Domenica seconda di Pasqua. Blasi don Mario parroco annuncia il Vangelo di Tommaso: credere per vedere. Gv 20,19ss

II DOMENICA DI PASQUA (Gv.20,19-31) “Pace a voi” Detto questo mostrò loro le mani e il costato”.
E’ il primo giorno della settimana. Il giorno della Risurrezione di Gesù e della Sua apparizione ai discepoli. Il Signore è vivo e sta in mezzo ai Suoi.
I discepoli sono chiusi nel cenacolo per paura. La paura è forte! Essi temono la violenza dei giudei. E’ una paura che viene dall’esterno: temono di essere ricattati. Il ricatto non è degno dell’uomo.
“La paura entra nel profondo se si è ricattati, se qualcosa ci importa più di Gesù. E questo qualcosa può essere la vita, anche se, più spesso, si ha paura per molto di meno”. “Ma ora che il Signore è risorto, non c’è più ragione di avere alcuna paura. Perfino la morte è vinta: di cosa avere paura allora?”
I discepoli sono nel cenacolo, non attendono il Signore. Egli entra e dopo il saluto di pace, si fa riconoscere con i segni della croce. “Il Risorto sceglie la croce per farsi riconoscere. Le tracce del Suo martirio lo accompagnano nella nuova Sua condizione. La Risurrezione non fa dimenticare la croce: la trasfigura. Le tracce della crocifissione sono ancora visibili, perché sono proprio loro ad indicare l’identità del Risorto (il vivente è proprio Colui che è stato crocifisso), la Sua vittoria sulla morte, la permanenza del Suo Amore (il fianco trafitto da cui sono scaturiti l’acqua e il sangue)”.
“Dal fianco trafitto l’Evangelista ha già parlato nel racconto della crocifissione, non però delle mani trafitte, che compaiono qui per la prima volta”. (da B.Maggioni).
“Non essere più incredulo, ma credente”.
Dopo otto giorni Gesù si presenta anche a Tommaso mostrandogli i segni del riconoscimento: le mani e il costato. Tommaso riconosce il Risorto e fa il più alto atto di fede: “Il mio Signore e il mio Dio”. “Sei il mio unico Signore e il mio unico Dio”. “Tommaso non esprime soltanto la propria fede personale né soltanto è il portavoce del gruppo dei discepoli, ma diventa anche il portavoce della fede della Chiesa di ogni tempo”. (da B.Maggioni).
\\ \\ \\ SECONDA DOMENICA DI PASQUA = FESTA DELLA DIVINA MISERICORDIA.
Da santa Faustina Kowalska: ” LA MIA DIVINA MISERICORDIA PRIMA DELLA MIA DIVINA GIUSTIZIA ” “Segretaria della Mia Misericordia, scrivi, parla alle anime di questa Mia grande Misericordia, poiché è vicino il giorno terribile, il giorno della Mia Giustizia”.
L’immagine di Gesù Misericordioso: L’immagine occupa una posizione – chiave in tutta la devozione alla Divina Misericordia, essa riproduce la figura di Cristo risorto e benedicente, secondo quanto descritto da Suor Faustina dopo la visione da lei avuta il 22 febbraio 1931, in cui il Signore le chiedeva: “Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: “Gesù confido in Te!”. Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella e poi nel mondo intero.”.
Gli elementi più caratteristici dell’immagine sono i due raggi. Gesù ne spiega così il significato: “Il raggio pallido rappresenta l’Acqua, che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue, che è la vita delle anime… Beato colui che vivrà alla loro ombra.” L’immagine viene chiamata “il recipiente”: “Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della mia Misericordia”.
Il Signore promette molte grazie a chi la venererà con fiducia: “Attraverso questa immagine concederò molte grazie alle anime, perciò ogni anima deve poter accedere ad essa”; “l’anima che venererà questa immagine, non perirà”.

II DOMENICA DI PASQUA (Gv 20,19-31)
“Pace a voi. Detto questo mostrò loro le mani e il costato. I discepoli gioirono nel vedere il Signore”.
“E’ nel Crocifisso Risorto che si manifesta ciò che l’uomo va cercando:
Che l’Amore è il volto di Dio e dell’Uomo (il Crocifisso) e che questo Amore – che troppo spesso appare sconfitto e inutile (la croce) – è in realtà forte al punto da aprirsi una strada attraverso la morte (il Risorto)”.
Gesù sta in mezzo ai Suoi discepoli e “si fa riconoscere con i segni della croce. Le tracce del Suo martirio lo accompagnano.
La Risurrezione non fa dimenticare la croce: la trasfigura.
Gesù mostra i segni del costato e delle mani. Le tracce della crocifissione sono ancora visibili, perché sono proprio loro ad indicare l’identità del Risorto, la Sua vittoria sulla morte, la permanenza del Suo Amore (il fianco trafitto da cui sono scaturite l’acqua e il sangue). Le mani di Gesù sono importanti. Sono le mani a cui il Padre ha affidato ogni cosa e sono le mani che hanno lavato i piedi dei discepoli. Mani che tutto hanno ricevuto e che tutto hanno ridonato. Mani che tengono strette le pecore che il Padre gli ha affidato, al sicuro, come si tiene stretta una cosa preziosa o molto amata, che non si vuole in nessun modo perdere: “Io do loro la vita e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano”. Ha il potere di dare la sua vita e di riprenderla Gv 10, 18.
“Vi do la mia pace”.
“La pace che dona Gesù è diversa da quella che dà il mondo.
E’ diversa nella natura e nel modo con cui viene proposta;
E’ diversa perché dono di Dio, non conquista della buona volontà dell’uomo;
E’ diversa, perché va alla radice, là dove l’uomo decide la scelta della menzogna o della verità;
E’ diversa perché è una pace che sa pagare il prezzo della verità: è la pace vissuta dal Crocifisso”.
“La pace di Gesù non promette di eliminare la croce – né nella vita del cristiano, né nella storia del mondo – ma rende certi della Sua vittoria: “Io ho vinto il mondo”.
Pace e gioia sono al tempo stesso il dono del Risorto e le tracce per riconoscerlo”.
( da B.Maggioni).

II DOMENICA DI PASQUA (Gv 20,19-31)
“Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiedi e non metto il mio dito dentro il posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.
“La fede di Tommaso è fortemente scossa dal dubbio: non si lascia convincere dagli apostoli che dicono: “Abbiamo visto il Signore”.
Tommaso rappresenta lo scetticismo naturale dell’uomo di fronte all’annuncio inaudito della vittoria sulla morte.
L’annuncio della Risurrezione di Gesù da parte degli apostoli cade nel vuoto. All’annuncio gioioso dei discepoli, Tommaso contrappone la sua puntigliosa e drastica condizione: vuole personalmente vedere e toccare. · · La sua fede è fortemente scossa dal dubbio.
Le sue parole sono decise. Tre volte ridice le sue pretese: “Se non vedo, se non metto il mio dito, se non pongo la mia mano”. Non solo vuole vedere l’identità di Gesù, ma vuole anche verificare la realtà del Suo corpo.
Il primo giorno della settimana Gesù viene a porte chiuse, si ferma nel mezzo, ripete il saluto (Pace a voi!).
Questa volta è presente anche Tommaso. L’attenzione è tutta rivolta a lui. I presenti assistono come testimoni immobili e silenziosi. Gesù si presenta a Tommaso mostrandogli i segni del riconoscimento da lui richiesti: le mani e il costato trafitto e accompagna i segni con l’invito: “non continuare ad essere incredulo, ma credente”.
Tommaso aveva chiesto di toccare i segni della croce, ora gli basta vederli. Riconosce il Risorto nei segni del Crocifisso, un riconoscimento pieno, il più alto ed esplicito dell’intero Vangelo:
“Il mio Signore e il mio Dio”.
Tommaso diventa il portavoce della fede della Chiesa di ogni tempo. Il vero credente è colui che ascolta Gesù e lo ama. Chi comprende il Suo comandamento di amore e lo pratica, è beato” (B. Maggioni).

II DOMENICA DI PASQUA (Gv 20,19-31)
“SE NON VEDO NELLE SUE MANI IL SEGNO DEI CHIODI E NON METTO IL MIO DITO NEL POSTO DEI CHIODI E NON METTO LA MIA MANO NEL SUO COSTATO, NON CREDERO’ “.
“Tommaso non nega la Risurrezione di Gesù, ma grida il bisogno disperato di crederci.
Otto giorni dopo, quando la comunità è nuovamente riunita per celebrare la vittoria della vita sulla morte, Gesù torna a manifestarsi in mezzo a loro (Gv. 20,26).
Questa volta Tommaso può non solo vedere Gesù, ma ascoltare le Sue parole: “metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente” (Gv. 20,27).
Tommaso non ficca le sue dita nei fori dei chiodi e non mette la mano nel fianco di Gesù, ma prorompe nella più elevata professione di fede di tutto il Vangelo: “Mio Signore e mio Dio! “.
Tommaso, non solo crede che il suo Maestro sia risuscitato, ma giunge a proclamare che Gesù è Dio. Il Dio che nessuno ha mai visto (Gv. 1,18), viene per la prima volta riconosciuto nell’Uomo Gesù: Chi ha visto me ha visto il Padre (Gv. 14,9).
Una fede così intensa non nasce all’improvviso e non è frutto istantaneo dell’incontro con Gesù, ma aveva iniziato a germinare in Tommaso fin da quando il discepolo si era dichiarato disposto a morire con il suo Maestro. Seguendo Gesù nel dono della propria vita, Tommaso si era messo sulla via della verità (Gv. 14,6).
Nonostante l’apostolo sia giunto a questa piena definizione di fede, Gesù non lo pone a modello dei credenti: perché mi hai veduto, mi hai creduto, beati quelli che crederanno, pur senza aver visto (Gv. 20,29).
Per Gesù, vero fondamento della fede, non sono visioni e apparizioni, ma il servizio reso per amore.
Non c’è bisogno di vedere per arrivare a credere. Occorre credere per vedere: Se crederai, vedrai la gloria di Dio (Gv. 11,40).
Dichiarando beati quanti credono senza aver bisogno di vedere, Gesù ricorda a Tommaso e alla comunità la beatitudine da Lui pronunciata durante l’Ultima Cena, quando, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, li aveva invitati a fare altrettanto dicendo: Sapendo queste cose siete beati se le metterete in pratica (Gv. 13,17).
Quanti per amore mettono la propria vita a servizio degli altri sperimentano costantemente la presenza di Gesù nella loro esistenza senza avere bisogno di esperienze straordinarie” (A.Maggi).

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