Fiore santo della Gioventù femminile marchigiana di Azione Cattolica Giorgina Lamponi

GIORGINA LAMPONI

     Sulle tracce di quella prima accolta di vergini, che l’ardente apostolato di santa Vittoria aveva riunito intorno a sé e che fiorivano come gigli, spandendo, in un ambiente saturo di paganesimo e di corruzione, l’olezzo delle più belle virtù cristiane, quante fanciulle, lungo i secoli, seguirono lo stesso luminoso cammino! Possiamo anche oggi additare dei fiori scelti che vissero il medesimo ideale, tra difficoltà e lotte non lievi e in un ambiente poco dissimile, quanto a fede e costume, da quello dei primi secoli del cristianesimo.

   Vicinissima a noi, cresciuta anzi in mezzo a noi, è Giorgina Lamponi, che aprì gli occhi alla vita il 14 Luglio 1921, nella terra benedetta dalle reliquie della martire santa Vittoria, e sullo stesso Colle Matenano passò i primi anni della sua infanzia.

   Intelligente, vivace, birichina, fu la delizia dei suoi. Le fotografie di quei primi anni ce fa mostrano graziosissima. Aveva lineamenti fini e delicati, carnagione del colore del giglio, suffusa di un roseo incarnato, occhi grandi e profondi, e una testolina adorna di riccioli castani. All’età di tre anni fu mandata all’asilo infantile ove apprese le prime nozioni di religione. Un giorno in cui la buona Suora fece alla sua piccola scolaresca il racconto della Passione di Gesù, Giorgina ne rimase impressionata e commossa e fece dei generosi propositi, presto spazzati via dal pensiero dei suoi giuochi.

   E tra i giuochi non saranno mancati anche dei capriccetti, data la sua indole ardente. Una volta, per esempio, al cane che le aveva rotta la bambola, senza tanti complimenti tagliò un pezzo di coda.

   Aveva però un cuor d’oro, sensibilissimo, e bastava farle capire che una cosa non andava bene, per eccitare in Lei un pentimento sincero e profondo. Un’altra volta, essendosi permessa di canzonare una Suora alquanto deforme, appena le fu fatto notare che ciò era male, chiese perdono in ginocchio alla medesima, piangendo a calde lacrime: perdono che le fu accordato con un commosso abbraccio.  E la bambina non ricadde più in quel difetto, come più tardi ricordò Lei stessa.

   A sei anni, fu allietata dalla comparsa di un bel fratellino che amò con tanta tenerezza. Ma Peppino, a sei anni soltanto, con sulle labbra il nome della sorellina amata, volò al cielo lasciandola immersa in un dolore così profondo da farla ammalare.

   Aveva circa otto anni quando la sua famiglia lasciò il comune di Santa Vittoria in Matenano per cominciare una serie di peregrinazioni che la portarono in diversi luoghi, quasi per tutto il corso della sua breve esistenza. Nella prima tappa si trovò ad abitare in una villa vicino al mare, poco lontana da Falconara: vita di spiaggia, tra i gaudenti amici di famiglia, tra pericoli e insidie senza numero. E il mondo dopo qualche tempo cominciò ad annidarsi in quel piccolo cuore innocente.

   Più tardi, quando la luce della grazia divina ebbe investito dei suoi celesti fulgori la sua mente, Giorgina ricordando quel periodo così scrisse: «Trascorrevamo il tempo sulla spiaggia; quanti cattivi esempi ho visti! quanti discorsi e parole oscene ho sentito!» E fu così che a dieci anni, quel brutto mondo assediò il mio piccolo cuore, tenuto fino allora puro nell’innocenza. «Conobbi delle amiche; con esse cominciai a frequentare i Teatri; molto mi piaceva il Cinema ed ogni volta che i miei mi proibivano di andarvi, piangevo lungamente e credevo – quant’ero cieca! – che quello fosse un dispiacere incomparabile. Leggevo spesso dei romanzi, ignorando qual terribile veleno possedessero. Tutti i divertimenti mondani erano i miei; però nonostante questo, non ero mai felice e sentivo nel mio interno un vuoto immenso. Oh! se avessi conosciuto Gesù, quanto sarei stata più felice!» La penosa conclusione di Giorgina, pare faccia eco alla grande asserzione di S. Agostino: “Ci hai fatti per Te o Signore, ed il nostro cuore è inquieto finché non si riposi in Te!”.

   Ma il buon Dio, che vegliava con amore su quest’anima da Lui prediletta, l’allontanò ben presto da quell’atmosfera pestifera e la condusse in un ambiente più sano, più tranquillo, ove l’anima sua, dopo il primo disorientamento, si aprì qual fiore per accogliere la celeste rugiada della grazia.

   Nel 1932 Giorgina con la sua famiglia si trasferì in Ancona, e nella Parrocchia di San Pellegrino, l’11 dicembre dello stesso anno, s’iscrisse quale Beniamina, tra le file della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. Fu sempre assidua alle adunanze e attentissima a ciò che la Delegata insegnava. Fin dalle prime volte che frequentò l’Associazione, si notò in Lei un cambiamento. Era più raccolta, più grave nel suo contegno, più mite e paziente e il suo esterno recava l’impronta soave della pace che godeva il suo piccolo cuore. Era perciò amata dalla sua Delegata con vera predilezione per la sua ingenua bontà e semplicità. In questa scuola di alta spiritualità fece la sua preparazione remota alla sua prima Comunione e il 4 Giugno insieme alla sorellina Maria ricevette Gesù per la prima volta. Così ricordava in seguito questo giorno di paradiso.

   “Il nostro Parroco ci preparò con otto giorni di spirituali Esercizi e i il 4 Giugno ricevemmo Gesù nel nostro cuore. La gioia che provai non saprei descriverla, Gesù nel mio cuore vi portò tanta pace e tranquillità, mi pareva di essere mutata. Sentivo Gesù vicino ed ero tanto felice”.

   Ma questa primavera di sole e di luce non durò molto, perché fu nuovamente allontanata da quello ambiente religioso, ed altre nubi si addensarono sul cielo dell’anima sua. Per continuare la classe Seconda Magistrale, fu mandata ad Ascoli, in pensione presso una famiglia; poi, a causa della sua malferma salute, le fu ordinato di lasciare la scuola completamente.

   Si trasferì allora con la famiglia nella piccola borgata di Roccafluvione. Qui con altre signorine manifestò il desiderio che si fondasse l’Associazione Giovanile di Azione Cattolica e presto con vero zelo di ‘Apostola’ vi riuscì. Venne nominata Delegata delle piccolissime.

   Tuttavia non era giunta ancora l’ora di Dio, e in mezzo a quest’oro vi era ancora della scoria. Nell’estate del 1934 fu mandata a Santa Vittoria in Matenano dalla nonna, ove essa ritrovò le sue amichette di una volta con le quali ritornò ad essere frivola e leggera. Si lasciò prendere di nuovo dalle vanità, dalla mania di appassionarsi per le varie dive del cinema, ed altre cose del genere, e poiché era veramente graziosa, amava farsi ammirare. In questo periodo le Madri Benedettine, aprirono una scuola di lavoro. Giorgina ne fu la prima allieva. Non fece però buon viso, né al nuovo ambiente, né alle Monache. Sentiva qualche cosa fra il disprezzo e la commiserazione per il loro genere di vita, e non lo nascondeva. Né è a dire quanta pazienza lei facesse esercitare alla Maestra. Le cose trascorsero così fino alla primavera dell’anno successivo, quando un giorno si presentò improvvisamente alla Maestra e, con un fare un po’ imbarazzato le confidò con la voce rotta dalla commozione che … sentiva tanto vuoto nel cuore…. e poiché il mondo non la faceva felice… desiderava lasciarlo definitivamente e farsi religiosa. Quel giorno segnò una svolta definitiva nel corso della sua vita.

   E si vide ben presto il profondo mutamento che lei operò nella sua condotta. Iniziò un lavorio continuo, minuto, generoso, per corrispondere alla divina predilezione e si donò tutta, senza mantenere alcun compromesso con il precedente modo di vivere. Comunione quotidiana, silenzio, raccoglimento, lettura del Vangelo e della vita dei Santi, abbigliamento modesto e serio, furono li frutto più immediato e la prova stessa del suo nuovo orientamento.

   Com’era da prevedersi, si scatenò la lotta in famiglia e da parte delle vecchie amicizie, ma Giorgina rimase salda e fedele ai propositi fatti, godendo anzi di poter meglio testimoniare così il suo amore al Signore. Scriveva infatti alla sua M. Maestra: “Sapesse come sono felice nel vedermi così disprezzata da tutti! Sì il mondo mi deride, mi tratta da pazza e davvero sono impazzita d’amore per Gesù; io sono tanto contenta perché so che Gesù mi ama ed Egli solo sa apprezzare il mio cuore. Vorrei essere nascosta a tutti, ignorata da tutti, per essere solo di Gesù”.   Era veramente crocifissa al mondo e il mondo a Lei crocifisso e poteva anche Lei esclamare con Gesù: “lo ho vinto il mondo”.

   Nei quasi quattro ultimi anni che passarono dalla primavera del 1935 alla data della sua morte, la sua vita interiore andò arricchendosi e approfondendosi con ritmo sempre più accelerato. Amò Dio al di sopra di tutto. A Lui consacrò la sua giovinezza fulgente di pietà e di candore col voto di castità e per mantenersi sempre più unita al Suo Cuore, concentrò tutte le energie.

   Giorgina si era offerta vittima al Signore per la conversione del Babbo e dei peccatori. Quando ancora stava bene e nulla faceva presagire il terribile male che presto avrebbe stroncato la sua giovane esistenza, Gesù volle renderla partecipe dei dolori della sua passione con sofferenze inesplicabili, perché duravano solo un giorno della settimana, cioè il venerdì. Queste sofferenze straordinarie cominciarono a manifestarsi nei venerdì della quaresima del 1935. Poi nel Giovedì Santo dello stesso anno un sogno le faceva comprendere la sua speciale vocazione alla riparazione per mezzo della sofferenza.

     La morte dei Babbo, avvenuta nell’ Ospedale di Pistoia il 27 novembre 1936, la riempie di profonda tristezza. A questa prova si aggiungeva il deperimento della sua salute: già, le facevano male le spalle, la febbre non l’abbandonava mai; una sinovite al ginocchio la fece per molto tempo zoppicare. E lei taceva e sorrideva sempre, felice che la sua offerta fosse stata accettata con tanto amore dal suo Dio.

     Sentiva alle volte le ripugnanze del male e generosamente le voleva superare. Rivolgendosi alla Maestra delle Novizie del Monastero delle Benedettine a Santa Vittoria, così si esprimeva: «Madre mia, a Lei non posso nascondere nulla; soffro e sento che il male mi consuma lentamente. Più i giorni passano e più mi sento distruggere. Mammina mia, se sapesse come sono felice! Quanto è buono Gesù! Lo ringrazi anche Lei, perché è tanto buono, generoso con la sua piccola figlia. Vorrei che nessuno si accorgesse che soffro, e del male che si va operando in me, perché tutti ne avrebbero compassione e non sarei più felice. Voglio soffrire sola, abbandonata da tutti e compresa solo da Gesù. Salirò al Calvario con più amore e la croce mi sembrerà più leggera.»

   Il male non diminuiva e nel venerdì santo del 1937 dopo le ore due pomeridiane ebbe una forte emottisi. Giorgina non solo non si impressionò, ma tutta raggiante di gioia ne comunicò la notizia alla Madre Maestra delle Benedettine: «Che felicità soffrire, versare sangue in un giorno in cui Gesù aveva versato per suo amore tutto il suo! Quale segno di divina predilezione!»

     Nel luglio del 1937 veniva portata a Montefortino per cambiare aria, ma mentre in un primo momento sembrava che quel fiore quasi appassito, riprendesse il primitivo vigore, dopo non molto tempo il male riprendeva tutta la sua forza. Le sue compagne per ragioni di prudenza si allontanavano; e dalle sue care Monache non riusciva più ad andare. Soltanto si trascinava faticosamente in Chiesa per la santa Comunione: così restava sola con la mamma e con Gesù.

   Al principio del 1938 retava a letto: il male continuava il suo corso e sembrava che si localizzasse nell’intestino, aumentando le sofferenze.

   Scrivendo alla sua Madrina di Cresima, signorina Rocchi, così si esprimeva: «Signorina cara, spesso guardo la sua fotografia e sento un po’ di nostalgia ripensando al tempo della mia infanzia che passai con Lei. Com’ era tutto bello allora! Non capivo la vita e i suoi dolori; e tutto mi rendeva felice. Ora invece tutto è cambiato e con la morte del mio caro Papà il dolore per la prima volta è entrato nel mio cuore e nonostante la mia poca età, comprendo benissimo che in questo mondo non si fa altro che soffrire e piangere. Non creda però che io sia triste e malinconica, no: sto allegra e mi fanno stare ancor più allegra le parole che disse. Gesù: «Beati coloro che piangono, perché saranno consolati».

     Nell’ ultimo periodo della malattia, alcune persone consigliarono la mamma di portare Giorgina a Roma all’ospedale Forlanini per tentare di salvare l’inferma dalla catastrofe che si prevedeva imminente. Al Forlanini non venne accettata, perché i medici la trovarono in fin di vita. La povera Mamma si trovò sola, senza neanche l’appoggio di quelle persone che in un primo momento si erano offerte per aiutarla. Finalmente riuscì a ricoverare la Giorgina nell’Ospedale presso S. Giovanni in Laterano.

   Chi può dire quanto abbia sofferto questa vittima, ormai sull’altare dell’immolazione, nel trovarsi sola in quella grande casa di dolore, tra persone a lei sconosciute, lei così timida, così riservata in tutto!

     In una cartolina scritta circa un mese dopo alla donna così dice: «Comincio ad abituarmi qui all’Ospedale, ma in principio vi ho molto sofferto. Sia fatta la volontà di Dio!». Poi pian piano si avvide che anche in quell’Ospedale, tutti Le volevano bene. Le compagne attratte dalla sua gentile bontà le si avvicinavano con affettuosa premura e le si mostravano cordialissime. Il suo lettino diveniva un centro di attrazione per tutte.

     Poco prima che morisse ebbe la fortuna di prendere parte al Pellegrinaggio ammalati per Loreto. Scrivendo alla cara nonna così si esprime: «Sono stata a Loreto e non ti posso dire le ore felici che vi ho passate. Ho chiesto la grazia alla Vergine santissima ed ora attendo se vuole farmela … Approfittava della sua permanenza a Loreto per acquistare con del denaro regalatole una corona di madreperla per lasciarla alla Mamma, quale ricordo del suo affetto e della sua gratitudine, perché sentiva che presto l’avrebbe lasciata per sempre.

     Gli ultimi momenti di questa preziosa esistenza ci vengono narrati da un Sacerdote, che l’assistette quale angelo consolatore: «Semplice, umile, modesta la sua presenza era appena notata in corsia, o meglio, era un centro ignoto a Lei stessa, d’attrazione in quanto non ci si poteva avvicinare al suo letto senza coglierne subito un sorriso, un inchino che ti scendeva al cuore; sorridere a tutti era un bisogno per l’anima sua, un segreto apostolato di bene nella casa del dolore».

     Quando si trattò di amministrarle l’estrema unzione ebbe un leggero istante di smarrimento: “Sono così grave?” mormorò… Si recitò il santo rosario. Le candide rose dell’Ave Maria si sfogliavano accanto al suo letto verginale in un profumo che era preludio del Paradiso. Rincuorata dalla Madonna s’accinse al Sacramento che ci consacra all’ultima lotta. Alla sua vita di silenzio e di nascondimento mancava un’ultima perla, l’abbandono totale delle creature: Dio, geloso di quell’anima Prediletta, glielo concesse. Ella stessa la sera prima della morte pregò la mamma a ritirarsi dalla corsia: «Mamma, va a casa, riposati, io sto bene così anche sola … ti ringrazio di tutto … va a riposarti, che ne hai tanto bisogno …» La Mamma, lusingata da un’apparente calma dell’inferma, se ne andò. Le compagne di corsia si ritirarono ai propri posti. L’infermiera, dopo l’ultimo giro di ispezione, non notando nulla di straordinario, credette bene lasciarla sola, pronta ad accorrere al minimo allarme.

     La voce dello Sposo fu dolce e silenziosa “Vieni „ cui fece eco un “Vengo, inteso solo dall’Angelo custode. Erano le due di notte. L’infermiera passando, ebbe l’impressione di contemplare il sonno di un angelo.

     Il ‘Padre spirituale’ che ha scritto quanto sopra definisce la vita breve di Giorgina così: “Niente di straordinario, la vita presa nella sua tremenda realtà vissuta nella sua interezza, alla luce di quel Dio, che un giorno ci deve giudicare; pazienza, silenzio, amore all’Eucarestia. Che Iddio mandi tante di queste anime a profumare questo mondo perverso!».

                                                                                                     Vincenzo Vagnoni

This entry was posted in Senza categoria and tagged . Bookmark the permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Gentilmente scrivi le lettere di questa immagine captcha nella casella di input

Perchè il commento venga inoltrato è necessario copiare i caratteri dell'immagine nel box qui sopra