STATUTI DEI FERMANI TRADOTTI DAL LIBRO 5° RUBRICE 69-150. Digitazione di Albino VESPRINI

Statuta Firmanorum edizione 1589 in latino

STATUTA.FIRMANORUM. LIBER 5

RUBRICHE da 69 alla FINE

5 Rub.69

Pena per coloro che esportano cibarie dalla Città e Distretto.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi né presuma di portare o far portare, grano, orzo, spelta, fave, ceci, carni vive o morte, fresche o salate, né alcun altro genere di cibarie, attraverso il mare o la terra, dalla Città o dal distretto di Fermo, con o senza un animale, allo scopo di esportarli dal distretto della Città di Fermo. E chi abbia trasgredito sia punito senza alcuna remissione a 100 libre di denaro, e nondimeno per il fatto stesso perda gli animali e le cibarie che abbia portato. Tre parti delle cose sequestrate, trovate o denunciate da qualcuno, se sarà provato, siano per il Comune e l’altra parte per il denunciatore o per lo scopritore o per chi sequestra, anche se lo scopritore sia stato un officiale del Comune. E chi porta, o fa portare in tale maniera, si intenda con lo scopo di esportare, anche quando sia stato trovato in cammino vicino o verso i termini o i confini del distretto di Fermo, purché non vada ad un mulino del distretto; e si intenda che ha l’intenzione di esportare chi andasse verso un mulino e superasse i confini del molino o chi non andasse per la giusta via verso un mulino. E si intenda che esporta, chi sia stato trovato condurre o portare qualche genere di cibarie entro i confini del distretto del contado di Fermo vicino agli stessi confini per un quarto miglio. È in ciascuno dei detti casi, il Podestà e il Capitano abbiano arbitrio di punire e condannare quelli trovati colpevoli, dopo aver esaminata la qualità del reato e delle persone, ad una pena minore o maggiore, sul fatto, in modo sommario, come a lui sembrerà convenire o piacerà. Salvo che se qualcuno portasse queste cibarie verso i Castelli del contado di Fermo dalla stessa Città o da un Castello ad un altro Castello per il motivo di suo proprio uso, con una ricevuta fatta dagli addetti alla ‘Grascia’ <vitto> del Comune di Fermo, non sia sottoposto minimamente ad una alcuna pena. Inoltre a nessuno sia lecito vendere il grano, l’orzo, o la spelta, né alcun altro genere di cibarie a qualche forestiero non sottomesso alla giurisdizione del Comune di Fermo, senza un esplicito permesso dei signori Priori della Città di Fermo, o anche dei ‘Grascieri’ di questa Città per il motivo di esportare fuori dal contado di Fermo o dal suo distretto, sotto pena di 100 libre di denaro, e <a penalità> maggiore o minore, ad arbitrio di questo Podestà o del Capitano che avesse conoscenza di queste cose. Aggiungendo diciamo che nessuno possa esportare dalla Città e dal contado e suo distretto, come sopra, né possa trasportare, condurre ad un altro mercato; o far portare formaggio, uova, polli, capretti, agnelli, maialini e tutti i volatili, e i legumi e tutti gli altri frutti commestibili per le persone umane, sotto le dette pene, come avessero esportato cibarie. Eccetto tuttavia che tutte queste cose possono essere esportate, senza penalità, per via mare, e alle fiere fuori distretto. Inoltre aggiungiamo che nessuno, di qualunque condizione sia, osi o presuma di poter esportare o di far esportare dalla Città, dal contado o dalle Terre riassegnate a questa Città, alcun genere di frumento o di altri cereali, allo scopo di portarli fuori dal territorio e dal controllo di forza della Città di Fermo, senza il permesso e il bollettino dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia e del Podestà e per mano di uno dei Cancellieri di questa Città, e dopo che precedentemente abbia avuto una delibera solenne della Cernita, sotto la pena espressa e dichiarata negli statuti della Città di Fermo, nonostante qualsiasi ordinamento e delibera che applichino una pena minore; e di tale pena la quarta parte sia e debba essere per il Rettore o per l’officiale che ha comminato la pena, un’altra quarta parte sia per il denunciatore o accusatore; le due restanti parti pervengano al Comune di Fermo. E a chiunque sia lecito di accusare o di denunciare i frodatori e costui sia tenuto segreto. A questo denunciatore o accusatore sia prestata fede, dopo esaminata la qualità e la condizione della persona del detto denunciatore o accusatore. Se in realtà l’officiale della Città, o del contado, o delle Terre riportate alla sottomissione trovasse qualcuno che froda un incapace, e che esporta, come detto sopra, in fragrante reato, abbia e guadagni mezza parte della detta pena. E se chi commette una frode non abbia pagato la pena entro 10 giorni dal giorno della confessione, o dopo sia stato comprovato, sia frustato nudo attraverso la Città Fermana e i luoghi pubblici della Città; e nondimeno sia obbligato a pagare la penalità e per la pena già detta sia stata messo nelle carceri. Se in realtà un inserviente di qualcuno sarà stato trovato a fare una frode al detto incapace, o sarà stato denunciato o comprovato, come sopra, se questo inserviente si sia potuto catturare, immediatamente, sia frustato come sopra, e il padrone sia obbligato a pagare la detta pena pecuniaria con denaro suo proprio. E nelle dette cose gli officiali possano fare la procedura contro costoro con metodo di investigazione d’ufficio, di una denuncia o accusa, e punire e condannare i colpevoli scoperti sul fatto, in modo sommario, semplice, e calmo, omettendo ogni formalità, e solennità dei processi, soltanto dopo aver trovato la verità del fatto. In realtà l’officiale che fa l’indagine per competenza di ufficio debba avere la quarta parte della pena che abbia fatto pervenire al Comune, e tre parti vengano al Comune. E nessuno dai Castelli del contado e dalle Terre riassegnate possa andare ai mulini per macinare il frumento o altro cereale, senza la bolla del detto officiale; e se abbia trasgredito deve perdere l’asino e la salma <carico>, o un altro animale sopra cui abbia trasportato; e oltre a ciò sia obbligato a pagare a titolo di pena 10 libre di denaro. L’officiale delle Terre, o dei Castelli, dopo il ritorno dal molino debba riprendere e riportare il detto bollettino e trattenerlo presso di sé. Inoltre a nessuno sia lecito portare alcun genere di cereali da un Castello ad un altro senza il bollettino dei signori Priori, come sopra, e scritto e sottoscritto come sopra, sotto la già detta pena degli statuti contro coloro che fanno esportazioni fuori dal territorio di Fermo. E in questo caso non sia richiesta una delibera della Cernita, come sopra; e l’officiale abbia la parte in tutti i casi già detti, come sopra. Se in verità fosse vacante l’officio del Podestà o del Capitano del popolo, sia sufficiente il bollettino di quell’officiale che sarà in Città, con una bolla dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia, come sopra. E queste cose rivendichino per sé valore per le cose passate, presenti e future e soprattutto per quelle compiute da sei mesi in qua. E i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, quelli che lo sono ora, o <quelli> che lo saranno nel tempo, non possano trasgredire tali cose, né condonare in tutto o in parte le pene, né fare proposte nelle Cernita o nei Consigli affinché le dette pene siano condonate in tutto o in parte, né alcuno possa dare consiglio, né fare un’arringa, né il Cancelliere possa scrivere, sotto pena di 50 ducati d’oro per ogni trasgressore e per ciascuna volta. Inoltre vogliamo che i signori Priori, quelli che lo sono ora o <quelli> che lo saranno nel tempo, in ogni singolo anno debbano eleggere 10 Cittadini con pieno arbitrio; e questi eletti abbiano il potere, l’autorità, e il potere di far condurre grano o altre cibarie nella Città dai Castelli del contado, o da altri luoghi, come a loro sembrerà opportuno e piacerà stabilire nella vendita del frumento o dei cereali, e comandare ai Castelli affinché portino nella nostra Città e di fare tutte le cose, e di imporre pene come e secondo tutto il consiglio della Città Fermana. E gli officiali della Città siano obbligati a praticare gli ordini impartiti da questi stessi, e a riscuotere le pene, sotto la penalità di 100 libre di denaro da prelevare a questi nel tempo del sindacato, a ciascuno e per qualsiasi volta quando da essi o da qualcuno di essi sia stata fatta una trasgressione.

5 Rub.70

I pedaggi che non vanno riscossi.

   Inoltre nessun <Cittadino> privato, Castello, o Comunità del distretto di Fermo osi riscuotere qualche dogana, pedaggio o dazio da alcuni che transitano in qualunque luogo, e specialmente attraversando la riviera del mare, dal Tronto fino al Porto di San Giorgio; e se qualcuno abbia trasgredito, ad arbitrio del Capitano, venga punito come furfante e ladrone, a meno che non abbia avuto una commissione dal Comune di Fermo.

5 Rub.71

Nessuno da un Castello della riviera vada ad abitare altrove.

   Inoltre decretiamo che nessun che è abitante di Fermo, ora o in futuro, e verrà ad abitare nei Castelli della riviera, cioè al Porto di San Giorgio, o nel Castello di Torre di Palme, di Boccabianca, di Sant’Andrea di Grottammare e di San Benedetto, osi o presuma di andare ad abitare da una ad un altro castello; e se qualcuno abbia trasgredito, per qualsiasi volta sia punito a 25 libre di denaro; e tale Castello che accoglie tale uomo sia condannato a 50 libre di denaro: e nondimeno il tale sia costretto a tornare alla abitazione di prima; salvo che presso il detto Castello di San Benedetto sia lecito andare ad abitare a chi vuole, da qualsiasi luogo. E il Capitano abbia l’obbligo di notificare le dette cose ai detti Castelli, affinché osservino tutte le cose che contenute in questo capitolo. E chiunque sarà andato ad abitare presso il detto Castello di San Benedetto abbia la franchigia di non pagare il dazio fino a 10 anni e quelli saranno per venire siano considerati Cittadini <Fermani>.

5 Rub.72

Divieto del sale.

   Se qualcuno sia stato di tanta temerità che nella Città o nel contado di Fermo, senza il permesso del consiglio di questa Città, abbia recato, ovvero importato, o abbia fatto recare o importare da qualunque Terra, da qualunque luogo, da fuori del distretto di Fermo, una qualche quantità di sale, piccola, o modica, o grande, in qualunque modo, o, consapevolmente, abbia sia stato ricettore di quello così portato, o abbia fatto prendere dai ricettatori o abbia fatto comprare il sale o ne abbia fatto uso per sé, o per la sua famiglia, o lo abbia fatto usare, o per un qualche nome, modo, ragione, o aspetto, o causa l’abbia preso o ricevuto o l’abbia fatto prendere, o l’abbia fatto prendere , se non soltanto quello o da quello che viene venduto nella Città di Fermo o ad opera dello stesso Comune di questa Città, pubblicamente, o palesemente, di qualunque condizione sia tale temerario, sia punito con 50 libre di denaro o di più ad arbitrio del Rettore della Città di Fermo, in maniera reale e personale, sul fatto e senza alcun processo, per mezzo del Capitano o del Rettore, e il sale con gli animali e con le cose con cui il detto sale fosse recato in contrasto con il divieto del siffatto statuto, si intenda, per ciò stesso confiscato. E sulle dette cose si possa fare indagine e investigare ad opera di qualunque Rettore della Città di Fermo; e inoltre ognuno sia considerato come legittimo accusatore e denunciatore, e sia tenuto segreto sulle dette cose. E chi fosse trovato a importare il detto sale, possa essere preso da chiunque insieme con gli animali addetti al trasporto, e sia condotto al Rettore della Città di Fermo. E alle condanne fatte su tali cose non si possa porre appello, né querela, né ricorso o parlare, obiettare di nullità, né fare opposizione. E il Rettore, o qualche officiale fra costoro che abbiano fatto o sentenziato, in occasione delle dette cose, o di qualcuna fra esse, non possa in qualsiasi maniera essere sindacato sindacare, se non soltanto per un furto o un baratto commessi nelle dette cose, o in qualcuna di esse. E sulle condanne che avvenissero e sulle penalità che fossero pagate per le dette cose, o a occasione di esse, ogni denunciatore, relatore o scopritore abbia la quarta parte. I Rettori, in realtà, o gli officiali che abbiano scoperto anche personalmente le cose già dette, i trasgressori sulle dette cose o su qualcosa di esse, abbiano la quarta parte di quello che abbiano fatto giungere al Comune, e le restanti tre parti rimangano al Comune. Tanto gli scopritori, i relatori e i denunciatori, quanto pure i Rettori e gli officiali debbano avere questa quarta parte delle penalità <multe> che abbiano fatto pervenire in Comune, per i loro personali i ritrovamenti.

5 Rub.73

Vesti ed ornamenti delle donne.

   Come la vite che si allarga troppo in ogni parte deve essere confinata <potata> con il falcetto dell’esperto agricoltore, affinché si avanzi nel fruttare, così la vanità delle mogli, e il lusso, i quali non hanno moderazione nelle vesti, nell’oro e negli ornamenti, sono da reprimere con inviolabilissime leggi, in modo che le donne mantengano l’onorabilità e non riducano i mariti in miseria. Pertanto con questa perpetua legge facciamo una sanzione a che, in futuro, nessuna donna possa né debba esser vestito, né vestirsi con vesti di velluto, di broccato aureo o argenteo, né di seta; ma possano portare nelle maniche dei vestiti, soltanto, le due braccia al massimo tra i detti <vestiti> di velluto, broccato, o seta, ed altre due braccia in altri ornamenti, oltre alle maniche, e non oltre, sotto la pena di 10 ducati d’oro per qualsivoglia moglie e per ciascuna volta dalle doti delle mogli che li portano <nelle vesti>. E sul fatto, i mariti delle stesse possano essere costretti e vincolati a pagare questa pena. E gli officiali scopritori e gli esecutori con successo, abbiano una quarta parte delle dette penalità, e abbiano una quarta parte gli accusatori i quali debbono essere tenuti segreti; in queste accuse anche gli officiali esecutori abbiano una quarta parte, e in realtà il residuo di questa penalità sia del Comune di Fermo.

5 Rub.74

Donativi.

   Dato il fatto che interessa alla Repubbliche avere Cittadini e abitanti facoltosi, decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona della Città di Fermo o del contado osi, o presuma ad opera sua, o tramite altri con una schiera cercata, donare o far donare borse di seta, o di qualsiasi altro genere, o donare il denaro, o la cintura d’oro, o d’argento, il <tessuto> filato, le perle, o alcune altre cose, o qualche offerta di alcune cose, eccettuati i frutti, o i pomi <mele, pere> degli alberi, neppure ornamenti di qualsivoglia altro genere alla moglie sposata o a suo marito, o a qualcuno che li riceve a nome direttamente di questi stessi, o a nome di chiunque altro, o indirettamente o per qualche altra schiera richiesta per quel giorno nel quale il marito porta la moglie a abitazione sua, o qualcuno alla abitazione della moglie; o in un altro giorno nel quale le dette cose venissero fatte da costoro che ricevono i detti onori o qualcuno di questi stessi, o prima o dopo l’occasione già detta, sotto la pena di 5 libre di denaro, e ogni trasgressore debba essere condannato a questa pena, sia colui che fa il dono sia colui che lo riceve. E il Podestà e ogni altro officiale del Comune di Fermo, cioè chi per primo sia arrivato alla procedura per inquisire, sia obbligato e debba fare indagini contro i delinquenti, per <dovere> d’officio di questi stessi o di chiunque degli stessi, sia per una denuncia, e in seguito a denunce di qualunque informatore, e punire, e condannare quelli scoperti colpevoli, ed eseguire con successo le pene contro di questi. E il trasgressore nelle dette cose possa essere accusato e denunciato da chiunque e l’accusatore o il denunciatore abbia la quarta parte della penalità. E immediatamente, quando questa pena sia stata inflitta, i predetti officiali, o uno di questi stessi sia obbligato ad esigere questa pena sul fatto, senza chiasso, né parvenza di sentenza, neppure condanna alcuna, senza che nessun trasgressore e delinquente nelle dette cose goda del beneficio della pace

5 Rub.75

Il modo e il comportamento da praticare per le condoglianze dei morti.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna moglie debba uscire fuori da una abitazione, o stare o sostare avanti o vicino ad una abitazione, nella quale sia stato un corpo umano morto, o dalla quale il detto corpo debba essere portato via per la sepoltura, o nella quale in qualunque modo si faccia il lutto, non esclamando, o facendo qualche segno di tristezza battendo le mani, o tenendo la testa scoperta a causa del lutto; né alcuna moglie debba vestirsi di panni vedovili, o di vesti fuori dalla detta abitazione, né comparire altrove fuori da questa abitazione, al cospetto delle genti in tempo di lutto; ma per opera di donne debba vestirsi dentro la detta abitazione, e non da uomini, sotto la pena di 5 libre di denaro per ciascuna e per qualsiasi volta. E nessuna moglie, per il motivo di fare lutto, debba entrare dietro al cadavere nella Chiesa ove sarà da seppellire il corpo, oppure per tale motivo <andare> in altro luogo, o per altro motivo di lutto, sotto la detta pena. E dopo che il corpo sia stato portato a seppellire, o quando sia capitato che qualcuno muoia fuori Città, e sia sepolto, dopo fatti il lutto o la tristezza, nell’abitazione, nessuna donna presuma di tornare poi all’abitazione del lutto, per il motivo di compiangere quel corpo con l’occasione della tristezza, fatta eccezione per le mogli appartenenti a un grado di consanguineità o di affinità fino al terzo grado da calcolarsi secondo il diritto canonico; fatta eccezione anche per le donne vicine e prossime all’intorno per cinque abitazioni circa. E, in realtà, se qualcuna poi abbia fatto il contrario in qualcuna di quanto detto sopra o in seguito, venga punita con 100 soldi di denari, e al pagamento di tale pena possa essere costretto il marito per la moglie. E il marito, o il suo erede possa prelevarlo dalla dote di sua moglie nel tempo del matrimonio sciolto o dalla dote da restituire; e nondimeno se la donna sia uscita fuori dall’abitazione, o sia ritornata nella abitazione in contrasto alla forma di questo statuto, venga punita a 5 libre di denaro per qualsiasi volta. Fatto salvo e riservato che non siano punite con penalità quando qualche Religioso o Religiosa in qualche Monastero della Città morisse, le donne possono accedere a questo Monastero a motivo del lutto: purché nell’andare, nel sostare e nel tornare procedano con decoro e in silenzio e con un mantello. E nessun uomo, a motivo del fare lutto, entri nella detta casa, nel tempo del lutto, nella quale lo si facesse, sotto la detta pena. Fatto salvo che otto uomini, al massimo, possano entrare allora nella detta abitazione per portare a seppellire il corpo o per portare il corpo fuori da tale abitazione. Sopra queste cose il Podestà e il Giudice anzidetti abbiano potere di indagare e di fare la procedura e di punire; e siano obbligati a indagare con omettere ogni solennità e ordine della legge, sotto la penalità di 25 libre di denaro da pagarsi con il loro salario. Inoltre che nessun uomo o donna in occasione di un lutto o di qualche tristezza possa né debba vestirsi di nero, o di un altro colore, o con una veste che indichi tristezza, neppure lacerare i vestiti in qualche parte, né portare vesti lacerate o scucite, sotto la pena di 5 libre di denaro per ciascuno. Fatto salvo, secondo la consuetudine osservata fino a questo momento, che la moglie per il marito, il figlio o la figlia per il padre, il fratello per la sorella carnale e viceversa e il nipote carnale di qualunque sesso, e gli zii paterni, gli zii egli zii materni per i nipoti, possano portare panni e vesti di qualsiasi qualità anche indicanti tristezza, lacerate o scucite. E questa moglie, fino ad un anno da computarsi dalla morte di suo marito, possa portare una veste lacerata. In realtà le altre persone e gli anzidetti consanguinei eccettuati, come detto sopra, fino ad un mese soltanto non oltre, e dopo trascorse le dette scadenze possano portare tali vesti intessute e cucite fino ad un anno soltanto. Né qualcuno o qualcuna possa, né debba mandare alcun dono, né farlo mandare presso la abitazione dalla quale sia stato portato fuori un cadavere, o nella quale il lutto o la tristezza siano stati del giorno della morte, della tristezza ossia di lutto, e nei tre giorni seguenti, sotto la detta pena. Si fa eccezione per i consanguinei fino al terzo grado, da computarsi secondo il diritto Canonico, e per i vicini fino a tre abitazioni dall’una e dall’altra parte della abitazione. Inoltre decretiamo ed ordiniamo che con eccezioni per i corpi delle persone miserabili e dei poveri, che in beni non abbiano 100 libre, o quelli che a causa della povertà non possano fare la cassa e eccettuati gli uomini delle Fraternite che sono soliti flagellarsi, i quali possano essere sepolti con un sacco secondo la loro consuetudine, ed eccettuati i corpi dei Soldati, i quali possano essere sepolti a piacere di loro volontà, e non siano obbligati in alcunché dal presente statuto, ma siano considerati eccettuati totalmente; tutti gli altri corpi dei morti, tanto maschili quanto femminili, di qualunque condizione siano, debbano essere seppelliti e portati a seppellire con questo ordine, cioè in una cassa chiusa e coperta. E infine, nel fare l’accompagnamento del corpo alla Chiesa nella quale debbono essere sepolti, possano essere portati, soltanto otto ceri accesi e non di più. E possano accedere tutti i Frati di quel luogo dove il corpo sia da dover seppellire, con sei Frati di qualsiasi altro ordine, e non oltre, con tutti i Chierici della sua Parrocchia; se, in realtà di tale Chiesa e di un’altra Cappella; purché non possano esser presenti più di otto chierici laici. Se in realtà dovessero essere sepolti in qualche Chiesa Parrocchiale, o laicale, allora possano accedere tutti i Chierici di tale Chiesa, o di un’altra cappella: purché non possano essere presenti più di otto chierici laici, calcolati i chierici della sua Parrocchia. E possano anche accedere sei frati di ogni altro ordine di questa Città. E chi somministra o offre le candele ai questi chierici e ai frati che accompagnano il detto corpo, sia obbligato e debba porre nelle mani di questi stessi le candele accese. Invece i bambini piccoli <morti> entro un anno siano portati tra le braccia avvolti con pannolini di stoffa ricamata o di seta, o con altri panni a piacimento di volontà. Gli altri bambini morti in età maggiore di un anno fino a quattro, morti siano portati a seppellire sopra uno pavese <scudo> scoperto a piacimento; in pratica, da quattro anni in su siano portati in una cassa nel modo e forma già detti. Vogliamo anche e decretiamo che come offerta o oblazione dei chierici e dei frati, non si possano darsi più di quattro candele per ciascun Cappellano, Priore, Guardiano o Lettore di qualche Monastero, o della Chiesa secolare, e a qualche altro chierico non presbitero non più di una candela, e siano date accese come già detto. E ancora vogliamo e decretiamo che nessun uomo fuori dalla abitazione dalla quale viene portato via detto corpo del morto, nel giorno e nel tempo quando questo corpo viene portato a seppellire e nel giorno a questo precedente e nel successivo non debba parlare ad alta voce, né vociferare in qualunque modo, né fare il lamento funebre, o la tristezza del morto, né debba battere le mani o la faccia, o tirarsi i capelli in segno di tristezza, né stando avanti a detta abitazione né nell’andare alla Chiesa, o nel tornare dalla Chiesa, nella quale deve essere sepolto il detto corpo, ma possa <farlo> con voce sommessa e tacita a piacimento di volontà. E chi abbia agito in contrasto con le cose già dette, o contro qualcuna di queste, venga punito con 5 libre di denaro, sul fatto, senza processo. E l’erede o gli eredi del defunto, o chiunque altro che abbia fatto portare a seppellire detto corpo in contrasto con la detta forma di statuto, venga punito con 5 libre di denaro, per ciascuna volta. Coloro, tuttavia, che portano qualche corpo non in una cassa o ‘pavese’, in altra cosa in contrasto con la detta forma <statutaria>, sul fatto, senza alcun processo, venga punito con 50 soldi di denari, in qualsiasi volta e per ciascuno di questi stessi. Aggiungiamo che nelle esequie o negli offici rituali dei morti le campane in nessun modo fatte suonare a tristezza, e neanche nel mese di agosto, quando viene fatta la fiera, in un funerale di morti, affinché non venga indotto qualche sospetto di peste nei forestieri che vengono alla fiera.

Rub.76

I banchetti e le disposizioni da praticare in questi <funerali>.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia condotto la moglie ad un banchetto di nozze, o nel tempo in cui abbia fatto il banchetto per le nozze, non possa e non debba avere oltre 20 persone a mangiare nello stesso banchetto per l’una e l’altra parte, del marito e della moglie, eccettuati gli inservienti che stanno per il servizio e i domestici del marito stesso che abitano nella sua abitazione; e eccettuati i maschi e le femmine minori di quattordici anni e le donne non invitate. Vogliamo inoltre che entro un mese da calcolarsi dal giorno delle nozze contratte o del banchetto per le nozze, nessuno fra i consanguinei del marito faccia un banchetto, nel quale abbia <presenti> più di otto persone; fatta eccezione per i domestici e per i minori e per le persone nominate sopra, i quali possano senza pena essere presenti in tale banchetto. Vogliamo inoltre che chiunque abbia portato qualcuna ad essere sposata <matrimonio> o l’abbia mandata dal marito e in seguito abbia voluto ricondurre la stessa e suo marito presso la propria abitazione per pranzare, come per usanza, debba fare il banchetto a proprie spese. E il marito, o un altro che la riconduce a posto di quel tale, non debba fare alcun regalo né debba mandarlo in alcun modo. E in questo banchetto non possano banchettare se non la moglie e il marito e i consanguinei del marito e della moglie, i quali per l’una e l’altra parte siano in dieci e non di più, fatta eccezione per i domestici, i servitori e minori detti sopra. E chi abbia trasgredito nelle dette cose o in qualcuna di esse, sul fatto, senza alcun condono, né processo, sia punito a 5 libre di denaro per qualsiasi volta. In realtà negli altri banchetti, in qualunque modo venissero fatti, non possano essere invitati né possano essere presenti più di dodici persone per mangiare, fatta eccezione per i servitori e per le altre persone sopra eccettuati, che, senza pena, possono essere presenti ai banchetti di questa natura, e chi abbia trasgredito venga punito con la pena di 100 soldi di denari, per ciascuna volta, sul fatto, senza alcuna diminuzione e senza alcun processo, da riscuotersi dai delinquenti. Inoltre ogni Podestà della Città  di Fermo, chi lo è e chi lo sarà nel tempo, sia obbligato e debba, con il vincolo del giuramento, all’inizio del suo governo, e ogni mese, durante il suo officio, far pubblicizzare con bando nei luoghi pubblici e consueti, tutti gli statuti anzidetti sugli ornamenti delle donne, sul lutto per i morti, e in particolare sui banchetti, come sono scritti sopra sui singoli capitoli, sotto la penalità di 100 libre di denaro, da prelevare dal suo salario ad opera del Banchiere del Comune, nel tempo del suo sindacato, affinché questi stessi statuti giungano ai singoli e ne abbiano l’avvertimento.

5 Rub.77

A nessuno che non abbia avuto il permesso e la presenza e l’autorizzazione dell’officiale ossia del signor Capitano e dei vicini, sia lecito fare a una nuova opera, o fabbricare, o farla fare, o far fabbricare lungo la via pubblica o vicinale.

   Inoltre decretiamo che a nessuno sia consentito di fare una qualche nuova opera <costruzione>, o di fabbricare, o di farla fare, o di far fabbricare vicino a una qualche via pubblica, o vicinale, o in qualche altro luogo pubblico della detta Città, senza la presenza e l’autorità del signor Capitano ossia di un suo officiale, o del Giudice di giustizia, e di tre vicini prossimi. E chi abbia trasgredito, sia punito con 10 libre di denaro, per qualsiasi volta quando abbia trasgredito nelle dette cose. E nondimeno se abbia preso o occupato qualcosa della via pubblica, o vicinale, e il signor Capitano faccia riportare quanto costruito allo stato precedente e lo faccia demolire. E ciò abbia luogo entro la Città soltanto. Decretiamo anche che le dette cose abbiano vigore nei Castelli di questa Città i quali ricevono un officiale dal Comune di Fermo; purché tuttavia sia sufficiente avere la presenza di un officiale dello stesso Castello e di tre o due Massari dello stesso Castello incaricati del governo di questo stesso; anche i Sindaci di detto Castello e l’autorità di questi stessi. Invece negli altri Castelli che non hanno gli officiali dal detto Comune vogliamo che le dette cose debbano essere praticate, purché vi sia la presenza di un Sindaco e di quattro Massari di detto Castello. E se l’autorità di questi sia intervenuta il tale che costruisce l’opera nuova valga ad essere scusato dalla penalità di tal modo.

5 Rub.78

Nessuno possa vendere uve, o altri prodotti non maturi.

   Inoltre decretiamo e diamo ordine che nessuno possa vendere uva, pomi <mele, pere> ovvero alcuni frutti non maturi senza l’espressa licenza del signor Capitano o del Giudice di giustizia della Città di Fermo, e chi abbia trasgredito sia condannato a 20 soldi di denari. E chiunque possa accusare il tale trasgressore ed abbia la metà della pena, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore, e il nome di costui sia tenuto segreto.

5 Rub.79

Nessuno deve fare grance nella prima e nella seconda senaita.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuno osi o presuma di avere una qualche grangia, o in luogo nel quale o nella quale abbia alcune pecore all’intorno della Città nelle prime e nelle seconde senaite <confini>. E chi abbia trasgredito sia obbligato a rimuovere da lì tale grangia, e venga punito con 25 libre di denaro. Fatto salvo che se abbia fatto dentro i detti confini tale grangia o l’abbia fatta fare in base alla volontà, al consenso e alla delibera dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia e dei signori Regolatori di questa Città, non sia obbligato affatto alla detta penalità, né alla rimozione.

5 Rub.80

Nessuno abbia se non una sola grancia <pascolo> per ogni contrada ossia borgo.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno possa o debba avere, entro le senaite <delimitazioni> della Città di Fermo, se non una sola grangia <pascolo> soltanto per contrada o borgo; e se qualcuno abbia trasgredito, sia condannato dal signor Capitano o dal suo Giudice, a 50 libre di denaro. E nessuno, in alcun modo, con lo scopo di vendita, di sottomissione, di obbligazione, o per altra forma richiesta, direttamente o indirettamente, possa fare o avere più di una sola grangia, come sopra è stato detto, sotto la detta penalità, e sia obbligato a rimuovere la grangia fatta in contrasto con le dette cose.

5 Rub.81

Nessun bifolco possa portare alcuna arma.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno bifolco, custode di animali o pastore di animali possa, né abbia facoltà, fuori della Città Fermana, quando transita con gli animali e li custodisce, portare alcuna arma di offesa, se non soltanto un solo bastone, o uno stimolo <frusta> con una ‘arella’ <molestia> piana. E se qualcuno abbia trasgredito, ovvero sia stato scoperto, sia punito, per qualsiasi volta, con 10 libre di denaro dal Capitano o da un suo officiale. E per tutte le singole anzidette si presti fede e ci si attenga alla relazione dell’officiale del signor Capitano o del suo aiutante; e nondimeno possa essere accusato da chiunque; fatto salvo che sia lecito portare un falcione per fare la potatura, oppure una falce per mietere un cereale e il fieno, e una falce con l’asta o una roncola. E le dette cose si intendano e abbiano vigore in tempo di pace. In realtà, in tempo di guerra si possano portare liberamente anche armi per offendere. E quando ci fosse il dubbio se sia tempo di pace o di guerra sia affidato alla dichiarazione del Capitano del popolo o del Giudice di giustizia.

5 Rub.82

Nessuno possa tenere se non quattro buoi da stalla.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuno possa o debba tenere o avere nelle dette grance o altrove più di quattro <animali> tra vacche e buoi da stalla, o giovenchi da stalla, e chi abbia trasgredito, chi li abbia avuti o li abbia tenuti, venga punito e condannato dal Capitano del popolo della Città di Fermo o da un suo officiale a 10 libre di denaro per ciascuno, e per qualsiasi volta e gli animali sopra il detto numero siano fatti diventare per il Comune di Fermo. Fatto salvo che il presente statuto non sia di pregiudizio alle grance, o ai padroni delle grance che hanno le grance nella pianura del <fiume> Tenna dai Castelli di Grottazzolina, Magliano e dalla pianura dello stesso fiume, e oltre detto fiume e nella pianura fino al mare e nella pianura dell’Ete e oltre l’Ete in modo simile, nonostante alcun statuto che dica il contrario.

5 Rub.83

Le vie e le strade sono da pulire e tener pulite ovunque nella Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che ogni persona della Città di Fermo o abitatore o abitatrice di questa Città debba pulire e scopare bene e tener sgombrate da immondizie le vie e le strade in questa Città; cioè ogni persona davanti alla sua propria abitazione, o affittata per abitazione o in qualunque altro modo, così che chi abita e tiene la abitazione sia obbligato a ciò per tutte le immondizie, cioè la terra, i legnami, la rena, la cenere, il letame o qualche altra immondizia, sotto la pena di 5 soldi. E il signor Capitano, il Giudice o un officiale sia obbligato e debba far annunciare le dette cose attraverso la Città, quattro volte al mese, nel giorno di venerdì a sera per il giorno di sabato. Si fa  eccezione se qualcuno della Città facesse qualche opera in laterizio o in legno nella sua abitazione, e nell’occasione di tale lavoro abbia avanti alla sua abitazione pietre, legname, calce o rena, il signor Capitano, il Giudice o un officiale possa, per colui che ha le dette cose davanti alla abitazione sua, nell’occasione di detta opera, stabilire ed ordinare una scadenza adeguata, che al signor Capitano, al Giudice o all’officiale sembrerà che convenga; entro la quale, quel tale che vuole edificare debba, sia obbligato e possa fare la detta opera, e togliere tutte queste stesse cose e sgomberare e togliere dalle dette strade e vie davanti la detta abitazione, sotto la detta pena di 5 soldi di denaro per qualsiasi volta quando abbia trasgredito, se non levasse le dette cose. E nondimeno questo officiale sia obbligato e debba, quattro volte in ogni mese, mandare uno dei suoi Notai a controllare le mura della Città, soprattutto dalla parte anteriore e per vedere che i canaletti di tali mura non siano otturati; e anche per controllare che in prossimità di queste mura non sia gettata qualche immondizia o letame, o altra cosa che possa causare un ostacolo o un danno a queste mura; e se sia stato gettato, lo faccia togliere, e condanni colui che l’ha gettato alla detta pena. E inoltre controlli ed indaghi attraverso la Città se ci sono alcuni che abbiano agito contro le dette cose, o contro qualcuna di queste anzidette, descritte nel presente statuto; e sia prestata fede al rapporto di detto Notaio e dell’aiutante che andasse con tale Notaio, senza alcun’altra prova, dopo aver fatto prima una notificazione sulle dette cose, nei soliti luoghi di detta Città, per mezzo dei banditori del Comune, e questa notificazione debba essere scritta; e il detto Capitano, o il Giudice sia obbligato e lo debba fare e far fare, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 100 soldi di denari, quattro volte per ogni mese, come è stato detto sopra.

5 Rub.84

Penalità per chi produce immondizie nelle vie pubbliche.

   Inoltre decretiamo e con la presente legge sanzioniamo che nessuno getti attraverso qualche finestra o balcone, dall’alto, in qualunque modo, le acque né alcune altre immondizie sulle vie e sui luoghi pubblici, non pelli, né teste o corna di alcuni animali, o sporcizie, o in qualsiasi altro modo, sotto la pena di 20 soldi di denari per ciascuno e per qualsiasi volta quando sia stato trasgredito nelle dette cose. E nessuno, sotto la detta pena, getti qualche animale morto entro le mura della Città o in alcun luogo dove coloro che passano lungo la via debbano soffrire il fetore. E a nessuno sia lecito avere qualche finestra sopra le vie pubbliche, sopra le transenne o in altri luoghi attraverso i quali vengano gettate acqua, sozzura ossia qualche immondizia in detti luoghi o in qualcuno di essi, sotto la pena di 100 soldi di denari. E chiunque possa fare l’accusa per le dette cose scritte sopra o sotto, ed abbia e debba avere la metà della condanna, e ci si attenga e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore con un solo testimonio. E nessuno, con alcuni ostacoli a danno dei confinanti, debba impedire un portico o un androne vicinale o un ingresso, e neanche possa fare <dislivello> un piede delle scale, o un passaggio secondo la forma degli statuti sotto la pena di 10 soldi di denari. E nessuno che reca sangue, in detti luoghi, osi gettare il sangue, sotto la detta pena, ma soltanto in una fossa che deve avere nel locale di lavoro o nella sua abitazione. E non sia lecito avere qualche passaggio o latrina o usarla, dalla quale una schifezza esca e scorra in qualche pozzo, o cisterna o fossa, dalla quale provenga fetore in <luogo> pubblico o per i vicini, sotto penalità di 10 libre di denaro. E ciascuno sia obbligato ad avere, avanti abitazione e a tenere la via piana in modo che l’acqua in modo diretto possa scorrere attraverso la stessa via, né egli alzi la via, né la elevi talmente che <l’acqua> scorra nella parte più bassa <della via> o entri nella abitazione di qualche vicino, o produca fastidio; né <alcuno> presuma di avere letame presso tali vie, né gettarlo o farlo gettare sicché a causa di ciò qualche immondizia arrivi nelle vie pubbliche o nelle piazze, sotto la pena di 10 soldi di denari, per tutte le volte quando da qualcuno sia stato trasgredito.

5 Rub.85

Per chi getta qualche bestia morta presso le mura.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno della Città di Fermo, né abitatrice, o abitante della stessa Città, osi o presuma gettare o far gettare qualche animale morto presso le mura del Comune, ossia nelle fosse e nelle carbonaie del Comune di Fermo, <nello spazio> di 50 canne, secondo la canna del Comune. E chi abbia trasgredito venga punito, per qualsiasi volta, con 10 libre di denaro.

5 Rub.86

Nessuno compri frutta altrove, se non nella piazza.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun venditore ambulante o venditrice ambulante o qualche altro che vende al minuto, con qualunque nome sia stato considerato, possa o debba in alcun modo, né con ingegno, comprare o fare acquistare in altri luoghi piuttosto che nella piazza o nelle piazze pubbliche del Comune di Fermo, alcuni frutti, germogli, fichi, pere, mele, prugne, ciliegie, noci o altri frutti, nonché verdure, inoltre conigli <lepri>, e neanche qualche altro animale domestico vendibile, o non domestico, vivo o morto, inoltre una gru, una pernice, le quaglie, i tordi, le anatre, o i colombi, neppure possa comprare i detti frutti o le verdure se non da una persona conosciuta o dal padrone o dal lavoratore del podere, così che si sappia chiaramente da chi egli abbia fatto l’acquisto. E non possa acquistare i detti frutti, le verdure, gli animali e i volatili prima del suono della campana dell’ora nona. E chi abbia trasgredito venga punito, per qualsiasi volta, a 100 soldi di denari. E chi vende le dette cose o qualcuna di esse <trasgredendo>venga punito con la metà della detta pena, e possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna e il nome dell’accusatore sia tenuto segreto. Nondimeno il Giudice o l’officiale già detto, che lo sarà nel tempo, sia obbligato e possa, per suo officio, investigare sulle cose già dette e condannare i colpevoli alle pene già dette. E similmente nessuno di questi stessi venditori ambulanti possa né debba andare, né sostare presso le porte della Città Fermana, o al di fuori per mezzo miglio con la Città di Fermo, per acquistare le dette cose predette o qualcuna di esse, sotto la pena già detta. E l’officiale che scopre quelli che agiscono in contrasto con le cose già dette, o contro qualcosa delle dette, possa condannare ed abbia la quarta parte dell’intera condanna.

5 Rub.87

Nessuno possa tenere alcuna ‘gravara’ <neve che si scioglie>.

   Inoltre decretiamo che nessuna persona osi o presuma di poter prendere la ‘gravara’ <neve che si scioglie> che scorre o defluisce attraverso le vie e le strade pubbliche della Città di Fermo e attraverso questa Città, con lo scopo di condurlo o immetterlo nella sua abitazione o ad altro luogo della Città, e affinché da lì qualcuno o qualcuna possa ricevere qualche danno o iattura, e chi abbia trasgredito sia punito qualsiasi volta con 100 soldi di denari. E chiunque possa accusare e denunciare chi delinque e il tale accusatore o denunciatore abbia la metà della condanna; e se qualcuno abbia sostenuto qualche danno da ciò con l’immissione di detta ‘gravara’, colui che ha immesso questa stesso ‘gravara’, sia obbligato e debba risarcire il detto danno a chi l’ha sofferto.

5 Rub.88

Nessuno getti dall’alto cose sudice ossia immondizia.

   Inoltre Decretiamo ed ordiniamo che a nessuno sia lecito gettare o far gettare acqua o altra sporcizia dall’alto, attraverso un balcone, una finestra, una transenna (di apertura), o da altro luogo dall’alto, o dall’abitazione dove abbia abitato o dimorato, sulle strade o sulle vie del Comune, o sui portici vicinali. E se questa acqua ossia qualche sporcizia abbia toccato qualcuno sia condannato con 100 soldi di denari per qualsiasi volta. Se in realtà non l’abbia toccato, sia condannato a 20 soldi di denari. E la metà di questa pena sia del Comune e l’altra dell’accusatore; e possa essere accusato e denunciato da chiunque, e <costui> sia tenuto segreto. E a nessuno sia lecito di avere in qualche parte della sua abitazione uno scarico dall’alto, a due canne del Comune di Fermo, o meno, vicino alla porta di qualcuno; e chi abbia trasgredito sia punito con 100 soldi di denari. Né ad alcuno sia lecito avere uno scarico più alto di un piede da terra, facendo salvo che con grucce <sostegni> purché non superi l’altezza del tetto di un suo vicino, né che l’acqua scorra attraverso il tetto.

5 Rub.89

Il Capitano o il Giudice debbono costringere i carrettieri, i vetturali e i mulattieri.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice dei danni dati, o il suo officiale possa obbligare i carrettieri e altri mulattieri e vetturini, nei giorni festivi, tuttavia non nei giorni di domenica né nelle principali festività della Beata Maria sempre Vergine, a portare la rena presso la strada o attraverso la strada del mare, e possa imporre le pene e riscuoterle sul fatto, come gli sembrerà opportuno, e nelle cose dette essi o uno di loro abbia piena facoltà e potere fino alla somma di 10 soldi di denari, per qualsiasi volta, o meno, dopo aver considerato la qualità delle persone e del fatto.

5 Rub.90

Il Giudice abbia libero potere di indagare e di fare la procedura contro tutti coloro che avessero asportato le pietre dalla via che sta presso la strada di San Francesco.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano, o il Giudice o l’attuale officiale o chi lo sarà nel tempo, abbiano la facoltà di investigare e di fare la procedura contro tutti quelli che avessero preso o prendessero le pietre della strada che va al mare, accanto alla strada di San Francesco o da questa strada e da altrove le cose del Comune, come ad esempio: legna, calce, pietre o altre cose preparate per l’utilità dei ponti, delle fontane o delle vie del Comune, e condannare questi stessi fino alla somma di 10 libre di denaro, e meno, dopo aver valutata la qualità del reato e abbia la facoltà e la giurisdizione per riscuotere. Inoltre il Giudice con due officiali da nominarsi dai signori Priori possa imporre una parte che egli abbia voluto della muratura e della costruzione della detta via ai vicini, che hanno le abitazioni lungo la stessa via e la strada, a piacimento di volontà, e <possa> esigere queste stesse, imporre pene e fare multe, secondo come al detto Giudice sembrerà opportuno, nonostante alcuni statuti e delibere. E il Giudice attuale, e chi lo sarà nel tempo, la detta strada <possa> far fare da chiunque che la detta strada sia costruita e riadattata, come a lui sembrerà essere utile al meglio, e fare una conduttura in questa strada per la salvaguardia della detta strada, con le entrate del suo Banchiere, per tre parti delle spese e per la quarta parte a spese dei vicini adiacenti. Per opera di questo Giudice o dei suoi officiali debbano essere dichiarati coloro che sono questi che sono adiacenti. Questa conduttura inizi ai piedi <in basso> del borgo della fontana ‘Solamen’ <ristoro> e sia proseguita in quel luogo o in quella parte dove sarà stato dichiarato e ordinato dal detto Giudice e dai detti officiali, come già detto. E il signor Giudice abbia l’obbligo e debba investigare diligentemente, ogni mese, su queste cose, con il vincolo del giuramento e sotto la penalità di 10 libre di denaro dal suo salario.

5 Rub.91

La giurisdizione del Giudice circa i ponti, le fonti, le vie e la parte del Giudice che egli avrà riscossa.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano abbia la piena giurisdizione, facoltà e potere sui ponti, sulle fontane e sulle vie da fare costruire, riparare e da conservare. Ed affinché le dette cose siano realizzate più speditamente, e si abbiano i denari per le opere opportune, decretiamo che il detto signor Capitano o il Giudice su <somme di> condanne o riscossioni al tempo dei predecessori dei debitori per il Comune, abbia per ogni libra, secondo il modo e la forma poste nel libro secondo alla rubrica “La parte da darsi agli officiali per le vecchie condanne” e sulle riscossioni che metterà in esecuzione e che farà pervenire in Comune, affinché la costruzione sia riparata e altre opere necessarie per il Comune siano realizzate e siano messe in esecuzione.

5 Rub.92

Nessuno getti letame o immondizia nella via del mare o dentro le mura.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuno osi o presuma di gettare o far gettare qualche sudiciume o immondizia, né farli gettare sulla via ossia sulla strada del mare, o nei pressi delle mura della Città di Fermo, dalla parte interna o esterna lungo una canna <distante>. Chi abbia trasgredito nelle dette cose, o in qualcuna di esse, venga punito con 100 soldi di denari e il detto sudiciume giacente in tali luoghi o in qualcuno di questi, possa essere portato <via> o preso da lì, senza pericolo, da chiunque.

5 Rub.93

Nessuno debba caricare di spese qualche lavoratore.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi o presuma di dare o di far dare alcune spese o alimenti per mangiare o per bere a qualche lavoratore, o cottimista, o portatore di sporte, i quali fossero tenuti a cottimo e fossero condotti a lavorare o a fare qualche opera. E similmente nessun lavoratore, o cottimista o portatore di sporte, possa né debba chiedere né ricevere le spese o gli alimenti, sotto la pena di 20 soldi per ciascuno e per ciascuna volta. E chi dà e conferisce queste spese o gli alimenti, sia obbligato alla medesima pena. Facendo salvo che sia lecito ad ciascheduno, al tempo delle messi <mietitura>, di dare le spese ai lavoratori, quando siano stati a trebbiare i cereali; e gli stessi lavoratori del grano possano, senza pena, ricevere le spese e gli alimenti per il giorno. E su queste cose il signor Capitano o il Giudice e il loro officiale o chiunque di questi stessi sia obbligato, possa e debba indagare, esaminare, punire e condannare i trasgressori alla detta pena, e nondimeno possa essere accusato da chicchessia, e si presti fede al giuramento dell’accusatore con il parlato di un testimonio. E ciò non abbia vigore per i muratori, i manovali o i carpentieri del legno. Il detto Giudice ed il signor Capitano siano obbligati a praticare e far praticare tutte queste cose, sotto la pena di 10 libre <prelevata> dalla propria paga e con il vincolo del giuramento.

5 Rub.94

Le strade o i portici vicinali da selciare.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice delle vie e dei danni dati del Comune di Fermo, colui che lo è ora, o chi lo sarà nel tempo, in questa Città, sia obbligato e debba, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 25 libre di denaro, a richiesta di qualunque richiedente, cioè tra i vicini, far costruire e fabbricare con pietre adatte ciò che sia stato richiesto, i portici o le vie vicinali poste nella Città di Fermo a spese dei vicini o adiacenti a detto portico o alla via, secondo la qualità delle abitazioni e secondo la condizione dei padroni delle stesse abitazioni, di tale fatta e maniera, e in tale maniera che siano idonee per camminarvi; e a fare queste cose entro un mese dopo che a loro sia stato chiesto, purché la maggior parte dei vicini sia d’accordo.

5 Rub.95

Le vie, ponti e le fontane da riattare e da riparare.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano, o il Giudice, o l’officiale delle vie e dei danni dati, chi c’è ora, e ci sarà nel tempo, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 25 libre di denaro, da pagare col suo salario, abbia l’obbligo e debba, a richiesta di qualunque richiedente o denunciante,

 di risistemare e far risistemare tutte le singole vie, tanto pubbliche, quanto vicinali, o le strade, i ponti, e le fontane, per l’uso comune di coloro che sono interessati e ai quali le dette vie, le strade, i ponti, e le fontane; e faccia riparare tutte le stesse singole strade e vie, dentro la Città e fuori, i ponti, e le fontane ad opera dei vicini e degli adiacenti e di coloro che vanno e che ritornano, e di tutti coloro i quali le tengono e quelli che, secondo la forma degli statuti, debbono risistemare queste stesse vie e gli stessi ponti e le fontane, e quelli a richiesta di qualunque richiedente sono soliti. E il detto signor Capitano o il Giudice abbiano l’obbligo di controllare o di far controllare tutte queste cose da qualcuno dei loro Notai e officiali, a richiesta di qualunque richiedente, o secondo il volere della maggior parte dei vicini e adiacenti alle dette vie, ai ponti e alle fontane. E costoro debbano essere convocati e richiesti, a domanda di un richiedente, personalmente o presso la abitazione della solita abitazione degli stessi, e in questa convocazione debbano essere contenuti i nomi e i cognomi di coloro che vengono convocati e in quale maniera i tali vengono convocati per il fatto della tale via, del ponte o della fontana e che questi stessi debbano, entro una certa scadenza stabilita dal Giudice, comparire legalmente dinanzi ai detti signor Capitano o al Giudice; e se non siano comparsi tutti, coloro che si vengono e che compariscono possano dare ordini e deliberare quello che a loro sarà piaciuto sulle dette vie, sui ponti e sulle fontane e per il rafforzamento, per la riparazione, per il vantaggio e per utilità delle dette strade, dei ponti e delle fontane; e sia praticato l’ordine anzidetto per tale via da dove sistemare o da dover mettere a nuovo; e ciò che sia stato deliberato dalla maggior parte degli stessi che si sono presentati, vicini o adiacenti o altri che debbono per interesse, abbia validità e sia stabilito per l’autorità del presente statuto. E il signor Capitano o il Giudice sia obbligato di mandare ad esecuzione la delibera anzidetta, fatta dalla stessa maggior parte. E i detti signor Capitano o il Giudice, o uno di loro due, sotto la detta pena, siano obbligati a forzare e costringere in modo reale e personale, con ogni modo e via, come ad essi, o ad uno di essi due, sembrerà opportuno, dopo tale imposizione e deliberazione fatta dai detti intervenuti, o dalla maggior parte degli intervenuti, nonostante l’assenza dei non intervenuti, a dare e far conoscer agli officiali comandati sopra le dette cose , per gli oneri e le spese delle dette vie, dei ponti e delle fontane, o della riduzione o del mutamento di questi stessi e per tutte le cose necessarie alle cose dette, (costringere) tutti i singoli vicini confinanti, e coloro che vanno e tornano attraverso questa stessa via, attraverso il ponte e per la stessa fontana, presso i loro possedimenti, inoltre tutti coloro che dovessero essere presenti, ai quali compete quanto da fare o da pagare per gli oneri e nelle spese delle dette vie, dei ponti e delle fontane, che dovessero essere riparati e murati di nuovo e essere messi secondo la delibera dei detti intervenuti o della maggior parte di questi stessi. E per tali cose, i detti signor Capitano o il Giudice o uno di loro due siano tenuti e debbano dare e prestare ascolto, consiglio, aiuto e sostegno. E se sia capitato di mettere una via nuova, un ponte, una fontana o siano creati, sia ordinati, sia risistemati, i detti signor Capitano o Giudice, sotto la detta pena, dopo che è stata fatta la detta delibera dalla maggior parte dei predetti vicini confinanti, e di coloro che vanno e vengono nella stessa via, sul ponte, o presso la fontana, come già detto sopra, di fronte al signor Capitano e il Giudice, già detti, siano obbligati e debbano sollecitare e costringere, tanto l’acquirente a comprare, quanto il venditore a vendere, in modo reale e personale, entro 10 giorni dopo la delibera fatta dagli anzidetti; tanto sul territorio lungo il quale si innovasse la costruzione e si realizzasse una via nuova , quanto sulla via vecchia. E se il venditore o l’acquirente si sia rifiutato di fare le dette cose, nel non voler vendere o acquistare, entro la detta scadenza di 10 giorni, il venditore o chi deve vendere, perda questa che deve essere venduta, la stessa cosa da vendere pervenga al Comune. E l’acquirente che abbia comperare e abbia dovuto comperare, sia obbligato a pagare al Banchiere del Comune che riceve il prezzo della detta cosa secondo la valutazione fatta di questa stessa cosa, presso l’officio degli anzidetti signori Capitano e del Giudice incaricati per le predette cose a favore del Comune di Fermo. Nondimeno questi acquirenti o venditori, di mala voglia, siano costretti dal detto Capitano o dal Giudice o da uno di questi, a fare la detta vendita e l’acquisto, secondo ciò che sia stato deliberato, come è compreso sopra. E tutte le singole dette cose in questo presente statuto abbiano vigore e vengano intese nella Città di Fermo, e nel suo territorio e nel distretto. E i detti Capitano e Giudice siano obbligati e debbano praticare e fare praticare e mettere in esecuzione <ciò>, sotto la pena dichiarata sopra e con il vincolo del giuramento.

5 Rub.96

Per coloro che abbiano occupato, e tengono occupata qualche via del Comune, oppure una <strada> vicinale, un ponte o una fontana o il terreno di questi stessi.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano o il Giudice o l’officiale dei danni dati, chi lo è ora, e chi lo sarà nel tempo, con il vincolo del giuramento, sotto la pena di 25 libre di denaro dalla sua paga, a richiesta di qualunque richiedente o denunciante od anche per suo officio, se abbia trovato qualcuno che occupi,  o abbia o tenga occupata qualche via del Comune, o una vicinale, una fontana, un ponte, o il terreno di una fontana, di un ponte, o di un via del Comune o di una via vicinale, sia obbligato e debba investigare o fare una indagine contro questi stessi tutti i singoli occupanti e detentori di tali vie, ponti, fontane e di un terreno delle vie, di un ponte e di una fontana, anzidetti, e punire e condannare, con le pene previste nel presente statuto, costoro che li detengono e le tenessero occupate le dette cose, e nondimeno far riconsegnare le cose occupate al Comune e riportarle allo stato precedente. E venga fatta una indagine ad opera del detto Capitano o del Giudice, e i più anziani o altri di detta contrada, ove sia stata fatta l’occupazione o l’invasione, siano esaminati e siano riaccolti. Il signor Capitano o il Giudice siano obbligati e debbano fare questa investigazione senza chiasso, né parvenza di sentenza, trascurando ogni solennità della legge, e in modo sommario e con calma, sia ricercata la verità per mezzo di sei uomini o di più, o di meno, di detta contrada o di altrove dove le predette cose siano state commesse, quando gli stessi o uno di essi lo considereranno conveniente, purché però il denunciatore non venga preso come testimonio sopra tali cose, e sia ritenuto come un denunciatore privato, che il signor Capitano o il Giudice o il suo officiale in nessun modo debba rivelare o far conoscere per giuramento, sotto la detta pena. E se il detto Capitano o Giudice abbiano trovato, tramite la propria indagine, che qualcuno occupasse o tenesse occupata qualcosa dei anzidetti vie, terreni, ponti, e fontane o dei terreni di questi stessi, tramite due o tre testimoni, facciano immediatamente restituire al Comune queste cose occupate e riportarle allo stato precedente; e nondimeno condannino quel tale che occupasse e tenesse occupate le anzidette cose. E condannino i colpevoli per queste cose a 10 libre di denaro, dopo aver rimosso  un ricorso, un cavillo o un pretesto.

5 Rub.97

Pena per chi faccia immondizia nel piazzale di San Salvatore.

   Decretiamo ed inoltre ordiniamo che nessuno faccia immondizia né qualche sudiciume nel piazzale di San Salvatore; e in realtà il trasgressore venga punito, per qualsiasi volta, con 20 soldi di denari, e possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della pena e lui sia tenuto segreto.

5 Rub.98

Non debbono scorrere la “biblia” (liquami).

   Decretiamo ed anche ordiniamo che nessuno che “sportanario” (porta bisacce) né alcun’altra persona della Città di Fermo, o abitante di detta Città osi o presuma di gettare o di far gettare la “biblia” (liquami) in qualche via pubblica o vicinale dentro la Città dalle calende di maggio fino alle calende di novembre. E il trasgressore sia punito, per qualsiasi volta, a 100 soldi di denari e possa essere accusato da chiunque; e l’accusatore abbia la metà della condanna, e l’altra metà sia del Comune di Fermo. E il signor Capitano o il Giudice, chi ci sarà nel tempo, faccia fare bando pubblico per l’anzidetto statuto nella Città di Fermo, nei luoghi consueti, all’inizio del suo governo; e indaghi ogni settimana del detto mese di maggio, e faccia investigazione sulle anzidette cose, e i trasgressori siano condannati e puniti, alla detta pena, per ciascuno e per qualsiasi volta, rimuovendo ogni opposizione o occasione. E a chiunque di questa Città sia lecito di gettare liquami avanti la sua abitazione fino alle calende di maggio, purché non l’accetti dal balcone, o dalle finestre o dalla ‘trasanna’, o da qualche altra parte in alto oltre due piedi, secondo il piede <misura> del Comune; e chi trasgredisse soggiaccia alle dette pene. Inoltre che sia consentito a qualsiasi “sportanario” della Città di Fermo di creare un cunicolo in qualche parte della Città di Fermo, in una via pubblica a sue spese, per portare, sotto terra, la “biblia” fuori dalla Città. E il detto signor Capitano, o il Giudice possano e debbano esaminare ed indagare sulle dette cose.

5 Rub.99

Non scavare nei pressi del confine di qualcuno, o di un fossato o di una via.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno scavi a un piede (misura) dal confine di qualcuno, o di un fossato, o di una via; e se vuole fare un fossato piccolo o grande, sia obbligato a lasciare tanto <spazio> del suo terreno per quanto è ampio, profondo e largo lo stesso fossato, sotto la penalità di 40 soldi di denari per chi abbia trasgredito le cose predette. Ed entro 10 giorni dopo pubblicata la sentenza, sia obbligato e debba farlo riportare allo stato precedente e anche di riempirlo.

5 Rub.100

Nessuno possa scavare la terra sulle strade del Comune.

   Con la presente legge decretiamo che nessuno, di qualunque condizione o stato sia, osi o presuma di scavare la terra nelle vie del Comune dentro o fuori le porte della Città, né scassarla in alcun modo, sotto la pena di 100 soldi da riscuotere sul fatto da ogni trasgressore e per qualsiasi volta, e senza alcun processo. E chiunque possa accusare, e sia mantenuto segreto, ed abbia la quarta parte della detta pena. E similmente l’officiale abbia la quarta parte della detta pena per la scoperta e per l’esecuzione.

5 Rub.101

Le questioni dei confini si debbono decidere rapidamente.

   Decretiamo ed ordiniamo che se tra alcuni, della Città o del distretto di Fermo, vi sia qualche controversia per determinare i confini e per porre i termini <segnali>, si proceda con questo ordine: il signor Capitano o il Giudice dei danni dati, chi lo è ora e chi lo sarà nel tempo, con il vincolo del giuramento, e sotto la pena di 25 libre di denaro dal suo salario, sia obbligato e debba andare nel luogo della lite, e constatare se ci sono i termini antichi, allora ponga fine a tale lite, e decida secondo la posizione di questi termini antichi. Se invece non abbia trovato i termini, allora faccia ricorso alla coscienza e alla testimonianza dei padroni del tempo antico dell’uno e dell’altro podere, tra i quali i termini vanno posti; e secondo la coscienza e la testimonianza dei padroni del tempo antico dei detti poderi e dei vicini sia obbligato a decidere in tal modo. Se invece non si sia potuta avere la detta testimonianza, allora secondo gli instrumenti degli acquisti dell’uno e dell’altro, o di uno solo di questi due, quando qualche parte non avesse l’istrumento egli decida in modo valido la detta controversia, se può ultimarla comodamente.  Se in realtà qualcuna delle parti volesse e dichiarasse che decidesse che deve essere fatta questa controversia dei confini o dei termini, e che detta controversia debba decidersi con la collocazione di una siepi o di un fossato da farsi fra lui stesso e il suo vicino, allora se i detti confini sono da porsi sono e i termini sono da farsi fra l’una e l’altra parte delle vigne dell’uno e dell’altro, allora lo stesso Giudice faccia mettere o porre una siepe per i confini o una fratta a spese comuni, come allo stesso Giudice sembrerà conveniente. Se invece ci sia trovati a trattare dei confini e dei termini da fare tra un terreno aperto e qualche terra con vigna di alcuni, allora il Giudice immetta e faccia fare un fossato largo un piede e mezzo; e questo fossato debba immettere nel terreno aperto, a spese comuni dell’uno e dell’altro, cioè del terreno e della vigna. E questa lite e la vertenza e la questione per mezzo di questo fossato siano ultimate, e sia immessa una linea dritta attraverso quella parte, o raddrizzando sul terreno, come allo stesso Giudice sembrerà conveniente. E se per i confini ci sia una questione fra alcuni poderi aperti, lo stesso Giudice definisca questa stessa questione o con la collocazione dei termini o con il fare un fossato, in comune, nel terreno dell’uno e dell’atro; a spese comuni degli stessi vicini e di coloro che fanno la lite. E l’anzidetto Giudice stabilito dei danni dati sia obbligato e debba far praticare l’anzidetto statuto, sotto la pena di 25 libre di denaro dal suo salario. E in queste cose si faccia la procedura in modo sommario, e calmo, senza chiasso e senza parvenza di processo.

5 Rub.102

La pena per coloro che hanno una fornace entro le mura della Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi o presuma di avere o di tenere qualche fornace di laterizi all’interno delle mura della Città di Fermo, ma lontano cinque canne dalle mura e dalle abitazioni della Città di Fermo, sotto pena di 10 libre di denaro e <il trasgressore> possa essere accusato e denunciato da chiunque, e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà della condanna; e nondimeno <il trasgressore> sia obbligato a togliere la fornace; fatta eccezione per coloro che fanno vasi vetrificati e dipinti o non dipinti, o vetrificati, o no, i quali possano impunemente avere tale fornace, nonostante che qualche altro statuto dica il contrario.

5 Rub.103

Le gronde <scoli>

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che gli scoli, dai quali sulle strade pubbliche discendano liquami o immondizie, siano tolti; e dovunque in Città venissero trovati alcuni scoli, attraverso i quali le cose putride scorrono da terra, siano murati e siano chiusi almeno per quattro piedi in altezza, lasciando tuttavia ai piedi dello scolo un solo foro adeguato, attraverso il quale le acque e le sporcizie anzidette escano e scorrano. E questo foro deve stare in ogni tempo chiuso, eccetto nel tempo della pioggia. E il Giudice deve praticare e fare praticare tutte le cose anzidette, e qualsiasi volta che abbia trovato un trasgressore, punisca con 10 soldi di denari. E la riscossione di detta pena sia fatta tramite il Giudice contro tutti coloro che hanno le abitazioni press il detto scolo dal capo <in alto> ai piedi <a terra>, così che detta somma di 10 soldi sia riscossa fra tutti e non da uno solo. E se sia capitato che da qualcuno di questi scoli, un grave danno giungesse ai vicini e possa essere modificato in qualche parte, vogliamo che il detto scolo, su richiesta dei vicini, debba essere murato a spese dei vicini, insieme con quello di cui è lo scolo. E nessuno possa avere una latrina <privato> vicino ad una via pubblica per quattro passi, che scorra nelle stesse vie, sotto la pena di 40 soldi di denari. E chiunque possa accusare e denunciare chi trasgredisce nelle dette cose, ed abbia la metà della condanna.

5 Rub.104

La pena per la pigiatura di uve non mature.

   Decretiamo che nessuno, in qualunque condizione si trovi, osi o presuma di pigiare l’uva agresta, o l’uva non matura prima delle calende di settembre, fuori dalla Città di Fermo; il trasgressore sia punito in realtà con 10 libre di denaro per qualsiasi volta. Fatto salvo che sia lecito a chiunque, che ha una vigna propria, di portare o di far portare impunemente due grappoli di uva agresta e tre grappoli di uve mature; e questo si intenda prima di tale tempo della vendemmia. In realtà nel tempo della vendemmia sia praticato lo statuto e l’usanza osservata fino a questo momento. Se qualcuno in verità abbia portato via o abbia fatto portare uva, o quella agresta, prima del tempo delle vendemmie contro o al di fuori della detta forma <di statuto> paghi per ogni grappolo di uva o di uva agresta soldi 5 di denaro.

5 Rub.105

I maiali non possono essere tenuti nella Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno osi o presuma di tenere nella Città di Fermo più due maiali, i quali inoltre in nessun modo possano, né debbono andare per le strade e per le piazze di detta Città, ma i padroni o i patroni di questi stessi siano obbligati e debbano tenere i detti maiali nelle abitazioni, sotto la pena di 10 soldi per ogni maiale e per qualsiasi volta quando si sia trasgredito, e questa pena sia riscossa sul fatto al patrono dei maiali senza alcuna diminuzione. L’officiale di questa pena, che abbia scoperto questi maiali in contrasto a tale forma <di statuto>, abbia e debba avere la quarta parte di ciò che abbia fatto pervenire al Comune.

5 Rub.106

Pene per coloro che lavano presso le fonti.

   Se qualcuno abbia fatto immondizia o sporcizie nelle fonti, o nei pozzi e nelle cisterne del Comune, oppure in essi o in qualcuno di questi stessi abbia lavato o gettato panni, cuoiame o qualche altra cosa sporca, oppure nei pressi di dette fontane nello spazio di due canne, in verità se nei pressi della fontana Fallera o della sua sorgente, nello spazio di 10 canne, secondo la canna del Comune, abbia lavato i panni anzidetti, o abbia fatto qualche altra sporcizia, o immondizie, sia condannato e punito per qualsiasi volta, sul fatto, e per ogni trasgressore a 20 soldi di denari. E l’officiale che scovasse il trasgressore, se abbia fatto la riscossione con successo, guadagni la quarta parte.

5 Rub.107

Coloro che possano andare in un Monastero di monache, impunemente.

   Vogliamo che i Sindaci, i fattori, i lavoratori e altri chiamati dalle monache per qualche cosa onesta e necessaria per loro o per il loro monastero, tutti i già detti allora, e soltanto in tale caso, possano accedere ed andare in tutti i monasteri delle Monache, riguardo alla pena per i secolari <laici> impunemente.

5 Rub.108

Le pecore che sono ammesse nei pascoli della Città di Fermo.

   Con la presente legge decretiamo e dichiariamo che in seguito le pecore da portare ai pascoli nel territorio della Città Fermana non superino e non possano superare il numero di cinquemila pecore, e di esse i padroni o i padroni, di qualunque grado e dignità siano, senza che si abbia avuto alcun riguardo, siano obbligati al pagamento dei pascoli secondo la forma degli ordinamenti. In realtà, i pecorari che conducono le pecore a questi pascoli siano obbligati, per tutto il mese di ottobre, di stare con le dette pecore sulle pianure di Girola, di Tenna, di San Tommaso, dell’Ete, allo scopo che non entrino nei poderi olivati, eccetto se i patroni dei poderi volessero che i detti pecorai conducano e trattengano le dette pecore nei loro poderi. Qualora però per caso con dette pecore provocassero un danno nei poderi degli altri, siano obbligati al pagamento della pena e al risarcimento del danno. E trascorso questo mese di ottobre i questi pecorai, con le dette pecore, possano venire in tutto il territorio, anche lungo i terreni olivati. Questo sempre resti chiarito che se con dette pecore o con altri animali dessero danno nei poderi presso le mandrie o gli stazzi delle dette pecore, per mezzo miglio, quei pecorai che stanno in tale maniera con le mandrie di tal modo <greggi> di pecore, entro l’anzidetto spazio, siano obbligati a risarcire il danno ai patroni di detti poderi, anche se questo danno non potesse essere provato per mezzi di testimoni, purché sia conosciuto che il danno sia stato provocato con le pecore o con altri animali di detti pecorai. E in ognuno degli anzidetti casi, e per quelli che sono detti nel seguito, si possa procedere anche per mezzo di accertamenti degli officiali dei danni dati o mediante accuse o denunce da farsi dai padroni dei poderi che hanno sofferto il danno, e per il pagamento della pena e per il risarcimento del danno, i pecorai e i patroni delle pecore e degli anzidetti animali siano obbligati per conto degli aiutanti o dei custodi di queste pecore e degli animali E al loro arrivo, <siano obbligati> a presentare due fideiussori per il pagamento della pena e del risarcimento di danni da causarsi per caso da costoro e dalle loro pecore e da altri animali. E questa pena si intenda che è e che sia di cinque soldi per ogni pecora, e per ogni altra bestia secondo la forma degli statuti; eccetto che se i detti pecorai entrassero nei poderi olivati, e ai piedi di detti ulivi non ci fosse <nessun> frutto, né a terra sotto gli stessi olivi, non siano obbligati alla pena; e allo stesso modo siano preservati se con le dette pecore entrassero nei poderi di quel territorio, dove possano comodamente pascolare e negli stessi non ci siano quattro o sei piedi <fusti> di ulivi. Inoltre i pecorai, i patroni e i custodi delle pecore o degli altri loro animali non possano in alcun modo portare armi vietate attraverso la Città e attraverso il suo territorio sotto la pena di due ducati d’oro, di giorno, e in realtà quattro ducati d’oro, di notte, da riscuotersi sul fatto.

5 Rub.109

Il compenso da prendere per gli animali condotti nel ricovero <stalla>.

   Con questo decreto, allo scopo che certi tavernieri e albergatori non possano riscuotere < <per pretesa> oltre ogni misura ed in un modo ingiusto, per gli animali condotti alla stalla, è stato stabilito che questi stessi osti o albergatori debbano accogliere gli animali nelle loro taverne o ospizi <stalle>, che venissero condotti e siano stati consegnati e dare loro da mangiare, e nutrirli; ma in cambio di un congruo compenso e di un pagamento, fra giorno e notte, possano chiedere o avere nient’altro se non un solo bolognino per ciascuna bestia grande, e per ogni bestia piccola un solo soldo fino a 10 animali piccoli; ma se gli animali piccoli siano stati in più di10, per ognuno di essi, oltre quel numero, sei denari, sotto la pena di 20 soldi che debbono essere pagati per qualsiasi volta  dal trasgressore, né possa essere avere condono.

5 Rub.110

I lebbrosi sono da mandarsi fuori dalla Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Podestà e il Capitano faccia pubblicamente fare il bando che nessun lebbroso o lebbrosa osi o presuma di stare, abitare, o sostare nella Città di Fermo, o nelle vicinanze di questa Città per 100 canne. E se questo lebbroso o lebbrosa sia stato scoperto\a o fosse trovato\a che sta in questa Città, o nei pressi di questa Città, come detto sopra, il detto Podestà o il Capitano sia obbligato a mandarlo fuori da questa Città e dal confine, sotto pena per il Podestà o per il Capitano e per qualsia altro officiale di 50 libre di denaro se non abbia praticato le dette cose.

5 Rub.111

Le abitazioni da abbattersi a causa di un incendio.

   Se in qualche parte della Città si accendesse un fuoco <incendio>, o sorgesse in qualche abitazione – che Dio lo tenga lontano! – e per questa causa qualche altra fosse stata distrutta e devastata, e sia dagli uomini o dagli officiali della Città di Fermo, affinché detto fuoco non si allarghi alle altre abitazioni vicine, il Podestà, che ci sarà stato nel tempo, sia obbligato e debba far ricostruire, con i beni del Comune, la stessa abitazione distrutta o le abitazioni distrutte in questa occasione, entro un mese dopo che le predette cose si siano verificate. E il Podestà e il Capitano all’inizio del proprio ufficio elegga e faccia eleggere, per qualsiasi contrada, 50 uomini, dei quali uno sia il loro capo. Questi uomini giurino, sopra i santi Vangeli di Dio, all’inizio del governo del Podestà e del Capitano, di soccorrere, e di andare con gli attrezzi, ove detto fuoco si fosse acceso, e dare aiuto, affinché detto fuoco non avanzi. E se qualcuno contrastasse o si opponesse affinché non venisse abbattuta detta abitazione in quei momenti, venga punito con 50 libre di denaro. E se il Podestà e il Capitano non facessero riparare il danno fatto in queste abitazioni devastate, come è stato detto, venga punito e perda dal suo salario 50 libre di denaro. E se qualcuno prendesse furtivamente qualcosa, nel tempo dell’incendio, dai beni delle dette abitazioni, o nel vicinato, costui o costoro possano essere puniti ad arbitrio del Podestà.

5 Rub.112

Le abitazioni da non abbattersi.

   Affinché la Città non sia deformata, decretiamo ed ordiniamo che nella Città o nei borghi della Città di Fermo, o nei Castelli o nelle Ville della Città, nessuna abitazione possa essere distrutta né debba essere devastata in occasione di qualche reato o delitto; ma per le abitazioni dei delinquenti, se la abitazione deve essere confiscata per legge, siano dipinti gli stemmi del Comune di Fermo sopra le porte dell’abitazione entro 10 giorni dopo la confisca e la condanna da fare. Il Podestà e il Capitano pratichi le dette cose e le faccia praticare sotto la penalità del già detto giuramento. A nessuno inoltre sia consentito, per qualche ragione, lamare a terra o distruggere alcuna abitazione esistente nella Città di Fermo, senza il permesso dei signori Priori del popolo, del Vessillifero di giustizia, dei Regolatori e del Gonfaloniere delle contrade, sotto la pena di 50 libre di denaro, da assegnarsi al Comune di Fermo e della ricostruzione della abitazione.

5 Rub.113

Le terre da coltivare nella Città e nel distretto di Fermo.

   Il Podestà della Città  di Fermo, chi vi sarà nel tempo, abbia l’obbligo e debba, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 100 libre, all’inizio del suo officio, far fare il bando nei luoghi pubblici di questa Città, che qualsiasi abitante della Città  di Fermo, sia Cittadino che forestiero, sia obbligato e debba, ogni anno, coltivare o far coltivare da sé, o per mezzo di un altro, nel territorio di questa Città e nel suo distretto, sul suo o sul terreno di un altro, quattro modioli di terreno o di vigna, in modo tale che da ciò abbia la possibilità di ricavare e di raccogliere cereali o vino per lo scopo affinché in questa Città prosperi una abbondanza di cibarie, sotto pena di 10 libre di denaro per qualsiasi trasgressore, per ogni anno. E contro i delinquenti di tale modo, i detti Podestà e suoi officiali abbiano l’obbligo di investigare e di fare la procedura in seguito alla delazione e alla denuncia di chiunque; e per loro officio, una volta al mese, e debbano punire e condannare, sotto la detta pena, coloro che sono stati scoperti colpevoli. E da chiunque possa essere fatta l’accusa e la denuncia, ed abbia la quarta parte della pena. Da questi escludiamo le donne, i fanciulli, gli anziani maggiori di sessanta anni, e le altre persone gravate da malattia o impedite da un’altra giusta causa.

5 Rub.114

I servitori e contrattisti che si allontanano dai padroni prima del tempo garantito.

   Se qualche contrattista, aiutante o inserviente di qualcuno si allontanasse dalla abitazione del suo padrone e dal suo servizio a colui a cui promise di fare servizio, abbia l’obbligo per ogni giorno, nel quale non abbia prestato servizio, se sia stato un uomo, di dare al padrone o al detto patrono 10 soldi di denari. Qualora, in realtà, sia stata una donna, abbia l’obbligo di dare e pagare 5 soldi. E sia lecito a qualsiasi patrono o al padrone di catturare il servo o la serva o un discepolo che si è allontanato da tale servizio prima della fine del tempo promesso, o ricondurre costui o costei alla abitazione, senza pena; e spogliare lo stesso o la stessa e prendere le cose che ha con sé, e se nel catturarlo e ricondurlo bastonasse in qualsiasi modo costui o costei, senza giungere alla morte, <il padrone> non sia obbligato in alcun modo ad una penalità. E il Podestà e i suoi officiali abbiano l’obbligo, a richiesta del patrono di far catturare il servo o la serva che ha abbandonato il servizio, o che voglia allontanarsene o di far incarcerare, come sarà piaciuto al patrono. E il contratto fatto o l’obbligazione fatta al patrono o al padrone dal servo o dalla serva, con il patrono o padrone sul prestare servizio e sullo stare con lui o con lei, abbia valore e rimanga stabile e sia messo in esecuzione; nonostante sia fatta qualche eccezione per la minore età, o per qualche altra eccezione. E qualora sia capitato che un servo o serva percuotesse il padrone o il patrono o i suoi domestici, sia punito e sia condannato nel doppio di quanto i Cittadini venissero puniti, quando si bastonassero fra loro; e questo doppio sia intenda semplicemente per questo caso.

5 Rub.115

Le cassette e altri strumenti di misura del Comune.

   Ordiniamo che il signor Podestà e il Capitano e ciascuno di essi facciano tenere tutte le cassette precise e uguali e le loro misure e capacità, con le quali vengono misurati i cereali; e anche tutte le cassette con le quali il sale viene venduto e misurato; e le “canne” e le “braccia” con le quali viene misurato il panno di lana e di lino; e i barili con i quali il vino viene portato, secondo la misura del Comune. Queste misure del Comune su tutte le anzidette cose, devono essere collocate nella Loggia di San Martino, o altrove, ove sembrerà opportuno ai Priori del popolo. E secondo queste misure del Comune le altre debbano essere uguagliate e misurate; e dopo aver fatta questa comparazione di uguaglianza, queste misure si debbano bollare, e contrassegnare con il bollo del Comune ordinato dai detti signori Priori o dal signor Capitano del popolo o dal Podestà. Se qualcuno in realtà sia scoperto dagli officiali del Comune, o da altri, che non tiene bollate dette misure e con esse vendesse qualcosa, sia punito e condannato, per ciascuna volta, con 100 soldi di denari. E nessuna persona, in qualunque condizione si trovi, osi o presuma, nella Città o nel contado, vendere o acquistare una qualche quantità di vino a misura di barili, se i barili non siano giusti e veri secondo la misura del Comune di Fermo, e bollati con il bollo anzidetto. E nessun costruttore di barili osi o presuma di vendere alcuni barili adatti per il vino, se questi barili non siano stati da lui stesso aggiustati alla detta misura e bollati con il suo bollo. Se qualcuno, poi, in qualcuna fra le dette cose abbia trasgredito, venga punito con la pena di 20 soldi <di denari> per qualsiasi volta e per qualsiasi barile. E nessuno osi tenere barili non giusti e non bollati, come è stato detto, né usare questi stessi non giusti. E chi sia stato trovato tenerli o usarli sia punito con l’anzidetta pena dagli officiali del signor Podestà o del Giudice di giustizia. E ogni officiale, tanto del Podestà quanto del Giudice di giustizia, abbia l’obbligo di indagare e investigare, e punire quelli trovati colpevoli e condannarli, sul fatto, con modalità semplice, alle anzidette pene.

5 Rub.116

Le stadere e gli altri strumenti di misura.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che le “buzole” <cassette per misurare> per il grano di Porto di San Giorgio siano eguali alle “buzole” del Comune di Fermo. Il Podestà abbia cura con apporre il bollo il sigillo o in qualunque altro modo che gli sia stato possibile affinché le stadere e tutte le altre misure e i pesi, i marchi e le libre siano eguali e giusti, nel genere di ciascuna cosa. E se abbia trovato o abbia fatto trovare qualcuna delle dette misure o dei pesi, con la quale pubblicamente si fa commercio, essere falsa o non giusta, il Podestà sia obbligato prelevare a colui che la detiene 10 libre di denaro senza alcuna remissione; e tutti i marchi, e ciascuno di questi stessi siano e debbano essere di dodici once per libra; e abbiano in sé dodici once per ciascuna libra secondo la forma del marco di Lucca. E questa libra non sia minore di dodici once di Lucca. E tutti i marchi con i quali nella Città di Fermo qualcosa viene pesato, siano secondo il modo dei marchi di Lucca, e secondo questi stessi marchi si faccia nel dare e nel prendere. E ciò sia fatto ad opera Consoli dei mercati della Città di Fermo. Vogliamo che una stadera debba essere fatta e stare bene e forbita nella camera del Comune di Fermo; e che debba essere fatta un’altra a somiglianza di quella stessa; e chiunque ha questa stadera ogni settimana debba pulirla. E dal Consiglio generale di questa Città venga eletto un solo uomo per ogni contrada per la “scarfina” <controllo>. E questi eletti debbano fare indagine, vedere e investigare se le misure siano state buone e uguali, e bollate e adeguate. Essi abbiano per la bollatura di ogni stadera soltanto 10 denari. E coloro che abbiano trovato qualcuno che ha una misura falsata o un marco, o altro peso facciano la denuncia al Podestà, e il Podestà sia obbligato a prelevargli la condanna anzidetta. E la cassa debba essere larga sulla bocca quanto è nel fondo, diversamente sia considerata come falsa. E nessuno prenda il dazio per il posteggio da qualcuno che viene o che torna dalla Città di Fermo con qualcuno o con alcuni, e chi abbia trasgredito venga punito con 100 soldi di denari per il Comune; e ciò rimanga tutto nella provvidenza del Consiglio generale.

5 Rub.117

Gli strumenti di misura <sono> da farsi uguali nei Castelli e nelle Ville del Comune di Fermo e il modo di misurare i frutti.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nel Castello di sant’Angelo in Pontano e in qualsiasi altro Castello e Villa della Città di Fermo ci siano e siano fatti <gli strumenti di> misure eguali alle misure del Comune di Fermo, cioè lo strumento della misura dei barili da vino, gli strumenti delle misure dei “metri” per misurare l’olio, le “buzette” <cassette> e le ‘quarte’ per vendere il grano e altre sostanze. E altre misure e i pesi, tutti secondo le misure ed i pesi della Città di Fermo. E nessuno possa vendere o acquistare con altro strumento di misura, se non secondo la misura di questo Comune, facendo le stesse misure eguali; e se qualcuno abbia trasgredito, venga punito per qualsiasi volta a 20 soldi di denari. E il Rettore, che nel tempo lo sarà stato in detto Castello di Sant’Angelo, e negli altri Castelli, abbia l’obbligo di mandare in esecuzione le dette cose con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 10 libre di denaro dal suo salario. E su ciò chiunque possa accusare ed abbia la metà della pena; e la stessa cosa sia praticata negli altri Castelli e nelle Ville della Città di Fermo. Quando invece vengono misurate le noci, i fichi e altri frutti o pomi, tanto nella Città quanto nei Castelli e nelle dette Ville, vogliamo che siano misurate in questo modo, cioè che il venditore con un sacco o un altro vaso <contenitore> metta nella “buzetta” <cassetta>, e l’acquirente non metta la mano in essa, pena 40 soldi di denari per qualsiasi volta.

5 Rub.118

Non abbandonare l’incastellamento da qualche castello del Comune di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualunque castellano sia andato via da qualche Castello del Comune di Fermo, e da lì si sia allontanato con l’intenzione di abbandonare l’incastellamento, e sia andato ad abitare in qualche altra Terra, fuori dal distretto e dal contado di Fermo, venga punito dal Rettore in modo reale e personale a suo arbitrio. E si intenda abbandonare un incastellamento quando dopo l’interrogazione su di lui, non fosse ritornato, entro un mese, ad abitare con la sua famiglia nel Castello da cui sia allontanato. Se poi qualche castellano sia andato via da qualche Castello del Comune di Fermo, ove era solito abitare, e sia andato ad abitare in qualche altro Castello del contado di Fermo, sia obbligato a portarsi indietro e ritornare, entro un mese dopo l’ammonizione fatta su di lui presso il Castello dal quale sia andato via, sotto la pena di 50 libre di denaro. E i Sindaci di detti Castelli abbiano l’obbligo di interessarsi, sotto la detta pena, se qualcuno abbia trasgredito.

5 Rub.119

Sia lecito a coloro che hanno Mulini di prendere l’acqua alla sorgente dal terreno altrui, dove l’acqua viene raccolta per detto molino.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che qualunque Cittadino Fermano avesse un qualche mulino o mulini nel distretto, o nel territorio dei Fermani e <quando> la sorgente dell’acqua dove viene raccolta l’acqua per comodo e per utilità del detto molino, o dei detti mulini, o <quando> un fossato o i fossati di detti mulini fossero devastati dallo straripamento o dalla violenza del fiume o di un’altra qualunque circostanza o caso, colui o coloro dei quali siano stati i mulini o il molino, possano impunemente fare il prelievo dal terreno di colui o di coloro che possiedono <terre> vicino alla sorgente della detta acqua, e vicino ai fossati di tali mulini per il comodo e l’utilità di tali mulini; avendo fatto prima l’estimo e il pagamento del prezzo di questo terreno da chi sia stato il possessore di tale molino o dei mulini a favore di colui di cui il detto terreno sia stato oppure a favore di un altro per conto di costui; e questo estimo deve essere fatto per opera di due “buoni uomini” che debbono essere posti dalle parti, cioè uno per ciascuna parte; e qualora questi non fossero d’accordo sul prezzo, ne sia eletto un terzo dai signori Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo. Aggiungiamo che nessuno debba distruggere né in qualunque modo devastare le chiuse, i vallati, o i fossati dei mulini esistenti nel territorio di Fermo e nel suo contado col motivo di pescare o per altra occasione, tanto da causare un impedimento per questi mulini o per qualcuno di questi stessi, sotto la pena di 25 libre di denaro. E poiché, per lo più, le cose predette si fanno di notte, il malfattore non facilmente può essere rintracciato, vogliamo che, riguardo alla detta devastazione, sia prestata fede al giuramento del proprietario dei mulini o del mugnaio, o di un altro denunciatore o accusatore con un testimonio che abbia visto e sia prova completa nelle dette cose. E così il trasgressore sia obbligato a risarcire il danno col doppio a favore di chi lo ha sofferto.

5 Rub.120

I mugnai.

   Tutti i Mugnai dei mulini, specialmente delle acque dei fiumi Tenna, Ete, Aso prendano per la molitura un solo coppo soltanto da sedici coppi; tuttavia i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia, che vi saranno nel tempo, abbiano l’arbitrio di poter aumentare e diminuire questa molitura secondo il variare delle stagioni. Essi abbiano l’obbligo di pesare o di far pesare i cereali e far riportare la farina bollata senza indugio, a volontà di colui di cui sia stato il grano, o di un suo inviato. E se padrone o il suo inviato non sia stato presente, nondimeno il mugnaio sia obbligato a pesare i cereali o la farina, e riportarla all’abitazione per lui. E se la farina pesata sia stata trovata meno del solito o del modo dovuto, o con questa ci sia qualcosa di chicco di grano, o essa sia crocchiante, o macinata male, o scambiata, i detti mugnai siano obbligati a riparare e a risarcire. E sia lecito a chi ha sofferto il danno subito, trattenere dalle cose del mugnaio, o del suo inviato, che abbia riportato la farina, fino a quando il danno non sia stato risarcito e riparato. E se colui che ha sofferto il danno abbia voluto lasciar fare, e non abbia voluto il risarcimento del danno dal mugnaio, nondimeno il Podestà possa, a suo arbitrio, punir costui fino alla somma di 10 libre di denaro, e sia prestata fede a chi ha sofferto il danno e alla sua semplice parola con l’anzidetto giuramento, ed anche al giuramento di un familiare di colui del quale sia stato l’anzidetto grano. E affinché ogni inconveniente che può esser suscitato nelle dette cose sia eliminato, l’officiale della pesa o del dazio, che è l’incaricato di pesare, sia obbligato a non pesare e a non bollare alcuna farina che il mugnaio abbia voluto riportare all’abitazione di colui, del quale fosse la farina; a meno che il mugnaio, subito dopo la pesatura abbia caricato o abbia messo questa farina sul dorso sopra l’animale con lo scopo di portarla alla abitazione di colui di cui fosse, e allora la bolli e il detto Notaio è obbligato a bollarla, sotto pena di 100 soldi di denari per qualsiasi volta, quando questo Notaio abbia trasgredito, cioè quando la bollasse e non venisse riportata senza indugio e prontamente, come è stato detto. E nessuno mugnaio possa tenere nel molino alcun addetto ‘accattafarina’ se non colui che il padrone del molino abbia voluto e qualora il mugnaio ne abbia un altro, sia punito con 10 soldi di denari. E il Podestà all’inizio del suo governo sia obbligato a far presentare davanti a sé o ai suoi officiali, i mugnai e gli addetti per la farina e ad essi e a ciascuno di essi faccia che sia giurato e sia promesso e per mezzo di un solenne contratto, e per mezzo di fideiussori ricevere da costoro che praticheranno tutte le singole cose contenute in questo capitolo e di non rubare né di consentire ad alcuno di rubare, né commettere qualche frode nella farina o nei cereali nel suo officio del mulino. E qualsiasi mugnaio abbia l’obbligo di tenere bollati un coppo e mezzo coppo, e di questi coppi la “buzula” <cassetta> del Comune sia della capacità di sedici coppi, e tra queste “buzule”, ciascuna “buzula” sia della capacità di quattro quarte; e soltanto su tali cassette e sui coppi i mugnai siano obbligati a prelevare la molitura e non con altre cose, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsiasi volta; e sia prestata fede al giuramento di colui di cui siano stati i cereali o del suo inviato. E il Podestà abbia l’obbligo, ogni mese, di fare che quei coppi dei mulini siano verificati, misurati e investigati se siano stati giusti ed eguali, e bollati, come è stato detto; e qualora ne abbia trovato qualcuno falso e non bollato, punisca per ogni coppo così trovato, o non giusto, con 25 libre di denaro sul fatto, e su queste cose possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna. Se in realtà lo abbia trovato non bollato, ma giusto, lo punisca a 10 libre di denaro. Se in realtà l’abbia trovato bollato e falso, sia punito con 25 libre di denaro, sul fatto, per qualsiasi volta; e chiunque per questo possa fare l’accusa, e fare la denuncia ed abbia la metà della condanna e prelevare altrettanto, sul fatto, a chi fa il bollo. E i mugnai abbiano l’obbligo di portare i cereali al mulino e di non mettere alcun ‘farinello’, se non quel tanto che il padrone del mulino abbia voluto, sotto la pena di 100 soldi di denari. E i padroni dei mulini abbiano l’obbligo di giurare, praticare e di far praticare dai loro mugnai tutte le singole cose dette sopra; e se abbiano trasgredito, di denunciarli al Podestà e alla sua Curia, il quale sul fatto li punisca quelli con le dette pene. Inoltre nessuna persona che ha un mulino in qualche “catasta” (raccolta d’acque) di mulini, né alcun altro, dopo che i canali sono stati posti e allocati in accordo comune e per volontà di coloro che avessero i mulini nella stessa “catasta” dell’acqua, possa abbassare né debba modificare, indebolire o ostruire in qualche modo, qualche canale, o una “composta” (terricciato) per cui l’acqua scorrente da tale “catasta” per tali molini o questi mulini o le loro ‘mole’ possano essere ostacolate in qualche maniera. E chi abbia trasgredito, sia punito sul fatto con 25 libre di denaro, per qualsiasi volta e risarcisca il danneggiato con il doppio del danno. E se i mulini o la “catasta” delle acque dei mulini o il terricciato, o la chiusa o qualcuna di queste siano stati devastati, talmente che ci fosse bisogno di fare riparazioni, se qualcuno tra i consoci abbia voluto fare la riparazione, possa liberamente fare la riparazione a sue spese; purché, tuttavia, gli altri consoci in seguito siano obbligati e, prima che i molini ricominciano a macinare, debbano risarcire queste spese per la rata parte, a colui che abbia fatto la riparazione o abbia fatta fare la riparazione, tali spese, dando fiducia per le spese a colui che abbia fatto queste spese, con il suo giuramento, e ciò debba essere fatto in modo sommario, semplice, e calmo, senza chiasso, né parvenza di sentenza, dopo aver conosciuta esclusivamente la verità. E il Giudice dinanzi al quale sia stata proposta una lagnanza sulle dette cose, possa e debba sul fatto costringere tali consoci alla restituzione delle dette cose, nel modo anzidetto, e ai danni, all’interesse e alle spese che per questa cosa abbia sostenuto colui che abbia fatto tali spese e in particolar modo se il denaro che ha speso per la detta riparazione l’abbia preso ad usura, nondimeno egli debba essere risarcito dai detti soci; e il detto Giudice entro un mese faccia restituire a sé, con esito, la somma propria e i danni. E chi fra i detti consoci, per la parte nelle anzidette spese a lui spettante, si rifiutasse e non lo volesse restituire o non l’abbia restituito, come è stato detto, la parte di quel suo mulino, o della “catasta” dell’acqua dei mulini sia applicata a colui che fabbrica o restaura e fa tali spese per l’intero si addossata colui che la fa. Inoltre questi mugnai, per ogni cereale che abbiano macinato, siano obbligato a prendere la detta molitura. Inoltre qualsiasi mulino o la “catasta” dell’acqua dei mulini abbia un suo difensore delle “taglie” (quote) quanto è per consuetudine da quella parte, dove venga arrecato meno danno, che non impedisca agli altri mulini che stanno sopra e per quelli sotto, quando venga fatto qualcosa per una riparazione, o per i “cessorio” (fuoruscita) di tale “catasta” d’acqua dei molini, dove macinino di meno. In realtà i proprietari dei mulini che non hanno le dette cose, siano puniti con 100 soldi di denari, per ciascuno. Inoltre ogni corso <d’acqua> dei mulini debba tenere e avere un Capitano per le riparazioni da farsi sui mulini e sui corsi d’acqua dei mulini, e i padroni dei mulini debbano eleggere costui entro il primo mese di governo del Podestà. E il Podestà costringa questi stessi a fare la detta elezione, e questi proprietari dei mulini siano obbligati e debbano obbedire in tutte le cose e per mezzo di tutte le cose a questo Capitano per il comodo e per l’utilità e per la riparazione o la risistemazione di questi mulini e dei corsi d’acqua, e per le altre cose necessarie di questi stessi mulini. E colui che sia stato il Capitano degli anzidetti possa imporre una condanna fra gli stessi nell’occasione dell’officio dei mulini, fino a 5 soldi di denari per qualsiasi volta, e ciò ogni qualvolta a lui sembrerà opportuno; e il Podestà, a richiesta di questo Capitano, sia obbligato a riscuotere sul fatto tale condanna. Inoltre in ogni “catasta” dell’acqua dei mulini ci deve essere un solo custode, che debba custodire i mulini di tale “catasta” e costui debba essere eletto da coloro stessi dei quali sia stata la “catasta”. Inoltre se qualcuno mandasse i detti cereali al mulino con il suo somaro, i Mugnai non possano ricevere se non soltanto un solo coppo raso per ogni salma di grano, o di un altro cereale, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsiasi volta quando egli abbia trasgredito, e sia obbligato a restituire il cereale che ha preso in più, e sia prestata fede al giuramento di colui che sia andato con detta salma di cereali. Inoltre nessun Mugnaio o qualsiasi altro osi spezzare o rompere o far spezzare qualche chiusa dei mulini o del fossato di qualche mulino, sotto la pena e con la pena posta sopra sul <precedente> prossimo capitolo. Inoltre i mugnai possano e debbano prendere la molitura da colui a cui la biada appartiene, o dal suo inviato a misura rasa con la rasura fatta con un legno o con un ferro, prima che il cereale venisse pesato, sotto la pena di 100 soldi di denari, e sia obbligato a rendere la farina di quel cereale nel peso, entro tre giorni, da calcolarsi includendo il giorno in cui è stata accolto il cereale, sotto la pena di 40 soldi di denari Inoltre nessun mugnaio osi restare presso il “bussolo” del Comune dove i cereali sono venduti o acquistati, fino all’ora nona, sotto la pena già detta. Inoltre ogni Mugnaio sia obbligato a portare, ogni sera, all’abitazione del padrone del mulino, la molitura di quel giorno e della notte precedente, senza alcuna frode, sotto la detta pena. Inoltre tutti i Mugnai siano obbligati fare e provvedere che i mulini macinino di continuo, di giorno e di notte, pena 100 soldi di denari qualora, per colpa loro siano stati fermi, e siano obbligati a risarcire ed emendare il danno che i padroni dei mulini abbiano sostenuto e su ciò ci si attenga al giuramento dei padroni dei molini. Inoltre i Mugnai, ogni anno, siano obbligati e debbano fare qualche Capitano nel motivo di fare un cero nella festa di Santa Maria del mese di agosto; e siano obbligati a fare questo cero ogni anno, e allora il detto Capitano comandato a ciò perduri per quel mese soltanto, e non di più, sotto la pena di 100 soldi di denari per qualsiasi volta e per ognuno. E su qualunque dei già detti capitoli chiunque possa far un’accusa ed abbia la metà della condanna; e tutte le singole cose qui sopra scritte si intendano ed abbiano vigore per tutti i Mugnai della Città, e del distretto e per tutti i mulini della Città e del distretto.

5 Rub.121

I beccai ed i macellai.

   Decretiamo ed ordiniamo che per nessun Beccario <Macellaio> o Macellatore della Città di Fermo, qualche animale o qualche bestia, che debba essere venduta, resti o la faccia restare in qualche macelleria, per lo stato o per il vento o per qualche altra astuzia, sotto la pena di 100 soldi di denari da riscuotere dal trasgressore, sul fatto. E nessun Macellaio getti o faccia gettare il sangue, il marciume o qualche altra cosa immonda in qualche luogo, nelle piazze o nelle altre vie pubbliche o in luoghi ove possano rendere un cattivo odore a coloro che vi soggiornano e a coloro che dimorano negli alloggi, né dinanzi a detti alloggi o magazzini, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E nessuno bruci o faccia bruciare una animale porcino nella piazza del Comune né avanti agli alloggi della piazza, ma soltanto entro i detti loro alloggi, sotto la pena di 20 soldi da riscuotersi sul fatto. E nessun Macellaio acquisti carni morticine o malate né qualche bestia malata a motivo di rivenderla, neppure le rivenda a qualcuno, in alcun modo, sotto la pena di 10 libre di denaro per ciascuno e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto. E nessun Macellaio venda un <dato> genere di carni al posto di altre carni: cioè carni malate per sane, quelle di scrofa per carni di maiale, di pecora per carni di castrato, di castroni per carni di capra, e così sulle simili, sotto la pena di 100 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E tutti i Macellai abbiano l’obbligo di scuoiare le carni di scrofa quando le tenessero per vendere in modo che si possano distinguere dalle carni di maiale, sotto pena di 20 soldi di denari, da riscuotersi sul fatto. Ma non debbano scuoiare le carni di maiale, se non quelle che colui che vuole acquistarle abbia chiesto di scuoiarle, eccetto per i maialini castrati per scuoiare i quali non abbiano l’obbligo. Inoltre questi Macellai siano obbligati a dare e vendere ad un giusto e buon prezzo le carni che abbiano venduto, sotto la pena di 10 soldi di denari per qualsiasi oncia di carni che abbiano dato in meno e su ciò sia data fede alla relazione dell’officiale, se egli stesso lo abbia scoperto, o anche al giuramento dell’acquirente. Inoltre questi Macellai abbiano l’obbligo nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto e settembre di vendere carni fresche, propriamente di quel giorno, nel quale abbiano macellato gli animali, ma da quel giorno in avanti; e dopo quel giorno, in cui le abbia macellate, non possano, neppure debbano vendere quelle carni, nei detti mesi, sotto pena di 20 soldi di denari, per qualsiasi volta, e per ognuno, da riscuotersi sul fatto. Negli altri mesi, in verità, possano e debbano vendere queste carni, e in quel giorno nel quale abbiano macellato e nel seguente, tuttavia non possano venderle né macellare nei giorni o nelle festività principali, sotto la pena di 20 soldi di denari. E siano eletti due uomini ad opera dei signori Priori del Popolo e del Vessillifero di giustizia, l’ufficio dei quali duri soltanto due mesi ed abbiano dal Comune, per loro salario, 20 soldi di denari per ciascuno; e l’officio di costoro sia tale, cioè che questi stessi abbiano l’obbligo di valutare tutte le carni. E affinché il modo di vendere venga posto meglio nelle loro valutazioni debbano far conoscere al signor Podestà e al signor Capitano o ai loro officiali e ai detti signori Priori e al Gonfaloniere, e secondo ciò che sia stato deliberato, così questi Macellai abbiano l’obbligo di vendere. Inoltre gli officiali di qualsiasi Rettore siano obbligati a tenere un paio di bilance e l’arnese ‘marco’, e il Tesoriere del Comune sia obbligato a consegnare ad essi queste e questo e a pesare e a controlla i pesi delle carni che fanno questi macellai, a richiesta di qualunque richiedente, ed anche secondo il proprio officio, se siano state pesate giustamente o no; e se abbiano scoperto qualcuno fra essi che non pratichi l’ordine e il detto modo, lo puniscano e condannino sul fatto alle dette pene. E se questi officiali siano stati negligenti nelle dette cose, o abbiano commesso una frode, debbano essere condannati a 10 libre di denaro durante il tempo del sindacato. E nessun Macellaio possa né debba vendere il pesce fresco, ma solamente i pescatori, né questi Macellai possano o debbano stare insieme con questi pescatori a vendere pesci né vicino ad essi né istruirli, sotto la pena di 10 libre di denaro. E nessun Macellaio mentre vende le carni osi pesare insieme con queste carni, né dare a peso la testa, o i piedi, o le unghie (di porco), né i visceri di alcun animale. E qualora qualcuno volesse le cose separate per sé, e non messe insieme con le altre, siano obbligati a darle al modo delle altre carni, ma ad un prezzo minore, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E nessuno Macellatore possa né debba salare le carni di maiale, fino all’ottava di san Martino, e chi abbia trasgredito sia punito sul fatto, a 20 soldi di denari e perda le carni. E a nessun Macellaio sia lecito porre qualche asse o banco oltre il consueto banco, avanti alla bottega ove lo stesso macellaio stesse stabilmente, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. Inoltre a nessuno sia lecito stare a vendere o macellare carni al di fuori del banco della bottega, ma per <fare> questo sia obbligato a rimanere entro i detti ‘banchi’ del locale, sotto la pena di 20 soldi di denari per ognuno di loro da riscuotersi sul fatto. Inoltre ogni Macellaio che abbia arrostito una piccola scrofa per una porchetta, e questa avesse fatto qualche “feta” (filiazione) questo Macellaio sia punito e chiunque altro che facesse ciò e <la> vendesse per porchetta, con <pena> 40 soldi di denari. E nessun Macellatore debba tenere le carni avvolte nelle pelli dopo che siano state scuoiate, sotto la pena di 40 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E se qualcuno fra i Macellai abbia trasgredito in qualcuno di questi capitoli paghi le pene già dette, e nondimeno perda le carni; e ciò non sia intenso per i capretti o per gli agnelli. Inoltre a nessun Macellaio sia lecito fare o vendere carni nelle vigilie delle festività della Beata Maria Vergine o nelle vigilie degli Apostoli e delle Quattro “Tempora” <stagioni>; e chi abbia trasgredito paghi una pena di 100 soldi da riscuotersi sul fatto. E possa essere accusato e denunciato da chiunque e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà della condanna. E ciascuno di questi Rettori sia obbligato a investigare e a punire sul fatto i colpevoli scoperti. Inoltre i Macellai siano obbligati a vendere tutte le carni, eccetto i capretti, a libra ed a peso secondo il modo detto, cioè i signori Priori del popolo, e il Vessillifero di giustizia, il Podestà e il Capitano, che vi saranno stati nel tempo, o quelli che sono interessati in modo particolare, siano obbligati e debbano in proprio nome, una volta nei singoli mesi, verificare la condizione delle carni, facendo acquistare sulle singole carni, o sugli animali, e facendo esami e indagini su tutte quelle che vengono usate nel tempo, in ogni modo col quale potranno con più sicurezza e debbano sapere e vedere tramite la detta esperienza, per quanti denari una libbra di quelle carni può essere data, e secondo le condizioni che abbiano trovato. E affinché questi Macellai possano dalla loro arte comodamente guadagnare, abbiano reddito, fissino il costo, come a loro sembrerà che convenga; e decidano su ciò, al più ogni singoli due mesi, per quanto prezzo debbano dare le libre di qualsiasi tipo di carni: purché una libbra sempre debba essere dodici once almeno; e secondo tale valutazione di estimo, la rendita e il comando, i macellai siano obbligati a vendere le carni, sotto la pena di 20 soldi di denari per ciascuno, e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto. I signori Priori e il Vessillifero di giustizia siano obbligati di dare il prezzo valutato e il provento, entro i 10 giorni iniziali del loro officio, sotto la pena di 10 libre di denaro per ciascuno da riscuotersi nel tempo del loro sindacato. E nessun Macellaio osi vendere alcune carni senza la valutazione, l’estimo e tale provento ad essi data, sotto pena di 100 soldi di denari, per qualsiasi volta, da riscuotersi sul fatto. Il Notaio del Podestà e del Giudice dei danni dati debba investigare, indagare, e punire come sopra per queste cose; e questi Macellai possano essere accusati da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna.

5 Rub.122

I pesci da vendere.

   I Cittadini Fermani o i distrettuali, e anche forestieri possano portare pesci freschi alla Città di Fermo con motivo di venderli, tuttavia in modo tale che tutti i pesci, subito dopo che li abbiano posti sul banco, nello stesso tempo li tengano nel banco per vendere pubblicamente, non però dentro la porta della bottega, ma al di fuori, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto, e se abbia trasgredito sul fatto perda anche i pesci. E chiunque prenderà pesci nel mare o nei fiumi per vendere, dal Tronto fino al Potenza, sia obbligato a portarli alla Città di Fermo, e venderli nella piazza di San Martino e praticare le anzidette cose, conformemente alla detta pena. E a chiunque, tanto Cittadino quanto forestiero sia lecito di portare pesci a vendere nella Città di Fermo; purché debbano vendere tali pesci secondo la forma di questo capitolo. Tuttavia qualora essi non potessero vendere secondo la loro volontà, siano impegnati a venderli come possono in modo tale che siano venduti completamente in questa Città, dopo che li abbiano portato in questa Città, sotto la già detta pena. E nessuno acquisti o possa acquistare i pesci, se non per il cibo suo e della sua famiglia presso il Porto di San Giorgio, non altrove lungo la riva entro gli anzidetti confini, ma tuttavia coloro che abbiano voluto debbano fare l’acquisto soltanto nella Città di Fermo, sotto la pena di 100 soldi di denari, da riscuotersi sul fatto dal venditore e dall’acquirente e per ognuno degli stessi che abbia trasgredito da sé o per mezzo di altri. Tuttavia chiunque possa vendere o acquistare pesci cotti o salati, non in realtà altri <pesci>pesce d’altro modo, sotto la già detta pena. E tutti i pesci freschi e da qualsiasi parte piano provenienti nella Città di Fermo o al Porto di San Giorgio, o siano stati consegnati dai pescatori o da altri, debbano essere venduti al minuto dagli stessi portatori soltanto e non da altri. E a nessuno Fermano, o ad altri possano essere venduti questi pesci, né una loro parte con il motivo di portarli fuori Città per vendere al minuto al altri. Facendo salvo ciò che sia lecito e sia stato lecito agli abitanti del contado (o comitativi) e del distretto (o distrettuali) di acquistare a motivo di vendere ad altri comitativi, al minuto, per uso, per cibo e per necessità loro o della loro famiglia. E chiunque abbia portato pesci cotti o pesci congelati alla Città di Fermo o al Porto, soltanto colui che li porta, non un altro, possa e debba venderli, al minuto. E questo venditore sia obbligato, mentre si trovasse a vendere i detti pesci nella piazza, ad avere davanti a sé una bella Tovaglia e di non toccare con le sue mani, né fare alcuna sporcizia, né esercitare qualche turpe opera, nel momento che abbia venduto pesce congelato, sotto la pena di 20 soldi di denari. E non sia consentito ad alcun forestiero il vendere questi pesci, all’ingrosso, per portarli fuori dalla Città, sotto la pena di 100 soldi di denari, da riscuotersi sul fatto dall’acquirente e dal venditore e da chiunque di essi, e per chiunque in solido, e per il fatto stesso perda e debba perdere gli stessi pesci che pervengano al Comune di Fermo. Inoltre a nessuno sia lecito vendere pesci freschi nella Città di Fermo, se non a quelli che li abbiano presi con la propria barca; e chi abbia trasgredito sia punito sul fatto a 40 soldi di denari, per qualsiasi volta. Inoltre qualsivoglia abitante del Porto di San Giorgio nella abitazione propria o affittata, debba avere un solo posto di vendita sulla riva, o uno fra due vicini e una rete per pescare; e nel tempo quando il mare sarà stato calmo, abbia l’obbligo di pescare, e portare in Città il pesce che abbia preso per vendere, sotto la detta pena. E tutti e i singoli pescatori del Tronto fino Potenza siano obbligati e debbano portare alla Città di Fermo tutti i pesci che abbiano preso per vendere, così tuttavia che sia lecito a qualsiasi pescatore trattenere questi pesci per suo cibo, se abbia voluto. E sia anche lecito fare la vendita a tutti gli uomini di quel Castello da dove il pescatore proviene, se il Castello sia stato dentro le dette senaite <confini>, e portare i restanti pesci alla Città di Fermo, senza alcun intervallo <di tempo> e senza alcun altra consegna dei pesci, quanto, come è stato detto sopra; né osi portare o mandare questi pesci altrove che <non> alla Città  di Fermo, sotto la pena di 10 libre di denaro, per ciascuno e per qualsiasi volta, da riscuotere sul fatto; e i pesci siano perduti, per il fatto stesso, e arrivino al Comune. Sia anche lecito a chiunque ricevere impunemente i detti pesci che un altro portasse o prelevare da costui. Inoltre ogni forestiero che viene qualche volta al Porto di San Giorgio con le reti, e con barche per pescare, sia obbligato e debba scaricare in detto Porto tutti i pesci che prenderà, e senza alcun intervallo trasportare questi pesci alla Città di Fermo, e non portarli in un altro luogo; e se abbia trasgredito, perda per il fatto stesso pesci e barca, e siano assegnati al Comune di Fermo. Inoltre l’albergatore o chi accoglie qualche forestiero che viene per pescare al detto Porto abbia l’obbligo e debba dichiarare a lui e dirlo, affinché pratichi le cose già dette; altrimenti se non lo abbia detto, lui sia obbligato e debba risarcirgli ogni danno, che soffrisse da ciò. E la stessa cosa diciamo per il Capitano del Porto, che a costui debba dar informazione. E gli storioni e i pesci grandi o grossi oltre 20 libre, si rimarranno nelle piazze dall’ora terza in avanti, si vendano al minuto, a libra, secondo l’estimo di due uomini buoni e legali fra quelli che ci saranno per le entrate dei Macellai. Inoltre chiunque pesca i pesci dal Castello di San Benedetto fino al Porto di S. Giorgio ed anche per tutto il distretto di Fermo, debba portarli alla Città di Fermo, e venderli in questa Città, sotto la pena di 10 libre di denaro da riscuotersi sul fatto da ciascuno e per qualsiasi volta; tuttavia possa trattenere per sé o per uso della sua famiglia e venderli agli uomini dei detti Castelli per loro o per uso delle loro famiglie. E quelli di San Benedetto, di Grotta(mmare), di Marano, di Boccabianca possano vendere i pesci per tutto il giorno, quando essi stessi li abbiano presi e portano soltanto e non di più, sotto pena 10 libre di denaro per qualsiasi trasgressore e per qualsiasi volta, da riscuotersi sul fatto. Inoltre chiunque che porta pesci freschi per vendere, debba venderli nella piazza di mezzo, o di San Martino o di San Bartolomeo o di San Zenone; purché non li vendano nei borghi dei Macellai. Inoltre nessuno, che sia stato un Macellaio, possa né debba vendere, o comperare con il motivo di rivendere alcuni pesci freschi nella Città, e nel distretto di Fermo, né osi sostare presso o vicino ad una panca dove vengono venduti pesci da qualche pescatore durante il tempo in cui vengono venduti pesci in tre panche, o in altrettanto spazio; né avere qualche barca o una rete per pescare, né pescare con essi, eccetto il tempo di Quaresima, ed eccetto se abbia voluto tutta la barca, comperandola per pescare al di qua del Tronto e sino sopra il Potenza e con essa pescare dovunque e prendere pesci, e comperare da chiunque e portarli alla Città di Fermo, e venderli in questa Città, nel modo e nella forma già detti e non in altro luogo. E se qualcuno dei già detti abbia trasgredito, in qualcuno dei detti casi, venga punito con 10 libre di denaro qualsiasi volta e per ognuno, e possa essere accusato da chiunque e l’accusatore abbia la metà della condanna. E quelli che sono o saranno i controllori dei Macellai, siano e si intendano come controllori dei pesci e dei venditori di pesci. E questi controllori facciano indagini sollecitamente se venga fatta la trasgressione ad opera di qualcuno, e quando abbiano scoperto qualcuno che delinque, subito lo debbano denunciare al signor Podestà o al Capitano. Si usi la piena fiducia alla denuncia di costoro o di qualcuno, senza alcun’altra prova. E il Podestà o il Capitano debbano condannare alle pene già dette i trasgressori; e i detti controllori debbano avere la metà della condanna. E se qualcuno di questi stessi abbia commesso frodi nel detto loro officio, siano condannati dal signor Podestà e dal signor Capitano a 10 libre di denaro. Va aggiunto che i pesci freschi debbano essere venduti prima dell’ora nona nel periodo estivo. Nel tempo invernale, in realtà, possano essere venduti durante tutto quel giorno. In realtà dall’ora anzidetta in avanti, l’officiale sia obbligato a “burlare” e far cadere questi pesci lungo la piazza, e a chiunque sia lecito prenderli e portarseli. E sia affidato all’arbitrio del Rettore dire quando sia considerato tempo estivo e invernale. In realtà possano e debbano essere venduti questi pesci secondo la decisione, la disposizione, e la volontà del Podestà, del Capitano e degli estimatori, dei quali si parlerà in seguito, quando costoro siano stati eletti, o di altri, che essi stessi o qualcuno di questi stessi abbia voluto incaricare, sia per il prezzo quanto per il peso. E se qualcuno abbia trasgredito, per ognuno e per qualsiasi volta, venga punito a 10 libre di denaro. E i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia abbiano l’obbligo e debbano eleggere due estimatori per fare l’estimo dei detti pesci durante il tempo del loro governo, quando vengono eletti i Consoli dei mercanti, e l’ufficio di questi estimatori duri per due mesi, e siano eletti ad opera delle contrade in modo successivo, e colui che per una volta sia stato in questo officio, non possa stare in questo stesso fino ad un anno, sotto pena per i detti signori Priori e per il Gonfaloniere, qualora abbiano trasgredito, di 10 libre di denaro per ciascuno. E questi estimatori siano i controllori sul controllare le carni sopra i macellai. E chiunque sia stato Podestà o Vicario nei Castelli di Grottammare, di Torre di Palme, di Marano, di San Benedetto e di Boccabianca, abbiano l’obbligo di far venire alla Città di Fermo, per la vendita, tutti i pesci che vengono pescati dagli uomini e dai pescatori di questi Castelli o di altri luoghi: purché tuttavia sia lecito ad essi trattenere la quarta parte degli stessi pesci, se l’abbiano voluto, negli stessi Castelli per il loro vitto. E ciò sia inteso per i detti Castelli, a meno che dal Consiglio di Fermo venissero presi provvedimenti in modo diverso.

5 Rub.123

I fornai.

   I Fornai per il loro compenso per il ‘fornatico’ (compenso di produzione nel forno) possano prendere per ogni centinaio quattro pani dalla quantità di pane che abbiano cotto, non tra i più grandi né tra i più piccoli ma tra i mezzani Le “Tortaie” <per le torte>, in realtà, possano prendere un solo pane per ogni centinaio. E secondo questa razione, costoro, Fornaie o Fornai o Tortaie ricevano in proporzione; e se questi stessi, o qualcuno di essi abbiano trasgredito, siano puniti, sul fatto, a 20 soldi di denari per ciascuno e per qualsiasi volta. Tuttavia i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia possano secondo il variare dei tempi (stagioni) e secondo il valore delle cose, deliberare, ordinare e stabilire che costoro Fornai o Tortaie possano prendere una maggiore o una minore quantità di pane, come a loro parrà e piacerà. E se il pane, per negligenza o per difetto del Fornaio fosse perduto, o non fosse cotto bene, in tutto, o in parte, i Fornai siano obbligati a restituire e risarcire; e in queste cose sia prestata fede alla semplice parola del padrone o della padrona di cui il pane sia stato, o del loro inserviente, senza alcun giuramento. E il Podestà o il Capitano siano obbligati di far giurare tutti i Fornai e con un solenne contratto promettere, e da ciascuno di loro, dagli uomini e dalle donne, ricevere idonei fideiussori o garanzie sul praticare tutte le singole cose contenute in questo capitolo, e sullo svolgere l’officio dell’attività del forno in buona fede e senza frode, secondo la forma del capitolo anzidetto e sotto la pena contenuta nel presente capitolo. Inoltre qualsiasi padrone del forno sia obbligato a avere un camino nel suo forno, o nella bocca del forno, da dove esca il fumo fino al culmine (tetto) dell’abitazione, in modo tale che i vicini da quel fumo non possano avere alcun danno, né ricevere un pericolo, sotto la pena di 100 soldi di denari. Inoltre questi Fornai siano obbligati a cuocere il pane a ciascuno che lo manda o lo porta al suo forno, a richiesta di chi lo manda o lo porta, se egli a loro abbia detto prima l’ora opportuna, con tutta la sua legna, e senza ricevere nient’altro per la cottura di questo pane, se non soltanto l’anzidetto <compenso> ‘fornatico’; e se chiedesse qualche altra cosa in questa occasione, o abbia rifiutato di effettuare la cottura, venga, sul fatto, punito con 100 soldi di denari, e circa le anzidette cose sia prestata fede a colui del quale sia stato il pane o colui che abbia portato il pane a forno. E qualsiasi Fornaio abbia una fossa nell’abitazione, nella quale ha il forno, per mettere in essa i carboni accesi o la brace dal fuoco, sotto la detta pena, e in essa debba radunarla, in modo tale che non possa arrecarsi alcun danno quando vi sarà stato il vento, che possa portare il fuoco a un ceppo. E ciascuna Tortaia, o Fornaia o chiunque altra che abbia portato il pane al forno, sia obbligata a riportarlo e riconsegnare, dopo che sia stato cotto, all’abitazione di colui stesso del quale sia stato il pane, interamente quanto sia stato, senza diminuzione alcuna, sotto la pena di 20 soldi di denari, per ciascuno e per qualsiasi volta. E chiunque ha un forno nella Città, sia obbligato e debba, dopo portato via il pane, chiudere con ferreo chiavistello questo forno, soprattutto di notte, sotto la detta pena. E nessuna donna osi filare nella abitazione ove ci fosse un forno, né portare dentro tale abitazione una “rocca”, né tenercela, sotto la pena di 5 soldi di denari per ogni trasgreditrice e per qualsiasi volta. E il trasgressore su ciascuno dei detti capitoli possa essere accusato da chiunque e l’accusatore abbia la metà della condanna.

5 Rub.124

I panificatori e i venditori di pane.

   Nessuna persona venditrice di pane, o panificatrice permetta ad alcuno di toccare il pane sul paniere o nel cesto o in altro luogo nel quale tiene il pane da vendere, né lei stessa tocchi, se non con le mani lavate, ma abbia e sempre debba avere sopra il pane una tovaglia bianca e una bacchetta piccola e sottile, della lunghezza di un piede, o circa, con cui coloro che vogliono acquistare il pane, possano toccare e capovolgere per vederlo; e se il tale che vede il pane, abbia voluto su

 detto pane, la venditrice, o la panificatrice gli dia il detto pane, cioè quello che abbia toccato con la bacchetta chi lo vuole; e dopo che questo pane sia stato preso in mano o nel grembiule, o altrove dall’acquirente, non possa essere ricollocato nel detto cesto. Inoltre nessuna panificatrice o venditrice osi tenere qualche maiale in piazza, e se abbia trasgredito in queste cose, venga punito, sul fatto, a 20 soldi di denari, per ciascuno e per qualsiasi volta. Inoltre a nessuno dei già detti sia lecito acquistare cose commestibili prima dell’ora nona per rivenderle, sotto la pena di 20 soldi di denari. Inoltre a nessuno dei già detti, neanche ad altri sia lecito, mentre stesse a vendere il pane o le verdure, tenere una “rocca” o una conocchia, né filare mentre stesse per queste cose; né permettere ad alcuna che fila di stare con sé mentre vendesse le dette cose, né gli permetta di toccare queste stesse cose, sotto la pena già detta. E nessuna di queste stesse, né alcun’altra donna, possa portare una conocchia lungo la piazza del Comune o nelle piazze, sotto la pena già detta di 20 soldi. Inoltre queste panificatrici e altri qualsiasi venditori del pane siano obbligati a vendere il pane secondo i proventi e l’ordinamento da farsi dai Regolatori del Comune, sotto la pena di due soldi di denari per ciascun pane, se non sia stato del peso ordinato; e debba perdere i pani, e, tramite l’officiale, debba esser dato ai carcerati o ai catturati. I Regolatori d’altra parte nel fare tale provento e l’ordinamento abbiano sempre considerazione del valore del grano secondo il corso del tempo. Inoltre nessuna panificatrice, concedente, macellaio o chiunque altro che o stesse o abitasse, o facesse sosta nei locali o nelle abitazioni, dall’androne che un tempo fu del signor Matteo Ugolini fino alla Torre che fu un tempo di Nicoluccio Ruggeri, osi acquistare volatili, lepri o altri <animali> selvatici, né tenere a vendere le loro carni né venderle, sotto la pena di 20 soldi di denari per ciascuno, e il trasgressore possa essere accusato e denunciato da chiunque e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà della condanna, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore o del denunciatore.

5 Rub.125

I commestibili che non debbono essere acquistati entro i confini <della Città>.

   Inoltre vogliamo che a nessuno sia consentito comperare o far comperare cose commestibili con il motivo di rivenderle fuori dalla Città o dalle sue mura, entro questi confini, cioè da Grottazzolina e Poggio Rainaldo dentro verso la Città di Fermo, e da Torre di palme dentro. E chi abbia trasgredito sia punito per il fatto stesso con 20 soldi di denari. E a nessuno sia consentito comprare o far comperare per suo conto o tramite un altro, con il motivo di rivendere polli, uova, formaggio, o alcune cose commestibili, in qualche luogo entro i detti confini, e fuori dalla Città, sotto la detta pena. Sia possibile, in realtà, dentro la Città, dopo l’ora nona, e non in altro modo, con la detta pena, da riscuotersi, sul fatto, per qualsiasi volta e per ogni trasgressore. E in ogni contrada venga eletto dai signori Priori e dal Gonfaloniere di giustizia, che ci saranno nel tempo, un solo uomo che sia il custode delle dette cose e denuncerà i trasgressori, e sia prestata fede al giuramento di ciascuno di questi stessi, ed abbia la metà della condanna. E nessuno possa mettere il “cottimo” sui frutti prima dell’ora nona, sotto la detta pena, da riscuotersi sul fatto. E il Podestà abbia l’obbligo di investigare sulle già dette cose, e di punisca i colpevoli scoperti con le già dette pene.

5 Rub.126

Il modo e la forma da offrirsi agli ospiti.

   Inoltre decretiamo che il Capitano o il Podestà insieme con i signori Priori e con il Vessillifero di giustizia della Città di Fermo siano obbligati ad eleggere due uomini buoni e legali con età maggiore di 40 anni della Città di Fermo che debbano presiedere acciocché gli strumenti di misura degli ospiti che vendono biade al minuto, cioè le cose da offrire ai cavalli, siano bollati con il bollo del Comune, e acciocché coloro che intervengano a dare ad essi il modo e la forma <regola> per vendere le cose da offrire, e secondo la misura e la forma che da costoro sono date e comandate da questi, così sia messe in esecuzione. E il Podestà il Capitano facciano eseguire qualunque cosa che sia stato comandata da costoro, sotto la pena di 25 libre di denaro da trattenere dalla loro paga. E se qualche ospite sia stato scoperto trasgredire la forma e il modo comandati o prevaricare, sia con 100 soldi di denari per ciascuna volta. E se quei due eletti siano stati negligenti nell’esercitare il loro ufficio, ciascuno di essi sia punito con 100 soldi di denari. Ed abbiano e debbono avere per loro salario 20 soldi di denaro per ciascuno e il loro officio duri per sei mesi.

5 Rub.127

Nessuna persona prenda come ‘tenuta’ un possedimento del Comune.

   Inoltre decretiamo che nessuna persona, in qualsiasi condizione e stato stia, osi o presuma, in alcun modo o diritto, a causa di qualche debito, prendere o accettare, in ‘tenuta’ o possesso, d’autorità propria, né comperare i beni del Comune di Fermo: e cioè i prati, le altre cose, le fornaci, le <fosse> ‘carbonarie’, le fontane e il terreno delle fontane, gli stagni o altri beni stabili, o Castelli del Comune di Fermo. E chiunque nei tempi passati, avesse asportato <qualcuno> tra questi beni in ‘tenuta, abbia l’obbligo di riassegnare e di rilasciarli ai signori Priori del popolo, e al Gonfaloniere a favore del Comune di Fermo, entro 10 giorni dopo la requisizione; e il trasgressore sia condannato con 50 libre di denaro, e la ‘tenuta’ presa su tali beni sia per il fatto stesso nulla e stia senza alcuna validità; tuttavia facendo riserva per il tale, per suo diritto proprio per il tale che ha accettato la ‘tenuta’, se gli compete qualcosa contro quelli. E il Podestà e il Capitano siano obbligati, all’inizio del loro ufficio, di fare il bando <pubblicizzare> che le dette cose siano inviolabilmente praticate.

5 Rub.128

Aiuto da farsi per coloro che vogliono fare una cisterna.

   Colui che fa o che fa fare qualche cisterna entro le mura della Città, per la quale venissero spese 25 libre di denaro, o più, colui che la fa debba avere dal Comune libre 10 di denari come aiuto. E se qualcuno facesse una cisterna in questa Città, per la quale venissero spese 15 libre di denaro, per lui dal Comune si faccia il contributo della terza parte. E a nessuno debba essere fatto il pagamento, se prima la cisterna non sia stata completata; ma dopo che questa è completata, il Podestà sia obbligato a fargli il pagamento della detta somma, sotto la pena di 100 libre di denaro. E chiunque abbia fatto una cisterna in modo particolare, non sia obbligato a concedere un contributo per le cisterne delle contrade o per quelle che debbono farsi dal Comune. Se qualcuno, abbia ricevuto, in passato, o in futuro riceverà denaro per una cisterna che non abbia completato, debba essere condannato a 10 libre di denaro, e sia obbligato a restituire col doppio il denaro ricevuto per tale motivo. E il Podestà e il Giudice di giustizia facciano indagini sulle dette cose e possano sul fatto richiedere ai trasgressori quello stesso denaro così ricevuto e prenderlo per il Comune.

5 Rub.129

Il vino e il mosto da portare in Città, e la sicurezza per coloro che vengono in questa Città per comperare tale vino e mosto.

   Inoltre decretiamo che sia lecito a tutti gli uomini dei Castelli e delle Ville del distretto di Fermo portare o far portare il loro mosto o il vino, che abbiano ottenuto dai loro frutti, alla Città di Fermo e al Porto di San Giorgio, nei singoli anni, nonostante qualche statuto del Comune di Fermo che parli al contrario. Noi vogliamo che questo statuto, da questo momento sia di nessuna importanza, né efficacia, né validità. Inoltre decretiamo ed ordiniamo che tutti chiunque abbiano voluto venire nella Città di Fermo per acquistare e per portare il vino o il mosto fuori dalla Città di Fermo, vengano liberamente e tranquillamente e si trattengano in questa, nonostante alcune rappresaglie <rivalse> concesse o da concedersi; e il Podestà e il Capitano siano obbligati a fare un bando <pubblicizzare> ciò nel giorno di mercato e in tempo opportuno.

5 Rub.130

La calce, le pietre, la sabbia, i mattoni, i coppi e i fornaciai.

   Decretiamo che i Fornaciai abbiano l’obbligo di vendere la calce con quella misura con la quale viene misurato il grano; e qualora si sia fatta una trasgressione, siano puniti a 20 soldi di denari, per ciascuno e per qualsiasi volta. E debbano fare i mattoni o le pietre squadrate e i coppi con la misura antica di lunghezza, di larghezza e di grandezza; e detta misura debba essere fatta e rinnovata, e tale misura sia posta nella competenza dei “massari” del Comune; questa sia una misura guarnita di ferro in modo tale che chi l’abbia voluto possa da questa prendere il modello. Tale rinnovamento debba essere fatto dall’officiale, cioè uno per contrada, da eleggersi dalla “scarfina” (controllo) nel Consiglio quando vengono eletti gli altri officiali. E questi officiali così eletti riguardo alle cose contenute nel presente capitolo possano e debbano denunciare tutti i trasgressori al Podestà e ai suoi officiali. E chiunque abbia fatto o abbia fatto fare una fornace di mattoni o di laterizi sia obbligato e debba fare o far fare due migliaia di coppi, pena 40 soldi di denari. E chiunque abbia falsificato tale calce, o i coppi, o i ‘cantoni’ <laterizi squadrati>, in qualunque modo, sia punito a 100 soldi di denari e risarcisca il danno a chi lo soffre; e per tale danno ci si attenga al giuramento del capomastro, che abbia murato questi ‘cantoni’, o che abbia disposto questi coppi; e su queste cose, si faccia una disamina in modo sommario, senza chiasso, né parvenza di sentenza e in modo calmo. Inoltre nessuno debba portare ‘cantoni’ o coppi oltre il Tenna o oltre l’Ete, se non con il permesso del Podestà, del Capitano o del Consiglio, e se non per i Castelli del Comune di Fermo per edificare in questi Castelli, sotto la pena di 40 soldi di denari per chi avrà trasgredito. Aggiungiamo inoltre che nessuna persona della Città o del contado di Fermo ivi abitante, possa esportare e vendere calce a coloro che non sono sottomessi <alla Città> oppure fuori dal distretto di questa Città, sotto la pena di 10 libre di denaro, per ogni salma, e per qualsiasi volta, da riscuotere, sul fatto, da chiunque vende e da chiunque esporta. Chi in realtà abbia fatto i ‘cantoni’ per sé, e per un suo edificio, e non con motivo di vendere, non sia obbligato a fare o far fare i coppi e due migliaia di coppi, come è stato detto sopra. Inoltre chi vende la ‘rena’ siano obbligato a dare un moggio <misura> da dodici ‘buzoli’ <cassette>, e qualsiasi volta misurare in modo che per opera dell’acquirente non si possa condonare. E chi abbia trasgredito, sia punito con 10 soldi per ogni moggio e risarcisca il danno a chi l’ha sofferto il danno, e su tale cosa ci si attenga al giuramento di colui che ha subito il danno, fino a 5 soldi di denari. E per tutte le cose dette sopra, e per qualunque di queste, il trasgressore possa essere accusato da chiunque e denunciato; e l’accusatore abbia la metà della condanna.

5 Rub.131

I commercianti mettano in mostra un panno al di fuori delle abitazioni o delle botteghe.

   Inoltre decretiamo che i commercianti e qualsiasi commerciante dei panni, a richiesta di coloro che vogliono vedere i panni per acquistare, siano obbligati di mostrare tali panni, alla luce e al di fuori dei magazzini, sotto la pena di 20 soldi di denari per qualsiasi volta quando abbiano trasgredito. Inoltre questi mercanti siano obbligati a mandare tali panni da vendere all’abitazione di chiunque vuole vedere questi panni, sotto la detta pena. Inoltre qualsiasi panno che venisse misurato, di lana o di “zambellotto”, di “fagia” o “sindone” o di velluto, debba essere misurato, in maniera che non venga preso un panno <sdoppiato>, ma qualsiasi commerciante sia obbligato a porre il panno doppio, se lo è, e così viene nella “pezza” doppiato nel banco; e porre un “braccetto” (misura) sopra detto panno, per un palmo sotto i ‘lenzi’ del panno, senza alcuna estensione del panno, e fare il segno alla fine del detto “braccetto”, sotto la pena di 100 soldi di denari a colui che abbia trasgredito, per qualsiasi volta; e possa essere accusato e denunciato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna.

5 Rub.132

I fornai non riscaldino il forno con nocchie <di olive>.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che i Fornai o le Fornaie non cuociano né debbano cuocere il pane, né che riscaldino il forno con le nocchie delle olive, se non con la licenza dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere, e i detti signori Priori possano concedere questa licenza in tempo di necessità; e chi abbia trasgredito cuocendo in altro modo, o scaldando o facendo fuoco, paghi, sul fatto, per ciascuna volta e per ciascuno, 100 denari. E a tutti sia lecito denunciare i trasgressori, e sia prestata fede al denunciatore o all’accusatore con un solo testimonio che ha visto; e il denunciatore o accusatore abbia la metà della condanna. Inoltre decretiamo che le Fornaie e le Tortaie siano obbligate a dare la “vicenna” <turno?> e prendere il pane da chiunque vuole cuocere o far cuocere il pane. E la Tortaia o le Tortaie siano obbligate a consegnare il pane a numero <calcolo>, quando venisse portato al forno a cuocere; e riportarlo cotto con quel numero all’abitazione di colui del quale <esso> sia stato per il “fornatico” ordinato. E se non abbia praticato queste cose, sul fatto, venga punito e per qualsiasi volta con 20 soldi di denari e possa essere accusato o denunciato da chiunque e ci si attenga alla parola di un solo testimonio con il giuramento, e l’accusatore e il denunciatore abbiano la parte come detto sopra.

5 Rub.133

I tavernieri

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che gli osti e chiunque vende il vino al minuto e alla spina siano obbligati e debbano vendere il vino puro per essi bollato nella botte dai dazieri, senza immissione di altro vino o di acqua, sotto la pena di 100 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta. Inoltre questi venditori debbano avere vino alla spina ed avere e tenere il “petitto” (misuratore), il mezzo “petitto”, la “terzarola” e la “fulgeta” con i bolli e giusti, “appodimati” o confrontati con le misure del Comune. Se qualcuno in realtà sia stato trovato avere questi vasi o qualcuno di essi non giusto, quand’anche siano stati bollati con il bollo prescritto, per ogni vaso non giusto sia punito con 20 soldi di denari. Se poi abbia avuti e abbia tenuti giusti questi vasi o qualcuno di essi, ma non siano stati bollati con il bollo prescritto, paghi la pena di 10 soldi di denari. In realtà, se non sino bollati e non siano giusti, paghi per qualsiasi vaso soldi 40 di denari, per qualsiasi volta. Se poi qualcuno di costoro sia stato scoperto nel fare il “collaretto” <sul collo>, o non abbia dato il vaso pieno, per qualsiasi “collaretto” paghi la pena di 5 soldi di denari. Inoltre siano obbligati a tenere i vasi rovesciati nei loro banconi, e quando qualcuno volesse il vino, portino la misura del vino presso la botte, né debbano tenere il vino in qualche vaso sul bancone, ma a coloro che vogliano acquistare, lo diano dal vino della botte, sotto la pena di 10 soldi di denari per ognuno trasgressore e per qualsiasi volta.

5 Rub.134

Il lino non va battuto entro la Città

   A nessuno sia lecito, senza la licenza dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia(!) o del Capitano del popolo di questa Città, di battere il lino entro le mura della Città di Fermo, sotto pena di 40 soldi di denari per qualsiasi trasgressore, per qualsiasi volta. E a chiunque sia lecito accusare e denunciare, e il denunciatore e l’accusatore abbia la metà della condanna e nelle dette cose si presti fede alla relazione dell’officiale.

5 Rub.135

I Giudei non entrino nei Palazzi, non vedano cose vietate, e camminino con il segno.

   Vogliamo e con questa legge decretiamo allo scopo che sia tolta ogni materia di simonia, che nessun Giudeo possa o debba entrare nei Palazzi dei Rettori della Città di Fermo: cioè del Podestà, o nel palazzo del Capitano della Città di Fermo, nei quali essi, o qualcuno di questi stessi, facesse residenza. Se qualche Giudeo, in realtà, abbia trasgredito, sia punito, sul fatto, a libre 25 di denari. E il Podestà o il Capitano che permette ad un Giudeo o ai Giudei di entrare, siano puniti con libre 100 di denari. Tuttavia sia lecito a Giudeo o ai Giudei entrare nel Dazio e nell’udienza del dazio e nel palazzo del Podestà o del Capitano, senza pena, quando questi Rettori o qualcuno di essi sostassero presso il banco della legge per rendere giustizia; purché, sotto la detta pena, nella ora detta, né prima né dopo, questi Giudei salgano le scale o entrino in alcune stanze o nella stalla. Inoltre non vogliamo che i detti Giudei, nel giorno del Venerdì Santo, per tutto il giorno, ed anche nel giorno del Sabato Santo, fino ai vespri, quando sono suonate le campane, e nel giorno della festa del Santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, fino ai vespri, hanno potere di uscire validamente dalle abitazioni ed andare per le vie e le piazze, non tenere aperte le porte delle abitazioni, o stare alle finestre delle abitazioni, sotto pena di 40 soldi per ognuno e per qualsiasi volta, da prelevarsi, sul fatto, a costoro o ad chiunque di essi che abbia trasgredito. Aggiungiamo inoltre che questi Ebrei siano obbligati e debbano portare il simbolo O evidente sul lato destro, e visibile avanti la mammella, e i maschi sulle proprie teste, anche un berretto dipinto di colore croceo (zafferano) o giallo; e le donne poi veli dello stesso colore e in modo simile lungo la Città il nostro contado, sotto la pena per ciascun trasgressore di 25 libre di denaro, da riscuotersi dagli officiali, sul fatto e senza alcuna condanna, e coloro che <li> scoprono abbiano la quarta parte della detta pena, ed ognuno li possa accusare. Si intenda, tuttavia, che la scoperta sia vera, se comprovata da due testimoni o di un solo aiutante dell’officiale che fa la scoperta e da un altro testimonio Cittadino o abitante del nostro contado. Ma gli Ebrei di passaggio o in cammino in campagna o anche forestieri, possano andare, sostare e tornare, per tre giorni, lungo la nostra Città e lungo il contado, senza i detti segni, impunemente. Inoltre vogliamo che gli Ebrei, in nessun modo, possano stare, abitare, fare sosta amichevolmente, né possano tenere nelle proprie abitazioni botteghe o nei magazzeni, e neanche in quelle affittate, situate sulla strada maestra o aventi i loro muri contigui alla detta strada, e con l’ingresso o l’uscita in qualche modo sulla strada. E se qualcuno nelle dette cose o in qualcuna di esse abbia trasgredito, per il fatto stesso, incorra nella pena di 25 libre di denaro da riscuotersi in Comune, senza alcun processo né scrittura, sul fatto. E da chiunque possano essere accusati, e gli officiali abbiano l’obbligo di fare l’esecuzione, sotto la detta pena, qualora siano stati negligenti. Tuttavia possano stare impunemente ed esercitare l’arte degli stessi nei magazzini sulla strada dalla chiesa di San Bartolomeo al di qua verso la piazza San Martino. Inoltre vogliamo che a nessun Ebreo sia consentito vendere ai Cristiani, carni “asciatata” <con aggiunti?>, né vinacce pigiate da un Ebreo, né ad alcun Cristiano sia lecito acquistare qualcosa da essi, sotto la pena di 100 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta, da riscuotersi sul fatto, e l’officiale che fa l’esecuzione abbia la quarta parte di tale pena.

5 Rub.136

Determinazione delle penalità per la costruzione di muri della Città di Fermo.

   Tutti i notai della Città e contado di Fermo e gli altri restanti Notai che redigono qualche contratto nella Città o nel detto contado, siano obbligati e debbano, quando redigono in ogni contratto le penalità, si tratti nel dare e nella consegna e nel conteggio di denaro, o sopra a ciò che è stato fatto e sopra qualcosa da farsi, debbano mettere per iscritto per tale penalità che la metà è a favore del Comune della Città di Fermo, e per la costruzione delle mura di questa Città, sotto la  pena per il Notaio trasgressore di 20 soldi di denari, da prelevare da lui, sul fatto. Se anche non abbia fatto ciò, nondimeno per l’autorità di questo statuto, sia parimenti, come se il Notaio avesse messo per iscritto una la metà per detto Comune e la detta costruzione. E il Sindaco del Comune che sarà addetto alle cause, debba riscuotere una metà di tali pene a vantaggio del Comune e per la detta costruzione, e l’altra metà per la parte che pratica il contratto. E gli officiali del Comune siano obbligati e debbano, sotto la pena di 100 libre di denaro, e a richiesta del detto Sindaco del Comune, costringere in modo reale e in modo personale la parte che non rispetta il contratto e quella che che incorre nella pena a pagare questa pena sul fatto senza chiasso, né parvenza di sentenza, soltanto dopo aver conosciuta la verità, senza un processo, né una solennità o una sostanzialità di atti da tribunale.

5 Rub.137

Cittadini che rifiutano di pagare le tasse dei possedimenti che hanno nel contado.

   Tutti e i singoli i Cittadini che rifiutano di pagare le tasse dei poderi con estimo nei Castelli del nostro contado o nei loro territori, quelle imposte o quelle da imporre dal Comune di Fermo, ad opera del Podestà e degli altri officiali, che ci stanno ora e ci saranno nel tempo, a richiesta di coltivatori di tali Castelli, siano obbligati e debbano in modo reale e in modo personale costringere quelli renitenti a pagare le loro rate fino alla completa soddisfazione di dette tasse; eccettuati i Cittadini che avessero sentenze che esplicitamente dichiarino che questi stessi non sono obbligati al già detto pagamento.

5 Rub.138

Non fare <plaghe> secche nel fiume Tenna.

   Nessuno di qualunque grado e condizione osi o presuma di fare secche nel fiume Tenna, o nel fiume Ete sotto la pena di 25 libre di denaro per qualsiasi trasgressore e per qualsiasi volta. E gli officiali del Podestà e del Capitano possano e debbano investigare su coloro che fanno tali secche <di fiume> e punire i colpevoli scoperti ed abbiano la quarta parte della pena che abbiano fatto pervenire in Comune. Ciò tuttavia sia inteso fino a passo di Sant’Elpidio a Mare, e andando da questo passo verso il mare, a tutti sia lecito fare secche nel detto fiume Tenna, impunemente.

5 Rub.139

I torrioni del Comune non siano dati in locazione.

   I torrioni del Comune in nessun modo siano dati a locazione, né siano affittati alcuno, ma, ad opera del Comune, rimangano e siano sempre vuoti e in ordine. Inoltre nessuno possa né debba fare lavori, creare ostacoli, né occupare  <spazi> nelle vicinanze delle mura del Comune, ma dette mura sempre siano libere e in ordine, sotto la pena di 25 libre di denari.

5 Rub.140

Non acquistare anzitempo i frutti.

   Fu deliberato, ordinato e decretato per i frutti acquistati e da acquistare anzitempo, a un prezzo o a patto stabilito, in questo modo cioè che nessuna persona della detta Città di Fermo e del suo contado e abitante in questi, e dimorante in essi, o se fosse forestiero, di qualsiasi condizione, dignità e stato si trovi e voglia essere, che non possa né debba né in alcun modo a lui sia lecito, in questa Città, nel contado, nelle fortezze, e nel distretto, comperare e far comperare dagli uomini o dalle persone di questa Città e del contado, neppure dai suoi abitanti, né da qualsiasi altra persona, alcun genere di frutti anzitempo ad un prezzo e a un patto stabile e “stucco” <forfettario fisso>, sotto la pena di 10 ducati per il Notaio che ne fa il rogito per queste cose, da riscuotersi sul fatto dai già detti. E questa pena di 10 ducati sia intesa per ogni miliare di olio acquistato prima del tempo a patto fisso e “stucco”, per qualsiasi volta, e per la quantità di olio e di frutti qui scritti, com’è stato detto, per ogni salma di grano, o di cereali, e per ogni salma di vino, per ogni rubbio di lino, per ogni salma di noci, per ogni salma di fichi, e per ogni salma di seme di lino, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsiasi acquirente, venditore e per il Notaio che abbia fatto rogito delle dette cose, da riscuotersi e pagarsi, sul fatto. Ma sia lecito e possa comperare e far comperare  <frutti> anzitempo con i prezzi, con cui tali frutti avranno valore nei tempi adatti, cioè secondo la valutazione da farsi da parte degli estimatori da eleggersi dalla Cernita, cioè per il grano, per l’orzo, per il farro grande, e per ogni genere di cereali, durante tutto il mese di agosto, per il seme e per ogni rubbo di lino per tutto il mese di ottobre, e per le noci e per fichi per tutto il mese di novembre, e per l’oliva per tutto il mese di gennaio, e per l’olio per tutto il mese di marzo, prossimi futuri. E chiunque possa, con un solo testimonio, essere accusatore e guadagni la quarta parte di dette pene e sia tenuto segreto. Ed anche qualsiasi officiale della Città di Fermo e del suo contado, il quale per un suo ritrovamento e per una accusa a lui ad opera di un accusatore esiga e farà riscuotere, e farà pervenire in Comune le già dette pene, guadagni e debba avere la quarta parte di queste pene. Inoltre gli acquirenti dei detti frutti e delle dette cose acquistate anzitempo, nel caso in cui nella Città e nel contado i frutti già detti generalmente non si raccogliessero né si reperissero in nessun luogo, siano tenuti soltanto dai venditori che possano riprendere i soldi pagati per i frutti o per le cose già dette, e in nessun modo possano rivalutare i detti frutti. E similmente i venditori di detti frutti siano obbligati, e in tal modo possano essere costretti e debbano pagare e rendere i detti denari a questi acquirenti. Inoltre che i venditori di detti frutti non possano né debbano dare questi frutti ad un altro, o ad altri uomini e persone, se non a colui o a coloro ai quali abbiano venduto per il prezzo o per i prezzi con i quali saranno stimati nei detti tempi, sotto le già dette pene da riscuotersi sul fatto dai detti venditori per qualsiasi volta, quando abbiano trasgredito. Inoltre qualsiasi Notaio che facesse rogito di acquisto anzitempo dei detti frutti a patto fisso e “stucco”, incorra sul fatto nella pena di 10 ducati da riscuotersi e da pagare per qualsiasi volta. E similmente nessuno Notaio possa né debba far rogito di alcun contratto di un deposito di olio, o di altri frutti, sotto la detta pena di 10 ducati, salvo che per i prezzi da rendere adeguati e da valutare, ad opera degli estimatori nei tempi scritti sopra. E se detto Notaio sui i detti contratti di deposito avesse il dubbio che fossero fittizi, illeciti o usurai, abbia l’obbligo e debba dare giuramento alle parti contraenti, per dover dir ed avere la verità. Ed anche le parti, cioè l’acquirente o il venditore di detti frutti siano obbligati di prestare il giuramento e dire la verità, sotto la pena di 10 ducati, tanto il Notaio quanto l’acquirente o il venditore già detti, se abbiano trasgredito; e infine questi contratti siano nulli per il fatto stesso, e non abbiano alcuna esecuzione, neppure meritino guadagno, ma siano ritenuti come nulli e non fatti. E il Podestà di questa Città  di Fermo e i suoi officiali, abbiano l’obbligo e debbano riscuotere e far riscuotere le pene già dette da ogni trasgressore in qualunque parte e in qualche capitolo, come sopra, ed abbiano e guadagnino la quarta parte di tali pene che abbiano fatto pervenire al Comune, o per mezzo di un’accusa di altri, o per un’indagine o sua scoperta, sempre facendo la procedura ed eseguendo sul fatto, e tralasciando ogni solennità della legge, senza alcun processo, dopo aver trovata soltanto la verità del fatto. E se nelle dette cose o in qualcuna di esse, il detto Podestà o i suoi officiali fossero negligenti, per il fatto stesso, incorrano nella pena di 50 libre di denaro per ognuno di questi stessi che trascurassero o fossero negligenti, da riscuotersi sul fatto e da prelevare dal salario loro.

5 Rub.141

I carri che non possono entrare in Città.

   I carrettieri insieme con i carri o chiunque altro insieme con i carri, o con i cocchi, per l’avvenire, non possono entrare per le porte della Città, né traportare qualcosa insieme con loro, entro la Città con i detti carri, senza il permesso della Cernita, sotto pena di 25 libre di denaro per ciascuno e per qualsiasi volta.

5 Rub.142

Le donne svergognate sono da scacciare dalla contrada, e possono fare l’arte delle meretrici in un luogo.

   Decretiamo ed ordiniamo che per conservare le oneste abitudini e la pudicizia, i signori Priori e i Regolatori abbiano la piena autorità e il potere di provvedere e di comandare al Potestà e agli officiali, tutte le volte che, in qualche contrada della Città o del contado abitassero donne svergognate, e i vicini di quelle presentassero una querela su di esse, per la disonesta vita, affinché le dette donne siano cacciate da detta contrada e siano allontanate e vadano ad abitare in luoghi adeguati. Ma le meretrici possano avere la dimora ed abitare nelle abitazioni che sono all’entrata o nei vicoli a cominciare dal magazzino degli eredi di Ludovico di Giovanni del Papa e dal magazzino del signor Giovanni di Francesco degli Assalti nella piazza, attraverso l’entrata fra i detti magazzini si va fino alla abitazione di Ludovico di Matteo Cicchi; purché nella via per la quale si va fra le abitazioni e l’ospizio degli eredi di Assalti e il forno e la abitazione degli eredi di Pierangelo non escano e non tengono la porta aperta, né che in detta via, in qualche modo, stiano sedute e similmente che non restino nella via per la quale si va alla chiesa di San Domenico fra gli ospizi. E se abbiano trasgredito incappino nella pena di 10 libre di denaro per ciascuna e per qualsiasi volta.

5 Rub.143

La pena per coloro che vanno fuori distretto a pagamento.

   Nessuno della Città e del contado e abitante in essi vada al lavoro o a pagamento fuori dalla Città e dal contado sotto la pena di 20 libre di denaro per qualsiasi trasgressore e per qualsiasi volta. E a chiunque sia lecito accusare, e sia tenuto segreto, e guadagni la metà della detta pena, da riscuotersi sul fatto, e a questa legge non siano sottoposti coloro che andassero fuori dalla Provincia per guadagnare con i lavori o con i prezzi.

Rub.144

La pena per coloro che vanno a macinare fuori dal distretto.

   Coloro che risiedono e coloro che abitano nel nostro contado non possano né debbano andare a macinare fuori dal distretto e dal contado di Fermo; e i trasgressori perdano l’animale <a trasporto> e la salma <peso del carico>; e che li scopre abbia la metà della detta pena, e chiunque possa accusare ed abbia la quarta parte di tale pena e l’accusatore sia tenuto segreto. Per l’autorità della presente legge a ciascuno sia negata la possibilità di andare fuori dal distretto per macinare.

5 Rub.145

Gli alimentari siano venduti al colmo.

   I signori Priori, quelli che ci saranno nel tempo, abbiano l’autorità, insieme con i Regolatori, di sorvegliare affinché i comitativi una sola volta in ogni settimana mandino la farina, l’orzo e le cibarie in piazza e vendano al colmo ogni genere di cereali, di farina, e di legumi; sotto la pena di 20 soldi per ogni misura e per qualsiasi volta; facendo eccezione per il frumento o grano, che vendano a misura rasa. E qualsiasi officiale della Città e del contado abbia l’autorità e la giurisdizione di indagare, di investigare e di fare la procedura sul fatto contro tutti i trasgressori sulle già dette cose, in qualsiasi luogo, per l’esecuzione della pena già detta, e costui guadagni la quarta parte della anzidetta pena predetta di quanto avrà fatto pervenire al Comune per loro officio.

5 Rub.146

Il Cittadino e l’abitante nel contado, che fosse un lenone possa essere catturato come manigoldo.

   Nessuno della Città e del contado sia un lenone, né possa tenere le meretrici in questa Città e nel suo contado; e chi le tenesse sia catturato e possa essere catturato come un manigoldo, a disonore e a vituperio dello stesso trasgressore.

5 Rub.147

La vendita di legumi e di altre erbe.

   Coloro che vendono i legumi e le altre erbe, con cui sia possibile fare manipoli, non superino il prezzo di due denari per ogni manipolo. Ed egualmente si intenda per il cece fresco, e non possano vendere ad arbitrio, sotto la pena di 20 soldi per qualsiasi volta quando i venditori ambulanti abbiano trasgredito.

5 Rub.148

La sistemazione delle strade della Città.

   Allo scopo che le strade della Città abbiano la manutenzione e non siano danneggiate, decretiamo ed ordiniamo che sia incaricato un solo Cittadino per ogni contrada che abbia l’autorità ed il potere di ispezionare e far riparare queste strade, dove sono danneggiate, a spese e con opere da parte dei patroni delle abitazioni, i quali siano costretti a pagare queste spese per la maestranza, e ad opera del Comune siano mandati e dati i laterizi o i mattoni necessari. E l’officiale straordinario abbia la diligenza di far togliere la sporcizia, e il letame, e altre immondizie da tali strade per suo officio, secondo la forma dei nostri statuti che parlano di tale materia.

5 Rub.149

I legnami non siano esportati per mare.

   A vantaggio dell’abbondanza che si deve avere nella Città e nel contado di Fermo, decretiamo ed ordiniamo che i legnami non siano esportati, in alcun modo, per mare, sotto la pena di 10 ducati d’oro per qualsiasi nave piena di legnami, o per ogni imbarcatura con la quale si fanno le esportazioni, e sul fatto sia riscossa la pena; e, in pari modo, coloro che vendono tali legnami da esportare, anche gli aiutanti incorrano in questa stessa pena.

5 Rub.150

Il prezzo e la misura dei cerchi.

   Con questa legge decretiamo che, per il futuro, i cerchi o i cerchi di legno siano venduti nel modo e nella forma di seguito scritti, cioè la lunghezza e le misure di 10 piedi siano venduti a coppia per otto bolognini; poi  di seguito scendendo gradualmente fino all’ultimo grado la coppia dei cerchi della misura di sette piedi abbia la valutazione di sei bolognini; di cinque piedi quattro bolognini; e una coppia di cerchi di minore misura tre bolognini. E se siano stati di una maggiore lunghezza e di misura di 10 piedi, la coppia sia venduta proporzionalmente, facendo riferimento ai prezzi anzidetti, e non siano venduti a di più, sotto la pena di un ducato per tutte le volte quando, da qualunque venditore sia stata fatta una trasgressione e per qualsiasi volta.

Fine del libro Quinto degli Statuta Firmanirum

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