MONTELPARO (FM) negli studi di Giuseppe Crocetti sulla visita a monumenti e chiese interessanti per arte e di storia

                       CHIESE E MONUMENTI DEL CENTRO URBANO DI MONTELPARO

    Montelparo, come si può vedere da planimetrie, o da vedute panoramiche dall’aereo, ha un centro storico che allinea vie e case con irregolari lineamenti quadrangolari, aventi per centro, o vertice nella piazza del Castello, altre vie che, ripide, salgono (o scendono) a ridosso del colle intersecano i ripiani. L’esposizione prevalente delle case è ad oriente e verso mezzogiorno; escludendo il settentrione, in modo che gli abitanti sono al riparo dal gelido vento di tramontana.

    Il centro urbano, in precedenza era chiuso e fortificato con alte mura di cinta, dotate di scarpate e bastioni, fino al secolo scorso, e si accedeva al centro, sia a piedi che a cavallo, attraverso quattro porte, costruite con arco gotico e custodite da altrettanti clavigeri: .1. Porta di Catigliano, a nord-est; .2. Porta di S. Maria, o del Mercato, ad oriente, poi tolta; .3. Porta del Sole, a mezzogiorno; .4. Porta Catanova, verso occidente, sommersa dalla strada provinciale Montottonese, costruita nel 1864.

    Nel secolo XX sono stati realizzati livellamenti e tornanti di raccordo per dare accesso anche alle autovetture lungo le principali vie interne al centro urbano. Si percorrono alcune varianti della suddetta strada provinciale e ci si avvicina alle predette porte. Gli studiosi dell’urbanistica medievale e delle fortificazioni periferiche trovano in Montelparo significativi elementi conservati in gran parte nella loro autenticità originaria. Si vedono lunghi tratti di mura fortificate con terrapieni, scarpate, bastioni e torri, soprattutto in prossimità delle Porte, site ai quattro angoli del quadrilatero.

                                                Visita al Convento e alla Chiesa di S. Agostino

   Chi raggiunge Montelparo seguendo l’antica strada provinciale da Monteleone o da Monsampietro Morico, arriva di fronte all’imponente mole monumentale del convento di S. Agostino, gli gira attorno e fa sosta al Largo Marconi. Presso il Bar-ristorante «Al Cantinone» ha sede il Circolo cittadino dell’Associazione «Pro loco». E’ questo il quotidiano punto di incontro dei montelparesi d’ogni ceto e condizione, è il luogo di accoglienza per i visitatori in cerca di informazioni. Il locale è stato ricavato nei magazzeni o locali seminterrati dell’ex convento di S. Agostino. E’ stato provvisto adeguatamente per ristoro, letture, giochi da tavolo. Lungo le pareti si ammirano foto panoramiche ed artistiche di Montelparo. Agli amanti dell’arte muraria e dell’archeologia si suggerisce di fare anche una capatina nei retrostanti ambienti per vedere alcuni reperti ed ammirare l’armoniosa serie di volte e pilastri, costruiti con mattoni al nudo. Un tempo fungevano da cantina, granaio e scuderia del Convento. Una scala scende verso il locale adibito a ghiacciaia praticata con l’innevazione invernale.

   Questo Convento di S. Agostino è sito all’estremità occidentale dell’abitato e si raggiunge risalendo l’ampia scalinata esterna, dotata di 26 scalini di pietra locale, ed attraversando un piazzale ammattonato sul quale si affaccia anche l’ingresso della chiesa. Poiché la costruzione del Convento precedette la realizzazione della chiesa, è d’uso visitare prima il convento e poi la chiesa. I Padri Agostiniani iniziarono la costruzione di questo grandioso convento, nel 1686, su disegno del Cav. Onofri da San Ginesio. Le salde fondazioni furono impiantate su roccia di tufo; la sua elevazione fu adattata alle esigenze di un terreno roccioso e scosceso. Oggi costituisce un bell’esempio di costruzione comunitaria degli inizi del Settecento.

   L’impianto del convento, al livello del suo ingresso, ha base quadrate, con stanze di rappresentanza, corridoi e porticato. Di rimpetto all’ingresso, in fondo, c’è una stanza di smistamento, detta «Sala delle statue», donde parte lo scalone di accesso al piano superiore. Le tre statue della Sala raffigurano S. Agostino, S. Nicola di Tolentino e S. Chiara da Montefalco; quelle dello scalone rappresentano Gesù Redentore, S. Michele Arcangelo, e S. Tommaso da Villanova, vescovo agostiniano. Le stanze del piano superiore si succedono con ritmo regolare lungo i corridoi da tre lati; nel quarto lato, quello orientale, è addossata la chiesa. Tali locali del convento nei decenni scorsi furono destinati alla Scuola Media Statale, al Corso Biennale di Specializzazione per gli insegnanti di alunni portatori di handicap, autorizzato dal Ministero della P.I., con la collaborazione di professori universitari e raccoglieva normalmente un centinaio di frequentanti. La Biblioteca Comunale con sala di lettura, conserva anche alcuni volumi dell’antica biblioteca agostiniana.

   Contigua sta la Chiesa di S. Agostino, costruita diversi anni dopo il convento, con orientamento sud-nord, su disegno dell’Arch. Luzio Bonomi di Ripatransone (1669-1739), il quale si distinse in progetti dalla linea classica in un periodo in cui i gusti artistici, in Roma ed altrove, si sbizzarrivano nelle esasperazioni del barocco e del rococò. Fu aperta al culto nel 1730, prima che fosse stata completata internamente. Sul portale di ingresso corre l’iscrizione: A Dio ottimo massimo. Il tempio del santo padre Agostino fu edificato al tempo che era priore il frate Giacinto Pentelli.

   L’anno 1730, non più leggibile per frattura della pietra, ci è stato trasmesso dal Pastori, che ve la lesse al suo tempo. Allo zelo costante ed entusiasta del Priore suddetto, oriundo di Matelica, ma montelparese per elezione, che morì nel 1773, si deve il completamento del convento, la costruzione della chiesa ed il suo ornato all’interno.

   La chiesa di S. Agostino ha una facciata imponente, esposta a mezzogiorno, dalle linee architettoniche semplici, classicheggianti; all’interno sviluppa un impianto a croce latina, di navata, transetto e presbiterio con coro sopraelevato. L’ingresso è protetto da un’artistica bussola in legno con porte concave, abbombate e piatte; sopra la bussola è impiantata la cantoria con l’organo a canne.

   All’interno oltre all’altare maggiore nel presbiterio con coro, altre sei altari, tre su ciascuna parete laterale; Il primo, centrale fu ricostruito nel 1803, insieme all’artistica balaustra, opera di Girolamo Giulietti.  Dietro di esso, l’artistico coro, lavorato in legno noce, composto di 11 stalli soprelevati e 10 seggi inferiori, ha al centro il badalone, o leggio corale. Una scritta intarsiata documenta che fu costruito a ricordo dell’Anno Santo 1750.

   Le cappelle degli altari laterali sono costruite tutte in legno, dipinto marmorizzato e dorato, con disegno architettonico simmetrico, coppia a coppia con quello corrispondente nell’atra parete. Ogni altare è completo di paliotto, gradini per candelieri, pala sovrastante ove sono raffigurati i santi titolari, in quadri con tela, e in altro un intaglio dorato al centro del timpano spezzato.

Incominciando dall’ingresso, a sinistra, il primo altare è dedicato ai Santi Eremiti, Paolo ed Antonio, in relazione al fatto che i religiosi di Montelparo erano «Eremitani». La pala raffigura una santa Martire, da identificare con Santa Vittoria V. e M.

Il secondo altare è dedicato al santo vescovo agostiniano, Tommaso da Villanova, che si distinse in opere di carità ed elargizioni verso i poveri; nella trabeazione è scolpito lo stemma dei Frati Agostiniani e nel timpano lo Spirito Santo con raggiera.

   A metà chiesa, sopra le porte laterali, ovest verso il convento e ad est verso l’esterno, sono impiantati due pulpiti lavorati in legno. Erano in uso per le predicazioni dialogate delle Sacre Missioni al Popolo in cui il «dottore» doveva rispondere alle obiezioni dell’«richiedente» che appariva disinformato o ignorante. I confessionali alle pareti, tutti uguali, sono riferibili alla metà del Settecento.

   Nel transetto sinistro l’altare è dedicato alla «Madonna della Cintura», o della Consolazione. I santi raffigurati sono dell’Ordine Agostiniano. Nella tela del Timpano è dipinto il vegliardo di Patmos, S. Giovanni Evangelista. Sotto l’altare il corpo ricostruito di S. Paolino, martire.

   Nel transetto destro l’altare è per il culto di S. Nicola di Tolentino, protettore delle anime purganti, nonché per la devozione alla «Madonna del Buon Consiglio», raffigurata in un piccolo quadro, esposto in un ricco tronetto-residenza, intagliato in stile rococò e dorato. L’altare è privilegiato in perpetuo, e riservato ai sacerdoti agostiniani per indulto del 1749, da parte del papa Benedetto XIV, concesso per alcuni anni, come si legge nella lapide commemorativa, a destra.

   La cappella successiva è dedicata alla «Madonna di Loreto» unitamente alle Beate Chiara da Montefalco e Rita da Cascia, agostiniane. Nel plinto sinistro, si nota uno stemma con aquila reale e gamba piegata su campo azzurro e strisce verticali rosse. L’ultimo altare a sinistra è dedicato al «SS.mo Crocifisso», raffigurato in una pregevole scultura in legno, proveniente dalla vecchia chiesa. In mezzo al timpano spezzato sta il quadro di S. Vincenzo Ferreri. Questi due ultimi altari recano la segnatura dell’anno di fabbricazione: 1741, al tempo del Priore Fra Giacinto Pentelli da Matelica, Baccelliere e Predicatore Generalizio.

Sul lato sinistro del presbiterio un’iscrizione lapidaria ricorda che la chiesa di S. Agostino fu consacrata il 25 giugno 1848 dal vescovo di Montalto, Mons. Eleonoro Aronne. A tale epoca si devono riferire le decorazioni della volta e della cupola, anche la costruzione del «tronetto espositorio», intagliato in linea classica con i simboli eucaristici del pellicano e delle spighe di grano, messo tutto in oro fino, opera da attribuire alla bottega montegiorgese di Sante Morelli (1803-1878), come la costruzione dei banchi di legno con l’inginocchiatoio in noce piena.

   All’esterno, presso il transetto, si eleva il campanile a base quadrata con scala interna murata per raggiungere le quattro campane, dotate per un armonioso concerto. Nell’angolo opposto rimane la sacrestia, dotata di lavabo, altare, doppio canterano a sei scomparti, sei cassetti e quattro stipetti laterali, per la custodia dei paramenti, reliquiari e vasi sacri. Il tutto merita un’adeguata conservazione.

   I Padri Agostiniani in Montelparo furono un punto di riferimento assai importante. Tra Comune e Convento si stabilì, fin dalle origini, un rapporto di reciproci favori. Il Comune ogni anno dava un contributo di 10 lire per le tonache dei frati, tre ducati per il Maestro in Teologia, eletto Predicatore per le feste, l’avvento e la Quaresima, e offriva cera e pallio nelle feste di S. Agostino e S. Croce. Nella chiesa conventuale avveniva il giuramento dei Consiglieri Comunali all’inizio del mandato; qui si riuniva il Parlamento Generale ed il Consiglio Generale dei 100; il Podestà vi ascoltava le deposizioni delle donne nelle cause civili e penali; il Priore del Convento custodiva una delle chiavi del bussolo biennale, donde ogni bimestre si estraevano i nomi dei Magnifici Signori Priori.

   La presenza continua di una decina di religiosi influii notevolmente sulla formazione spirituale del popolo e sulla pubblica istruzione. L’agostiniano Fra Luigi Pastori è l’autore delle «Memorie istoriche della Nobil Terra di Montelparo», date alle stampe nel 1781 e riedite nel 1783, con dedica all’illustrissimo Gonfaloniere ed ai Priori della medesima Terra, perché gliene avevano dato formale incarico. Gestirono la Confraternita della Pietà che curava l’assistenza ai malati moribondi e la sepoltura dei morti; amministrarono l’Opera Pia Ospedale, il Monte di Pietà ed il Monte Frumentario di S. Giuseppe.

   Per le loro benemerenze ricevettero lasciti testamentari in ogni tempo. Nel 1650, l’asse patrimoniale degli Agostiniani era di circa 100 ettari; nel catasto del 1783 risulta triplicato, con una rendita media annua di 900 scudi romani. Questa rendita cospicua, unita alle contribuzioni della popolazione, permise loro di realizzare l’opera monumentale tuttora degna di grande ammirazione.

   Il 29 aprile 1809 i Padri Agostiniani, per le leggi eversive del Regno Italico, subirono la prima soppressione che durò alcuni anni. Con la restaurazione dello Stato Pontificio furono reintegrati nei loro diritti che finirono religiosi; nel 1848 fecero decorare la volta della cupola della chiesa, indi si procedette alla sua solenne consacrazione.

   Nel 1861 il convento fu definitivamente soppresso per ordine del Re Vittorio Emanuele II e l’anno dopo il Comune di Montelparo lo acquistava dal Demanio dello Stato per istituirvi la scuola elementare maschile e femminile. La municipalità ebbe l’obbligo di conservare aperta al culto la chiesa annessa che pure le era stata ceduta. Al contrario la chiesa, chiusa al culto ha manifestato le negligenze degli anni trascorsi, ancor più gravi perché è la chiesa più bella, più grande e più comoda di Montelparo.

   Nelle sere d’estate è opportunamente utilizzata l’ampia gradinata per spettacoli all’aperto, ove siedono gli spettatori per godere contemporaneamente tre spettacoli diversi: quello offerto dalla natura col cielo stellato, monti, campagne e paesi trapunti di luci; quello prodotto da attori e cantanti; quello del televideo trasmesso sullo schermo gigante.

                                                           Visita al Municipio

   Il Palazzo Comunale fu costruito nell’antica contrada di Catanova, oggi Via Roma, tra la fine del sec. XVII e gli inizi del sec. XVIII con innalzamento della parete esterna meridionale sulle antiche mura di cinta ed appoggio sul lato destro alla quattrocentesca torre di vedetta, ora Torre Civica con monumentale campana, fusa nel 1527.

   Sul piano stradale si affacciano, oltre l’ingresso municipale, l’ufficio delle Poste, la Farmacia e l’Ambulatorio medico. Nella parete del primo pianerottolo della scala interna è stato incastonato il seguente endecasillabo: LASCIATE OGNI RANCOR O VOI CHE ENTRATE MDCCXIII (1713)

Saggio monito per amministratori, pubblici ufficiali e giudici, affinché svolgano con imparzialità il loro mandato.

   La Sala Consiliare occupa la parte centrale del piano superiore; ha le varie porte per accedere alla stanza del Sindaco, alla saletta della Giunta, agli Uffici comunali, alla segreteria, all’anagrafe e all’ufficio tecnico. La sala è illuminata da quattro finestre. Al centro della parete di fondo il «Civico Gonfalone» è uno stendardo ornato. Nello stemma del Comune è raffigurato S. Michele Arcangelo, Protettore di Montelparo. Vi figurano anche i colori araldici dell’antico castello: oro in campo azzurro, ed il motto latino: IN JUSTITIA PAX. La pace nella giustizia.

   Alle pareti tre dipinti su tela con cornice originaria del sec. XVII, raffiguranti scorci panoramici con piramide, archi e colonne. Altra tela con grande cornice originaria del sec. XVII, raffigura la Strage degli Innocenti (cm. 126 x 280). Fa da sfondo una ricca architettura con l’effetto di una prospettiva grandiosa e monumentale. La tragica scena ha due momenti essenziali: sul lato destro è dipinto Erode in trono con la sua corte; in primo piano, è rappresentata la ferocia dei soldati, il pianto delle madri, il martirio dei piccoli innocenti un racconto serrato e molto reale. Un’iscrizione nel tergo, indica Bartolo da Siena, ma è un’aggiunta postuma. Poiché il dipinto è dello stile tipico del manierismo e somiglia ai dipinti firmati da Fra Lorenzo Bonomi da Ripatransone (1603-1666), con qualche dubbio nel fargliene attribuzione.

   La Sala Consiliare ha una coppia di canterani con tiretti, lavorati in legno di noce piena, ed una consolle; il tutto riferibile ad artigianato locale del sec. XVIII e proveniente dal Convento di S. Agostino.

   Nella Saletta della Giunta si possono ammirare il ritratto del montelparese Card. Gregorio Petrocchini (1536-1612) e suo stemma con elefante (82 x 55), e quello del Ministro Generale dell’Ordine Eremitano di S. Agostino, Fra Fulgenzio Travalloni (1616-1693); inoltre altro dipinto ad olio raffigurante la Madonna delle rose con Bambino. Tra il mobilio, una coppia di mobiletti intagliati in legno di noce piena, ex-inginocchiatoi con tiretti, provenienti dalla sacrestia di S. Agostino.

   Nello Studio del Sindaco, un dipinto raffigura S. Giovanni Battista ed un moderno piatto in ceramica, ricordo diocesano montaltese del Centenario Sistino del 1986.

Di lato, si accede alla torre civica, ove è stata curata una esposizione museale di vari oggetti, paramenti e vasi sacri, antifonari ed argenti provenienti dalla stessa chiesa di S. Agostino. Sopra c’è l’Archivio Storico del Comune, nel sottotetto.

                                          Porta del Sole – San Gregorio – San Pietro

Lungo la pianeggiante Via Roma, si incontrano le abitazioni delle famiglie notorie del paese, compresa quella del parroco. Sono state restaurate in conformità alle norme che tutelano l’integra conservazione dei centri storici.

   Verso oriente, si va alla Porta del Sole; più oltre, ai gradini del «Murello», punto di ritrovo per il commento ai fatti di cronaca, mentre da questo balcone si spinge lo sguardo più lontano verso i monti e verso il mare. In basso si vedono significativi resti delle fortificazioni medioevali, la scarpata ed il basamento di un torrione. Di fronte le nuove villette costruite ai piedi del Monte Cucco, verso il Tiratore.

   La Porta del Sole, nel tardo medioevo, era crocevia ed ingresso principale al paese. La Porta del Sole conserva integre le mura castellane originarie più antiche e l’arco gotico del sec. XIV e il bastione di difesa. Salendo l’era strada si va alla spianata dove sboccano le strade che conducono verso la piazza, e verso le parti più alte del paese e verso la via Catanovetta.

   La chiesa di S. Gregorio Magno si eleva con la sua facciata incompleta; però dotata di coppie di lesene. Il portale lavorato in pietra calcarea con timpano spezzato, reca al centro lo stemma del montelparese Card. Gregorio Petrocchini, poiché fu lui che la fece costruire dalle fondamenta, sostenendone l’intera spesa, e dedicandola all’omonimo san Gregorio, pontefice e dottore della Chiesa, verso il quale era molto devoto.

   La chiesa fu aperta al culto nel 1615, tre anni dopo la sua morte. Con lascito di altri 6.000 scudi vi istituì una prebenda per il mantenimento di un arciprete, cinque canonici, un sacrista ed un chierico, che la dovevano officiare in tutti i giorni festivi e durante la Settimana Santa. Dispose che il suo cuore, in pegno di eterno affetto per Montelparo, sua patria, dopo la morte, fosse custodito in S. Gregorio, racchiuso in una capsula di piombo, rivestita in legno. La dotò di cose preziose andate distrutto da un incendio doloso del 1745.

  L’interno, con l’altare maggiore in mezzo al coro ha la volta a botte, è decorato con cornicioni, lesene e capitelli di stile corinzio-romano. Vi sono quattro altari alle pareti laterali di cui restano i paleotti con dipinti allegorici su tavola. Da sinistra, la pala del primo altare raffigura S. Leone Magno che ferma Attila; quella del secondo rappresenta La deposizione di Cristo nel sepolcro. Nell’abside un rivestimento ligneo forma il coro con il seggio centrale e 8 scanni. L’ornato con stucchi barocchi e il grande dipinto su tela raffigura S. Gregorio Magno tra S. Agostino e S. Nicola di Tolentino, ed in contemplazione stanno i committenti il Card. Petrocchini ed i suoi eredi.

   Nel presbiterio, due nicchie neo-classiche del sec. XIX accolgono le statue di S. Giuseppe e dell’Immacolata. L’altare in legno dorato e marmorizzato è opera della prima metà del sec. XIX.

   La serie dei 14 quadri della «Via Crucis» sono dipinti di maniera, gradevoli per la vivacità dei colori, si possono riferire alla bottega fermana del Troiani, attiva nella seconda metà del Settecento.

   La pala del secondo altare a destra raffigura La Madonna di Costantinopoli tra S. Biagio, S. Emidio e S. Maria Maddalena. La pala dell’ultimo altare, detta comunemente di “sette Sante Vergini”, rappresenta, al centro, Santa Vittoria con il dragone ai piedi, ai lati sei sante vergini e martiri che, attraverso i simboli, possono identificarsi in S. Lucia (oculari), S. Caterina d’Alessandria (libro), S. Barbara (frecce e fulmini), S. Apollonia (tenaglia con dente), S. Agnese (agnellino), S. Agata (mammella?). Tutte queste tele furono dipinte a Roma, senza che si conosca il nome dei pittori.

   Nella controfacciata, sopra l’ingresso, c’è una cantoria con parapetto ligneo policromato; vi manca l’organo a canne che un tempo contribuiva a dare solennità alle funzioni religiose. Questa chiesa di S. Gregorio chiusa al culto continuato dopo la soppressione risorgimentale, è stata riaperta nella seconda metà del XX secolo per lodevole iniziativa del Priore D. Domenico D’Alessio.

   Fanno corpo unico con la chiesa un’abitazione per il custode e la sacrestia con i suoi armadi, l’archivio e la sala per le riunioni del Capitolo. In sacrestia si conserva il «cappello cardinalizio» del Petrocchini, ed il suo ritratto, dipinto su tela, ben conservato. All’esterno si eleva il campanile con tre campane, di cui una nolana, di forma allungata, fusa nel 1354, proviene dal castello di Bucchiano.

   Di fronte a S. Gregorio sta l’ex-palazzo Lombi, famiglia emigrata, che diede uomini di governo all’amministrazione comunale. E’ stato ristrutturato in appartamenti.

   Procedendo per la «Via Catanovetta», sul lato sinistro, i resti di un arco a tutto sesto ornato hannocon tre decorazioni: una geometrica, un fiore ed una figura umana stilizzata; sul lato destro, sta l’antica chiesa parrocchiale di S. Pietro con l’annesso ex-monastero femminile: notevole il portale gotico lavorato in pietra arenaria e riferibile al sec. XIX. Appartenne al Monastero di S. Angelo Magno di Ascoli, che nel 1286 vi trasferì il titolo della parrocchia rurale di S. Pietro de Roncone. Nel 1555 i PP. Olivetani vi trasferirono anche il titolo della Parrocchia rurale di S. Silvestro di Poggio Fantolino, come dice l’epigrafe dipinta sopra l’altare maggiore.

            Via Castello

   Si sale verso la parte più alta del paese. All’angolo destro l’edicola consunta della «Madonna del Soccorso»: dipinta sul muro nel sec. XVIII. A destra l’imponente massa architettonica del Palazzo Petrocchini ha duplice facciata ed ornati di vario stile dal quattrocento in poi, e rivelano diversi interventi. La facciata più alta presenta un portale rinascimentale e tre ordini di finestre sovraesposte, distribuite su tre piani. Nell’altra si scorgono residui di archetti pensili e porzioni di archi con decorazioni in cotto, raffiguranti serpentine con uva e pampini.

   Più oltre, sul lato sinistro, si incontra il portale datato del «Monte Frumentario» con la scritta datata 1511: “Onore e gloria a Dio soltanto. e storicamente può essere annoverato tra quelli più antichi. Furono istituiti da una Confraternita, come ammasso di cereali, soprattutto di grano, per permettere ai contadini poveri di prelevare dal Monte la quantità di grano a loro necessaria per la semina, o per il sostentamento della famiglia nel periodo della congiuntura stagionale, col patto scritto di restituzione al tempo della raccolta con una modica percentuale di aumento.

   Una casa del sec. XV  ha l’ingresso con sovrapporta a lunetta gotica, ornata con decorazione di serpentina con pampini e grappoli d’uva, simili a quelli visti nel Palazzo Petrocchini

                                        La chiesa di Sant’Angelo

   In vetta alla contrada Castello, sull’antica piazza del Comune, la chiesa di Sant’Angelo ha il portale con due tipi di colonnine tortili, separate da una coppia di semipilastrini, con basi, capitelli ed arco a pieno centro, disposti a strombo. Sopra l’architrave è ricavata la lunetta. Sul fronte corre una fascia di pietra arenaria con decorazione fogliare e floreale. In alto, conclude una cuspide con nicchia trilobata. È opera di notevole interesse artistico, riferibile agli inizi del sec. XV.

   La coppia di portali laterali, ad arco ribassato, fa riferimento ad arte del Cinquecento. All’interno, nel lato sinistro il Fonte Battesimale, costruito in legno dorato e marmorizzato, riferibile ad arte del sec. XVII. Nella calotta della nicchia restano frammenti di affreschi con le figure votive di S. Sebastiano e S. Giacomo apostolo, santi invocati in occasioni di pestilenze.

Nel primo altare a sinistra, dedicato al Mistero dell’umana salvezza, si distinguono quattro dipinti affreschi: – Il Crocifisso con S. Girolamo, S. Antonio di Padova e committente, nella parete concava; – L’Arcangelo Gabriele e l’Annunziata, nei pennacchi; – La Pietà, o Compianto al Cristo Morto, nella lunetta; – Il Cristo risorto, nella cuspide. L’iscrizione dà i nomi: Giovanni Caterini Carelli nell’anno 1527 e Marino de Pezzi in  due righe di segnatura mutila e lacunosa. Lo stesso pittore nello stesso periodo ha affrescato le figure votive di S. Giacomo e S. Sebastiano, come rivelano le tonalità cromatiche e la linea del disegno. Questi dipinti potrebbero assegnarsi al Maestro Giacomo Bonfini da Patrignone, pittore noto dal 1470 al 1535.

   Segue l’altare della Madonna del SS.mo Rosario con propria cappella. il dipinto, pala d’altare è riferibile alla fine del sec. XVI, raffigura: La Madonna del Rosario col Figlio in braccio, tra S. Domenico e S. Caterina da Siena, in primo piano, il papa S. Pio V, che attribuì alla Madonna del Rosario la vittoria delle armate cristiane nella battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1570; per cui la Madonna del Rosario fu detta anche «Madonna della Vittoria».

   Gli affreschi che sono sul lato sinistro del presbiterio, frammento di una Crocifissione, la B. Vergine Maria, S. Sebastiano e S. Rocco, sono dipinti votivi del 1497, espressi nei canoni della pittura popolare umbro-marchigiana.

  Al centro dell’abside è raffigura l’Immacolata, coronata da 12 stelle, la luna sotto i piedi, col Figlio in braccio che trafigge il biblico serpente; tutt’intorno gruppi di angeli di diversa grandezza; in basso, una scritta latina riferisce che il dipinto fu fatto eseguire per voto riconoscente da P.S.P.A. probabilmente, vuol ricordare il Pucci Sac. Pietro Antonio, priore che resse la chiesa di S. Angelo dal 1776 al 1806.

   Sul lato destro del presbiterio pende un affresco distaccato che raffigurata la Madonna in trono col Figlio in braccio tra due angeli. Rassomiglia quell’altro che è nella cripta, datato 1412.  Segue la lapide funebre del canonico recanatese, Mons. Anastasio Adriani, oriundo di Montelparo, morto nel 1857.

   Sotto il presbiterio c’è una cripta n cui sul muro della parete orientale meritano molta attenzione gli affreschi quattrocenteschi di S. Caterina d’Alessandria e della Madonna del latte, nonché la segnatura in caratteri gotici che, integrata, suona così:” Nel nome del Signore. Amen. Il 23 maggio 1412, indizione quinta, la tribuna (parte del presbiterio) e l’altare furono consacrati con il titolo della vergine santa Caterina e presso questi si lucravano le indulgenze e la remissione delle pene nelle festività della Pentecoste , di S. Maria assunta in cielo e di san Michele.

   Frammenti di affreschi, eseguiti dallo stesso pittore, affiorano anche lungo la parete settentrionale; evidente la presenza di una Madonna con Bambino in braccio. Nella parete occidentale, nel secolo XVIII, fu innalzato un altare e sulla retrostante parete fu fatta dipingere la Madonna della Misericordia tra S. Emidio e S. Lucia, S. Biagio e S. Caterina.

La tradizione locale riferisce che la frana del secolo XVII ed il terremoto del 1703 fecero crollare due Oratori, dedicati, uno alla Madonna della Misericordia e l’altro a S. Maria Laude; di essi si parla anche negli antichi Statuti Comunali di Montelparo. Per conservarne il culto in onore a S. Maria de Laude, nella cripta traslocarono con tutto il muro il frammento di affresco che aveva conservato intatto il busto della Vergine col Figlio in braccio, ordinando al pittore di completare l’immagine della Madonna nella raffigurazione tradizionale della Madonna della Misericordia che accoglie devoti sotto il suo manto, con raggiunta dei santi ausiliatori contro il terremoto, la pestilenza e le malattie degli occhi e della gola.

   Nell’oratorio della Confraternita del SS.mo Sacramento si conserva un affresco cinquecentesco raffigurante il Crocifisso, deturpato nel volto, tra l’Addolorata e S. Francesco d’Assisi. Gli altari laterali della parete destra della chiesa sono dedicati rispettivamente al «Transito di S. Giuseppe», e alla «Madonna del Carmine», con pala e cappella in muratura. La tela della morte di S. Giuseppe, assistito dalla Madonna e dal Figlio, Gesù è riferibile al sec. XVII. Quella della Madonna del Carmine con S. Giovanni Battista e Santo Martire, è riferibile ad arte della fine del sec. XVI.

                                                       Parchi e panorami

  Sulla Piazza del Castello il turista o il visitatore gode di un ampio e spettacolare scorcio panoramico verso il mare Adriatico, con colline variopinte per culture diversificate nei campi, paesi con torri svettanti e casolari sparsi. E’ caratteristica la visuale dell’antico Monte Nero, o Monte dell’Ascensione, dei monti della Laga, tra Marche e Abruzzo.

   Sul lato settentrionale, il «Parco E. Marziali», dotato di impianti per partite a tennis e gare di bocce, fiancheggiato dal «Viale E. Marziali» dove si scende verso la sottostante contrada di Gajanello, per tendere lo sguardo lungo le valli dell’Ete Vivo e del Tenna, e per ammirare i paesi arroccati sulle prime alture preappenniniche: S. Vittoria, Montefalcone, Smerillo, Penna San Giovanni, e per godere altresì dell’immenso scenario offerto dalle frastagliate cime dei monti Sibillini: del Vettore (m. 2474), la Sibilla (m. 2175), la Priora (m. 2232), Pizzo tre Vescovi (m. 2092), Sassotetto, e altre alture; le quali, d’inverno ed in primavera, essendo innevate, in un sereno mattino sono scintillanti ai riflessi del sole, e, d’estate, quando il sole accentua le diverse colorazioni dei boschi, dei prati e delle rocce dolomitiche, tra luci ed ombre le profonde gole ove hanno origine il Tenna, l’Ambro, il Tennacola, l’Aso.

  La «Piscina Comunale» coperta (m. 25 x 12, 5 x 1, 2-2,8), funziona nel periodo estivo. Procedendo si nota il monumenti ai caduti montelparesi delle ultime guerre mondiali e lungo la parete di sostegno del terrapieno, sono state fissate due lapidi con i nomi.

   La chiesa di S. Antonio di Padova è una costruzione del sec. XV con campanile a vela sul lato destro della facciata. Dall’anno 1753 sull’altare maggiore fu incastonato un pezzo di muro con la prodigiosa immagine cinquecentesca di Maria Santissima, detta Polisiana, che proveniva da una chiesina diroccata, sita nella contrada della Cocciarella, che era possesso del Monastero di S. Angelo Magno di Ascoli, come si rileva dal Privilegio di Innocenzo III, del 1199 :«et campum Polisianum». L’affresco cinquecentesco raffigura «La Madonna col Figlio in trono», avente sulla mano destra una rosa, manto azzurro e veste color rosa. Un po’ più in alto resta un frammento di affresco della metà del sec. XV che ci presenta il volto espressivo del «Cristo sofferente», riferibile all’arte del monaco-pittore Fra Marino Angeli da S. Vittoria.

                                      S. Maria Novella – contrada Catigliano

La chiesa di S. Maria Novella, costruita nella seconda metà del sec. XIII; fu rimodernata nei secoli successivi. Fu sede parrocchiale fino all’anno 1960, quando fu aggregata all’unica parrocchia di S. Angelo. Agli spigoli del muro di facciata sono murati due mattoni con segnatura storica: (traduzione dal latino) “Nel 1790 il 20 settembre fu messa la prima pietra con inaugurazione”. Il portale in cotto spicca sulla facciata originaria in pietra. L’interno è un monolocale a tre campate, in stile neoclassico, coperto a volta; vi erano disposti tre altari: il maggiore e due laterali. Ornamento del nuovo altare maggiore è il dipinto ad olio su tavola (196 x 145) raffi: Madonna col Figlio in trono tra S. Giovanni Battista e S. Maria Maddalena con committente inginocchiato, opera attribuita dalla critica più recente al pittore Vincenzo Pagani di Monterubbiano (1480-1568), da datare nel secondo decennio del Cinquecento. La santa con ampolla raffigura S. Maria Maddalena compatrona del paese per cui nella sua ricorrenza il 22 luglio era considerato giorno festivo a tutti gli effetti. Il mantello nero e la chierica indicano che il committente fu un sacerdote.

   Nella cappella di sinistra, entrando, il dipinto raffigura: S. Benedetto da Norcia in gloria ed il martirio di S. Lucia, vergine siracusana. Un frammento di affresco affiora nella parete destra del presbiterio: vi è raffigurato il volto della Madonna. La tela della cappella di destra rappresenta «Il pianto di S. Pietro», dopo il canto del gallo, confortato da Giovanni Marco, l’evangelista che fu suo segretario. E un dipinto fortemente espressivo, riferibile al sec. XVII. In altra tela è dipinto S. Michele Arcangelo.

   Proseguendo la via in discesa, si arriva in Piazza Cavour; nel medioevo era detta «Piazza del Mercato». Per concessione papale vi si tenevano mercati settimanali ogni venerdì, oltre le rinomate fiere nelle ricorrenze di S. Gregorio, S. Giuseppe, S. Maria, S. Croce e S. Michele. Le abitazioni hanno alcune strutture con fregi in cotto, riferibili al sec. XV; in una casa, l’ultima a destra, è murata una pietra tombale con lo stemma della nobile famiglia Pellei, che nel Cinquecento e Seicento diede lustro a Montelparo, con valenti personaggi, ecclesiastici e forensi.

   Indi si discende verso la contrada Catigliano. Qui furono accolte le famiglie del castello de Catelliano, sito in cima all’attuale Monte Tondo; saccheggiato ed incendiato verso la metà del sec. XIII. Una parte di questa contrada fu assegnata ad alcune famiglie di giudei. La loro presenza è documentata in diverse pergamene di Montelparo del sec. XIV per prestiti fatti al Comune.

   Tra le altre realtà, sparse nel territorio, il Santuario di

                                                                                 Santa Maria in Camurano

   Nel territorio di Montelparo, fin dall’alto medioevo, c’era una contrada dedicata a S. Maria si trova la chiesa di S. Maria in Camurano. I religiosi francescani che l’ebbero nella metà del Cinquecento, diedero alla chiesa la forma attuale e costruirono il piccolo convento dei Frati Minori del Terz’Ordine Regolare di S. Francesco, collegato con la chiesa dalla parte dell’abside. La primitiva cappella, o tempietto stradale in prossimità di un trivio, fu isolato a mo’ di Santuario e protetto da un rivestimento in pietra arenaria, squadrata e levigata, ad imitazione della chiesina della Porziuncola in S. Maria degli Angeli di Assisi.

   La chiesa di S. Maria in Camurano si presenta ampia e lunga m. 27, larga m. 12, in alta m. 15, coperta con capriate di legno a vista. La tribuna e l’abside sono a volta reale. La sua costruzione si fa risalire intorno all’anno 1549, quando il primitivo tempietto fu isolato dentro l’edificio maggiore. Sul tettino, lungo la fascia incorniciata, corre l’iscrizione: (traduzione) “AVE MARIA PIENA DI GRAZIA. Anno del Signore 1549”.

   La Cappella situata al centro della chiesa, ha base rettangolare; e volta a botte con decorazioni risalenti al sec. XVI; vi si entra attraverso ingressi laterali, con cancelli in ferro battuto; riceve luce da un’ampia finestra con grata aperta sulla parete orientale, comunicante con il corpo della chiesa. ll suo altare si estende per quasi tutta la lunghezza della cappella. Nella parete occidentale è interessante l’affresco raffigurante «S. Maria Maddalena», compatrona della Comunità di Montelparo: figura giovanile, aureolata, dalla lunga e fluente chioma che scende dalle spalle, nell’atto di sorreggere con ambedue le mani il vasetto degli aromi; a destra, la devota immagine della «Vergine con il Figlio», seduta nella cavità di un nicchio ornato di conchiglia, aureolata e coperta parzialmente da un velo color rosa, che la Madre solleva con la mano sinistra con gesto delicato e pudico.

   Lungo la parete di destra si nota l’immagine votiva di S. Antonio abate, e a fianco c’è affrescata l’«Annunciazione». Una colonnina, sulla quale posano due archi ribassati, separa i due personaggi. Su un drappo rosso, nello sfondo, risaltano le figure aureolate della Vergine Maria e dell’Arcangelo Gabriele. Dolci le espressioni dei due volti, eloquenti gli atteggiamenti delle mani incrociate, caratteristico il leggio con l’ondulato drappo di lino. Lo stile degli affreschi è riferibile alla seconda metà del sec. XV, opera di ignoto. Per quanto riguarda un’individuazione del suo autore, si fa riferimento alla scuola di pittura dei monaci farfensi con Fra Marino Angeli a Santa Vittoria in Matenano

   Sul piano del presbiterio sono stati eretti due altari circa l’anno 1567: uno dedicato a S. Antonio abate e l’altro all’Immacolata. Nel primo altare è raffigurato S. Antonio abate, seduto in trono su fondo azzurro, con baculo sulla sinistra e destra benedicente, dentro la finzione prospettica di una grande nicchia, nei pilastri della quale sono disegnate candelabre, mentre all’interno dell’arco si sviluppa una serie di grottesche simmetriche. È firmato dal pittore patrignonese, Giacomo Agnelli.

   Il pittore anonimo del secondo altare ha voluto dipingere un altare a forma di Cappella in stile rinascimentale. Due colonne, ai lati, sorreggono la trabeazione ed il timpano; dentro questo ha dipinto l’Eterno Padre Reggitore del mondo, in un alone di luce, circondato da nubi. Nei pennacchi ha ritratto il mistero della Annunciazione. Al centro, nella cavità di un nicchio domina la figura dell’Immacolata, disegnata eretta, in veste rossa e manto verde, a mani giunte, con la luna sotto i piedi; corona regale sul capo, un alone giallo ocra la circonda dal capo ai piedi; nei bianchi cartigli è riprodotto il testo dell’apparizione descritta nell’Apocalisse (12,1): “Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”

   Nella parte alta, fanno da contorno cinque medaglioni ove sono raffigurati: al centro, lo Spirito Santo in forma di colomba; ai lati, i Quattro Dottori della Chiesa Occidentale, in vesti pontificali. Si notano i vistosi cartigli con scritti alcuni testi celebranti le glorie di Maria, tratti dalle loro opere.

Questa rappresentazione figurativa del Dogma dell’Immacolata Concezione di Maria acquista notevole rilevanza se si considera che segue di poco le sessioni del Concilio di Trento su quel tema, e quanta incidenza abbiano avuto i committenti, i Padri Francescani, nel suggerire testi ed immagini di loro antico culto. Il canonico santavittoriese don Pennesi visitò questa chiesa nel secolo XIX, trascrisse l’epigrafe, ora molto lacunosa per caduta del colore: (traduzione) “Il 22 gennaio 1567 la Signora Fabia, moglie del fu Antonio Ercolani da Montelparo, sindaco di questa chiesa, fece erigere quest’altare”. La seconda metà del Cinquecento per questa chiesa fu il periodo di maggiore splendore. Fu officiata dalla famiglia Francescana del Terz’Ordine fino al 1638, cioè fino alla soppressione del convento, per disposizione del papa situata al centro della chiesa, Urbano VIII, probabilmente perché era insufficiente il numero dei religiosi che il papa riteneva necessario per la formazione di una comunità che ordinariamente ne doveva avere almeno sei.

   Ogni anno, il 1° agosto di ogni anno, vi si solennizzava l’acquisto delle indulgenze della Porziuncola, essendo chiesa gestita da Francescani. Grande era il concorso della popolazione. Per norma statutaria, vi si recava processionalmente anche il Magistrato per l’offerta del cero, partecipando alla Messa cantata. Ancor oggi vivo è il pellegrinaggio popolare durante la pratica del «mese di maggio» in onore della Madonna, come pure nel giorno della festa, trasferita all’8 settembre.

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