BELLUCCI CLETO ARCIVESCOVO FERMO NUOVO ARCHIVIO DIOCESI PROMOZIONE DI STUDI. Biografia del Presule

Tassi don Emilio Direttore  della rivista semestrale dei QUADERNI dell’Archivio storico arcivescovile di Fermo ricorda l’opera innovatrice dell’arcivescovo Fermano mons. Cleto Bellucci.

TASSI Emilio Direttore dei «Quaderni dell’archivio storico arcivescovile di Fermo» anno 2013 n. 55 ricorda CLETO BELLUCCI Arcivescovo Metropolita di Fermo, perché ha rifondato l’Archivio storico diocesano. Scrive che sarebbe veramente imperdonabile se, sulle pagine della rivista, non venisse ricordato il nostro Arcivescovo per esprimere a lui la nostra filiale gratitudine e il sincero rimpianto per la sua scomparsa.

Il Direttore considera suo compito di illustrare la decisiva, appassionata ed intelligente opera svolta da mons. Cleto per la riorganizzazione, la rivitalizzazione, la fruizione dell’archivio storico diocesano e per la valorizzazione dei numerosi piccoli archivi ecclesiastici esistenti nelle strutture della vasta arcidiocesi fermana.

I ricordi di don Tassi abbracciano un periodo di quasi quaranta anni, tale infatti è l’arco di tempo nel quale ha diretto l’archivio diocesano, da quando lo stesso mons. Bellucci, nel 1972, appena due anni dopo la sua venuta a Fermo, li pregò di assumere questo impegno. E dai documenti emerge con chiarezza l’immagine che mons. Bellucci intendeva dare all’archivio diocesano e il ruolo culturale ed ecclesiale che egli intendeva affidargli.

Breve cenno biografico.

Cleto Bellucci nasce ad Ancona il 23 aprile 1921 ; compie i suoi studi ginnasiali nel seminario diocesano della città e quelli filosofici e teologici nel pontificio Seminario regionale “Pio XI” di Fano. Riceve l’ordinazione presbiterale nel 1946 per le mani di mons. Egidio Bignamini, arcivescovo di Ancona. E’ nominato, ancora diacono, vicerettore dello stesso Seminario regionale di Fano e vi resta fino al 1956; vi insegna Storia dell’arte e per breve tempo anche Storia della Chiesa.

Dalla sacra Congregazione dei Seminari viene nominato Rettore del pontificio Seminario regionale di Chieti nel 1956, restandovi fino al 1969, anno in cui viene eletto vescovo titolare di Melzi e destinato come Ausiliare dell’arcivescovo mons. Motolese da cui viene inviato nella sede di Castellaneta, diocesi unita all’arcidiocesi di Taranto.

Il 21 luglio 1970, viene trasferito a Fermo con la nomina di Amministratore Apostolico “sede piena” dell’arcidiocesi e contemporaneamente Coadiutore con diritto di successione dell’amato arcivescovo mons. Norberto Perini.  Due mesi dopo, il 27 settembre fa il suo solenne ingresso nella cattedrale metropolitana di Fermo e inizia il suo servizio episcopale alla diocesi in perfetta unione fraterna con mons. Perini.

Il 21 giugno 1976, a seguito della rinuncia presentata da Perini, insieme al quale viveva in stretta fraternità, assume la piena successione, come arcivescovo metropolita di Fermo.

Il 18 giugno 1997, dopo 27 anni di governo episcopale fermano, Giovanni Paolo II accoglie la sua rinuncia alla sede fermana e mons. Cleto si ritira a Torre di Palme continuando a prestare in parrocchia il suo servizio alla diocesi. Si mantiene in contatto con tutti i sacerdoti che egli segue con la preghiera, con il consiglio e con l’affetto paterno. Muore a Torre di Palme il 07/03/2013; la sua salma viene sepolta nella cripta della Basilica metropolitana di Fermo.

= L’Archivio diocesano e l’arcivescovo mons. Cleto Bellucci =

In occasione della sua rinuncia alla sede arcivescovile di Fermo questa rivista in ringraziamento all’arcivescovo emerito ha pubblicato un breve intervento per descrivere in particolare l’impegno da lui profuso nella sistemazione e nell’ampliamento della sede dell’archivio diocesano al fine di consentire che il copioso e importante materiale documentario ricevesse immediatamente una idonea ed efficiente sistemazione e ne fosse garantita una più sicura custodia nella speranza di creare le premesse per realizzarne la fruizione da parte degli studiosi. Articolo ripubblicato al termine della presente relazione.

Mons. Bellucci individuò nel seminterrato del vasto palazzo arcivescovile alcuni locali da tempo abbandonati ed inutilizzati che facilmente potevano essere messi in comunicazione con l’unico locale fino ad allora esistente, assolutamente inadatto e con un accesso inadeguato. I lavori ebbero inizio nell’anno 1981 e nel 1985 fu inaugurata la nuova sede dell’archivio.

A questo punto non c’è di meglio che riproporre una relazione scritta dallo stesso arcivescovo nella quale con esattezza egli racconta quanto realizzato: «Quando il Santo Padre Paolo VI mi inviò qui a Fermo, mi resi conto della necessità di porre mano al consolidamento delle strutture del Palazzo arcivescovile che versava in gravi condizioni di deterioramento. Feci subito ridisegnare le piante e lo spaccato dell’edificio per individuare le priorità degli interventi.

Nel visitare l’archivio poi mi si evidenziarono le carenze esistenti; non c’era più lo spazio per collocare le cartelle, non esisteva che un accesso molto scomodo dal piano della curia, non c’era alcuna possibilità di consultazione del materiale documentario, mancando ogni comodità e ogni attrezzatura tecnica.

Analizzando la pianta e visitando gli ambienti, mi sembrò possibile collegare la spazio già adibito ad archivio dall’arcivescovo Alessandro Borgia e dal cardinale Parracciani con ambienti contigui e sottostanti.

Furono necessarie opere di bonifica, di sabbiatura, di livellazione dei piani, di costruzione di una nuova scala per collegare i nuovi spazi con gli antichi, di sistemazione di un nuovo ingresso in via Anton di Niccolò al fine di rendere accessibile l’archivio dall’esterno e mettere quindi a di­sposizione di un più vasto pubblico il materiale archivistico.

Nel corso dei lavori si rese necessario la sostituzione di tutta la travatura della sala Borgia. Dopo le opere murarie si evidenziò la necessità di restaurare gli armadi settecenteschi approntati dal Borgia e dal Paracciani, di consolidare e restaurare il ballatoio creato nella sala Borgia, la copertura delle travi in ferro creando un soffitto a cassettoni.

Fu acquistata anche una adeguata scaffalatura metallica da collocare nei nuovi locali che vennero dotati di una illuminazione adatta; il complesso fu anche dotato di un impianto per il rilevamento di incendio e di un sistema di allarme antifurto.

Attualmente l’archivio si presenta sufficientemente ampio e fornito di una accogliente sala di consultazione e con ampi spazi per ulteriore raccolta di fondi archivistici.

Debbo particolarmente ringraziare il Presidente e il Consiglio di amministrazione della Fondazione Carifermo per la sensibilità dimostrata nei confronti di questa realtà culturale. E’ anche con il loro contributo che è stato possibile realizzare questa opera che penso onori e arricchisca la Città e il territorio.

Ho affrontato questa impresa, non scevra di preoccupazioni, con il desiderio di mettere a disposizione degli studiosi il notevolissimo materiale documentario conservato nel nostro archivio diocesano.

Sto adoperandomi attivamente per raccogliere nella nuova sede anche altri fondi archivistici come quello importantissimo e ricchissimo appartenente al Capitolo Metropolitano, quelli delle Parrocchie della città e delle Confraternite cittadine che mostrano l’interesse e sentono la necessità di mettere al sicuro e a disposizione degli studiosi i loro documenti storici.

Sono convinto che la Fermo di oggi debba costantemente arricchirsi con la conoscenza della sua storia, non per trarne compiacimento e inutile orgoglio, ma per sentirsi nutrita dalla linfa delle sue radici, essere consapevole della sua vocazione storica, essere ancora a servizio di unità e di sviluppo culturale e sociale per il territorio di cui è stata ed è il centro propulsore.

Ma già il mio pensiero è rivolto al completamento degli ambienti e delle attrezzature per il Museo diocesano d’arte sacra. L’arte e la cultura infatti sono le dimensioni storiche di questa nostra terra».

Questo è il resoconto fatto allora.

Nel giro di pochi anni peraltro si rese evidente la necessità di un ulteriore ampliamento dello spazio destinato all’archivio. Fu così che nel 1992 l’arciv. mons. Bellucci fece iniziare i lavori di ristrutturazione e di restauro di in vasto locale contiguo agli scantinati del palazzo in modo che fosse destinato ad accogliere il materiale documentario storico delle parrocchie e delle confraternite del­la città. Questo nuovo settore fu inaugurato nel 1996 in occasione del primo decennio di vita della nostra Rivista: «Quaderni dell’Archivio storico arcivescovile di Fermo».

Tutto ciò è stato fortemente voluto, personalmente seguito, diretto e realizzato dal nostro arcivescovo mons. Cleto Bellucci. L’interessamento dell’arcivescovo, inoltre, non si è limitato al settore della creazione di nuove strutture, ma ha riguardato anche l’attività che si svolgeva nelle iniziative che si andavano assumendo nelle competenze dell’archivio. Va ascritto a suo merito quello di aver fatto sentire costantemente la sua affettuosa vicinanza nel faticoso lavoro di trasferimento, risistemazione e riordino del copioso materiale documentario, di aver accompagnato col suo illuminato consiglio tutti i collaboratori nei non rari momenti di incertezza, di aver fornito i necessari strumenti e il concreto aiuto per facilitarne ogni attività. L’attenzione si è rivolta anche agli altri archivi ecclesiastici.

Su un altro piano ben importante e qualificante si è sviluppato l’interessamento di mons. Bellucci: quello di mettere ordine nella tenuta, nella conservazione e nella valorizzazione degli archivi parrocchiali e degli altri enti religiosi, sia sotto l’aspetto giuridico che su quello operativo.

Su questo particolare aspetto è necessario citare due suoi importanti e significativi interventi: il primo si riferisce alla ordinata tenuta, conservazione e valorizzazione dei “piccoli” archivi ecclesiastici della arcidiocesi; il secondo riguarda l’emanazione di norme generali sugli archivi parrocchiali e in particolare sul trasferimento degli archivi delle parrocchie soppresse che dovevano essere aggregati a quelli delle sedi delle parrocchie principali.

Rilevante appare anche il suo costante e discreto intervento presso le altre istituzioni colturali e presso gli organi statali di controllo degli archivi pubblici non statali al fine di sollecitare momenti di utile collaborazione. Contemporaneamente ha raccomandato sempre di tenere stretti rapporti con i competenti organismi sia della Sede Apostolica sia della Conferenza Episcopale Italiana e dell’Associazione degli Archivi Ecclesiastici.

In questa breve rassegna di quanto ha fatto a favore dell’archivio diocesano mons. Bellucci non posso sottacere l’opera svolta da mons. Vincenzo Vagnoni, indimenticabile vicario generale per decenni. Egli mi convocò all’inizio del mio impegno per esprimermi la sua soddisfazione e il suo incoraggiamento dichiarandomi il suo rammarico per il fatto che l’archivio si era ridotto ad essere semplice deposito di materiale, difficilmente penetrabile da rari e coraggiosi studiosi e mi fu prodigo di preziosi consigli. Allorché nel 1985 e dopo il 1992, in occasione dell’inaugurazione di quanto era stato realizzato dall’arcivescovo, ormai vicino a compiere i cento anni, il vicario mi espresse tutta la sua gioia e me consegnò un vasto e copioso materiale da lui scritto e raccolto, frutto delle sue lunghe ricerche e riguardanti fatti e aspetti della vita religiosa, civile e delle ricchezze artistiche della nostra diocesi.

Intanto i rapporti dell’archivio con altri soggetti colturali, caldeggiati, incoraggiati e promossi ci hanno consentito di partecipare a diverse iniziative culturali, quali la collaborazione con il «Dizionario del Movimento Cattolico», ai volumi «Le diocesi di Italia», all’attività dell’«Associazione Archivistica Ecclesiastica di Roma».

=Nota su Mons. Bellucci e sulla Rivista di questo Archivio=

Nel 1992 a conclusione del restauro degli ultimi locali dell’archivio, mons. Bellucci volle che si organizzasse un Convegno di tre giornate; personalmente invitò alcuni noti studiosi e sostenne il peso dell’iniziativa. Ad essa diede anche il tema: «Storia locale e pluralità delle fonti» e si svolse dal 5 al 7 giugno 1992. Con tale iniziativa l’arcivescovo annunciare, nella sua prolusione, la nascita di un Centro di Studi storici del Fermano, cosa che però ebbe una breve vita.

Quando nel 1985, subito dopo la prima inaugurazione del nuovo archivio, gli prospettai il desiderio che l’archivio avesse una sua pubblicazione periodica, egli si mostrò entusiasta e diede al progetto una dimensione ben più ampia e ambiziosa di quella che io avevo immaginato e prospettato. Si deve ascrivere, pertanto, a mons. Bellucci il merito di aver tenacemente voluto che l’archivio pubblicasse una rivista semestrale con i contributi di studiosi di storia locale fermani e di tutte le Marche.

Ideò un progetto in base al quale la rivista, oltre che esser diretta una emanazione dell’Archivio arcivescovile per la valorizzazione del ricco materiale documentario in esso custodito, potesse anche diventare strumento per promuovere ogni possibile collaborazione con altri archivi ecclesia­stici e potesse favorire un’intensa attività di ricerca storica specialmente da parte di giovani studiosi; traguardi ambiziosi che non sempre è stato possibile conseguire.

C’è da ricordare anche un’altra importante circostanza: nella celebra­zione del Sinodo diocesano convocato da mons. Bellucci egli volle che fosse introdotta una norma che prescriveva la continuazione della pubblicazione della rivista di «Quaderni dell’Archivio storico arcivescovile», rivista che conta di pagine da 120 a 150 per ciascun numero pubblicato ogni semestre.

Mette conto anche sottolineare il fatto che lo stesso nostro arcivescovo ha partecipato con suoi apprezzati interventi alla redazione della rivista: nel volume che apre la serie pregevole è l’articolo che porta il titolo «La formazione dell’archivio storico arcivescovile di Fermo»; così come nel n. 1 fu apprezzato l’articolo «Valorizziamo i piccoli archivi della diocesi». Altro contributo fu da lui offerto nel 1989 in occasione del IV Centenario dell’elevazione della elevazione della Cattedrale di Fermo a Metropolitana. Fu da lui affrontato il tema dei problemi giuridici relativi agli archivi ecclesiastici dopo la pubblicazione del nuovo Codice di Diritto Canonico. Da tale intervento è nato il Decreto arcivescovile pubblicato nel 1990 sulla custodia, la retta tenuta e gestione e valorizzazione degli archivi par­rocchiali e degli altri enti religiosi, che contiene anche precise norme per il trasferimento degli archivi esistenti nelle parrocchie soppresse che rischiavano di andare dispersi.

Credo che ogni parola che esprime la nostra profonda gratitudine per quello che mons. Cleto Bellucci ha fatto e realizzato sia per l’Archivio diocesano che per la nostra Rivista sia assolutamente inadeguata; più di ogni altra cosa però ci sentiamo di ringraziarlo per l’affetto con cui ci ha seguito in ogni momento e sostenuto continuamente e concretamente in ogni difficoltà.

Nel quotidiano impegno di archivio ogni pietra, ogni oggetto, ogni strumento di lavoro ci parlano della Sua presenza e della Sua sincera amicizia e ci assicurano che dalla casa del Padre, dove come vescovo della Chiesa partecipa alla celebrazione della Liturgia celeste, ci sarà vici­no con la Sua intercessione.

Mi piace concludere con un’espressione che Cicerone scrive nel De Senectute, riferite ad ogni uomo retto che, giovane o vecchio che sia, ha ben meritato: «Brevis a natura nobis vita data est, at memoria bene redditae vitae sempiterna». La natura ci ha dato una vita breve, ma è sempiterna la memoria di una vita bene spesa.

GRAZIE, ECCELLENZA!

Una più ampia biografia di mons. Bellucci è contenuta nel volume E. TASSI, ” Gli Arcivescovi di Fermo nei secoli XIX e XX “, Fermo 2006, pp. 227-255.

Nel 1996 all’ingresso principale dell’archivio è stata apposta la seguente iscrizione a memoria dell’importante evento:

PRAEDECESSORUM SUORUM EXEMPLA SEQUTUS ALEXANDER BORGIA ET URBANUS PARACCIANI QUI PRAETERITIS SAECULIS  VETUSTAE FIRMANAE ECCLESIAE INSIGNIA DOCUMENTA IN UNUM COLLEGERUNT AC IN TABULARIO AD HOC PARATO DISTINCTE ET ORDINATE DISPOSUERUNT CLETUS BELLUCCI ARCHIEPISCOPUS ET METROPOLYTA UT FIRMANAE ECCLESIAE MEMORANDAS RES ET VENERANDAS TRADITIONES POSTERITATI MANDARET AEDIFICII PROLATIONEM PARAVIT MONUMENTA LITERARUM DISTINCTE DISPONERE CURAVIT DIOECESANUM ET CAPITULAREM TABULARIUM INSTRUMENTIS AD NOVA EXEMPLA COMPOSITA SUPPEDITAVIT A. D. MCMXCVI

Gli arcivescovi di Fermo mons. Alessandro Borgia e Urbano Paracciani nei precedenti secoli avevano raccolto gli insigni documenti dell’antica Chiesa Fermana e li avevano sistemati ordinatamente nell’archivio da loro preparato appositamente in maniera distinta. L’arcivescovo metropolita Cleto Bellucci ha seguito i loro esempi nel fare un grande ampliamento dei locali archvistici al fine di tramandare ai posteri le trestimonianze memorabili e le venerabili opere scritte della tradizione della Chiesa Fermana, disponendole in ordine sistematico e provvedendo a completare  l’archivio nuovo  con altre attrezzature idonee al tabulario diocesano e  per quello capitolare.

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