GIUSEPPE CROCETTI DESCRIVE LE EPIGRAFI DELLE SIBILLE DENTRO AL SACELLO DEL SANTUARIO DELL’AMBRO (Montefortino FM)

Crocetti Giuseppe

Le Sibille nella cappella della Madonna dell’Ambro

Più di una volta, accompagnando pellegrini alla Cappella della Madonna, da persone che dopo l’omaggio alla Vergine restavano in ammirata contemplazione dei dipinti ad olio su muro del M° Martino Bonfini da Patrignone (1565-1635), mi sono sentito chiedere: “Che c’entrano queste Sibille con le «Storie della Vergine»”?

Forse la stessa domanda te la sei posta anche tu, pio pellegrino al Santuario della Madonna dell’Ambro. La risposta è assai complessa; suppone la conoscenza di molti elementi di storia, letteratura ed arte. Questa sintetica esposizione vuol chiarire il rapporto degli oracoli delle Sibille pagane con le profezie cristiane, come fu inteso nei secoli passati nel culto popolare, nella pittura e nella scultura rinascimentale, prima di riferire ed illustrare i testi tratti dai Libri Sibillini, o attribuiti dalla tradizione popolare cristiana.

Alla parola “Sibilla” si possono dare due significati: uno generico di donna che indovina e predice il futuro, oppure quello specifico di femmina singolare, di età indefinita, veggente dell’età classica, alla quale venivano attribuiti responsi ed oracoli ambigui, enigmatici, di dubbia e difficile interpretazione.

Fino al secolo IV avanti Cristo si hanno notizie di una sola Sibilla nel mondo greco l’Eritrea. Le manifestazioni della Sibilla sono quasi sempre associate a una fontana sacra o ad un antro. Da Aristotele in poi si parla di più di Sibille e ben presto si comincia a distinguerle dal luogo dove pronunciano i loro oracoli, donde i nomi di Sibilla Delfica, Frigia, Cumana, e altre.

Varrone, il famoso scrittore latino del I secolo avanti Cristo, fissa a dieci il numero delle Sibille e pretende disporle come segue, in ordine cronologico: Persica, Libica, Delfica, Cimmeria, Eritrea, Samia, Cumana, Ellespontica, Frigia, Tiburtina. Caratteristica ricorrente in ogni Sibilla è quella di non essere legata ad un culto oracolare fisso; essa profetizza quando e dove si sente ispirata, migrando di luogo in luogo, anche senza essere interrogata. La sua ispirazione è concepita come possessione divina, ragion per cui si mantiene vergine; vive al di fuori della religione pubblica e, a volte, in opposizione-ad essa, come a Delfi. Questa loro posizione spiega il fatto che esse siano diventate esseri leggendari: mediatrici tra gli dei e gli uomini; sarebbero esseri mortali, miracolosamente longeve, e continuerebbero a vivere e profetizzare anche oltre un millennio.

I Libri Sibillini sono una raccolta di testi adoperati nella religione pubblica romana; essi venivano interpretati da un collegio sacerdotale di due, dieci o quindici membri, addetto alla consultazione di questi libri in caso di pestilenze e situazioni critiche dello Stato per appurare la volontà degli Dei.

Gli Oracoli Sibillini, invece, costituivano una collezione di 14 libri di oracoli, precetti e vaticini raccolti in varie parti del mondo antico ed in diverse epoche, con commistione di civiltà e culti di fede giudaica con altri del paganesimo ellenistico: monoteismo e condanna degli idoli, giustizia di Dio estesa a tutte le genti, prospettiva apocalittica per l’umanità. Quest’aspetto fu egregiamente sintetizzato nella Sequenza del “Dies Irae” da fra Tommaso da Celano: Dies irae dies illa \ solvet saeculum in favilla \ teste David cum Sibilla.

Gli oracoli sibillini sono una espressione tipica della letteratura popolare; essi ebbero larghissima diffusione e, per la loro stessa natura andarono soggetti a continue manipolazioni e aggiunte, alcune delle quali, anche di mano cristiana. Nella tradizione popolare cristiana, nelle manifestazioni artistiche della pittura e della scultura medievale e rinascimentale le Sibille sono rimaste per lungo tempo come simbolo dell’attesa pagana del Cristo, preannunciatrici del suo avvento, al pari dei Profeti della Bibbia.

Nel medioevo <in un primo tempo> fu rappresentata solo la Sibilla Eritrea; a cominciare dal secolo XIV l’inserimento di altre Sibille divenne più frequente. Fra le maggiori opere d’arte del Rinascimento le Sibille si accompagnano in genere ai Profeti: vedi le statue di F. Talenti nel campanile del Duomo di Firenze; gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina; il rivestimento marmoreo della Santa Casa di Loreto; la volta della Cappella Sassetti nella chiesa della SS.ma Trinità a Firenze; la Sala del tesoro presso il Santuario di Loreto, dipinta dal Pomarancio negli anni 1608-1609.

Nella Cappella della Madonna dentro il Santuario della Madonna dell’Ambro, negli anni 1610-12, il M° Martino Bonfìni di Patrignone (1565-1635) dipinse, nella tecnica della pittura a olio su muro, sette “Storie della Vergine”: Natività di Maria (in chiaroscuro), Presentazione al Tempio, Sposalizio di S. Giuseppe, Visita a S. Elisabetta, Circoncisione di Gesù Bambino, Riposo nella Fuga in Egitto, Assunta, unitamente alla raffigurazione di quattro Profeti dell’Antico Testamento: Mosè, David, Salomone e Geremia, e di 12 Sibilile: quattro a figura intera ed otto a figura dimezzata, quasi tutte con targhe recanti il testo dei propri vaticini, riguardanti l’avvento e la incarnazione del Figlio di Dio da una Vergine.

La Sibilla Eritrea, la più nota della civiltà greca, profetizzò dicendo:

(HUMILI)ABITUR PRO\LES (DOM)INA UNIETUR \ HUMANITATI DIVINITAS

(Divina prole si abbasserà a terra; la divinità si unirà all’umanità).

II vaticinio della Sibilla Cumana, noto anche a Virgilio (Egloga IV), sintetizzato in questi versi latini, che il pittore trascrive con qualche variante:

MAGNUS AB \ INTEGRO SE\CULORUM NASCI\TUR ORDO JAM \ REDIT ET VIR\GO REDEUNT SA\TURNIA REGIA (no\va) PROGENIES CELO \ DIMITTITUR \ALTO

(Dalla pienezza dei secoli un sistema grande nasce e scende la Vergine, ricorrono le feste Saturnali (17 – 25 dicembre)  dall’alto del cielo è mandata la regale progenie).

La Sibilla Agrippa, non recensita da Varrone, appartenente al gruppo italico, dal pittore è stata raffigurata senza testo, al pari della corrispondente figura della Sibilla Ellespontica, del gruppo greco (l’Ellesponto corrisponde allo Stretto dei Dardanelli).

Seguendo la serie delle sibille a mezza figura si nota, purtroppo, che la targa della Sibilla Delfica è illeggibile <n.d.r. Nascetur \ propheta \ absque \ matris \ coitu ex \ virgine eius.>

In quella della Sibilla Chimica si legge: IN P(ULCR)A FA\CIE VIRGI\NIS ASCEND\ET <PUERI> \ FACIEs \ PULCRA \ SEDENS SU\PER SEDEM \ STRATAM PUE\RUM NUTRIENS \ DANS EI IUS \ PROPRIUM

(Il bel volto del Bambino si alzerà sul bel volto della Vergine, lei sta sedendo su di una sede preparata, sta nutrendo il Bambino dandogli la propria balia).

Nella targa della Sibilla Libica è scritto: UTERUS \ MATRIS \ EIUS ERI\T STATE\RA CUNC\TORUM

(il seno della Madre sarà valore d’equilibrio di tutti).

La Sibilla Samia è raffigurata con la scritta: ECCE VE\NIET DI\VES ET \ NASCET\UR DE \ PAUPER\CULA

(Ecco il Ricco verrà  e nascerà da poverella.)

Cui fa eco l’oracolo della Sibilla Frigia: ANNUNCIABI\TUR IN VAL\LIBUS DE \SERTORUM \ VIRGO     (La Vergine riceverà l’annuncio nelle valli dei deserti).

E la Sibilla Tiburtina conclude, esclamando: O FELIX \ ILLA MATER \ CUIUS UBERA \ ILLUM \ LACTABUNT

(Oh felice quella Madre le cui poppe lo allatteranno).

Questa frase è in accordo con altra simile del Vangelo  di Luca (11,27).

Soltanto una Sibilla di quelle a mezza figura è stata dipinta senza motto e senza nome: quella che è stata rappresentata con la testa e lo sguardo rivolti a sinistra, mentre l’indice della mano destra è puntato verso il lato opposto. Il P. Sebastiano da Potenza Picena la identificò come Sibilla Pontica, di cui si sa ben poco. A me sembra esser cosa più verosimile che il pittore vi abbia voluto rappresentare la Sibilla dei nostri Appennini; i suoi oracoli, oggi conservati in stato frammentario a Parigi, non erano noti ai letterati del secolo XVII.

Lasciando ad ognuno ii gusto della contemplazione artistica delle “Storie della Vergine” e la raffigurazione plastica e decorativa della Cappella con l’inserimento di “Sibille e Profeti’”, a conclusione di quanto analizzato e riferito, ci vien spontaneo domandarci: “In sì complessa e dotta rappresentazione il pittore progettò da solo, oppure ebbe suggerimenti dalla committenza?” Qualche suggerimento, certamente, gli sarà venuto dalle rappresentazioni lauretane nell’accoppiamento di Profeti e Sibille con le ‘^Storie della Vergine”, ma la scelta dei testi letterari dei vaticini di ciascuna Sibilla, diversi da quelli lauretani, probabilmente fu fatta dalla committenza locale che annoverava il dottissimo Don Curio Pavoni, Pievano di Montefortino dal 1595 al 1635, il quale, fra l’altro, insieme ai suoi familiari, fondò e dotò la Cappella di S. Michele Arcangelo nello stesso Santuario e la fece decorare dal pittore ginesino M° Domenico Malpiedi. Morì a Roma; la sua tomba è in San Salvatore in Lauro, la chiesa dei Marchigiani.

Crocetti D. Giuseppe in “La Voce del santuario Madonna dell’Ambro” anno 1991 

<n. d. r.- La lettura e la traduzione del latino sono aggiornate>

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