Lettera suor Maria Eletta Sani clarissa a Falerone al padre spirituale -cc. 15 – 16-

Maria Eletta Sani lettere cc. 15- 16
Viva Gesù e Maria
A gloria di voi, mio Dio, incomincio a scrivere e per obbedienza del vostro Ministro. Con sommo rossore confesso davanti a voi, mio Dio, tutti i miei errori; ma la maggiore mia confusione è la vostra misericordia che mi avete usata fin dal principio che venni alla luce, ché io nacqui per miracolo di Gesù Sacramentato; venni al mondo solo per disgustarvi e offendervi e commettere ingratitudine a sì copiose misericordie. Così riferiscono i miei genitori che giunto il tempo di sgravarsi, mia madre credeva che io fossi morta e sempre venendo avanti (nei mesi) pativo (di) nutrimento e più balie mi mutava. Crescendo nell’età, mi sentivo un’inclinazione di essere tutta di Dio, ma senza cognizione. Arrivata all’età di tre anni finiti, Iddio mi diede lume e cognizione. Come ho scritto negli altri fogli, fin da allora incominciai a desiderare di unirmi e di sposarmi con Gesù e altro sposo non volevo che Gesù solo. Cresceva il desiderio di essere Religiosa per giungere a consacrarmi e donarmi al mio Signore. I miei andamenti erano che (mi) vergognavo di tutti, timida e senza spirito, rustica, e aborrivo il conversare e mi era di martirio quando mi trovavo con qualche uomo. Li fuggivo, parte per il contrario genio che ci avevo, e parte per paura: così mi portava il mio naturale. Se prendevo divertimento con le altre fanciulle, dopo provavo un martirio nell’interno, perché il mio spirito non stava quieto se non quando stavo lontana da tutti e solitaria con il mio Signore che di continuo mi dava lume e impulso di essere tutta e di trattenermi solo con Dio, come più distintamente ho scritto negli altri fogli. Se mi vedevo accarezzata dagli uomini, per me erano sommi dispetti e mi disgustava (nel)la quiete dell’anima e questo era con tutti gli uomini.
Accadde per mia disgrazia che in casa veniva un uomo e questo, come mi vedeva, subito mi faceva le carezze di mettermi nel suo seno con baci e altre carezze che sono solite farsi ai figliuoli. Una volta , tenendomi tra le sue braccia, mi fece un atto immodesto, (al) che ne concepì tanto odio e avversione che non volevo sentire nominare costui; per me fu una spada che mi trafisse il cuore, un martirio insoffribile e per tanto tempo, finché giunsi con tanto desiderio alla discrezione, credevo di aver dis(gustato) il mio sposo Gesù. Più e più mi sentivo svenire quando pensavo di avere disgustato e offeso Dio di sommo Amore, erano accese le esclamazioni e il desiderio di volere essere morta prima di offendere il mio sposo Gesù, mi sentivo una pena nel petto dicendo: “Mio Dio, questo mio cuore non può più dolersi” perché dal dolore me lo sentivo balzare nel petto. Questo mi accadde a cinque o sei anni circa. Crescevo nell’età sempre penando e trafitta nell’anima, ora dal dolore dei peccati, ora dal desiderio di Dio, ora di essere Religiosa. Il desiderio (e) lo spasimo insoffribile erano di non poter amare il mio sposo Gesù quanto desideravo. Sempre più cresceva l’aborrimento agli uomini di maniera tale che una volta salii per una finestra acciò che non mi vedesse né trovasse, e questo era un Religioso, perché sapevo che faceva le carezze a noi altri figlioli, benché ci dava regali e cose di devozione, con tutto ciò io per la paura e controgenio salii per una finestra e nascostamente stetti in casa. Alcune volte mi si diceva che le fanciulle mutano i naturali e i sentimenti quando si cresceva negli anni (e) si piglia genio di darsi al mondo e al maritaggio e così sarebbe accaduto anche a me. Io con un odio infinito dicevo che questo non sarà mai e mi sentivo accendere di un desiderio acuto di essere tutta di Dio e per la paura che credevo di potermi mutare, come mi dicevano quelle donne, io davo in accesi desideri e varie esclamazioni e pregavo iddio di cuore che mi facesse morire prima di mutarmi di sentimento. Anzi feci il voto di castità senza sapere però che volesse dire voto di castità, solo per averlo sentito dire e anche letto nel libro delle Vergini che imparavo di leggere e mi causava desideri di avere il martirio e confessare la vera fede e di essere sposa di Gesù e altri desideri che mi sentivo. Vivevo con un gran timore di offendere il mio sposo Gesù e questo fu un continuo desiderio. Richiedevo la morte ogni momento, mi sentivo questo desiderio di morire, di morire(!) Ho desiderato più la morte che i momenti che sono vissuta per il timore di peccare e di non essere tutta di Dio. Circa i miei andamenti: fuggivo ogni sguardo che mi avesse potuto turbare la quiete dell’anima, che mi sarei arrossita di guardarmi ad un piede ignudo. Se da altri sentivo dire qualche cosa di poca modestia, subito ne provavo perturbazione e timore che lo stesso sentire potesse essere di disgusto di Dio. Se per disgrazia e inavvedutamente nel vestire le mie sorelle avessi dato l’occhio in cose immodeste, subito cercavo di fuggirlo per il timore e martirio che poteva darmi all’anima e … paura di offendere Dio di mantenermi pura e casta. Ma poi gli dico con tutta verità che sono stata colma e un mare di tutte le impurità, come spero di dirle tutte a mia confusione con il venire avanti. Siccome la divina misericordia mi usava finezze e misericordia, così mi sentivo che richiedeva una certa purità di coscienza da ogni peccato e difetto ed errore, (tanto) che ogni piccolo mancamento per me era un martirio perché dubitavo di offendere mortalmente il Signore. Del che, vissi tutto il tempo dache ebbi il primo lume di Dio fino ai quindici anni. Poi fui quietata dal (confessore) che colpa grave non io l’avevo commessa e il peccato mortale io non l’avevo mai commesso: così mi assicurava e che mi quietassi: per grazia di Dio non l’avevo commesso. Né posso esprimere i ringraziamenti e l’accesa brama di amare Gesù: (al) sapere che ero sciolta da quel timore che per tanti anni ebbi di riaverlo disgustato ed offeso, il che mi fu di spada trafittiva, di continuo (la) provai e tanto più cresceva il dolore e la confusione e la mia indegnità quando vedevo che la divina Misericordia mi faceva e usava favori e misericordie da me non meritate mai. Cresceva sempre più il desiderio di incamminar(mi) nella via e sequela del mio sposo Gesù e mi aiutavo più che potevo ad esercitarmi nella mortificazione di me stessa e di incamminarmi nella strada della perfezione. Tenevo (avvolti) i desideri che avevo appreso (dai) Confessori: solo con Dio conferivo le mie brame, e celate tenevo le misericordie di Dio. Se qualche volta aveva impulso di dire al confessore le misericordie di Dio, lo scacciavo come tentazione; siccome mi dava più rossore il dover dire qualche misericordia di Dio che non i miei peccati, riflettevo la mia indegnità e questo era il motivo che io non mi aprivo con i ministri di Dio. Sicché dicevo tra me stessa: “Se io che sono ignorante e non so distinguere, né conosco le specie dei miei peccati e la gravità degli errori miei, eppure ne provo tanta confusione che a me pareva di essere peggio di un asino di strada, oh veda un po’ quanto i vostri ministri conosceranno le mie iniquità, oh mio Dio!” Questo pensiero mi teneva bassa nei confini della mia miseria e chiusa da non conferire nulla con i ministri di Dio. Arrivata negli anni diciassette e in diciotto circa, soleva la divina Misericordia usarmi nelle festività qualche grazia come le ho scritto negli altri fogli. Giunto il tempo della domenica delle Palme mi accadde che stando io al Santissimo, indegnamente facendo orazione, siccome in quel tempo soleva accadermi che dal raccoglimento interno passavo ad una certa reale presenza di Gesù, come fuori di me mi trattenevo e godevo in Dio con una grande pace e mi passavano le ore senza accorgermene, tenendo al mio interno la viva presenza di Dio e nel cuore lo stringevo facendo vari colloqui e lunghi discorsi con Dio, non mi trovavo mai sazia, né mai mi sarei partita dalla dolce reale presenza del mio amato Bene. Mentre rimiravo Dio non già con gli occhi del corpo, ma con lo spirito, vidi un cuore grande per due volte più grande di un cuore umano e vedevo dentro a questo cuore una copiosità di croci tutte intraversate e con una catena le aveva tutte incatenate e intrecciate insieme: un cumulo di croci insieme. Restai come insensata. Incominciai a richiedere al mio Dio che voleva significare questo cuore pieno di croci, dicevo: “Mio Dio, so che voi portaste la Croce in spalla, ma non nel vostro cuore SS.mo, ditemi che vuole dire: se questo è un cuore di una vostra serva che veramente vi ama; io non (lo) intendo perché (c’è) questo intreccio di croci tutte di traverso. Ditemi per carità che cosa vuole significare, o mio Dio”. Troppo lungo sarebbe il dover riferire le esclamazioni, le richieste che io facevo. Mi sentivo desiderio di sapere il significato e anche desiderio di quel cuore ripieno di croci. Siccome erano tante le esclamazioni e le importunità che io di continuo facevo al mio Dio che mi desse da patire nel cuore, giacché non poteva darmi al martirio, ché questo desideravo: o andare in deserto a fare penitenza oppure al martirio; vedevo che da queste mie brame non lo potevo avere e perciò mi rivolgevo verso Iddio che mi desse da patire o che volevo morire. Andavo esclamando: “Non vi manca modo di darmi da patire nel cuore, oh, mio Dio”. Desideravo la croce, ma quella dolorosa per essere simile al mio Gesù. Nel rimirare Dio, come (e)statica fuori di me, così Dio mi disse: “Se veramente mi vuoi amare, apriti il petto e ricevi questo cuore pieno di croci e vedrò se mi sarai fedele e sperimenterò i tuoi desideri e se sarà veramente l’amore, il tuo”. Queste stesse parole Dio mi disse, io a tali parole mi sentivo come perdere il proprio spirito e incominciai a dire al mio Signore: “Voi lo sapete quanto bramo di patire ed amarvi, però io non posso. Apritemi il petto per ricevere questo cuore che voi, mio Bene, mi mostrate, perciò fate voi di me quello che vi piace. Apritelo voi che potete e date luogo nel mio seno a ciò possa entrarvi questo cuore pieno di croce. Voi solo, mio Dio, lo potete fare perché a me è impossibile”. Seguitai lungo tempo a trattenermi con Dio, poi mi disparve tutto e ritornai in me. Incominciavo a dire tra me stessa: “Oh che sarà, mio Dio, questo che voi mi volete dare!” Pensavo che la divina Misericordia volesse darmi quel che io sempre richiedevo e bramavo, cioè i dolori della Passione e la Croce dolorosa nel cuore e che fossero tutti dolori materiali nel cuore. Ma Dio non volle darmi significato (quali) dolori sarebbero stati. Piena di giubilo e di contento, rimisi nella sua SS.ma volontà che di me facesse quel che voleva. Questa cognizione l’ebbi la domenica delle palme e seguitò fino al venerdì santo la stessa cosa. Mi venivo preparando per ricevere questo cuore di dolori: così mi pensavo che dovesse essere, ogni giorno stavo aspettando da Dio quel (che) mi aveva mostrato. Passarono giorni, alla fine di aprile, giorno di santa Caterina da Siena, la notte mi passarono per la mente pensieri disonesti, mai accadutimi. A simili pensieri non sapevo come dovermene confessare. Mi raccomandavo di cuore a Maria SS.ma acciò mi liberasse da questi pensieri orrendi. Seguitai fino alla Pasqua Rosa cioè la venuta dello Spirito Santo. Dopo le feste mi intesi mutata, senza cognizione di Dio e una fuga di tentazioni e pensieri immodesti di orridità di … timori dei peccati mortali, così fu il principio d … pianti (orrendi) e tutto conferivo al mio confessore. Richiedo la sua santa Benedizione.

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