La Necropoli di Belmonte Piceno, notizie di Baglioni Silvestro nell’anno 1910

Silvestro Baglioni,  LA NECROPOLI DI BELMONTE

La notizia comparsa alla fine dell’ottobre 1909 in molti giornali politici, che nel territorio di Belmonte Piceno una frana, dopo un periodo di pioggia torrenziale, aveva messo allo scoperto una tomba arcaica ricchissima di suppellettile, consistente in oggetti artistici di grandissimo valore, dissotterrati e raccolti per opera del direttore del Museo nazionale di Ancona e sovrintendente degli scavi nelle Marche, Ing. Innocenzo Dall’Osso, suscitò commenti e discussioni nei vari giornali regionali e di Roma, specialmente, o esclusivamente, per dirimere la questione a quale città, se ad Ancona come unica sede di museo governativo, o a Fermo come capoluogo del circondario, o ad Ascoli come capoluogo della provincia, si debba riconoscere il diritto di essere depositaria e custode gelosa di tanto tesoro.

Qui non è mio intento occuparmi di tale questione, tenterò invece di esporre ai lettori quanto sinora sappiamo di questa necropoli, traendo profitto, sia dalle nozioni acquisite precedentemente, sia dalle circostanza di aver potuto visitare dal 16 al 18 gennaio 1910, la detta necropoli e gli oggetti della prima tomba, che si trovano attualmente in Ancona.

Cominciamo intanto col fare un po’ di storia delle conoscenze della necropoli di Belmonte; poiché non sarebbe esatto credere trattarsi di una scoperta odierna.

Nel 1901 descrissi  per la prima volta una prima serie di oggetti provenienti da questa necropoli, che io potei raccogliere dai contadini, che, coltivando il terreno, scoprivano e rovistavano le tombe(Notizie degli scavi, aprile 1901, pag. 227-238): La maggior parte di questi oggetti attualmente fanno parte della collezione di materiale preromano Piceno, che si conserva nel museo preistorico di Roma. Dalla grande quantità e dalla varietà di oggetti, dedussi trattarsi di una necropoli preromana importante ed espressi il desiderio che si eseguissero scavi con un piano metodico e scientifico.

Negli anni successivi continuai la mia opera di salvataggio per quanto me lo permisero le mie occupazioni professionali. Nei mesi  che passavo nel mio paese natio, cercai costantemente di raccogliere dai contadini scavatori gli oggetti trovati, onde impedirne la perdita irreparabile, conoscendo l’opera funesta dei mercanti antiquari. D’altro canto non mancai di richiamare l’attenzione dei competenti su questa necropoli; fu così che potei guadagnarle l’opera illuminata ed efficace del compianto Edoardo Brizio, allora direttore del Museo di Bologna, da cui dipendevano gli scavi nelle Marche. Molti oggetti, tra cui l’ importantissima (dal punto di vista scientifico) pietra sepolcrale con iscrizione, si conservano perciò nel Museo di Bologna, illustrati in diverse pubblicazioni dello stesso Brizio (Notizie degli scavi, 1903,fasc. 4 pp. 101-105).

Un primo tentativo di scavi scientifici progettato ed affidatomi dal Brizio non poté essere effettuato a causa della mia assenza ininterrotta da Belmonte negli ultimi anni.

Nel 1905 in un’altra pubblicazione (Zeitschrift fur Ethnologie, Heft 2-3, 1905, pag.257-264) descrissi ancora un’altra serie di oggetti della stessa provenienza.

Nell’ottobre ultimo, come ho detto, fu finalmente il concorso inatteso della pioggia torrenziale, che, mercé l’opera efficace e solerte del direttore del museo archeologico di Ancona e dei suoi dipendenti, tra cui il sovrastante signor Perrotti, occasionò l’inizio della realizzazione del mio sogno di scavi eseguiti con metodi scientifici. I risultati sinora ottenuti sono realmente tali da incoraggiare la prosecuzione di essi, e da  intensificarne possibilmente la ricerca sino alla completa esplorazione di questa vasta necropoli. Il che purtroppo si potrà ottenere soltanto a patto che il Governo metta a disposizione un largo fondo, poiché non è il caso di pensare che i proprietari dei terreni possano di loro iniziativa, e dopo aver ottenuto la debita autorizzazione, continuare nella ricerca.

Secondo la mia convinzione, uscirà dalle tombe tale e  tanta quantità di oggetti da poterne riempire non solo il Museo anconetano, ma anche quello di Fermo e di Ascoli e magari rimanerne ancora un ricco saggio per il Comune di Belmonte.

Belmonte-Piceno è un piccolo Comune  che sorge sul dorso di una collina, che si eleva, dal lato nord, quasi a perpendicolo su fiume Tenna. Il centro è a 310 metri sul livello dell’Adriatico, da cui dista di 25 km circa. Il suo territorio è tutto a colline e collinette, e piccole valli,  che confluiscono da un lato nell’Ete e dall’altro nel Tenna.

   Non mancano vestigia evidenti di opere antiche romane nel suo territorio, quali ad esempio, verso est, una serie di ruderi, che portano il nome di ‘morrécini’ (forse derivato da muracci ?) e che probabilmente non sono che i resti di tombe romane.

Molto più importanti sono però le tracce dell’antica civiltà Picena, che cela il suo suolo. Quasi in tutto il suo territorio i contadini si sono imbattuti in avanzi di questa civiltà: Secondo quanto ho potuto stabilire, sono tre le località più ricche: l’una situata a un chilometro circa dal centro abitato, verso sud-ovest, l’altra, molto più vicina all’abitato, è situata al sud, e la terza, un po’ più lontana e che può essere la continuazione della seconda, giace verso sud-est. Certamente la località, che sinora si è mostrata la più ricca e in cui si stanno ora eseguendo gli scavi governativi, è la prima. Essa è rappresentata dal fianco dolcemente declive di una collina, che fa parte dello spartiacque dei due versanti dell’Ete e del Tenna. Sinora è il versante dell’Ete che si è mostrato ricco di tombe; però credo che le tombe si continuano anche sul versante del Tenna e segnatamente sull’altopiano della collina, da cui appunto deriva l’accennata pietra con iscrizione sabellico-picena.

La località ha così un’estensione certamente di qualche chilometro di superficie. Vediamo ora in che cosa consistono i resti degli antenati vissuti prima del dominio romano. Si tratta di una necropoli, ossia di un sepolcreto, simile a parecchi altri, che il fiorire moderno degli studi paletnologici ha potuto in Italia mettere allo scoperto e, fino a un certo punto, decifrare. Lo studio di queste necropoli e più precisamente degli oggetti, che si ritrovano insieme agli scheletri inumati e che costituiscono ciò che si dice la loro suppellettile funebre, ci fornisce elementi preziosi per giudicare dell’epoca, in cui vissero i sepolti e della loro civiltà. Il loro modo in uso nel seppellire è  veramente prezioso nell’appagare il desiderio di noi tardi nipoti di ricostruire e di rivivere la loro epoca. Seppellivano i loro morti, si direbbe, con quanto essi possedevano o avevano potuto acquistarsi in vita; quindi con tutti i loro ornamenti personali, con le loro armi, coi loro utensili, colle loro stoviglie, e simili: prova questa d’immenso rispetto e venerazione per i morti.

Gli scheletri si trovano a una profondità talora abbastanza grande, di qualche metro. Giacciono quasi costantemente su un fianco (specialmente sinistro), per lo più nella posizione cosiddetta rannicchiata, ossia col dorso alquanto curvo sul ventre e le gambe attratte al corpo, come l’atteggiamento usuale di chi dorme (o anche del feto nell’interno dell’utero materno). Non si sono trovate tombe a incinerazione. La suppellettile funebre, che consiste in vasi di terracotta o di bronzo, si trova raccolta ai piedi e al capo del morto; quella consistente in oggetti di armi o di ornamento personale, variamente disposta sopra lo scheletro, per lo più in corrispondenza del bacino.

Non avendo in animo di fare una descrizione dettagliata dei singoli oggetti, dirò solo sommariamente di alcuni di essi quanto mi pare possa interessare i lettori.

Tutti gli oggetti indistintamente dal punto di vista artistico ed etnico si possono dividere in due categorie, in una – che forma la grandissima maggioranza – entrano tutti i manufatti indigeni della popolazione Picena, nell’altra entrano gli oggetti importati da altri popoli più civili (ad es. i Greci). I primi si distinguono dai secondi specialmente per la monotonia dei motivi ornamentali e per la ruvida esecuzione.

Così insieme ai numerosissimi vasi di terracotta ordinaria, privi di ogni ornamento, oppure con qualche tentativo di ornamento primitivo, se ne trovano altri molto più fini di bucchero, levigati e lucenti, di forma svariatissima, ma sempre elegante e di buon gusto. Se ne trovano persino – raramente però – di colorati.

Numerosissimi e svariati sono gli oggetti di ornamento personale, di bronzo, di ferro, di ambra, di pasta vitrea, che arredano specialmente le tombe femminili. Di questi meritano essere ricordate innanzitutto le collane (torques), quasi senza eccezione di bronzo, talora molto pesanti e di forma diversa. Un esemplare di importanza eccezionale è stato rinvenuto nei presenti scavi. In questa collana i comuni bottoni terminali ricurvi all’esterno sono sostituiti da due bellissimi cavalli-marini; inoltre due lati della parte anteriore della verga sono sormontati da due magnifiche figurine femminili simboliche (nike?) alate, con le mani aperte sollevate all’altezza delle spalle, col sommo del petto ricolmo proiettandosi in avanti, e il capo, ornato di un elegante berretto a due falde, lievemente ricurvo all’indietro sulle spalle, su cui scende copiosa la chioma. Il corpo continua (nella verga) informe arrotondato, senza cenno degli arti posteriori. Questi quattro pezzi artistici sono fissati sulla verga mediante chiodetti. Sia la loro esecuzione perfetta, come pure la natura del bronzo, lasciano evidentemente riconoscere la diversità della loro provenienza da quella della verga della collana.

Molto numerosi sono anche i braccialetti, gli orecchini, gli anelli, le fibule, le catenine e la svariata e tipica classe dei pendagli, in alcuni dei quali si vuole riconoscere, oltre che il significato di ornamento, anche quello simbolico religioso di amuleti. Una specialità tipica Picena di questi pendagli è quella che reca il nome di doppi protomi di ariete o di bue. Si tratta di due teste, per lo più rozzamente abbozzate e stilisticamente rappresentate in bronzo, d’ariete e di bue, in cui sono però evidentissime le corna col paio anteriore delle zampe, accoppiate insieme pel dorso, da cui si solleva l’eminenza forata dell’attaccagnolo. Di dimensioni talora notevoli sene sono trovati sul corpo qualche volta cinque, dieci e più esemplari. Le fibule poi sono un oggetto prezioso per stabilire la cronologia di tale necropoli, ma di cui non posso qui occuparmi ulteriormente.

Oggetti d’oro non si rinvennero, ad eccezione di due anelli rudimentali trovati nei presenti scavi, i quali ci hanno fornito delle notizie più esatte e dettagliate su un’altra categoria non meno importante di oggetti: quella delle armi.

A giudicarlo dai resti sinora trovati, gli abitatori di Belmonte – come pare in genere tutti i Piceni di questo periodo – erano una popolazione bellicosa e fornita di tutte le armi, che l’antichità greca e latina ci ha tramandato con documenti preistorici e storici.

Come armi di offesa troviamo lance, spade, coltellacci, spiedi di ferro, che in copia corredano le tombe degli uomini; come armi di difesa rinveniamo specialmente gli elmi, di cui oltre al tipo noto col nome di Piceno, i recenti scavi hanno scoperto anche esemplari del puro tipo Greco. Qualche tomba ne contiene  più d’uno; ne ho vista una, in cui lo scheletro era accompagnato da un elmo piceno e da uno greco, il che dimostrerebbe, che usavano seppellire il guerriero con le proprie armi, che indossava, ed anche con altre.

Finalmente i recenti scavi hanno rivelato la presenza di un altro importante strumento di guerra: la biga. Provenienti dall’Asia Minore, importata nella Grecia sin dai tempi della civiltà micenea, la biga è ripetutamente ricordata da Omero. Consisteva in un carretto di dimensioni non grandi, a due ruote basse, su cui poteva trovar posto un guerriero in piedi, trainato da due cavalli.

Le bighe rinvenute nella nostra necropoli si trovano giacenti al di sopra dello scheletro, hanno le ruote (del diametro di 60-90 cm) cerchiate di ferro, con i tamburi dell’asse molto prominenti. Tutto il corredo della biga – non però i cavalli – era seppellito con essa: è così che costantemente vi si rinvengono i due morsi di bronzo o di ferro dei due cavalli. Generalmente si trova una sola biga per ciascuna tomba: fa eccezione sinora la prima tomba scoperta, come ho accennato, dalla frana, che ne conteneva almeno cinque. Ma anche gli altri oggetti di questa tomba sono di un’importanza veramente eccezionale. Oltre a due dischi di bronzo lavorati a sbalzo, (probabilmente facenti parte di una corazza), di un gambale pure di bronzo, dell’elmo, dei vasi, e altro, meritano essere segnalati due pezzi simili di bronzo fuso, che probabilmente ornavano un vaso di lamina, oppure facevano parte del corredo usato per i due cavalli.

Sono diverse figure raccolte su un piano, di cui il motivo fondamentale è un guerriero con elmo greco, con accenno di indumenti soltanto attorno le anche, che con le due mani afferra sul sommo del capo la criniera di due cavalli, situati ai due lati. Dal loro groppone si snoda un serpe, che è afferrato dal becco d’un uccello rappresentato con le ali e la coda distese. Ai due lati superiori sono rappresentati due leoni con le fauci dilatate.

Manifestamente il motivo fondamentale si riferisce alla biga e al guerriero. L’esecuzione del pezzo artistico è ottima, e rivela la sua provenienza da artefici molto più fini, probabilmente greci.

La rappresentazione del guerriero evoca il ricordo nettissimo dell’arte figurativa egiziana, che, come si sa, ignorava la prospettiva. È così che vediamo le gambe e i piedi del guerriero rappresentate di fianco, mentre il torace e il capo, di fronte.

La necropoli di Belmonte molto probabilmente appartenne una popolazione che vi seppellì i suoi morti per il periodo di parecchi secoli, che andrebbero dall’XI o X secolo al V o IV avanti Cristo. Di modo che gli oggetti provenienti da questo sepolcreto possono rispecchiare tanto una civiltà molto arcaica di quasi mille anni avanti Cristo, come  pure una civiltà molto più recente. V’è di più: dalle nozioni, che ho potuto attingere sinora in merito, mi pare, che la parte della necropoli, che appartenne alla prima civiltà, si trovi nella regione più bassa e situata più ad ovest della detta collina, mentre la più recente si avanza in alto sino alla sommità. I presenti scavi avvengono precisamente in una località pertinente a quest’ultimo periodo.

Di un nucleo del Piceno, che, secondo talune tradizioni storiche, sarebbe derivato dalla schiatta sabellica, dimorante nelle alture dell’Appennino abruzzese, guidato, in una delle primavere sacre, dal picchio, abbiamo quindi nella necropoli di Belmonte resti copiosi e interessanti. Nulla si sa ancora sull’abitazione di questo popolo: già da quanto detto sopra, emerge manifestamente, che esso sentì almeno in parte l’influenza del mondo greco più civile e più colto: soffio e germe di cultura potente ed elevata. I nostri Piceni sapevano apprezzare i pregi di altri popoli. I fieri colpi delle coorti romane, tra il terzo il secondo secolo avanti Cristo, soggiogarono i Piceni, asservendoli al loro carro trionfatore.  Non sarebbe esatto però il ritenere che nulla sia sopravvissuto di questi antichissimi periodi di civiltà.

I miti coltivatori dei campi odierni sono tardi nipoti di quella discendenza picena. Nonostante che, con poco rispetto, qualcuno abbia rovesciato le tombe dei forti antenati, ne conservano ancora qualche elemento.

Insieme ai non pochi resti del loro dialetto di origine greca e romana, forse il tipico carro, qui in uso, tratto dai lenti e pazienti buoi, è la continuazione della biga. Inoltre una forma di figura fa parte tuttora, come orecchini d’oro a tre bottoni, degli oggetti di ornamento femminile.  (Digitazione di Vesprini Albino)

Silvestro Baglioni, Adattamento da “Picenum”, rivista marchigiana illustrata anno VII, 1910, n.1 pp.4-8.

BAGLIONI SILVESTRO art. sulla Necropoli di Belmonte Piceno edito 1910 in Picenum, VII, 1

Amuleti religiosi BAGLIONI.1910

Anelli BAGLIONI.1910

Armi di difesa e di offesa BAGLIONI.1910

Biga carro BAGLIONI.1910

Braccialetti BAGLIONI.1910

Catenine BAGLIONI.1910

Collane con bottoncini terminali BAGLIONI.1910

Collane con cavallini marini BAGLIONI.1910

Collane, torques in ferro e bronzo BAGLIONI.1910

Coltellaccio BAGLIONI.1910

Elmo Greco BAGLIONI.1910

Elmo Piceno BAGLIONI.1910

Fibule BAGLIONI.1910

Figure BAGLIONI.1910

Figure femminili alate BAGLIONI.1910

Guerrieri BAGLIONI.1910

Lancia BAGLIONI.1910

Morsi di cavallo BAGLIONI.1910

Orecchini BAGLIONI.1910

Ornamenti femminili BAGLIONI.1910

Ornamenti personali in ferro e bronzo BAGLIONI.1910

Pendagli con protomi BAGLIONI.1910

Spada BAGLIONI.1910

Spiedo BAGLIONI.1910

Torques in ferro e bronzo BAGLIONI.1910

Uccelli in ornato BAGLIONI.1910

Vasi colorati BAGLIONI.1910

Vasi di bucchero levigato BAGLIONI.1910

Vasi di terracotta rudimentale BAGLIONI.1910

This entry was posted in DOCUMENTI, LUOGHI, PERSONE and tagged , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Bookmark the permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Gentilmente scrivi le lettere di questa immagine captcha nella casella di input

Perchè il commento venga inoltrato è necessario copiare i caratteri dell'immagine nel box qui sopra