LICINI OSVALDO pittore premiato alla Biennale di Venezia 1958 gamba di legno, personalità semplice e forte

Licini Osvaldo pittore professore a Fermo. Notizie desunte dagli scritti di NEPI Gabriele. Vinse la Biennale di Venezia nel 1958 per la pittura
LICINI: NELL’ARTE E NELLA VITA LO SPEZZAVI, MA NON LO PIEGAVI
Noi marchigiani siamo poco conosciuti, ma noi stessi non sappiamo farci réclame. Lo asseriva anche Giorgio Umani nella sua poesia “Il Marchigiano…”: …“pigli il pennello / e ti chiami Gentile / e ti chiami Raffaello. / Pure c’è un’arte / che tu dal ceppo / che diede il Bramante / che diede Spontini / Leopardi e Rossini / non saprai mai / vendere bene/ la merce che hai”… Ed è vero! Se altre Regioni avessero avuto un Bramante, esulterebbero e celebrerebbero i propri fasti. Però siamo anche dimenticati e “snobbati”. Basti pensare che la Guida di Roma uscita nel dicembre 1993, nel descrivere la sala Nervi in Vaticano, non nomina affatto il nostro Pericle Fazzini (+1987) né la sua Resurrezione che è conosciuta in tutto il mondo. Oltre Bramante, Raffaello, Gentile da Fabriano, Rossini, Leopardi, Spontini, Pergolesi, Sacconi, Annibal Caro, etc. c’è anche un pittore, assurto a fama internazionale, morto nel 1958. Si tratta di Osvaldo Licini di Monte Vidon Corrado, paese del comprensorio fermano. Licini, vi vide la luce, il 22 marzo 1894. Dopo i primi studi nel paese natio si iscrisse all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, dove conobbe Giorgio Morandi con il quale operò per lo svecchiamento del linguaggio pittorico, mirando al cubismo e al futurismo. Poco più che ventenne partì volontario per la guerra. Ferito e mutilato, tornò poi a Parigi, dove era già stato sin dal 1915 prima del conflitto. Qui conosce Modigliani ed entra in amicizia con Apollinaire, Dino Campana, Jean Cocteau. Nel 1917 toma al paese natio e, da allora, insegna nelle scuole medie di Fermo. Si reca spesso a Firenze e nel 1926 sposa la pittrice svedese Nanny Mellestrom e torna definitivamente a Monte Vidon Corrado, dove in volontaria solitudine, continua a dipingere. Dal 1946 al 1954, è sindaco di Monte Vidon Corrado e quattro anni dopo vince la Biennale di Venezia, esponendo 41 opere tutte acquistate da un gallerista di Bergamo. È la “ consacrazione” della sua fama! Oggi, le sue opere sono esposte nelle Gallerie d’Arte moderna di Roma, Milano, Torino, Parigi (Jeu de Paumes) e Mosca.
A Fermo, ha ancora parenti ed amici. Il dott. Carlo Ferrari che fu suo segretario comunale, nel descrivere la semplicità quasi francescana del grande artista, racconta che in occasione di una ventilata visita del Prefetto di Ascoli al sindaco di Monte Vidon Corrado, cioè a Licini stesso, il paesino non era in grado di offrire una degna ospitalità. Il segretario dott. Ferrari glielo faceva presente, e Licini, allargando le braccia disse: “Se viene gli posso offrire mezzo litro da Cuti” (era il Florian del luogo). Quando dopo dieci anni di sindaco perse le elezioni, a Vito Concetti, alias “Cerchià”, il fac totum del paese, affezionatissimo a Licini, e addolorato per la sconfitta, mostrando i suoi sigari, Licini disse: “Vedi Cerchià? Questi si possono spezzare, non piegare. Così io mi spezzo, ma non mi piego”.
Piccole cose, grandi geni! La frase “mi spezzo ma non mi piego” era stata coniata dallo Orazio: “Frangar non flectar” (Odi III, 3). Tuttavia qui abbiamo la prova che, a distanza di luoghi, di secoli, anni e millenni, vi è identità di vedute e di “filosofia” tra poeti e pittori. Del resto, non lo aveva detto lo stesso Orazio, la pittura è come la poesia: “ut pictura poesis”.
(Nepi Gabriele nel centenario 1994) Vincenzo Bentivoglio che ha conosciuto e accompagnato in campagna il pittore Licini diceva che aveva una gamba di legno, ed intenderei nella parte inferiore fino alla coscia naturale.

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