MONTEGIORGIO di GABRIELE NEPI Storia Arte Chiese Personalità Comune Politica

MONTEGIORGIO di Gabriele Nepi

Che il luogo dove sorge il centro abitato del Comune di Montegiorgio fosse abitato fin dalla preistoria, è dimostrato dai ritrovamenti archeologici, quali una fabbrica di selci ed altri reperti conservati nel Museo Nazionale delle Marche e nel museo etnografico  Pignorini di Roma.   Non è da considerare la tradizione che sulla attuale centro abitato in collina abbia avuto origine e sito una città chiamata “Tignum”. Tale fantomatica località è come la “primula rossa”; molti ne hanno parlato sino dal secolo scorso, ma nessuno sa dove sia. Sino agli inizi del 1000 la storia di questo comune è stata creata essenzialmente dai Farfensi, presenti con il loro abate a Santa Vittoria in Matenano nel 934. Nel 1054 circa Giso, preposto della chiesa di Santa Maria in Giorgio (= Montegiorgio) redige un elenco delle famiglie di Santa Maria in Farfa “nel contado fermano” come risulta dal Regesto di Farfa  di Gregorio da Catino.    Da un documento del 1263 si rivela che i monaci farfensi officiavano la maggior parte delle chiese di Montegiorgio, delle quali, ovviamente, amministravano i beni, i legati e i benefici annessi.    Nel passare del tempo, l’opera dei farfensi determinò un incremento economico che richiamò gente da altre località tanto che nel 1099 il paese venne cinto da mura. Nel 1199 troviamo già il paese eretto a Comune autonomo e con un notevole sviluppo che non passò inosservato dalla vicina città di Fermo che nello stesso anno ritenne opportuno sviluppare con Montegiorgio un patto politico-economico. Alla firma di tale patto erano presenti per il comune di Montegiorgio quattro “consoli” e cioè: Matteo Girardi, Morico Scoppesi, Giovanni Tagrani e Fanaldo Burlamergi. Il patto concluso prevedeva un’alleanza civile e militare tra i due contraenti; libertà scambievole per il montegiorgiesi e per i  fermani di commerciare e di risiedere nei due paesi, un’offerta di un palio di sei libre ai fermani in occasione della festa dell’Assunta, in segno di sudditanza. Altre clausole consistevano nella consegna delle chiavi del castello ai fermani, accantonamento delle controversie pendenti, la possibilità di scioglimento del patto per volontà di una delle due parti entro 30 giorni. Tale patto assicurava però la sicurezza sociale e militare per il Comune di Montegiorgio.     Rainaldo duca di Spoleto era a Montegiorgio nel gennaio del 1229 ed i Montegiorgesi si schierarono a favore dell’impero. Allora Federico II concedeva al Comune l’esenzione dalla dipendenza fermana e la giurisdizione sui castelli di Alteta, Cerreto, Francavilla, Magliano, Monte San Pietrangeli, Monteverde e Rapagnano. Il Comune modificò perfino il suo stemma assumendo l’emblema di Federico II e i colori della Casa Sveva. Rimase fedele Federico fino al 1244 quando Fermo, dopo essere stata liberata dal governo imperiale tornò alla Chiesa, di conseguenza Montegiorgio tornò sotto l’egida fermana. Con i nuovi patti il Comune dovette restituire a Fermo i castelli di Magliano, Collicillo, Alteta, Cerreto e Grottazzolina.     La perdita di tali castelli provocò malcontento tra la popolazione che sfociò addirittura in un’aperta ribellione contro Fermo che rispose con adeguate rappresaglie. Poi  nel 1300 la pace era stata ristabilita e Montegiorgio in quell’anno consegnò ancora una volta il solito pallio alla comunità fermana in occasione della festa dell’Assunta.      Nel ‘200 la vita economica del paese  ebbe un contributo notevole da parte degli ebrei che vivevano relegati nel ghetto che si estendeva da Porta San Nicolò lungo la via Solferino fino all’attuale via Cestoni. Esercitavano l’industria della lana, lavoravano la seta ed il vino e ovviamente svolgevano anche il mestiere “di banco”, prestavano cioè il denaro. Gli ebrei comunque erano tollerati anche se sul finire del XIII secolo alcune case del ghetto vennero saccheggiate dai cittadini. A Montegiorgio, la loro attività feneratizia esercitò minore influenza finanziaria e commerciale quando nel XVII secolo venne costituito il Monte di Pietà detto di San Simone.     Nel 1246 giunsero in paese i frati dell’ordine francescano. Nel 1265 un altro Ordine si stabiliva entro le mura castellane: quello degli Eremitani di Sant’Agostino che rimasero in paese per molti secoli costruendo il grandioso convento esistente ancora oggi.   Nel XIV secolo, in considerazione della devozione dimostrata dai cittadini verso la Chiesa, il cardinale Legato Napoleo concede loro il diritto di poter trasportare le merci prodotte a Montegiorgio in tutto il territorio della Marca. Concede inoltre ai cittadini di poter eleggere liberamente le Magistrature cittadine, con versamento annuale di 120 libre di denari ravennati.    Nella guerra fra San Ginesio e Fermo il comune di Montegiorgio partecipò come alleato di quest’ultima città. San Ginesio non fu espugnata e le operazioni militari iniziate nel dicembre 1304 non sortirono risultati concreti. I Sanginesini ricorsero al Rettore pontificio della Marca e provocarono un processo contro Fermo, dal quale Montegiorgio uscì condannato a pagare 5000 libbre. Ancora una volta Fermo e i suoi alleati mossero contro San Ginesio, conquistarono alcuni castelli, ma non riuscirono ad espugnare San Ginesio. Il pontefice Clemente V venuto a conoscenza del fatto, diede mandato a Robertino, giudice per la Marca, di celebrare un nuovo processo. Il 7 luglio 1305 Montegiorgio dovette pagare altre 5000 marche d’argento e partecipare al risarcimento dei danni provocati agli avversari.       Montegiorgio continuò a seguire Fermo nelle iniziative politiche e di guerra. Subì con la città le prepotenze di Mercenario da Monteverde e di altri tiranni. Il cardinale Egidio Albornoz nell’ottobre 1352 concesse al Comune montegiorgese l’esenzione delle tasse di censo per consentire le riparazioni e la fortificazione delle mura castellane.       Nelle Costituzioni Egidiane del 1357 il paese risulta collocato tra le città di secondo grado,  che nel testo vanno sotto il titolo di “Civitates et Terrae mediocres”. Nella lotta del secolo XV per le signorie, a Monte Giorgio ebbe una parte rilevante Battista Alaleona, governatore del castello e giurato ghibellino, che sventò una trama per aprire le porte del paese alle truppe di Braccio da Montone e che condannò a morte i responsabili. Correva l’anno 1407.       Il paese passò sotto la signoria fermana di Ludovico Migliorati e successivamente di Francesco Sforza. Durante il dominio di quest’ultimo, il paese accettò di buon grado i podestà “consigliati”, subì le imposizioni e le devastazioni del territorio e dovette sottoscrivere patti gravosi. Nel 1450, dopo finita la signoria sforzesca, Montegiorgio ritornò a far parte dello Stato Fermano. Il cardinale Agostino Trivulzio riforma gli Statuti, approvati dal Consiglio Generale e speciale del Comune montegiorgese. Vengono confermati i privilegi elargiti dal papa Leone X. Allora la comunità degli ebrei era sempre tollerata anche se non sempre gradita.     Nel 1585 giunsero i frati Cappuccini che presero dimora in un convento e chiesa edificati a spese pubbliche. Nello spirito del concilio di Trento fiorirono in paese nuove iniziative religiose, tra cui l’erezione di numerose Confraternite alcune delle quali svolgono tuttora attività a favore dei cittadini.       Nel 1637 venne eretto il monastero di Sant’Andrea per le monache francescane.      Nell’anno 1797, dopo l’occupazione della Marca da parte delle truppe francesi, i montegiorgesi accettarono la nuova situazione politica, anche se gravose furono le contribuzioni versate in vestiario, pane, vino, carne, cavalli e denaro. Montegiorgio venne compreso nel territorio delle Dipartimento del Tronto come capoluogo di uno dei Cantoni.

Nel 1849 fece parte della Repubblica Romana di Mazzini, poi ritornò sotto il governo pontificio. Segui le sorti delle altre città marchigiane annesse al Regno d’Italia.      Con il decreto dell’8 aprile 1900 il comune di Alteta venne definitivamente aggregato a Montegiorgio. Fino all’avvento del fascismo ebbe un suo rappresentante alla Camera dei Deputati e tra essi il più illustre fu certamente Romolo Murri.

CHIESE E MONUMENTI

Chiesa di S. Francesco, già S. Maria Grande. Si trova ubicata sul colle anticamente chiamato di Cafagnano. Non si conosce la data di costruzione, ma si presume sia del secolo XIII. La chiesa, con il vastissimo monastero annesso, apparteneva ai monaci benedettini di Farfa. Nel 1263 sotto il pontificato di Urbano IV  l’abate farfense Pellegrino donava questa chiesa al cardinale Gaetani, protettore dei Frati Minori di San Francesco. Nel 1585 subì alcune trasformazioni. Dopo il 1870 il monastero passò al Comune di Montegiorgio che lo adibì a sede municipale.

Chiesa dei SS. Giovanni e Benedetto. La chiesa attuale venne costituita dal 1792 al 1798, mentre veniva demolita l’altra che esisteva fuori Porta San Giovanni. Una chiesa con lo stesso titolo esisteva fin dal secolo XIII e in essa si trasferirono i monaci Benedettini dopo la donazione della chiesa di Santa Maria Grande al cardinale Gaetani che la affidò ai minori Conventuali. Nessun documento ci consente di stabilire quando i Benedettini lasciarono anche questa chiesa, ma si suppone tra il XV e il XVI secolo.    Sul fondo dell’abside si osservano due tele: il Battesimo del Salvatore e la nascita di S. Battista, quest’ultima opera di Stefano Parrocel.

Chiesa di San Michele. Anche questa chiesa apparteneva ai Benedettini fin dal 1263. Fu fatta restaurare nel 1770. Rimaneggiata diverse volte nel corso dei secoli, attualmente il suo stile è barocco. Bellissime sono le decorazioni a stucco nello stesso stile esistenti sulla volta e sulle pareti della navata centrale.

Chiesa di Sant’Andrea. La chiesa in stile neoclassico, ha tre navate divise da due arcate. Annesso alla chiesa venne eretto un convento di suore per volontà del nobile Giovanni Antonio Passari e con l’assenso del pontefice Urbano VIII (1623-1644). Il convento venne modificato varie volte in diversi periodi. In seguito il convento venne soppresso e la Chiesa passò in un suoi frati Agostiniani. La chiesa conserva una pregiata pala d’altare rappresentante la Madonna dell’Umiltà di Francescuccio Ghissi di Fabriano, datata 1374.

Chiese di San Giacomo La chiesa è chiusa al pubblico, ma meritano di essere citate, specie per l’interesse architettonico che rivestono:  piccola chiesa di forma rettangolare di cui si parla negli Statuti Comunali. Interessante il suo magnifico portale originale in travertino di cui resta solo l’arco gotico murato. Il campanile, tozzo e massiccio, è dotato di cella campanaria e costruzioni romaniche e si potrebbe assegnare al XIV secolo.

Chiesa di Santa Maria della Luna,  Chiesa di cui si hanno notizie negli Statuti Comunali: è da ritenersi di epoca posteriore a quella di San Giacomo e si presume che sia stata eretta verso la fine del XIV secolo. Splendida e intatta la sua facciata il cui portale presenta caratteristiche riscontrate in alcune chiese abruzzesi dell’epoca. La facciata a capanna è molto stretta e slanciata. I lati obliqui sono percorsi da una fuga di archetti molto pronunciati, sorretti da colonnine pensili. Il portale è a cinque archi a tutto sesto, essi sono sorretti da altrettanti pilastrini con capitelli e terminano a terra con una base a decorazione floreale.

UOMINI ILLUSTRI

Alaleona Domenico (1881-1928). Musicista e compositore. Studiò composizione, armonia e organo al Liceo Musicale di Santa Cecilia di Roma.   Nel 1907 si laureò in lettere nell’università di Roma. Dal 1907 al 1911 fu insegnante di canto corale nella Scuola Nazionale di Musica. Il 31 marzo 1920 venne rappresentata al teatro Costanzi di Roma, la sua opera lirica “Mirra”. Numerose sono le sue opere musicali costituite da lavori in parte da valorizzare e in parte tuttora eseguite.

Alaleona Paolo (1585-1638). Ebbe della carica di cerimoniere pontificio. Fu canonico di San Giovanni in Laterano e operò con numerosi cardinali per la compilazione di un cerimoniale di tutte le leggi sul conclave,  emanate da Gregorio XV.

Cestoni Giacinto Nato a Monte Giorgio 1637 visse e morì a Livorno nel 1718, naturalista e farmacista insigne. Nel 1687, assieme al livornese Giovanni Cosimo Bonomo, studiò la scabbia e scoperse che un acaro era la vera causa della malattia, aprendo così la strada gli studi sull’origine parassitaria delle malattie contagiose. Numerosi ed importanti furono i suoi studi farmacologici.

Compagnoni Natali Giambattista. Rinomato archeologo ricercò e studiò i reperti rinvenuti nel territorio di M. Giorgio. Riordinò l’archivio comunale dopo l’incendio verificatosi nel 1760. Costituì un museo di numerosi reperti archeologici, che andò disperso. Scrisse numerosi saggi su argomenti storici e archeologici.

Gallucci Fulgenzio. Agostiniano, nominato vescovo di Boiano. Costituì in un convento del suo ordine un importante biblioteca che venne chiamata Gallucciana, che andò dispersa. Morì nel 1632.

Monti Benedetto. Nacque a Monte Giorgio nel 1799 e morì a Bologna nel 1897. Filosofo, professore di medicina legale, amico di Cavour, d’Azeglio, Rosmini, Verdi. Scrisse numerose opere di carattere medico.

Orsolini Gaetano Nato a Monte Giorgio nel 1884, visse e morì a Torino  nel 1954: pittore e incisore. Fu docente dell’accademia Albertina di Torino. Autore di molte opere, tuttora conservate a Intra, Portogruaro, Ascoli Piceno, Alessandria, Monte Giorgio. Autore delle porte in bronzo dell’Università di Padova.

Vannicola Giuseppe (1871-1915). Musicista, filosofo e poeta si affermò come professore di violino in tutta Europa. Scrisse diverse opere musicali e diresse molte riviste artistiche e letterarie.

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