Le epigrafi dei primi cristiani nel Fermano: Fermo, Falerone, Civitanova, Macerata

I PRIMI CRISTIANI A FERMO

Il prof. Giuseppe Santarelli, religioso cappuccino, ha pubblicato ”Le origini del Cristianesimo nelle Marche” nel 2007 a Loreto in occasione dell’Agorà con il papa.     Risale al primo secolo l’annuncio della Buona Novella diffusasi nelle Marche: da Ancona, via mare, e da Roma, lungo le vie consolari tra cui la via faleriense (Falerio Picenus).  La seminagione del Vangelo è stata corroborata dal sangue dei martiri, testimoni del Cristo.

Dal terzo al sesto secolo in poi, si diffusero nelle Marche venticinque sedi vescovili documentate. Prima che fossero stabilite queste sedi vescovili, era avvenuta la penetrazione della speranza cristiana tra i fedeli  nelle famiglie, in modo talmente efficace da fortificare le radici vigorose per i successivi secoli della storia.

SAN MARONE E L’EPOCA DEI PRIMI VESCOVI

Il martire più anticamente ricordato per il Piceno è il presbitero San Marone il cui martirio avvenne nell’ultimo tratto della via Salaria, presso la foce del fiume Tronto (Truentum). Il suo corpo, dopo scomparsa la diocesi di Truentum,  fu trasferito nella diocesi del Cluetensis Vicus, presso la foce del fiume Chienti, divenuta in seguito Civitanova e incorporata nella diocesi di Fermo.

Due vescovi fermani sono ricordati dalla tradizione come martiri: sant’Alessandro e san Filippo. A testimoniare la presenza antichissima di persone cristiane ci sono sei epigrafi sepolcrali dal terzo secolo al quinto, conservate nel museo archeologico di Fermo, inoltre, si hanno i resti della basilica paleocristiana con un sarcofago databile intorno al quarto secolo.

Lo studioso Michele Catalani e con lui A. Harnack ed altri dichiarano Fermo uno dei cento episcopati indubbiamente esistenti in Italia attorno all’anno 250. Agli inizi del secolo successivo il numero dei cristiani è calcolato dagli esperti nella percentuale del 10% degli abitanti dell’Impero. Percentuale molto alta. Per i primi tre secoli, a causa delle persecuzioni anticristiane, sono andate perdute le fonti scritte. Ecco alcune testimonianze successive.

Il vescovo orientale sant’Atanasio, nell’Apologia contro gli ariani, riferisce che al concilio di Sardica (Sofia cap. Bulgaria) nel 343 circa,  erano presenti anche i vescovi Piceni e questo dato storico è prova incontrovertibile della loro esistenza.

L’esistenza di Claudio, vescovo del Piceno è inoltre documentata da san Girolamo nel Dialogo contro i Luciferini: era presente nell’anno 359 alla riunione di Rimini.  Ancor oggi gli è intitolata una località di Fermo presso la pianura del Fiume Tenna ed inoltre la chiesa, a San Claudio, località del comune di Corridonia,  nell’antica diocesi di Pausolae (stazione del transito romano), incorporata poi in quella di Fermo.

E’ noto che fino alla libera pace della Chiesa con l’editto di tolleranza da parte di Costantino (Milano 313) i cristiani non lasciavano ad altri documenti della loro presenza.

L’ANTICHE CRISTIANITA’  di FERMO DALLE EPIGRAFI

Il Mecchi, grande studioso di archeologia fermana, data alla fine del terzo secolo l’epigrafe di Fermo esistente nell’Antiquario comunale: “Massima, buona cristiana,  moglie carissima, in pace, il 26 maggio, la quale trascorse in compagnia del marito 15 anni e morì più o meno all’età di 30 anni solamente” . E’ questa una prova certa dell’esistenza di una comunità cristiana di Fermo, almeno all’inizio del IV secolo.

Un frammento di epitaffio, databile al secolo quarto, è dedicato al cristiano Secundus, tradotto dal santarelli: Qui riposa Secondo. Visse 50 anni. Trascorse in compagnia della sua moglie 23 anni”.

Altre due epigrafi del quarto secolo: una riguarda “Masinia tumulata il 22 luglio” e l’altra”Domizio Modesto e Flavio Arinteo” datata all’anno 372.

Un epitafio d’inizio del quinto secolo, dice: “All’anima beata di Lampadio ….”

Un’epigrafe fermana del quinto secolo, è tradotta dal Santarelli: “Qui riposa nella pace il prete Osvaldo, che visse in questo mondo più di 44 anni. Fu tumulato il 20 giugno ( . . .) essendo console Valentiniano“ .

Precisabile meglio la data dell’epigrafe del tempo del consolato di Valetiniano, all’anno 425 oppure 455: “Qui riposa in pace Usualdo, presbitero, che visse in questo secolo <un po’> più di 44 anni, tumulato il 20 giugno, indizione — a tempo del console Valentiniano”.

DUE EPIGRAFI da Falerio Piceno, conservate a Fermo, all’Antiquario Comunale. L’epitaffio della cristiana Elvia è databile dal terzo dal quarto al quarto secolo: ” Salve. 10 aprile tumulazione. Ad Helvia Terza  vissuta con suo marito Licinio Onorato, anni 42, mesi 3 e giorni 16, ora terza. Vi saluto, o fedeli. Terza fedele vergine, riposa in pace con i fedeli santi. Salvezza di Gesù”.

L’altra epigrafe faleronese,  parimenti conservata a Fermo, è datata al quinto secolo circa: ” Qui riposa Gaudentia. Visse 8 anni. In compagnia del marito trascorse 30 anni. Vedova per 37 anni. Fu tumulata l’ 11 settembre”.

EPIGRAFE esistente a Macerata, che sino all’anno 1320 era nella diocesi di Fermo: ” Isuario, liberto benemerito, visse 45 anni, giorni 12, a tutti carissimo, nella pace”. La datazione è incerta, riferibile al secolo V circa.

EPIGRAFE esistente a Civitanova Marche, presso la chiesa di san Marone, datata all’impero di Onorio. ” Qui – – – – (una persona) è stata deposta a tempo del consolato del signore nostro imperatore Onorio”.

I PRIMI VESCOVI A FERMO

Dopo il primo secolo contrassegnato dalla presenza operosa del presbitero martire san Marone, si può parlare della sede vescovile a Fermo datandola al terzo secolo cristiano, come dice il valido studioso del commentario dei vescovi fermani,  Michele Catalani.

Il Martirologio romano (non sempre di sicura documentazione) presenta alcuni santi martirizzati a Fermo: il giorno 11 gennaio, Sant’Alessandro vescovo; il 22 ottobre, San Filippo vescovo; il 12 aprile, Santa Vissia; il 30 aprile, Santa Sofia, ambedue  vergini e martiri

Sant’Alessandro è considerato per tradizione il primo vescovo martire fermano. Il nome Alessandro era diffuso ed è comune anche ad altri martiri e vescovi santi. Il prof. Serafino Prete ha drasticamente espunto questo vescovo Alessandro dall’elenco cronologico dei primi vescovi locali come pure il successore (secondo una tradizione) vescovo martire san Filippo, successore.

Forse  questi martiri, comprese Vissia e Sofia, servirono a dar memoria ad altri martiri fermani anonimi dei primi  secoli cristiani. C’è la memoria di settanta martiri fermani.

Sono andati perduti nelle Marche atti scritti dei primi tre secoli cristiani, ma se ne hanno echi negli Atti dei martiri, in particolare per le notizie sul martirio di san Marone nel Piceno.

L’EPIGRAFE DI ALESSANDRO VESCOVO A FERMO

A Fermo, nella chiesa di san Marco alle Paludi un’epigrafe reca scritto il nome del vescovo Alessandro vissuto al tempo dell’imperatore Massimiano (anni 286-305 e 307-308 d. C.).

Questa epigrafe tradotta dice: “Anno del Signore 1053: Questa chiesa fu fondata al tempo di Alessandro papa, al tempo di Massimiano imperatore”. Il Santarelli  precisa che il vocabolo ‘papa’, fino al pontificato di Gregorio VII, non era usato soltanto per il romano pontefice, era anche appellativo dei vescovi. Alessandro è appunto il vescovo di Fermo (vissuto tra la fine del terzo e gli inizi del quarto secolo cristiano)  tramandatoci da quest’iscrizione che merita credito. Rinvia come prima data agli anni  286-300.

Non ci poteva pervenuto alcun altro documento scritto, da quel tempo di dura persecuzione, che trasmetta il nome di un vescovo anteriore ad Alessandro, nell’episcopato fermano. Considerata la generale carenza delle fonti letterarie, è notevole il fatto di trovare documentato questo nome nel reperto archeologico.

Importante prova, inoltre, l’elemento concomitante dell’esistenza di una edificio romano databile alla metà del terzo secolo presso la stessa chiesa di san Marco alle Paludi a Fermo. Negli scavi è stato trovato un ampio edificio, con larghe tracce di pavimentazione musiva a tasselli bianchi e neri. Tra le mura si disse rinvenuta una moneta di bronzo dell’imperatore Massimino (235-238 d. C.).

ANTICHITA’ PALEOCRISTIANE A FERMO

Nell’attuale cattedrale fermana esiste un sarcofago di marmo compatto, scolpito nella sola parte anteriore con cinque scene: la centrale raffigura il Cristo-Verbo con gli offerenti Caino ed Abele e nelle nicchie laterali si vedono scene della vita di san Pietro come narrate negli “Atti degli apostoli”.

Questo sarcofago paleocristiano è datato dalla maggioranza degli esperti al quarto secolo e da taluni alla fine del terzo secolo. Dai documenti successivi delle Visite pastorali, si ha notizia che il corpo del vescovo Alessandro riposava dentro un’arca marmorea nella stessa cattedrale. Riguardo al corpo del vescovo martire. Filippo si tramanda che fu collocato “nella confessione” della cattedrale fermana in sepolcro marmoreo, poi sostituito dall’arcivescovo Alessandro Borgia (1724-1764) con un moderno reliquiario.

La cattedrale, in cima al colle della città Fermana, ha, nella sua base, una chiesa paleocristiana a forma di basilica con parte della muratura databile al quinto secolo, e con un ampio e bel mosaico di questo periodo. Nel’arco interno dell’abside si notano i sedili per cui si pensa alla cattedra o seggio del vescovo ed ai sedili laterali riservati al clero. Nel pavimento di questa abside è stato trovato un mosaico raffigurante un cantaro (simbolo del Cristo) con due pavoni a fronte, simboli delle anime che da Lui ricevono l’acqua della vita.

Un reperto esistente un tempo nel museo di Gaetano De Minicis (poi disperso)  è stato descritto come Cristogramma con le lettere greche X, e, P incise su una tegola romana.

I VESCOVI PICENI NELLE LETTERE DEI PONTEFICI DEI SECOLI V e VI

Faustino vescovo di Potenza Picena fu Legato del sommo pontefice romano Zosimo al Concilio di Cartagine nell’anno 419. Venne inviato poi da papa Celestino come suo legato in Africa.

Il papa Leone Magno scrisse nel 443 una lettera “ A tutti i vescovi costituiti nella Campania, nel Piceno, nella Tuscia e in tutte le province”. Altra lettera scrisse nel 459 ai vescovi costituiti nella Campania, nel Sannio e nel Piceno.

Di Vitale, vescovo di Truentum, è documentato l’invio come legato papale a Costantinopoli nel 483.

Gelasio I papa dal 492 al 496  scrisse varie lettere per fatti riguardanti il vescovo di Falerio Picenus, quelli di Ancona, di Potenza, di Osimo e di Vicus Cluetensis, inoltre contro la diffusione del pelagianesimo nel Piceno.

Dalle lettere del papa Gregorio Magno si trova scritto il nome di Fabio,  vescovo fermano nell’anno 580. La diocesi di Fermo da queste lettere risulta estesa dal fiume Potenza ad oltre il fiume Tronto, avendo già incorporato le diocesi di Truentum, Falerio Picenus, Pausulae, Cluentum, Ripatransone, e inoltre di una parte di altre tre diocesi: Potentia; Urbs Salvia e Ricina per cui la vitalità della diocesi di Fermo risulta evidente in quest’epoca.  E’ ragionevole che per diventare tanto ampia e importante diocesi del Piceno, le sue radici non sono recenti, ma lontane.

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