Monsampietro Morico castello medioevale e sant’Elpidio Morico. Storia e arte nelle note di Gabriele NEPI

Monsampietro Morico di Gabriele Nepi

Monsampietro Morico dista 24 km da Fermo; sorge su un ridente collina alla destra dell’Ete Vivo, altitudine di m. 289 s.l.m. Il territorio, unitamente a quello di Sant’Elpidio Morico, ha una estensione di 9,62 kmq. Ed è tutto collinoso. Il nucleo urbano principale di Monsampietro Morico, è costituito dal castello, le cui mura di cinta hanno altissima scarpata. Intorno vi era un fossato con tracce di un ponte levatoio (verso est),e saracinesca, sei torrioni con mastio in mezzo ed altre opere. Per questo, fu considerato un luogo ben munito e difficilmente espugnatile.

Le origini. Secondo una tradizione leggendaria, i castelli di Monsampietro Morico e S.Elpidio Morico, unitamente a quello di Monte Rinaldo, sarebbero stati fondati da Malugero Melo, figlio di Dragone conte normanno delle Puglie. Dragone era figlio di Tancredi d’Altavilla, barone normanno[1].

Notizie anteriori al 1316.[2] Prima del 1316, data del passaggio del castello di Sant’Elpidio Morico a Fermo non ci hanno documenti sicuri su due castelli; qualche documento accenna al territorio o alle loro chiese.   Da una bolla del papa Alessandro III del 1180 risulta che è messo sotto la protezione della Sede Apostolica il monastero di San Pietro Vecchio di Fermo, con le chiese ad esso aggregate, e cioè quelle di San Pietro, San Michele e Santa Maria in Monsampietro[3]. Nell’elenco delle chiese che dovevano le decime negli anni 1290-92 figura la chiesa di S. Paolo in Monsampietro Morico.

Per S. Elpidio Morico è importante ricordare  che in una nota dai censuari del monastero di Santa Vittoria in Matenano del 1192 circa, figurano un certo “Rainaldo di Rapiensone di Sant’Elpidio” ed i figli di “Morico Rainaldi”. Poi, in un elenco delle chiese che dovevano un censo al monastero di Farfa nel 1295, compare quella di Sant’Emidio (sopra citata). In ambedue i casi, a giudizio degli storici, si tratta di Sant’Elpidio Morico.[4]

Il passaggio dei Castelli a Fermo. Da pergamene esistenti nell’archivio di Stato di Fermo risulta che negli anni 1316 e 1317 i castelli di Monsampietro Morico, S. Elpidio Morico e Monte Rinaldo dipendevano da un unico sindaco, nella persona di Simone Mattei.  Nel 1316 si sottoscrisse il passaggio di Sant’Elpidio Morico sotto la giurisdizione di Fermo. La stessa cosa è avvenuta l’anno successivo (1317) per i castelli di Monsampietro Morico e Monte Rinaldo. I relativi documenti portano la firma del sindaco dei tre castelli, Simone Mattei, e del sindaco di Fermo, Tolomeo Cervelloni. Da allora i cittadini dei tre castelli erano considerati cittadini fermani, con gli stessi diritti e doveri.[5] Dopo il passaggio alla giurisdizione fermana nei tre castelli, il potere giudiziario era esercitato da un Podestà nominato dal Comune di Fermo, mentre il potere amministrativo da tre Massari eletti dalle cittadinanze rinnovabili ogni bimestre. Pertanto godevano di una certa autonomia. Nel 1355 il cardinale Egidio Albornoz, inviato da Innocenzo VI da Avignone in Italia per la riconquista dello Stato Pontificio, con lettera del 22 settembre ordinò ai comuni delle “Terrae et castra” di inviare i procuratori (sindaci) per prestare nelle sue mani il giuramento di fedeltà ed altri obblighi dovuti da Fermo. Fra i castelli nominati (60 in tutto) al 12º posto figura “Castrum Sancti Elpidi Morici”, e al 14º posto “Castrum Montis Sancti Petri Morici”.

Perciò, in forza della cittadinanza stabilita nello Statuto Fermano, Monsampietro Morico, e S. Elpidio Morico seguirono le sorti della città di Fermo, ove prevalevano ora fazioni guelfe, ora ghibelline. Si susseguirono incursioni di armati, razzie, devastazione di campagna, saccheggi ed altro.

Occupati da Rinaldo da Monte Verde e da Azzo degli Ubaldini. Nel 1378 Monsampietro Morico e Sant’Elpidio Morico, furono presi e saccheggiati dalle truppe dei capitani di ventura Rinaldo di Monte verde e Azzo degli Ubaldini.     Rinaldo di Monte Verde era stato riconosciuto signore della città di Fermo, dopo la cacciata del Rettore Pontificio. Successivamente, a seguito dei nuovi accordi dei Fermani con il Papa Urbano VI, Rainaldo fu espulso da Fermo e si unì ad Azzo degli Ubaldini, chiudendosi a Montegiorgio ed occupando vari castelli fermani, nel 1379,  fra cui Monsampietro Morico e Sant’Elpidio Morico.   Gli storici narrano che le truppe dei due capitani di ventura, rimasero per qualche mese a Sant’Elpidio Morico, saccheggiando e derubando ogni cosa nel castello e nel circondario. Possiamo immaginare la situazione delle popolazioni dei tre centri vessate dalle soldatesche mercenarie dei due capitani.     Rainaldo fu poi costretto dall’esercito Fermano ad abbandonare i castelli conquistati e a rinchiudersi a Montefalcone Appennino. Qui fu preso dai Fermani e pubblicamente decapitato a Fermo nella piazza del Popolo.

Nel turbine delle lotte fra frazioni. I nostri due castelli non hanno goduto di un lungo periodo di pace. Infatti nel 1407 giunge nelle Marche il vescovo di Montefeltro, inviato dal Papa Gregorio XII, il quale voleva cacciare da Fermo Ludovico Migliorati, che in precedenza era stato qui inviato dallo zio, il predecessore papa Innocenzo VII. Siamo nel tragico periodo dello scisma d’Occidente, quando i vari papi ed antipapi si combattevano tra loro.      Il Rettore della Marca con 1500 cavalieri e 1000 fanti penetrò nella vallata del Tenna, assediando ed espugnando Servigliano e quindi, dopo pochi giorni, Belmonte Piceno, Monsampietro Morico, Sant’Elpidio Morico, Monteleone di Fermo, Montottone, ed altri centri vicini.   Il Migliorati chiese allora ed ottenne l’aiuto di Ladislao, re di Napoli, insieme al quale rioccupò il terreno perduto. Ma il capitano Carlo Malatesta di Cesena, a sostegno del papa, invase il Fermano. Le nostre popolazioni hanno pertanto dovuto subire nuovi saccheggi, nuove angherie. Il Malatesta nell’aprile 1415 assedio ed espugnò Monteleone di Fermo, Montottone, Monsampietro Morico. Sant’Elpidio Morico, Collina, Ortezzano ed altri paesi. Nel 1416 rioccupò Rapagnano, Ponzano, Sant’Elpidio Morico, Monsampietro Morico, Montottone.      La pace, dopo tante lotte, venne infine suggellata con un matrimonio tra il Migliorati ed una Malatesta.     Dopo questo tormentato periodo, i nostri castelli non dovettero più sopportare prepotenze per il cambio della signoria a Fermo e godettero di un lungo meritato periodo di pace, ad eccezione dei comuni siti  a nord del Tenna, i quali più volte risentirono delle lotte interne della città capoluogo.

Nel 1507 furono stampati per la prima volta gli “Statuti della città di Fermo”, risalenti però ai secoli anteriori dai quali risulta che i vari castelli soggetti erano suddivisi in maggiori, medi e minori. Per curiosità c’è da notare che fra i maggiori figuravano: fra gli altri Grottammare, Servigliano, Petritoli; fra i medi San Benedetto, Montottone, Belmonte e molti altri; fra i minori, Monsampietro Morico, Sant’Elpidio Morico, Grottazzolina, Ortezzano. I minori sono i più numerosi.

Monsampietro Morico respinge le truppe del duca francese di Guisa. Nel 1556 il re di Francia Enrico II, alleato del papa Paolo IV, decise di togliere il regno di Napoli agli Spagnoli. Incaricò il duca Francesco di Guisa di invadere il Napoletano.   Il Guisa con il suo esercito passò il Tronto e cinse di assedio la fortezza di Civitella del Tronto. L’assedio durò dal 24 aprile al 16 maggio 1557, quando i Francesi dovettero ritirarsi sconfitti dal viceré di Napoli. Ritornando verso la Francia attraverso le Marche, una parte dell’esercito del Guisa cinse di assedio il castello di Monsampietro Morico. Gli abitanti si difesero valorosamente costrinsero le truppe del Guisa ad abbandonare l’assedio e ad allontanarsi, sconfitto, verso la loro patria.     È questo uno degli episodi gloriosi della storia di Monsampietro Morico, che attesta quanto fosse ben munito il suo castello medievale.

Monsampietro Morico nel 1688. Tommaso Catalini, parroco del paese per 49 anni, così descrive nel 1688 il territorio monsampietrino nelle sue Notizie intorno a Monsampietro Morico: “Si rende vago e dilettevole per la salubrità dell’aria, per la veduta della vicina campagna dei circostanti paesi, come del mare, sebbene alla lontana, <per> la docilità degli abitanti amici dei forestieri; non vi regnano odi incarnati che altrove producono mortali inimicizie”. È piacevole costatare che anche nel secolo XVII gli abitanti di questo piccolo centro si distinguevano per l’ospitalità verso i forestieri; e anche nei tempi attuali i monsampietrini si distinguono per questo.    Domenico Polimanti, poeta in vernacolo, ora scomparso, così parla della sua gente nel Lu novu paese de li Farrò: “Ma lu forestieru è rispettatu- ‘Ppena ce mette piede, dentro ‘bbocca – è rriviritu, ‘n triunfu è portatu”.

Il Catalini descrive poi il paese intorno al castello cetrale. Dice: ”Ha due borghi, uno volto a ponente, ma di poche case, l’altro al levante pieno di case e di abitatori”. Così è la descrizione di Monsampietro attuale.     Dopo aver parlato della campagna tutta coltivata, ricorda che vi erano due fontane, fra cui quella vicinissima al castello, chiamata “Pescara”. Esso è ancora esistente, e fino al 1960 ha erogato l’acqua potabile, tramite sollevamento, a tutto il centro abitato.

Arrivano i Religiosi francescani. Il Catalini narra che i Frati Minori Conventuali stavano costruendo  (1688) il convento vicino alla chiesa di Santa Maria della Misericordia. I lavori iniziarono nel 1647. Al centro del convento vi era il chiostro con il solito pozzo. La chiesa fu poi intitolata a San Francesco, come è attualmente. Siccome il convento era piccolo e con pochi religiosi, fu poi unito a quello di Montottone.    A seguito della soppressione napoleonica nel 1808,  il luogo loro fu perduto dai Minori Conventuali ed il 14 dicembre 1812 fu acquistato da Don Carlo Pucci. Questa famiglia lo ha tenuto da allora fino al 1960, quando fu acquistato da un’impresa edile locale, che lo ha trasformato in appartamenti per civile abitazione.       La chiesa di San Francesco è ancora officiata regolarmente.

Dal periodo napoleonico ad oggi. Nel 1808 Napoleone unì le Marche al Regno d’Italia e le suddivise in tre Dipartimenti.  Il Dipartimento del Tronto a sua volta si suddivideva nella prefettura di Fermo e nelle sottoprefetture di Ascoli Piceno e di Camerino. I vari castelli, già alle dipendenze di Fermo, furono considerati comuni dipendenti dalla sua prefettura.   Monsampietro Morico e Monte Rinaldo furono considerati comuni autonomi, mentre Sant’Elpidio Morico fu aggregato a Monteleone di Fermo.   Dal 1815 anche S. Elpidio Morico fu considerato comune autonomo.      Durante il turbinoso periodo napoleonico, e precisamente dal 1799, è stato a Monte Rinaldo Mons. Bartolomeo Menocchio, agostiniano, vescovo ausiliare di Reggio Emilia e successivamente Sacrista Apostolico, intimo amico e confessore del papa Pio VII, fermo avversario della politica ecclesiastica di Napoleone. Dal processo di beatificazione, risulta che è stato spesso ospite a Monte Rinaldo della nobile famiglia Giustiniani e che si era recato più volte a S. Elpidio Morico.

Sotto i Savoia. Nel 1861, dopo l’unità d’Italia, fu conservata l’autonomia del Comune di Monsampietro Morico, ma non quella di Sant’Elpidio Morico, che fu aggregato a Monsampietro  Morico dal 1 gennaio 1869, passando poi a Monteleone di Fermo dal 1 febbraio 1871. Ma non a lungo, poiché dal 1 maggio 1893 fu nuovamente aggregato a Monsampietro Morico, come è attualmente.

Demografia.   Monsampietro Morico nel 1656 contava 514 abitanti; nel 1701,ne contaca 603; nel 1782, ab. 611; nel 1853,ab. 653. Nel primo censimento dopo l’unità d’Italia, anno 1861,  abit. 703. Dopo che gli è stato aggregato Sant’Elpidio Morico la popolazione ha raggiunto la punta massima con 1350 abitanti nel 1931, per poi ridiscendere sotto il migliaio, come è attualmente.  Monsampietro Morico, ma soprattutto Sant’Elpidio Morico, ha subito nel dopoguerra l’esodo dalle campagne ed i mezzadri, in speciale modo giovani, sono emihgrati verso le zone calzaturiere e marine.

Uomini illustri Alcuni storici affermano che Monsampietro Morico ha avuto nel passato cittadini che si sono resi illustri per le loro opere, talora persino per prepotenze. Essi appartennero, in vari tempi, alle famiglie dei Brancadoro, de Catalini, degli Orsini, dei Migliorati e dei Morici. Ma di questi vi sono giunte scarsissime notizie. Quelli di cui si hanno dettagliate notizie sono:

Don Giovanni Tommaso Catalini (1647-1727), parroco del paese per ben 49 anni. Fiorì anche in belle lettere. Fu un maestro di scuola e Vicario Foraneo. Ci ha lasciato le citate Notizie intorno a Monsampietro Morico, una delle poche fonti informative sulla storia del nostro paese.

Don Giovanni Battista Brancadoro: Fiorì in belle lettere e fu sacerdote di illibati costumi,  per molti anni confessore di monache a Roma. Morì in concetto di santità e dopo la sua morte, fu avviato il processo di beatificazione. Ha recato e donato moltissime reliquie di santi alla chiesa parrocchiale di Monsapietro M. che ancora si possono ammirare.

Il dott. Ludovico Migliorati: fu un medico eccellente ed ottenne le prime condotte di molte città, fra cui Narni, Todi, Orvieto, Fano, Fermo e finalmente Macerata. Morì nel 1718 a 74 anni. Aveva donato alla chiesa di San Francesco, una statua della Madonna di Loreto sopra la Santa Casa portata dagli angeli, ancora esistente in detta chiesa.

Don Paolo Polimanti: dottore in legge, fiorì in giurisprudenza e in belle lettere. Fu per molti anni parroco di Monsampietro Morico e morì nel 1664 a 47 anni.

P. Sebastiano da Monsampietro Morico, dei Frati Minori Conventuali, fu  Maestro in Sacra Teologia, custode bibliotecario del convento di Assisi e confessore del cardinale Stigi. Molto benemerito del convento della sua patria, vi morì in età avanzata nel 1720.

Tra gli uomini illustri di Sant’Elpidio Morico:

Mons. Michele Caucci: nato a Sant’Elpidio Morico nel 1622 è morto a Roma nel 1702, Segretario dei papi Innocenzo XI, Alessandro VIII, Innocenzo XII e Clemente XI, fece costruire la bella chiesa di S. Michele Arcangelo in S. Elpidio Morico. Istituì la prima scuola pubblica nel suo paese natio, provvedendo ai locali e i fondi per lo stipendio del maestro. A lui intitolata una via a Sant’Elpidio Morico.

Mons. Michele Albertini Ricci: Nato a Sant’Elpidio Morico nel 1778, ebbe altri tre fratelli sacerdoti. Univa modi cortesi e facilità di parola con elevato ingegno. Si dedicò principalmente alla predicazione nelle maggiori città italiane, stimato da tutti e fu chiamato personalmente dal re del Piemonte Carlo Felice. Morì nel 1855. Ha lasciato a Sant’Elpidio Morico i suoi beni, tra cui una ricca biblioteca ancora esistente, e l’incarico di costruire un ospedale per gli interni poveri. Questo ospedale, intestato appunto ad “Albertini Ricci”, è stato recentemente trasformato in civile abitazione con il contributo della Regione Marche. A lui inoltre è intestata la via che conduce all’ex ospedale.

Monumenti principali. A Monsampietro Morico si può ancora ammirare il vecchio castello medievale. Nel secolo XVI vi è stata costruita la chiesa parrocchiale dedicata ai santi San Pietro apostolo ed Antonio abate. Vi è conservato un quadro del pittore Francesco Fiorelli, raffigurante sant’Antonio abate.       Nel cimitero vi è la chiesa romanica di San Paolo, monumento nazionale, costruita intorno al 1000. È tradizione che sia stata costruita sui ruderi di un tempio romano. A giudizio degli esperti, è uno dei migliori monumenti romanici della zona meglio conservati dell’epoca.

A S. Elpidio Morico, oltre ai resti del vecchio castello medievale, dopo un bel viale con due filari di ippocastani, nella chiesa di San Michele Arcangelo , è conservato il trittico di Vittorio Crivelli, fratello del famoso Carlo, eseguito nel 1496. Successivamente sono state aggiunte due tavole laterali  (forse nel 1659). Il trittico, di grande valore artistico, raffigura la Madonna con Santi (tra cui S Emidio), ed è sormontato da una lunetta  con raffigurata  la Madonna.

Turismo. A Monsampietro Morico funzionano oltre quattro bar nei due centri abitati, e  due ristoranti:  Il Picchio Verde, in piena campagna nella contrada Ete, in una vecchia casa colonica è stata trasformata in ristorante, pizzeria, dancing; inoltre al Monte dei Pini, sito in una collina, in zona agricola, vicina al centro abitato, con numerosi pini secolari, funzionano parimenti ristorante, pizzeria, dancing. La loro specialità è la preparazione dei cibi secondo la tradizionale cucina casereccia locale.       Una specialità gastronomica di Monsampietro Morico è la tradizionale “porchetta”, dato che alcuni cittadini sono specializzati nella confezione della carne arrostita di maiale.     Tradizionale inoltre la preparazione del vino cotto, invecchiato per molti anni.

Stemma: d’azzurro, ai tre colli all’italiana, di verde, uniti, fondati in punta, il colle centrale di un largo e più alto, il colle posto a destra sostenente S. Pietro, di carnagione, in maestà, con la testa leggermente volta a sinistra, aureolato d’oro, capelluto e barbuto d’argento, vestito con la tunica d’argento e con il manto di rosso, tenente con la mano destra le chiavi d’oro, poste in decusse, con gli ingegni in giù, il colle posto a sinistra sostenente San Paolo, in maestà, di carnagione, con la testa leggermente volta a destra, aureolato d’oro, capelluto e barbuto di nero, vestito con la tunica di verde e con il manto di rosso, tenente con la mano destra la spada d’argento, posta in palo, con la punta all’ingiù, il tutto accompagnato in capo dalla crocetta patente, d’oro. Ornamenti esteriori da Comune.


NEPI, Gabriele. Monsampietro Morico, in “Riviera delle Palme” inserto Arte e Cultura, a. XIX n. 1 Gennaio-febbraio 2003, pp. I-IV.

[2] Nell’Archivio Storico del Comune di Fermo presso l’Archivio di Stato ivi si hanno quattro pergamene dell’elenco Hubart con l’anno 1316  (n. 2306) per i patti tra il comune di Sant’Elpidio Morico e Fermo e dell’anno 1317 per gli accordi tra Monsampietro Morico e la stessa Fermo: perg. nn. 2003,2004,2005.

[3] Documento del papa Alessandro III in data 27 novembre dell’anno 1180 edito da TARABORELLI, U. Documenti pontifici e vescovili dell’Archivio storico del Capitolo Metropolitano di Fermo: le carte di San Savino, Santa Maria a Mare e San Pietro Vecchio, secoli XI-XIV, in “Quaderni dell’archivio storico arcivescovile di Fermo” n° 50 a. XXXV, 2010 pp. 5-122, qui p. 64: in podio Sancti Petri ecclesias sancti Petri et samcncti Michaelis et sancte Marie cum earum pertinentiis suis. Il documento dice che il papa rinnova le concessioni fatte alla chiesa di San Pietro Vecchio presso la città di Ferma dai papi predecessori Eugenio <1145-1153> e Anastasio <1153-1154> p.62.  Va notato che tra i censuari del monastero di Santa Vittoria nell’anno 1192 circa risulta anche  un affittuario che era a Sant’Elpidio Morico.

[4] COLUCCI, G. Antichità Picene, vol XXIX, Codice diplomatico di Santa Vittoria, p. 50 n. XV e Regsto di Farfa vol V, p. 330 App.II.

[5] Archivio di Stato di Fermo, pergamene del Comune di Fermo, elenco Hubart nn. 2306 per Sant’Elpidio Morico e nn. 2003, 2004, 2005 per Monsampietro.

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