AMANDOLA di Gabriele NEPI autore

AMANDOLA (ROCHA AMANDULAE)

di Gabriele Nepi

L’etimologia di Amandola si riallaccia, secondo un’antica tradizione, ad una grande pianta di mandorlo che sorgeva sullo spiazzo di Castel Leone (1). Connotazioni latine sono da escludere, anche perché il mandorlo è designato come amygdalus prunus o amygdalus communis.

Taluno indicherebbe una derivazione medievale da Amanda. In ogni caso nelle Rationes Decimarum Italiae (Fermo) relativi agli anni 1290-1292, si ha che il Pievano di Amandola versa le decime dovute (a Plebano de Amandula).

Lo stemma della città e così tutto da tre monti verdi in campo rosso: sopra al monte di mezzo, c’è un mandorlo; sopra, lo scudo e una corona sette punte (2).

L’esistenza di un insediamento demico nella zona sin dalla remota antichità, è comprovato dal ritrovamento di suppellettili ascrivibili all’età del bronzo. Del periodo romano si hanno testimonianze della centuriazione della zona (3). Facente parte della quinta Regio, cioè del Piceno, alla caduta dell’impero romano e calata dei barbari, soffre per le devastazioni e rapine di questi. Alle prime ondate dei barbari invasori, seguono i Longobardi che, venuti nella zona, fondano il Ducato di Spoleto comprendente anche l’aria montana dei Sibillini ed erigono nelle vicinanze di Amandola la chiesa di Sant’Angelo in Montespino, dedicata a San Michele Arcangelo (attualmente territorio di Montefortino) (4). La sua erzione risale al VI, VII secolo.

Nel frattempo, nel 771, il Ducato di Spoleto si scinde e la zona ad est dei Sibillini prende il nome di Marca Fermana; essa ricalca i confini dell’antico Piceno e si estende dall’Esino a oltre Vasto; dagli Appennini al mare. Successivamente, dopo l’invasione dei Normanni da sud, il Tronto segnerà il confine della Marca Fermana sita a nord  di esso e nel cui territorio è compresa Amandola.

Ai Longobardi subentrano i Franchi; sono effettuate delle donazioni alla Chiesa e dell’autorità del Vescovo di Fermo si fa sentire anche da queste parti. Però sono presenti anche i Monaci di Farfa che da Santa Vittoria (loro caposaldo nelle Marche e dove avevano portato nel giugno 954 il corpo di Santa Vittoria che ha dato il nome al Comune) estendono i loro possedimenti nel territorio. Sono i possessi a macchia di leopardo: del vescovo di Fermo e dei farfensi. Relativamente ai possedimenti dell’Abbazia di Farfa vediamo Amandola in un catasto riportato dallo Schuste (5).

Le seguenti sono le città e castelli che sono stati e sono dall’antichità (antiquitus) sotto il Presidiato dell’Abbazia di Farfa: Fermo, Ascoli, Santa Vittoria, Montelparo, Montanto, Patrignone, Porchia, Ripatransone, Monterubbiano, Montefiore, Offida, Castignano, Rotella, Force, Montemonaco, Santa Maria in Gallo (=Montegallo), Arquata, Amandola, Montefortino, Penna San Giovanni, Monte San Martino.

Già nel 977 Gaidulfo, vescovo di Fermo, aveva concesso in enfiteusi, fino a terza generazione, diversi poderi nell’aria di Amandola, Montefortino e Sarnano a Mainardo di Siffredo. Dal codice 1030 dell’Archivio di Stato di Fermo si evince uno spaccato di vita sociale religioso-economica di quel tempo e i possessi delle Abbazie di San Ruffino e di San Vincenzo e Anastasio (6).

Intanto, per una vita più sicura per motivi di difesa, ha luogo l’incallestamento. Ville e castelli minori si uniscono ad un castello maggiore. Piccoli proprietari e feudatari si uniscono per una difesa od offesa comune, o sotto la protezione di monaci, o sotto quella di un signore emergente.

Di conseguenza, si ha la fondazione di Amandola. È il 1248: dalla fusione dei castelli Agello, Leone e Marabbione, nasce Amandola. Quello che era un insediamento con popolazione sparsa è ora un castello con una fisionomia propria, collegi, usanze consuetudini che si tradurranno negli Statuti risalenti al 1336 e poi stampati nel 1547 nella stessa Amandola per magistrum Lucam Bissium Mantuanum. La tiratura fu di 100 copie; costo: 80 fiorini.

Si entra in una fase di autonomia amministrativa. Ma l’ingrandirsi del centro preappenninico, suscitò gelosie e rivalità dei vicini e si ebbero scontri con Ascoli che appoggiava Comunanza e con Montefortino e Sarnano. Durante il pontificato di Nicolò IV, papa ascolano, si celebrò davanti al Rettore della Marca un processo contro gli Amandolesi perché in numero di mille, avevano assaltato Monte Passillo (7).  Corse allora il detto “Chi vuol vedere Monte Passillo vada ad Amandola”. Infatti erano numerosissimi i prigionieri catturati dagli Amandolesi e cospicuo il bottino.

Nel secolo XIV  vi fioriva l’industria della lana, del rame e della carta. In questo stesso secolo, il card. Egidio Albornoz con le Costituzioni Egidiane, emanate a Fano nel 1336, da uno “statuto” alle Marche e divide le città in maggiori (Fermo, Ancona, Camerino, Ascoli, Urbino); grandi, mediocri e piccole. Amandola figura tra le mediocri, alla pari di Osimo, Sarnano, S.Ginesio, Civitanova, Monte Granaro.

In questo periodo conta 750 fumantes cioè una popolazione di 3750 anime (8).

Nei secoli XIV e XV dominano su Amandola i Signori di Varano, poi il Conte Francesco Sforza (1433-46), indi Cesare Borgia (alias Duca Valentino), Malatesta, Niccolò Piccinino, ecc.

Dal sec.XVI alla venuta dei Francesi nulla di speciale, come del resto rileva il Ferranti nella sua poderosa storia di Amandola. Spopolata o quasi, nel 1760, con molte case vuote e disabitate, e la prima località delle  Marche ad avere il pubblico reggimento in tre gradi: nobili, artigiani e contadini (9).

Invasa è percorsa da truppe (nel novembre 1643 i soldati invasori erano più di mille) e desolata da abigeati, furti ed epidemie, resiste impavida.

Sisto V che nel 1586 (l’anno dopo della sua elezione) aveva istituito il Presidato di Montalto, mostra predilezione per Amandola ed anche i Francesi che, costituito il Dipartimento del Tronto con capoluogo Fermo, creano Amandola capoluogo del Cantone omonimo da cui dipenderanno Comunanza, Montefortino, Montegallo, Montemonaco, oltre alla stessa Amandola.

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1 Pietro FERRANTI, Memorie storiche della città di Amandola, Ripatransone 1985 pag.34

2 CAI Club Alpino Italiano: Guida della Provincia, Ascoli Piceno 1885.

3 P. BONVICINI, La centuriazione della valle del Tenna.

4 Gabriele NEPI, Cenni storici di Montefortino, Fermo, 1960

5 A. VITTORI, Montemonaco nel regno della Sibilla Appenninica, Firenze, 1931

6 Liberturium dell’Episcpopato e della città di Fermo 977/1266 a cura di D.Pacini G. – Avarucci U. Paoli,

fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, 1996/98.

7 P. FERRANTI, op. cit.

8  G.NEPI, G.SETTIMI, Storia di Santa Vittoria in Matenano, Camerino, 1976.

9 AA.VV. Amandola e suo territorio, Milano, 1995.

<Grazie ad ALBINO VESPRINI per la collaborazione>

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