Breve storia della vita agricola Fermana di Gaetano Sbaffoni

BREVE RACCONTO DELLA VITA NELLE CAMPAGNE.

L’AGRICOLTURA HA UN RUOLO IMPORTANTE

Gaetano Sbaffoni

 

   L’unità d’Italia fu una grande conquista quando l’Italia era divisa in sette stati. Si fecerotante cose belle che sono passate alla storia con i grandi personaggi dell’età risorgimentale.

Furono invece trascurati gli interessamenti per i lavoratori dei campi che erano oppressi. A quei tempi in campagna esisteva una vera povertà, sia nei mezzi che la scienza ancora non aveva messo a disposizione dei lavoratori dei campi,sia perché si era schiavi dei grandi proprietari terrieri, latifondisti, conto, marchesi, principi, grande e media borghesia.

   Io sono nato a Belmonte Piceno in un terreno che allora era proprietà del conte Luigi Morrone Mozzo: un luogo delizioso per la caccia, ricco di querce e di altre lussuose piante, con fabbricato usato dal padrone per le riunioni di personalità illustri di quel tempo. Venivano lì a giocare, bisbocciare specie all’apertura della caccia. Il conte Morroni aveva migliaia di ettari di terreno, tutti coltivati dai mezzadri. Vi erano molti fattori anche perché la sua proprietà era frazionata con dieci grandi fondi, oltre che a Belmonte e Montottone (Forche di Tenna) altri a Fermo, a Morrovalle, a Monterubbiano e altrove.

   Così il conte Marcello Gallo di Amandola, i conti Bernetti di Fermo, il conte Canucci di Montegiorgio che oltrde ad una grande proprietà terriera in Toscana, aveva terre fertili ed irrigue a Piane di Montegiorgio. Si potrebbero elencare molti altri, come i conti Piccolomini, on villa a Caodarco, i signori Corsi di Belmonte Piceno, i Vinci o i Sempronio di Fermo ecc.

   Quei conti avevano molta servitù, e fattori, contabili, magazzinieri, addetti ai cavalli, personale di servizio, camerieri e servi … Quando al mezzadro occorreva qualcosa lo faceva presente al fattore che si rivolgeva al contabile e al ministro o a chi di competenza.

   Prima della grande guerra i prodotti venivano divisi in tre parti: due per il proprietario ed una per il mezzadro. Ma l’oliva veniva divisa alla quinta parte: quattro per il proprietario ed una per il mezzadro. Quando nel 1915 scoppiò in Italia la guerra tutte le forze giovanili partirono re rimasero nelle case le donne, i vecchi e i bambini. Alcuni proprietari per non rimanere con i terreni incolti, premiavano gli sforzi di costoro dividendo i prodotti a metà; ma per la verità erano pochi.

   I contadini stanchi della trincea e delle ingiustizie umane formarono le leghe bianche e le leghe rosse. Fin dal 1917 cominciarono le lotte nelle campagne, quando ancora bnon era terminata la guerra. Poi nel 1918 erano in piena funzione. Mi ricordo, nelle aie dei contadini, le trebbiatrici ferme, circondate dai coloni che non facevano trebbiare finché il proprietario non decideva di dividere il prodotto a metà.

   Fra i personaggi che capeggiavano le leghe bianche del partito popolare di allora ricordo Sobrini di Sant’Elpidio Morico, rimastomi impresso come parlatore, trascinatore delle folle.   Ricordo bene la settimana rossa capeggiata da Nenni ad Ancona che dette sì esiti positivi per un breve periodo. Poi il suo compagno Benito Mussolini per porre fine –diceva – “a quel disordine che regnava” – alle lotte ed agli scioperi, si staccò completamente da Nenni, dando vita ad un altro movimento, quello fascista. Nel 1922 si stipularono i nuovi contratti di mezzadria e tutti i prodotti agricoli, per legge dovevano essere divisi a metà. Finirono tutte le lotte. Ogni comune nominava due rappresentanti: uno in difesa dei proprietari, l’altro in difesa dei mezzadri.

   Ogni piccola questione veniva discussa ed appianata insieme. Quando non si raggiungeva un accordo, si faceva il verbale e si mandava in tribunale dove veniva giudicata con sollecitudine. Poi cominciò lo scontento pure per quelli che avevano inneggiato al duce. Non fu per gli Italiani una guerra voluta. Finita la guerra io disapprovavo il metodo violento con cui altri intendevano arrivare ad alte conquiste sociali nelle campagne.

   Io preferivo raggiungere il benessere dei contadini attraverso la dialettica, le leggi più umane e più giuste, senza ricorrere alle lotte selvagge, alle banalità, all’odio. Era allora un tema preoccupante quello della gente dei campi, dove viveva un numero esorbitante di persone per cui non era possibile una vita decorosa con pochi redditi della terra divisi in troppi.

      Si bloccarono le disdette, si riaccesero le polemiche, le lotte, poi avvenne il lodo De Gasperi che consisteva in una percentuale sui prodotti divisi anche negli anni precedenti, finché poi, con nuova legge,  si stipularono contratti con la divisione dei prodotti al cinquantatre per cento, in seguito al 58% a favore del mezzadro. La riforma agraria fu portata avanti dall’allora ministro Segni.

   Contemporaneamente cominciava l’esodo dalle campagne. I giovani fuggivano in massa per andare nelle industrie, nelle città in cerca di un lavoro più decoroso e di maggiore reddito. Si è discusso per anni ed anni il passaggio per legge dalla mezzadria all’affitto. La maggior parte dei contadini specie nei paesi collinari sono diventati proprietari dei terreni che coltivavano.

   Sono intervenute le macchine ad aiutare l’uomo nel lavoro dei campi: sono state create nuove industrie, nuovi posti di lavoro. Qualche industriale acquistava terreni per mettere al sicuro i propri risparmi e faceva grosse aziende. Ma in realtà non ottiene redditi come l’imprenditore che lavora da sé come coltivatore diretto.

   La mezzadria è già finita per morte naturale, perché il mezzadro, oggi, non potrebbe vivere con i prezzi così poco remunerativi dei prodotti agricoli in rapporto agli alti costi di produzione. Con l’entrata dell’Italia nel Mercato Comune, l’agricoltura italiana non è stata agevolata in quanto non siamo competitivi, per ragioni di clima, di frazionamento dei terreni e soprattutto per la natura pedologica dei terreni, oltre che per l’aumento indiscriminato dei costi di produzione.

   Vedo, a mio parere, uno squilibrio creato dalla partitocrazia e dai sindacalisti: alti stipendi in certi settori e bassi in altri.; lavoratori con pensione occupati o con altri redditi, mentre ci sono disoccupati. Inoltre l’uso indiscriminato del denaro pubblico crea scontento.

   Il lavoro in campagna richiede molti sacrifici, pur tuttavia viene compensato dal vivere all’aperto a contatto con la natura in un lavoro libero e responsabile. Prima o poi l’agricoltura riprenderà il ruolo importante che le spetta, quale arte primaria.

Gaetano Sbaffoni

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