ZOCCHI Primo, cappuccino Fra’ RAIMONDO da Servigliano

Padre RAIMONDO da Servigliano

Primo Zocchi 1915 – 1974

SERVIGLIANESE  ILLUSTRE

A ricordo di questo serviglianese illustre, è utile riportare alcune testimonianze, a cominciare da quella edita il 27 ottobre 1974, da padre Massimino Ricci (citato poi p.Mas.)  nel convento di Santa Vittoria in Matenano in cui esprimeva l’augurio di un’ampia biografia di padre Raimondo. In tal senso tutte le persone che l’hanno conosciuto potrebbero divulgare le notizie che ricordano. “Senza cadere in encomi esagerati, non sembra inopportuno spendere qualche parola per rievocare alcuni tratti della figura del confratello che è passato vicino a noi, come l’abbiamo conosciuto e apprezzato. In seguito altri potranno meglio mettere in luce la sua personalità completa” (p.Mas.)

 

Esprimo lieti e doverosi ringraziamenti alla gentilezza con cui mi sono state fornite notizie dai superiori di alcuni Conventi dei Cappuccini nelle sedi: Ancona, San Giovanni Rotondo, Loreto.

Grazie molte alle gentili persone che hanno accettato l’intervista: p. Giuseppe Santarelli, p. Antonio Angelini, p. Virgilio Damiani da Offida, p. Guido Belà da Fermo , p. Renato Raffaele Lupi, p. Albino Giovagnoli, p. Gianni Pioli, p. Ortensio da Spinetoli, p. Pierino Valenti, p. Franco Umberto Bastianelli,  p. Angelo Bartocetti, p. Clemente Borri, p. Fedele Salvadori, P. Romano Damiani, P. Antonio Porfidi, Fr. Lucio Mancini.

Grazie anche alla gentilezza dei parenti di p. Raimondo, la sorella Maria e il fratello Giovanni, e i serviglianesi, tra cui Tomassini Giuseppa e tra i residenti santavittoriesi don Silvio Paternesi ed Emilia Torquati vedova Mancini.

SINTESI della biografia

Date principali: il nostro p. Raimondo, nato a Servigliano (AP) il 24 gennaio 1915, ebbe nome Primo, battezzato il 31 dello stesso mese, cresimato il 25 maggio 1924, comunicato con l’Eucaristia il 14 giugno 1924.

Fu orientato e fu accolto dodicenne al Seminario dei Cappuccini a Fermo nel 1927.

Vestì l’abito religioso, dalle mani del padre Maestro Francesco da Montegranaro, nel Noviziato di Camerino il 25 agosto 1931 in qualità di chierico con il nome di Fra’ Raimondo da Servigliano.

Fece la professione religiosa temporanea il 27 agosto 1932, e iniziava l’anno di discernimento per la Professione dei voti a Pesaro. Per il Liceo-Filosofia fu trasferito in Ancona, il 16 settembre 1933 fino alla maggiore età quando, a ventun’anni, esprimeva la professione solenne il 26 gennaio 1936 nelle mani del p. Provinciale Mariano da Fermo.

Il 29 agosto 1936, a Loreto iniziava il primo anno di Teologia, e riceveva la Tonsura il 21 maggio 1937. Il giorno successivo era ordinato Ostiario e Lettore dal vescovo mons. Francesco Borgoncini Duca, nella basilica della Santa Casa.

Al secondo anno di Teologia, il 28 settembre 1937 fu mandato in Svizzera a Solothurn per apprendere anche la lingua tedesca. Qui riceveva gli ordini minori di Accolito ed Esorcista il 2 aprile 1938;  poi Suddiacono il 24 settembre 1938;  Diacono il 2 ottobre 1938 ed in fine Presbitero il 9 luglio 1939.

Ottenne la qualifica per la predicazione nel 1940. A settembre, veniva mandato a far da docente o precettore ai seminaristi a Cingoli fino al 1952. Vicario di questa comunità dall’ottobre 1946, Guardiano dall’agosto 1947, confermato ancora nel 1949 e nuovamente vicario nell’agosto 1952. Nel 1948 entrava nel ruolo direttivo del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, in qualità di tenente cappellano.

Novità nel gennaio 1953: il padre Generale lo trasferiva a san Giovanni Rotondo, ove restava più di tre anni, fino al giugno 1956, a fianco del santo Padre Pio da Pietrelcina.

Quindi tornava a Loreto per undici anni, come confessore, esorcista, e predicatore. Dal 1967 al 1973 fu a Iesi, anche Superiore.

Poi fu  Vicario della comunità a Santa Vittoria in Matenano. Nel frattempo seguiva ed incoraggiava i Gruppi di preghiera di Padre Pio, santo. Faceva anche viaggi all’estero. Ma, a Prato, a metà luglio ’74 avvertì consistenti disturbi al fegato. All’Ospedale Generale Regionale di Ancona si riscontrava una neoplasia irreparabile. Dopo un mese di continuo ricovero, il 24 ottobre 1974, fu il giorno che i cristiani chiamano “natale” di nascita al Cielo. Primo è tornato alla casa del Padre.

PRIMO

   Servigliano è un paese che ha due parrocchie: a nord quella di san Marco; a sud quella di Curetta al confine con Santa Vittoria in Matenano. Scendendo verso il fiume Tenna ci sono i Piani di San Gualtiero con la chiesa dedicata a questo santo. San Gualtiero è il santo serviglianese che qui visse e morì nel secolo XIII.

La proprietà della famiglia Zocchi, è poco lontana dalla chiesa di san Gualtiero. Qui ogni domenica arrivava il Parroco di Curetta  per confessare e celebrare la santa Messa festiva. Una famiglia laboriosa, cristiana nelle idee e nella pratica. Partecipava regolarmente alla s. Messa. Per il resto uno stile sobrio, senza ostentazioni né sprechi. In famiglia si pregava insieme a sera.

La proprietà del terreno assicurava ai famigliari un degno sostentamento e dava modo alla mamma Filomena di praticare ogni giorno la carità.

Padre Raimondo era nato in questa contrada di Servigliano il 24 gennaio 1915. Riceveva il Battesimo, sette giorni dopo, con i nomi di Primo, Giovanni Domenico. Primo significava primogenito, dato che i genitori Marco e Filomena davano valore cristiano al matrimonio e pensavano che avrebbero procreato altri figli, come di fatto avvenne. Era ventiduenne la mamma, quando diede alla luce il suo Primo e in seguito ne mise al mondo altri sei.

La mamma era tutta per la famiglia, assidua nella preghiera  e nelle elemosine. Il babbo, gran lavoratore ed onest’uomo, d’estate andava a guadagnare un po’ di denaro nella Campagna Romana con la fienagione.

Ecco la composizione della loro famiglia: il padre Marco Zocchi di Giovanni, nato a Montottone 22.04.1880 (morì il 24.7.1956) venuto a Servigliano nel 1913  si sposò il 25.04.1914 a Falerone con Aliberti Filomena n. 13.09.1893 ( e morì il 2.2..1970). Figli loro : Primo n. 24.01.1915, Giovanni 1919 (+1930), Maria 1921, Romanina 1923 (morta nel primo mese), Artemio 1924 (+1986), Nello 1928 (+1967), e Giovanni 1935 (+2008).

Il viso di Primo mostra la fronte ampia e dolce della mamma Filomena e il profilo asciutto del padre Marco. Si può curiosamente notare che gli spostamenti di padre Raimondo avvennero negli anni della morte dei famigliari. Il padre Marco moriva settattaseienne nell’estate 1956 quando il figlio, da san Giovanni Rotondo era trasferito a Loreto. Nel 1967 trasferito da Loreto a Iesi, moriva il fratello Nello trentanovenne. La madre settantasettenne si spegneva  nel 1970 quando il figlio stava a Iesi; e sarebbe poi venuto nella vicina Santa Vittoria in Matenano.

LA VOCAZIONE

   Il nostro Primo percorreva la strada detta di‘ San Salvatore’ che dai piani di San Gualtiero sale verso Santa Vittoria in Matenano. Così egli arrivava facilmente al convento dei Cappuccini. Allora gli abitanti della zona parlavano bene di un frate confessore, padre Damiano da Cingoli, considerato un ‘santo’. Anche Primo, ragazzo, volle incontrarlo nel periodo 1922 – 1927. E’ pensabile che dal sant’uomo abbia ricevuto il consiglio di destinare la vita all’apostolato nella perfezione serafica. Già da Curetta erano partiti altri ragazzi che si consacrarono nello stesso ordine religioso: p. Gualtiero Curi, classe 1910, p. Gerardo Rossi del 1913 e il coetaneo p. Cipriano Cardinali.

La mamma Filomena mandava Primo al convento di Santa Vittoria per imparare (come si diceva allora) l’educazione che era insieme istruzione e fu per lui vera formazione,  come riferisce la sorella Maria.

Nel 1927, il primo novembre, il giovanissimo Primo Zocchi, si recava, nel seminario serafico di Fermo, convinto e sereno. La mamma, quando tornava d’estate, gli diceva che era libero di restare a casa o seguitare, e lui confermava la sua scelta di  “mangiare il pane dei poveri”. Voleva che il suo sogno si realizzasse e anche lei ne era contenta.

Esiste una testimonianza scritta da Padre Zocchi su P. Damiano da Cingoli. Ricordava che era spesso invitato a recarsi da Santa Vittoria a Fermo, presso i Cappuccini, per confessare i giovanetti. Così poté incontrarlo ancora. Leggiamo: “ Nel confessare aveva delle belle immagini per farsi capire specie nel campo della purezza. “Se un carbone acceso ti cadesse nell’abito, cosa faresti? Subito lo allontaneresti. Così bisogna fare per allontanare i pensieri e qualunque cosa può rovinare l’anima”.  Mi sembra di stare in quel cantuccio dove confessava. Ti dava confidenza; t’incuteva serenità. Ti confidavi e ti sentivi illuminato e rafforzato. Mi ci confessai da collegiale  a Fermo, dal 1° al 4° ginnasio, dal 1927 al 1931”.

Era un allievo attento, perspicace e realizzava con felice apprendimento la sua formazione. Questo periodo di permanenza fermana durò quattro anni: tre anni di medie inferiori ed il primo ginnasio.

Nella famiglia serviglianese intanto nasceva nel 1928 il fratello Nello Zocchi. Poi, nel 1930, ebbe il lutto del fratello undicenne Giovanni, ma anche la gioia della  nascita della cugina Lucia.

Nel seminario, lui imparava dal cuore divino di Gesù l’umiltà, la mansuetudine e la pazienza. Lo stimavano capace di ascoltare, capire bene e dialogare, mettersi in sintonia e comprendere le altrui sofferenze.

Con Gesù diveniva uomo di preghiera, mite e povero, capace di contatto genuino con la gente.

CAPPUCCINO

   Prima di far procedere Primo, sedicenne, nella vita cappuccina, i superiori dei Cappuccini chiesero informazioni tramite la curia vescovile che trasmise questa risposta scritta (il 21 luglio 1931) dal parroco di Santa Maria delle Piagge in Servigliano: Certifico che Primo Zocchi nato da genitori onesti e pii, giovane libero e sciolto da ogni vincolo matrimoniale, di buoni costumi, di buona indole,di buona fama, capace di studiare, inclinato alla vita sacerdotale; e per quanto consta non è stato mai ricoverato, non è irretito di censura od irregolarità, né di alcun altro impedimento canonico: è vissuto sempre in questa Parrocchia… I genitori non hanno bisogno di lui perché sono possidenti ed hanno altri figli. (Firma) Angelo Palombi Parroco.

Il 25 agosto 1931, nel Noviziato di Camerino, il nostro Primo, si metteva sotto la guida del Maestro Padre Francesco da Montegranaro, e vestiva l’abito dei Frati Cappuccini in qualità di chierico con il nome di Fra’ Raimondo da Servigliano. Questo nome ricorda che ad Ancona, su un terreno del conte Raimondo Ricotti i Cappuccini avevano costruita, nel 1900, la chiesa dedicata a san Raimondo da Pennafort (generale domenicano) su disegno di Fra Angelo da Cassano d’Adda.  Era venerato anche il beato Raimondo Lullo missionario francescano martire nel 1275 tra i saraceni.

Il nostro Fra’ Raimondo, desideroso di santità, il 27 agosto 1932 emetteva la professione dei voti religiosi temporanei fino a quando fosse maggiorenne, a 21 anni.

Dopo il noviziato a Camerino, passava nel convento a Pesaro per la classe di quinto ginnasio, nel 1932/33, e completava il discernimento prima della professione. Nella biografia del servo di Dio, p. Giuseppe Bocci, l’autore p. Renato Lupi ricorda che questi fu docente dei frati Raimondo da Servigliano, Francesco Maria da San Marino, Isaia da Civitanova, Bartolomeo da Monsammartino, Giocondo da Serra San Quirico, Fortunato da Senigallia, Evaristo da Pesaro, Crescenzio da Jesi, Virgilio da Offida, condiscepoli. Il padre Bocci, ora servo di Dio,  fu un  grande educatore per  questi e per altri alunni. Proprio in quell’anno 1932 stava avviando la Pia Opera delle Vocazioni, fruttuosissima per tanta gioventù.

Guardiano e direttore a Pesaro dal 1931 era p. Paterniano da Grottammare, mentre Giovanni da Piobbico era Vicario. Vice direttore ed insegnante padre Basilio da Pievebovigliana lettore.

Il 16 settembre 1933 la classe con Fra’ Raimondo si trasferiva, per tre anni, al Liceo o Filosofia sul Colle delle Grazie di Ancona, presso la chiesa di San Raimondo.

Nel 1935 la mamma gli dava l’ultimo fratello, Giovanni con cui lei visse assieme fino al 1970.

Primo, diventato maggiorenne,  si impegnava nella professione perpetua dei voti religiosi il 26 gennaio 1936 di fronte al padre Provinciale Mariano da Fermo. Un impegno volontario, consapevole della missione cristiana e francescana lieta e aperta a tutti i cuori.

VERSO IL SACERDOZIO MINISTERIALE

   La competenza biblica, e quella teologica erano a fondamento della formazione preparatoria per giungere al presbiterato. Fu Loreto la sede del primo anno di Teologia, durante il quale, il 21 maggio 1937 riceveva la clericale Tonsura dal vescovo lauretano mons. Francesco Borgoncini Duca che, il giorno successivo gli conferiva gli ordini minori di Ostiario e Lettore, nella basilica della Santa Casa.

Ma non continuava qui, dato che i suoi superiori vollero che nel completare gli studi teologici, apprendesse bene anche la lingua tedesca e, per tal motivo, lo mandarono in Svizzera, al Capuzinerclozer di Solothurn, all’inizio del secondo anno di teologia, nell’autunno ‘937.

Ricevette qui gli ordini minori di Accolito ed Esorcista il 2 aprile 1938; successivamente il Suddiaconato il 24 settembre 1938, e l’ordine del Diaconato il 2 ottobre successivo.

Gli ultimi anni di preparazione agli ordini sacri a Solothurn, in ambiente tipicamente tedesco, contribuirono a perfezionare il suo carattere impostato ad esattezza e precisione quasi cronometrica” (p.Mas.).

L’ordine sacro del Presbiterato (sacerdozio ministeriale) durante il ciclo teologico, gli fu amministrato il 9 luglio 1939, sempre a Solothurn.

Nel quarto anno di teologia ancora in Svizzera, il sogno giovanile si realizzava. Il grande carisma, la grinta nella tensione ideale rendevano efficace la sua missione di salvare le anime in Cristo. Il tenace impegno della volontà diamantina, a dispetto di tutte le difficoltà e pregiudizi lo portano continuamente a donare la misericordia del Cristo che salva.

Si preparò subito per essere abilitato come predicatore e ne ebbe l’autorizzazione patente nel 1940. Esercitava il suo ministero nella chiara consapevolezza dell’azione redentiva dello Spirito Santo sulle anime, per i meriti di Gesù Cristo, a gloria del Padre. Era un sacerdote fedele e coerente alla sua missione.

Nel padre Raimondo tutti abbiamo stimato l’uomo di fede e di bontà. Non esternava le sue convinzioni religiose con lungaggini e pietismi, ma la sua attività sacerdotale, il modo di comportarsi ce lo rivelava” (p.Mas.)

La fede robusta, la speranza fiduciosa per il futuro, la carità schietta e operosa lo manifestavano un frate coscienzioso, lontano da pratiche sentimentali, devozionali. In Svizzera, oltre che potenziare lo stile di chiarezza e di esattezza, aveva potuto apprendere bene le lingue tedesca e francese che gli furono preziose per il successivo apostolato, anche come segretario epistolare di Padre Pio, santo.

Per il fatto che la Svizzera era neutrale in guerra non si trovò a partire militare, mentre imperversava la seconda guerra mondiale in cui l’Italia entrò il 10 giugno ’40.

La mamma celeste, la Vergine Maria, con il suo cuore materno, rendeva il neosacerdote partecipe dei misteri del Figlio Gesù. La fiducia che  p. Raimondo le rivolgeva, insieme con la Chiesa, era immensa. Nel 1942 Pio XII consacrava la Chiesa ed il genere umano al Cuore Immacolato di Maria.

DOCENTE

   Tornato in Italia alla fine dell’estate 1940, P. Raimondo  fu impegnato al ginnasio serafico di Cingoli e vi restò fino al 1952. P. Ortensio, allora studente, apprezzava, insieme con i condiscepoli, il carattere sereno, faceto e la squisita competenza didattica  di questo docente.

   “A scuola era seguito con interesse dagli alunni del ginnasio e del liceo durante le ore di francese, greco e matematica, per la sua particolare immediatezza di comunicativa. Con la stessa attenzione i fedeli ascoltavano dal pulpito la sua predica preparata, concisa e spiccata” (p.Mas.).

Il suo alunno nel biennio 1942 – 44, p. Bartoccetti ricorda il professore sempre calmo, padrone in pieno delle materie che insegnava e la classe era soddisfatta. Alla domenica andava a fare da prete ausiliario nelle Parrocchie dei dintorni, come altri Frati. L’archivio del Convento ha l’elenco delle predicazioni tenute da P. Raimondo in alcune città delle Marche, come ha riscontrato P. Pierino Valenti.

Nel 1943 gli moriva la nonna paterna Maria Genoveffa che trent’anni prima aveva portato la famiglia da Montottone a Servigliano.

P. Antonio Angelini ricorda: “ Il primo incontro con P. Raimondo risale (…) al ginnasio, dal settembre 1943 al luglio 1945: anni sicuramente difficili, soprattutto per la guerra…per il passaggio del fronte, per le ruberie subite…, per l’abbandono del convento, requisito dal Comando Tedesco e per la sistemazione provvisoria, come sfollati, a Villa Strada di Cingoli. Comunque, ricordo bene questi eventi vissuti in prima persona, per quel senso di novità che comportava per noi ragazzi, che non ci rendevamo conto di eventuali pericoli. In quella circostanza, ricordo anche che P: Raimondo non abbandonò definitivamente il convento per essere interprete ufficiale presso il Comando Tedesco insediato nel nostro convento: conosceva molto bene la lingua tedesca e la francese per aver compiuto gli anni del corso teologico in Svizzera.

   Negli anni di permanenza con lui a Cingoli, mi ha insegnato il francese e il greco. Le sue lezioni erano svolte in modo semplice, senza nessuna parvenza di superiorità; non usava molto la cattedra; usava, invece, la lavagna e spesso era tra noi. E per questa sua semplicità e naturalezza ci restava gradito, più degli altri insegnanti. Per me è stato un uomo di intelligenza pratica, gentile, sincero, sempre pronto a offrirsi, schietto, immediato… di una trasparenza e semplicità evangelica; dal suo volto, animato da un sorriso appena percettibile, gli si leggeva l’interno.

   A proposito di semplicità, ricordo che un giorno, facendo un lavoro scritto di greco in classe, P. Raimondo era a ricordarci di far silenzio, di non disturbarci e soprattutto di non copiare l’uno dall’altro. Diceva: “Voglio rendermi conto della vostra preparazione…”

   Fin dal primo incontro con lui – e ancor maggiormente nei successivi – ho constatato che sapeva suscitare attorno a sé con molta naturalezza, un senso di simpatia per quel suo alone di semplicità.”

P. Renato Lupi dice che era un professore capace, preparato, preciso, simpatico ed era ben accolto dagli studenti. S’intratteneva con loro sorridente e scherzoso.

 P.Saverio Santini lo ricorda molto affabile e lo si ascoltava volentieri.

P. Albino Giovagnoli ebbe come professore p. Raimondo: “Nel 1948 insegnava matematica e francese, perfettamente. Possedeva le materia e si esprimeva con grande chiarezza. Invitava a compiere il proprio dovere; ma non era duro. Lo si vedeva impegnato, pieno di fede, uomo di Dio, in tutto, anche nel trattare con gli altri. Diceva con sicurezza, paternamente, di sgobbare per vivere la vita cristiana.  Con il suo sguardo benevolo e con il  modo affabile, infondeva serenità, dava fiducia.

P. Giuseppe Santarelli, Direttore della Congregazione universale della S. Casa, a Loreto è ancora entusiasta del modo brillante con cui spiegava argomenti nuovi, accompagnando la mente come in una bella passeggiata per visitare, esplorare cose interessanti che sapeva rendere piacevoli. Riconosceva la validità dell’apporto cristiano al bene della società.

Nel periodo che stava a Cingoli, ebbe varie mansioni, prima come vicario della comunità (ottobre 1946 e di nuovo, agosto 1952) poi come Guardiano (agosto 1947, confermato 1949) e sapeva esser fratello e padre, spiritualmente e concretamente.

   “Il senso ottimistico della vita gli faceva apprezzare ogni cosa come dono della bontà divina. Un bicchiere di birra fresca, una melodia, la bellezza della natura, un nome, un gesto, la barzelletta, tutto gli dava motivo di elevarsi in francescana letizia. Il suo stesso humor rendeva sempre la sua conversazione gradita” Nello stesso tempo “la sua convinzione profonda nei valori supremi, gli ha infuso una grande carica al dinamismo apostolico, fino a saper sacrificare comodi, riposo e salute” (p.Mas.)

A FIANCO DI PADRE PIO DA PIETRELCINA

  Il Ministro Generale dell’Ordine serafico cercava di inviare un confessore a S. Giovanni Rotondo, degno di stare accanto al famoso frate che sappiamo già canonizzato santo. Ecco padre Raimondo con lui, dal gennaio 1953 al giugno 1956, impegnato ad fargli da interprete e rispondere alle lettere indirizzate a padre Pio soprattutto in lingua francese e tedesca. Allora il santo non era in segregazione, ma svolgeva tutta la sua missione apertamente.

P. Virgilio da Offida (condiscepolo, anche lui classe 1915) chiese al p. Guardiano di poter andare da Padre Pio, ma il superiore gli disse che era proibito ai Cappuccini di andarci, poi, benevolmente, lo mandò a San Giovanni Rotondo per far visita a p. Raimondo che era appunto con Padre Pio. Andò e furono lieti di rivedersi. Gli fece salutare il santo che abbracciò e baciò p. Virgilio. Lo ricordava con commozione. Si vedeva che il santo stimava p. Raimondo.

   “In qualità di confessore e corrispondente dei devoti di S. Giovanni Rotondo, fu egli stesso ammiratore dell’umile fraticello stimmatizzato e seppe anche ereditarne parte dello spirito” (p.Mas.).

Capiva i pensieri nei meandri talora oscuri e confusi. A lui si presentavano persone di vati tipi: l’imbonitore, il timido, il capriccioso, lo spaccone, il dirigente, il nullatenente, il ragazzo e l’anziano, il lavoratore ed il disabile. In quell’insieme eterogeneo anche padre Raimondo aveva l’abitudine della calma e della fiducia totale in Dio. Faceva capire con serenità che nel dolore c’è un segreto di felicità.

La sua vita quotidiana era fatta di gesti semplici, di modi pacati e benevoli. Anche il suo cuore, come quello del santo che aiutava, batteva all’unisono con il cuore dei fedeli.

Del periodo di tempo che trascorreva a Servigliano, nella casa natale, ci ha dato qualche ricordo Giuseppa Tomassini, dicendo che era scherzoso nel parlare, e veniva apprezzato come persona intelligente, era spiritoso, gentile, brillante; sapeva far capire la ricerca esistenziale di Dio, il destino e il valore delle persone. Le diceva: “Giuseppa, devi arrivare in Paradiso. Anch’io voglio arrivarci”. Con tutti si presentava mite, sorridente, pronto alla comprensione generosa. La bonarietà non gli faceva perdere la sua attenzione vigile e operosa.

P. Angelini ricorda: “ A S. Giovanni Rotondo (FG) nel santuario della Madonna delle Grazie, era confessore e incaricato di rispondere, a nome di P. Pio, alle molte lettere di fedeli di lingua tedesca e francese Furono anni di molto lavoro, svolto qualche volta in un clima di poca serenità e fiducia, ebbe modo di conoscere P. Pio, e di godere della sua amicizia, stima e familiarità. Ho sentito ripetere questa frase, attribuita a P. Pio, quando ormai P. Raimondo stava per partire: “ Vi accorgerete di P. Raimondo, quando non sarà più con noi “.

Padre Ortensio da Spinetoli conferma che Padre Raimondo è stato un vero frate minore, senza incrinature e senza ombre. Tale rimane nella mente di quanti l’hanno incontrato, apprezzando, con gratitudine, i suoi insegnamenti e sono felici di essere stati compagni di viaggio di uno spirito alto e vivo. La poetessa Maria Paradiso ha due versi che si addicono al nostro: “Quel suo sguardo sorridente | angelo che sempre vivrà”.

Se in precedenza P. Raimondo non era tanto conosciuto, dopo che era stato a San Giovanni Rotondo era cercato dalle persone e venivano a lui da vari luoghi.

Ma l’unica importanza che per lui contava era lo stare ai piedi di santa madre Chiesa, maestra di ogni bene al mondo.

I Frati Cappuccini, nati nel 1525, facendo propria la regola francescana, nelle Marche avevano la prerogativa di collocarsi agli ultimi posti.

Padre Raimondo, come dice P. Ortensio, professore allora a Loreto, è stato un religioso ed un sacerdote esemplare, laborioso e sincero, si potrebbe dire semplice, senza infingimenti o raggiri. Ha svolto il suo mandato, ha seguito la sua vocazione, confrontandosi solo con Dio e il suo Spirito, badando alle necessità degli altri, prima che al suo buon nome. Al primo posto sempre il bene delle anime, poi il proprio.

AL SANTUARIO DELLA SANTA CASA

   A Loreto tornava nel giugno 1956 per svolgere l’apostolato sacerdotale come celebrante, predicatore, penitenziere ed anche esorcista., fino al 1967.  Presso questo santuario internazionale di Maria ss.ma realizzava il suo devoto affetto filiale verso la Mamma celeste, mediatrice di tutte le grazie a conforto delle persone oppresse dalle amarezze della vita.

Era addetto alla confessioni, gli era riservata la Messa domenicale delle ore undici. “Intorno alla su persona – ricorda P. Ortensio – si cominciò a costituire un giro di devoti e di affezionati che si affollavano al suo confessionale o aspiravano ad un colloquio con lui. Il suo soggiorno a San Giovanni Rotondo, quale ‘segretario epistolare’ di p. Pio aveva contribuito a rendere desiderata la sua parola e più ancora la direzione spirituale. Ben presto era diventato una figura di spicco all’interno, soprattutto all’esterno del convento.. La sua popolarità non passava inosservata e il fatto a chi era gradito a chi meno. Per p. Raimondo era solo motivo di grande fatica; arrivava spesso in ritardo in refettorio, accontentandosi di quello che rimaneva. Il soggiorno a Loreto è stato senz’altro il più impegnativo della sua attività sacerdotale, ricco di cari ricordi e di opere di bene, ma è forse quello che ha segnato la sua vita spirituale e la sua attività apostolica. Ha lavorato indefessamente, ma senza, non diciamo il plauso, la piena comprensione. Per sua natura schietto, espansivo, ed anche estroverso, si è sentito come accerchiato ed appariva qualche volta preoccupato… Per di più, la frequenza quasi eccessiva al confessionale di qualche penitente, senz’altro bisognosa, ma anche malata… metteva alla prova la pazienza di p. Raimondo”.

P. Ortensio si rendeva conto che, a complicare la situazione, c’erano cose estranee al carattere suo ed alla sua dirittura.

Il 15 gennaio 1959 il Ministero italiano della Sanità decretava di conferire al Tenente Primo Zocchi le ricompense di merito praticate dalla Croce Rossa Italiana.

   “Il suo animo profondamente retto lo impegnava a una condotta morale ineccepibile davanti a Dio e a forte slancio di comprensione per il prossimo. Stimava e amava tutti e si faceva voler bene e apprezzare da tutti …

 Per tutti i casi egli aveva parole convincenti; ridestava fiducia, donava valido conforto morale e spirituale agli animi provati, licenziandoli con la sua speciale benedizione” (p.Mas.).

La Penitenzeria Apostolica della Santa Sede il 24 luglio 1962 concesse per sette anni, a padre Raimondo, alcune facoltà spirituali pontificie, nell’applicare le indulgenze papali quando benediva i rosari, i crocifissi, le medagliette. In particolare l’indulgenza plenaria nel baciare il Crocifisso in punto di morte con senso cristiano e nella pratica della Via Crucis per malati, carcerati e naviganti di fronte al Crocifisso soltanto. Per ogni Rosario 500 giorni d’indulgenza. Infine l’indulto personale dell’altare privilegiato ( con indulgenza plenaria) per quattro giorni ogni settimana.

Come penitenziere di lingua francese e tedesca era spesso e volentieri impegnato in confessionale. Lo cercavano anche le persone che lo  avevano incontrato a San Giovanni Rotondo.

Un ricordo di P. Antonio Angelini che insegnava a Loreto Diritto Canonico nello studio teologico interprovinciale: ”A Loreto padre Zocchi ha continuato a lavorare secondo il suo stile: con semplicità, naturalezza, spontaneità, senza far pesare il servizio che offriva. Inoltre, mi accorsi della sua vita interiore, del suo amore alla preghiera, dell’attaccamento alla nostra linea di Cappuccini, e del suo amore grande per i fedeli, che venivano a lui da tutte le parti d’Italia e dall’estero e che serviva in tante maniere. Un giorno, constatando il suo continuo da fare…, e la gente che chiedeva insistentemente di lui, gli rivolsi, sorridendo una domanda: “Come mai sei riuscito a farti un “roccolo” di forte richiamo?”. Mi rispose: “ Non faccio proprio nulla io per questo … lascio a tutti la possibilità di parlare; io cerco di ascoltare!…”

Oltre a questa battuta, piena di saggezza, voglio ricordare un episodio che rivela un P. Raimondo umile, paziente, di una rettitudine a tutta prova. Un giorno, al mattino verso le ore 10, vidi avvicinarsi al suo confessionale (di fronte alla cappella Svizzera) una sua penitente, conosciuta un po’ da tutti come un’indiscreta, gelosa, per la quale P. Raimondo ebbe a soffrire, forse anche a S. Giovanni Rotondo. Aveva in mano un pacchetto e, stando dinanzi al confessionale, si mise a parlare concitatamente con lui. C’erano poche persone in quel punto. A un certo momento, la signorina, offesa, forse, dall’atteggiamento di fede di quell’uomo di Dio e della sua rettitudine, aprì il pacco, mi sembra di arance e le gettò addosso al suo confessionale, dicendogli forte, (alcune) parole che non compresi, e si allontanò. P. Raimondo a questo punto uscì dal suo confessionale umile umile, senza perdere la sua abituale serenità, e con tanta pazienza si mise a raccogliere la frutta che si era sparsa sul pavimento.”

Era grande la frequenza dei fedeli anche perché era conosciuto come esorcista. P. Renato Lupi lo ricorda apprezzato, autorevole, stimato tra i Cappuccini, sempre bonario. Era di aiuto alle anime come guida spirituale. I riti liturgici dell’esorcismo li praticava nella stanza di lato alla porta della sala ‘Pomarancio’.

Padre Pio ebbe a dire ad alcune persone che erano giunte da lui dalle Marche. “Andate da padre Raimondo”. Alcuni hanno detto che la sua benedizione orante facilitava il dono delle divine grazie.

P. Franco Umberto Bastianelli quand’era studente di Teologia, negli anni ’959-61 lo ebbe confessore: “di lui posso dire che era un uomo ricco di umanità nell’educare, nel formare, nel consigliare in quei pochi momenti o minuti in cui era ministro del Sacramento della riconciliazione. E questo ministero lo svolgeva tenendo conto anzitutto che per primo c’è l’uomo e lo faceva cercando di infondere con chiarezza e poche parole FIDUCIA nella infinita bontà di Dio: la speranza è la virtù che ci fa camminare verso la santità e l’Eternità”.

PREDICATORE

   Ogni domenica, nel santuario lauretano, era incaricato di celebrare la s. Messa delle ore 11, la più frequentata. Lui predicava in modo chiaro, spiegava il Vangelo con frasi comprensibili da tutti. Gli bastavano poche parole, senza ripetersi e faceva capire molto.

Era famoso come predicatore perché graditissimo all’ascolto ed attirava la gente. Era chiamato nella Parrocchie. P. Virgilio assicura: “era bravissimo nel predicare. Era bravissimo”.

P. Gianni Pioli ricorda che i correligiosi veneti cercavano con fiducia padre Raimondo per avere da lui consigli e benedizioni, con gioia.

Predicava con il garbo della buona indole e con la verve della fede unita all’indubbia preparazione che gli consentiva di esprimersi magnificamente. Il carattere generoso, l’inesauribile umanità, la forza della tolleranza si riflettevano nel suo predicare. Osservatore attento, di poche parole, amava la vita solidale e sostenuto dall’umiltà rendeva chiara la fedeltà agli impegni.

P. Guido Belà lo apprezza come Frate esemplare, obbediente, umile, pronto al sacrificio per il bene degli altri. Ascoltava, consigliava, dando tutto il tempo, anche a costo di perdere il sonno. Aveva le doti dell’affabilità e della dolcezza per l’amore di Dio. Era preciso nei suoi doveri. A Loreto sempre pronto alle Confessioni, alla direzione spirituale, anche in lingua  francese e tedesca. Faceva l’esorcista e questo non era un impegno facile. Usava discernimento. Si preparava molto per predicare bene e riusciva chiaro, breve, efficace tanto che un confratello scherzosamente disse che padre Raimondo celebrava  La Messa in 25 minuti, compresavi  la predica da  30 minuti.  Intendeva  che per la spiegazione del Vangelo, intensa, puntuale, senza alcuna ripetizione, a lui, bastavano pochi minuti, ma che equivalevano a mezz’ora per le molte cose dette con precisione. Ricorda  p. Angelo Bartoccetti che tutti dicevano che le prediche di p. Raimondo erano brevi e concentrate. Ed erano incisive. Lo si ascoltava volentieri.

Al venticinquesimo anniversario del suo sacerdozio ministeriale, nel 1964 la comunità serafica lauretana volle esprimergli stima ed affetto con il ricordino recante l’immagine del papa ‘buono’ (poi canonizzato), nel retro vi si legge: “Dare tutto, ma senza che mi si debba nulla” Dal Diario di Papa Giovanni XXIII. Lo stile gioviale e generoso nel perdono, tipico del santo papa era lo stile voluto da padre Raimondo che viveva la povertà nel donare, rinunciando a chiedere. Erano nel suo cuore gli esempi dei Frati umili, poveri, obbedienti, casti.

A Loreto il 2 ottobre 1965 il nostro cappuccino dava una testimonianza scritta per il frate che ricordava esemplare. “Padre Damiano (da Cingoli) era un frate austero, osservante, venerando. Al confessionale era di una bontà estrema, unita a fortezza da spingere alla virtù”. Si comprende che lo considerava esemplare.

Il fratello Giovanni ricorda che amava colloquiare, stare insieme con le persone, ed era forte per le frequenti barzellette con cui rallegrava tutti.

C’era anche chi non condivideva tanto zelo e cominciava a far osservazioni nelle comunità dei Frati, e nella curia vescovile.  Nell’agosto 1967 nella “congregazione” dei nuovi superiori provinciali tenutasi a Camerino, si decisero alcuni trasferimenti.

A   IESI

   P. Raimondo trascorse un sessennio a Iesi dal 1967 al 1973, dove fu anche superiore. Nel 1971 – come ricorda p. Santarelli, allora Definitore – c’erano dei chierici cappuccini che volevano innovazioni alla forma di vita serafica per aggiornarla superando le tipiche tradizioni.

P. Raimondo non era favorevole a mutare lo stile cappuccino e diceva: Bisogna fondarsi nei valori” perché non aderiva alle riforme comode o facili . Di fatto quei cambiamenti risultarono, nel seguito, fallimentari.

Dalle Cronache  di Jesi si viene a sapere che era Guardiano del convento. La  loro chiesa era molto frequentata dai fedeli che frequentavano le sue preghiere e liturgie.

Quando si seppe che si trasferiva a Santa Vittoria in Matenano ci furono lamentele, perché questo paese sembrava lontano, un luogo sperduto e poco accessibile. Ma p. Raimondo disse “Vado”.

P. Angelini  ricorda il breve incontro, forse di un giorno, con P. Raimondo, nel convento di Jesi nel 1973: “Negli ultimi giorni di agosto o ai primi di settembre andai come superiore a Jesi e lui, invece, era destinato a S. Vittoria in Matenano. In quella circostanza lo vidi in uno stato di particolare disagio per quanto stava accadendo in quegli anni nella Chiesa del post-Concilio e soprattutto nella sua comunità di Jesi. Padre Raimondo, uomo di virtù e attaccato quale era alla vita francescana-cappuccina “stile Marche”, non condivideva le nuove idee di rinnovamento, in particolare non condivideva affatto quanto si stava facendo in comunità da confratelli poco illuminati, per cui venne a trovarsi isolato rispetto al resto della fraternità; occupato nella predicazione, particolarmente nella chiesa conventuale di Jesi, nella quale riusciva molto per il suo stile chiaro, incisivo e rapido; ancor più occupato nelle confessioni, nella direzione spirituale e nell’ascolto paziente di chiunque si rivolgesse a lui.    Mi fece anche impressione perché da Jesi – dove svolgeva un apostolato valido e prezioso – fosse mandato dai Superiori a S. Vittoria in Matenano, un paesino difficilmente raggiungibile da chi non guida la macchina. Provai, veramente, tenerezza tanto che mi offrii per andare dal Superiore Provinciale per perorare la sua causa, per farlo, cioè, restare, nella mia comunità. Ma lui – lo ricordo bene – mi disse: “ Vado volentieri a S. Vittoria! ”.

Padre Raimondo era un cappuccino autentico, obbediente”.

I coniugi Buia scrissero una testimonianza allegando una foto di padre Pio benedicente al 25° delle loro nozze.

” L’accoglienza che ci serbava esorbitava dai nostri meriti, eppure ci era veramente Padre spirituale, Maestro di Carità, dolcissimo Fratello in Cristo. Ci ha lasciati volando in Paradiso colle ali aperte della santità, terribile esorcista degli spiriti mali, che volevano allignare nelle creature di Dio.

Dopo i tre anni a San Giovanni Rotondo continuarono i contatti con le molte persone che l’avevano incontrato accanto al santo padre Pio.

NELLA COMUNITA’ A S. VITTORIA IN MATENANO

   Nella nuova sede, nel 1973,  fu preceduto da curiosità ed attesa per la molta posta che riceveva e per le notizie della sua intensa attività apostolica.

Racconta don Silvio Paternesi, allora viceparroco a Santa Vittoria (ove è poi diventato parroco) che il direttore dell’Ufficio Postale era sorpreso del quantitativo di lettere in arrivo per i nostro Frate cappuccino, dicendo: “ Chi sarà mai?”

P. Raimondo incaricava le persone disponibili a chiedere l’iscrizione all’Opera Serafica delle SS. Messe per le anime dei defunti, come Delegato e rilasciava un santino con l’attestato degli iscritti e la sua firma, come ricordo da conservare. Tra le animatrici dell’iniziativa la sig. Torquati Emilia Mancini che ricorda P. Raimondo arrivare dal convento (presso il cimitero) in paese con il motorino, tutto gioviale.

Don Silvio al primo arrivo di questo frate, ebbe buona impressione dal suo sguardo buono e paterno. Appariva come il tipico padre marchigiano dotato di equilibrio e di saggezza dal punto di vista umano, uno che sa impegnarsi e farsi apprezzare.

Racconta: “La popolazione di Santa Vittoria, già dal tempo di P: Damiano da Cingoli, aveva espresso e manifestava ancora affetto e devozione verso i Cappuccini. P. Raimondo era considerato il massimo come persona umana. Era apprezzato perché era al di sopra di tutte le parti, un tipo mondiale che si poteva considerare francese o tedesco o africano, ma un italiano in armonia con tutti, senza discriminazioni. Con lui ognuno si trovava bene. Era persona capace di consigliare e per questo gli scrivevano e venivano a fargli visita in molti. Aveva un fascino sereno, gioioso, come un padre, come un amico da vecchia data. Era molto equilibrato, non scantonava mai”.

P. Raimondo confidava sentirsi una grande stanchezza. Nonostante tutto, proseguiva l’apostolato e l’animazione e la diffusione dei Gruppi di Preghiera di padre Pio.

Il 12 ottobre 1973 la Croce Rossa Italiana con speciale diploma del Presidente Generale in armonia con il decreto emesso nel 1959 dal Ministero della Sanità, autorizzava il Tenente Cappellano Primo Zocchi a fregiarsi della Croce di Anzianità, iscritto da 25 anni nel direttivo del Corpo militare della stessa C.R.I.

Il pellegrinaggio della vita serafica cappuccina di padre Raimondo aveva avuto avvio con padre Damiano a Santa Vittoria in Matenano e qui doveva avere un degno epilogo, in una dimensione di incontri con persone di varie provenienze.

Era considerato colto, preparato, stimato un sant’uomo, come riferisce il maestro Marcello Rossi di Curetta. E lassù affluiva tanta gente. Un penitente confidava: “Lo incontrai a Santa Vittoria, e per me fu la gioia della Misericordia e della Riconciliazione”.

   Ecco il ricordo di padre Massimino: “Contrario a prolissità, riservava invece tutta la pazienza per accogliere, consigliare e confortare le numerosissime persone che si rivolgevano a lui direttamente o per lettera o al telefono. Non gli sono mancate incomprensioni e croci fino all’ultimo, ma tutto ha saputo nascondere con imperturbata serenità. Non erano nel suo stile lamenti, giudizi o insinuazioni meno che riguardosi nei confronti di chicchessia, maggiore eguale o suddito. All’occorrenza, pur di non ledere il rispetto altrui, abilmente sapeva declinare il discorso.

   Al contrario si accendeva per disapprovare apertamente i soprusi dei più forti contro i più deboli della società; altrettanto deprecava gli sfruttatori, le violenze e gli intrighi politici …

Spesso era sua iniziativa intraprendere lunghe tournées apostoliche in Italia, Francia, Svizzera, Austria, Belgio e in altri paesi esteri, facilitato dalla conoscenza di più lingue, per tener desti i centri di preghiera avviati da padre Pio, come per visitare, di persona, ammalati particolari” (p.Mas.).

NELLA SOFFERENZA

   Da un dattiloscritto della curia provinciale veniamo a sapere che verso la metà di luglio del 1974, mentre era a Prato, incominciò ad avere disturbi consistenti. Iniziarono le analisi. Dopo Graz fu ricoverato all’Ospedale civile di Fermo.  Qui c’era il suo devoto dott. Traini. La diagnosi fu di una gravissima malattia al fegato. Trasferito il 23 settembre all’Ospedale Generale Regionale di Ancona, si provò ogni cura della neoplasia al fegato e si profilò l’inevitabile conclusione dal punto di vista terreno…Il Signore lo aveva già trovato pronto per il Cielo.  P. Santarelli lo ricorda tutto raccolto in preghiera nella stanzetta dell’ospedale, in un clima di sofferenza silenziosa, serena.

Da P. Angelini sappiamo: “ Un’altra prova di virtù è stata la grande rassegnazione con cui ha affrontato la sua ultima e inguaribile malattia. P. Giuseppe Santarelli ha confidato di essere stato all’Ospedale di Fermo, ove era degente P. Raimondo, proprio quando il suo medico e figlio spirituale, gli comunicò la gravità della sua malattia: un tumore maligno! Il nostro P: Raimondo accolse l’annuncio da forte, con tanta fede, senza nessun segno di turbamento e di commozione, edificando i presenti per il suo abbandono alla Volontà Divina.”

P. Clemente ricorda quando si recò all’ospedale e lo trovò in una stanza semibuia: “Padre Raimondo diciamo una preghiera”. Rispose: “Sì, poi mi dài l’assoluzione” e così fu fatto.

“Non un lamento di dolore” scrisse il p. Massimino che rivolse il ”ringraziamento particolare al carissimo confratello padre Fedele Salvatori per l’opera assistenziale svolta notte e giorno, intorno all’ammalato per lungo tempo…

Negli ultimi giorni rispondendo ad un confratello, si espresse: –Non si può pregare con le labbra, ma si può pensare -. Da un breve messaggio indirizzato con voce fioca dal letto agli amici, così si poté riascoltare dal nastro magnetico: – Cari amici miei, io sono qui, non posso far niente, sono in compagnia del Signore e della Madonna e di padre Pio – Forse per questa unione al soprannaturale nella sua stanza, egli preferiva il silenzio.

Fino all’ultimo momento si è mostrato riconoscente di ogni minimo servizio nei suoi riguardi; anche quando stremato e le sue esigenze erano ridotte ai minimi termini, raramente esprimeva un desiderio all’infuori della dieta stabilita dai dottori, per tutti aveva un garbato ‘Grazie’.

Al volere del Cielo, che veniva a richiamarlo dall’esistenza terrena, nel cuore della sua proficua giornata di lavoro sacerdotale, si è spento consapevolmente in edificante serenità di spirito alle ore 4,30 del 24 ottobre 1974

   La scomparsa, sia pure rapidissima, del nostro caro padre Raimondo per nessuno è giunta inaspettata. Confratelli, parenti ed amici di tutte le parti, già erano al corrente del male implacabile che aveva fatalmente minato il suo robusto e dinamico fisico. A nulla sono approdate diagnosi, ricoveri e cure prodigategli … da specialisti.

   Il distacco e la perdita del confratello esemplare, del sacerdote irreprensibile; del direttore,amico,consolatore di anime ci addolora profondamente.

   Se la malattia ha rivelato a molti l’ampia stima riscossa dal padre Raimondo, i funerali sono stati un’ulteriore conferma del comune affetto e venerazione. Più che a un rito mesto, ci è parso di trovarci a un trionfo. La sua salma infatti era circondata da uno stuolo di confratelli, sacerdoti, chierici, e seminaristi uniti al padre Provinciale per la liturgia funebre, e la chiesa gremita da una folla numerosissima di parenti, amici e figli spirituali giunti al convento dei Cappuccini in via Colle Grazie ad Ancona, per l’estremo saluto…

   I numerosi confidenti, d’ambo i sessi di ogni età e condizione, (hanno riverito)  il padre comprensivo caritatevole e longanime. La certezza della vita per Cristo in Dio per ciascuno di noi è di conforto sommo e ci sprona a non rimanere inerti (p.Mas.)

Nella bara, esile, consunto, trasfigurato, lo ricorda p. Ortensio.

RITORNO A SERVIGLIANO

   Numerosi furono “ i fedeli presenti ad accogliere il feretro del caro defunto a Servigliano, suo paese natale. Anche qui si è ripetuta una commovente concelebrazione, a cui hanno preso parte religiosi e parroci dei paesi  circonvicini. Quindi la salma è stata trasportata e tumulata nel civico cimitero di Servigliano, per volere dei congiunti, accanto ai suoi cari, in attesa dell’Alba intramontabile” e p. Massimo ringraziava tutti per la partecipazione.

 P. Raimondo nella vita dell’eterno oggi con Dio, ama ed aiuta tutti.

Sulla lastra del suo loculo nel cimitero, i semplici dati: Padre Raimondo Zocchi  n. 24.1.1915 – m. 24.10.1974.

L’anno successivo sono state apposte due piccole lastre similoro, agli spigoli superiori. Una: Padre Raimondo Zocchi mille grazie per sempre. Schweighofer Fortsch Ria Graz 18.8.2975 Austria. L’altra: Pater Raimondo Zocchi Dank für Standige Hilfe Graz 1975 Heelne Cichocki.

Nel ricordino funebre il nostro sacerdote spicca fotografato in abiti liturgici per l’offerta del corpo e del sangue nella s. Messa, presso l’altare, il calice e la patena, in raccoglimento con le mani giunte. Vi è scritto: “Servo buono e fedele … nel gaudio del tuo Signore” continua di lassù ad esserci modello e maestro di Fede, con il tuo entusiasmo ravviva ancora la nostra Speranza, la tua pazienza e la tua bontà ci spronino a seguirti nella lotta per il regno di Dio.”

P. Angelini, richiesto nel 2003 di dare la sua testimonianza sul cappuccino serviglianese, concludeva il suo scritto così: “Il breve ricordo di P. Raimondo l’ho fatto volentieri, soprattutto per l’ amicizia e grande stima che ho sempre avuto per lui. La sua memoria serva per edificarci, e ci sia anche di stimolo per un lavoro serio e assiduo verso i fratelli.   Si è sentito dire che diverse persone lo pregano e lo invocano nelle necessità”.

P. Romano Damiani da Offida, missionario in Brasile, dopo il suo ritorno in Italia, ha sentito ricordare P. Raimondo come persona di grande spiritualità di cui il convento di Loreto serba vivo ricordo.

RICORDO UFFICIALE

   I Padri Cappuccini usano pubblicare nella rivista ufficiale un necrologio in latino. Così viene nella mia traduzione italiana: Religioso e sacerdote pio, obbediente e dotato di ardente zelo per le anime, dedicava con entusiasmo il tuo tempo all’insegnamento, alla preghiera e all’apostolato. Fu docente nel seminario dei Cappuccini, predicatore conciso ed efficace, confessore e direttore delle anime, anche esorcista molto cercato dai fedeli che da vari luoghi si recavano da lui. Presso padre Pio da Pietrelcina, ammiratore anche emulo, diveniva imitatore valido nella lotta contro gli spiriti del male. Eccelleva per grande carità e pazienza soprattutto con coloro che, spossati nell’animo, solevano colloquiare con lui o di persona o per lettera o per telefono. Pieno di fede e di ottimismo, spiccava per bontà, amabilità, semplicità. Era circondato dalla stima e dall’affetto dei confratelli e del popolo. Anche quando si rese conto di essere affetto da malattia gravissima, diede l’esempio della serenità, della letizia, dell’adesione alla divina Volontà, a tutti coloro che andavano a visitarlo. Al suo funerale parteciparono gli amici ed i figli spirituali provenienti anche da lontane regioni, sia nella chiesa del Convento di Ancona, sia nella parrocchiale di Servigliano, nel cui cimitero fu sepolto. (p.Mas.)

Nel Piccolo necrologio dei Cappuccini delle Marche alla data 24 ottobre in sintesi: “ Frate Raimondo Zocchi da Servigliano, sacerdote pio, obbediente e zelante. Di intelligenza chiara e pratica, spiccò nell’insegnamento, cui dedicò molti anni della sua vita. Cuore effusivo e fervoroso, fu predicatore rapido, chiaro ed efficace. Amò molto le anime che a lui ricorrevano da tutte le parti – dall’Italia e dall’estero – aiutato dalla perfetta padronanza del francese e del tedesco, – come consolatore, amico sincero, consigliere fidato, guida spirituale saggia e zelante. Età 59 anni – religione 42 (ed. Ancona 1981, p. 81)

 

P. Raimondo vive ora la vita piena nella visione del volto del Cristo Immolato e Risorto e seguita ad implorare la Misericordia per generare vita nelle Chiese locali. I consigli che dava agli altri in base a ciò che personalmente e direttamente sperimentava e praticava, restano nei suoi figli spirituali che si lasciano ancora guidare dal Vangelo. Egli, dal Cielo, li assiste spiritualmente. Come amava, ama ancora le anime per accompagnarle nella Volontà divina. Non cessa la sua sapiente compagnia.

Nel ringraziare il Padre celeste del dono di p: Raimondo, nel rallegrarci del Ministero in Cristo, nell’accogliere la luce dello Spirito che illumina lui e noi, speriamo di incontrarci con lui in Paradiso.

RICORDO DI FAMGLIA

   Padre Raimondo fraternamente e paternamente esortava ad educare i figli nel timore e nell’amore di Dio. Era mite, allegro, senza pretese. Con la pazienza si faceva tutto a tutti.

Dalla sorella Maria una delicata confidenza: “ Ricordo con commozione la giovialità di mio fratello, scherzoso con tutti, ma in particolare con i nipoti. Era un uomo tanto semplice e umile seppur istruito, una persona di poche parole, ma esatte, giuste. Da quando era andato al seminario serafico, erano sempre più rare le sue visite. Ricordo che una volta mia madre si ammalò di tifo; a quel tempo la malattia era molto contagiosa! Allora il padre provinciale lo accompagnò a casa con il treno, ma non lo fece rimanere troppo a contatto con noi né con nostra madre. Le sue visite erano molto rare. …. Ricordo con particolare chiarezza un episodio dell’ultimo periodo passato a Santa Vittoria in Matenano. Un giorno in cui mi trovavo a Servigliano, tornò a casa con il motorino, aveva 58 anni e disse, incontrandomi, che voleva imparare a guidare la macchina che gli era stata regalata. Credendolo uno scherzo, risposi: “Ma adesso? A 58 anni è ora di morire”.|…|…A questo proposito anche mio figlio Paolo ricorda con piacere di avergli dato qualche lezione di guida. Degli ultimi mesi di vita ricordo la sua celebrazione del matrimonio di mia figlia Grazia.

Poi la malattia minò profondamente il suo fisico, altrimenti forte e dinamico. Ho fissa nella mente l’immagine di un uomo terribilmente provato nel corpo, quasi irriconoscibile. Non si lamentava mai….

Penso che la sua anima sia in cielo e credo che ci protegga da lassù, infondendoci quell’amore e quella dolcezza che ci ha sempre dispensato anche in vita” (Zocchi Maria).

INDICE

    Serviglianese –  Scheda biografica

Primo

La vocazione – Cappuccino

Verso il Sacerdozio

Docente

A fianco del santo Padre Pio

Al santuario delle Santa casa a Loreto

A Iesi

A Santa Vittoria in Matenano ù

Nella sofferenza

Ritorno a Servigliano

Ricordo ufficiale

Preghi per noi.

 

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