COMUNITA’ GESU’ RISORTO CASA PAPA GIOVANNI CAPODARCO

LA SPERANZA DI UNA PERSONA IN CARROZZINA E DI UN PRETE VINCE L’INERZIA FIGLIA DELLA SOLITUDINE: Marisa Galli e don Franco Monterubbianesi

Nel 1968 Marisa Galli pubblicava il libro autobiografico, intitolato “Il lato umano” per avvicinare le persone diversamente abili alle persone sane e ai tanti volontari che lavoravano nel progetto della comunità di Capodarco. Seguono qui due brani: la prefazione al libro, scritta dal fondatore don Franco Monterubbianesi e alcuni dei molti ricordi pubblicati da Marisa.

Don Franco scriveva: “ E’, questo, un canto di amore, amore nato da un grande dolore:  l’essere paralizzati alle membra per paralisi spastica, fin dalla nascita e crescere portando tutte le stimmate di tanta passione.

Marisa è una creatura esclusa dalla vita che, nel ritmo di essa, delle sue stagioni, delle sue cose buone, deve vedere sempre, davanti a sé, muta, quella realtà che le è impossibile possedere.

Povera, in un povero ambiente, con la mamma sola, senza più padre, ha scarnificato tutto il suo essere sino a ridursi un grido alto di amore, di bellezza, di bontà. Le aspirazioni più profonde sono nate dalla sua sete di dono, di partecipazione: una tensione operativa capace di enormi sacrifici, tale da sconcertare, per la sua forza, tempre volitive anche eccezionali. E il tutto in una meravigliosa sintesi di interessi, di sentimenti, di affetti.

Questo tesoro umano, questa ricchezza di sensibilità, hanno trovato tutto lo slancio nell’idealità che, nel mio sacerdozio, concepii poco a poco, nel dono di me stesso a “loro”. Fu per me, anche, una lenta esperienza, sotto certi aspetti dura, che mi permise, tuttavia, di entrare liberamente nel loro mondo, caricandomi delle loro brezze e del loro dono. Creature di dolore, esse furono per me la mia luce.

Così, quell’incontro alimentò il nostro anelito e scrisse la nostra storia: realizzare un ideale umano e cristiano per tutti i giovani invalidi. Ed ora tale idea non è un nostra: essa è divenuta il centro di amore di tanti cuori, di tanti amici che vengono qui, a vivere, con noi, il loro desiderio e il loro bisogno di dono e di servizio. Tutto è ridotto all’essenziale di un gesto, di un sorriso, di un lavoro e di un vivere, mentre noi stessi lo viviamo, il comune canto di vita. E “Casa papa Giovanni” è la prima realizzazione […]

Marisa è rimasta ora anche senza la mamma, morta improvvisamente nel trascorso Natale. Sofferenze che sollecitano, talvolta, assai crudamente, alla verifica e alla liberazione dei propri limiti e complessi, ognuno d’altronde accettato e compreso per quello che è, nella volontà pura di crescita di sé e di fratellanza verso i poveri, i soli, i reietti, nella più grande povertà di mezzi.

Tutto questo a testimonianza del Cristo risorto, all’apoteosi del quale abbiamo voluto consacrare il nostro “Centro comunitario Gesù Risorto”. …

Marisa ricorda: “ Nessuno prevede che l’attestato dell’amicizia umana, donata ad oltranza, fa l’effetto di un grande miracolo. Nessuno suppone che il calore di quell’affetto spontaneo e delicato scende nell’intimo, come manna provvidenziale. Nessuno conosce che per un fatto imprevisto e recente, porto un piccolo dramma racchiuso nel cuore.

Ora faccio alcune confidenze retrospettive veloci, un riassunto, per sommi, capi della mia vita, naturalmente poco approfondito, ma pur necessario in questo caso. Ecco, ho vissuto un’infanzia abbastanza tranquilla, per la mia beata incoscienza, di cui sono dotati tutti i bambini del mondo, ma riconosco, con infinita gratitudine, che allora cugini e coetanei si sono prodigati generosamente, schierati di là al mio fianco, facendo pensare ben poco alla seria e complessa invalidità personale.

Esclusa la frequenza regolare alla scuola, perché dista diversi chilometri, niente lavoro, perché anche un braccio poco funziona. Quando arriva l’adolescenza poi, il procedere avanti nel tempo si fa più stentato. È’ opinione diffusa delle ragazzine di quell’età il sentirsi del tutto incomprese, allora giù pianti ed agitazioni: non sanno quello che vogliono, figuriamoci poi nelle mie condizioni fisiche particolari.

Certo l’atteggiamento dei sani, in simili casi è molto comodo, negano l’evidenza, la luce del sole, cadono dalle nuvole, sono 1000 miglia distanti dal supporre la verità. Ma ditemi, per piacere, cosa importa se gli arti inferiori e superiori di una creatura non funzionano affatto, quando il processo di sviluppo fisico e intimo, irrevocabile, avviene lo stesso? […]

Esiste una realtà innegabile, nota in tutto il mondo, che al giovane sano è necessario il bene come l’aria che respira, inoltre hanno coniato un detto famoso, a proprio uso e consumo: “Al cuore non si comanda”; ma per noi invalidi non lo fanno valere, diventa ridicolo, secondo il loro giudizio, applicato a individui così. Spaventoso egoismo; scusate, io non trovo una definizione diversa. […]

Perché il medesimo “voglio” del cuore emerge a caratteri cubitali, nonostante tutto, e nessun potere o evento umano lo può cancellare? Perché questa aspirazione profonda, continua e lacerante, alla pienezza, alla pace interiore, questo slancio recondito che sospinge verso l’alto, verso le cose grandi, belle, buone e sante?

Forse si tratta di uno straordinario dono divino di cui inconsciamente è dotata ogni persona, forse rappresenta un sacrosanto diritto alla vita che  a  noi invalidi purtroppo è negato. Tenetevelo bene in mente voi persone sane, non perché le varie parti fisiche non sono in piena efficienza, questo fatto, il più delle volte, è accettato e scontato in partenza, ma proprio perché voi vi ingegnate e fate di tutto per stabilire attorno a noi un clima particolare, egoistico, chiuso, forse senza nemmeno saperlo.

E’ quel contatto continuo che avete evitato di proposito per non turbare la vostra tranquillità personale, a cui tenete moltissimo. E’ quel bene che avete negato, senza porvi dubbi, interrogativi o riflessioni di sorta, solo per il semplice fatto che certi corpi martoriati e crocifissi non vi ispiravano niente. E’ quel dramma che non avete intuito, perché troppo distratti e superficiali, diretti inoltre per opposte vie, sovraccarichi di impegni individuali. E’ quella solitudine che avete imposto, senza mettervi cioè nei panni degli altri.

Tutto ciò senza paventare minimamente gli effetti negativi che avrebbe prodotti, gli scombinamenti concreti e imprevedibili che a lungo andare avrebbero operato.   Dunque, nulla di più naturale che una volta acquistata la coscienza di ciò, l’ambiente sociale si fa soffocante, diventa prigione, rischia di rendere paurosamente passivi ed inerti, finisce per distruggere tutto.

Nella conclusione, Marisa dichiara: “Io, membro vivo e operante nella “Comunità Gesù Risorto”, amata dalle origini e impiantata con tanta fatica, io strumento docile, efficiente nelle mani di Dio, adesso sono davvero felice di aver assolto un impegno molto più grande delle mie ridotte capacità.”

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