Blasi Vittorio missionario

da Belmonte (1941)a Bujumbura, Burundi (2015)

VITTORIO BLASI DA BELMONTE PICENO

IN AFRICA PRESSO LE ETNIE DEL BURUNDI

2023 Memoria di amici per il

50°del suo arrivo in Burundi

.-. Il sogno: “PER LORO e CON LORO  verso la PASQUA PERENNE”

Blasi Vittorio sacerdote in Burundi dal 1973 inviava al Parroco dei Belmonte Piceno una foto con burundesi:

“Foto ricordo con i primi amici. Per loro vorremmo cominciare un cammino nuovo pieno di speranza, pieno di vita. Con loro vorremmo cercare il cammino arduo della liberazione, cammino della Pasqua perenne.”

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TRA GLI ITALIANI BENEMERITI

Missionario tra la gioventù del Burundi

Dal 1973 ha realizzato efficaci opere

aiutato dal bene dei benefattori

e oggi intercede con la Madonna

presso il Padre celeste per tutti

i fratelli in Cristo con sguardo d’amore

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Padre Vittorio Blasi di forte tempra morale ha svolto con grande cuore un’intensa attività missionaria. Nato a Belmonte Piceno il 13-4-1941, dopo l’istruzione primaria, con un bravo maestro, in seguito si è formato al ministero sacerdotale. Ha realizzato per quarant’anni l’attività missionaria quando è passato alla casa celeste del Padre il 24-12-2015, lasciando il duraturo ricordo di persona giusta che sempre vuole aiutare le persone, in particolare l’infanzia e la gioventù. Padre Vittorio si è coinvolto per quarant’anni in Burundi (Africa) con grande dedizione apostolica. Le sue spoglie mortali riposano nella tomba del clero nella città più popolosa, Bujumbura.

   Scrivo alcuni ricordi, dato che sono suo compaesano belmontese e lo ricordo pieno di passione nel formarsi al suo ministero, e soprattutto nel volere la formazione della gioventù con animo generoso e misericordioso, pieno di fiducia nell’azione dello Spirito di Dio. Ha frizzato la gioia, frutto dell’umiltà. Il padre Giusto e la mamma Elisa Malvatani erano una famiglia di agricoltori con i figli Vincenzo, Mario, Anastasia e il nostro Vittorio, tutti di schietta socialità con conoscenti, amici e sacerdoti.

   Ha fruito la prima formazione cristiana a Belmonte Piceno dove fu battezzato e orientato nella vita cristiana dal parroco don Ruffino Brunelli e dal giovane vicario don Mauro Natali che lo hanno accompagnato nella fede, nella speranza e nella carità cristiana con le devozioni particolari verso la santa Croce del Salvatore immolato e risorto e verso la Madonna delle grazie: devozioni queste che egli ha diffuso poi nel suo apostolato in Burundi. Tredicenne è entrato nel Seminario arcivescovile di Fermo ove suo fratello Mario frequentava già l’ultimo anno di ginnasio. Da ragazzo ha incontrato alcuni missionari saveriani che hanno aperto gli orizzonti universali, cattolici alla sua attenzione, arricchendo di esperienze la sua indole amichevole e intraprendente. Ventenne presso all’Istituto dei Saveriani a Parma, si è voluto preparare alla missione per evangelizzare.

   Con animo generoso e disinteressato ha risposto alla chiamata divina, convinto che i figli di Dio hanno la fratellanza che li rende liberi e felici, si è voluto donare, con il sorriso accogliente, con le braccia e mani aperte e con gli occhi desiderosi d’incontro, ad accompagnare i catecumeni alla rigenerazione nella vita divina e alleviare le sofferenze dei fratelli in Cristo con il conforto del mistero della Croce e con l’opera della Mamma delle grazie, Maria.

   Pregava e si lasciava plasmare da Gesù, illuminato dallo Spirito Santo. Nelle estati tornava tra i Belmontesi, e organizzava il campi-scuola in montagna. Raccontano con gioia i ragazzi di allora, oggi ultrasessantenni, quelle estati con P. Vittorio per la grande simpatia con cui coinvolgeva, ispirando tanta fiducia a tutti loro che lo seguivano volentieri nelle iniziative da condividere. Nell’esperienza dei campi scuola estivi in montagna tra i ragazzi Belmonte, il gioco era l’attività di formazione che dava il messaggio di rendere buoni i rapporti interpersonali.

   Consacrato sacerdote è stato mandato come formatore spagnolo dei Saveriani a Madrid fino al 1973. In obbedienza è andato poi in Burundi e vi è stato per un quarantennio, lasciando le sue spoglie mortali restate nel sepolcro del clero di Bujumbura.

Apprezzato per la sua personalità empatica coltivava relazioni fondate sulla fraternità spirituale serena, gioviale, dialogica. Nell’obbedienza ai superiori, per amore di Gesù, a favore delle anime, ha sempre vissuto con entusiasmo la missione della santa Chiesa. In Burundi si vivevano i tempi micidiali della guerra, delle stragi di adulti, dell’abbandono dei ragazzi. Le azioni militari, le ruberie, la chiusura del credito, hanno coinvolto padre Vittorio e i fedeli nel sentire il dovere di aiutare i più bisognosi contro lo sfruttamento e gli stupri.

   Ha esplicato il dono particolare di incoraggiare le persone all’incontro, grazie anche alla sua indole estroversa. Il Presidente della Repubblica del Burundi nel 1986 fece scacciare più di 490 missionari e volontari stranieri da questo Paese. P. Vittorio si pose sotto l’obbedienza del vescovo di Gitega, monsignor Joachim Ruhuna, tra il clero diocesano, ed eseguiva le scelte pastorali per cui ha ricostruito una Croce sopra la principale collina locale ed ha fatto costruire gli edifici della chiesa parrocchiale e del santuario mariano. Il Vescovo e il clero decisero anche di provvedere a dare un ospizio ai bambini ridotti senza famiglia a causa dei numerosissimi crimini militari. Il 9 settembre 1996 monsignor Ruhuna è stato martirizzato nella sua patria.

   Padre Vittorio si è recato a Bujumbura sotto la guida del Presidente della conferenza episcopale del Burundi. Qui ha seguitato a istruire, educare e formare alle professioni i ragazzi rimasti abbandonati. Ascoltava le confessioni nel sacramento della Riconciliazione in una stanza a lato della chiesa di San Michele e aiutava in particolare le donne, purtroppo violentate, ridotte in maternità che hanno voluto evitare gli aborti. Con una adeguata offerta di una famiglia di Matelica (MC) ha fatto costruire la “Casa della gioia Santa Rita di Cascia” dove la religiosa Sandra Caniana ha cominciato e seguita ad accogliere i neonati abbandonati per dar loro ogni sostentamento. Il missionario assiduamente ha sempre provveduto alle necessità materiali e spirituali per l’infanzia e per la gioventù, favorendo il loro miglior futuro, con il sostegno di un’Associazione appositamente creata, come poi si dirà. Il clero del Burundi, apprezzando questa sua opera, ha partecipato con più di cento preti al funerale di Padre Vittorio Blasi, presieduto dall’Arcivescovo, nella vigilia di Natale del 2015.

L’APOSTOLATO

   Padre Vittorio si è dedicato alle necessità emergenti. Non si affidava alle parole dei raffinati teologi, quando le ideologie andavano eclissandosi. Evitava i modi autoreferenziali per far attuare le forme comunitarie partecipate di incontro e di dialogo in sintonia con i segni di spiritualità laicale a cui egli dava a condividere, tra l’altro, l’opzione di dedicarsi alle persone più deboli. Ha incoraggiato a valorizzare le risorse umane burundesi, senza lasciarsi bloccale dalle difficoltà o dalle imperfezioni individuali che accettava e fronteggiava per favorire un sempre maggiore impulso al cammino fatto insieme per la realizzazione del regno di Dio.

   Nel donare se stesso senza risparmiarsi, condivideva gioie e dolori con particolari sensibilità per i piccoli che accoglieva con comprensione. Provvedeva al necessario con atti affettuosi. Pregava con loro e per loro assicurando che Gesù ama i piccoli e mai li abbandona, ma li fa accompagnare da sua madre Maria in ogni situazione pur difficile che sia. Rendeva con il suo sostegno i loro animi sereni e li alimentava di fede cristiana.

   La sua energia comunicativa evangelizzante era radicata nella schietta umiltà che non era rassegnazione, ma attenzione ai bisogni e ai problemi che egli condivideva per offrire una parola di conforto e di incoraggiamento secondo il Vangelo. Non rimarcava gli altrui difetti, usando comprensione per le inevitabili imperfezioni e, per rimedio, affidava tutti alla assidua preghiera idonea a purificare i cuori e a facilitare la pratica generosa delle opere buone. Dava un senso di bellezza interiore al vivere cristianamente.

   Mostrando il volto umanitario della Chiesa, accoglieva le vite disperse e talora spezzate. Nel voler salvare i minorenni abbandonati e le creature concepite da non far abortire, faceva affidamento sulla divina misericordia con ferma fiducia che questa procurasse i rimedi indispensabili. Il suo pregare: “O Gesù, pensaci tu, provvedi”. Per risonanza, chi è stato accanto a lui ha orientato la propria vita in senso altruistico. Nelle situazioni critiche non si scoraggiava coerentemente con il Vangelo, dando valore alla fiducia nel divino Spirito che rinnova la faccia della terra.

   Si riconosceva ‘servo inutile’, dopo aver fatto quanto poteva perché si considerava ministro di Dio non per procurare qualsivoglia vantaggio a se stesso, ma per gli altri e con gli altri sentiva in sé la bellezza di condividere insieme le gioie e i sacrifici nella comunità ecclesiale e civile. Lasciava ai laici gli spazi della loro propria azione ecclesiale, secondo lo spirito del Vaticano secondo, coinvolgendosi nei gruppi di ascolto, in particolare con le famiglie e con i collaboratori che egli chiamava per nome familiarmente e che si rendevano corresponsabili.

   Per le attività di cooperazione caritativa da realizzare in Burundi usava scrivere lettere ai conoscenti ed amici europei e comunicava a questi benefattori le esigenze di necessità per i ragazzi, e chiedeva di fare le adozioni ‘spirituali’ degli orfani.

   Quando tornava, seppure per un breve periodo di ferie, si recava ad incontrare i benefattori e portava il sorriso dei suoi assistiti con viva speranza per il loro futuro. Nel guardare la realtà con il cuore fiducioso e con lo sguardo limpido ha evitato l’inerzia debole o sfiduciata.

   La saggezza pedagogica ha fatto progredire l’attualità nell’agire secondo Dio nella ricerca della verità come fermento umile adatto a migliorare l’attuale società.

   Si è sempre considerato a servizio della Chiesa a tempo pieno con la volontà di attuare il ministero sacerdotale insieme con i confratelli. Ogni giorno ha celebrato la santa Messa e restava a disposizione per il sacramento della penitenza a chi si presentasse.

   Diffondeva la piena fiducia nella potenza della grazia del Redentore che sprigiona la luce e la grazia del regno di Dio ad opera del suo martirio sulla Croce e della sua resurrezione. Con tale certezza di fede superava le difficoltà. Ù

   Le sue celebrazioni festive favorivano un’atmosfera di gioiosa partecipazione per la fiducia nell’Amore misericordioso elargito senza limiti dal Figlio di Dio incarnatosi.

IL FUTURO CREATO INSIEME NELLA CHIESA

   Padre Vittorio considerava il Burundi come il giardino di Dio da coltivare e condivideva la missione educativa ecclesiale di guidare all’unione con Dio attraverso la preghiera. Le vicende di attualità facevano vibrare gli animi di trepidazione, di angoscia, di incertezze, di squilibrio, mentre le forti crisi devastavano le ideologie, le politiche, le tecniche, l’ecologia, le religioni e soltanto la preghiera poteva dare una prospettiva di salvezza.

   Le guerriglie continue imponevano traumi e ricordi dolorosi ed esigevano un orientamento formativo da svolgere verso la pace, la tolleranza, il perdono tra i cittadini.

   La povertà, le diseguaglianze, la cronica carenza dei necessari servizi scatenavano la facile rabbia delle persone e le violenze anche da parte dei militari. Padre Vittorio pregava e faceva pregare per la pace e la voleva praticare e sostenere assieme con gli animi disponibili.

   Nei disagi terribili delle uccisioni il suo dialogo sempre è stato manifestato come appello rivolto a tutti per la riconciliazione civica nell’ascolto reciproco e nel condividere le necessità del vivere insieme in modo che le energie interagissero e si integrassero nella prospettiva comune dello sviluppo.

   Le condivisioni comunitarie erano ispirate dalla misericordia con cui la gente poteva creare un sostegno reciproco. Con il sorriso ha trasmesso il Vangelo della gioiosa generosità con cui ciascuno echeggia la presenza di Dio provvidente. Prospettava il futuro con fiducia mentre si trepidava nello svolgersi di un mutamento epocale indotto dal liberismo selvaggio, e dal socialismo impositivo.

   Padre Vittorio non si è spaventato né ha giudicato la Chiesa mal ridotta a causa dei mali sociali o dall’egoismo finanziario, sicuro che Gesù è portatore della vera pace per tutti. Il missionario ha sempre donato fiducia alla vitalità dei sacramenti ecclesiali, nonostante il diffondersi delle diffidenze e delle indifferenze indotte dal relativismo e dal modernismo.

   Non si è lasciato catturare dalle facili innovazioni pubblicizzate. Avvertiva le difficili sfide e non ha pensato mai che si potesse tornare indietro, piuttosto si confidasse nella presenza divina che mai fa mancare la sua grazia nella Chiesa per rinnovare il mondo con il Vangelo del risorto.

   La Croce del redentore sempre resta donatrice della salvezza ed egli giudicava importante portare a tutti Gesù immolato e risorto, e tutti si avvicinassero a lui, pur tra le povertà e le mortalità inevitabili. Il riscatto era possibile, come frutto della santa Croce. Sarebbe un triste errore pensare che il futuro debba dipendere esclusivamente dalle superpotenze del mondo occidentale e orientale. La Croce emana sempre nuova luce.

   Praticava e chiamava a praticare la fraternità per rompere i muri delle separatezze e per creare e far creare i ‘ponti’ di accoglienza tra la gioventù in modo da aprire il cuore e la mente di interlocutori che promuovano la buona formazione umana, civica e cristiana nella semplicità e nella schiettezza. Egli prospettava la ricerca dell’unione tra le persone con serenità mediante l’ascolto dei desideri, delle aspirazioni altrui, in modo da trasfondere nei cuori la speranza fiduciosa che sempre viene garantita dall’amicizia con Dio.

   Nessuno pensasse di far tutto da solo, piuttosto guardasse ai più derelitti, alle persone bisognose per assicurare un comune futuro con fiducia negli altri. Padre Vittorio formava collaboratori che vincessero le differenze e si immedesimassero con i piccoli con la tenerezza e con la misericordia di Gesù. Il Vangelo restasse per tutti il rimedio nell’opera della Chiesa che è madre, maestra, salvatrice e che guida tutti nel camminare insieme, dando lo spirito di fraternità al mondo. In sinergia con il clero del Burundi e con i benefattori Padre Vittorio ha usato attenzione a non lasciare abbandonato nessun sofferente incontrato, adoperandosi dovunque si potesse prestare sostegno e si è andato prodigando in modo instancabile e sorridente con lo stile amichevole ispirato sempre dalla pienezza di grazia effusa da Dio in ogni cuore umano.

Per il vero bene, il primo nutrimento necessario e indispensabile, quello spirituale, a contatto diretto con la fede vissuta della gente, orientata al culto dell’Eucaristia, alla devozione alla Madonna, alla venerazione della santa Croce, e raccomandava assiduamente di dover santificare sempre la domenica. La gente ascoltava e lo seguiva.

LA PACE VALORIZZATA AL MASSIMO

   In Africa tanti anni persi senza risolvere i conflitti armati, tante ostilità rinascenti, tanto sangue versato senza rimedio, tante speranze seppellite, tanti morti. Vittorio ha predicato sempre che la pace è donata dal Padre celeste che dona ancora il Figlio suo per la vita del mondo e su questo dono particolare insisteva in modo speciale nella festività del Natale annunciata dagli angeli con le parole di pace e di gioia per tutte le persone umane amate da Dio.

   Che potesse avere pieno valore la pace voluta da Dio e ogni persona si sentisse artigiano della pace con i fratelli vicini praticando il perdono delle offese, in riconciliazione pur nei casi di mancato rispetto agli altri. Occorreva disarmare anzitutto le menti, i cuori, la lingua, le mani per condividere un impegno dialogico. In pratica i comportamenti sbagliati da parte di altri concittadini erano inevitabili. Padre Vittorio, senza la pretesa che ci fossero persone prive di imperfezioni, incoraggiava i comportamenti ragionevoli che dovevano sostenersi con la grazia di Dio nell’incontro, accogliendo con gioia, a tale scopo, la sollecitudine a praticare il sacramento della riconciliazione nella confessione.

   Il missionario si lasciava avvicinare con facilità dagli altri con uno stile di rapporto gioviale, aperto, cordiale. L’amore ispirato da Cristo nel suo cuore sensibilizzava le persone nel condividere la riflessione sul bene e sul male. Insieme con l’arcivescovo monsignor Joaquim Ruhuna, con gli altri vescovi e con il clero si dedicava instancabilmente a pacificare gli animi, a fraternizzare il dialogo tra le genti delle diverse stirpi Hutu, Tutsi e Twa. Si faceva carico delle difficoltà delle persone per facilitare gli svantaggiati in modo che potessero rendere autonoma la loro sopravvivenza. Non voleva avere nulla per sé nelle pratiche di assistenza e di elemosine: praticava l’amore fraterno nell’amore divino, con puro altruismo.

   Spontaneamente le persone si recavano a parlargli presso la chiesa di San Michele ascoltandolo come uomo di Dio che comprendeva le loro esigenze di dignità umana. Chiaramente bramava diffondere lo spirito di pace, mosso dallo zelo apostolico di evangelizzazione e si metteva negli stati d’animo dei disagiati come guida spirituale, in modo da incoraggiare la gente ad evitare ogni opera che turbasse l’equilibrio e il bene del convivere sociale.

   Si coinvolgeva con le pubbliche istituzioni, come nell’eccidio dei teologi avvenuto nottetempo a Bujumbura ad opera di saccheggiatori armati. Si sentì coinvolto con grande intensità di emozioni di fronte a così grave eccidio e prontamente si è fatto aiutare dalle autorità competenti per far trasportare in Italia cinque seminaristi sopravvissuti che fece accogliere dal suo amico arcivescovo di Camerino, monsignor Angelo Fagiani, docente di teologia morale nell’istituto teologico di Fermo dove furono preparati per l’ordinazione sacerdotale, e furono incardinati nella diocesi di Fermo.

   Con cuore generoso in ogni iniziativa di pacificazione si è fatto prossimo a tutti, senza diffidenza, con coraggio nello smascherare le inimicizie e nel sensibilizzare il popolo a superare le amare sfide dell’odio. Nessuna persona fosse lontana da lui perché serenamente, senza pretese di persuadere, né tanto meno di forzare a fare quello che lui suggeriva, senza interesse suo privato, ma per il bene comune, incoraggiava ad apprezzare la diversità delle abitudini etniche, senza scontri.

  Padre Vittorio si è manifestato una di quelle persone dotate di particolare schiettezza di carattere, simpatia, condivisione, generosità nel non risparmiarsi con metodo misericordioso per il futuro di un popolo disastrato dalle guerre. Amava l’Africa e diffondeva la fiducia che le comunità cristiane fossero provvidenti nell’unire la fede cristiana alla vita africana con disponibilità collaborativa reciproca di fronte alle necessità comuni.

   Si intratteneva nelle carceri a Bujumbura per stabilire accordi di tolleranza, senza vendette tra Tutsi e Hutu, prima ancora che uscissero dal carcere. Non dimenticava i reati che erano stati commessi, ma apriva il futuro al ravvedimento e al proposito di non ricadere nel male. Riconciliati con Gesù Cristo i condannati chiedevano il perdono divino e fraterno e celebravano la Pasqua della risurrezione morale, nei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia condivisa. Padre Vittorio formulava gli accordi scritti e venivano firmati dai singoli carcerati impegnati.

CON L’INFANZIA E CON LA GIOVENTU’

   Padre Vittorio vedeva i bambini, gli orfani, gli adolescenti colpiti da gravi disagi, privazioni, povertà, calamità come cittadini del Burundi, non come individui privi di capacità. Voleva aiutare, curare, istruire i minorenni nella propria cultura di patria Burundese. Per i neonati salvati dall’aborto e consegnati dalle mamme violentate da militari e da saccheggiatori, egli ha creato la “Casa della gioia” affidata a Sandra Caniana e intitolata a Santa Rita da Cascia che è stata mamma premurosa per i suoi due figli e religiosa caritatevole. Per i ragazzi ha creato varie comunità, ognuna gestita da persone del Burundi, in accordo con le autorità locali, a Gitega e a Bujumbura.

   La loro formazione aveva come fino primario che diventassero persone di pace, e da adulti fossero in grado di far maturare la giustizia e la convivenza serena tra le diverse stirpi ed etnie. Considerava necessario che gli orfani e i bambini sostentati dai benefattori si formassero secondo la coscienza umana e cristiana come lievito per portare a realizzare una pienezza di pace in Burundi. Non un’ideologia ma lo spirito del Vangelo creava la vicinanza del missionario e dei burundesi con i ragazzi abbandonati o scartati.

   La casa dei piccoli non era sul modello europeo di orfanotrofio burocratico, era orientato allo spirito comunitario anche nella scolarizzazione e nella preparazione per la vita professionale futura con gli aggiornamenti e le prospettive di inserimento nel mondo dell’occupazione; in particolare manifestava lo spirito di pace tra le etnie twa, tutsi e hutu e dava una nuova dignità a ciascuna di queste componenti. Questo spirito di pace è stata la realtà concepita come un contrafforte di novità contro le pratiche antecedenti di scontri, di violazioni disumane, di brutalità, dell’odio che la guerra seguitava a seminare. La gioventù era novità di salvezza morale per la patria Burundi nella solidarietà risvegliata dallo spirito del Vangelo ad opera di persone misericordiose, disinteressate e amichevoli.

   Per assicurare la sussistenza nelle famiglie con i prodotti alimentari indispensabili, padre Vittorio sollecitava a tenere le sementi delle piante utili ogni anno per le nuove coltivazioni. Avveniva che talora le famiglie chiedessero al missionario di procurare loro le sementi perché le avevano consumate tutte in cucina, e lui cercava ogni modo per provvedere quanto necessario alla seminagione per la nuova coltivazione. La passione per condividere la vita della gente rendeva urgente la pratica economica che facilitasse la produzione agricola necessaria.

   Nella capitale del Burundi, a Gitega esiste dal 2003 la fondazione “Ruhuna Buon Pastore per l’infanzia abbandonata e l’educazione alla pace” promossa assieme con Padre Vittorio Blasi che sempre ha voluto assicurare la sopravvivenza dignitosa ai piccoli. Si dedicava ad ogni possibile iniziativa per procurare loro il sostentamento. Tutto ciò scaturiva dall’attenzione alle emergenze che esigevano di adoperarsi per aiutare i bisognosi. Nel contempo la formazione era idonea a rinnovare la società liberandola dalle violente cause che scatenavano le uccisioni e le stragi nelle famiglie.

   Procurava l’aiuto per la gioventù grazie alle generose offerte dei benefattori e in tal modo gli obiettivi di scolarizzazione e di preparazione professionale dei poveri si potevano realizzare. Si può pensare che siano avvenuti, addirittura, anche miracoli per riuscire a risollevare, come è avvenuto, la sorte di varie migliaia di bambine e bambini. La sorella Anastasia Letizia Blasi in collaborazione con i conoscenti ha promosso un’associazione per orfani del Burundi con padre Vittorio Blasi, con un atto notarile, creando anche un legame tra i benefattori per le possibili adozioni che consolidavano i sentimenti di bontà famigliare.

   Il primo asilo burundese dei neonati è stato quello di Sandra Caniana. Inoltre il missionario, in accordo con le autorità civili, creava in Burundi gli istituti scolastici. E da ciò è derivato un processo di crescita sociale e un nuovo orientamento per le iniziative utili ad incoraggiare le attività della gente. Si facilitavano incontri, consigli, progetti di miglioramento del Burundi. Ha orientato le collaborazioni con spirito fraterno e sono state sostenute e condivise con confidenza. Senza i benefattori le opere a favore dei piccoli non avrebbero e non potrebbero continuare.

   Nell’opera missionaria ha sparso con gioia i germi delle novità tra i ragazzi abbandonati che hanno avuto la prospettiva di un nuovo futuro e l’orientamento a poter superare i conflitti armati, che sono la causa delle disgrazie della nazione. Padre Vittorio ha promosso la bontà tra i piccoli con una formazione aperta alla convivenza serena e allo sviluppo. Egli quando condivideva il suo tempo tra i bambini era più elettrico nel cuore per l’affetto che espandeva. Non si fermava a far comprendere i valori della pace e i danni delle violenze e delle offese, infondeva soprattutto la fiducia che la potenza divina di Amore stava rinnovando per tutti la faccia della terra.

   E’ stato il missionario dotato di un particolare intuito nei tentativi che creano legami tra le vecchie e le nuove generazioni con spirito di misericordia. Così l’opera fraterna umanitaria promuoveva un futuro di dignità per tutti. Ha dato accoglienza abitativa ai bambini dispersi, affidandoli ad adulti e a giovani che vivevano insieme dove erano ospitati. La compagnia, l’aiuto e la sorveglianza di un uomo e di una donna del luogo erano provvidenziali per assicurare la serenità, il buon comportamento, la fraternità tra le etnie, con la fiducia in Dio, e con la salute protetta.

   Vedeva le tante cose necessarie ai piccoli per il nutrimento, per il vestiario, per il materiale scolastico, per i servizi di luce e di acqua e chiedeva l’apporto dei benefattori. Ha trovato ascolto. Un giorno a chi gli chiedeva come potesse rimediare senza mezzi, nelle urgenti necessità, padre Vittorio, rispose: “Dico a Gesù: Pensaci tu”, gettandosi nelle braccia divine. Viveva nella profonda fiducia alla Provvidenza. Tutto apparteneva alla generosità, destinato, senza dispersione, a vantaggio della gioventù e al futuro della società. I minorenni erano provveduti di istruzione, di protezione, di formazione spirituale.

   Questo missionario, con il metodo di san Giovanni Bosco, dal cuore generoso, ha potuto guidare la gioventù a costruire la propria vita con criteri morali. La Provvidenza gli ha procurato i cooperatori e i sostenitori per quanto necessario. Era il formatore e l’educatore capace di orientare i ragazzi e le ragazze ad esplorare le ragioni per vivere, per impegnarsi in una professione, per formare una famiglia, per affrontare i problemi della pace tra le inimicizie tra gruppi e per gestirsi nelle situazioni del mondo.

   Percorreva varie metodologie per procurare i mezzi necessari; anzitutto sostava davanti al Santissimo Sacramento dell’altare con viva fiducia nella misericordia divina invocata con la certezza che lo Spirito Santo si serve delle persone umane per fermentare lo spirito fraterno della comunità. Con le parole e con le lettere dirette al cuore dei benefattori manteneva relazioni forti. Con i piccoli condivideva la fede in Gesù che considerava come scudo impenetrabile a difesa dalle cattiverie. Era sicuro che gli assistiti crescevano per diventare persone adatte ad amministrare il futuro del loro paese nella pace e nella giustizia che lui insieme con la Chiesa sempre difendeva.

LA CARITA’ FIORE DELLE VIRTU’

   Con la sua attenzione per scorgere e incontrare chi avesse necessità, si è reso utile, senza darlo a vedere, con gratuità. In ogni caso era chiaro che le vie del Signore sono infinite. Egli pur con il sacrificio, trasmetteva la sua benedizione e lo spirito di generosità ad altri e incoraggiava a vivere le persone bisognose, ma prive dei beni per sopravvivere, sussidiava chi era impotente a provvedersi da solo, come i bambini.

   Possiamo accogliere le sue opere e il suo spirito ringraziando Dio per averci fatto incontrare questa persona. Per mezzo suo Dio comunica la sua amorevole misericordia. Molte persone sono state incoraggiate collaboratrici con offerte per l’associazione degli amici degli orfani del Burundi e di padre Vittorio Blasi.

   Padre Vittorio aiutava i bisognosi con l’ascolto, con l’accompagnamento, con il provvedere alle necessità sollecitando la collaborazione sussidiaria di altre persone. Una donna nubile che entrò in maternità, in seguito ad atti violenti altrui, mentre non era ben accolta in società, il missionario procurò l’aiuto indispensabile e la creatura salvata, neonata visse assistita da Sandra Caniana.

       Caro Padre Vittorio Blasi, nostro amico, grazie per i tuoi consigli, per la bontà e per la passione con cui ci hai illuminati nella pratica dell’Eucaristia, della Riconciliazione, della Carità, superando ogni scoraggiamento tra i difetti umani. Accompagnaci dal Cielo per giungere con te alla dimora eterna del Padre misericordioso.

Assoc.ne Amici degli orfani del Burundi e di P. Vittorio Blasi. \   Codice fiscale 90021610440

 Via Castellarso Tenna, n. 38 – 63838 BELMONTE PICENO FM  – Cell. 335 6371124 –

Conto corrente postale 13551635

VITTORIO BLASI DA BELMONTE PICENO

IN AFRICA PRESSO LE ETNIE DEL BURUNDI

2023 Memoria di amici per il

50°del suo arrivo in Burundi

.-. Il sogno: “PER LORO e CON LORO  verso la PASQUA PERENNE”

Blasi Vittorio sacerdote in Burundi dal 1973 inviava al Parroco dei Belmonte Piceno una foto con burundesi:

“Foto ricordo con i primi amici. Per loro vorremmo cominciare un cammino nuovo pieno di speranza, pieno di vita. Con loro vorremmo cercare il cammino arduo della liberazione, cammino della Pasqua perenne.”

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TRA GLI ITALIANI BENEMERITI

Missionario tra la gioventù del Burundi

Dal 1973 ha realizzato efficaci opere

aiutato dal bene dei benefattori

e oggi intercede con la Madonna

presso il Padre celeste per tutti

i fratelli in Cristo con sguardo d’amore

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Padre Vittorio Blasi di forte tempra morale ha svolto con grande cuore un’intensa attività missionaria. Nato a Belmonte Piceno il 13-4-1941, dopo l’istruzione primaria, con un bravo maestro, in seguito si è formato al ministero sacerdotale. Ha realizzato per quarant’anni l’attività missionaria quando è passato alla casa celeste del Padre il 24-12-2015, lasciando il duraturo ricordo di persona giusta che sempre vuole aiutare le persone, in particolare l’infanzia e la gioventù. Padre Vittorio si è coinvolto per quarant’anni in Burundi (Africa) con grande dedizione apostolica. Le sue spoglie mortali riposano nella tomba del clero nella città più popolosa, Bujumbura.

   Scrivo alcuni ricordi, dato che sono suo compaesano belmontese e lo ricordo pieno di passione nel formarsi al suo ministero, e soprattutto nel volere la formazione della gioventù con animo generoso e misericordioso, pieno di fiducia nell’azione dello Spirito di Dio. Ha frizzato la gioia, frutto dell’umiltà. Il padre Giusto e la mamma Elisa Malvatani erano una famiglia di agricoltori con i figli Vincenzo, Mario, Anastasia e il nostro Vittorio, tutti di schietta socialità con conoscenti, amici e sacerdoti.

   Ha fruito la prima formazione cristiana a Belmonte Piceno dove fu battezzato e orientato nella vita cristiana dal parroco don Ruffino Brunelli e dal giovane vicario don Mauro Natali che lo hanno accompagnato nella fede, nella speranza e nella carità cristiana con le devozioni particolari verso la santa Croce del Salvatore immolato e risorto e verso la Madonna delle grazie: devozioni queste che egli ha diffuso poi nel suo apostolato in Burundi. Tredicenne è entrato nel Seminario arcivescovile di Fermo ove suo fratello Mario frequentava già l’ultimo anno di ginnasio. Da ragazzo ha incontrato alcuni missionari saveriani che hanno aperto gli orizzonti universali, cattolici alla sua attenzione, arricchendo di esperienze la sua indole amichevole e intraprendente. Ventenne presso all’Istituto dei Saveriani a Parma, si è voluto preparare alla missione per evangelizzare.

   Con animo generoso e disinteressato ha risposto alla chiamata divina, convinto che i figli di Dio hanno la fratellanza che li rende liberi e felici, si è voluto donare, con il sorriso accogliente, con le braccia e mani aperte e con gli occhi desiderosi d’incontro, ad accompagnare i catecumeni alla rigenerazione nella vita divina e alleviare le sofferenze dei fratelli in Cristo con il conforto del mistero della Croce e con l’opera della Mamma delle grazie, Maria.

   Pregava e si lasciava plasmare da Gesù, illuminato dallo Spirito Santo. Nelle estati tornava tra i Belmontesi, e organizzava il campi-scuola in montagna. Raccontano con gioia i ragazzi di allora, oggi ultrasessantenni, quelle estati con P. Vittorio per la grande simpatia con cui coinvolgeva, ispirando tanta fiducia a tutti loro che lo seguivano volentieri nelle iniziative da condividere. Nell’esperienza dei campi scuola estivi in montagna tra i ragazzi Belmonte, il gioco era l’attività di formazione che dava il messaggio di rendere buoni i rapporti interpersonali.

   Consacrato sacerdote è stato mandato come formatore spagnolo dei Saveriani a Madrid fino al 1973. In obbedienza è andato poi in Burundi e vi è stato per un quarantennio, lasciando le sue spoglie mortali restate nel sepolcro del clero di Bujumbura.

Apprezzato per la sua personalità empatica coltivava relazioni fondate sulla fraternità spirituale serena, gioviale, dialogica. Nell’obbedienza ai superiori, per amore di Gesù, a favore delle anime, ha sempre vissuto con entusiasmo la missione della santa Chiesa. In Burundi si vivevano i tempi micidiali della guerra, delle stragi di adulti, dell’abbandono dei ragazzi. Le azioni militari, le ruberie, la chiusura del credito, hanno coinvolto padre Vittorio e i fedeli nel sentire il dovere di aiutare i più bisognosi contro lo sfruttamento e gli stupri.

   Ha esplicato il dono particolare di incoraggiare le persone all’incontro, grazie anche alla sua indole estroversa. Il Presidente della Repubblica del Burundi nel 1986 fece scacciare più di 490 missionari e volontari stranieri da questo Paese. P. Vittorio si pose sotto l’obbedienza del vescovo di Gitega, monsignor Joachim Ruhuna, tra il clero diocesano, ed eseguiva le scelte pastorali per cui ha ricostruito una Croce sopra la principale collina locale ed ha fatto costruire gli edifici della chiesa parrocchiale e del santuario mariano. Il Vescovo e il clero decisero anche di provvedere a dare un ospizio ai bambini ridotti senza famiglia a causa dei numerosissimi crimini militari. Il 9 settembre 1996 monsignor Ruhuna è stato martirizzato nella sua patria.

   Padre Vittorio si è recato a Bujumbura sotto la guida del Presidente della conferenza episcopale del Burundi. Qui ha seguitato a istruire, educare e formare alle professioni i ragazzi rimasti abbandonati. Ascoltava le confessioni nel sacramento della Riconciliazione in una stanza a lato della chiesa di San Michele e aiutava in particolare le donne, purtroppo violentate, ridotte in maternità che hanno voluto evitare gli aborti. Con una adeguata offerta di una famiglia di Matelica (MC) ha fatto costruire la “Casa della gioia Santa Rita di Cascia” dove la religiosa Sandra Caniana ha cominciato e seguita ad accogliere i neonati abbandonati per dar loro ogni sostentamento. Il missionario assiduamente ha sempre provveduto alle necessità materiali e spirituali per l’infanzia e per la gioventù, favorendo il loro miglior futuro, con il sostegno di un’Associazione appositamente creata, come poi si dirà. Il clero del Burundi, apprezzando questa sua opera, ha partecipato con più di cento preti al funerale di Padre Vittorio Blasi, presieduto dall’Arcivescovo, nella vigilia di Natale del 2015.

L’APOSTOLATO

   Padre Vittorio si è dedicato alle necessità emergenti. Non si affidava alle parole dei raffinati teologi, quando le ideologie andavano eclissandosi. Evitava i modi autoreferenziali per far attuare le forme comunitarie partecipate di incontro e di dialogo in sintonia con i segni di spiritualità laicale a cui egli dava a condividere, tra l’altro, l’opzione di dedicarsi alle persone più deboli. Ha incoraggiato a valorizzare le risorse umane burundesi, senza lasciarsi bloccale dalle difficoltà o dalle imperfezioni individuali che accettava e fronteggiava per favorire un sempre maggiore impulso al cammino fatto insieme per la realizzazione del regno di Dio.

   Nel donare se stesso senza risparmiarsi, condivideva gioie e dolori con particolari sensibilità per i piccoli che accoglieva con comprensione. Provvedeva al necessario con atti affettuosi. Pregava con loro e per loro assicurando che Gesù ama i piccoli e mai li abbandona, ma li fa accompagnare da sua madre Maria in ogni situazione pur difficile che sia. Rendeva con il suo sostegno i loro animi sereni e li alimentava di fede cristiana.

   La sua energia comunicativa evangelizzante era radicata nella schietta umiltà che non era rassegnazione, ma attenzione ai bisogni e ai problemi che egli condivideva per offrire una parola di conforto e di incoraggiamento secondo il Vangelo. Non rimarcava gli altrui difetti, usando comprensione per le inevitabili imperfezioni e, per rimedio, affidava tutti alla assidua preghiera idonea a purificare i cuori e a facilitare la pratica generosa delle opere buone. Dava un senso di bellezza interiore al vivere cristianamente.

   Mostrando il volto umanitario della Chiesa, accoglieva le vite disperse e talora spezzate. Nel voler salvare i minorenni abbandonati e le creature concepite da non far abortire, faceva affidamento sulla divina misericordia con ferma fiducia che questa procurasse i rimedi indispensabili. Il suo pregare: “O Gesù, pensaci tu, provvedi”. Per risonanza, chi è stato accanto a lui ha orientato la propria vita in senso altruistico. Nelle situazioni critiche non si scoraggiava coerentemente con il Vangelo, dando valore alla fiducia nel divino Spirito che rinnova la faccia della terra.

   Si riconosceva ‘servo inutile’, dopo aver fatto quanto poteva perché si considerava ministro di Dio non per procurare qualsivoglia vantaggio a se stesso, ma per gli altri e con gli altri sentiva in sé la bellezza di condividere insieme le gioie e i sacrifici nella comunità ecclesiale e civile. Lasciava ai laici gli spazi della loro propria azione ecclesiale, secondo lo spirito del Vaticano secondo, coinvolgendosi nei gruppi di ascolto, in particolare con le famiglie e con i collaboratori che egli chiamava per nome familiarmente e che si rendevano corresponsabili.

   Per le attività di cooperazione caritativa da realizzare in Burundi usava scrivere lettere ai conoscenti ed amici europei e comunicava a questi benefattori le esigenze di necessità per i ragazzi, e chiedeva di fare le adozioni ‘spirituali’ degli orfani.

   Quando tornava, seppure per un breve periodo di ferie, si recava ad incontrare i benefattori e portava il sorriso dei suoi assistiti con viva speranza per il loro futuro. Nel guardare la realtà con il cuore fiducioso e con lo sguardo limpido ha evitato l’inerzia debole o sfiduciata.

   La saggezza pedagogica ha fatto progredire l’attualità nell’agire secondo Dio nella ricerca della verità come fermento umile adatto a migliorare l’attuale società.

   Si è sempre considerato a servizio della Chiesa a tempo pieno con la volontà di attuare il ministero sacerdotale insieme con i confratelli. Ogni giorno ha celebrato la santa Messa e restava a disposizione per il sacramento della penitenza a chi si presentasse.

   Diffondeva la piena fiducia nella potenza della grazia del Redentore che sprigiona la luce e la grazia del regno di Dio ad opera del suo martirio sulla Croce e della sua resurrezione. Con tale certezza di fede superava le difficoltà. Ù

   Le sue celebrazioni festive favorivano un’atmosfera di gioiosa partecipazione per la fiducia nell’Amore misericordioso elargito senza limiti dal Figlio di Dio incarnatosi.

IL FUTURO CREATO INSIEME NELLA CHIESA

   Padre Vittorio considerava il Burundi come il giardino di Dio da coltivare e condivideva la missione educativa ecclesiale di guidare all’unione con Dio attraverso la preghiera. Le vicende di attualità facevano vibrare gli animi di trepidazione, di angoscia, di incertezze, di squilibrio, mentre le forti crisi devastavano le ideologie, le politiche, le tecniche, l’ecologia, le religioni e soltanto la preghiera poteva dare una prospettiva di salvezza.

   Le guerriglie continue imponevano traumi e ricordi dolorosi ed esigevano un orientamento formativo da svolgere verso la pace, la tolleranza, il perdono tra i cittadini.

   La povertà, le diseguaglianze, la cronica carenza dei necessari servizi scatenavano la facile rabbia delle persone e le violenze anche da parte dei militari. Padre Vittorio pregava e faceva pregare per la pace e la voleva praticare e sostenere assieme con gli animi disponibili.

   Nei disagi terribili delle uccisioni il suo dialogo sempre è stato manifestato come appello rivolto a tutti per la riconciliazione civica nell’ascolto reciproco e nel condividere le necessità del vivere insieme in modo che le energie interagissero e si integrassero nella prospettiva comune dello sviluppo.

   Le condivisioni comunitarie erano ispirate dalla misericordia con cui la gente poteva creare un sostegno reciproco. Con il sorriso ha trasmesso il Vangelo della gioiosa generosità con cui ciascuno echeggia la presenza di Dio provvidente. Prospettava il futuro con fiducia mentre si trepidava nello svolgersi di un mutamento epocale indotto dal liberismo selvaggio, e dal socialismo impositivo.

   Padre Vittorio non si è spaventato né ha giudicato la Chiesa mal ridotta a causa dei mali sociali o dall’egoismo finanziario, sicuro che Gesù è portatore della vera pace per tutti. Il missionario ha sempre donato fiducia alla vitalità dei sacramenti ecclesiali, nonostante il diffondersi delle diffidenze e delle indifferenze indotte dal relativismo e dal modernismo.

   Non si è lasciato catturare dalle facili innovazioni pubblicizzate. Avvertiva le difficili sfide e non ha pensato mai che si potesse tornare indietro, piuttosto si confidasse nella presenza divina che mai fa mancare la sua grazia nella Chiesa per rinnovare il mondo con il Vangelo del risorto.

   La Croce del redentore sempre resta donatrice della salvezza ed egli giudicava importante portare a tutti Gesù immolato e risorto, e tutti si avvicinassero a lui, pur tra le povertà e le mortalità inevitabili. Il riscatto era possibile, come frutto della santa Croce. Sarebbe un triste errore pensare che il futuro debba dipendere esclusivamente dalle superpotenze del mondo occidentale e orientale. La Croce emana sempre nuova luce.

   Praticava e chiamava a praticare la fraternità per rompere i muri delle separatezze e per creare e far creare i ‘ponti’ di accoglienza tra la gioventù in modo da aprire il cuore e la mente di interlocutori che promuovano la buona formazione umana, civica e cristiana nella semplicità e nella schiettezza. Egli prospettava la ricerca dell’unione tra le persone con serenità mediante l’ascolto dei desideri, delle aspirazioni altrui, in modo da trasfondere nei cuori la speranza fiduciosa che sempre viene garantita dall’amicizia con Dio.

   Nessuno pensasse di far tutto da solo, piuttosto guardasse ai più derelitti, alle persone bisognose per assicurare un comune futuro con fiducia negli altri. Padre Vittorio formava collaboratori che vincessero le differenze e si immedesimassero con i piccoli con la tenerezza e con la misericordia di Gesù. Il Vangelo restasse per tutti il rimedio nell’opera della Chiesa che è madre, maestra, salvatrice e che guida tutti nel camminare insieme, dando lo spirito di fraternità al mondo. In sinergia con il clero del Burundi e con i benefattori Padre Vittorio ha usato attenzione a non lasciare abbandonato nessun sofferente incontrato, adoperandosi dovunque si potesse prestare sostegno e si è andato prodigando in modo instancabile e sorridente con lo stile amichevole ispirato sempre dalla pienezza di grazia effusa da Dio in ogni cuore umano.

Per il vero bene, il primo nutrimento necessario e indispensabile, quello spirituale, a contatto diretto con la fede vissuta della gente, orientata al culto dell’Eucaristia, alla devozione alla Madonna, alla venerazione della santa Croce, e raccomandava assiduamente di dover santificare sempre la domenica. La gente ascoltava e lo seguiva.

LA PACE VALORIZZATA AL MASSIMO

   In Africa tanti anni persi senza risolvere i conflitti armati, tante ostilità rinascenti, tanto sangue versato senza rimedio, tante speranze seppellite, tanti morti. Vittorio ha predicato sempre che la pace è donata dal Padre celeste che dona ancora il Figlio suo per la vita del mondo e su questo dono particolare insisteva in modo speciale nella festività del Natale annunciata dagli angeli con le parole di pace e di gioia per tutte le persone umane amate da Dio.

   Che potesse avere pieno valore la pace voluta da Dio e ogni persona si sentisse artigiano della pace con i fratelli vicini praticando il perdono delle offese, in riconciliazione pur nei casi di mancato rispetto agli altri. Occorreva disarmare anzitutto le menti, i cuori, la lingua, le mani per condividere un impegno dialogico. In pratica i comportamenti sbagliati da parte di altri concittadini erano inevitabili. Padre Vittorio, senza la pretesa che ci fossero persone prive di imperfezioni, incoraggiava i comportamenti ragionevoli che dovevano sostenersi con la grazia di Dio nell’incontro, accogliendo con gioia, a tale scopo, la sollecitudine a praticare il sacramento della riconciliazione nella confessione.

   Il missionario si lasciava avvicinare con facilità dagli altri con uno stile di rapporto gioviale, aperto, cordiale. L’amore ispirato da Cristo nel suo cuore sensibilizzava le persone nel condividere la riflessione sul bene e sul male. Insieme con l’arcivescovo monsignor Joaquim Ruhuna, con gli altri vescovi e con il clero si dedicava instancabilmente a pacificare gli animi, a fraternizzare il dialogo tra le genti delle diverse stirpi Hutu, Tutsi e Twa. Si faceva carico delle difficoltà delle persone per facilitare gli svantaggiati in modo che potessero rendere autonoma la loro sopravvivenza. Non voleva avere nulla per sé nelle pratiche di assistenza e di elemosine: praticava l’amore fraterno nell’amore divino, con puro altruismo.

   Spontaneamente le persone si recavano a parlargli presso la chiesa di San Michele ascoltandolo come uomo di Dio che comprendeva le loro esigenze di dignità umana. Chiaramente bramava diffondere lo spirito di pace, mosso dallo zelo apostolico di evangelizzazione e si metteva negli stati d’animo dei disagiati come guida spirituale, in modo da incoraggiare la gente ad evitare ogni opera che turbasse l’equilibrio e il bene del convivere sociale.

   Si coinvolgeva con le pubbliche istituzioni, come nell’eccidio dei teologi avvenuto nottetempo a Bujumbura ad opera di saccheggiatori armati. Si sentì coinvolto con grande intensità di emozioni di fronte a così grave eccidio e prontamente si è fatto aiutare dalle autorità competenti per far trasportare in Italia cinque seminaristi sopravvissuti che fece accogliere dal suo amico arcivescovo di Camerino, monsignor Angelo Fagiani, docente di teologia morale nell’istituto teologico di Fermo dove furono preparati per l’ordinazione sacerdotale, e furono incardinati nella diocesi di Fermo.

   Con cuore generoso in ogni iniziativa di pacificazione si è fatto prossimo a tutti, senza diffidenza, con coraggio nello smascherare le inimicizie e nel sensibilizzare il popolo a superare le amare sfide dell’odio. Nessuna persona fosse lontana da lui perché serenamente, senza pretese di persuadere, né tanto meno di forzare a fare quello che lui suggeriva, senza interesse suo privato, ma per il bene comune, incoraggiava ad apprezzare la diversità delle abitudini etniche, senza scontri.

  Padre Vittorio si è manifestato una di quelle persone dotate di particolare schiettezza di carattere, simpatia, condivisione, generosità nel non risparmiarsi con metodo misericordioso per il futuro di un popolo disastrato dalle guerre. Amava l’Africa e diffondeva la fiducia che le comunità cristiane fossero provvidenti nell’unire la fede cristiana alla vita africana con disponibilità collaborativa reciproca di fronte alle necessità comuni.

   Si intratteneva nelle carceri a Bujumbura per stabilire accordi di tolleranza, senza vendette tra Tutsi e Hutu, prima ancora che uscissero dal carcere. Non dimenticava i reati che erano stati commessi, ma apriva il futuro al ravvedimento e al proposito di non ricadere nel male. Riconciliati con Gesù Cristo i condannati chiedevano il perdono divino e fraterno e celebravano la Pasqua della risurrezione morale, nei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia condivisa. Padre Vittorio formulava gli accordi scritti e venivano firmati dai singoli carcerati impegnati.

CON L’INFANZIA E CON LA GIOVENTU’

   Padre Vittorio vedeva i bambini, gli orfani, gli adolescenti colpiti da gravi disagi, privazioni, povertà, calamità come cittadini del Burundi, non come individui privi di capacità. Voleva aiutare, curare, istruire i minorenni nella propria cultura di patria Burundese. Per i neonati salvati dall’aborto e consegnati dalle mamme violentate da militari e da saccheggiatori, egli ha creato la “Casa della gioia” affidata a Sandra Caniana e intitolata a Santa Rita da Cascia che è stata mamma premurosa per i suoi due figli e religiosa caritatevole. Per i ragazzi ha creato varie comunità, ognuna gestita da persone del Burundi, in accordo con le autorità locali, a Gitega e a Bujumbura.

   La loro formazione aveva come fino primario che diventassero persone di pace, e da adulti fossero in grado di far maturare la giustizia e la convivenza serena tra le diverse stirpi ed etnie. Considerava necessario che gli orfani e i bambini sostentati dai benefattori si formassero secondo la coscienza umana e cristiana come lievito per portare a realizzare una pienezza di pace in Burundi. Non un’ideologia ma lo spirito del Vangelo creava la vicinanza del missionario e dei burundesi con i ragazzi abbandonati o scartati.

   La casa dei piccoli non era sul modello europeo di orfanotrofio burocratico, era orientato allo spirito comunitario anche nella scolarizzazione e nella preparazione per la vita professionale futura con gli aggiornamenti e le prospettive di inserimento nel mondo dell’occupazione; in particolare manifestava lo spirito di pace tra le etnie twa, tutsi e hutu e dava una nuova dignità a ciascuna di queste componenti. Questo spirito di pace è stata la realtà concepita come un contrafforte di novità contro le pratiche antecedenti di scontri, di violazioni disumane, di brutalità, dell’odio che la guerra seguitava a seminare. La gioventù era novità di salvezza morale per la patria Burundi nella solidarietà risvegliata dallo spirito del Vangelo ad opera di persone misericordiose, disinteressate e amichevoli.

   Per assicurare la sussistenza nelle famiglie con i prodotti alimentari indispensabili, padre Vittorio sollecitava a tenere le sementi delle piante utili ogni anno per le nuove coltivazioni. Avveniva che talora le famiglie chiedessero al missionario di procurare loro le sementi perché le avevano consumate tutte in cucina, e lui cercava ogni modo per provvedere quanto necessario alla seminagione per la nuova coltivazione. La passione per condividere la vita della gente rendeva urgente la pratica economica che facilitasse la produzione agricola necessaria.

   Nella capitale del Burundi, a Gitega esiste dal 2003 la fondazione “Ruhuna Buon Pastore per l’infanzia abbandonata e l’educazione alla pace” promossa assieme con Padre Vittorio Blasi che sempre ha voluto assicurare la sopravvivenza dignitosa ai piccoli. Si dedicava ad ogni possibile iniziativa per procurare loro il sostentamento. Tutto ciò scaturiva dall’attenzione alle emergenze che esigevano di adoperarsi per aiutare i bisognosi. Nel contempo la formazione era idonea a rinnovare la società liberandola dalle violente cause che scatenavano le uccisioni e le stragi nelle famiglie.

   Procurava l’aiuto per la gioventù grazie alle generose offerte dei benefattori e in tal modo gli obiettivi di scolarizzazione e di preparazione professionale dei poveri si potevano realizzare. Si può pensare che siano avvenuti, addirittura, anche miracoli per riuscire a risollevare, come è avvenuto, la sorte di varie migliaia di bambine e bambini. La sorella Anastasia Letizia Blasi in collaborazione con i conoscenti ha promosso un’associazione per orfani del Burundi con padre Vittorio Blasi, con un atto notarile, creando anche un legame tra i benefattori per le possibili adozioni che consolidavano i sentimenti di bontà famigliare.

   Il primo asilo burundese dei neonati è stato quello di Sandra Caniana. Inoltre il missionario, in accordo con le autorità civili, creava in Burundi gli istituti scolastici. E da ciò è derivato un processo di crescita sociale e un nuovo orientamento per le iniziative utili ad incoraggiare le attività della gente. Si facilitavano incontri, consigli, progetti di miglioramento del Burundi. Ha orientato le collaborazioni con spirito fraterno e sono state sostenute e condivise con confidenza. Senza i benefattori le opere a favore dei piccoli non avrebbero e non potrebbero continuare.

   Nell’opera missionaria ha sparso con gioia i germi delle novità tra i ragazzi abbandonati che hanno avuto la prospettiva di un nuovo futuro e l’orientamento a poter superare i conflitti armati, che sono la causa delle disgrazie della nazione. Padre Vittorio ha promosso la bontà tra i piccoli con una formazione aperta alla convivenza serena e allo sviluppo. Egli quando condivideva il suo tempo tra i bambini era più elettrico nel cuore per l’affetto che espandeva. Non si fermava a far comprendere i valori della pace e i danni delle violenze e delle offese, infondeva soprattutto la fiducia che la potenza divina di Amore stava rinnovando per tutti la faccia della terra.

   E’ stato il missionario dotato di un particolare intuito nei tentativi che creano legami tra le vecchie e le nuove generazioni con spirito di misericordia. Così l’opera fraterna umanitaria promuoveva un futuro di dignità per tutti. Ha dato accoglienza abitativa ai bambini dispersi, affidandoli ad adulti e a giovani che vivevano insieme dove erano ospitati. La compagnia, l’aiuto e la sorveglianza di un uomo e di una donna del luogo erano provvidenziali per assicurare la serenità, il buon comportamento, la fraternità tra le etnie, con la fiducia in Dio, e con la salute protetta.

   Vedeva le tante cose necessarie ai piccoli per il nutrimento, per il vestiario, per il materiale scolastico, per i servizi di luce e di acqua e chiedeva l’apporto dei benefattori. Ha trovato ascolto. Un giorno a chi gli chiedeva come potesse rimediare senza mezzi, nelle urgenti necessità, padre Vittorio, rispose: “Dico a Gesù: Pensaci tu”, gettandosi nelle braccia divine. Viveva nella profonda fiducia alla Provvidenza. Tutto apparteneva alla generosità, destinato, senza dispersione, a vantaggio della gioventù e al futuro della società. I minorenni erano provveduti di istruzione, di protezione, di formazione spirituale.

   Questo missionario, con il metodo di san Giovanni Bosco, dal cuore generoso, ha potuto guidare la gioventù a costruire la propria vita con criteri morali. La Provvidenza gli ha procurato i cooperatori e i sostenitori per quanto necessario. Era il formatore e l’educatore capace di orientare i ragazzi e le ragazze ad esplorare le ragioni per vivere, per impegnarsi in una professione, per formare una famiglia, per affrontare i problemi della pace tra le inimicizie tra gruppi e per gestirsi nelle situazioni del mondo.

   Percorreva varie metodologie per procurare i mezzi necessari; anzitutto sostava davanti al Santissimo Sacramento dell’altare con viva fiducia nella misericordia divina invocata con la certezza che lo Spirito Santo si serve delle persone umane per fermentare lo spirito fraterno della comunità. Con le parole e con le lettere dirette al cuore dei benefattori manteneva relazioni forti. Con i piccoli condivideva la fede in Gesù che considerava come scudo impenetrabile a difesa dalle cattiverie. Era sicuro che gli assistiti crescevano per diventare persone adatte ad amministrare il futuro del loro paese nella pace e nella giustizia che lui insieme con la Chiesa sempre difendeva.

LA CARITA’ FIORE DELLE VIRTU’

   Con la sua attenzione per scorgere e incontrare chi avesse necessità, si è reso utile, senza darlo a vedere, con gratuità. In ogni caso era chiaro che le vie del Signore sono infinite. Egli pur con il sacrificio, trasmetteva la sua benedizione e lo spirito di generosità ad altri e incoraggiava a vivere le persone bisognose, ma prive dei beni per sopravvivere, sussidiava chi era impotente a provvedersi da solo, come i bambini.

   Possiamo accogliere le sue opere e il suo spirito ringraziando Dio per averci fatto incontrare questa persona. Per mezzo suo Dio comunica la sua amorevole misericordia. Molte persone sono state incoraggiate collaboratrici con offerte per l’associazione degli amici degli orfani del Burundi e di padre Vittorio Blasi.

   Padre Vittorio aiutava i bisognosi con l’ascolto, con l’accompagnamento, con il provvedere alle necessità sollecitando la collaborazione sussidiaria di altre persone. Una donna nubile che entrò in maternità, in seguito ad atti violenti altrui, mentre non era ben accolta in società, il missionario procurò l’aiuto indispensabile e la creatura salvata, neonata visse assistita da Sandra Caniana.

       Caro Padre Vittorio Blasi, nostro amico, grazie per i tuoi consigli, per la bontà e per la passione con cui ci hai illuminati nella pratica dell’Eucaristia, della Riconciliazione, della Carità, superando ogni scoraggiamento tra i difetti umani. Accompagnaci dal Cielo per giungere con te alla dimora eterna del Padre misericordioso.

Assoc.ne Amici degli orfani del Burundi e di P. Vittorio Blasi. \   Codice fiscale 90021610440

 Via Castellarso Tenna, n. 38 – 63838 BELMONTE PICENO FM  – Cell. 335 6371124 –

Conto corrente postale 13551635

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