I Farfensi sin dal secolo IX nel Fermano migliorarono l’agricoltura

L’AMORE DEI MONACI ALLA TERRA  PER MIGIORARLA. La storia agraria a Santa Vittoria in Matenano. Nel territorio piceno e fermano si sono distinti i monaci benedettini di Farfa (comune di Fara Sabina) dopo che alla fine del secolo IX vennero con l’abate a vivere per una quarantina d’anni, in territorio di Santa Vittoria in Matenano, castello che essi stessi costruirono, portandovi le reliquie della santa martire.    Esistono ancora nel territorio diocesano, dove ebbero molte donazioni, varie chiese d’ arte romanica, pur restaurate, come Santa Maria a pie’ di Chienti a Montecosaro; San Simone a Belmonte Piceno, San Marco a Ponzano, Santa Maria in Offida ed altra S. Maria a Montegiorgio e altrove.    Giuseppe Michetti ha scritto che i veri civilizzatori del Piceno sono stati i Farfensi e d ha offerto alcune osservazioni che riproponiamo dal suo libro su Santa Vittoria in Matenano. “ Un merito particolare hanno i Farfensi nell’aver sviluppato l’agricoltura nel Piceno. Chi si indugia ad ammirarne le meravigliose campagne, resta sbalordito dal senso estetico che guida l’agricoltore nelle coltivazioni (fatte) con religiosità. Chi ha coltivato l’ha fatto pregando.    I Farfensi coltivavano essi la terra? La coltivavano e insegnavano a coltivarla. Fino a tutto il mille i monasteri benedettini rigurgitavano di monaci: erano anime che cercavano tranquillità; erano soldati stanchi e nauseati delle armi; erano lavoratori che non riuscivano a formarsi una famiglia con il loro lavoro; erano anche signori che donavano tutto al monastero e si mettevano a disposizione dell’abate.    Per tutti valeva la regola di san Benedetto: “Ora et labora” (prega e lavora) ed essi lavoravano, chi studiando e scrivendo e chi esercitando un mestiere, e molti la oravano la terra. Le terre poi che i monaci non lavoravano da sé, le davano in affitto ad altri lavoratori, ai quali il monastero prestava assistenza tecnica per una migliore lavorazione.    Un contratto di mezzadria si conserva nell’archivio priorale, risale al 1201(forse è l’unico che si conosca). Vi si legge da parte dell’affittuario “Riguardo alla terra che mi hai affittato per coltivarvi la vigna e curare tutto ciò che è in essa, prometto di darti la metà dei frutti che potremo ricavare da detta terra, e metà di tutto il legname.    Ai Farfensi il Piceno deve il suo progresso in ogni campo sociale, essi hanno sollevato il nostro popolo dall’avvilimento; lo hanno difeso dall’oppressione; gli hanno aperto la via della libertà e del progresso.    In tutti i contratti di affitto ricorre la frase “a miglioria” come dire che la terra che davano ad una canone leggero,  doveva essere migliorata: Era la premura maggiore dei monaci: migliorare la terra. E la terra migliorava perché i monaci, con il loro esempio, insegnavano ai coloni la religiosità del lavoro.    Gli affittuari capivano che migliorare la terra era a loro vantaggio, perché potevano trarre da essa quanto serviva per pagare il tenue canone, per vivere la famiglia e per formarsi, mano, mano, un piccolo capitale.    L’esempio dei monaci spingeva a migliorare le terre che non erano della badia. Furono i Farfensi a far sentire al nostro popolo la gioia del lavoro libero. L’interesse per la terra spingeva spesso l’abate a cedere terre ben coltivate, in cambio di terre incolte.    L’amore al lavoro avrebbe in poco tempo trasformato quelle terre incolte in giardini.”

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