere le lettere che arrivavano dal fronte, dai loro congiunti. Le chiedevano di scrivere per loro. Lei era sempre molto disponibile per chi ne aveva bisogno.

   Anche nonna Giustina aveva un figlio disperso in guerra. Mia madre raccontava che tutti lo consideravano morto. Per lungo tempo di lui non si seppe nulla; ma nonna diceva sempre che un giorno sarebbe tornato. Lei sapeva chi sarebbe tornato e chi no. Dicono che non ha mai sbagliato. Io ero molto piccola ed i ricordi di questo zio Francesco (così si chiamava) iniziano proprio da questo suo tanto atteso ritorno. Tornò a casa molto sofferente e malnutrito, a causa di tutti gli stenti subiti. Per questo suo ormai inatteso ritorno ci fu molto fermento e tanta gioia. Ricordo, seppure fossi piccola, che vidi mia madre piangere di gioia per questo suo fratello ritrovato.

   Lei, filo conduttore con l’Altissimo nella certezza della sua protezione, del suo aiuto, della sua intercessione.

           Poesia

Per guarire e capire i suoi figli

il Signore un dono ti fece.

E tutti coloro che a te rivolti si sono,

con un dolce sorriso li hai accolti

e per loro sempre pregato tu hai.

Quante fatiche e preghiere al Signore

hai offerto per noi!

Ed ora ti prego, nell’alto dei cieli,

continua a pregare per chi il Signore pur ama,

per chi in un letto in sofferenza si trova;

per i giovani che perdon la via;

per i bimbi che amati non sono,

per gli anziani sofferenti e soli.

Il mio cuore il Signore ringrazia

e prega.

                                                 Emilia  Sagripanti

RICORDINO SCRITTO DOPO LA MORTE

Giustina Agostini Sbaffoni per la sua vita semplice ed esemplare, il materno amore ed il confortante sorriso, ha fatto breccia in molti cuori ed è tuttora viva nel ricordo e nella preghiera di quanti la invocano per impetrare grazie e benedizioni dal Cielo. La sua fede e le sue virtù ottennero doni divini per quanti, bisognosi ed afflitti, a lei affidavano pene e speranze, avendone sempre il conforto della parola e del consiglio e talvolta anche guarigione e luce.

 Nulla volle per sé e quello che la gratitudine dei beneficati le volle donare servì a ricostruire la chiesa che custodisce la sacra immagine di Maria chiamata Madonna delle Grazie”, perché lei tutti affidava al Cuore materno ed alla potente intercessione di lei. Quel luogo sacro sta ancora a dirci che presso la Vergine, nostra Madre, sempre possiamo trovare accoglienza e forza per percorrere il sentiero della vita fino a raggiungere quel santo riposo del cuore che è solo in Dio e nel Suo Amore misericordioso.

FAR NARRARE   I RICORDI.

   A Giustina si riconosce la dignità di interceditrice, donna di preghiera e sacrifici per implorare e ottenere i favori divini per il tramite della Madonna delle Grazie.

   Lodiamo Dio per i doni elargiti a Giustina perché le sono concessi dall’alto. Umilmente invochiamo ancora la sua intercessione pietosa per tutte le necessità emergenti, sapendo che Dio le ha concesso il dono di aiutare le persone in difficoltà. Questo fatto porta noi credenti ad esaltare la misericordia Divina ed a diventare riconoscenti con la dovuta gratitudine.

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RACCONTO su GIUSTINA Agostini Sbaffoni

                                                       (Ivano Bascioni)

   Negli anni cinquanta divenne molto conosciuta Giustina Sbaffoni residente a Belmonte Piceno. In un articolo scritto in quell’epoca dal dottor Luigi Bertoni, si ha notizia che fu persino Padre Pio ad esortare le persone che andassero da costei. Si legge: “ Nell’immediato dopoguerra, quando ancora Giustina non si conosceva, un signore di Grottazzolina si recò da padre Pio per chiedere la grazia della guarigione di sua moglie affetta da una grave malattia. Quando il Frate la vide, prima ancora che egli profferisse parola, gli disse: “ Perché vieni da me? Non lontano da casa tua c’è una donna che può presso Dio quanto me. Comunque va: tua moglie guarirà.”  –

   La casa di Giustina, in campagna, è stata meta di tante persone che provenivano da tutte le parti, per ricevere da lei conforto, tanto che l’aia era piena di macchine, bici, motorini e talvolta anche pullman. Giustina riceveva nella stalla, dove c’erano anche le mucche, seduta vicino alla porta accanto a un piccolo tavolino e, come in un confessionale, ascoltava, con il volto sorridente, le storie di ciascuna persona, tenendo il rosario sempre in mano. I suoi occhi profondissimi erano rivolti verso il cielo: in questo modo chiedeva ispirazione al Signore, mentre poneva le mani sulla testa o nella parte malata di chi le stava di fronte, o ancora su una foto, o su un indumento di una persona assente per la quale pregava.

   Si manifestava con una persona semplice, molto religiosa, con una forte carica di umanità che la portava a esercitare i suoi poteri come un dovere verso le persone che soffrivano e si rivolgevano a lei affinché alleviasse le loro pene, ma lei non chiedeva nulla per sé.

   Se qualcuno insisteva per farle un’offerta, come segno di gratitudine, lei lo destinava al restauro della chiesa di sant’Anna e soprattutto per quella della Madonna delle Grazie, accanto alla quale ha fatto costruire un’abitazione che potesse servire per un sacerdote.

   Moltissimi sono stati i racconti delle persone che hanno ricevuto delle grazie dopo essersi fidati con Giustina, specialmente riguardanti guarigioni, anche previsioni che puntualmente si erano avverate.

   Veggente e guaritrice o interceditrice: sono molti i misteri impenetrabili nella vita e i grandi interrogativi che cercano risposta. Giustina è una persona alla quale è dato sfiorare una dimensione sconosciuta \\\

RACCONTO 2 — “ LA SANTA” (Dr. Sante Vitturini)

   Chi conosce il palazzo sito in corso Cefalonia di Fermo, adibito, sino a tutta la prima metà del novecento, a sede del seminario diocesano e che io ho frequentato da collegiale per vari anni, sa quante scale ci sono per salire dal piano stradale fino all’ultimo piano coperto a terrazza. Quando raggiunsi i 17 o 18 anni, mi trovai in difficoltà a fare tutte quelle scale, trovandomi ad abitare al terzo piano, in quanto si doveva scendere e salire più volte durante la giornata,  perché mi faceva male un ginocchio. < anno 1951>

   Capitò pure che qualche mattina ci si deve non alzarmi e la prima volta rimediare di pure una punizione perché i superiori pensando si trattasse di pigrizia o di voglia di scalare la scuola, che pure era interna, mi par senza colazione e senza pranzo, bontà loro finte non appurarono la verità.

Vennero pure le vacanze estive, ma una volta a casa, il dolore non cessò, tanto che, avendo degli amici organizzato una gita in montagna, sul monte Vettore, (se ben ricordo) dovetti rinunciarvi e restare a letto.

Passò qualche tempo ancora ed un giorno lo zio Don Enrico (Vitturini) volle andare a fare visita a quella donna di Belmonte, ritenuta una santa, insieme con il vice parroco di quel paese Don Mauro (Natali) originario della nostra parrocchia di Monte Rinaldo e mi condusse con sé. Si trattava della signora Giustina Sbaffoni (seppi dopo il cognome da nubile Agostini) e ricordo che era un mattino presto e lei riceveva a piano terra di una vecchia casa colonica, sita nei pressi della chiesa. I preti scambiarono con lei delle parole che mi sfuggirono perché parlavano di cose a loro note, ma sempre si trattava di cose buone e sante. Quando venne il mio turno mi presentarono a lei, descrivendo quello che mi succedeva, e lei, rivolgendosi a me, con tanta grazia e bontà, ricordo bene, mi fece tanti auguri di successo nei miei studi e mi toccò il ginocchio. Ebbene, successivamente, ho dovuto affrontare tanti esami per la carriera, fino alla laurea conseguita in tarda età e ho avuto tante belle soddisfazioni che non è qui il caso di narrare, ma soprattutto il dolore al ginocchio era scomparso per sempre, tanto che ho potuto scalare più volte lo stesso Vettore ed altre montagne vicine e tuttora continuo a fare lunghe camminate di più chilometri senza risentire dolori di sorta.

   Come potrei non esserne grato a questa donna, veramente santa, per le grazie ottenute e di non essere ammirato per le sue virtù e le sue opere che ho potuto vedere da vicino, quando sono venuto ad abitare a poca distanza da quella chiesa fatta ricostruire da lei insieme con la cassa per il sacerdote, nei pressi del cimitero di Belmonte e dopo aver conosciuto la splendida sua famiglia, i figli meglio e Gaetano, la figlia Consiglia deceduta l’anno scorso a 103 anni, e la nuora Velia deceduta la scorsa settimana a 102 anni di età. Gnenoccia per esse! Che non ci sia stata la mano santa della loro mamma!? A noi non resta che pregare perché continui ad assisterci da Lassù. \ Firmato Sante Tarcisio Vitturini \\ collocato nel sito: luoghifermani.it

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 ALTRI  RACCONTI CON NOME riservato

. RACCONTO 3 – V. A. –

   Nel ’55 avevo appena tre anni. Mia madre racconta che stavamo andando verso la casa della nonna paterna e lei mi diceva: “Vieni, che ti porto in braccio” ma io volevo camminare da sola e ad un certo punto, sul ciglio della strada, mi sono sbilanciata e sono caduta in una rupe e ho preso tanto spavento che non parlavo più. Dopo qualche giorno che ero muta, mi ha portata da Giustina che ha pregato e ha detto: “Sta tranquilla che tua figlia parla”. Mamma mi dice che  così è stato: ho ripreso e seguitato a parlare.

Di mio fratello Z. ricordo che nel 1968, quando aveva quattro anni, circa, gli era venuta in testa una tumefazione tra la pelle e l’osso del cranio e si vedeva che era un’escrescenza “grossetta”. Il medico diceva che bisognava incidere. Mamma lo ha portato da Giustina che ha pregato e l’ha segnato con il Crocifisso. Dopo questo, tutto gli è scomparso in breve tempo e non è più capitato.

*

RACCONTO 4 – A. A. ricorda che negli anni intorno al 1957 andava da Giustina,  che faceva per lei le preghiere, e ne riceveva fiducia, speranza, serenità, pace. Quando le confidava di volersi sposare, Giustina le predisse che avrebbe avuto due figli, come è avvenuto. Molte persone facevano la fila per arrivare a parlare con Giustina. Vari erano gli argomenti. C’era chi andava a chiedere un consiglio per sposarsi, chi voleva capire se faceva bene ad avviare una nuova attività con prestiti delle banche. Giustina pregava, poi, come ispirata dava il suo consiglio. Ad esempio diceva: “ Vai avanti, prego per te”. In altri casi, sconsigliava di rischiare. Molti parlavano con lei delle malattie proprie e dei famigliari. Giustina raccomandava di invocare la Madonna e faceva subito una preghiera.

   Tutto quello che riceveva lo dava in beneficenza. Una volta ricevette da una signora una spilla d’oro. Non se la tenne, ma la donò generosamente ad una giovane fidanzata. Face così pure per biancheria, asciugamani, grembiuli e persino formaggio o frutta. Era disinteressata: non teneva nulla per sé, né per i famigliari. Era molto legata alla Chiesa e andava ogni giorno in parrocchia a partecipare alla santa Messa.

   Giustina fece ricostruire la chiesina di Sant’Anna ridotta ad uno spezzone di muro. Prima aveva contribuito a rifare nuova la chiesa della Madonna delle Grazie, dove mandava le persone a pregare. Tutti, dopo aver parlato con Giustizia e condiviso la preghiera che lei praticava, tornavano a casa con la pace nell’animo, si erano rasserenati, perché Giustina faceva superare le preoccupazioni. In mano teneva la corona del Rosario con cui implorava la divina grazie e le ansie delle persone confidenti,  si risolvevano. Solo a vederla ispirava bontà, esprimeva sentimenti di comprensione benevola. Era considerata una santa donna che con la preghiera impetrava e otteneva tanti favori celesti. Le persone che avevano parlato con Giustina si manifestavano poi  più contente della vita.

*

RACCONTO 5  – S .P. –  ricorda che molte persone raccontavano episodi riguardanti Giustina. Ad esempio si raccontava che una persona di Belmonte che era andata da padre Pio a San Giovanni Rotondo si sentì dire dal santo Frate che doveva recarsi da Giustina, invece che da lui. Un infermiere dell’ospedale di Fermo ebbe la registrazione su nastro sonoro delle preghiere che faceva Giustina e diceva che era stimata una santa e molto apprezzata da tutti quelli che la incontravano per la sua mitezza bonaria e per le grazie che impetrava di guarigioni e di predizioni. Un giorno che questo infermiere disse che si sarebbe recato in Ancona per sostenere esami, Giustina le disse che non la avrebbe riveduta, solo dopo, vicino a suo marito. Di fatto lei ebbe a morire e fu tumulata a fianco del marito, dove molte persone sono andate e vanno a pregare. La ricordano come persona ordinata, precisa, pulita.

Un’altra persona diceva che Giustina riceveva messaggi da padre Pio che una volta nel 1969 le predisse dei forti terremoti con molti morti che ci furono realmente in Perù settentrionale nel 1970 con 66.000 vittime.  Giustina passava le notti in preghiera.

Una persona ricorda che si parlava di Giustina come persona che aveva doni straordinari e si diceva che aveva una piaga sul petto, e si pensava ad una stigmate. Ma non si sa nulla di preciso.

Si ebbero bruttissime impressioni quando si diffuse la notizia che la serva di un signore di Fermo andava dicendo che aveva ricevuto i poteri di predire da Giustiane e aveva clienti come capace di indovinare. I parenti di Giustina e a altre persone sagge dicevano che Giustina non dava i suoi poteri a nessuno.  Una donna era considerata una mistificatrice quando faceva la sua pubblicità in televisione TVRS dicendo che aveva ricevuto alcune cose da Giustina.  In realtà Giustina non voleva pubblicità e tutto quello che faceva era basato sulla preghiera, sulla fede in Dio e sulla penitenza, senza mai un gesto simile a quelli delle maghe.

RACCONTO 6. 

– Lina Tom. –   Ricordo Giustina che mi dava consigli. Mi diceva di non sdegnarmi delle chiacchiere che mi appiccavano le amiche. Io non so se Giustina faceva le previsioni del futuro delle persone, non so dire se guarisse le malattie. So che era di buon cuore ed umile, mi raccomandava di usare pazienza, di stare zitta se altre persone mi contrariavano. Lei era paziente con chi la criticava o si adirava parlando con lei. Dava l’esempio della bontà e vedevo tutti i giorni tanta gente che si recava a parlare con lei. Mi raccomandava di fare il fioretto se venivo mortificata e mi innervosivo. Tutto per amore di Dio, chiedendo aiuto alla Madonna.

*

\ Mirella ricorda GIUSTINA

   La storia che voglio narrarvi, seppure vissuta da me in prima persona, mi è stata in parte raccontata dai miei genitori. Al tempo dei principali avvenimenti qui narrati, non ero infatti in grado di comprendere cosa stesse accadendo intorno a me.

   È il mio incontro con Giustina Sbaffoni che intendo narrare e di come, da quel momento, la mia vita è cambiata al punto da poter dire di essere nuovamente nata.

Avevo non più di 14 anni d’età al tempo dei fatti: ero una bambina normale trasferitasi dal Fermano, in quel di Roma, all’età di cinque anni con i genitori. Mio padre Renato e mia madre Angela sono dovuti emigrare per motivi economici dalle loro terre natie, ma, nonostante ciò, la mia vita trascorreva tranquilla, se non fosse che, in un giorno qualsiasi dei tanti, la salute smise di sorridermi.

Iniziai a provare un profondo malessere, improvviso e violento: inspiegabile. Sono bastati due o tre giorni per veder appassire il mio fisico e il mio umore. Smisi di mangiare. I miei genitori, da una lieve apprensione iniziale, cominciarono seriamente a preoccuparsi quando smisi di vedere. Iniziava così il calvario dei miei cari. Si susseguirono visite e medici, un via vai continuo che inizialmente ancora comprendevo, ma poco dopo la mia mente si spense. Dai racconti ascoltati, ho appreso che non ero più in grado di muovermi, né parlare, rimanevo fissa nel letto dove il mio corpo iniziava a spegnersi. Mi stavo consumando lentamente e senza che si capisse un perché. Le lacrime dei miei genitori, di fronte al capezzale di una bambina che ormai pesava meno di trenta chili, non si contavano più. In seguito, mi furono raccontati per lungo tempo quei momenti di disperata preoccupazione che profondamente hanno marchiato i miei cari, nell’impotenza di darmi un qualsiasi aiuto. Anche la scienza medica non ne sapeva dare un perché.

Da ragazza robusta e piena di salute quale ero prima, apparivo al contrario smunta ed inerme alla visita dell’ennesimo medico. La disperazione dei miei genitori raggiunse il culmine quando mi fu palesata, nell’ennesima visita, una forma di tumore al cervelletto. La diagnosi arrivò terribile e cruda, accompagnata dalle parole del medico che prognosticava ormai poco tempo per me da trascorrere in vita.

Rivivo ancora oggi i racconti dei miei cari: il loro smarrimento ed il senso di impotenza. La loro vita era ad un bivio come ormai la mia. I miei genitori vagavano costantemente in cerca di qualche aiuto di rimedio. Un giorno mia madre arrivò a sfogarsi con una loro cara amica, piangendo presso di lei e con lei di gran dolore. Fu questa donna che risvegliò un ricordo in mia madre. Tra le confidenze, in tempi non sospetti, avevano parlato tra loro di Giustina. Questa conversazione aveva fatto ricordare a mia madre la signora Giustina, conterranea, che si prodigava nell’aiutare i malati. Lei con la fede e la preghiera aveva aiutato molti. Ci fu come un risveglio. La decisione di portarmi da Giustina fu immediata. I timori per il viaggio erano molti: più di quattr’ore di macchina da affrontare e la quasi certezza che non sarei sopravvissuta alla fatica. Non rimaneva altro che provare.

Mio padre in seguito mi raccontò lo sforzo per sollevarmi dal letto e adagiarmi sui sedili posteriori della sua auto, sforzo di animo più che di fisico, dato il mio poco peso. Posatami una coperta addosso, il viaggio iniziò senza interruzioni. Erano compagni, il silenzio e la preghiera. All’arrivo, di nuovo tra le braccia di mio padre, incontrai Giustina. Non potevo vedere. I loro racconti mi hanno dato modo di ricostruire quei momenti, ma si fanno nebbiosi. Ricordo di mia madre che parlava mentre Giustina era seduta su di uno sgabello in una stalla con delle mucche. Vicino a lei una seggiola. Giustina invitò mio padre a farmi sedere. Mia madre disse che non sarei riuscita a rimanere seduta, inevitabilmente sarei caduta. Giustina si rivolse a mio padre insistendo per adagiarmi sulla seggiola, con la raccomandazione di rimanere accanto. Dai racconti di mia madre ho appreso che Giustina poggiò le sue mani sulla mia pancia, pregando ad occhi chiusi. Dopo breve tempo, rivolgendosi a mio padre, disse di riprendermi in braccio e portarmi via. Mentre venivo riadagiata sul sedile dell’auto, mia madre era rimasta sola con Giustina e le raccontava dei tormenti a seguito della diagnosi di tumore al cervelletto e dei timori per la mia morte. Fu allora che Giustina chiese di riportarmi da lei. Nuovamente mio padre sollevò il mio corpo privo di consapevole volontà per riadagiarmi sulla seggiola al cospetto di Giustina. Fin qui, il racconto, ricevuto da parte dei miei, mi ha permesso di ricostruire quei tempi. Io non ho nessun ricordo di quei giorni.

Come il risvegliarsi da un lungo sonno. Mi trovavo in una stalla, con attorno a me persone sconosciute e tra loro una signora anziana, con un fazzoletto in testa e il Crocifisso tra le mani. Sentivo il peso di quelle mani sul mio stomaco. Percepivo le piccole battute fatte da quelle mani.

Poi guardavo spaesata intorno a me, vedevo i miei genitori e con voce forzata e flebile chiesi loro dove fossi. Li vidi mettersi a piangere al mio parlare. I miei ricordi si fanno confusi. Ero stanca.

Per la prima volta, udii Giustina che rivolgendosi ai miei cari, disse loro di andare, di stare tranquilli. Le parole che ancora ricordo furono: «Gli hanno voluto tanto male».

Sentii la voce di Giustina che mi diceva di alzarmi. Allora provai traballando per quanto ero indebolita, e ci riuscii. I miei che stavano inchinati, furono emozionati per l’accaduto, e alla vista di ciò si lanciarono verso di me e fui presa tra le braccia, subito, da mio padre e da mia madre. Non ricordo altro.

Affrontai il viaggio di ritorno verso Roma. E così, improvvisamente come era arrivato, il mio male se ne era andato, svanito. Dopo che mi ero ripresami a sufficienza in salute, iniziai a fare domande. Inconsciamente mi sentivo incuriosita sui fatti, mi sentivo spinta a chiedere notizie di quella signora di cui ricordavo chiaramente le poche parole. Sentivo un legame profondo e inspiegabile.

Tra i fatti più ricordati dai miei genitori e c’era quel nostro arrivo da Giustina. Mi hanno più volte raccontato che davanti al locale della stalla si accalcavano tante persone in attesa di poter incontrare Giustina e appena arrivati noi, queste si spostarono per farci passare. Scoprimmo poi che Giustina si era raccomandata con loro di far passare una bambina che stava male e che veniva da lontano e così fecero, seppure noi non avessimo avvisato nessuno di questo nostro viaggio.

Oramai pienamente ripresa in salute, iniziai a vivere la mia adolescenza in modo naturale. Sentivo peraltro il bisogno di rivedere Giustina. Il desiderio mi spinse a chiedere ai miei genitori di riportarmi da lei, non appena si sarebbe potuti tornare nelle Marche. Passò un anno.

Fremente riuscii a tornare da Giustina. Riconobbi la stalla, la sua voce, il suo profumo. Abbracciai e baciai Giustina, pensando a come mi sentissi stranamente legata a lei. In quel momento la sentivo dire, rivolgendosi a mia madre Angela: «Oh, quanto mi rimane impressa questa ragazzina». Poi, guardandomi, mi disse che avrebbe scritto di suo pugno una lettera per me, per la mia futura famiglia, per i figli che avrei avuto … Mi raccomandò di non lasciarla mai, di portarla sempre con me, parlandomi di gelosie che avrebbero minato la mia serenità, soprattutto da parte delle mie future cognate.

Non diedi importanza alla cosa, erano ancora adolescente, di sicuro non pensavo ancora ad un matrimonio. Promisi però di conservarla e dissi a lei che io sarei tornata nuovamente a trovarla non appena mi fosse stato possibile ritornare nelle Marche.

Fu allora, dopo questa mia promessa, che Giustina indicò una finestrella in alto sulla stalla e guardandomi con amore disse: « Vedi … Mi hanno già chiamata». Dissi un flebile “no”. Lei sorrise e mi disse: «Senti bene: tu tornerai da me ma io non ci sarò». La interruppi di nuovo chiedendo ingenuamente: Perché? dove vai?». Giustina mi rispose: «Lassù … ma ti dico che quando verrai sarai accompagnata con l’uomo giusto per te. E quando avrai bisogno di me chiamami … Quando la Madonna mi darà il permesso, io ti aiuterò». Mi allontanai perplessa, ma gioiosa nell’aver potuto abbracciare Giustina, e , nonostante tutto, la sentivo oramai parte di me.

Passarono gli anni e la vita trascorse, ma il desiderio di poter rivedere Giustina non svanì. Fu in un’estate spensierata che riuscii finalmente a tornare nella mia natia regione, in vacanza, con la mia famiglia e con il mio fidanzato. Fu naturale per me trovare il modo di tornare a Belmonte, da Giustina, per giunta con il mio fidanzato e volevo tanto che lei lo conoscesse. Arrivai a quella sua abitazione e non trovai le solite persone davanti alla stalla. Allora cercai di capire e potei chiedere ad una signora dove si trovasse Giustina. Mi rispose che non era più tra noi. Questa signora mi diede una foto di Giustina come ricordino. Stetti male.

Presi conoscenza del luogo della sua sepoltura e andai a trovarla, mantenni così la parola. Accanto a me il mio futuro marito. Giustina aveva ragione.

Mi sposai con l’uomo che mi aveva accompagnato fidanzato nell’andare da lei. E, come Giustina mi aveva predetto, così tutto accadde. Ho ancora la sua lettera, e da quel giorno ogni anno, faccio visita alle sue spoglie mortali e le porto un fiore per ringraziarla di tutto ciò che lei è stata per me e per i miei cari, da lei predetti.

   Queste poche righe vogliono essere una testimonianza per coloro che non hanno potuto conoscere Giustina Sbaffoni, e per quanti non hanno potuto bearsi della sua bontà e per quelli che, conoscendomi, sanno quanto bene, quell’incontro con Giustina abbia creato per la mia vita.

ALCUNE RACCOMANDAZIONI DI GIUSTINA

(Sagripanti Emilia nipote)

   Fino al 1957 era parroco a Belmonte Piceno don Ruffino Brunelli e cappellano. In seguito fu parroco don Giuseppe Biondi. In parrocchia c’era un numeroso gruppo di giovani facenti parte dell’Azione Cattolica e anch’io ne facevo parte. Erano molte le attività che con il tempo sono andate modificandosi.

   Ricordo la Messa durante il mese di novembre, iniziava alle cinque del mattino, di notte, per tutto il mese. Era dedicata ai defunti.  Era buio e faceva molto freddo; ma la chiesa si riempiva sempre. Nonna Giustina si alzava alle 3, poi si incamminava per andare a quella Messa: camminava lentamente e pregava per tutto il tragitto.

   Finita la Messa si intratteneva ancora in preghiera inginocchiata, appoggiata alla balaustra. Io l’aspettavo e facevamo un bel tratto di cammino insieme. Spesso interrompevo le sue preghiere per farle delle domande. Lei pazientemente mi rispondeva, dandomi sempre ottimi consigli. Ne ricordo alcuni.

   Prima di tutto raccomandava sempre la PREGHIERA.  Di non avere fretta perché la fretta è sempre una cattiva consigliera; la PAZIENZA, l’UMILTA’ e il PERDONO che è sempre la virtù dei forti.

   Debbo ammettere che a quel tempo, tante di quelle parole mi scivolavano via; ma al momento opportuno, oggi come allora, mi tornano in mente e sono maestre di vita.

   Lei con la sua umile semplicità è stata una vera discepola di Cristo. Dopo quarant’anni dal suo ritorno alla Casa del Padre, ci sta ancora insegnando il valore e la preziosità della preghiera e vive nel cuore di molti pellegrini sulla terra.

CONSIDERAZIONI GLOBALI

Giustina ci ha lasciato alcune lezioni di vita molto importanti . E’ lodevole il suo modello di semplicità, di preghiera, di servizio e di pace.

=    docile alle divine ispirazioni, vive nella modestia e se ne  va tacitamente senza far rumore.

=    ha il Rosario in mano per la sua tenera devozione alla Madonna con cui si confida.

=    ascolta gli altri con disinteresse, dolcezza; per il bene delle anime.

=    parla poco, fa trasparire la gioia della fraternità comunitaria.

Grazie, Giustina, e come ci dici, prega e seguita ad aiutarci, secondo il tuo detto: Vi amerò dal Cielo, come ni ho amato in terra”.

-.-.-.-.-.-

Giustina nel sito www.luoghifermani.it e-mail: carlo.t@gmx.it

SCRIVI I RICORDI RIGUARDANTI  GIUSTINA

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SANTA CASA. PELLEGRINAGGIO SPIRITUALE A LORETO DI FIORAVANTI EDITO 1749 CON CANTI, TRASCRITTO DA VESPRINI ALBINO.

SACRO VIAGGIO

L  A  U  R  E  T  A  N  O

OVVERO

Modo facile per visitare tanto in

spirito, che in persona

L  A   S.   CASA

D I   L O R E T O

Diretto alle divote Compagnie, Famiglie, e Persone massimamente

Della Provincia della Marca,

P R O P O S T O

DA UN SACERDOTE INFIMO

DELL’ORATORIO

<Fioravanti Giuseppe>

E Dedicato

ALL’ETERNO PADRE

UNICO VERO BENE

CREATORE

Del tutto visibile, ed Invisibile.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

In Macerata, per gl’Eredi del Pannelli

Stampatori del S. Offizio (1749)

Con Lic. De’ Sup.

ALL’ETERNO PADRE

Per segno di gratitudine all’altissimo beneficio, che Voi, Eterno Padre, vi degnaste fare a me, quantunque indegnissimo nella Santa Casa di Nazaret, con vestire in essa per la mia salute l’Unigenito vostro Figlio di umana spoglia: io da quel poverello, che sono vi afferisco il presente Sacro Viaggio, già che solo riguarda con la venerazione di quel Santuario, come per ultimo fine la vostra gloria: Spero, che voi mirando non a guisa degli Uomini al dono, bensì all’anima del donatore, benignamente lo gradirete. Gradiretelo sì Mio Signore, e con la vostra Grazia movete  i Fedeli a piamente intraprenderlo. Fatene degno ancora me, che genuflesso di prego a rimirarmi sempre con occhio da Padre, quantunque sia, quale ora per tutta l’eternità mi confesso:    D.D. M. V.

             Sant’Elpidio li 2. Ottobre 1749

Il più Inutile, Ingrato, Indegno Servo

Giuseppe Antonio Fioravanti

A CHI LEGGE

In due modi può uno portarsi alla S, Casa di Loreto, in persona, ed in Spirito. Se voi, che leggete qui, bramate andare di persona con frutto, immaginandovi di andare alla Regia di una qualche Regina per inchinarla (mentre è pur  Regina grande Maria. Sua Regia è la S, Casa, ed in lei resta ossequiato la Vergine) colà vi portarete umile, modesto con scelti compagni, e divoti pensieri ora meditando, ora sa armeggiando, ora dicendo  corone, ora cantando, ora un qualche pio discorso intramettendo, al che potrà giovarvi quanto più innanzi troverete esposto. Felice Voi, se vi andrete così! Certo, che riusciravvi non solamente brevi, giocondo il cammino, ma di sommo vantaggio perché Maria starà come sorridendo dal cielo, e preparando nella sua casa le grazie, che più verranno da voi bramate; e se qui con santa curiosità mi domandate con quali frequenza debassi visitare quel gran Santuario, rispondo così: Gesù nostra guida, e Maestro ogn’anno portavasi al Tempio di Gerosolima, ch’era il primario della Giudea. Principalissimo tempio della cristianità è la Casa alla lauretana, ed a quella con tutta la distanza di venti miglia si trasferiva ogni settimana il P. Luzio Brancadori dall’Oratorio di Fermo: Voi però andatevi quando più v’è permesso.

      Che se mai da qualche insuperabile difficoltà è a voi ritardato l’andare colà in persona, di grazia non mancate farlo in spirito tre con ogni affetto, e di mozione fatti o in pubblico, o in privato le sacre giornate, che appresso in forma di novena si pongono per la traslazione della medesima Santa casa seguita alli dieci Decembre di tanta solennità nella Marca, procurando inoltre la prattica delle Virtù, che si accennano, e così, quantunque lontano, quantunque limitato nei Chiostri, ò per qualunque altro capo impedito, farete in spirito, e con un frutto parimenti a venerare quel Santissimo luogo ogni anno, anzi ogni settimana, qualora vi piacesse in tutti i sabati rinovare se non l’intera Novena, i colloqui almeno della medesima: E per non credere superflui questi ossequi, basta riflettere, che sono ordinati a Maria la quale se tutto da tutti si merita, molto più di tutto si merita dalla sua amatissima ed obbligatissima provincia picena. Ecco il viaggio lauretano: facciamolo di buon grado, come possiamo dalle nostre abitazioni a gloria di Dio, mentre Dio lo ho fatto fino dal Cielo per nostro bene.

J. M. J.

Actiones nostras quaesumus Domine aspirando praeveni,  et adiuvando prosequere, ut concta nostra oratio, et operatio a te semper incipiat, et per te caepta finiatur. Per Cjristum etc.

PRIMA GIORNATA

           Venerata da tutti sempre sia

La Casa di Gesù, di Giuseppe e di Maria.

Santissima divina Casa: Restiamo Noi ammirati, che l’Altissimo Iddio scegliesse voi per Abitazione qui in terra non solo di Maria, e di Giuseppe, che pur furono in essa li più incliti Personaggi, ma dall’istesso suo Unigenito. Mancavano forse Palagi sontuosi o magnifiche Regie? Nò certamente. E quando avesse Egli voluto, non poteva in un  tratto come il Cielo, e la Terra, così parimenti formare un sì maestoso, nobile, ricco soggiorno, che pare non fosse in tutto il Mondo? Poteva: qual dubbio? Eppure di voi si contentò: elesse voi angusta, rozza, semplice itanza per l’amato suo Figlio. Vi adoriamo pertanto con riverenza profonda, e: per degnamente visitarvi bramiamo esser vestiti con la virtù santa dell’umiltà con l’intercessione di Maria: Ave Maria Gloria Patri etc.

AVVISO

L’umiltà è così grata a Dio, che per essa più, che per le altre virtù si scelse per Madre la Vergine, anzi quando ci fosse stata Donzella di lei più umile al mondo, queste Dio ci sarebbe scelta per Madre, ed in tutti la vuole sì fattamente in qualche grado, che senza di essa non ammette dei veruno in Paradiso. Noi adesso la praticaremo con assoggettarci più che potremo alla Maestà divina, e riputarci indegni, di avere l’ingresso in un luogo santificato dalla presenza Reale di un Dio Umanato, dagli Angioli, e da primi Santi del Mondo.

SECONDA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da veri Cattolici noi fermamente crediamo essere in voi comparso in sembianza di paraninfo

 celeste l’Arcangelo Gabriello a spiegare: l’ineffabile grande ambasciata a Maria, e: che Maria desse con pari umiltà, e rassegnazione dell’assenso richiesto al divin beneplacito; onde per opera dello Spirito Santo venne Ella subito a concepire nel verginale suo seno in forma di Bambinello il Salvatore del Mondo Gesù. Meraviglia codesta la più stupenda, che mai potesse avvenire su tutto il Creato: eppure accaduta ella è certamente dentro le vostre fortunate pareti. Vi adoriamo però con l’ossequio maggiore a voi dovuto, e per degnamente visitarvi desideriamo essere vestiti della santa virtù della liberalità con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria Patri etc,

AVVISO

La liberalità è tutta propria di Dio, il quale non contento di dare le cose sue volle dare ancora se stesso nell’Eucaristia, della Croce, nell’adorata  Casa. Noi praticheremo questa virtù con dare qualche sussidio a Poveretti, ne quali tanto si compiace il nostro Dio di essere sovvenuto.

TERZA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima divina Casa: E’ vero sì, che Gesù nostro Bene in voi dimorò da piccolo, in voi dimorò la grande ora facendovi orazione, pigliandovi ora breve riposo, trattandovi or con Giuseppe, or con Maria, ed ora con ambedue insieme dolcemente conversandovi. Voi dunque il luogo da Gesù co’ passi, da Gesù co’ si guardi, da Gesù co’ discorsi, da Gesù con gli affetti, da Gesù con le opere, da Gesù in tutte le guise santificato. Sì voi siete, e però con tutto rispetto vi adoriamo: bramando per visitarvi degnamente essere adorni della virtù santa della Purità con l’intercessione di Maria: Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

   La Purità sì bella comparve a gli occhi purissimi di Gesù, che laddove reiterate tentazioni sostenne contro delle altre virtù, contro di questa neppure unavolle sentirne, non già perché non avesse cuore da vincerla, ma per mostrare maggiormente quanto una tale virtù fosse a lui cara. E sì cara fu anche a Maria, che prima di perderla avrebbe rinunziato di essere madre di Dio. Noi qual giglio custodiamola da discorsi, da sguardi, dagl’Oggetti, e bellezze, che la possono offendere.

QUARTA GIORNATA

Venerata etc

Santissima Divina Casa: Siete voi quella, da cui la Reina stessa dei Cieli al termine prezioso venuta de giorni suoi coll’ammirabile prodigioso intervento di tutto il Collegio Apostolico, col pieno corteggio degli Angioli, Arcangioli, e Serafini dalle mani di Gesù ricevuto il sagro Viatico non frà pene di morte, bensì frà gaudi di vita trionfante al Cielo se ne volò: Bel treatro pertanto,, bel teatro di meraviglie, che sempre più voi ci compartite. Riverenti vi adoriamo, e per degnamente visitarvi, la virtù della santa astinenza per mezzo di Maria cerchiamo. Ave Maria etc, Gloria etc.

A V V I S O

L’astinenza o quanto conviene a chi visita la Santa Casa: Ben lo insegno co’ fatti il Re di Francia S. Lodovico. Questi in pane, e di acqua, e con irsuto cilicio al fianchi venerò quel sacro Luogo. Noi guardiamoci almeno dal mangiare, bere, e dormire soverchiamente, sicché non restiamo impediti dal far bene le nostre divozioni con mente raccolta a Dio.

QUINTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi si sciolsero da legami del Corpo dei due bell’Alme del

Patriarca S. Gioacchino, e della gloriosa Madre S. Anna; né queste solamente, ma l’Anima grande altresì dal gloriosissimo S. Giuseppe, assistito da Maria, da Gesù medesimo con privilegio singolare nelle sue più dolci agonie. Or mentre questi gran Santi in voi morirono, vi chiameremo felicissimo termine poi che principio di eterna vita, ne manchiamo adorarvi divotamente, e per degnamente visitarvi la virtù della Carità fraterna con l’intercessione di Maria sempre Vergine imploriamo. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La carità fraterna e la vera livrea del Cristiano. Chi non l’à, non è seguace di Gesù Cristo, né da lui amato, anzi odiato, e quanto. Noi vediamo amare i nostri Prossimi adesso piùcchemai rallegrandoci del loro bene, godendo dei loro comodi, scusando ogni loro difetto.

SESTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi gli Apostoli Santi, udite lezioni le più alte, e sublimi della nostra Religione, allorché venivano da Maria loro maestra addottrinati, in voi ergono Altare, inalberano Croce, e collocatevi le Statue di Gesù, e di Maria, quali ora si vedono, vi consagrano Chiesa, e pieni di Spirito sovrumano al Altissimo il tremendo Sagrificio vi offeriscono. O Tempio incomparabile. Noi attoniti vi adoriamo, e per visitarvi col dovuto riguardo, bramiamo essere vestiti della virtù della Pazienza con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La pazienza deve essere molto cara ad ognuno, mentre è pur vero come dicono i Sacri Teologi, che chi non l’à, o non à la grazia di Dio; o sta per perderla. E poi quella S. Cassetta fu ripiena di pazienza: tutta pazienza in Gesù: tutta pazienza in Maria: tutta pazienza in Giuseppe. Noi pratichiamola negli incomodi della strada, negli alloggi, colli  Compagni e sin con noi stessi dolcemente soffrendo i propri difetti, finché restino con divino aiuto emendati.

SETTIMA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: sete pur voi quella, in cui parlano i Muti, odono i Sordi, vedono i Ciechi, risanano Infermi, salvi compariscono i Sommersi nell’acqua, i condotti al Patibolo i Trucidati dal ferro: Ecco fra questi un Sacerdote, che fino dalla Dalmazia col proprio cuore in su le mani, da Barbari cavatogli in odio di Maria travalica il Mare, approda al  lido, giunge a voi, e quello stesso cuore deposita in mano dei vostri Ministri, da cui ricevuti poscia i Santissimi Sacramenti, l’anima sua spira felicemente. Una miniera de’ più strepitosi prodigi: ecco noi pertanto, che rispettose vi adoriamo, e per visitarvi colla maggiore di divozione possibile il fervore Santo di Spirito sospiriamo di ottenere per mezzo della Madre nostra Maria. Ave Maria etc, Gloria etc,

AVVISO

Il Fervore di Spirito o quanto è necessario per salvarsi. Quel Servo Vangelico, il quale ne fù privo, restò condannato dal suo Padrone all’Inferno. La Sacra Famiglia non stette mai neppure un momento in ozio dentro quella Santa Casetta sempre in opera. Attenti dunque Noi a non rallentarci nel divino servizio: Prontezza sempre alla Messa, all’orazione, all’obbedienza.

OTTAVA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da voi quasi da ciel benefico abbondante pioggia di grazie discende sopra la terra de cuori umani, onde questi se impietriti si ammolliscono , se sterili, e infruttuosi danno copiose frutta di sante operazioni. Intimo a voi, entro di Voi sì mutansi i malvagi Buoni, i Buoni i migliori, e questi in ottimi si riducono, mercé a que’ lumi celesti, a quegl’impulsi sovrani, ch’Essi occultamente ricevono: Bisogna ben confessarla. Da voi parte è arricchito quanto vuole chiunque vuole di spirituali tesori: Eccoci pertanto vostri adulatori ossequiosi, e per visitarvi con la virtù santa della Pietà, ricordiamo, perché ce l’ottenchi, a Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La Pietà suole abbracciare ogni virtù, e ogni virtù si richiede nel Cristiano: Col nome di Santi sì, col nome di Santi erano tutti chiamati i Cristiani, perché tutti vivevano con rara integrità di costumi anticamente: Noi procuriamola con rinnovare spesso il dolor de’ nostri peccati, e con proponimento d’una vita migliore.

NONA GIORNATA

Venerata etc,

Santissima Divina Casa: Pur voi sete, cui la maestà suprema, che tutto legge che governa in vedendo con suo dispiacere mento mancata la venerazione dovuta, se ci sì colla sua potenza, che spedisca dalle proprie fondamenta, ed in aria per mano d’Angioli trasportata sin dalla Palestina alla Dalmazia, pigliaste quivi, dirò così, breve riposo nel volo di due mila, e più miglia, e poi nella Provincia della Marca l’anno 1694 a 10 di Decembre circa le 10 ore, per quello osservarono i vigilanti Pastori, veniste a posarvi, quasi fin ad ora dicendo: Sic in Sion firmata sum. O portento inaudito! E con questo la Provvidenza nel grembo della Chiesa pone il piccolo Santuario, perché non resti più venerato, quando à lasciato l’altro magnifico del Santo Sepolcro in potere degli Infedeli, e l’altro sì famoso del Re Salomone abbandonò totalmente alle rovine. Noi pertanto qui rinoviamo le nostre adorazioni: ma per visitarvi degnamente, chi ci otterrà il Manto bello della Carità divina? Ricorriamo pure a Maria: Ave Maria etc. Gloria etc,

AVVISO

La carità divina introduce nel Paradiso: la carità divina introduca nella Santa Casetta: Da leggerissima colpa restò impedito Mosè perché non entrasse nella terra di promissione. Mondiamo l’anima nostra da qualunque macchia con una sincera confessione. Tronchiamo ogni affetto al peccato, a Dio uniamoci tutti con un Santo Amore, e pieni di confidenza entriamo pure nel Santuario.

INNO

   Il Figlio dell’Eterno

dall’abitazione sovrana

qual masso che si stacca

da lunga tramontana

qui balza e di unisce

entrambe le Città.

   Sempre le laudi echeggia

l’alta abitazione dei Santi

all’Uno e Trino scioglie

melodiosi canti:

lodiamo con i celesti

l’augusta Maestà.

   Signore le nostre chiese

irradia di splendore

qui accogli invocato

i voti di ogni cuore.

La pioggia delle grazie

tu manda quaggiù

   i tuoi devoti servi

che ivi ti pregano umili,

esultino di gioia

per i doni conseguiti

finché dal mortale sciolti

non siedono Lassù.

Entreremo nel suo tabernacolo. Adoreremo  il luogo dove stettero i suoi piedi. PREGHIAMO. O Dio, che hai voluto che, all’annuncio dell’Angelo, il tuo Verbo

prendesse carne nel seno della beata Vergine Maria: concedi a noi  tuoi supplici che, come crediamo lei vera Madre di Dio, così siamo aiutati presso di Te dalla sua intercessione.

IL GIORNO DELLA FESTA

Colloqui alla Santissima Vergine.

P R I M O

Eccoci senza merito, anzi con positivo demerito per le sconoscenze, tante, e tante colpe commesse: Eccoci a Dio piacesse delle virtù per vostro mezzo richieste, e non più tosto di qualche vizio contrario ricoperti: conoscenze, tante, e tante colpe commesse: ma comunque siamo; eccoci eppure vostra mercé, o grande regina del cielo, e della terra, se non colla persona, coll’affetto almeno (così nella visita spirituale, poiché nella personale dovrà dirsi coll’affetto, con la persona) eccoci sì nella vostra Casa.

   O Casa veramente Divina!

O Albergo di santità, e Paradiso piucche terrestre!! O celeste Maggione! Felice pavimento! Sassi preziosi! Pareti avventurate! Felicissimo tetto! Vi adoriamo con viva fede, con tenerezza vi baciamo, e da questi a voi torna il nostro cuore, o gran Signore, per ringraziarvi, come intendiamo fare di dono così eccelso, che dispensare gli piacque alla nostra Europa, alla nostra Italia, alla Provincia nostra, perché la godessimo da vicino, mentre da lungi non sarebbe stato così: Ah! che rimasta nell’oriente la vostra abitazione chi avrebbe di noi attraversate pianure? chi varcati Mari? chi fatto spese? chi sofferti incomodi? chi patiti disastri? e superate le difficoltà, per mirarla finalmente una volta? Ahi che tanto non sarebbe noi riuscito, quando qui adesso la visitiamo a nostro piacere, e come nostra la possediamo:

   Dove però giungeranno mai gli nostri ringraziamenti a bastantemente corrispondere alla nostra somma, è verso di noi parzialissima Beneficenza? A nome nostro dunque vi ringrazino i Giusti della Terra i Santi del Cielo, gli Angioli tutti del paradiso: Ognuno de’ Beati Comprensori vi dia eterna ella udì, eterne benedizioni, eterna gloria Amen Salve Regina etc.

SECONDO

Eccoci, o gran Signore dell’Universo: tanto più attoniti, quanto più ripensiamo al dono singolarissimo, che da voi che è stato fatto. Il darci questa veneratissima Casa fù come un dichiararvi nostra sovrananissima concittadina, e rendere noi nello stesso tempo vostri confidenti Vassalli. Alle Spagne pertanto piucché a noi piucché a noi alla Francia, alla Polonia, a Roma doveasi Ella concedere, ma piucché a Roma alla Polonia, alla Francia, alle Spagne, piucché a verun’altro l’avete conceduta a noi, quando che noi stessi non avriamo avuto tanto ardire di domandarla, non che speranza di ottenerla.

    Quindi è, che era sì raro privilegio tanto più esaltati, e favoriti, e distinti riconoscendoci, quanto più immeritevoli ce ne ravvisiamo tutti lingua nel Cuore, tutti Cuor nella lingua: benedetta, esclamiamo, benedetta l’ora, e ‘l momento, in cui di simil dono ci arricchiste: benedetti i giorni, anni, e  Secoli tutti, ne’ quali de ‘l conservasse il benedetto anche l’esemplarissimo  Clero, che qui salmeggia. Gli Ordini Religiosissimi, che qui assistono, i Popoli di voti che quà concorrano, ed oh! Possibile cosa fosse alle nostre forze, come a desideri nostri il chiamare quà tutto il Mondo, e dirgli: In questa stanza ha principiato la tua Redenzione, qui il Verbo si fece Uomo, qui abitò tra di noi il mortale qui Verbum caro factum est, etc. abitavi in nobis. Adorala dunque  divotamente per così mostrarti grato all’Autore del beneficio ineffabile.

   Le Gemme, poi gli Ori, gli Argenti, le Pitture, le Statue, il Tempio, che la circonda, tutto è nobile, se tutto è raro, e

prezioso: parendo in lei non si possa aggiungere di più: ma di più senz’altro ci bramiamo, finché la venerazione, e culto vada sempre crescendo nella vostra Casa, in cui si avanzino pur sempre ne Fedeli i meriti, le virtù, la grazia di Dio. Amen. Salve Regina etc.

TERZO

Eccoci, o degna Madre di Dio, eccoci ammirati più che mai della vostra sovrana bontà. Sarebbe questa veramente sembrata rara, ed ammirabile, quando solo per pochi giorni aveste fra noi depositata la vostra Reggia: ma quanto più stupenda Ella dovrà sembrare, essendovi compiaciuta di farcela godere lo spazio bello lungo di quattrocento, e più anni: Sommi Pontefici, Imperatori, Re e Regine, Principi, illustri Uomini di gran santità Popoli quà concorsi mai non vi pregarono a trasferirla ne loro, benché Rinomati Paesi: ma qui costante la ritenete con la speranza di non volerla giammai rimuovere da noi, quanto per collocarla fra le nostre Contrade, la spiccaste amorosa dai luoghi si’ Rimoti e lontani: questa grazia però dimandiamo con vivo cuore: questo imploriamo con supplichevoli istanze: di posseder  sempre nell’avvenire la vostra S. Abitazione: le visite poi, che in essa abbiam fatto, facciam di presente, e faremo in appresso, a Dio piacendo quella in premio ci rechino felice visita, la quale,  ed oh se presto bramiamo fare alla Madre vostra in Cielo.

   Speriamo dopo tante cortesi accoglienze nella Terrena Casa, riportate da voi parimenti una goderne costassù nel celeste Trono, da cui  preferentemente e a capo chino, con mani gionte, con umiltà di ossequio, per sicura caparra di quanto vi abbiamo chiesto imploriamo la S. Benedizione per noi, per i nostri Domestici, per la nostra Provincia, per l’Italia, pel mondo tutto, perché tutto il mondo se tanto può riuscire, venga dopo avervi onorata qui in Terra ad adorarvi benedirvi, e ringraziarvi per sempre nel Paradiso a gloria perpetua del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. Anen. Salve Regina, etc.

KIRIE ELEISON

L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed Ella concepì per opera dello Spirito Santo.

PREGHIAMO

Infondi nel nostro spirito la grazia, o Padre; tu che nell’annuncio dell’Angelo ci hai rivelato l’incarnazione di Cristo tuo Figlio, per la sua passione e la sua Croce guidaci alla gloria della Risurrezione. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.

Documenti per recitare con più divozione le sopradette orazioni, che sono l’indulgenze, che uno acquista coMe siegue, cioè

   Per l’Ave Maria sessanta giorni, concedutida Giovanni XXII, e da Urbano IV. per la Salve Regina giorni quaranta: giorni venti chinandosi il capo a Santissimo nomi di Gesù, e di Maria: trenta al Gloria Patri, inchinandosi parimenti il capo, conceduti pure da Giovanni XXII, giorni duecento per le Litanie conceduti da Pio V.

ANDATA ALLA S. CASA

Andiamo tutti andiamo

Alla Casetta pia

Di Gesù, e di Maria

      E di Giuseppe.

Quella già fù recata

Con celeste armonìa

Dalla pingue Sorìa

      Qua nel Piceno.

                                                   Andiamo

Mentre volò per l’aria

Non si agitò pur fronda

Non si turbò pur onda

      Il tutto il Mare.

                                                   Andiamo

Di notte il vasto Cielo

Sparse lucente albore,

D’insolito chiarore

      In sù la Terra.

                                                   Andiamo

Al vicin comparire

Il fido Pastorello

Accompagnò l’Augello

      Con sue note.

                                                      Andiamo                                                   

Fuggir il Lupo, e l’Orso

Si calmò la tempesta,

E la guerra funesta

      In pace tacque.

                                                      Andiamo

Quindi del Mondo intero

Se Iddio vive sdegnato,

Diventa ben placato

      In quella stanza.

                                                         Andiamo

Ivi l’Eterno Figlio,

Che preso in seno al Padre,

Vacque dalla gran Madre

      Umano frutto.

                                                           Andiamo

Con umiltà superna

In quel stretto contorno

Fece lungo soggiorno

      Il Creatore.

                                                            Andiamo

Mirate se obbedisce

Con tutto il suo potere

Di Giuseppe al volere

      E di Maria.

                                                              Andiamo

Quel, che provede al tutto,

Di faticar non sdegna:

E tutto ci si impegna

      In ogni tempo.

                                                              Andiamo

Ma più farà per noi,

Allorché sulla Croce

Ci sosterrà l’atroce,

      E dura morte.

                                                              Andiamo

Travaglia ritirato

Pena, supplica, ed ora

Finché gli giunge l’ora

      Amata tanto.

                                                    Andiamo

O fortunato albergo

Sei pure il Paradiso,

Che l’adorato viso

      In seno chiudi.

                                                     Andiamo

Dalle superne sfere

Il Messagger cortese

Te felice discese

      A visitare.

                                                      Andiamo

il buon vecchio Giuseppe,

 La vergine sua Sposa

Ebbero in te festosa,

      E molta pace.

                                                      Andiamo

Quindi tanti Santi

Con passi frettolosi

Vennero a Te pietosi

      Con grave stento.

                                                      Andiamo

Co’ porporati Padri

Il successor di Piero

Umile  senza impero

      In Te si flette.

                                                       Andiamo

per te li Re fedeli,

Per te colle vicine

Le rimote Regine

      Varcaron l’onde.

                                                        Andiamo

Albergo benedetto

Quanto sei ricco, e quanto

Oltrepassi nel vanto

      Argento, ed Oro.

                                                         Andiamo

Ma ogni grande ricchezza

Vince nel molto pregio

Con qualunque alto fregio

      Un selce solo.

                                                          Andiamo

Ascolta, mondo, ascolta

Da quella rozza pietra

Sorgono a chi l’impetra

      Immensi beni.

                                                            Andiamo

Venite Peccatori

Piangerete il reato:

E vi sarà purgato

      Da nera macchia.

                                                      Andiamo

Venite senza tema

O forsennati amanti

A disciorre gl’incanti

      E falsi amori

                                                       Andiamo

Venite Potentati,

E dispregiar Palagi,

E rifiutar tant’agi

      Apprenderete.

                                                      Andiamo

Venite Poverelli

Le vostre pene ingrate

Saranno sollevate

      In un momento.

                                                        Andiamo

Venite Traviati,

 Per aver lume in mente,

E vedere chiaramente

      Quanto erriate.

                                                        Andiamo

Infedeli, e Fedeli

Tutti venite insieme

A prender della speme

      Accesa, e pura.

                                                        Andiamo

Sù, sù da Battro a Tile

Venite Genti à stuolo

E l’uno, e l’altro Polo

      Vi accompagni.

                                                        Andiamo

A quella Santa Casa

Con fede e di umiltade

Con bontà, e caritade

      Andiamo allegri.

                                                        Andiamo

O Casa bella, e quando

Ti mirerò felice?

Ma  l’occhio già mi dice:

      Ecco la vedi?

                                                        Andiamo

Benché lungi ti miri

Albergo mio divino,

Ti venero,  t’inchino,

      E ancor ti adoro.

                                                             Andiamo

Voci non più di suono

Voci solo di affetto

Eschino dal mio petto

      Eternamente.

                                                           Andiamo

Eschino con tale forza,

Che giunto a quella Soglia

Lasci frale spoglia

      E in pace moja.

                                                           Andiamo

DIMORA NELLA SANTA CASA

Questa, non convenendo il canto, come per la strada potrà farsi la meditazione sopra qualche mistero dell’Incarnazione ovveramente recitarsi i colloqui, della festa, ma più col cuore, che con la lingua, ma per la strada si potrà anche fare l’intiera Novena.

PARTENZA

Soggiorno mio gradito

Nella Casetta pia

Di Gesù di Maria,

      E di Giuseppe.

Non volle Idio non volle

Sprigionare quest’alma

E rapire la salma

      A questa vita.

                                                 Soggiorno

Diego sono ed entra i

Pellegrino fortunato

Nel soggiorno beato,

      E benedetto.

                                                  Soggiorno

Tornai lieto più volte

A rinovar le entrate

Per me sempre più grate

      E più gioconde.

                                                    Soggiorno

Mille baci v’impressi,

Mille sospiri, e mille

Voti, e voci tranquille

      Ancor snodai.

                                                     Soggiorno

Eppur vivo son io:

Ma vivere sempre in quella:

Santa Casuccia bella

      Ah sì vorrei!

                                                    Soggiorno

Ma tanto a me non lice;

E già mi veggo astretto

Dal venerabile Tetto

      Or di partire.

                                                   Soggiorno

Partirò: ma che sento

E tutto in pena il cuore:

Esperimento dolore:

      E provo affanno.

                                                    Soggiorno

Parto: ma nel partire

Se inanti spingo il piede

Sdegnoso indietro riede

      E non si avanza.

                                                     Soggiorno

Indietro l’occhio torna

Ritorno io stesso, e dico,

Mio caro Albergo amico

      O da lasciarti?

                                                      Soggiorno

Ma lasciarti non voglio,

Anzi per starti appresso,

Dividerò me stesso:

      Il Cuore Ti dono.

                                                       Soggiorno

Con esso in te rimango

Perché lungi mi è dato,

Andare sconsolato

      Dal tuo tetto.

                                                       Soggiorno

E così ancor partendo

Resto con la migliore,

Parte, che questo amore

A te può dare.

                                                       Soggiorno

Laudi Spirituali, che sogliono cantarsi nelle Sacre Missioni.

ATTO DI CONTRIZIONE

Signore, e Padre amante

Mio Sommo Ben mio Dio

Perdono, ecco il cuor mio

      tutto contrito.

Con dolore infinito

Piango infinito errore

Per l’infinito amore

      che a voi porto.

Vorrei prima esser morto

Che avervi offeso Dio

Prima morir vogl’io

Che più peccare.

ALLA SANTISSIMA VERGINE

O Vergine purissima

Prega per noi Gesù

Figlio del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O vada Rosa mistica

Prega per noi Gesù

Roveto combustibile

Prega per noi Gesù

O luna piena, e lucida

Prega per noi Gesù

O Rocca inespugnabile

Prega per noi Gesù

Soccorso delli miseri

Prega per noi Gesù

O dolce Madre amabile

Prega per noi Gesù

Decoro dell’Empireo

Prega per noi Gesù

O fortezza invittissima

Prega per noi Gesù

Amore nella Triade

Prega per noi Gesù

O Giglio candidissimo

Prega per noi Gesù

Signora a tutti gl’Angioli

Prega per noi Gesù

O Gloria degl’Apostoli

Prega per noi Gesù

Corona delli Martiri

Prega per noi Gesù

O Eletto fior di Gerico

Prega per noi Gesù

Regina delle Vergini

Prega per noi Gesù

O specchio della grazia

Prega per noi Gesù

Tesoro della Gloria

Prega per noi Gesù

O Talamo castissimo

Prega per noi Gesù

soccorsi sono ne pericoli

Prega per noi Gesù

O stella chiara, e fulgida

Prega per noi Gesù

Trono del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O Refugio dell’anime

Prega per noi Gesù

Sede del Re pacifico

Prega per noi Gesù

O Sposa del Paraclito

Prega per noi Gesù

Principio dell’Origine

Prega per noi Gesù

O degno Collo eburneo

Prega per noi Gesù

Conforto nelle lagrime

Prega per noi Gesù

O destra insuperabile

Prega per noi Gesù

Confusione del Tartaro

Prega per noi Gesù

O sen di dolce nettare

Prega per noi Gesù

Sorgente d’acqua limpida

Prega per noi Gesù

O cuore pietosissimo

Prega per noi Gesù

Maria Figlia di Davide

Prega per noi Gesù

LA SALVE REGINA

Dio ti salvi Regina

E Madre Universale

Per cui il favor si sale

      Al paradiso

Voi sete gioia, e riso

Di tutti i sconsolati

Di tutti i tribolati

Unica spreme.

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SACRO VIAGGIO

L  A  U  R  E  T  A  N  O

OVVERO

Modo facile per visitare tanto in

spirito, che in persona

L  A   S.   CASA

D I   L O R E T O

Diretto alle divote Compagnie, Famiglie, e Persone massimamente

Della Provincia della Marca,

P R O P O S T O

DA UN SACERDOTE INFIMO

DELL’ORATORIO

<Fioravanti Giuseppe>

E Dedicato

ALL’ETERNO PADRE

UNICO VERO BENE

CREATORE

Del tutto visibile, ed Invisibile.

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In Macerata, per gl’Eredi del Pannelli

Stampatori del S. Offizio (1749)

Con Lic. De’ Sup.

ALL’ETERNO PADRE

Per segno di gratitudine all’altissimo beneficio, che Voi, Eterno Padre, vi degnaste fare a me, quantunque indegnissimo nella Santa Casa di Nazaret, con vestire in essa per la mia salute l’Unigenito vostro Figlio di umana spoglia: io da quel poverello, che sono vi afferisco il presente Sacro Viaggio, già che solo riguarda con la venerazione di quel Santuario, come per ultimo fine la vostra gloria: Spero, che voi mirando non a guisa degli Uomini al dono, bensì all’anima del donatore, benignamente lo gradirete. Gradiretelo sì Mio Signore, e con la vostra Grazia movete  i Fedeli a piamente intraprenderlo. Fatene degno ancora me, che genuflesso di prego a rimirarmi sempre con occhio da Padre, quantunque sia, quale ora per tutta l’eternità mi confesso:    D.D. M. V.

             Sant’Elpidio li 2. Ottobre 1749

Il più Inutile, Ingrato, Indegno Servo

Giuseppe Antonio Fioravanti

A CHI LEGGE

In due modi può uno portarsi alla S, Casa di Loreto, in persona, ed in Spirito. Se voi, che leggete qui, bramate andare di persona con frutto, immaginandovi di andare alla Regia di una qualche Regina per inchinarla (mentre è pur  Regina grande Maria. Sua Regia è la S, Casa, ed in lei resta ossequiato la Vergine) colà vi portarete umile, modesto con scelti compagni, e divoti pensieri ora meditando, ora sa armeggiando, ora dicendo  corone, ora cantando, ora un qualche pio discorso intramettendo, al che potrà giovarvi quanto più innanzi troverete esposto. Felice Voi, se vi andrete così! Certo, che riusciravvi non solamente brevi, giocondo il cammino, ma di sommo vantaggio perché Maria starà come sorridendo dal cielo, e preparando nella sua casa le grazie, che più verranno da voi bramate; e se qui con santa curiosità mi domandate con quali frequenza debassi visitare quel gran Santuario, rispondo così: Gesù nostra guida, e Maestro ogn’anno portavasi al Tempio di Gerosolima, ch’era il primario della Giudea. Principalissimo tempio della cristianità è la Casa alla lauretana, ed a quella con tutta la distanza di venti miglia si trasferiva ogni settimana il P. Luzio Brancadori dall’Oratorio di Fermo: Voi però andatevi quando più v’è permesso.

      Che se mai da qualche insuperabile difficoltà è a voi ritardato l’andare colà in persona, di grazia non mancate farlo in spirito tre con ogni affetto, e di mozione fatti o in pubblico, o in privato le sacre giornate, che appresso in forma di novena si pongono per la traslazione della medesima Santa casa seguita alli dieci Decembre di tanta solennità nella Marca, procurando inoltre la prattica delle Virtù, che si accennano, e così, quantunque lontano, quantunque limitato nei Chiostri, ò per qualunque altro capo impedito, farete in spirito, e con un frutto parimenti a venerare quel Santissimo luogo ogni anno, anzi ogni settimana, qualora vi piacesse in tutti i sabati rinovare se non l’intera Novena, i colloqui almeno della medesima: E per non credere superflui questi ossequi, basta riflettere, che sono ordinati a Maria la quale se tutto da tutti si merita, molto più di tutto si merita dalla sua amatissima ed obbligatissima provincia picena. Ecco il viaggio lauretano: facciamolo di buon grado, come possiamo dalle nostre abitazioni a gloria di Dio, mentre Dio lo ho fatto fino dal Cielo per nostro bene.

J. M. J.

Actiones nostras quaesumus Domine aspirando praeveni,  et adiuvando prosequere, ut concta nostra oratio, et operatio a te semper incipiat, et per te caepta finiatur. Per Cjristum etc.

PRIMA GIORNATA

           Venerata da tutti sempre sia

La Casa di Gesù, di Giuseppe e di Maria.

Santissima divina Casa: Restiamo Noi ammirati, che l’Altissimo Iddio scegliesse voi per Abitazione qui in terra non solo di Maria, e di Giuseppe, che pur furono in essa li più incliti Personaggi, ma dall’istesso suo Unigenito. Mancavano forse Palagi sontuosi o magnifiche Regie? Nò certamente. E quando avesse Egli voluto, non poteva in un  tratto come il Cielo, e la Terra, così parimenti formare un sì maestoso, nobile, ricco soggiorno, che pare non fosse in tutto il Mondo? Poteva: qual dubbio? Eppure di voi si contentò: elesse voi angusta, rozza, semplice itanza per l’amato suo Figlio. Vi adoriamo pertanto con riverenza profonda, e: per degnamente visitarvi bramiamo esser vestiti con la virtù santa dell’umiltà con l’intercessione di Maria: Ave Maria Gloria Patri etc.

AVVISO

L’umiltà è così grata a Dio, che per essa più, che per le altre virtù si scelse per Madre la Vergine, anzi quando ci fosse stata Donzella di lei più umile al mondo, queste Dio ci sarebbe scelta per Madre, ed in tutti la vuole sì fattamente in qualche grado, che senza di essa non ammette dei veruno in Paradiso. Noi adesso la praticaremo con assoggettarci più che potremo alla Maestà divina, e riputarci indegni, di avere l’ingresso in un luogo santificato dalla presenza Reale di un Dio Umanato, dagli Angioli, e da primi Santi del Mondo.

SECONDA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da veri Cattolici noi fermamente crediamo essere in voi comparso in sembianza di paraninfo

 celeste l’Arcangelo Gabriello a spiegare: l’ineffabile grande ambasciata a Maria, e: che Maria desse con pari umiltà, e rassegnazione dell’assenso richiesto al divin beneplacito; onde per opera dello Spirito Santo venne Ella subito a concepire nel verginale suo seno in forma di Bambinello il Salvatore del Mondo Gesù. Meraviglia codesta la più stupenda, che mai potesse avvenire su tutto il Creato: eppure accaduta ella è certamente dentro le vostre fortunate pareti. Vi adoriamo però con l’ossequio maggiore a voi dovuto, e per degnamente visitarvi desideriamo essere vestiti della santa virtù della liberalità con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria Patri etc,

AVVISO

La liberalità è tutta propria di Dio, il quale non contento di dare le cose sue volle dare ancora se stesso nell’Eucaristia, della Croce, nell’adorata  Casa. Noi praticheremo questa virtù con dare qualche sussidio a Poveretti, ne quali tanto si compiace il nostro Dio di essere sovvenuto.

TERZA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima divina Casa: E’ vero sì, che Gesù nostro Bene in voi dimorò da piccolo, in voi dimorò la grande ora facendovi orazione, pigliandovi ora breve riposo, trattandovi or con Giuseppe, or con Maria, ed ora con ambedue insieme dolcemente conversandovi. Voi dunque il luogo da Gesù co’ passi, da Gesù co’ si guardi, da Gesù co’ discorsi, da Gesù con gli affetti, da Gesù con le opere, da Gesù in tutte le guise santificato. Sì voi siete, e però con tutto rispetto vi adoriamo: bramando per visitarvi degnamente essere adorni della virtù santa della Purità con l’intercessione di Maria: Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

   La Purità sì bella comparve a gli occhi purissimi di Gesù, che laddove reiterate tentazioni sostenne contro delle altre virtù, contro di questa neppure unavolle sentirne, non già perché non avesse cuore da vincerla, ma per mostrare maggiormente quanto una tale virtù fosse a lui cara. E sì cara fu anche a Maria, che prima di perderla avrebbe rinunziato di essere madre di Dio. Noi qual giglio custodiamola da discorsi, da sguardi, dagl’Oggetti, e bellezze, che la possono offendere.

QUARTA GIORNATA

Venerata etc

Santissima Divina Casa: Siete voi quella, da cui la Reina stessa dei Cieli al termine prezioso venuta de giorni suoi coll’ammirabile prodigioso intervento di tutto il Collegio Apostolico, col pieno corteggio degli Angioli, Arcangioli, e Serafini dalle mani di Gesù ricevuto il sagro Viatico non frà pene di morte, bensì frà gaudi di vita trionfante al Cielo se ne volò: Bel treatro pertanto,, bel teatro di meraviglie, che sempre più voi ci compartite. Riverenti vi adoriamo, e per degnamente visitarvi, la virtù della santa astinenza per mezzo di Maria cerchiamo. Ave Maria etc, Gloria etc.

A V V I S O

L’astinenza o quanto conviene a chi visita la Santa Casa: Ben lo insegno co’ fatti il Re di Francia S. Lodovico. Questi in pane, e di acqua, e con irsuto cilicio al fianchi venerò quel sacro Luogo. Noi guardiamoci almeno dal mangiare, bere, e dormire soverchiamente, sicché non restiamo impediti dal far bene le nostre divozioni con mente raccolta a Dio.

QUINTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi si sciolsero da legami del Corpo dei due bell’Alme del

Patriarca S. Gioacchino, e della gloriosa Madre S. Anna; né queste solamente, ma l’Anima grande altresì dal gloriosissimo S. Giuseppe, assistito da Maria, da Gesù medesimo con privilegio singolare nelle sue più dolci agonie. Or mentre questi gran Santi in voi morirono, vi chiameremo felicissimo termine poi che principio di eterna vita, ne manchiamo adorarvi divotamente, e per degnamente visitarvi la virtù della Carità fraterna con l’intercessione di Maria sempre Vergine imploriamo. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La carità fraterna e la vera livrea del Cristiano. Chi non l’à, non è seguace di Gesù Cristo, né da lui amato, anzi odiato, e quanto. Noi vediamo amare i nostri Prossimi adesso piùcchemai rallegrandoci del loro bene, godendo dei loro comodi, scusando ogni loro difetto.

SESTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi gli Apostoli Santi, udite lezioni le più alte, e sublimi della nostra Religione, allorché venivano da Maria loro maestra addottrinati, in voi ergono Altare, inalberano Croce, e collocatevi le Statue di Gesù, e di Maria, quali ora si vedono, vi consagrano Chiesa, e pieni di Spirito sovrumano al Altissimo il tremendo Sagrificio vi offeriscono. O Tempio incomparabile. Noi attoniti vi adoriamo, e per visitarvi col dovuto riguardo, bramiamo essere vestiti della virtù della Pazienza con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La pazienza deve essere molto cara ad ognuno, mentre è pur vero come dicono i Sacri Teologi, che chi non l’à, o non à la grazia di Dio; o sta per perderla. E poi quella S. Cassetta fu ripiena di pazienza: tutta pazienza in Gesù: tutta pazienza in Maria: tutta pazienza in Giuseppe. Noi pratichiamola negli incomodi della strada, negli alloggi, colli  Compagni e sin con noi stessi dolcemente soffrendo i propri difetti, finché restino con divino aiuto emendati.

SETTIMA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: sete pur voi quella, in cui parlano i Muti, odono i Sordi, vedono i Ciechi, risanano Infermi, salvi compariscono i Sommersi nell’acqua, i condotti al Patibolo i Trucidati dal ferro: Ecco fra questi un Sacerdote, che fino dalla Dalmazia col proprio cuore in su le mani, da Barbari cavatogli in odio di Maria travalica il Mare, approda al  lido, giunge a voi, e quello stesso cuore deposita in mano dei vostri Ministri, da cui ricevuti poscia i Santissimi Sacramenti, l’anima sua spira felicemente. Una miniera de’ più strepitosi prodigi: ecco noi pertanto, che rispettose vi adoriamo, e per visitarvi colla maggiore di divozione possibile il fervore Santo di Spirito sospiriamo di ottenere per mezzo della Madre nostra Maria. Ave Maria etc, Gloria etc,

AVVISO

Il Fervore di Spirito o quanto è necessario per salvarsi. Quel Servo Vangelico, il quale ne fù privo, restò condannato dal suo Padrone all’Inferno. La Sacra Famiglia non stette mai neppure un momento in ozio dentro quella Santa Casetta sempre in opera. Attenti dunque Noi a non rallentarci nel divino servizio: Prontezza sempre alla Messa, all’orazione, all’obbedienza.

OTTAVA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da voi quasi da ciel benefico abbondante pioggia di grazie discende sopra la terra de cuori umani, onde questi se impietriti si ammolliscono , se sterili, e infruttuosi danno copiose frutta di sante operazioni. Intimo a voi, entro di Voi sì mutansi i malvagi Buoni, i Buoni i migliori, e questi in ottimi si riducono, mercé a que’ lumi celesti, a quegl’impulsi sovrani, ch’Essi occultamente ricevono: Bisogna ben confessarla. Da voi parte è arricchito quanto vuole chiunque vuole di spirituali tesori: Eccoci pertanto vostri adulatori ossequiosi, e per visitarvi con la virtù santa della Pietà, ricordiamo, perché ce l’ottenchi, a Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La Pietà suole abbracciare ogni virtù, e ogni virtù si richiede nel Cristiano: Col nome di Santi sì, col nome di Santi erano tutti chiamati i Cristiani, perché tutti vivevano con rara integrità di costumi anticamente: Noi procuriamola con rinnovare spesso il dolor de’ nostri peccati, e con proponimento d’una vita migliore.

NONA GIORNATA

Venerata etc,

Santissima Divina Casa: Pur voi sete, cui la maestà suprema, che tutto legge che governa in vedendo con suo dispiacere mento mancata la venerazione dovuta, se ci sì colla sua potenza, che spedisca dalle proprie fondamenta, ed in aria per mano d’Angioli trasportata sin dalla Palestina alla Dalmazia, pigliaste quivi, dirò così, breve riposo nel volo di due mila, e più miglia, e poi nella Provincia della Marca l’anno 1694 a 10 di Decembre circa le 10 ore, per quello osservarono i vigilanti Pastori, veniste a posarvi, quasi fin ad ora dicendo: Sic in Sion firmata sum. O portento inaudito! E con questo la Provvidenza nel grembo della Chiesa pone il piccolo Santuario, perché non resti più venerato, quando à lasciato l’altro magnifico del Santo Sepolcro in potere degli Infedeli, e l’altro sì famoso del Re Salomone abbandonò totalmente alle rovine. Noi pertanto qui rinoviamo le nostre adorazioni: ma per visitarvi degnamente, chi ci otterrà il Manto bello della Carità divina? Ricorriamo pure a Maria: Ave Maria etc. Gloria etc,

AVVISO

La carità divina introduce nel Paradiso: la carità divina introduca nella Santa Casetta: Da leggerissima colpa restò impedito Mosè perché non entrasse nella terra di promissione. Mondiamo l’anima nostra da qualunque macchia con una sincera confessione. Tronchiamo ogni affetto al peccato, a Dio uniamoci tutti con un Santo Amore, e pieni di confidenza entriamo pure nel Santuario.

INNO

   Il Figlio dell’Eterno

dall’abitazione sovrana

qual masso che si stacca

da lunga tramontana

qui balza e di unisce

entrambe le Città.

   Sempre le laudi echeggia

l’alta abitazione dei Santi

all’Uno e Trino scioglie

melodiosi canti:

lodiamo con i celesti

l’augusta Maestà.

   Signore le nostre chiese

irradia di splendore

qui accogli invocato

i voti di ogni cuore.

La pioggia delle grazie

tu manda quaggiù

   i tuoi devoti servi

che ivi ti pregano umili,

esultino di gioia

per i doni conseguiti

finché dal mortale sciolti

non siedono Lassù.

Entreremo nel suo tabernacolo. Adoreremo  il luogo dove stettero i suoi piedi. PREGHIAMO. O Dio, che hai voluto che, all’annuncio dell’Angelo, il tuo Verbo

prendesse carne nel seno della beata Vergine Maria: concedi a noi  tuoi supplici che, come crediamo lei vera Madre di Dio, così siamo aiutati presso di Te dalla sua intercessione.

IL GIORNO DELLA FESTA

Colloqui alla Santissima Vergine.

P R I M O

Eccoci senza merito, anzi con positivo demerito per le sconoscenze, tante, e tante colpe commesse: Eccoci a Dio piacesse delle virtù per vostro mezzo richieste, e non più tosto di qualche vizio contrario ricoperti: conoscenze, tante, e tante colpe commesse: ma comunque siamo; eccoci eppure vostra mercé, o grande regina del cielo, e della terra, se non colla persona, coll’affetto almeno (così nella visita spirituale, poiché nella personale dovrà dirsi coll’affetto, con la persona) eccoci sì nella vostra Casa.

   O Casa veramente Divina!

O Albergo di santità, e Paradiso piucche terrestre!! O celeste Maggione! Felice pavimento! Sassi preziosi! Pareti avventurate! Felicissimo tetto! Vi adoriamo con viva fede, con tenerezza vi baciamo, e da questi a voi torna il nostro cuore, o gran Signore, per ringraziarvi, come intendiamo fare di dono così eccelso, che dispensare gli piacque alla nostra Europa, alla nostra Italia, alla Provincia nostra, perché la godessimo da vicino, mentre da lungi non sarebbe stato così: Ah! che rimasta nell’oriente la vostra abitazione chi avrebbe di noi attraversate pianure? chi varcati Mari? chi fatto spese? chi sofferti incomodi? chi patiti disastri? e superate le difficoltà, per mirarla finalmente una volta? Ahi che tanto non sarebbe noi riuscito, quando qui adesso la visitiamo a nostro piacere, e come nostra la possediamo:

   Dove però giungeranno mai gli nostri ringraziamenti a bastantemente corrispondere alla nostra somma, è verso di noi parzialissima Beneficenza? A nome nostro dunque vi ringrazino i Giusti della Terra i Santi del Cielo, gli Angioli tutti del paradiso: Ognuno de’ Beati Comprensori vi dia eterna ella udì, eterne benedizioni, eterna gloria Amen Salve Regina etc.

SECONDO

Eccoci, o gran Signore dell’Universo: tanto più attoniti, quanto più ripensiamo al dono singolarissimo, che da voi che è stato fatto. Il darci questa veneratissima Casa fù come un dichiararvi nostra sovrananissima concittadina, e rendere noi nello stesso tempo vostri confidenti Vassalli. Alle Spagne pertanto piucché a noi piucché a noi alla Francia, alla Polonia, a Roma doveasi Ella concedere, ma piucché a Roma alla Polonia, alla Francia, alle Spagne, piucché a verun’altro l’avete conceduta a noi, quando che noi stessi non avriamo avuto tanto ardire di domandarla, non che speranza di ottenerla.

    Quindi è, che era sì raro privilegio tanto più esaltati, e favoriti, e distinti riconoscendoci, quanto più immeritevoli ce ne ravvisiamo tutti lingua nel Cuore, tutti Cuor nella lingua: benedetta, esclamiamo, benedetta l’ora, e ‘l momento, in cui di simil dono ci arricchiste: benedetti i giorni, anni, e  Secoli tutti, ne’ quali de ‘l conservasse il benedetto anche l’esemplarissimo  Clero, che qui salmeggia. Gli Ordini Religiosissimi, che qui assistono, i Popoli di voti che quà concorrano, ed oh! Possibile cosa fosse alle nostre forze, come a desideri nostri il chiamare quà tutto il Mondo, e dirgli: In questa stanza ha principiato la tua Redenzione, qui il Verbo si fece Uomo, qui abitò tra di noi il mortale qui Verbum caro factum est, etc. abitavi in nobis. Adorala dunque  divotamente per così mostrarti grato all’Autore del beneficio ineffabile.

   Le Gemme, poi gli Ori, gli Argenti, le Pitture, le Statue, il Tempio, che la circonda, tutto è nobile, se tutto è raro, e

prezioso: parendo in lei non si possa aggiungere di più: ma di più senz’altro ci bramiamo, finché la venerazione, e culto vada sempre crescendo nella vostra Casa, in cui si avanzino pur sempre ne Fedeli i meriti, le virtù, la grazia di Dio. Amen. Salve Regina etc.

TERZO

Eccoci, o degna Madre di Dio, eccoci ammirati più che mai della vostra sovrana bontà. Sarebbe questa veramente sembrata rara, ed ammirabile, quando solo per pochi giorni aveste fra noi depositata la vostra Reggia: ma quanto più stupenda Ella dovrà sembrare, essendovi compiaciuta di farcela godere lo spazio bello lungo di quattrocento, e più anni: Sommi Pontefici, Imperatori, Re e Regine, Principi, illustri Uomini di gran santità Popoli quà concorsi mai non vi pregarono a trasferirla ne loro, benché Rinomati Paesi: ma qui costante la ritenete con la speranza di non volerla giammai rimuovere da noi, quanto per collocarla fra le nostre Contrade, la spiccaste amorosa dai luoghi si’ Rimoti e lontani: questa grazia però dimandiamo con vivo cuore: questo imploriamo con supplichevoli istanze: di posseder  sempre nell’avvenire la vostra S. Abitazione: le visite poi, che in essa abbiam fatto, facciam di presente, e faremo in appresso, a Dio piacendo quella in premio ci rechino felice visita, la quale,  ed oh se presto bramiamo fare alla Madre vostra in Cielo.

   Speriamo dopo tante cortesi accoglienze nella Terrena Casa, riportate da voi parimenti una goderne costassù nel celeste Trono, da cui  preferentemente e a capo chino, con mani gionte, con umiltà di ossequio, per sicura caparra di quanto vi abbiamo chiesto imploriamo la S. Benedizione per noi, per i nostri Domestici, per la nostra Provincia, per l’Italia, pel mondo tutto, perché tutto il mondo se tanto può riuscire, venga dopo avervi onorata qui in Terra ad adorarvi benedirvi, e ringraziarvi per sempre nel Paradiso a gloria perpetua del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. Anen. Salve Regina, etc.

KIRIE ELEISON

L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed Ella concepì per opera dello Spirito Santo.

PREGHIAMO

Infondi nel nostro spirito la grazia, o Padre; tu che nell’annuncio dell’Angelo ci hai rivelato l’incarnazione di Cristo tuo Figlio, per la sua passione e la sua Croce guidaci alla gloria della Risurrezione. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.

Documenti per recitare con più divozione le sopradette orazioni, che sono l’indulgenze, che uno acquista coMe siegue, cioè

   Per l’Ave Maria sessanta giorni, concedutida Giovanni XXII, e da Urbano IV. per la Salve Regina giorni quaranta: giorni venti chinandosi il capo a Santissimo nomi di Gesù, e di Maria: trenta al Gloria Patri, inchinandosi parimenti il capo, conceduti pure da Giovanni XXII, giorni duecento per le Litanie conceduti da Pio V.

ANDATA ALLA S. CASA

Andiamo tutti andiamo

Alla Casetta pia

Di Gesù, e di Maria

      E di Giuseppe.

Quella già fù recata

Con celeste armonìa

Dalla pingue Sorìa

      Qua nel Piceno.

                                                   Andiamo

Mentre volò per l’aria

Non si agitò pur fronda

Non si turbò pur onda

      Il tutto il Mare.

                                                   Andiamo

Di notte il vasto Cielo

Sparse lucente albore,

D’insolito chiarore

      In sù la Terra.

                                                   Andiamo

Al vicin comparire

Il fido Pastorello

Accompagnò l’Augello

      Con sue note.

                                                      Andiamo                                                   

Fuggir il Lupo, e l’Orso

Si calmò la tempesta,

E la guerra funesta

      In pace tacque.

                                                      Andiamo

Quindi del Mondo intero

Se Iddio vive sdegnato,

Diventa ben placato

      In quella stanza.

                                                         Andiamo

Ivi l’Eterno Figlio,

Che preso in seno al Padre,

Vacque dalla gran Madre

      Umano frutto.

                                                           Andiamo

Con umiltà superna

In quel stretto contorno

Fece lungo soggiorno

      Il Creatore.

                                                            Andiamo

Mirate se obbedisce

Con tutto il suo potere

Di Giuseppe al volere

      E di Maria.

                                                              Andiamo

Quel, che provede al tutto,

Di faticar non sdegna:

E tutto ci si impegna

      In ogni tempo.

                                                              Andiamo

Ma più farà per noi,

Allorché sulla Croce

Ci sosterrà l’atroce,

      E dura morte.

                                                              Andiamo

Travaglia ritirato

Pena, supplica, ed ora

Finché gli giunge l’ora

      Amata tanto.

                                                    Andiamo

O fortunato albergo

Sei pure il Paradiso,

Che l’adorato viso

      In seno chiudi.

                                                     Andiamo

Dalle superne sfere

Il Messagger cortese

Te felice discese

      A visitare.

                                                      Andiamo

il buon vecchio Giuseppe,

 La vergine sua Sposa

Ebbero in te festosa,

      E molta pace.

                                                      Andiamo

Quindi tanti Santi

Con passi frettolosi

Vennero a Te pietosi

      Con grave stento.

                                                      Andiamo

Co’ porporati Padri

Il successor di Piero

Umile  senza impero

      In Te si flette.

                                                       Andiamo

per te li Re fedeli,

Per te colle vicine

Le rimote Regine

      Varcaron l’onde.

                                                        Andiamo

Albergo benedetto

Quanto sei ricco, e quanto

Oltrepassi nel vanto

      Argento, ed Oro.

                                                         Andiamo

Ma ogni grande ricchezza

Vince nel molto pregio

Con qualunque alto fregio

      Un selce solo.

                                                          Andiamo

Ascolta, mondo, ascolta

Da quella rozza pietra

Sorgono a chi l’impetra

      Immensi beni.

                                                            Andiamo

Venite Peccatori

Piangerete il reato:

E vi sarà purgato

      Da nera macchia.

                                                      Andiamo

Venite senza tema

O forsennati amanti

A disciorre gl’incanti

      E falsi amori

                                                       Andiamo

Venite Potentati,

E dispregiar Palagi,

E rifiutar tant’agi

      Apprenderete.

                                                      Andiamo

Venite Poverelli

Le vostre pene ingrate

Saranno sollevate

      In un momento.

                                                        Andiamo

Venite Traviati,

 Per aver lume in mente,

E vedere chiaramente

      Quanto erriate.

                                                        Andiamo

Infedeli, e Fedeli

Tutti venite insieme

A prender della speme

      Accesa, e pura.

                                                        Andiamo

Sù, sù da Battro a Tile

Venite Genti à stuolo

E l’uno, e l’altro Polo

      Vi accompagni.

                                                        Andiamo

A quella Santa Casa

Con fede e di umiltade

Con bontà, e caritade

      Andiamo allegri.

                                                        Andiamo

O Casa bella, e quando

Ti mirerò felice?

Ma  l’occhio già mi dice:

      Ecco la vedi?

                                                        Andiamo

Benché lungi ti miri

Albergo mio divino,

Ti venero,  t’inchino,

      E ancor ti adoro.

                                                             Andiamo

Voci non più di suono

Voci solo di affetto

Eschino dal mio petto

      Eternamente.

                                                           Andiamo

Eschino con tale forza,

Che giunto a quella Soglia

Lasci frale spoglia

      E in pace moja.

                                                           Andiamo

DIMORA NELLA SANTA CASA

Questa, non convenendo il canto, come per la strada potrà farsi la meditazione sopra qualche mistero dell’Incarnazione ovveramente recitarsi i colloqui, della festa, ma più col cuore, che con la lingua, ma per la strada si potrà anche fare l’intiera Novena.

PARTENZA

Soggiorno mio gradito

Nella Casetta pia

Di Gesù di Maria,

      E di Giuseppe.

Non volle Idio non volle

Sprigionare quest’alma

E rapire la salma

      A questa vita.

                                                 Soggiorno

Diego sono ed entra i

Pellegrino fortunato

Nel soggiorno beato,

      E benedetto.

                                                  Soggiorno

Tornai lieto più volte

A rinovar le entrate

Per me sempre più grate

      E più gioconde.

                                                    Soggiorno

Mille baci v’impressi,

Mille sospiri, e mille

Voti, e voci tranquille

      Ancor snodai.

                                                     Soggiorno

Eppur vivo son io:

Ma vivere sempre in quella:

Santa Casuccia bella

      Ah sì vorrei!

                                                    Soggiorno

Ma tanto a me non lice;

E già mi veggo astretto

Dal venerabile Tetto

      Or di partire.

                                                   Soggiorno

Partirò: ma che sento

E tutto in pena il cuore:

Esperimento dolore:

      E provo affanno.

                                                    Soggiorno

Parto: ma nel partire

Se inanti spingo il piede

Sdegnoso indietro riede

      E non si avanza.

                                                     Soggiorno

Indietro l’occhio torna

Ritorno io stesso, e dico,

Mio caro Albergo amico

      O da lasciarti?

                                                      Soggiorno

Ma lasciarti non voglio,

Anzi per starti appresso,

Dividerò me stesso:

      Il Cuore Ti dono.

                                                       Soggiorno

Con esso in te rimango

Perché lungi mi è dato,

Andare sconsolato

      Dal tuo tetto.

                                                       Soggiorno

E così ancor partendo

Resto con la migliore,

Parte, che questo amore

A te può dare.

                                                       Soggiorno

Laudi Spirituali, che sogliono cantarsi nelle Sacre Missioni.

ATTO DI CONTRIZIONE

Signore, e Padre amante

Mio Sommo Ben mio Dio

Perdono, ecco il cuor mio

      tutto contrito.

Con dolore infinito

Piango infinito errore

Per l’infinito amore

      che a voi porto.

Vorrei prima esser morto

Che avervi offeso Dio

Prima morir vogl’io

Che più peccare.

ALLA SANTISSIMA VERGINE

O Vergine purissima

Prega per noi Gesù

Figlio del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O vada Rosa mistica

Prega per noi Gesù

Roveto combustibile

Prega per noi Gesù

O luna piena, e lucida

Prega per noi Gesù

O Rocca inespugnabile

Prega per noi Gesù

Soccorso delli miseri

Prega per noi Gesù

O dolce Madre amabile

Prega per noi Gesù

Decoro dell’Empireo

Prega per noi Gesù

O fortezza invittissima

Prega per noi Gesù

Amore nella Triade

Prega per noi Gesù

O Giglio candidissimo

Prega per noi Gesù

Signora a tutti gl’Angioli

Prega per noi Gesù

O Gloria degl’Apostoli

Prega per noi Gesù

Corona delli Martiri

Prega per noi Gesù

O Eletto fior di Gerico

Prega per noi Gesù

Regina delle Vergini

Prega per noi Gesù

O specchio della grazia

Prega per noi Gesù

Tesoro della Gloria

Prega per noi Gesù

O Talamo castissimo

Prega per noi Gesù

soccorsi sono ne pericoli

Prega per noi Gesù

O stella chiara, e fulgida

Prega per noi Gesù

Trono del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O Refugio dell’anime

Prega per noi Gesù

Sede del Re pacifico

Prega per noi Gesù

O Sposa del Paraclito

Prega per noi Gesù

Principio dell’Origine

Prega per noi Gesù

O degno Collo eburneo

Prega per noi Gesù

Conforto nelle lagrime

Prega per noi Gesù

O destra insuperabile

Prega per noi Gesù

Confusione del Tartaro

Prega per noi Gesù

O sen di dolce nettare

Prega per noi Gesù

Sorgente d’acqua limpida

Prega per noi Gesù

O cuore pietosissimo

Prega per noi Gesù

Maria Figlia di Davide

Prega per noi Gesù

LA SALVE REGINA

Dio ti salvi Regina

E Madre Universale

Per cui il favor si sale

      Al paradiso

Voi sete gioia, e riso

Di tutti i sconsolati

Di tutti i tribolati

Unica spreme.

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SACRO VIAGGIO

L  A  U  R  E  T  A  N  O

OVVERO

Modo facile per visitare tanto in

spirito, che in persona

L  A   S.   CASA

D I   L O R E T O

Diretto alle divote Compagnie, Famiglie, e Persone massimamente

Della Provincia della Marca,

P R O P O S T O

DA UN SACERDOTE INFIMO

DELL’ORATORIO

<Fioravanti Giuseppe>

E Dedicato

ALL’ETERNO PADRE

UNICO VERO BENE

CREATORE

Del tutto visibile, ed Invisibile.

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In Macerata, per gl’Eredi del Pannelli

Stampatori del S. Offizio (1749)

Con Lic. De’ Sup.

ALL’ETERNO PADRE

Per segno di gratitudine all’altissimo beneficio, che Voi, Eterno Padre, vi degnaste fare a me, quantunque indegnissimo nella Santa Casa di Nazaret, con vestire in essa per la mia salute l’Unigenito vostro Figlio di umana spoglia: io da quel poverello, che sono vi afferisco il presente Sacro Viaggio, già che solo riguarda con la venerazione di quel Santuario, come per ultimo fine la vostra gloria: Spero, che voi mirando non a guisa degli Uomini al dono, bensì all’anima del donatore, benignamente lo gradirete. Gradiretelo sì Mio Signore, e con la vostra Grazia movete  i Fedeli a piamente intraprenderlo. Fatene degno ancora me, che genuflesso di prego a rimirarmi sempre con occhio da Padre, quantunque sia, quale ora per tutta l’eternità mi confesso:    D.D. M. V.

             Sant’Elpidio li 2. Ottobre 1749

Il più Inutile, Ingrato, Indegno Servo

Giuseppe Antonio Fioravanti

A CHI LEGGE

In due modi può uno portarsi alla S, Casa di Loreto, in persona, ed in Spirito. Se voi, che leggete qui, bramate andare di persona con frutto, immaginandovi di andare alla Regia di una qualche Regina per inchinarla (mentre è pur  Regina grande Maria. Sua Regia è la S, Casa, ed in lei resta ossequiato la Vergine) colà vi portarete umile, modesto con scelti compagni, e divoti pensieri ora meditando, ora sa armeggiando, ora dicendo  corone, ora cantando, ora un qualche pio discorso intramettendo, al che potrà giovarvi quanto più innanzi troverete esposto. Felice Voi, se vi andrete così! Certo, che riusciravvi non solamente brevi, giocondo il cammino, ma di sommo vantaggio perché Maria starà come sorridendo dal cielo, e preparando nella sua casa le grazie, che più verranno da voi bramate; e se qui con santa curiosità mi domandate con quali frequenza debassi visitare quel gran Santuario, rispondo così: Gesù nostra guida, e Maestro ogn’anno portavasi al Tempio di Gerosolima, ch’era il primario della Giudea. Principalissimo tempio della cristianità è la Casa alla lauretana, ed a quella con tutta la distanza di venti miglia si trasferiva ogni settimana il P. Luzio Brancadori dall’Oratorio di Fermo: Voi però andatevi quando più v’è permesso.

      Che se mai da qualche insuperabile difficoltà è a voi ritardato l’andare colà in persona, di grazia non mancate farlo in spirito tre con ogni affetto, e di mozione fatti o in pubblico, o in privato le sacre giornate, che appresso in forma di novena si pongono per la traslazione della medesima Santa casa seguita alli dieci Decembre di tanta solennità nella Marca, procurando inoltre la prattica delle Virtù, che si accennano, e così, quantunque lontano, quantunque limitato nei Chiostri, ò per qualunque altro capo impedito, farete in spirito, e con un frutto parimenti a venerare quel Santissimo luogo ogni anno, anzi ogni settimana, qualora vi piacesse in tutti i sabati rinovare se non l’intera Novena, i colloqui almeno della medesima: E per non credere superflui questi ossequi, basta riflettere, che sono ordinati a Maria la quale se tutto da tutti si merita, molto più di tutto si merita dalla sua amatissima ed obbligatissima provincia picena. Ecco il viaggio lauretano: facciamolo di buon grado, come possiamo dalle nostre abitazioni a gloria di Dio, mentre Dio lo ho fatto fino dal Cielo per nostro bene.

J. M. J.

Actiones nostras quaesumus Domine aspirando praeveni,  et adiuvando prosequere, ut concta nostra oratio, et operatio a te semper incipiat, et per te caepta finiatur. Per Cjristum etc.

PRIMA GIORNATA

           Venerata da tutti sempre sia

La Casa di Gesù, di Giuseppe e di Maria.

Santissima divina Casa: Restiamo Noi ammirati, che l’Altissimo Iddio scegliesse voi per Abitazione qui in terra non solo di Maria, e di Giuseppe, che pur furono in essa li più incliti Personaggi, ma dall’istesso suo Unigenito. Mancavano forse Palagi sontuosi o magnifiche Regie? Nò certamente. E quando avesse Egli voluto, non poteva in un  tratto come il Cielo, e la Terra, così parimenti formare un sì maestoso, nobile, ricco soggiorno, che pare non fosse in tutto il Mondo? Poteva: qual dubbio? Eppure di voi si contentò: elesse voi angusta, rozza, semplice itanza per l’amato suo Figlio. Vi adoriamo pertanto con riverenza profonda, e: per degnamente visitarvi bramiamo esser vestiti con la virtù santa dell’umiltà con l’intercessione di Maria: Ave Maria Gloria Patri etc.

AVVISO

L’umiltà è così grata a Dio, che per essa più, che per le altre virtù si scelse per Madre la Vergine, anzi quando ci fosse stata Donzella di lei più umile al mondo, queste Dio ci sarebbe scelta per Madre, ed in tutti la vuole sì fattamente in qualche grado, che senza di essa non ammette dei veruno in Paradiso. Noi adesso la praticaremo con assoggettarci più che potremo alla Maestà divina, e riputarci indegni, di avere l’ingresso in un luogo santificato dalla presenza Reale di un Dio Umanato, dagli Angioli, e da primi Santi del Mondo.

SECONDA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da veri Cattolici noi fermamente crediamo essere in voi comparso in sembianza di paraninfo

 celeste l’Arcangelo Gabriello a spiegare: l’ineffabile grande ambasciata a Maria, e: che Maria desse con pari umiltà, e rassegnazione dell’assenso richiesto al divin beneplacito; onde per opera dello Spirito Santo venne Ella subito a concepire nel verginale suo seno in forma di Bambinello il Salvatore del Mondo Gesù. Meraviglia codesta la più stupenda, che mai potesse avvenire su tutto il Creato: eppure accaduta ella è certamente dentro le vostre fortunate pareti. Vi adoriamo però con l’ossequio maggiore a voi dovuto, e per degnamente visitarvi desideriamo essere vestiti della santa virtù della liberalità con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria Patri etc,

AVVISO

La liberalità è tutta propria di Dio, il quale non contento di dare le cose sue volle dare ancora se stesso nell’Eucaristia, della Croce, nell’adorata  Casa. Noi praticheremo questa virtù con dare qualche sussidio a Poveretti, ne quali tanto si compiace il nostro Dio di essere sovvenuto.

TERZA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima divina Casa: E’ vero sì, che Gesù nostro Bene in voi dimorò da piccolo, in voi dimorò la grande ora facendovi orazione, pigliandovi ora breve riposo, trattandovi or con Giuseppe, or con Maria, ed ora con ambedue insieme dolcemente conversandovi. Voi dunque il luogo da Gesù co’ passi, da Gesù co’ si guardi, da Gesù co’ discorsi, da Gesù con gli affetti, da Gesù con le opere, da Gesù in tutte le guise santificato. Sì voi siete, e però con tutto rispetto vi adoriamo: bramando per visitarvi degnamente essere adorni della virtù santa della Purità con l’intercessione di Maria: Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

   La Purità sì bella comparve a gli occhi purissimi di Gesù, che laddove reiterate tentazioni sostenne contro delle altre virtù, contro di questa neppure unavolle sentirne, non già perché non avesse cuore da vincerla, ma per mostrare maggiormente quanto una tale virtù fosse a lui cara. E sì cara fu anche a Maria, che prima di perderla avrebbe rinunziato di essere madre di Dio. Noi qual giglio custodiamola da discorsi, da sguardi, dagl’Oggetti, e bellezze, che la possono offendere.

QUARTA GIORNATA

Venerata etc

Santissima Divina Casa: Siete voi quella, da cui la Reina stessa dei Cieli al termine prezioso venuta de giorni suoi coll’ammirabile prodigioso intervento di tutto il Collegio Apostolico, col pieno corteggio degli Angioli, Arcangioli, e Serafini dalle mani di Gesù ricevuto il sagro Viatico non frà pene di morte, bensì frà gaudi di vita trionfante al Cielo se ne volò: Bel treatro pertanto,, bel teatro di meraviglie, che sempre più voi ci compartite. Riverenti vi adoriamo, e per degnamente visitarvi, la virtù della santa astinenza per mezzo di Maria cerchiamo. Ave Maria etc, Gloria etc.

A V V I S O

L’astinenza o quanto conviene a chi visita la Santa Casa: Ben lo insegno co’ fatti il Re di Francia S. Lodovico. Questi in pane, e di acqua, e con irsuto cilicio al fianchi venerò quel sacro Luogo. Noi guardiamoci almeno dal mangiare, bere, e dormire soverchiamente, sicché non restiamo impediti dal far bene le nostre divozioni con mente raccolta a Dio.

QUINTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi si sciolsero da legami del Corpo dei due bell’Alme del

Patriarca S. Gioacchino, e della gloriosa Madre S. Anna; né queste solamente, ma l’Anima grande altresì dal gloriosissimo S. Giuseppe, assistito da Maria, da Gesù medesimo con privilegio singolare nelle sue più dolci agonie. Or mentre questi gran Santi in voi morirono, vi chiameremo felicissimo termine poi che principio di eterna vita, ne manchiamo adorarvi divotamente, e per degnamente visitarvi la virtù della Carità fraterna con l’intercessione di Maria sempre Vergine imploriamo. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La carità fraterna e la vera livrea del Cristiano. Chi non l’à, non è seguace di Gesù Cristo, né da lui amato, anzi odiato, e quanto. Noi vediamo amare i nostri Prossimi adesso piùcchemai rallegrandoci del loro bene, godendo dei loro comodi, scusando ogni loro difetto.

SESTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi gli Apostoli Santi, udite lezioni le più alte, e sublimi della nostra Religione, allorché venivano da Maria loro maestra addottrinati, in voi ergono Altare, inalberano Croce, e collocatevi le Statue di Gesù, e di Maria, quali ora si vedono, vi consagrano Chiesa, e pieni di Spirito sovrumano al Altissimo il tremendo Sagrificio vi offeriscono. O Tempio incomparabile. Noi attoniti vi adoriamo, e per visitarvi col dovuto riguardo, bramiamo essere vestiti della virtù della Pazienza con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La pazienza deve essere molto cara ad ognuno, mentre è pur vero come dicono i Sacri Teologi, che chi non l’à, o non à la grazia di Dio; o sta per perderla. E poi quella S. Cassetta fu ripiena di pazienza: tutta pazienza in Gesù: tutta pazienza in Maria: tutta pazienza in Giuseppe. Noi pratichiamola negli incomodi della strada, negli alloggi, colli  Compagni e sin con noi stessi dolcemente soffrendo i propri difetti, finché restino con divino aiuto emendati.

SETTIMA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: sete pur voi quella, in cui parlano i Muti, odono i Sordi, vedono i Ciechi, risanano Infermi, salvi compariscono i Sommersi nell’acqua, i condotti al Patibolo i Trucidati dal ferro: Ecco fra questi un Sacerdote, che fino dalla Dalmazia col proprio cuore in su le mani, da Barbari cavatogli in odio di Maria travalica il Mare, approda al  lido, giunge a voi, e quello stesso cuore deposita in mano dei vostri Ministri, da cui ricevuti poscia i Santissimi Sacramenti, l’anima sua spira felicemente. Una miniera de’ più strepitosi prodigi: ecco noi pertanto, che rispettose vi adoriamo, e per visitarvi colla maggiore di divozione possibile il fervore Santo di Spirito sospiriamo di ottenere per mezzo della Madre nostra Maria. Ave Maria etc, Gloria etc,

AVVISO

Il Fervore di Spirito o quanto è necessario per salvarsi. Quel Servo Vangelico, il quale ne fù privo, restò condannato dal suo Padrone all’Inferno. La Sacra Famiglia non stette mai neppure un momento in ozio dentro quella Santa Casetta sempre in opera. Attenti dunque Noi a non rallentarci nel divino servizio: Prontezza sempre alla Messa, all’orazione, all’obbedienza.

OTTAVA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da voi quasi da ciel benefico abbondante pioggia di grazie discende sopra la terra de cuori umani, onde questi se impietriti si ammolliscono , se sterili, e infruttuosi danno copiose frutta di sante operazioni. Intimo a voi, entro di Voi sì mutansi i malvagi Buoni, i Buoni i migliori, e questi in ottimi si riducono, mercé a que’ lumi celesti, a quegl’impulsi sovrani, ch’Essi occultamente ricevono: Bisogna ben confessarla. Da voi parte è arricchito quanto vuole chiunque vuole di spirituali tesori: Eccoci pertanto vostri adulatori ossequiosi, e per visitarvi con la virtù santa della Pietà, ricordiamo, perché ce l’ottenchi, a Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La Pietà suole abbracciare ogni virtù, e ogni virtù si richiede nel Cristiano: Col nome di Santi sì, col nome di Santi erano tutti chiamati i Cristiani, perché tutti vivevano con rara integrità di costumi anticamente: Noi procuriamola con rinnovare spesso il dolor de’ nostri peccati, e con proponimento d’una vita migliore.

NONA GIORNATA

Venerata etc,

Santissima Divina Casa: Pur voi sete, cui la maestà suprema, che tutto legge che governa in vedendo con suo dispiacere mento mancata la venerazione dovuta, se ci sì colla sua potenza, che spedisca dalle proprie fondamenta, ed in aria per mano d’Angioli trasportata sin dalla Palestina alla Dalmazia, pigliaste quivi, dirò così, breve riposo nel volo di due mila, e più miglia, e poi nella Provincia della Marca l’anno 1694 a 10 di Decembre circa le 10 ore, per quello osservarono i vigilanti Pastori, veniste a posarvi, quasi fin ad ora dicendo: Sic in Sion firmata sum. O portento inaudito! E con questo la Provvidenza nel grembo della Chiesa pone il piccolo Santuario, perché non resti più venerato, quando à lasciato l’altro magnifico del Santo Sepolcro in potere degli Infedeli, e l’altro sì famoso del Re Salomone abbandonò totalmente alle rovine. Noi pertanto qui rinoviamo le nostre adorazioni: ma per visitarvi degnamente, chi ci otterrà il Manto bello della Carità divina? Ricorriamo pure a Maria: Ave Maria etc. Gloria etc,

AVVISO

La carità divina introduce nel Paradiso: la carità divina introduca nella Santa Casetta: Da leggerissima colpa restò impedito Mosè perché non entrasse nella terra di promissione. Mondiamo l’anima nostra da qualunque macchia con una sincera confessione. Tronchiamo ogni affetto al peccato, a Dio uniamoci tutti con un Santo Amore, e pieni di confidenza entriamo pure nel Santuario.

INNO

   Il Figlio dell’Eterno

dall’abitazione sovrana

qual masso che si stacca

da lunga tramontana

qui balza e di unisce

entrambe le Città.

   Sempre le laudi echeggia

l’alta abitazione dei Santi

all’Uno e Trino scioglie

melodiosi canti:

lodiamo con i celesti

l’augusta Maestà.

   Signore le nostre chiese

irradia di splendore

qui accogli invocato

i voti di ogni cuore.

La pioggia delle grazie

tu manda quaggiù

   i tuoi devoti servi

che ivi ti pregano umili,

esultino di gioia

per i doni conseguiti

finché dal mortale sciolti

non siedono Lassù.

Entreremo nel suo tabernacolo. Adoreremo  il luogo dove stettero i suoi piedi. PREGHIAMO. O Dio, che hai voluto che, all’annuncio dell’Angelo, il tuo Verbo

prendesse carne nel seno della beata Vergine Maria: concedi a noi  tuoi supplici che, come crediamo lei vera Madre di Dio, così siamo aiutati presso di Te dalla sua intercessione.

IL GIORNO DELLA FESTA

Colloqui alla Santissima Vergine.

P R I M O

Eccoci senza merito, anzi con positivo demerito per le sconoscenze, tante, e tante colpe commesse: Eccoci a Dio piacesse delle virtù per vostro mezzo richieste, e non più tosto di qualche vizio contrario ricoperti: conoscenze, tante, e tante colpe commesse: ma comunque siamo; eccoci eppure vostra mercé, o grande regina del cielo, e della terra, se non colla persona, coll’affetto almeno (così nella visita spirituale, poiché nella personale dovrà dirsi coll’affetto, con la persona) eccoci sì nella vostra Casa.

   O Casa veramente Divina!

O Albergo di santità, e Paradiso piucche terrestre!! O celeste Maggione! Felice pavimento! Sassi preziosi! Pareti avventurate! Felicissimo tetto! Vi adoriamo con viva fede, con tenerezza vi baciamo, e da questi a voi torna il nostro cuore, o gran Signore, per ringraziarvi, come intendiamo fare di dono così eccelso, che dispensare gli piacque alla nostra Europa, alla nostra Italia, alla Provincia nostra, perché la godessimo da vicino, mentre da lungi non sarebbe stato così: Ah! che rimasta nell’oriente la vostra abitazione chi avrebbe di noi attraversate pianure? chi varcati Mari? chi fatto spese? chi sofferti incomodi? chi patiti disastri? e superate le difficoltà, per mirarla finalmente una volta? Ahi che tanto non sarebbe noi riuscito, quando qui adesso la visitiamo a nostro piacere, e come nostra la possediamo:

   Dove però giungeranno mai gli nostri ringraziamenti a bastantemente corrispondere alla nostra somma, è verso di noi parzialissima Beneficenza? A nome nostro dunque vi ringrazino i Giusti della Terra i Santi del Cielo, gli Angioli tutti del paradiso: Ognuno de’ Beati Comprensori vi dia eterna ella udì, eterne benedizioni, eterna gloria Amen Salve Regina etc.

SECONDO

Eccoci, o gran Signore dell’Universo: tanto più attoniti, quanto più ripensiamo al dono singolarissimo, che da voi che è stato fatto. Il darci questa veneratissima Casa fù come un dichiararvi nostra sovrananissima concittadina, e rendere noi nello stesso tempo vostri confidenti Vassalli. Alle Spagne pertanto piucché a noi piucché a noi alla Francia, alla Polonia, a Roma doveasi Ella concedere, ma piucché a Roma alla Polonia, alla Francia, alle Spagne, piucché a verun’altro l’avete conceduta a noi, quando che noi stessi non avriamo avuto tanto ardire di domandarla, non che speranza di ottenerla.

    Quindi è, che era sì raro privilegio tanto più esaltati, e favoriti, e distinti riconoscendoci, quanto più immeritevoli ce ne ravvisiamo tutti lingua nel Cuore, tutti Cuor nella lingua: benedetta, esclamiamo, benedetta l’ora, e ‘l momento, in cui di simil dono ci arricchiste: benedetti i giorni, anni, e  Secoli tutti, ne’ quali de ‘l conservasse il benedetto anche l’esemplarissimo  Clero, che qui salmeggia. Gli Ordini Religiosissimi, che qui assistono, i Popoli di voti che quà concorrano, ed oh! Possibile cosa fosse alle nostre forze, come a desideri nostri il chiamare quà tutto il Mondo, e dirgli: In questa stanza ha principiato la tua Redenzione, qui il Verbo si fece Uomo, qui abitò tra di noi il mortale qui Verbum caro factum est, etc. abitavi in nobis. Adorala dunque  divotamente per così mostrarti grato all’Autore del beneficio ineffabile.

   Le Gemme, poi gli Ori, gli Argenti, le Pitture, le Statue, il Tempio, che la circonda, tutto è nobile, se tutto è raro, e

prezioso: parendo in lei non si possa aggiungere di più: ma di più senz’altro ci bramiamo, finché la venerazione, e culto vada sempre crescendo nella vostra Casa, in cui si avanzino pur sempre ne Fedeli i meriti, le virtù, la grazia di Dio. Amen. Salve Regina etc.

TERZO

Eccoci, o degna Madre di Dio, eccoci ammirati più che mai della vostra sovrana bontà. Sarebbe questa veramente sembrata rara, ed ammirabile, quando solo per pochi giorni aveste fra noi depositata la vostra Reggia: ma quanto più stupenda Ella dovrà sembrare, essendovi compiaciuta di farcela godere lo spazio bello lungo di quattrocento, e più anni: Sommi Pontefici, Imperatori, Re e Regine, Principi, illustri Uomini di gran santità Popoli quà concorsi mai non vi pregarono a trasferirla ne loro, benché Rinomati Paesi: ma qui costante la ritenete con la speranza di non volerla giammai rimuovere da noi, quanto per collocarla fra le nostre Contrade, la spiccaste amorosa dai luoghi si’ Rimoti e lontani: questa grazia però dimandiamo con vivo cuore: questo imploriamo con supplichevoli istanze: di posseder  sempre nell’avvenire la vostra S. Abitazione: le visite poi, che in essa abbiam fatto, facciam di presente, e faremo in appresso, a Dio piacendo quella in premio ci rechino felice visita, la quale,  ed oh se presto bramiamo fare alla Madre vostra in Cielo.

   Speriamo dopo tante cortesi accoglienze nella Terrena Casa, riportate da voi parimenti una goderne costassù nel celeste Trono, da cui  preferentemente e a capo chino, con mani gionte, con umiltà di ossequio, per sicura caparra di quanto vi abbiamo chiesto imploriamo la S. Benedizione per noi, per i nostri Domestici, per la nostra Provincia, per l’Italia, pel mondo tutto, perché tutto il mondo se tanto può riuscire, venga dopo avervi onorata qui in Terra ad adorarvi benedirvi, e ringraziarvi per sempre nel Paradiso a gloria perpetua del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. Anen. Salve Regina, etc.

KIRIE ELEISON

L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed Ella concepì per opera dello Spirito Santo.

PREGHIAMO

Infondi nel nostro spirito la grazia, o Padre; tu che nell’annuncio dell’Angelo ci hai rivelato l’incarnazione di Cristo tuo Figlio, per la sua passione e la sua Croce guidaci alla gloria della Risurrezione. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.

Documenti per recitare con più divozione le sopradette orazioni, che sono l’indulgenze, che uno acquista coMe siegue, cioè

   Per l’Ave Maria sessanta giorni, concedutida Giovanni XXII, e da Urbano IV. per la Salve Regina giorni quaranta: giorni venti chinandosi il capo a Santissimo nomi di Gesù, e di Maria: trenta al Gloria Patri, inchinandosi parimenti il capo, conceduti pure da Giovanni XXII, giorni duecento per le Litanie conceduti da Pio V.

ANDATA ALLA S. CASA

Andiamo tutti andiamo

Alla Casetta pia

Di Gesù, e di Maria

      E di Giuseppe.

Quella già fù recata

Con celeste armonìa

Dalla pingue Sorìa

      Qua nel Piceno.

                                                   Andiamo

Mentre volò per l’aria

Non si agitò pur fronda

Non si turbò pur onda

      Il tutto il Mare.

                                                   Andiamo

Di notte il vasto Cielo

Sparse lucente albore,

D’insolito chiarore

      In sù la Terra.

                                                   Andiamo

Al vicin comparire

Il fido Pastorello

Accompagnò l’Augello

      Con sue note.

                                                      Andiamo                                                   

Fuggir il Lupo, e l’Orso

Si calmò la tempesta,

E la guerra funesta

      In pace tacque.

                                                      Andiamo

Quindi del Mondo intero

Se Iddio vive sdegnato,

Diventa ben placato

      In quella stanza.

                                                         Andiamo

Ivi l’Eterno Figlio,

Che preso in seno al Padre,

Vacque dalla gran Madre

      Umano frutto.

                                                           Andiamo

Con umiltà superna

In quel stretto contorno

Fece lungo soggiorno

      Il Creatore.

                                                            Andiamo

Mirate se obbedisce

Con tutto il suo potere

Di Giuseppe al volere

      E di Maria.

                                                              Andiamo

Quel, che provede al tutto,

Di faticar non sdegna:

E tutto ci si impegna

      In ogni tempo.

                                                              Andiamo

Ma più farà per noi,

Allorché sulla Croce

Ci sosterrà l’atroce,

      E dura morte.

                                                              Andiamo

Travaglia ritirato

Pena, supplica, ed ora

Finché gli giunge l’ora

      Amata tanto.

                                                    Andiamo

O fortunato albergo

Sei pure il Paradiso,

Che l’adorato viso

      In seno chiudi.

                                                     Andiamo

Dalle superne sfere

Il Messagger cortese

Te felice discese

      A visitare.

                                                      Andiamo

il buon vecchio Giuseppe,

 La vergine sua Sposa

Ebbero in te festosa,

      E molta pace.

                                                      Andiamo

Quindi tanti Santi

Con passi frettolosi

Vennero a Te pietosi

      Con grave stento.

                                                      Andiamo

Co’ porporati Padri

Il successor di Piero

Umile  senza impero

      In Te si flette.

                                                       Andiamo

per te li Re fedeli,

Per te colle vicine

Le rimote Regine

      Varcaron l’onde.

                                                        Andiamo

Albergo benedetto

Quanto sei ricco, e quanto

Oltrepassi nel vanto

      Argento, ed Oro.

                                                         Andiamo

Ma ogni grande ricchezza

Vince nel molto pregio

Con qualunque alto fregio

      Un selce solo.

                                                          Andiamo

Ascolta, mondo, ascolta

Da quella rozza pietra

Sorgono a chi l’impetra

      Immensi beni.

                                                            Andiamo

Venite Peccatori

Piangerete il reato:

E vi sarà purgato

      Da nera macchia.

                                                      Andiamo

Venite senza tema

O forsennati amanti

A disciorre gl’incanti

      E falsi amori

                                                       Andiamo

Venite Potentati,

E dispregiar Palagi,

E rifiutar tant’agi

      Apprenderete.

                                                      Andiamo

Venite Poverelli

Le vostre pene ingrate

Saranno sollevate

      In un momento.

                                                        Andiamo

Venite Traviati,

 Per aver lume in mente,

E vedere chiaramente

      Quanto erriate.

                                                        Andiamo

Infedeli, e Fedeli

Tutti venite insieme

A prender della speme

      Accesa, e pura.

                                                        Andiamo

Sù, sù da Battro a Tile

Venite Genti à stuolo

E l’uno, e l’altro Polo

      Vi accompagni.

                                                        Andiamo

A quella Santa Casa

Con fede e di umiltade

Con bontà, e caritade

      Andiamo allegri.

                                                        Andiamo

O Casa bella, e quando

Ti mirerò felice?

Ma  l’occhio già mi dice:

      Ecco la vedi?

                                                        Andiamo

Benché lungi ti miri

Albergo mio divino,

Ti venero,  t’inchino,

      E ancor ti adoro.

                                                             Andiamo

Voci non più di suono

Voci solo di affetto

Eschino dal mio petto

      Eternamente.

                                                           Andiamo

Eschino con tale forza,

Che giunto a quella Soglia

Lasci frale spoglia

      E in pace moja.

                                                           Andiamo

DIMORA NELLA SANTA CASA

Questa, non convenendo il canto, come per la strada potrà farsi la meditazione sopra qualche mistero dell’Incarnazione ovveramente recitarsi i colloqui, della festa, ma più col cuore, che con la lingua, ma per la strada si potrà anche fare l’intiera Novena.

PARTENZA

Soggiorno mio gradito

Nella Casetta pia

Di Gesù di Maria,

      E di Giuseppe.

Non volle Idio non volle

Sprigionare quest’alma

E rapire la salma

      A questa vita.

                                                 Soggiorno

Diego sono ed entra i

Pellegrino fortunato

Nel soggiorno beato,

      E benedetto.

                                                  Soggiorno

Tornai lieto più volte

A rinovar le entrate

Per me sempre più grate

      E più gioconde.

                                                    Soggiorno

Mille baci v’impressi,

Mille sospiri, e mille

Voti, e voci tranquille

      Ancor snodai.

                                                     Soggiorno

Eppur vivo son io:

Ma vivere sempre in quella:

Santa Casuccia bella

      Ah sì vorrei!

                                                    Soggiorno

Ma tanto a me non lice;

E già mi veggo astretto

Dal venerabile Tetto

      Or di partire.

                                                   Soggiorno

Partirò: ma che sento

E tutto in pena il cuore:

Esperimento dolore:

      E provo affanno.

                                                    Soggiorno

Parto: ma nel partire

Se inanti spingo il piede

Sdegnoso indietro riede

      E non si avanza.

                                                     Soggiorno

Indietro l’occhio torna

Ritorno io stesso, e dico,

Mio caro Albergo amico

      O da lasciarti?

                                                      Soggiorno

Ma lasciarti non voglio,

Anzi per starti appresso,

Dividerò me stesso:

      Il Cuore Ti dono.

                                                       Soggiorno

Con esso in te rimango

Perché lungi mi è dato,

Andare sconsolato

      Dal tuo tetto.

                                                       Soggiorno

E così ancor partendo

Resto con la migliore,

Parte, che questo amore

A te può dare.

                                                       Soggiorno

Laudi Spirituali, che sogliono cantarsi nelle Sacre Missioni.

ATTO DI CONTRIZIONE

Signore, e Padre amante

Mio Sommo Ben mio Dio

Perdono, ecco il cuor mio

      tutto contrito.

Con dolore infinito

Piango infinito errore

Per l’infinito amore

      che a voi porto.

Vorrei prima esser morto

Che avervi offeso Dio

Prima morir vogl’io

Che più peccare.

ALLA SANTISSIMA VERGINE

O Vergine purissima

Prega per noi Gesù

Figlio del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O vada Rosa mistica

Prega per noi Gesù

Roveto combustibile

Prega per noi Gesù

O luna piena, e lucida

Prega per noi Gesù

O Rocca inespugnabile

Prega per noi Gesù

Soccorso delli miseri

Prega per noi Gesù

O dolce Madre amabile

Prega per noi Gesù

Decoro dell’Empireo

Prega per noi Gesù

O fortezza invittissima

Prega per noi Gesù

Amore nella Triade

Prega per noi Gesù

O Giglio candidissimo

Prega per noi Gesù

Signora a tutti gl’Angioli

Prega per noi Gesù

O Gloria degl’Apostoli

Prega per noi Gesù

Corona delli Martiri

Prega per noi Gesù

O Eletto fior di Gerico

Prega per noi Gesù

Regina delle Vergini

Prega per noi Gesù

O specchio della grazia

Prega per noi Gesù

Tesoro della Gloria

Prega per noi Gesù

O Talamo castissimo

Prega per noi Gesù

soccorsi sono ne pericoli

Prega per noi Gesù

O stella chiara, e fulgida

Prega per noi Gesù

Trono del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O Refugio dell’anime

Prega per noi Gesù

Sede del Re pacifico

Prega per noi Gesù

O Sposa del Paraclito

Prega per noi Gesù

Principio dell’Origine

Prega per noi Gesù

O degno Collo eburneo

Prega per noi Gesù

Conforto nelle lagrime

Prega per noi Gesù

O destra insuperabile

Prega per noi Gesù

Confusione del Tartaro

Prega per noi Gesù

O sen di dolce nettare

Prega per noi Gesù

Sorgente d’acqua limpida

Prega per noi Gesù

O cuore pietosissimo

Prega per noi Gesù

Maria Figlia di Davide

Prega per noi Gesù

LA SALVE REGINA

Dio ti salvi Regina

E Madre Universale

Per cui il favor si sale

      Al paradiso

Voi sete gioia, e riso

Di tutti i sconsolati

Di tutti i tribolati

Unica spreme.

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SACRO VIAGGIO

L  A  U  R  E  T  A  N  O

OVVERO

Modo facile per visitare tanto in

spirito, che in persona

L  A   S.   CASA

D I   L O R E T O

Diretto alle divote Compagnie, Famiglie, e Persone massimamente

Della Provincia della Marca,

P R O P O S T O

DA UN SACERDOTE INFIMO

DELL’ORATORIO

<Fioravanti Giuseppe>

E Dedicato

ALL’ETERNO PADRE

UNICO VERO BENE

CREATORE

Del tutto visibile, ed Invisibile.

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In Macerata, per gl’Eredi del Pannelli

Stampatori del S. Offizio (1749)

Con Lic. De’ Sup.

ALL’ETERNO PADRE

Per segno di gratitudine all’altissimo beneficio, che Voi, Eterno Padre, vi degnaste fare a me, quantunque indegnissimo nella Santa Casa di Nazaret, con vestire in essa per la mia salute l’Unigenito vostro Figlio di umana spoglia: io da quel poverello, che sono vi afferisco il presente Sacro Viaggio, già che solo riguarda con la venerazione di quel Santuario, come per ultimo fine la vostra gloria: Spero, che voi mirando non a guisa degli Uomini al dono, bensì all’anima del donatore, benignamente lo gradirete. Gradiretelo sì Mio Signore, e con la vostra Grazia movete  i Fedeli a piamente intraprenderlo. Fatene degno ancora me, che genuflesso di prego a rimirarmi sempre con occhio da Padre, quantunque sia, quale ora per tutta l’eternità mi confesso:    D.D. M. V.

             Sant’Elpidio li 2. Ottobre 1749

Il più Inutile, Ingrato, Indegno Servo

Giuseppe Antonio Fioravanti

A CHI LEGGE

In due modi può uno portarsi alla S, Casa di Loreto, in persona, ed in Spirito. Se voi, che leggete qui, bramate andare di persona con frutto, immaginandovi di andare alla Regia di una qualche Regina per inchinarla (mentre è pur  Regina grande Maria. Sua Regia è la S, Casa, ed in lei resta ossequiato la Vergine) colà vi portarete umile, modesto con scelti compagni, e divoti pensieri ora meditando, ora sa armeggiando, ora dicendo  corone, ora cantando, ora un qualche pio discorso intramettendo, al che potrà giovarvi quanto più innanzi troverete esposto. Felice Voi, se vi andrete così! Certo, che riusciravvi non solamente brevi, giocondo il cammino, ma di sommo vantaggio perché Maria starà come sorridendo dal cielo, e preparando nella sua casa le grazie, che più verranno da voi bramate; e se qui con santa curiosità mi domandate con quali frequenza debassi visitare quel gran Santuario, rispondo così: Gesù nostra guida, e Maestro ogn’anno portavasi al Tempio di Gerosolima, ch’era il primario della Giudea. Principalissimo tempio della cristianità è la Casa alla lauretana, ed a quella con tutta la distanza di venti miglia si trasferiva ogni settimana il P. Luzio Brancadori dall’Oratorio di Fermo: Voi però andatevi quando più v’è permesso.

      Che se mai da qualche insuperabile difficoltà è a voi ritardato l’andare colà in persona, di grazia non mancate farlo in spirito tre con ogni affetto, e di mozione fatti o in pubblico, o in privato le sacre giornate, che appresso in forma di novena si pongono per la traslazione della medesima Santa casa seguita alli dieci Decembre di tanta solennità nella Marca, procurando inoltre la prattica delle Virtù, che si accennano, e così, quantunque lontano, quantunque limitato nei Chiostri, ò per qualunque altro capo impedito, farete in spirito, e con un frutto parimenti a venerare quel Santissimo luogo ogni anno, anzi ogni settimana, qualora vi piacesse in tutti i sabati rinovare se non l’intera Novena, i colloqui almeno della medesima: E per non credere superflui questi ossequi, basta riflettere, che sono ordinati a Maria la quale se tutto da tutti si merita, molto più di tutto si merita dalla sua amatissima ed obbligatissima provincia picena. Ecco il viaggio lauretano: facciamolo di buon grado, come possiamo dalle nostre abitazioni a gloria di Dio, mentre Dio lo ho fatto fino dal Cielo per nostro bene.

J. M. J.

Actiones nostras quaesumus Domine aspirando praeveni,  et adiuvando prosequere, ut concta nostra oratio, et operatio a te semper incipiat, et per te caepta finiatur. Per Cjristum etc.

PRIMA GIORNATA

           Venerata da tutti sempre sia

La Casa di Gesù, di Giuseppe e di Maria.

Santissima divina Casa: Restiamo Noi ammirati, che l’Altissimo Iddio scegliesse voi per Abitazione qui in terra non solo di Maria, e di Giuseppe, che pur furono in essa li più incliti Personaggi, ma dall’istesso suo Unigenito. Mancavano forse Palagi sontuosi o magnifiche Regie? Nò certamente. E quando avesse Egli voluto, non poteva in un  tratto come il Cielo, e la Terra, così parimenti formare un sì maestoso, nobile, ricco soggiorno, che pare non fosse in tutto il Mondo? Poteva: qual dubbio? Eppure di voi si contentò: elesse voi angusta, rozza, semplice itanza per l’amato suo Figlio. Vi adoriamo pertanto con riverenza profonda, e: per degnamente visitarvi bramiamo esser vestiti con la virtù santa dell’umiltà con l’intercessione di Maria: Ave Maria Gloria Patri etc.

AVVISO

L’umiltà è così grata a Dio, che per essa più, che per le altre virtù si scelse per Madre la Vergine, anzi quando ci fosse stata Donzella di lei più umile al mondo, queste Dio ci sarebbe scelta per Madre, ed in tutti la vuole sì fattamente in qualche grado, che senza di essa non ammette dei veruno in Paradiso. Noi adesso la praticaremo con assoggettarci più che potremo alla Maestà divina, e riputarci indegni, di avere l’ingresso in un luogo santificato dalla presenza Reale di un Dio Umanato, dagli Angioli, e da primi Santi del Mondo.

SECONDA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da veri Cattolici noi fermamente crediamo essere in voi comparso in sembianza di paraninfo

 celeste l’Arcangelo Gabriello a spiegare: l’ineffabile grande ambasciata a Maria, e: che Maria desse con pari umiltà, e rassegnazione dell’assenso richiesto al divin beneplacito; onde per opera dello Spirito Santo venne Ella subito a concepire nel verginale suo seno in forma di Bambinello il Salvatore del Mondo Gesù. Meraviglia codesta la più stupenda, che mai potesse avvenire su tutto il Creato: eppure accaduta ella è certamente dentro le vostre fortunate pareti. Vi adoriamo però con l’ossequio maggiore a voi dovuto, e per degnamente visitarvi desideriamo essere vestiti della santa virtù della liberalità con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria Patri etc,

AVVISO

La liberalità è tutta propria di Dio, il quale non contento di dare le cose sue volle dare ancora se stesso nell’Eucaristia, della Croce, nell’adorata  Casa. Noi praticheremo questa virtù con dare qualche sussidio a Poveretti, ne quali tanto si compiace il nostro Dio di essere sovvenuto.

TERZA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima divina Casa: E’ vero sì, che Gesù nostro Bene in voi dimorò da piccolo, in voi dimorò la grande ora facendovi orazione, pigliandovi ora breve riposo, trattandovi or con Giuseppe, or con Maria, ed ora con ambedue insieme dolcemente conversandovi. Voi dunque il luogo da Gesù co’ passi, da Gesù co’ si guardi, da Gesù co’ discorsi, da Gesù con gli affetti, da Gesù con le opere, da Gesù in tutte le guise santificato. Sì voi siete, e però con tutto rispetto vi adoriamo: bramando per visitarvi degnamente essere adorni della virtù santa della Purità con l’intercessione di Maria: Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

   La Purità sì bella comparve a gli occhi purissimi di Gesù, che laddove reiterate tentazioni sostenne contro delle altre virtù, contro di questa neppure unavolle sentirne, non già perché non avesse cuore da vincerla, ma per mostrare maggiormente quanto una tale virtù fosse a lui cara. E sì cara fu anche a Maria, che prima di perderla avrebbe rinunziato di essere madre di Dio. Noi qual giglio custodiamola da discorsi, da sguardi, dagl’Oggetti, e bellezze, che la possono offendere.

QUARTA GIORNATA

Venerata etc

Santissima Divina Casa: Siete voi quella, da cui la Reina stessa dei Cieli al termine prezioso venuta de giorni suoi coll’ammirabile prodigioso intervento di tutto il Collegio Apostolico, col pieno corteggio degli Angioli, Arcangioli, e Serafini dalle mani di Gesù ricevuto il sagro Viatico non frà pene di morte, bensì frà gaudi di vita trionfante al Cielo se ne volò: Bel treatro pertanto,, bel teatro di meraviglie, che sempre più voi ci compartite. Riverenti vi adoriamo, e per degnamente visitarvi, la virtù della santa astinenza per mezzo di Maria cerchiamo. Ave Maria etc, Gloria etc.

A V V I S O

L’astinenza o quanto conviene a chi visita la Santa Casa: Ben lo insegno co’ fatti il Re di Francia S. Lodovico. Questi in pane, e di acqua, e con irsuto cilicio al fianchi venerò quel sacro Luogo. Noi guardiamoci almeno dal mangiare, bere, e dormire soverchiamente, sicché non restiamo impediti dal far bene le nostre divozioni con mente raccolta a Dio.

QUINTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi si sciolsero da legami del Corpo dei due bell’Alme del

Patriarca S. Gioacchino, e della gloriosa Madre S. Anna; né queste solamente, ma l’Anima grande altresì dal gloriosissimo S. Giuseppe, assistito da Maria, da Gesù medesimo con privilegio singolare nelle sue più dolci agonie. Or mentre questi gran Santi in voi morirono, vi chiameremo felicissimo termine poi che principio di eterna vita, ne manchiamo adorarvi divotamente, e per degnamente visitarvi la virtù della Carità fraterna con l’intercessione di Maria sempre Vergine imploriamo. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La carità fraterna e la vera livrea del Cristiano. Chi non l’à, non è seguace di Gesù Cristo, né da lui amato, anzi odiato, e quanto. Noi vediamo amare i nostri Prossimi adesso piùcchemai rallegrandoci del loro bene, godendo dei loro comodi, scusando ogni loro difetto.

SESTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi gli Apostoli Santi, udite lezioni le più alte, e sublimi della nostra Religione, allorché venivano da Maria loro maestra addottrinati, in voi ergono Altare, inalberano Croce, e collocatevi le Statue di Gesù, e di Maria, quali ora si vedono, vi consagrano Chiesa, e pieni di Spirito sovrumano al Altissimo il tremendo Sagrificio vi offeriscono. O Tempio incomparabile. Noi attoniti vi adoriamo, e per visitarvi col dovuto riguardo, bramiamo essere vestiti della virtù della Pazienza con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La pazienza deve essere molto cara ad ognuno, mentre è pur vero come dicono i Sacri Teologi, che chi non l’à, o non à la grazia di Dio; o sta per perderla. E poi quella S. Cassetta fu ripiena di pazienza: tutta pazienza in Gesù: tutta pazienza in Maria: tutta pazienza in Giuseppe. Noi pratichiamola negli incomodi della strada, negli alloggi, colli  Compagni e sin con noi stessi dolcemente soffrendo i propri difetti, finché restino con divino aiuto emendati.

SETTIMA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: sete pur voi quella, in cui parlano i Muti, odono i Sordi, vedono i Ciechi, risanano Infermi, salvi compariscono i Sommersi nell’acqua, i condotti al Patibolo i Trucidati dal ferro: Ecco fra questi un Sacerdote, che fino dalla Dalmazia col proprio cuore in su le mani, da Barbari cavatogli in odio di Maria travalica il Mare, approda al  lido, giunge a voi, e quello stesso cuore deposita in mano dei vostri Ministri, da cui ricevuti poscia i Santissimi Sacramenti, l’anima sua spira felicemente. Una miniera de’ più strepitosi prodigi: ecco noi pertanto, che rispettose vi adoriamo, e per visitarvi colla maggiore di divozione possibile il fervore Santo di Spirito sospiriamo di ottenere per mezzo della Madre nostra Maria. Ave Maria etc, Gloria etc,

AVVISO

Il Fervore di Spirito o quanto è necessario per salvarsi. Quel Servo Vangelico, il quale ne fù privo, restò condannato dal suo Padrone all’Inferno. La Sacra Famiglia non stette mai neppure un momento in ozio dentro quella Santa Casetta sempre in opera. Attenti dunque Noi a non rallentarci nel divino servizio: Prontezza sempre alla Messa, all’orazione, all’obbedienza.

OTTAVA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da voi quasi da ciel benefico abbondante pioggia di grazie discende sopra la terra de cuori umani, onde questi se impietriti si ammolliscono , se sterili, e infruttuosi danno copiose frutta di sante operazioni. Intimo a voi, entro di Voi sì mutansi i malvagi Buoni, i Buoni i migliori, e questi in ottimi si riducono, mercé a que’ lumi celesti, a quegl’impulsi sovrani, ch’Essi occultamente ricevono: Bisogna ben confessarla. Da voi parte è arricchito quanto vuole chiunque vuole di spirituali tesori: Eccoci pertanto vostri adulatori ossequiosi, e per visitarvi con la virtù santa della Pietà, ricordiamo, perché ce l’ottenchi, a Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La Pietà suole abbracciare ogni virtù, e ogni virtù si richiede nel Cristiano: Col nome di Santi sì, col nome di Santi erano tutti chiamati i Cristiani, perché tutti vivevano con rara integrità di costumi anticamente: Noi procuriamola con rinnovare spesso il dolor de’ nostri peccati, e con proponimento d’una vita migliore.

NONA GIORNATA

Venerata etc,

Santissima Divina Casa: Pur voi sete, cui la maestà suprema, che tutto legge che governa in vedendo con suo dispiacere mento mancata la venerazione dovuta, se ci sì colla sua potenza, che spedisca dalle proprie fondamenta, ed in aria per mano d’Angioli trasportata sin dalla Palestina alla Dalmazia, pigliaste quivi, dirò così, breve riposo nel volo di due mila, e più miglia, e poi nella Provincia della Marca l’anno 1694 a 10 di Decembre circa le 10 ore, per quello osservarono i vigilanti Pastori, veniste a posarvi, quasi fin ad ora dicendo: Sic in Sion firmata sum. O portento inaudito! E con questo la Provvidenza nel grembo della Chiesa pone il piccolo Santuario, perché non resti più venerato, quando à lasciato l’altro magnifico del Santo Sepolcro in potere degli Infedeli, e l’altro sì famoso del Re Salomone abbandonò totalmente alle rovine. Noi pertanto qui rinoviamo le nostre adorazioni: ma per visitarvi degnamente, chi ci otterrà il Manto bello della Carità divina? Ricorriamo pure a Maria: Ave Maria etc. Gloria etc,

AVVISO

La carità divina introduce nel Paradiso: la carità divina introduca nella Santa Casetta: Da leggerissima colpa restò impedito Mosè perché non entrasse nella terra di promissione. Mondiamo l’anima nostra da qualunque macchia con una sincera confessione. Tronchiamo ogni affetto al peccato, a Dio uniamoci tutti con un Santo Amore, e pieni di confidenza entriamo pure nel Santuario.

INNO

   Il Figlio dell’Eterno

dall’abitazione sovrana

qual masso che si stacca

da lunga tramontana

qui balza e di unisce

entrambe le Città.

   Sempre le laudi echeggia

l’alta abitazione dei Santi

all’Uno e Trino scioglie

melodiosi canti:

lodiamo con i celesti

l’augusta Maestà.

   Signore le nostre chiese

irradia di splendore

qui accogli invocato

i voti di ogni cuore.

La pioggia delle grazie

tu manda quaggiù

   i tuoi devoti servi

che ivi ti pregano umili,

esultino di gioia

per i doni conseguiti

finché dal mortale sciolti

non siedono Lassù.

Entreremo nel suo tabernacolo. Adoreremo  il luogo dove stettero i suoi piedi. PREGHIAMO. O Dio, che hai voluto che, all’annuncio dell’Angelo, il tuo Verbo

prendesse carne nel seno della beata Vergine Maria: concedi a noi  tuoi supplici che, come crediamo lei vera Madre di Dio, così siamo aiutati presso di Te dalla sua intercessione.

IL GIORNO DELLA FESTA

Colloqui alla Santissima Vergine.

P R I M O

Eccoci senza merito, anzi con positivo demerito per le sconoscenze, tante, e tante colpe commesse: Eccoci a Dio piacesse delle virtù per vostro mezzo richieste, e non più tosto di qualche vizio contrario ricoperti: conoscenze, tante, e tante colpe commesse: ma comunque siamo; eccoci eppure vostra mercé, o grande regina del cielo, e della terra, se non colla persona, coll’affetto almeno (così nella visita spirituale, poiché nella personale dovrà dirsi coll’affetto, con la persona) eccoci sì nella vostra Casa.

   O Casa veramente Divina!

O Albergo di santità, e Paradiso piucche terrestre!! O celeste Maggione! Felice pavimento! Sassi preziosi! Pareti avventurate! Felicissimo tetto! Vi adoriamo con viva fede, con tenerezza vi baciamo, e da questi a voi torna il nostro cuore, o gran Signore, per ringraziarvi, come intendiamo fare di dono così eccelso, che dispensare gli piacque alla nostra Europa, alla nostra Italia, alla Provincia nostra, perché la godessimo da vicino, mentre da lungi non sarebbe stato così: Ah! che rimasta nell’oriente la vostra abitazione chi avrebbe di noi attraversate pianure? chi varcati Mari? chi fatto spese? chi sofferti incomodi? chi patiti disastri? e superate le difficoltà, per mirarla finalmente una volta? Ahi che tanto non sarebbe noi riuscito, quando qui adesso la visitiamo a nostro piacere, e come nostra la possediamo:

   Dove però giungeranno mai gli nostri ringraziamenti a bastantemente corrispondere alla nostra somma, è verso di noi parzialissima Beneficenza? A nome nostro dunque vi ringrazino i Giusti della Terra i Santi del Cielo, gli Angioli tutti del paradiso: Ognuno de’ Beati Comprensori vi dia eterna ella udì, eterne benedizioni, eterna gloria Amen Salve Regina etc.

SECONDO

Eccoci, o gran Signore dell’Universo: tanto più attoniti, quanto più ripensiamo al dono singolarissimo, che da voi che è stato fatto. Il darci questa veneratissima Casa fù come un dichiararvi nostra sovrananissima concittadina, e rendere noi nello stesso tempo vostri confidenti Vassalli. Alle Spagne pertanto piucché a noi piucché a noi alla Francia, alla Polonia, a Roma doveasi Ella concedere, ma piucché a Roma alla Polonia, alla Francia, alle Spagne, piucché a verun’altro l’avete conceduta a noi, quando che noi stessi non avriamo avuto tanto ardire di domandarla, non che speranza di ottenerla.

    Quindi è, che era sì raro privilegio tanto più esaltati, e favoriti, e distinti riconoscendoci, quanto più immeritevoli ce ne ravvisiamo tutti lingua nel Cuore, tutti Cuor nella lingua: benedetta, esclamiamo, benedetta l’ora, e ‘l momento, in cui di simil dono ci arricchiste: benedetti i giorni, anni, e  Secoli tutti, ne’ quali de ‘l conservasse il benedetto anche l’esemplarissimo  Clero, che qui salmeggia. Gli Ordini Religiosissimi, che qui assistono, i Popoli di voti che quà concorrano, ed oh! Possibile cosa fosse alle nostre forze, come a desideri nostri il chiamare quà tutto il Mondo, e dirgli: In questa stanza ha principiato la tua Redenzione, qui il Verbo si fece Uomo, qui abitò tra di noi il mortale qui Verbum caro factum est, etc. abitavi in nobis. Adorala dunque  divotamente per così mostrarti grato all’Autore del beneficio ineffabile.

   Le Gemme, poi gli Ori, gli Argenti, le Pitture, le Statue, il Tempio, che la circonda, tutto è nobile, se tutto è raro, e

prezioso: parendo in lei non si possa aggiungere di più: ma di più senz’altro ci bramiamo, finché la venerazione, e culto vada sempre crescendo nella vostra Casa, in cui si avanzino pur sempre ne Fedeli i meriti, le virtù, la grazia di Dio. Amen. Salve Regina etc.

TERZO

Eccoci, o degna Madre di Dio, eccoci ammirati più che mai della vostra sovrana bontà. Sarebbe questa veramente sembrata rara, ed ammirabile, quando solo per pochi giorni aveste fra noi depositata la vostra Reggia: ma quanto più stupenda Ella dovrà sembrare, essendovi compiaciuta di farcela godere lo spazio bello lungo di quattrocento, e più anni: Sommi Pontefici, Imperatori, Re e Regine, Principi, illustri Uomini di gran santità Popoli quà concorsi mai non vi pregarono a trasferirla ne loro, benché Rinomati Paesi: ma qui costante la ritenete con la speranza di non volerla giammai rimuovere da noi, quanto per collocarla fra le nostre Contrade, la spiccaste amorosa dai luoghi si’ Rimoti e lontani: questa grazia però dimandiamo con vivo cuore: questo imploriamo con supplichevoli istanze: di posseder  sempre nell’avvenire la vostra S. Abitazione: le visite poi, che in essa abbiam fatto, facciam di presente, e faremo in appresso, a Dio piacendo quella in premio ci rechino felice visita, la quale,  ed oh se presto bramiamo fare alla Madre vostra in Cielo.

   Speriamo dopo tante cortesi accoglienze nella Terrena Casa, riportate da voi parimenti una goderne costassù nel celeste Trono, da cui  preferentemente e a capo chino, con mani gionte, con umiltà di ossequio, per sicura caparra di quanto vi abbiamo chiesto imploriamo la S. Benedizione per noi, per i nostri Domestici, per la nostra Provincia, per l’Italia, pel mondo tutto, perché tutto il mondo se tanto può riuscire, venga dopo avervi onorata qui in Terra ad adorarvi benedirvi, e ringraziarvi per sempre nel Paradiso a gloria perpetua del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. Anen. Salve Regina, etc.

KIRIE ELEISON

L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed Ella concepì per opera dello Spirito Santo.

PREGHIAMO

Infondi nel nostro spirito la grazia, o Padre; tu che nell’annuncio dell’Angelo ci hai rivelato l’incarnazione di Cristo tuo Figlio, per la sua passione e la sua Croce guidaci alla gloria della Risurrezione. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.

Documenti per recitare con più divozione le sopradette orazioni, che sono l’indulgenze, che uno acquista coMe siegue, cioè

   Per l’Ave Maria sessanta giorni, concedutida Giovanni XXII, e da Urbano IV. per la Salve Regina giorni quaranta: giorni venti chinandosi il capo a Santissimo nomi di Gesù, e di Maria: trenta al Gloria Patri, inchinandosi parimenti il capo, conceduti pure da Giovanni XXII, giorni duecento per le Litanie conceduti da Pio V.

ANDATA ALLA S. CASA

Andiamo tutti andiamo

Alla Casetta pia

Di Gesù, e di Maria

      E di Giuseppe.

Quella già fù recata

Con celeste armonìa

Dalla pingue Sorìa

      Qua nel Piceno.

                                                   Andiamo

Mentre volò per l’aria

Non si agitò pur fronda

Non si turbò pur onda

      Il tutto il Mare.

                                                   Andiamo

Di notte il vasto Cielo

Sparse lucente albore,

D’insolito chiarore

      In sù la Terra.

                                                   Andiamo

Al vicin comparire

Il fido Pastorello

Accompagnò l’Augello

      Con sue note.

                                                      Andiamo                                                   

Fuggir il Lupo, e l’Orso

Si calmò la tempesta,

E la guerra funesta

      In pace tacque.

                                                      Andiamo

Quindi del Mondo intero

Se Iddio vive sdegnato,

Diventa ben placato

      In quella stanza.

                                                         Andiamo

Ivi l’Eterno Figlio,

Che preso in seno al Padre,

Vacque dalla gran Madre

      Umano frutto.

                                                           Andiamo

Con umiltà superna

In quel stretto contorno

Fece lungo soggiorno

      Il Creatore.

                                                            Andiamo

Mirate se obbedisce

Con tutto il suo potere

Di Giuseppe al volere

      E di Maria.

                                                              Andiamo

Quel, che provede al tutto,

Di faticar non sdegna:

E tutto ci si impegna

      In ogni tempo.

                                                              Andiamo

Ma più farà per noi,

Allorché sulla Croce

Ci sosterrà l’atroce,

      E dura morte.

                                                              Andiamo

Travaglia ritirato

Pena, supplica, ed ora

Finché gli giunge l’ora

      Amata tanto.

                                                    Andiamo

O fortunato albergo

Sei pure il Paradiso,

Che l’adorato viso

      In seno chiudi.

                                                     Andiamo

Dalle superne sfere

Il Messagger cortese

Te felice discese

      A visitare.

                                                      Andiamo

il buon vecchio Giuseppe,

 La vergine sua Sposa

Ebbero in te festosa,

      E molta pace.

                                                      Andiamo

Quindi tanti Santi

Con passi frettolosi

Vennero a Te pietosi

      Con grave stento.

                                                      Andiamo

Co’ porporati Padri

Il successor di Piero

Umile  senza impero

      In Te si flette.

                                                       Andiamo

per te li Re fedeli,

Per te colle vicine

Le rimote Regine

      Varcaron l’onde.

                                                        Andiamo

Albergo benedetto

Quanto sei ricco, e quanto

Oltrepassi nel vanto

      Argento, ed Oro.

                                                         Andiamo

Ma ogni grande ricchezza

Vince nel molto pregio

Con qualunque alto fregio

      Un selce solo.

                                                          Andiamo

Ascolta, mondo, ascolta

Da quella rozza pietra

Sorgono a chi l’impetra

      Immensi beni.

                                                            Andiamo

Venite Peccatori

Piangerete il reato:

E vi sarà purgato

      Da nera macchia.

                                                      Andiamo

Venite senza tema

O forsennati amanti

A disciorre gl’incanti

      E falsi amori

                                                       Andiamo

Venite Potentati,

E dispregiar Palagi,

E rifiutar tant’agi

      Apprenderete.

                                                      Andiamo

Venite Poverelli

Le vostre pene ingrate

Saranno sollevate

      In un momento.

                                                        Andiamo

Venite Traviati,

 Per aver lume in mente,

E vedere chiaramente

      Quanto erriate.

                                                        Andiamo

Infedeli, e Fedeli

Tutti venite insieme

A prender della speme

      Accesa, e pura.

                                                        Andiamo

Sù, sù da Battro a Tile

Venite Genti à stuolo

E l’uno, e l’altro Polo

      Vi accompagni.

                                                        Andiamo

A quella Santa Casa

Con fede e di umiltade

Con bontà, e caritade

      Andiamo allegri.

                                                        Andiamo

O Casa bella, e quando

Ti mirerò felice?

Ma  l’occhio già mi dice:

      Ecco la vedi?

                                                        Andiamo

Benché lungi ti miri

Albergo mio divino,

Ti venero,  t’inchino,

      E ancor ti adoro.

                                                             Andiamo

Voci non più di suono

Voci solo di affetto

Eschino dal mio petto

      Eternamente.

                                                           Andiamo

Eschino con tale forza,

Che giunto a quella Soglia

Lasci frale spoglia

      E in pace moja.

                                                           Andiamo

DIMORA NELLA SANTA CASA

Questa, non convenendo il canto, come per la strada potrà farsi la meditazione sopra qualche mistero dell’Incarnazione ovveramente recitarsi i colloqui, della festa, ma più col cuore, che con la lingua, ma per la strada si potrà anche fare l’intiera Novena.

PARTENZA

Soggiorno mio gradito

Nella Casetta pia

Di Gesù di Maria,

      E di Giuseppe.

Non volle Idio non volle

Sprigionare quest’alma

E rapire la salma

      A questa vita.

                                                 Soggiorno

Diego sono ed entra i

Pellegrino fortunato

Nel soggiorno beato,

      E benedetto.

                                                  Soggiorno

Tornai lieto più volte

A rinovar le entrate

Per me sempre più grate

      E più gioconde.

                                                    Soggiorno

Mille baci v’impressi,

Mille sospiri, e mille

Voti, e voci tranquille

      Ancor snodai.

                                                     Soggiorno

Eppur vivo son io:

Ma vivere sempre in quella:

Santa Casuccia bella

      Ah sì vorrei!

                                                    Soggiorno

Ma tanto a me non lice;

E già mi veggo astretto

Dal venerabile Tetto

      Or di partire.

                                                   Soggiorno

Partirò: ma che sento

E tutto in pena il cuore:

Esperimento dolore:

      E provo affanno.

                                                    Soggiorno

Parto: ma nel partire

Se inanti spingo il piede

Sdegnoso indietro riede

      E non si avanza.

                                                     Soggiorno

Indietro l’occhio torna

Ritorno io stesso, e dico,

Mio caro Albergo amico

      O da lasciarti?

                                                      Soggiorno

Ma lasciarti non voglio,

Anzi per starti appresso,

Dividerò me stesso:

      Il Cuore Ti dono.

                                                       Soggiorno

Con esso in te rimango

Perché lungi mi è dato,

Andare sconsolato

      Dal tuo tetto.

                                                       Soggiorno

E così ancor partendo

Resto con la migliore,

Parte, che questo amore

A te può dare.

                                                       Soggiorno

Laudi Spirituali, che sogliono cantarsi nelle Sacre Missioni.

ATTO DI CONTRIZIONE

Signore, e Padre amante

Mio Sommo Ben mio Dio

Perdono, ecco il cuor mio

      tutto contrito.

Con dolore infinito

Piango infinito errore

Per l’infinito amore

      che a voi porto.

Vorrei prima esser morto

Che avervi offeso Dio

Prima morir vogl’io

Che più peccare.

ALLA SANTISSIMA VERGINE

O Vergine purissima

Prega per noi Gesù

Figlio del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O vada Rosa mistica

Prega per noi Gesù

Roveto combustibile

Prega per noi Gesù

O luna piena, e lucida

Prega per noi Gesù

O Rocca inespugnabile

Prega per noi Gesù

Soccorso delli miseri

Prega per noi Gesù

O dolce Madre amabile

Prega per noi Gesù

Decoro dell’Empireo

Prega per noi Gesù

O fortezza invittissima

Prega per noi Gesù

Amore nella Triade

Prega per noi Gesù

O Giglio candidissimo

Prega per noi Gesù

Signora a tutti gl’Angioli

Prega per noi Gesù

O Gloria degl’Apostoli

Prega per noi Gesù

Corona delli Martiri

Prega per noi Gesù

O Eletto fior di Gerico

Prega per noi Gesù

Regina delle Vergini

Prega per noi Gesù

O specchio della grazia

Prega per noi Gesù

Tesoro della Gloria

Prega per noi Gesù

O Talamo castissimo

Prega per noi Gesù

soccorsi sono ne pericoli

Prega per noi Gesù

O stella chiara, e fulgida

Prega per noi Gesù

Trono del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O Refugio dell’anime

Prega per noi Gesù

Sede del Re pacifico

Prega per noi Gesù

O Sposa del Paraclito

Prega per noi Gesù

Principio dell’Origine

Prega per noi Gesù

O degno Collo eburneo

Prega per noi Gesù

Conforto nelle lagrime

Prega per noi Gesù

O destra insuperabile

Prega per noi Gesù

Confusione del Tartaro

Prega per noi Gesù

O sen di dolce nettare

Prega per noi Gesù

Sorgente d’acqua limpida

Prega per noi Gesù

O cuore pietosissimo

Prega per noi Gesù

Maria Figlia di Davide

Prega per noi Gesù

LA SALVE REGINA

Dio ti salvi Regina

E Madre Universale

Per cui il favor si sale

      Al paradiso

Voi sete gioia, e riso

Di tutti i sconsolati

Di tutti i tribolati

Unica spreme.

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SACRO VIAGGIO

L  A  U  R  E  T  A  N  O

OVVERO

Modo facile per visitare tanto in

spirito, che in persona

L  A   S.   CASA

D I   L O R E T O

Diretto alle divote Compagnie, Famiglie, e Persone massimamente

Della Provincia della Marca,

P R O P O S T O

DA UN SACERDOTE INFIMO

DELL’ORATORIO

<Fioravanti Giuseppe>

E Dedicato

ALL’ETERNO PADRE

UNICO VERO BENE

CREATORE

Del tutto visibile, ed Invisibile.

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In Macerata, per gl’Eredi del Pannelli

Stampatori del S. Offizio (1749)

Con Lic. De’ Sup.

ALL’ETERNO PADRE

Per segno di gratitudine all’altissimo beneficio, che Voi, Eterno Padre, vi degnaste fare a me, quantunque indegnissimo nella Santa Casa di Nazaret, con vestire in essa per la mia salute l’Unigenito vostro Figlio di umana spoglia: io da quel poverello, che sono vi afferisco il presente Sacro Viaggio, già che solo riguarda con la venerazione di quel Santuario, come per ultimo fine la vostra gloria: Spero, che voi mirando non a guisa degli Uomini al dono, bensì all’anima del donatore, benignamente lo gradirete. Gradiretelo sì Mio Signore, e con la vostra Grazia movete  i Fedeli a piamente intraprenderlo. Fatene degno ancora me, che genuflesso di prego a rimirarmi sempre con occhio da Padre, quantunque sia, quale ora per tutta l’eternità mi confesso:    D.D. M. V.

             Sant’Elpidio li 2. Ottobre 1749

Il più Inutile, Ingrato, Indegno Servo

Giuseppe Antonio Fioravanti

A CHI LEGGE

In due modi può uno portarsi alla S, Casa di Loreto, in persona, ed in Spirito. Se voi, che leggete qui, bramate andare di persona con frutto, immaginandovi di andare alla Regia di una qualche Regina per inchinarla (mentre è pur  Regina grande Maria. Sua Regia è la S, Casa, ed in lei resta ossequiato la Vergine) colà vi portarete umile, modesto con scelti compagni, e divoti pensieri ora meditando, ora sa armeggiando, ora dicendo  corone, ora cantando, ora un qualche pio discorso intramettendo, al che potrà giovarvi quanto più innanzi troverete esposto. Felice Voi, se vi andrete così! Certo, che riusciravvi non solamente brevi, giocondo il cammino, ma di sommo vantaggio perché Maria starà come sorridendo dal cielo, e preparando nella sua casa le grazie, che più verranno da voi bramate; e se qui con santa curiosità mi domandate con quali frequenza debassi visitare quel gran Santuario, rispondo così: Gesù nostra guida, e Maestro ogn’anno portavasi al Tempio di Gerosolima, ch’era il primario della Giudea. Principalissimo tempio della cristianità è la Casa alla lauretana, ed a quella con tutta la distanza di venti miglia si trasferiva ogni settimana il P. Luzio Brancadori dall’Oratorio di Fermo: Voi però andatevi quando più v’è permesso.

      Che se mai da qualche insuperabile difficoltà è a voi ritardato l’andare colà in persona, di grazia non mancate farlo in spirito tre con ogni affetto, e di mozione fatti o in pubblico, o in privato le sacre giornate, che appresso in forma di novena si pongono per la traslazione della medesima Santa casa seguita alli dieci Decembre di tanta solennità nella Marca, procurando inoltre la prattica delle Virtù, che si accennano, e così, quantunque lontano, quantunque limitato nei Chiostri, ò per qualunque altro capo impedito, farete in spirito, e con un frutto parimenti a venerare quel Santissimo luogo ogni anno, anzi ogni settimana, qualora vi piacesse in tutti i sabati rinovare se non l’intera Novena, i colloqui almeno della medesima: E per non credere superflui questi ossequi, basta riflettere, che sono ordinati a Maria la quale se tutto da tutti si merita, molto più di tutto si merita dalla sua amatissima ed obbligatissima provincia picena. Ecco il viaggio lauretano: facciamolo di buon grado, come possiamo dalle nostre abitazioni a gloria di Dio, mentre Dio lo ho fatto fino dal Cielo per nostro bene.

J. M. J.

Actiones nostras quaesumus Domine aspirando praeveni,  et adiuvando prosequere, ut concta nostra oratio, et operatio a te semper incipiat, et per te caepta finiatur. Per Cjristum etc.

PRIMA GIORNATA

           Venerata da tutti sempre sia

La Casa di Gesù, di Giuseppe e di Maria.

Santissima divina Casa: Restiamo Noi ammirati, che l’Altissimo Iddio scegliesse voi per Abitazione qui in terra non solo di Maria, e di Giuseppe, che pur furono in essa li più incliti Personaggi, ma dall’istesso suo Unigenito. Mancavano forse Palagi sontuosi o magnifiche Regie? Nò certamente. E quando avesse Egli voluto, non poteva in un  tratto come il Cielo, e la Terra, così parimenti formare un sì maestoso, nobile, ricco soggiorno, che pare non fosse in tutto il Mondo? Poteva: qual dubbio? Eppure di voi si contentò: elesse voi angusta, rozza, semplice itanza per l’amato suo Figlio. Vi adoriamo pertanto con riverenza profonda, e: per degnamente visitarvi bramiamo esser vestiti con la virtù santa dell’umiltà con l’intercessione di Maria: Ave Maria Gloria Patri etc.

AVVISO

L’umiltà è così grata a Dio, che per essa più, che per le altre virtù si scelse per Madre la Vergine, anzi quando ci fosse stata Donzella di lei più umile al mondo, queste Dio ci sarebbe scelta per Madre, ed in tutti la vuole sì fattamente in qualche grado, che senza di essa non ammette dei veruno in Paradiso. Noi adesso la praticaremo con assoggettarci più che potremo alla Maestà divina, e riputarci indegni, di avere l’ingresso in un luogo santificato dalla presenza Reale di un Dio Umanato, dagli Angioli, e da primi Santi del Mondo.

SECONDA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da veri Cattolici noi fermamente crediamo essere in voi comparso in sembianza di paraninfo

 celeste l’Arcangelo Gabriello a spiegare: l’ineffabile grande ambasciata a Maria, e: che Maria desse con pari umiltà, e rassegnazione dell’assenso richiesto al divin beneplacito; onde per opera dello Spirito Santo venne Ella subito a concepire nel verginale suo seno in forma di Bambinello il Salvatore del Mondo Gesù. Meraviglia codesta la più stupenda, che mai potesse avvenire su tutto il Creato: eppure accaduta ella è certamente dentro le vostre fortunate pareti. Vi adoriamo però con l’ossequio maggiore a voi dovuto, e per degnamente visitarvi desideriamo essere vestiti della santa virtù della liberalità con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria Patri etc,

AVVISO

La liberalità è tutta propria di Dio, il quale non contento di dare le cose sue volle dare ancora se stesso nell’Eucaristia, della Croce, nell’adorata  Casa. Noi praticheremo questa virtù con dare qualche sussidio a Poveretti, ne quali tanto si compiace il nostro Dio di essere sovvenuto.

TERZA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima divina Casa: E’ vero sì, che Gesù nostro Bene in voi dimorò da piccolo, in voi dimorò la grande ora facendovi orazione, pigliandovi ora breve riposo, trattandovi or con Giuseppe, or con Maria, ed ora con ambedue insieme dolcemente conversandovi. Voi dunque il luogo da Gesù co’ passi, da Gesù co’ si guardi, da Gesù co’ discorsi, da Gesù con gli affetti, da Gesù con le opere, da Gesù in tutte le guise santificato. Sì voi siete, e però con tutto rispetto vi adoriamo: bramando per visitarvi degnamente essere adorni della virtù santa della Purità con l’intercessione di Maria: Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

   La Purità sì bella comparve a gli occhi purissimi di Gesù, che laddove reiterate tentazioni sostenne contro delle altre virtù, contro di questa neppure unavolle sentirne, non già perché non avesse cuore da vincerla, ma per mostrare maggiormente quanto una tale virtù fosse a lui cara. E sì cara fu anche a Maria, che prima di perderla avrebbe rinunziato di essere madre di Dio. Noi qual giglio custodiamola da discorsi, da sguardi, dagl’Oggetti, e bellezze, che la possono offendere.

QUARTA GIORNATA

Venerata etc

Santissima Divina Casa: Siete voi quella, da cui la Reina stessa dei Cieli al termine prezioso venuta de giorni suoi coll’ammirabile prodigioso intervento di tutto il Collegio Apostolico, col pieno corteggio degli Angioli, Arcangioli, e Serafini dalle mani di Gesù ricevuto il sagro Viatico non frà pene di morte, bensì frà gaudi di vita trionfante al Cielo se ne volò: Bel treatro pertanto,, bel teatro di meraviglie, che sempre più voi ci compartite. Riverenti vi adoriamo, e per degnamente visitarvi, la virtù della santa astinenza per mezzo di Maria cerchiamo. Ave Maria etc, Gloria etc.

A V V I S O

L’astinenza o quanto conviene a chi visita la Santa Casa: Ben lo insegno co’ fatti il Re di Francia S. Lodovico. Questi in pane, e di acqua, e con irsuto cilicio al fianchi venerò quel sacro Luogo. Noi guardiamoci almeno dal mangiare, bere, e dormire soverchiamente, sicché non restiamo impediti dal far bene le nostre divozioni con mente raccolta a Dio.

QUINTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi si sciolsero da legami del Corpo dei due bell’Alme del

Patriarca S. Gioacchino, e della gloriosa Madre S. Anna; né queste solamente, ma l’Anima grande altresì dal gloriosissimo S. Giuseppe, assistito da Maria, da Gesù medesimo con privilegio singolare nelle sue più dolci agonie. Or mentre questi gran Santi in voi morirono, vi chiameremo felicissimo termine poi che principio di eterna vita, ne manchiamo adorarvi divotamente, e per degnamente visitarvi la virtù della Carità fraterna con l’intercessione di Maria sempre Vergine imploriamo. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La carità fraterna e la vera livrea del Cristiano. Chi non l’à, non è seguace di Gesù Cristo, né da lui amato, anzi odiato, e quanto. Noi vediamo amare i nostri Prossimi adesso piùcchemai rallegrandoci del loro bene, godendo dei loro comodi, scusando ogni loro difetto.

SESTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi gli Apostoli Santi, udite lezioni le più alte, e sublimi della nostra Religione, allorché venivano da Maria loro maestra addottrinati, in voi ergono Altare, inalberano Croce, e collocatevi le Statue di Gesù, e di Maria, quali ora si vedono, vi consagrano Chiesa, e pieni di Spirito sovrumano al Altissimo il tremendo Sagrificio vi offeriscono. O Tempio incomparabile. Noi attoniti vi adoriamo, e per visitarvi col dovuto riguardo, bramiamo essere vestiti della virtù della Pazienza con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La pazienza deve essere molto cara ad ognuno, mentre è pur vero come dicono i Sacri Teologi, che chi non l’à, o non à la grazia di Dio; o sta per perderla. E poi quella S. Cassetta fu ripiena di pazienza: tutta pazienza in Gesù: tutta pazienza in Maria: tutta pazienza in Giuseppe. Noi pratichiamola negli incomodi della strada, negli alloggi, colli  Compagni e sin con noi stessi dolcemente soffrendo i propri difetti, finché restino con divino aiuto emendati.

SETTIMA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: sete pur voi quella, in cui parlano i Muti, odono i Sordi, vedono i Ciechi, risanano Infermi, salvi compariscono i Sommersi nell’acqua, i condotti al Patibolo i Trucidati dal ferro: Ecco fra questi un Sacerdote, che fino dalla Dalmazia col proprio cuore in su le mani, da Barbari cavatogli in odio di Maria travalica il Mare, approda al  lido, giunge a voi, e quello stesso cuore deposita in mano dei vostri Ministri, da cui ricevuti poscia i Santissimi Sacramenti, l’anima sua spira felicemente. Una miniera de’ più strepitosi prodigi: ecco noi pertanto, che rispettose vi adoriamo, e per visitarvi colla maggiore di divozione possibile il fervore Santo di Spirito sospiriamo di ottenere per mezzo della Madre nostra Maria. Ave Maria etc, Gloria etc,

AVVISO

Il Fervore di Spirito o quanto è necessario per salvarsi. Quel Servo Vangelico, il quale ne fù privo, restò condannato dal suo Padrone all’Inferno. La Sacra Famiglia non stette mai neppure un momento in ozio dentro quella Santa Casetta sempre in opera. Attenti dunque Noi a non rallentarci nel divino servizio: Prontezza sempre alla Messa, all’orazione, all’obbedienza.

OTTAVA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da voi quasi da ciel benefico abbondante pioggia di grazie discende sopra la terra de cuori umani, onde questi se impietriti si ammolliscono , se sterili, e infruttuosi danno copiose frutta di sante operazioni. Intimo a voi, entro di Voi sì mutansi i malvagi Buoni, i Buoni i migliori, e questi in ottimi si riducono, mercé a que’ lumi celesti, a quegl’impulsi sovrani, ch’Essi occultamente ricevono: Bisogna ben confessarla. Da voi parte è arricchito quanto vuole chiunque vuole di spirituali tesori: Eccoci pertanto vostri adulatori ossequiosi, e per visitarvi con la virtù santa della Pietà, ricordiamo, perché ce l’ottenchi, a Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La Pietà suole abbracciare ogni virtù, e ogni virtù si richiede nel Cristiano: Col nome di Santi sì, col nome di Santi erano tutti chiamati i Cristiani, perché tutti vivevano con rara integrità di costumi anticamente: Noi procuriamola con rinnovare spesso il dolor de’ nostri peccati, e con proponimento d’una vita migliore.

NONA GIORNATA

Venerata etc,

Santissima Divina Casa: Pur voi sete, cui la maestà suprema, che tutto legge che governa in vedendo con suo dispiacere mento mancata la venerazione dovuta, se ci sì colla sua potenza, che spedisca dalle proprie fondamenta, ed in aria per mano d’Angioli trasportata sin dalla Palestina alla Dalmazia, pigliaste quivi, dirò così, breve riposo nel volo di due mila, e più miglia, e poi nella Provincia della Marca l’anno 1694 a 10 di Decembre circa le 10 ore, per quello osservarono i vigilanti Pastori, veniste a posarvi, quasi fin ad ora dicendo: Sic in Sion firmata sum. O portento inaudito! E con questo la Provvidenza nel grembo della Chiesa pone il piccolo Santuario, perché non resti più venerato, quando à lasciato l’altro magnifico del Santo Sepolcro in potere degli Infedeli, e l’altro sì famoso del Re Salomone abbandonò totalmente alle rovine. Noi pertanto qui rinoviamo le nostre adorazioni: ma per visitarvi degnamente, chi ci otterrà il Manto bello della Carità divina? Ricorriamo pure a Maria: Ave Maria etc. Gloria etc,

AVVISO

La carità divina introduce nel Paradiso: la carità divina introduca nella Santa Casetta: Da leggerissima colpa restò impedito Mosè perché non entrasse nella terra di promissione. Mondiamo l’anima nostra da qualunque macchia con una sincera confessione. Tronchiamo ogni affetto al peccato, a Dio uniamoci tutti con un Santo Amore, e pieni di confidenza entriamo pure nel Santuario.

INNO

   Il Figlio dell’Eterno

dall’abitazione sovrana

qual masso che si stacca

da lunga tramontana

qui balza e di unisce

entrambe le Città.

   Sempre le laudi echeggia

l’alta abitazione dei Santi

all’Uno e Trino scioglie

melodiosi canti:

lodiamo con i celesti

l’augusta Maestà.

   Signore le nostre chiese

irradia di splendore

qui accogli invocato

i voti di ogni cuore.

La pioggia delle grazie

tu manda quaggiù

   i tuoi devoti servi

che ivi ti pregano umili,

esultino di gioia

per i doni conseguiti

finché dal mortale sciolti

non siedono Lassù.

Entreremo nel suo tabernacolo. Adoreremo  il luogo dove stettero i suoi piedi. PREGHIAMO. O Dio, che hai voluto che, all’annuncio dell’Angelo, il tuo Verbo

prendesse carne nel seno della beata Vergine Maria: concedi a noi  tuoi supplici che, come crediamo lei vera Madre di Dio, così siamo aiutati presso di Te dalla sua intercessione.

IL GIORNO DELLA FESTA

Colloqui alla Santissima Vergine.

P R I M O

Eccoci senza merito, anzi con positivo demerito per le sconoscenze, tante, e tante colpe commesse: Eccoci a Dio piacesse delle virtù per vostro mezzo richieste, e non più tosto di qualche vizio contrario ricoperti: conoscenze, tante, e tante colpe commesse: ma comunque siamo; eccoci eppure vostra mercé, o grande regina del cielo, e della terra, se non colla persona, coll’affetto almeno (così nella visita spirituale, poiché nella personale dovrà dirsi coll’affetto, con la persona) eccoci sì nella vostra Casa.

   O Casa veramente Divina!

O Albergo di santità, e Paradiso piucche terrestre!! O celeste Maggione! Felice pavimento! Sassi preziosi! Pareti avventurate! Felicissimo tetto! Vi adoriamo con viva fede, con tenerezza vi baciamo, e da questi a voi torna il nostro cuore, o gran Signore, per ringraziarvi, come intendiamo fare di dono così eccelso, che dispensare gli piacque alla nostra Europa, alla nostra Italia, alla Provincia nostra, perché la godessimo da vicino, mentre da lungi non sarebbe stato così: Ah! che rimasta nell’oriente la vostra abitazione chi avrebbe di noi attraversate pianure? chi varcati Mari? chi fatto spese? chi sofferti incomodi? chi patiti disastri? e superate le difficoltà, per mirarla finalmente una volta? Ahi che tanto non sarebbe noi riuscito, quando qui adesso la visitiamo a nostro piacere, e come nostra la possediamo:

   Dove però giungeranno mai gli nostri ringraziamenti a bastantemente corrispondere alla nostra somma, è verso di noi parzialissima Beneficenza? A nome nostro dunque vi ringrazino i Giusti della Terra i Santi del Cielo, gli Angioli tutti del paradiso: Ognuno de’ Beati Comprensori vi dia eterna ella udì, eterne benedizioni, eterna gloria Amen Salve Regina etc.

SECONDO

Eccoci, o gran Signore dell’Universo: tanto più attoniti, quanto più ripensiamo al dono singolarissimo, che da voi che è stato fatto. Il darci questa veneratissima Casa fù come un dichiararvi nostra sovrananissima concittadina, e rendere noi nello stesso tempo vostri confidenti Vassalli. Alle Spagne pertanto piucché a noi piucché a noi alla Francia, alla Polonia, a Roma doveasi Ella concedere, ma piucché a Roma alla Polonia, alla Francia, alle Spagne, piucché a verun’altro l’avete conceduta a noi, quando che noi stessi non avriamo avuto tanto ardire di domandarla, non che speranza di ottenerla.

    Quindi è, che era sì raro privilegio tanto più esaltati, e favoriti, e distinti riconoscendoci, quanto più immeritevoli ce ne ravvisiamo tutti lingua nel Cuore, tutti Cuor nella lingua: benedetta, esclamiamo, benedetta l’ora, e ‘l momento, in cui di simil dono ci arricchiste: benedetti i giorni, anni, e  Secoli tutti, ne’ quali de ‘l conservasse il benedetto anche l’esemplarissimo  Clero, che qui salmeggia. Gli Ordini Religiosissimi, che qui assistono, i Popoli di voti che quà concorrano, ed oh! Possibile cosa fosse alle nostre forze, come a desideri nostri il chiamare quà tutto il Mondo, e dirgli: In questa stanza ha principiato la tua Redenzione, qui il Verbo si fece Uomo, qui abitò tra di noi il mortale qui Verbum caro factum est, etc. abitavi in nobis. Adorala dunque  divotamente per così mostrarti grato all’Autore del beneficio ineffabile.

   Le Gemme, poi gli Ori, gli Argenti, le Pitture, le Statue, il Tempio, che la circonda, tutto è nobile, se tutto è raro, e

prezioso: parendo in lei non si possa aggiungere di più: ma di più senz’altro ci bramiamo, finché la venerazione, e culto vada sempre crescendo nella vostra Casa, in cui si avanzino pur sempre ne Fedeli i meriti, le virtù, la grazia di Dio. Amen. Salve Regina etc.

TERZO

Eccoci, o degna Madre di Dio, eccoci ammirati più che mai della vostra sovrana bontà. Sarebbe questa veramente sembrata rara, ed ammirabile, quando solo per pochi giorni aveste fra noi depositata la vostra Reggia: ma quanto più stupenda Ella dovrà sembrare, essendovi compiaciuta di farcela godere lo spazio bello lungo di quattrocento, e più anni: Sommi Pontefici, Imperatori, Re e Regine, Principi, illustri Uomini di gran santità Popoli quà concorsi mai non vi pregarono a trasferirla ne loro, benché Rinomati Paesi: ma qui costante la ritenete con la speranza di non volerla giammai rimuovere da noi, quanto per collocarla fra le nostre Contrade, la spiccaste amorosa dai luoghi si’ Rimoti e lontani: questa grazia però dimandiamo con vivo cuore: questo imploriamo con supplichevoli istanze: di posseder  sempre nell’avvenire la vostra S. Abitazione: le visite poi, che in essa abbiam fatto, facciam di presente, e faremo in appresso, a Dio piacendo quella in premio ci rechino felice visita, la quale,  ed oh se presto bramiamo fare alla Madre vostra in Cielo.

   Speriamo dopo tante cortesi accoglienze nella Terrena Casa, riportate da voi parimenti una goderne costassù nel celeste Trono, da cui  preferentemente e a capo chino, con mani gionte, con umiltà di ossequio, per sicura caparra di quanto vi abbiamo chiesto imploriamo la S. Benedizione per noi, per i nostri Domestici, per la nostra Provincia, per l’Italia, pel mondo tutto, perché tutto il mondo se tanto può riuscire, venga dopo avervi onorata qui in Terra ad adorarvi benedirvi, e ringraziarvi per sempre nel Paradiso a gloria perpetua del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. Anen. Salve Regina, etc.

KIRIE ELEISON

L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed Ella concepì per opera dello Spirito Santo.

PREGHIAMO

Infondi nel nostro spirito la grazia, o Padre; tu che nell’annuncio dell’Angelo ci hai rivelato l’incarnazione di Cristo tuo Figlio, per la sua passione e la sua Croce guidaci alla gloria della Risurrezione. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.

Documenti per recitare con più divozione le sopradette orazioni, che sono l’indulgenze, che uno acquista coMe siegue, cioè

   Per l’Ave Maria sessanta giorni, concedutida Giovanni XXII, e da Urbano IV. per la Salve Regina giorni quaranta: giorni venti chinandosi il capo a Santissimo nomi di Gesù, e di Maria: trenta al Gloria Patri, inchinandosi parimenti il capo, conceduti pure da Giovanni XXII, giorni duecento per le Litanie conceduti da Pio V.

ANDATA ALLA S. CASA

Andiamo tutti andiamo

Alla Casetta pia

Di Gesù, e di Maria

      E di Giuseppe.

Quella già fù recata

Con celeste armonìa

Dalla pingue Sorìa

      Qua nel Piceno.

                                                   Andiamo

Mentre volò per l’aria

Non si agitò pur fronda

Non si turbò pur onda

      Il tutto il Mare.

                                                   Andiamo

Di notte il vasto Cielo

Sparse lucente albore,

D’insolito chiarore

      In sù la Terra.

                                                   Andiamo

Al vicin comparire

Il fido Pastorello

Accompagnò l’Augello

      Con sue note.

                                                      Andiamo                                                   

Fuggir il Lupo, e l’Orso

Si calmò la tempesta,

E la guerra funesta

      In pace tacque.

                                                      Andiamo

Quindi del Mondo intero

Se Iddio vive sdegnato,

Diventa ben placato

      In quella stanza.

                                                         Andiamo

Ivi l’Eterno Figlio,

Che preso in seno al Padre,

Vacque dalla gran Madre

      Umano frutto.

                                                           Andiamo

Con umiltà superna

In quel stretto contorno

Fece lungo soggiorno

      Il Creatore.

                                                            Andiamo

Mirate se obbedisce

Con tutto il suo potere

Di Giuseppe al volere

      E di Maria.

                                                              Andiamo

Quel, che provede al tutto,

Di faticar non sdegna:

E tutto ci si impegna

      In ogni tempo.

                                                              Andiamo

Ma più farà per noi,

Allorché sulla Croce

Ci sosterrà l’atroce,

      E dura morte.

                                                              Andiamo

Travaglia ritirato

Pena, supplica, ed ora

Finché gli giunge l’ora

      Amata tanto.

                                                    Andiamo

O fortunato albergo

Sei pure il Paradiso,

Che l’adorato viso

      In seno chiudi.

                                                     Andiamo

Dalle superne sfere

Il Messagger cortese

Te felice discese

      A visitare.

                                                      Andiamo

il buon vecchio Giuseppe,

 La vergine sua Sposa

Ebbero in te festosa,

      E molta pace.

                                                      Andiamo

Quindi tanti Santi

Con passi frettolosi

Vennero a Te pietosi

      Con grave stento.

                                                      Andiamo

Co’ porporati Padri

Il successor di Piero

Umile  senza impero

      In Te si flette.

                                                       Andiamo

per te li Re fedeli,

Per te colle vicine

Le rimote Regine

      Varcaron l’onde.

                                                        Andiamo

Albergo benedetto

Quanto sei ricco, e quanto

Oltrepassi nel vanto

      Argento, ed Oro.

                                                         Andiamo

Ma ogni grande ricchezza

Vince nel molto pregio

Con qualunque alto fregio

      Un selce solo.

                                                          Andiamo

Ascolta, mondo, ascolta

Da quella rozza pietra

Sorgono a chi l’impetra

      Immensi beni.

                                                            Andiamo

Venite Peccatori

Piangerete il reato:

E vi sarà purgato

      Da nera macchia.

                                                      Andiamo

Venite senza tema

O forsennati amanti

A disciorre gl’incanti

      E falsi amori

                                                       Andiamo

Venite Potentati,

E dispregiar Palagi,

E rifiutar tant’agi

      Apprenderete.

                                                      Andiamo

Venite Poverelli

Le vostre pene ingrate

Saranno sollevate

      In un momento.

                                                        Andiamo

Venite Traviati,

 Per aver lume in mente,

E vedere chiaramente

      Quanto erriate.

                                                        Andiamo

Infedeli, e Fedeli

Tutti venite insieme

A prender della speme

      Accesa, e pura.

                                                        Andiamo

Sù, sù da Battro a Tile

Venite Genti à stuolo

E l’uno, e l’altro Polo

      Vi accompagni.

                                                        Andiamo

A quella Santa Casa

Con fede e di umiltade

Con bontà, e caritade

      Andiamo allegri.

                                                        Andiamo

O Casa bella, e quando

Ti mirerò felice?

Ma  l’occhio già mi dice:

      Ecco la vedi?

                                                        Andiamo

Benché lungi ti miri

Albergo mio divino,

Ti venero,  t’inchino,

      E ancor ti adoro.

                                                             Andiamo

Voci non più di suono

Voci solo di affetto

Eschino dal mio petto

      Eternamente.

                                                           Andiamo

Eschino con tale forza,

Che giunto a quella Soglia

Lasci frale spoglia

      E in pace moja.

                                                           Andiamo

DIMORA NELLA SANTA CASA

Questa, non convenendo il canto, come per la strada potrà farsi la meditazione sopra qualche mistero dell’Incarnazione ovveramente recitarsi i colloqui, della festa, ma più col cuore, che con la lingua, ma per la strada si potrà anche fare l’intiera Novena.

PARTENZA

Soggiorno mio gradito

Nella Casetta pia

Di Gesù di Maria,

      E di Giuseppe.

Non volle Idio non volle

Sprigionare quest’alma

E rapire la salma

      A questa vita.

                                                 Soggiorno

Diego sono ed entra i

Pellegrino fortunato

Nel soggiorno beato,

      E benedetto.

                                                  Soggiorno

Tornai lieto più volte

A rinovar le entrate

Per me sempre più grate

      E più gioconde.

                                                    Soggiorno

Mille baci v’impressi,

Mille sospiri, e mille

Voti, e voci tranquille

      Ancor snodai.

                                                     Soggiorno

Eppur vivo son io:

Ma vivere sempre in quella:

Santa Casuccia bella

      Ah sì vorrei!

                                                    Soggiorno

Ma tanto a me non lice;

E già mi veggo astretto

Dal venerabile Tetto

      Or di partire.

                                                   Soggiorno

Partirò: ma che sento

E tutto in pena il cuore:

Esperimento dolore:

      E provo affanno.

                                                    Soggiorno

Parto: ma nel partire

Se inanti spingo il piede

Sdegnoso indietro riede

      E non si avanza.

                                                     Soggiorno

Indietro l’occhio torna

Ritorno io stesso, e dico,

Mio caro Albergo amico

      O da lasciarti?

                                                      Soggiorno

Ma lasciarti non voglio,

Anzi per starti appresso,

Dividerò me stesso:

      Il Cuore Ti dono.

                                                       Soggiorno

Con esso in te rimango

Perché lungi mi è dato,

Andare sconsolato

      Dal tuo tetto.

                                                       Soggiorno

E così ancor partendo

Resto con la migliore,

Parte, che questo amore

A te può dare.

                                                       Soggiorno

Laudi Spirituali, che sogliono cantarsi nelle Sacre Missioni.

ATTO DI CONTRIZIONE

Signore, e Padre amante

Mio Sommo Ben mio Dio

Perdono, ecco il cuor mio

      tutto contrito.

Con dolore infinito

Piango infinito errore

Per l’infinito amore

      che a voi porto.

Vorrei prima esser morto

Che avervi offeso Dio

Prima morir vogl’io

Che più peccare.

ALLA SANTISSIMA VERGINE

O Vergine purissima

Prega per noi Gesù

Figlio del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O vada Rosa mistica

Prega per noi Gesù

Roveto combustibile

Prega per noi Gesù

O luna piena, e lucida

Prega per noi Gesù

O Rocca inespugnabile

Prega per noi Gesù

Soccorso delli miseri

Prega per noi Gesù

O dolce Madre amabile

Prega per noi Gesù

Decoro dell’Empireo

Prega per noi Gesù

O fortezza invittissima

Prega per noi Gesù

Amore nella Triade

Prega per noi Gesù

O Giglio candidissimo

Prega per noi Gesù

Signora a tutti gl’Angioli

Prega per noi Gesù

O Gloria degl’Apostoli

Prega per noi Gesù

Corona delli Martiri

Prega per noi Gesù

O Eletto fior di Gerico

Prega per noi Gesù

Regina delle Vergini

Prega per noi Gesù

O specchio della grazia

Prega per noi Gesù

Tesoro della Gloria

Prega per noi Gesù

O Talamo castissimo

Prega per noi Gesù

soccorsi sono ne pericoli

Prega per noi Gesù

O stella chiara, e fulgida

Prega per noi Gesù

Trono del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O Refugio dell’anime

Prega per noi Gesù

Sede del Re pacifico

Prega per noi Gesù

O Sposa del Paraclito

Prega per noi Gesù

Principio dell’Origine

Prega per noi Gesù

O degno Collo eburneo

Prega per noi Gesù

Conforto nelle lagrime

Prega per noi Gesù

O destra insuperabile

Prega per noi Gesù

Confusione del Tartaro

Prega per noi Gesù

O sen di dolce nettare

Prega per noi Gesù

Sorgente d’acqua limpida

Prega per noi Gesù

O cuore pietosissimo

Prega per noi Gesù

Maria Figlia di Davide

Prega per noi Gesù

LA SALVE REGINA

Dio ti salvi Regina

E Madre Universale

Per cui il favor si sale

      Al paradiso

Voi sete gioia, e riso

Di tutti i sconsolati

Di tutti i tribolati

Unica spreme.

**********************************

SACRO VIAGGIO

L  A  U  R  E  T  A  N  O

OVVERO

Modo facile per visitare tanto in

spirito, che in persona

L  A   S.   CASA

D I   L O R E T O

Diretto alle divote Compagnie, Famiglie, e Persone massimamente

Della Provincia della Marca,

P R O P O S T O

DA UN SACERDOTE INFIMO

DELL’ORATORIO

<Fioravanti Giuseppe>

E Dedicato

ALL’ETERNO PADRE

UNICO VERO BENE

CREATORE

Del tutto visibile, ed Invisibile.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

In Macerata, per gl’Eredi del Pannelli

Stampatori del S. Offizio (1749)

Con Lic. De’ Sup.

ALL’ETERNO PADRE

Per segno di gratitudine all’altissimo beneficio, che Voi, Eterno Padre, vi degnaste fare a me, quantunque indegnissimo nella Santa Casa di Nazaret, con vestire in essa per la mia salute l’Unigenito vostro Figlio di umana spoglia: io da quel poverello, che sono vi afferisco il presente Sacro Viaggio, già che solo riguarda con la venerazione di quel Santuario, come per ultimo fine la vostra gloria: Spero, che voi mirando non a guisa degli Uomini al dono, bensì all’anima del donatore, benignamente lo gradirete. Gradiretelo sì Mio Signore, e con la vostra Grazia movete  i Fedeli a piamente intraprenderlo. Fatene degno ancora me, che genuflesso di prego a rimirarmi sempre con occhio da Padre, quantunque sia, quale ora per tutta l’eternità mi confesso:    D.D. M. V.

             Sant’Elpidio li 2. Ottobre 1749

Il più Inutile, Ingrato, Indegno Servo

Giuseppe Antonio Fioravanti

A CHI LEGGE

In due modi può uno portarsi alla S, Casa di Loreto, in persona, ed in Spirito. Se voi, che leggete qui, bramate andare di persona con frutto, immaginandovi di andare alla Regia di una qualche Regina per inchinarla (mentre è pur  Regina grande Maria. Sua Regia è la S, Casa, ed in lei resta ossequiato la Vergine) colà vi portarete umile, modesto con scelti compagni, e divoti pensieri ora meditando, ora sa armeggiando, ora dicendo  corone, ora cantando, ora un qualche pio discorso intramettendo, al che potrà giovarvi quanto più innanzi troverete esposto. Felice Voi, se vi andrete così! Certo, che riusciravvi non solamente brevi, giocondo il cammino, ma di sommo vantaggio perché Maria starà come sorridendo dal cielo, e preparando nella sua casa le grazie, che più verranno da voi bramate; e se qui con santa curiosità mi domandate con quali frequenza debassi visitare quel gran Santuario, rispondo così: Gesù nostra guida, e Maestro ogn’anno portavasi al Tempio di Gerosolima, ch’era il primario della Giudea. Principalissimo tempio della cristianità è la Casa alla lauretana, ed a quella con tutta la distanza di venti miglia si trasferiva ogni settimana il P. Luzio Brancadori dall’Oratorio di Fermo: Voi però andatevi quando più v’è permesso.

      Che se mai da qualche insuperabile difficoltà è a voi ritardato l’andare colà in persona, di grazia non mancate farlo in spirito tre con ogni affetto, e di mozione fatti o in pubblico, o in privato le sacre giornate, che appresso in forma di novena si pongono per la traslazione della medesima Santa casa seguita alli dieci Decembre di tanta solennità nella Marca, procurando inoltre la prattica delle Virtù, che si accennano, e così, quantunque lontano, quantunque limitato nei Chiostri, ò per qualunque altro capo impedito, farete in spirito, e con un frutto parimenti a venerare quel Santissimo luogo ogni anno, anzi ogni settimana, qualora vi piacesse in tutti i sabati rinovare se non l’intera Novena, i colloqui almeno della medesima: E per non credere superflui questi ossequi, basta riflettere, che sono ordinati a Maria la quale se tutto da tutti si merita, molto più di tutto si merita dalla sua amatissima ed obbligatissima provincia picena. Ecco il viaggio lauretano: facciamolo di buon grado, come possiamo dalle nostre abitazioni a gloria di Dio, mentre Dio lo ho fatto fino dal Cielo per nostro bene.

J. M. J.

Actiones nostras quaesumus Domine aspirando praeveni,  et adiuvando prosequere, ut concta nostra oratio, et operatio a te semper incipiat, et per te caepta finiatur. Per Cjristum etc.

PRIMA GIORNATA

           Venerata da tutti sempre sia

La Casa di Gesù, di Giuseppe e di Maria.

Santissima divina Casa: Restiamo Noi ammirati, che l’Altissimo Iddio scegliesse voi per Abitazione qui in terra non solo di Maria, e di Giuseppe, che pur furono in essa li più incliti Personaggi, ma dall’istesso suo Unigenito. Mancavano forse Palagi sontuosi o magnifiche Regie? Nò certamente. E quando avesse Egli voluto, non poteva in un  tratto come il Cielo, e la Terra, così parimenti formare un sì maestoso, nobile, ricco soggiorno, che pare non fosse in tutto il Mondo? Poteva: qual dubbio? Eppure di voi si contentò: elesse voi angusta, rozza, semplice itanza per l’amato suo Figlio. Vi adoriamo pertanto con riverenza profonda, e: per degnamente visitarvi bramiamo esser vestiti con la virtù santa dell’umiltà con l’intercessione di Maria: Ave Maria Gloria Patri etc.

AVVISO

L’umiltà è così grata a Dio, che per essa più, che per le altre virtù si scelse per Madre la Vergine, anzi quando ci fosse stata Donzella di lei più umile al mondo, queste Dio ci sarebbe scelta per Madre, ed in tutti la vuole sì fattamente in qualche grado, che senza di essa non ammette dei veruno in Paradiso. Noi adesso la praticaremo con assoggettarci più che potremo alla Maestà divina, e riputarci indegni, di avere l’ingresso in un luogo santificato dalla presenza Reale di un Dio Umanato, dagli Angioli, e da primi Santi del Mondo.

SECONDA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da veri Cattolici noi fermamente crediamo essere in voi comparso in sembianza di paraninfo

 celeste l’Arcangelo Gabriello a spiegare: l’ineffabile grande ambasciata a Maria, e: che Maria desse con pari umiltà, e rassegnazione dell’assenso richiesto al divin beneplacito; onde per opera dello Spirito Santo venne Ella subito a concepire nel verginale suo seno in forma di Bambinello il Salvatore del Mondo Gesù. Meraviglia codesta la più stupenda, che mai potesse avvenire su tutto il Creato: eppure accaduta ella è certamente dentro le vostre fortunate pareti. Vi adoriamo però con l’ossequio maggiore a voi dovuto, e per degnamente visitarvi desideriamo essere vestiti della santa virtù della liberalità con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria Patri etc,

AVVISO

La liberalità è tutta propria di Dio, il quale non contento di dare le cose sue volle dare ancora se stesso nell’Eucaristia, della Croce, nell’adorata  Casa. Noi praticheremo questa virtù con dare qualche sussidio a Poveretti, ne quali tanto si compiace il nostro Dio di essere sovvenuto.

TERZA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima divina Casa: E’ vero sì, che Gesù nostro Bene in voi dimorò da piccolo, in voi dimorò la grande ora facendovi orazione, pigliandovi ora breve riposo, trattandovi or con Giuseppe, or con Maria, ed ora con ambedue insieme dolcemente conversandovi. Voi dunque il luogo da Gesù co’ passi, da Gesù co’ si guardi, da Gesù co’ discorsi, da Gesù con gli affetti, da Gesù con le opere, da Gesù in tutte le guise santificato. Sì voi siete, e però con tutto rispetto vi adoriamo: bramando per visitarvi degnamente essere adorni della virtù santa della Purità con l’intercessione di Maria: Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

   La Purità sì bella comparve a gli occhi purissimi di Gesù, che laddove reiterate tentazioni sostenne contro delle altre virtù, contro di questa neppure unavolle sentirne, non già perché non avesse cuore da vincerla, ma per mostrare maggiormente quanto una tale virtù fosse a lui cara. E sì cara fu anche a Maria, che prima di perderla avrebbe rinunziato di essere madre di Dio. Noi qual giglio custodiamola da discorsi, da sguardi, dagl’Oggetti, e bellezze, che la possono offendere.

QUARTA GIORNATA

Venerata etc

Santissima Divina Casa: Siete voi quella, da cui la Reina stessa dei Cieli al termine prezioso venuta de giorni suoi coll’ammirabile prodigioso intervento di tutto il Collegio Apostolico, col pieno corteggio degli Angioli, Arcangioli, e Serafini dalle mani di Gesù ricevuto il sagro Viatico non frà pene di morte, bensì frà gaudi di vita trionfante al Cielo se ne volò: Bel treatro pertanto,, bel teatro di meraviglie, che sempre più voi ci compartite. Riverenti vi adoriamo, e per degnamente visitarvi, la virtù della santa astinenza per mezzo di Maria cerchiamo. Ave Maria etc, Gloria etc.

A V V I S O

L’astinenza o quanto conviene a chi visita la Santa Casa: Ben lo insegno co’ fatti il Re di Francia S. Lodovico. Questi in pane, e di acqua, e con irsuto cilicio al fianchi venerò quel sacro Luogo. Noi guardiamoci almeno dal mangiare, bere, e dormire soverchiamente, sicché non restiamo impediti dal far bene le nostre divozioni con mente raccolta a Dio.

QUINTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi si sciolsero da legami del Corpo dei due bell’Alme del

Patriarca S. Gioacchino, e della gloriosa Madre S. Anna; né queste solamente, ma l’Anima grande altresì dal gloriosissimo S. Giuseppe, assistito da Maria, da Gesù medesimo con privilegio singolare nelle sue più dolci agonie. Or mentre questi gran Santi in voi morirono, vi chiameremo felicissimo termine poi che principio di eterna vita, ne manchiamo adorarvi divotamente, e per degnamente visitarvi la virtù della Carità fraterna con l’intercessione di Maria sempre Vergine imploriamo. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La carità fraterna e la vera livrea del Cristiano. Chi non l’à, non è seguace di Gesù Cristo, né da lui amato, anzi odiato, e quanto. Noi vediamo amare i nostri Prossimi adesso piùcchemai rallegrandoci del loro bene, godendo dei loro comodi, scusando ogni loro difetto.

SESTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi gli Apostoli Santi, udite lezioni le più alte, e sublimi della nostra Religione, allorché venivano da Maria loro maestra addottrinati, in voi ergono Altare, inalberano Croce, e collocatevi le Statue di Gesù, e di Maria, quali ora si vedono, vi consagrano Chiesa, e pieni di Spirito sovrumano al Altissimo il tremendo Sagrificio vi offeriscono. O Tempio incomparabile. Noi attoniti vi adoriamo, e per visitarvi col dovuto riguardo, bramiamo essere vestiti della virtù della Pazienza con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La pazienza deve essere molto cara ad ognuno, mentre è pur vero come dicono i Sacri Teologi, che chi non l’à, o non à la grazia di Dio; o sta per perderla. E poi quella S. Cassetta fu ripiena di pazienza: tutta pazienza in Gesù: tutta pazienza in Maria: tutta pazienza in Giuseppe. Noi pratichiamola negli incomodi della strada, negli alloggi, colli  Compagni e sin con noi stessi dolcemente soffrendo i propri difetti, finché restino con divino aiuto emendati.

SETTIMA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: sete pur voi quella, in cui parlano i Muti, odono i Sordi, vedono i Ciechi, risanano Infermi, salvi compariscono i Sommersi nell’acqua, i condotti al Patibolo i Trucidati dal ferro: Ecco fra questi un Sacerdote, che fino dalla Dalmazia col proprio cuore in su le mani, da Barbari cavatogli in odio di Maria travalica il Mare, approda al  lido, giunge a voi, e quello stesso cuore deposita in mano dei vostri Ministri, da cui ricevuti poscia i Santissimi Sacramenti, l’anima sua spira felicemente. Una miniera de’ più strepitosi prodigi: ecco noi pertanto, che rispettose vi adoriamo, e per visitarvi colla maggiore di divozione possibile il fervore Santo di Spirito sospiriamo di ottenere per mezzo della Madre nostra Maria. Ave Maria etc, Gloria etc,

AVVISO

Il Fervore di Spirito o quanto è necessario per salvarsi. Quel Servo Vangelico, il quale ne fù privo, restò condannato dal suo Padrone all’Inferno. La Sacra Famiglia non stette mai neppure un momento in ozio dentro quella Santa Casetta sempre in opera. Attenti dunque Noi a non rallentarci nel divino servizio: Prontezza sempre alla Messa, all’orazione, all’obbedienza.

OTTAVA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da voi quasi da ciel benefico abbondante pioggia di grazie discende sopra la terra de cuori umani, onde questi se impietriti si ammolliscono , se sterili, e infruttuosi danno copiose frutta di sante operazioni. Intimo a voi, entro di Voi sì mutansi i malvagi Buoni, i Buoni i migliori, e questi in ottimi si riducono, mercé a que’ lumi celesti, a quegl’impulsi sovrani, ch’Essi occultamente ricevono: Bisogna ben confessarla. Da voi parte è arricchito quanto vuole chiunque vuole di spirituali tesori: Eccoci pertanto vostri adulatori ossequiosi, e per visitarvi con la virtù santa della Pietà, ricordiamo, perché ce l’ottenchi, a Maria. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

La Pietà suole abbracciare ogni virtù, e ogni virtù si richiede nel Cristiano: Col nome di Santi sì, col nome di Santi erano tutti chiamati i Cristiani, perché tutti vivevano con rara integrità di costumi anticamente: Noi procuriamola con rinnovare spesso il dolor de’ nostri peccati, e con proponimento d’una vita migliore.

NONA GIORNATA

Venerata etc,

Santissima Divina Casa: Pur voi sete, cui la maestà suprema, che tutto legge che governa in vedendo con suo dispiacere mento mancata la venerazione dovuta, se ci sì colla sua potenza, che spedisca dalle proprie fondamenta, ed in aria per mano d’Angioli trasportata sin dalla Palestina alla Dalmazia, pigliaste quivi, dirò così, breve riposo nel volo di due mila, e più miglia, e poi nella Provincia della Marca l’anno 1694 a 10 di Decembre circa le 10 ore, per quello osservarono i vigilanti Pastori, veniste a posarvi, quasi fin ad ora dicendo: Sic in Sion firmata sum. O portento inaudito! E con questo la Provvidenza nel grembo della Chiesa pone il piccolo Santuario, perché non resti più venerato, quando à lasciato l’altro magnifico del Santo Sepolcro in potere degli Infedeli, e l’altro sì famoso del Re Salomone abbandonò totalmente alle rovine. Noi pertanto qui rinoviamo le nostre adorazioni: ma per visitarvi degnamente, chi ci otterrà il Manto bello della Carità divina? Ricorriamo pure a Maria: Ave Maria etc. Gloria etc,

AVVISO

La carità divina introduce nel Paradiso: la carità divina introduca nella Santa Casetta: Da leggerissima colpa restò impedito Mosè perché non entrasse nella terra di promissione. Mondiamo l’anima nostra da qualunque macchia con una sincera confessione. Tronchiamo ogni affetto al peccato, a Dio uniamoci tutti con un Santo Amore, e pieni di confidenza entriamo pure nel Santuario.

INNO

   Il Figlio dell’Eterno

dall’abitazione sovrana

qual masso che si stacca

da lunga tramontana

qui balza e di unisce

entrambe le Città.

   Sempre le laudi echeggia

l’alta abitazione dei Santi

all’Uno e Trino scioglie

melodiosi canti:

lodiamo con i celesti

l’augusta Maestà.

   Signore le nostre chiese

irradia di splendore

qui accogli invocato

i voti di ogni cuore.

La pioggia delle grazie

tu manda quaggiù

   i tuoi devoti servi

che ivi ti pregano umili,

esultino di gioia

per i doni conseguiti

finché dal mortale sciolti

non siedono Lassù.

Entreremo nel suo tabernacolo. Adoreremo  il luogo dove stettero i suoi piedi. PREGHIAMO. O Dio, che hai voluto che, all’annuncio dell’Angelo, il tuo Verbo

prendesse carne nel seno della beata Vergine Maria: concedi a noi  tuoi supplici che, come crediamo lei vera Madre di Dio, così siamo aiutati presso di Te dalla sua intercessione.

IL GIORNO DELLA FESTA

Colloqui alla Santissima Vergine.

P R I M O

Eccoci senza merito, anzi con positivo demerito per le sconoscenze, tante, e tante colpe commesse: Eccoci a Dio piacesse delle virtù per vostro mezzo richieste, e non più tosto di qualche vizio contrario ricoperti: conoscenze, tante, e tante colpe commesse: ma comunque siamo; eccoci eppure vostra mercé, o grande regina del cielo, e della terra, se non colla persona, coll’affetto almeno (così nella visita spirituale, poiché nella personale dovrà dirsi coll’affetto, con la persona) eccoci sì nella vostra Casa.

   O Casa veramente Divina!

O Albergo di santità, e Paradiso piucche terrestre!! O celeste Maggione! Felice pavimento! Sassi preziosi! Pareti avventurate! Felicissimo tetto! Vi adoriamo con viva fede, con tenerezza vi baciamo, e da questi a voi torna il nostro cuore, o gran Signore, per ringraziarvi, come intendiamo fare di dono così eccelso, che dispensare gli piacque alla nostra Europa, alla nostra Italia, alla Provincia nostra, perché la godessimo da vicino, mentre da lungi non sarebbe stato così: Ah! che rimasta nell’oriente la vostra abitazione chi avrebbe di noi attraversate pianure? chi varcati Mari? chi fatto spese? chi sofferti incomodi? chi patiti disastri? e superate le difficoltà, per mirarla finalmente una volta? Ahi che tanto non sarebbe noi riuscito, quando qui adesso la visitiamo a nostro piacere, e come nostra la possediamo:

   Dove però giungeranno mai gli nostri ringraziamenti a bastantemente corrispondere alla nostra somma, è verso di noi parzialissima Beneficenza? A nome nostro dunque vi ringrazino i Giusti della Terra i Santi del Cielo, gli Angioli tutti del paradiso: Ognuno de’ Beati Comprensori vi dia eterna ella udì, eterne benedizioni, eterna gloria Amen Salve Regina etc.

SECONDO

Eccoci, o gran Signore dell’Universo: tanto più attoniti, quanto più ripensiamo al dono singolarissimo, che da voi che è stato fatto. Il darci questa veneratissima Casa fù come un dichiararvi nostra sovrananissima concittadina, e rendere noi nello stesso tempo vostri confidenti Vassalli. Alle Spagne pertanto piucché a noi piucché a noi alla Francia, alla Polonia, a Roma doveasi Ella concedere, ma piucché a Roma alla Polonia, alla Francia, alle Spagne, piucché a verun’altro l’avete conceduta a noi, quando che noi stessi non avriamo avuto tanto ardire di domandarla, non che speranza di ottenerla.

    Quindi è, che era sì raro privilegio tanto più esaltati, e favoriti, e distinti riconoscendoci, quanto più immeritevoli ce ne ravvisiamo tutti lingua nel Cuore, tutti Cuor nella lingua: benedetta, esclamiamo, benedetta l’ora, e ‘l momento, in cui di simil dono ci arricchiste: benedetti i giorni, anni, e  Secoli tutti, ne’ quali de ‘l conservasse il benedetto anche l’esemplarissimo  Clero, che qui salmeggia. Gli Ordini Religiosissimi, che qui assistono, i Popoli di voti che quà concorrano, ed oh! Possibile cosa fosse alle nostre forze, come a desideri nostri il chiamare quà tutto il Mondo, e dirgli: In questa stanza ha principiato la tua Redenzione, qui il Verbo si fece Uomo, qui abitò tra di noi il mortale qui Verbum caro factum est, etc. abitavi in nobis. Adorala dunque  divotamente per così mostrarti grato all’Autore del beneficio ineffabile.

   Le Gemme, poi gli Ori, gli Argenti, le Pitture, le Statue, il Tempio, che la circonda, tutto è nobile, se tutto è raro, e

prezioso: parendo in lei non si possa aggiungere di più: ma di più senz’altro ci bramiamo, finché la venerazione, e culto vada sempre crescendo nella vostra Casa, in cui si avanzino pur sempre ne Fedeli i meriti, le virtù, la grazia di Dio. Amen. Salve Regina etc.

TERZO

Eccoci, o degna Madre di Dio, eccoci ammirati più che mai della vostra sovrana bontà. Sarebbe questa veramente sembrata rara, ed ammirabile, quando solo per pochi giorni aveste fra noi depositata la vostra Reggia: ma quanto più stupenda Ella dovrà sembrare, essendovi compiaciuta di farcela godere lo spazio bello lungo di quattrocento, e più anni: Sommi Pontefici, Imperatori, Re e Regine, Principi, illustri Uomini di gran santità Popoli quà concorsi mai non vi pregarono a trasferirla ne loro, benché Rinomati Paesi: ma qui costante la ritenete con la speranza di non volerla giammai rimuovere da noi, quanto per collocarla fra le nostre Contrade, la spiccaste amorosa dai luoghi si’ Rimoti e lontani: questa grazia però dimandiamo con vivo cuore: questo imploriamo con supplichevoli istanze: di posseder  sempre nell’avvenire la vostra S. Abitazione: le visite poi, che in essa abbiam fatto, facciam di presente, e faremo in appresso, a Dio piacendo quella in premio ci rechino felice visita, la quale,  ed oh se presto bramiamo fare alla Madre vostra in Cielo.

   Speriamo dopo tante cortesi accoglienze nella Terrena Casa, riportate da voi parimenti una goderne costassù nel celeste Trono, da cui  preferentemente e a capo chino, con mani gionte, con umiltà di ossequio, per sicura caparra di quanto vi abbiamo chiesto imploriamo la S. Benedizione per noi, per i nostri Domestici, per la nostra Provincia, per l’Italia, pel mondo tutto, perché tutto il mondo se tanto può riuscire, venga dopo avervi onorata qui in Terra ad adorarvi benedirvi, e ringraziarvi per sempre nel Paradiso a gloria perpetua del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. Anen. Salve Regina, etc.

KIRIE ELEISON

L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed Ella concepì per opera dello Spirito Santo.

PREGHIAMO

Infondi nel nostro spirito la grazia, o Padre; tu che nell’annuncio dell’Angelo ci hai rivelato l’incarnazione di Cristo tuo Figlio, per la sua passione e la sua Croce guidaci alla gloria della Risurrezione. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.

Documenti per recitare con più divozione le sopradette orazioni, che sono l’indulgenze, che uno acquista coMe siegue, cioè

   Per l’Ave Maria sessanta giorni, concedutida Giovanni XXII, e da Urbano IV. per la Salve Regina giorni quaranta: giorni venti chinandosi il capo a Santissimo nomi di Gesù, e di Maria: trenta al Gloria Patri, inchinandosi parimenti il capo, conceduti pure da Giovanni XXII, giorni duecento per le Litanie conceduti da Pio V.

ANDATA ALLA S. CASA

Andiamo tutti andiamo

Alla Casetta pia

Di Gesù, e di Maria

      E di Giuseppe.

Quella già fù recata

Con celeste armonìa

Dalla pingue Sorìa

      Qua nel Piceno.

                                                   Andiamo

Mentre volò per l’aria

Non si agitò pur fronda

Non si turbò pur onda

      Il tutto il Mare.

                                                   Andiamo

Di notte il vasto Cielo

Sparse lucente albore,

D’insolito chiarore

      In sù la Terra.

                                                   Andiamo

Al vicin comparire

Il fido Pastorello

Accompagnò l’Augello

      Con sue note.

                                                      Andiamo                                                   

Fuggir il Lupo, e l’Orso

Si calmò la tempesta,

E la guerra funesta

      In pace tacque.

                                                      Andiamo

Quindi del Mondo intero

Se Iddio vive sdegnato,

Diventa ben placato

      In quella stanza.

                                                         Andiamo

Ivi l’Eterno Figlio,

Che preso in seno al Padre,

Vacque dalla gran Madre

      Umano frutto.

                                                           Andiamo

Con umiltà superna

In quel stretto contorno

Fece lungo soggiorno

      Il Creatore.

                                                            Andiamo

Mirate se obbedisce

Con tutto il suo potere

Di Giuseppe al volere

      E di Maria.

                                                              Andiamo

Quel, che provede al tutto,

Di faticar non sdegna:

E tutto ci si impegna

      In ogni tempo.

                                                              Andiamo

Ma più farà per noi,

Allorché sulla Croce

Ci sosterrà l’atroce,

      E dura morte.

                                                              Andiamo

Travaglia ritirato

Pena, supplica, ed ora

Finché gli giunge l’ora

      Amata tanto.

                                                    Andiamo

O fortunato albergo

Sei pure il Paradiso,

Che l’adorato viso

      In seno chiudi.

                                                     Andiamo

Dalle superne sfere

Il Messagger cortese

Te felice discese

      A visitare.

                                                      Andiamo

il buon vecchio Giuseppe,

 La vergine sua Sposa

Ebbero in te festosa,

      E molta pace.

                                                      Andiamo

Quindi tanti Santi

Con passi frettolosi

Vennero a Te pietosi

      Con grave stento.

                                                      Andiamo

Co’ porporati Padri

Il successor di Piero

Umile  senza impero

      In Te si flette.

                                                       Andiamo

per te li Re fedeli,

Per te colle vicine

Le rimote Regine

      Varcaron l’onde.

                                                        Andiamo

Albergo benedetto

Quanto sei ricco, e quanto

Oltrepassi nel vanto

      Argento, ed Oro.

                                                         Andiamo

Ma ogni grande ricchezza

Vince nel molto pregio

Con qualunque alto fregio

      Un selce solo.

                                                          Andiamo

Ascolta, mondo, ascolta

Da quella rozza pietra

Sorgono a chi l’impetra

      Immensi beni.

                                                            Andiamo

Venite Peccatori

Piangerete il reato:

E vi sarà purgato

      Da nera macchia.

                                                      Andiamo

Venite senza tema

O forsennati amanti

A disciorre gl’incanti

      E falsi amori

                                                       Andiamo

Venite Potentati,

E dispregiar Palagi,

E rifiutar tant’agi

      Apprenderete.

                                                      Andiamo

Venite Poverelli

Le vostre pene ingrate

Saranno sollevate

      In un momento.

                                                        Andiamo

Venite Traviati,

 Per aver lume in mente,

E vedere chiaramente

      Quanto erriate.

                                                        Andiamo

Infedeli, e Fedeli

Tutti venite insieme

A prender della speme

      Accesa, e pura.

                                                        Andiamo

Sù, sù da Battro a Tile

Venite Genti à stuolo

E l’uno, e l’altro Polo

      Vi accompagni.

                                                        Andiamo

A quella Santa Casa

Con fede e di umiltade

Con bontà, e caritade

      Andiamo allegri.

                                                        Andiamo

O Casa bella, e quando

Ti mirerò felice?

Ma  l’occhio già mi dice:

      Ecco la vedi?

                                                        Andiamo

Benché lungi ti miri

Albergo mio divino,

Ti venero,  t’inchino,

      E ancor ti adoro.

                                                             Andiamo

Voci non più di suono

Voci solo di affetto

Eschino dal mio petto

      Eternamente.

                                                           Andiamo

Eschino con tale forza,

Che giunto a quella Soglia

Lasci frale spoglia

      E in pace moja.

                                                           Andiamo

DIMORA NELLA SANTA CASA

Questa, non convenendo il canto, come per la strada potrà farsi la meditazione sopra qualche mistero dell’Incarnazione ovveramente recitarsi i colloqui, della festa, ma più col cuore, che con la lingua, ma per la strada si potrà anche fare l’intiera Novena.

PARTENZA

Soggiorno mio gradito

Nella Casetta pia

Di Gesù di Maria,

      E di Giuseppe.

Non volle Idio non volle

Sprigionare quest’alma

E rapire la salma

      A questa vita.

                                                 Soggiorno

Diego sono ed entra i

Pellegrino fortunato

Nel soggiorno beato,

      E benedetto.

                                                  Soggiorno

Tornai lieto più volte

A rinovar le entrate

Per me sempre più grate

      E più gioconde.

                                                    Soggiorno

Mille baci v’impressi,

Mille sospiri, e mille

Voti, e voci tranquille

      Ancor snodai.

                                                     Soggiorno

Eppur vivo son io:

Ma vivere sempre in quella:

Santa Casuccia bella

      Ah sì vorrei!

                                                    Soggiorno

Ma tanto a me non lice;

E già mi veggo astretto

Dal venerabile Tetto

      Or di partire.

                                                   Soggiorno

Partirò: ma che sento

E tutto in pena il cuore:

Esperimento dolore:

      E provo affanno.

                                                    Soggiorno

Parto: ma nel partire

Se inanti spingo il piede

Sdegnoso indietro riede

      E non si avanza.

                                                     Soggiorno

Indietro l’occhio torna

Ritorno io stesso, e dico,

Mio caro Albergo amico

      O da lasciarti?

                                                      Soggiorno

Ma lasciarti non voglio,

Anzi per starti appresso,

Dividerò me stesso:

      Il Cuore Ti dono.

                                                       Soggiorno

Con esso in te rimango

Perché lungi mi è dato,

Andare sconsolato

      Dal tuo tetto.

                                                       Soggiorno

E così ancor partendo

Resto con la migliore,

Parte, che questo amore

A te può dare.

                                                       Soggiorno

Laudi Spirituali, che sogliono cantarsi nelle Sacre Missioni.

ATTO DI CONTRIZIONE

Signore, e Padre amante

Mio Sommo Ben mio Dio

Perdono, ecco il cuor mio

      tutto contrito.

Con dolore infinito

Piango infinito errore

Per l’infinito amore

      che a voi porto.

Vorrei prima esser morto

Che avervi offeso Dio

Prima morir vogl’io

Che più peccare.

ALLA SANTISSIMA VERGINE

O Vergine purissima

Prega per noi Gesù

Figlio del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O vada Rosa mistica

Prega per noi Gesù

Roveto combustibile

Prega per noi Gesù

O luna piena, e lucida

Prega per noi Gesù

O Rocca inespugnabile

Prega per noi Gesù

Soccorso delli miseri

Prega per noi Gesù

O dolce Madre amabile

Prega per noi Gesù

Decoro dell’Empireo

Prega per noi Gesù

O fortezza invittissima

Prega per noi Gesù

Amore nella Triade

Prega per noi Gesù

O Giglio candidissimo

Prega per noi Gesù

Signora a tutti gl’Angioli

Prega per noi Gesù

O Gloria degl’Apostoli

Prega per noi Gesù

Corona delli Martiri

Prega per noi Gesù

O Eletto fior di Gerico

Prega per noi Gesù

Regina delle Vergini

Prega per noi Gesù

O specchio della grazia

Prega per noi Gesù

Tesoro della Gloria

Prega per noi Gesù

O Talamo castissimo

Prega per noi Gesù

soccorsi sono ne pericoli

Prega per noi Gesù

O stella chiara, e fulgida

Prega per noi Gesù

Trono del Sommo Artefice

Prega per noi Gesù

O Refugio dell’anime

Prega per noi Gesù

Sede del Re pacifico

Prega per noi Gesù

O Sposa del Paraclito

Prega per noi Gesù

Principio dell’Origine

Prega per noi Gesù

O degno Collo eburneo

Prega per noi Gesù

Conforto nelle lagrime

Prega per noi Gesù

O destra insuperabile

Prega per noi Gesù

Confusione del Tartaro

Prega per noi Gesù

O sen di dolce nettare

Prega per noi Gesù

Sorgente d’acqua limpida

Prega per noi Gesù

O cuore pietosissimo

Prega per noi Gesù

Maria Figlia di Davide

Prega per noi Gesù

LA SALVE REGINA

Dio ti salvi Regina

E Madre Universale

Per cui il favor si sale

      Al paradiso

Voi sete gioia, e riso

Di tutti i sconsolati

Di tutti i tribolati

Unica spreme.

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SACRO VIAGGIO

L  A  U  R  E  T  A  N  O

OVVERO

Modo facile per visitare tanto in

spirito, che in persona

L  A   S.   CASA

D I   L O R E T O

Diretto alle divote Compagnie, Famiglie, e Persone massimamente

Della Provincia della Marca,

P R O P O S T O

DA UN SACERDOTE INFIMO

DELL’ORATORIO

<Fioravanti Giuseppe>

E Dedicato

ALL’ETERNO PADRE

UNICO VERO BENE

CREATORE

Del tutto visibile, ed Invisibile.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

In Macerata, per gl’Eredi del Pannelli

Stampatori del S. Offizio (1749)

Con Lic. De’ Sup.

ALL’ETERNO PADRE

Per segno di gratitudine all’altissimo beneficio, che Voi, Eterno Padre, vi degnaste fare a me, quantunque indegnissimo nella Santa Casa di Nazaret, con vestire in essa per la mia salute l’Unigenito vostro Figlio di umana spoglia: io da quel poverello, che sono vi afferisco il presente Sacro Viaggio, già che solo riguarda con la venerazione di quel Santuario, come per ultimo fine la vostra gloria: Spero, che voi mirando non a guisa degli Uomini al dono, bensì all’anima del donatore, benignamente lo gradirete. Gradiretelo sì Mio Signore, e con la vostra Grazia movete  i Fedeli a piamente intraprenderlo. Fatene degno ancora me, che genuflesso di prego a rimirarmi sempre con occhio da Padre, quantunque sia, quale ora per tutta l’eternità mi confesso:    D.D. M. V.

             Sant’Elpidio li 2. Ottobre 1749

Il più Inutile, Ingrato, Indegno Servo

Giuseppe Antonio Fioravanti

A CHI LEGGE

In due modi può uno portarsi alla S, Casa di Loreto, in persona, ed in Spirito. Se voi, che leggete qui, bramate andare di persona con frutto, immaginandovi di andare alla Regia di una qualche Regina per inchinarla (mentre è pur  Regina grande Maria. Sua Regia è la S, Casa, ed in lei resta ossequiato la Vergine) colà vi portarete umile, modesto con scelti compagni, e divoti pensieri ora meditando, ora sa armeggiando, ora dicendo  corone, ora cantando, ora un qualche pio discorso intramettendo, al che potrà giovarvi quanto più innanzi troverete esposto. Felice Voi, se vi andrete così! Certo, che riusciravvi non solamente brevi, giocondo il cammino, ma di sommo vantaggio perché Maria starà come sorridendo dal cielo, e preparando nella sua casa le grazie, che più verranno da voi bramate; e se qui con santa curiosità mi domandate con quali frequenza debassi visitare quel gran Santuario, rispondo così: Gesù nostra guida, e Maestro ogn’anno portavasi al Tempio di Gerosolima, ch’era il primario della Giudea. Principalissimo tempio della cristianità è la Casa alla lauretana, ed a quella con tutta la distanza di venti miglia si trasferiva ogni settimana il P. Luzio Brancadori dall’Oratorio di Fermo: Voi però andatevi quando più v’è permesso.

      Che se mai da qualche insuperabile difficoltà è a voi ritardato l’andare colà in persona, di grazia non mancate farlo in spirito tre con ogni affetto, e di mozione fatti o in pubblico, o in privato le sacre giornate, che appresso in forma di novena si pongono per la traslazione della medesima Santa casa seguita alli dieci Decembre di tanta solennità nella Marca, procurando inoltre la prattica delle Virtù, che si accennano, e così, quantunque lontano, quantunque limitato nei Chiostri, ò per qualunque altro capo impedito, farete in spirito, e con un frutto parimenti a venerare quel Santissimo luogo ogni anno, anzi ogni settimana, qualora vi piacesse in tutti i sabati rinovare se non l’intera Novena, i colloqui almeno della medesima: E per non credere superflui questi ossequi, basta riflettere, che sono ordinati a Maria la quale se tutto da tutti si merita, molto più di tutto si merita dalla sua amatissima ed obbligatissima provincia picena. Ecco il viaggio lauretano: facciamolo di buon grado, come possiamo dalle nostre abitazioni a gloria di Dio, mentre Dio lo ho fatto fino dal Cielo per nostro bene.

J. M. J.

Actiones nostras quaesumus Domine aspirando praeveni,  et adiuvando prosequere, ut concta nostra oratio, et operatio a te semper incipiat, et per te caepta finiatur. Per Cjristum etc.

PRIMA GIORNATA

           Venerata da tutti sempre sia

La Casa di Gesù, di Giuseppe e di Maria.

Santissima divina Casa: Restiamo Noi ammirati, che l’Altissimo Iddio scegliesse voi per Abitazione qui in terra non solo di Maria, e di Giuseppe, che pur furono in essa li più incliti Personaggi, ma dall’istesso suo Unigenito. Mancavano forse Palagi sontuosi o magnifiche Regie? Nò certamente. E quando avesse Egli voluto, non poteva in un  tratto come il Cielo, e la Terra, così parimenti formare un sì maestoso, nobile, ricco soggiorno, che pare non fosse in tutto il Mondo? Poteva: qual dubbio? Eppure di voi si contentò: elesse voi angusta, rozza, semplice itanza per l’amato suo Figlio. Vi adoriamo pertanto con riverenza profonda, e: per degnamente visitarvi bramiamo esser vestiti con la virtù santa dell’umiltà con l’intercessione di Maria: Ave Maria Gloria Patri etc.

AVVISO

L’umiltà è così grata a Dio, che per essa più, che per le altre virtù si scelse per Madre la Vergine, anzi quando ci fosse stata Donzella di lei più umile al mondo, queste Dio ci sarebbe scelta per Madre, ed in tutti la vuole sì fattamente in qualche grado, che senza di essa non ammette dei veruno in Paradiso. Noi adesso la praticaremo con assoggettarci più che potremo alla Maestà divina, e riputarci indegni, di avere l’ingresso in un luogo santificato dalla presenza Reale di un Dio Umanato, dagli Angioli, e da primi Santi del Mondo.

SECONDA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: Da veri Cattolici noi fermamente crediamo essere in voi comparso in sembianza di paraninfo

 celeste l’Arcangelo Gabriello a spiegare: l’ineffabile grande ambasciata a Maria, e: che Maria desse con pari umiltà, e rassegnazione dell’assenso richiesto al divin beneplacito; onde per opera dello Spirito Santo venne Ella subito a concepire nel verginale suo seno in forma di Bambinello il Salvatore del Mondo Gesù. Meraviglia codesta la più stupenda, che mai potesse avvenire su tutto il Creato: eppure accaduta ella è certamente dentro le vostre fortunate pareti. Vi adoriamo però con l’ossequio maggiore a voi dovuto, e per degnamente visitarvi desideriamo essere vestiti della santa virtù della liberalità con l’intercessione di Maria. Ave Maria etc. Gloria Patri etc,

AVVISO

La liberalità è tutta propria di Dio, il quale non contento di dare le cose sue volle dare ancora se stesso nell’Eucaristia, della Croce, nell’adorata  Casa. Noi praticheremo questa virtù con dare qualche sussidio a Poveretti, ne quali tanto si compiace il nostro Dio di essere sovvenuto.

TERZA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima divina Casa: E’ vero sì, che Gesù nostro Bene in voi dimorò da piccolo, in voi dimorò la grande ora facendovi orazione, pigliandovi ora breve riposo, trattandovi or con Giuseppe, or con Maria, ed ora con ambedue insieme dolcemente conversandovi. Voi dunque il luogo da Gesù co’ passi, da Gesù co’ si guardi, da Gesù co’ discorsi, da Gesù con gli affetti, da Gesù con le opere, da Gesù in tutte le guise santificato. Sì voi siete, e però con tutto rispetto vi adoriamo: bramando per visitarvi degnamente essere adorni della virtù santa della Purità con l’intercessione di Maria: Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO

   La Purità sì bella comparve a gli occhi purissimi di Gesù, che laddove reiterate tentazioni sostenne contro delle altre virtù, contro di questa neppure unavolle sentirne, non già perché non avesse cuore da vincerla, ma per mostrare maggiormente quanto una tale virtù fosse a lui cara. E sì cara fu anche a Maria, che prima di perderla avrebbe rinunziato di essere madre di Dio. Noi qual giglio custodiamola da discorsi, da sguardi, dagl’Oggetti, e bellezze, che la possono offendere.

QUARTA GIORNATA

Venerata etc

Santissima Divina Casa: Siete voi quella, da cui la Reina stessa dei Cieli al termine prezioso venuta de giorni suoi coll’ammirabile prodigioso intervento di tutto il Collegio Apostolico, col pieno corteggio degli Angioli, Arcangioli, e Serafini dalle mani di Gesù ricevuto il sagro Viatico non frà pene di morte, bensì frà gaudi di vita trionfante al Cielo se ne volò: Bel treatro pertanto,, bel teatro di meraviglie, che sempre più voi ci compartite. Riverenti vi adoriamo, e per degnamente visitarvi, la virtù della santa astinenza per mezzo di Maria cerchiamo. Ave Maria etc, Gloria etc.

A V V I S O

L’astinenza o quanto conviene a chi visita la Santa Casa: Ben lo insegno co’ fatti il Re di Francia S. Lodovico. Questi in pane, e di acqua, e con irsuto cilicio al fianchi venerò quel sacro Luogo. Noi guardiamoci almeno dal mangiare, bere, e dormire soverchiamente, sicché non restiamo impediti dal far bene le nostre divozioni con mente raccolta a Dio.

QUINTA GIORNATA

Venerata etc.

Santissima Divina Casa: In voi si sciolsero da legami del Corpo dei due bell’Alme del

Patriarca S. Gioacchino, e della gloriosa Madre S. Anna; né queste solamente, ma l’Anima grande altresì dal gloriosissimo S. Giuseppe, assistito da Maria, da Gesù medesimo con privilegio singolare nelle sue più dolci agonie. Or mentre questi gran Santi in voi morirono, vi chiameremo felicissimo termine poi che principio di eterna vita, ne manchiamo adorarvi divotamente, e per degnamente visitarvi la virtù della Carità fraterna con l’intercessione di Maria sempre Vergine imploriamo. Ave Maria etc. Gloria etc.

AVVISO