Il DECADENTISMO appunti dalle lezioni del prof. Mancini don Dino a Fermo

IL  DECADENTISMO

   E’ un movimento letterario ed artistico che, sorto in Francia nell’ultimo ventennio dell’800, si è diffuso nel resto del mondo ed esercita ancora il suo influsso sulla letteratura e sull’arte dei giorni nostri.

   Il suo programma è quello di rivendicare la piena libertà dell’artista da qualsiasi vincolo, sia esso costituito dalle regole dei retori e dai modelli classici (e questa liberazione era già stata attuata dal Romanticismo), sia esso costituito da tesi razionali (di carattere filosofico, scientifico, politico, morale, religioso, sociale) o da esigenze di esperienze (che erano il fondamento del realismo, naturalismo, verismo).

   Alla base di questo programma di libertà assoluta c’è il concetto che l’arte è creazione, e che, se essa è tale, è il prodotto di colui che crea, il quale trae tutto da sé stesso. In tal modo il Decadentismo intende  troncare i ponti con tutta la letteratura del passato, da quella classica a quella rinascimentale, a quella romantica, realistica.

   Queste letterature vengono rifiutate per due motivi: anzitutto perché sono legate ad elementi intellettualistici o sperimentali; in secondo luogo perché le composizioni letterarie del passato sono tutte condotte secondo un dettato logico: sono discorsi in prosa o in versi, fatti con un legame fra le diverse parti di carattere logico e quindi intellettualistico (ad esempio: “I Sepolcri“ del Foscolo sono un discorso in versi in cui il poeta dimostra una sua tesi, quella dell’importanza dei sepolcri nella vita civile dei popoli seguendo una logica).

 Vedremo che cosa i decadentisti sostituiscono alla logica  che è metodo intellettualistico, per unire fra loro le diverse parti delle loro creazioni.

   Secondo i decadentisti il poeta deve trarre fuori tutto dal suo intimo, e la sua creazione non deve essere inquinata da elementi razionali. La creazione poetica ed artistica è alogica (= senza logica) e perciò essa non può essere altro che “intuizione”, cioè visione che sorge su, come si suole dire “dal profondo dell’essere” e si concretizza in un immagine. In pratica quello che i decadentisti sostengono si riduce a questo: il poeta ha acquistato un patrimonio più o meno ricco attraverso l’esperienza, la lettura, l’educazione familiare e sociale, ed è, nello stesso tempo, dotato di una personale sensibilità o temperamento che gli deriva da fattori ereditari, ricollegabili direttamente ai suoi genitori, indirettamente a tutta la stirpe umana (in ogni individuo esiste in forma nucleare il concentrato di tutte le energie e di tutte le esperienze della stirpe umana). Questo complesso di cultura acquisita, e di energia e modi ereditati e personali, viene comunemente chiamato “psicologia di sub-strato”, cioè complesso di elementi che sono alla base di tutti i nostri modi di pensare, di sentire, di agire. Dalla psicologia di sub-strato, attraverso l’elaborazione compiuta dall’inconscio, o sub-conscio. si staccano, di tanto in tanto, “stati d’animo” che automaticamente e con rapidità fulminea si concretizzano in un’immagine.

  Questa immagine, concretizzazione di uno stato d’animo, formatasi senza intervento della ragione, è poesia.

     Vengono perciò rifiutati dai decadentisti non solo il ragionamento e la logica, ma anche i temi della letteratura tradizionale. Questa parlava di eroi, di grandi passioni, di nobili ideali, di storia, di miseria, di problemi ecc.: cioè la letteratura decadentista, invece che di cosa o offerta dall’esperienza, o creata dalla fantasia, esprimerà gli stati d’animo del soggetto.

   Non è detto che la storia, gli ideali, le esperienze, la cultura ecc. non rientrino nell’aspirazione del decadentista perché, come si è detto, contribuiscono a forma anch’esse il cosiddetto fondo in cui si elaborano gli stati d’animo, ma è da tener presente che la storia, esperienze, ideali, ecc. perdono la loro identità in quanto il soggetto li trasforma, li sente e li esprime in modo tutto suo.

   Così, si afferma nel decadentismo un soggettivismo talmente esasperato che, spesso, mancando una precisa identità o fisionomia ai motivi svolti, e identificandosi questi con il soggetto, è difficile al lettore capire quello che il poeta vuol dire.

   I decadentisti che scrivono romanzi non presentano le vicende di un popolo, ma la storia di un personaggio eccezionale che è eroe di sé stesso: è la storia dell’uomo di lusso, per usare una espressione del Verga.; o la storia del super-uomo, cioè l’uomo super-dotato  e destinato, o che si crede destinato, a cambiare la storia umana, la storia del libertino sazio e non beato dei piaceri della vita; oppure la storia di chi è macerato dal dubbio, che scruta sé stesso e gli altri, senza mai riuscire a capire né sé stesso né gli altri e che, chiuso nel suo guscio, , e perduti i contatti con Dio e con gli uomini,  si dispera oppure scoppia in risate da pazzo o allucinato pieno di amarezza (sono queste le storie dei romanzi e dei drammi di Pirandello); oppure la storia di crisi spirituale complicata da pazzia, di suggestioni, di sub-coscienti sconvolti, di passioni morbose, in cui i personaggi dicono cose strane, parlano con sé stessi e con esseri immaginari, si confessano, si vezzeggiano e si schiaffeggiano (vedere alcuni romanzi del Fogazzaro “Malombra”).

  Ciò che è comune a tutta questa storia e l’eccezionalità dei protagonisti: non si tratta mai di persone comuni, né di vicende comuni, quasi per reazione al realismo e al verismo, che si stava affermando negli stessi anni in cui sorgeva il decadentismo.

   Se si tratta di poesia lirica, il soggetto di quasi tutte le composizioni è il poeta stesso, che parla quasi sempre di sé, dei suoi ricorsi, delle sue pene e delle sue delusioni, delle sue angosce e suggestioni pazzesche.

   Se il poeta decadentista è un seguace della teoria del super-uomo, come lo è D’Annunzio, allora il poeta esalterà la violenza, l’aggressività. La lussuria centauresca, tutte le brame della bestia, vissute con la raffinatezza dell’intelligenza e della volontà umana.

LO STILE DEL DECADENTISMO

   Parliamo soprattutto dello stile che i decadentisti usano quando compongono poesia (nella prosa, salvo la costante preferenza per le complicatezze e le descrizioni minuziose, non si distaccano molto dalla prosa delle altre correnti letterarie).

A)- Stile essenziale o concentrato.

   E’ chiaro che se l’arte è frutto di una intuizione, di una folgorazione,  l’espressione si riduce al minimo indispensabile (talvolta una poesia si riduce ad un sol verso “M’illumino d’immenso”). All’età nostra, dicevano i decadentisti ( e tra questi in particolare i futuristi) tutto deve avere la velocità della macchina, e quindi anche la poesia  deve essere rapida, fulminea.

B)- Stile frammentario.

   Una volta eliminata la logica, il discorso poetico non corre più su un binario diritto e non ha più la complessità armonica di u n organismo pervaso in tutte le sue parti dallo stesso spirito vitale; ma si ridurrà ad una serie di impressioni fissate in immagini che sembrano staccate a chi è abituato a leggere col criterio della logica, ma sono collegate fra loro dallo stesso stato d’animo e dalla stessa atmosfera musicale. Chi legge una poesia decadentistica con i criteri della poesia classica o romantica ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un discorso dispersivo e poco comprensibile, mentre sa che il poeta è veramente poeta (come nel caso del Pascoli), e che le varie impressioni o frammenti sono facilmente riconducibili all’unità, se si riesce a penetrare nello stato d’animo del poeta e ad entrare nell’atmosfera musicale e pittorica che egli ha voluto creare con segni ed immagini.

 C) -Stile sensitivo.

   Abbiamo detto che il poeta decadentista non riproduce le cose,  ma esprime quello che, una volta immedesimatosi con lui, diventano nel suo mondo soggettivo: per cui esse non hanno una loro soggettività, ma sono rivestite ed animate dalla sensibilità del poeta, con il quale sembrano addirittura confondersi. Questa fusione tra soggetto ed oggetto viene chiamata “sensibilità” in quanto le cose acquistano il senso dell’uomo, e l’uomo acquista quello delle cose (significativa, a questo proposito, è “La pioggia nel pineto” di D’Annunzio).

D)- Stile simbolistico.

   Il simbolismo consiste nell’esprimersi per simboli, cioè per immagini che hanno un significato proprio, ma dal poeta sono usate in luogo di altre immagini, con esse legate da rapporti di somiglianza (la lonza, il leone, il lupo sono simboli, nel primo canto dell’Inferno, della frode, della violenza, dell’incontinenza; Beatrice è simbolo della rivelazione o della fede; Virgilio è simbolo della ragione).

   Una volta ammesso che poesia è creazione del soggetto, e  che questa creazione è frutto di un misterioso lavoro inconscio che si verifica nella zona ombrosa del subconscio, non ci si fa meraviglia che per il decadentista assuma l’immagine di una cosa, per significarne un’altra, in quanto, nel suo mondo interiore, tra le due cose, si è instaurato un rapporto (o per somiglianza fra esse o per vicinanza spaziale o temporale, nel ricordo del poeta). Non si tratta di un simbolo scelto con criteri dettati dall’intelligenza o dall’esperienza (come avviene ad esempio per i simboli danteschi), perché i decadentisti hanno escluso queste due fonti, ma di sostituzione reciproca di cose per legamento soggettivo e quasi sempre inspiegabile.

   Il simbolismo costituisce un fenomeno stilistico così importante nel decadentismo, che simbolismo e decadentismo spesso si identificano. Rimbaud dice che: “la natura è una foresta di simboli e di voci. Spetta al poeta saper combinare gli uni e le altre”.

E)- Stile allusivo e suggestivo.

   Dovendo comunicare il suo stato d’animo ai lettori non con un discorso logico, ma con una serie di immagini o di impressioni staccate, il poeta crea, attraverso le immagini stesse e la musicalità delle parole, una specie di atmosfera che suscita nel lettore una suggestione per cui egli, ad un certo punto, ha la sensazione di essere là dove il poeta l’ha voluto portare.

   Allusivo è detto perché, talvolta, il poeta genera lo stato di suggestione nel lettore con accenni o allusioni a cose a lui note e capaci di trasferirlo nel cerchio magico che egli sta creando.

LINGUAGGIO

a)- Essenziale, cioè ridotto al minimo indispensabile. Questa nota si spiega col fatto che, eliminato il discorso intellettuale, logico e ridotta la poesia a frammenti di impressioni, frutto di intuizioni o folgorazioni, vengono eliminate anche le strutture del discorso logico con le sue forme grammaticali e sintattiche tradizionali.

   I futuristi arriveranno addirittura a proporre, per esigenze di immediatezza, velocità ed essenzialità, un linguaggio fatto di soli sostantivi e verbi all’infinito.

b)- Sincretico e polivalente, cioè che fonda e scambia tra loro immagini e sensazioni diverse.  Ad esempio, già il Carducci ne “Il bove” scambia la sensazione visiva con quella uditiva, chiamando verde il silenzio (“Il divino del pian silenzio verde”). Questa nota , che diventerà preminente nella lirica (raramente nella prosa) dei decadentisti, si spiega con il fatto che nel sub-cosciente del poeta le immagini si richiamano, si accostano e si fondono per somiglianza, per contrasto per identità di tempo e di spazio, per legame casuale o finalistico:  per cui il poeta, invece del termine proprio di causa, , usa il termine proprio di effetto; un fatto contemporaneo a quello di cui sta parlando viene sostituito a quest’ultimo (se, ad esempio, in Agosto ha veduto le meteore, invece di dire Agosto afoso, dirà il mese delle meteore calde). Il tal modo il linguaggio decadentistico diventa così astruso che per interpretarlo è necessario o immedesimarsi nel poeta o che il poeta stesso dica quello che voleva dire.

c)- Musicale. “Facciamo anzitutto della musica” afferma un decadentista francese, Verlaine. Questa affermazione esprime il proposito dei decadentisti di staccare il più possibile il lettore dall’attenzione al concetto, al discorso logico, per trasferirlo nell’atmosfera che essi vogliono creare e in cui vogliono assorbire anche il lettore.

Talvolta questa ricerca di musicalità toglie ogni sostanza di contenuto alla espressione poetica e la riduce esclusivamente a suono. Anche in questi casi è difficile al lettore capire al di là della musica delle parole, che cosa il poeta voglia dire.

d)- Allusivo,cioè, talvolta, la parola non viene usata per il significato che ha, ma perché col suono con significato, richiama una immagine o contribuisce a creare una atmosfera.

e)- Retorico al massimo, cioè caratterizzato dall’uso sovrabbondante dei mezzi che l’arte del parlare ha creato nel corso dei secoli: metafore, simboli, sineddochi, metonimie,interrogative retoriche, esclamazioni.

 Il tutto si spiega perché la parola del decadentista non è più agganciato al concetto che è intellettualistico e che quindi si esprime sempre e solo con lo stesso vocabolo, ma è carica di sensazioni complicatissime e spesso misteriose.

f)- Nuovo, ad una poesia del tutto nuova è necessario un linguaggio nuovo, cioè un linguaggio in in i neologismi abbondano; parole vecchie assumono significati nuovi, parole caduto in disuso ritornano in uso. Ne risulta un linguaggio straordinariamente ricco, raffinato, prezioso, ma lontano dall’intelligenza del lettore comune (in Italia il mago della parola è D’Annunzio).

g)- La novità si estende anche alla metrica. Non solo non vengono più adottate le strutture metriche tradizionali con le strofe ben definite e arricchite dalla rima, ma vengono aboliti anche i versi tradizionali, dodecasillabo, endecasillabo, novenario ecc.) ai quali viene sostituito il cosiddetto verso libero, costituito, talvolta, da una sola sillaba. Eliminati gli accenti fissi che costituivano il verso tradizionale, la poesia si eguaglia alla prosa.

BREVE RIASSUNTO DELLA DOTTRINA ESTETICA DECADENTISTA

1)- L’arte è creazione.

2)- Il processo creativo ha una sua prima origine “nel profondo dell’essere”.

Il profondo dell’essere è costituito dalla psicologia di sub-strato.

Questa risulta composta da tre elementi:

      a)- elemento innato primordiale, costituito dagli impulsi, dalle brame, dai modi di percepire le cose e di reagire ad esse, che sono comuni a tutta la stirpe umana. Questo elemento è ereditario ed ogni individuo lo riceve dalla stirpe umana in generale con tutte le categorie e tutte le esperienze che essa ha  acquisto dal primo giorno della sua esistenza fino ad oggi. Si tratta di un fascio di energie che è nel profondo della psicologia di ogni uomo perché costituisce la dote caratteristica della specie umana.

       b)- elemento innato personale: è costituito dai modi personali di percepire e reagire, di vivere gli impulsi e le brame; modi ereditati dagli antenati della famiglia e strettamente collegati con la personale struttura psicofisica (=psicofisiologica).

      c)- elemento acquisto, che è costituito dalle esperienze personali e da quelle altrui, acquisite attraverso la cultura e la civiltà in cui uno vive.

3)- Da questo fondo dell’essere si sprigionano in continuazione i cosiddetti “stati d’animo” o “impressioni”. La sostanza, la tonalità, la struttura degli stati d’animo vengono determinate dal lavorio misterioso del sub-cosciente, che può paragonarsi ad un cervello elettronico, in cui gli accostamenti, le combinazioni e i risultati di queste si verificano secondo leggi ben precise, ma che sfuggono all’occhio di chi guarda solo dall’esterno. Sono le forze della associazione psichica (per usare un termine caro alla psicanalisi) che danno corpo allo stato d’animo: forze misteriose, regolate da leggi misteriose.

4)- Quando lo stato d’animo si sprigiona dal profondo dell’essere, si concretizza in una forma o immagine. Questa concretizzazione avviene attraverso un’attività che si chiama “intuizione” (o folgorazione) e che, appunto, perché è intuizione, esclude il ragionamento e tutto ciò che con questo è connesso.

5)- Quando emerge dal lavoro misterioso dell’essere la forma intuitiva si compie la creazione artistica. Fra tutte le attività dell’uomo l’arte è la più alta e quella che riassume tutte le altre (Hegel aveva detto che la più altra e quella che riassume tutte le altre era la filosofia).

CAUSE DEL DECADENTISMO

1)- L’affermarsi di un movimento irrazionalistico nell’ultimo quarantennio del ‘800, e che dura fino ad oggi, in reazione al razionalismo e allo scientismo dei positivisti.

Secondo questi si deve accettare solo ciò che è razionale e scientificamente dimostrabile: ciò che è razionale e scientifico, è immutabile e intoccabile, è oggettivo e condiziona l’intelletto umano. In Francia ad opere di Boutroux, e soprattutto di Blondel, si reagisce alla posizione positivistica con l’affermazione della libertà perfino nel mondo della fisica e della chimica.

   Blondel, infatti, sostiene che la fonte di tutto il reale è “lo slancio vitale”, cioè una energia libera che liberamente dà struttura e modi a sé stessa; struttura e modi fissi, ma non eterni nel mondo dei minerali, struttura sempre mobile nel mondo degli animali.

   Nell’uomo lo slancio vitale non è colto tanto nell’intelligenza che si limita a catalogare i fenomeni del reale ( e il catalogo non riproduce affatto le singole cose catalogate come esse sono in sé stesse), quanto nell’intuizione, immedesimazione dell’uomo con l’energia vitale diffusa in tutto l’universo.

   In base a questa teoria Blondel divide la religione in due forme: la religione chiusa e la religione aperta. La prima è la religione dei dogmi che sono percepiti dall’intelligenza; la seconda è unione immediata con Dio al di sopra e al di là dei dogmi. La stessa cosa egli dice della morale: la morale chiusa è fatta di precetti razionali; la morale aperta è fatta del dono di sé all’umanità al di sopra e al di là dei precetti.

   Questa tendenza all’irrazionalismo doveva riflettersi anche sull’arte. Anzitutto si tenta di liberare l’arte dai vari servizi che essa in passato ha reso a finalità che con essa non hanno niente a che fare (a finalità politiche, religiose, morali, scientifiche); in secondo luogo si tenta di fare dell’arte la prima e l’assoluta delle attività umane.

Basta ricordare a questo proposito la filosofia di Benedetto Croce, il quale pone l’arte (che definisce intuizione) come la prima delle attività dello spirito e in nessun modo collegata con le altre attività di esso (filosofia, economia, morale): l’arte è l’attività con cui lo spirito crea tutto ciò su cui in seguito esso riflette (filosofia), di cui si vale per creare utilità (economia), o su cui esprime giudizi di bene o di meno bene (morale).

   In Francia si afferma dalla metà del secolo XIX, il “Parnassismo” o movimento di Parnaso, che si propone, come programma,  l’arte per l’arte o la forma per la forma. Così si comincia a mettere da parte il contenuto e si comincia a volgere l’attenzione solo alla forma, che, una volta scissa dal contenuto, diviene creazione alogica.

   Il programma dei decadentisti, in pratica, si riduce a questo: l’arte per l’arte; l’arte non prende norma dalla vita, ma dà essa stessa lo norma alla vita, cioè non riproduce oggettivamente la vita, ma la crea a modo suo. Il poeta è un super-uomo, un demiurgo che vive la sua vita come opera d’arte, ed a cui perciò è lecito vivere al di là del bene e del male. Non è difficile scorgere in questa deificazione dell’uomo superiore, come è considerato il poeta, un influsso della teoria di Nietzsche, che fece la distinzione fra la “morale del signore” e “la morale del gregge”.

2)- L’esistenzialismo che si afferma proprio nello stesso periodo il cui sorge in decadentismo. La figura dell’esistenzialista è quella del disancorato, dell’uomo che disperatamente cerca un approdo su un terreno sicuro e non lo trova, dell’uomo chiuso in sé stesso e che cerca invano di intendersi con gli altri, dell’uomo perciò immerso nell’angoscia.

   Il decadentista, come abbiamo detto, è chiuso in sé stesso, non comunica né con la natura oggettiva, né con il mondo oggettivo dei suoi simili; è sempre ripiegato su sé stesso per scrutarsi, per sentirsi, per compiacersi o per vezzeggiarsi: talvolta è un esistenzialista disperato o allucinato, talvolta è un esistenzialista gaudente e raffinato: nota costante è l’egemonia del proprio essere.

3)- Il disfacimento dell’oggettività del vero, che aveva dominato il pensiero umano fino all’idealismo. La filosofia idealistica riduce tutto a creazione del soggetto (intesa come creazione dello spirito); non esiste più una verità eterna ed immutabile, bensì esiste la creazione di verità sempre nuove con il ritorno della dialettica degli opposti. Il positivismo distruggendo o dichiarando inconciliabile la metafisica e riducendo la morale a costume strettamente legato con le vicende storiche, sempre mutevoli, non ha affatto contribuito a riaffermare la validità oggettiva ed eterna dei principi che reggono la vita umana, anzi ha contribuito a disgregarli e ad assoggettarli alle mutabili esigenze degli individui e dei popoli.

   Disancorati dalla verità oggettiva i decadentisti si abbandonano alla creazione soggettiva più sfrenata, condotta con i metodi della libertà più spregiudicata.

4)- Il sorgere della psicanalisi, che a sua volta è legata alle teorie dell’evoluzionismo e dell’ereditarietà sostenute dal positivismo, il cui proposito era quello di spiegare i fenomeni, che nel passato erano considerati spirituali, con le leggi della chimica-biologica, in rapporto al concetto che l’anima non è spirituale, ma è una fascia di energia. Il lavoro del sub-cosciente che, come si è visto, è alla base della dottrina estetica del decadentismo, è da riallacciarsi, appunto, a questa teoria della bio-psicologia.

5)- Bisogno di reagire alla concezione della natura dei positivisti. Per i positivisti la natura è un mondo di leggi e di forme da sfruttare con la tecnologia, allo scopo di creare condizioni di vita sempre più agiate. Per i decadentisti la natura è un mondo pieno di immagini, di simboli, di voci, di misteri fra i quali si aggira per immedesimarsi con essi  l’uomo, il cui mondo interiore, pieno anche esso di misteri,  di energie, di slanci, di brame, di tenebre, di luce, di sofferenze e di impeti di gioia, va in cerca di mezzi per esprimersi nella meravigliosa foresta di suoni, di colori, di forme di vita della natura.

   Il Baudelaire in un sonetto intitolato “Corrispondences”(Corrispondenze) dice: “La natura è un tempio ove vivi pilastri fanno talora udire parole confuse, l’uomo vi passa attraversando foreste di simboli che gli rivolgono sguardi familiari. I profumi, i colori, i suoni si rispondono l’uno all’altro come echi che da lungi provenendo si fondono in tenebrosa e profonda unità, vasta come la notte e come la luce”.

   Così si passa dalla natura dei classici, intesa come bello scenario da contemplare, alla natura dei romantici intesa  come confidente dell’uomo, alla natura dei realisti intesa come ambiente fisico geografico e il più delle volte ostile all’uomo che in esso fatica e pena, alla natura dei decadentisti che costituisce una identità con l’uomo.

   Questa immedesimazione dell’uomo con la natura, che è propria dei decadentisti, può avvenire in due modi: o con l’affettuosità candida, ingenua e curiosa del fanciullino (come avviene in Pascoli) o con la foga voluttuosa e violenta del centauro (come avviene in D’Annunzio).

6)- L’affermarsi di un indirizzo culturale che preferisce accettare o rifiutare la verità o l’errore non in base alla ragione, ma in base ad una “esigenza morale” o “esigenza del cuore”. E stato Kant ad iniziare questo metodo in quanto egli svaluta la possibilità della ragione pura, in campo metafisico, nel quale ci si orienta solo in forza di una esigenza morale o ragion pratica.  La verità si sente, della verità si ha bisogno ed è vera non perché si dimostri che è vera, ma perché se ne ha bisogno.

   Nell’ultimo trentennio del ‘800 e nei primi due decenni del ‘900 si affermano queste due correnti culturali che sembrano riprendere in pieno il metodo morale kantiano: Il Pragmatismo americano di James e Dewey e il Modernismo religioso (Loisy). I pragmatisti sostengono che in nessuna affermazione, all’infuori di quella scientifica e matematica, si può dare una dimostrazione razionale: né in campo metafisico, né in quello morale, né in quello politico, né in quello economico, ecc. Sarà la capacità di produrre effetti, più o meno benefici, una volta che sia stata applicata alla pratica (pratica in greco si dice pragma) a dire se una affermazione è vera o no (esempio: esiste Dio ? Con la ragione non si può dimostrare – Kant – e allora facciamo la prova pratica: supponiamo che Dio esista e vediamo quali convenienze pratiche questa persuasione apporta alla società umana; facciamo l’ipotesi opposta e vediamo anche qui quali sono le convenienze. Quella delle due ipotesi che produce conseguenze migliori, dal punto di vista sociale, è vera o meglio è più accettabile”.

   All’esigenza morale di Kant è sostituita l’esigenza morale. I modernisti partendo anch’essi dal presupposto kantiano, che in religione i ragionamenti non concludono nulla di certo, sostengono che l’adesione ad una verità religiosa è solo frutto di un bisogno interiore: io credo in Dio non perché la religione mi dimostra che senza una causa prima non si spiegherebbe il mondo, ma perché dal profondo del mio essere, ad un certo momento, erompe l’esigenza di un essere supremo a cui affidare la mia esistenza e quella degli altri.

   Nel settore letterario alla poesia guidata dalla logica si sostituisce l’impressione che si forma attraverso il lavorio misterioso del sub-cosciente.

BREVE STORIA DEL DECADENTISMO

1)- Preannuncia il decadentismo il movimento parnassiano con il suo programma “l’art pour l’art”. Lo preannuncia Baudelaire che, come dice un critico francese “essendo stati mietuti tutti i campi alla luce del sole e non rimanendo quindi più nulla da dire alla poesia che ha lavorato sul piano del passato, si è fatto diavolo ed è sceso nelle profondità del sub-cosciente”. A Baudelaire si attribuisce anche la nascita del simbolismo.

2)- Il movimento di rinnovamento rivoluzionario e radicale della letteratura, in opposizione al passato, comincia a Parigi verso il 1880, ad opera di alcuni cenacoli letterari della della riva sinistra (rive gauche) dai nomi piuttosto strani: “zutistes” (= menefreghisti), “nous autres” (= noi altri), “chat noir” (=gatto nero). Da questi cenacoli sono sorte delle riviste: “La nouvelle rive gauche” (1882), “La Revue indipendente” (1885), “Revue wgnerienne” (1885), “Le dacadent” diretta da Laforque.

   Gli esponenti del movimento furono: Verlaine (che, attaccato dai sostenitori della vecchia letteratura come decadente, rispose: “Sì, è vero, io sono l’impero giunto al termine della decadenza, cioè sono l’interprete di una umanità che vive tra le raffinatezze, bagordi, le incredulità, le superficialità, i dubbi, le angosce, le disperazioni di una umanità che, ormai sazia di tutte le esperienze, è giunta al tramonto”, Stefano Mallarmé, famoso fu anche Huysman autore di “Areveur” (= a ritroso o contro corrente), Rimbaud.

In Italia gli esponenti sono Pascoli (molto moderato a causa della sua cultura classica), D’Annunzio.

Esponente in Cecoslovacchia fu Kafka con i suoi racconti allucinanti e pieni di angoscia esistenziale.

In America Jojce nei cui romanzi passato e presente si fondono come in un sogno strano. In Francia, più vicino a noi è Proust.

MOVIMENTI DERIVANTI DAL DECADENTISMO.

   Il termine “Decadentismo” è generale e significa indirizzo radicalmente nuovo della letteratura, caratterizzato da un soggettivismo libertario e spregiudicato.

   I movimenti sorti in seno a questo indirizzo generale sono:

A)- Il simbolismo (Baudelaire, Verlaine, Mallarmé, Rmboud).

B)- L’estetismo, cioè il culto di una bellezza e di un piacere raffinati al massimo e conditi di molti artificio. Per gli estetisti tutto ciò che è bello e piacevole è morale: al di là del bene e del male. L’artista, creatore del bello, è un dio, un super-uomo (D’Annunzio e Huysmann).

C)- Super-omismo di cui il massimo rappresentante è Nietzsche, teorizzatore della distinzione fra “spirito apollineo e spirito dionisiaco”; il primo è una concezione e un modo di vita improntato a una ebbrezza furente, ad una brama pazzesca di affermazione.

D)- Lo psicanalismo, il cui fondatore è Freud, per il quale nel fondo dell’essere umano ci sono due istinti: quello dell’eros (cioè della creazione) e quello dello sterminio (cioè della distruzione); da questi due istinti sgorgano tutte le brame, i pensieri, i sentimenti, le azioni, e, se essi sono smentiti cioè bloccati, allora si verificano le turbe psichiche.

E)- Dadaismo di cui fu iniziatore Tristan Tzara: sostiene il bando totale della ragione e l’automatismo psichico più assoluto. Il pittore o il poeta lavorano come in un sogno, anzi debbono mettersi nella condizione di chi sogna (nel sogno gli accostamenti delle immagini sono autentiche per associazione misteriosa, non per esigenza di ragione).

F)- Surrealismo o arte e poesia della sovra-realtà:  bandisce il reale ed esprime solo quello che detta l’inconscio. Come si vede è legato al dadaismo. Fondatore fu André Breton che lanciò “il manifesto del surrealismo” nel 1924.

G)- Impressionismo che in pittura sostiene la tesi che “la mano deve riprodurre quello che l’occhio vede” e l’occhio vede sempre e precisamente il colore dell’oggetto che è quello che fa più impressione (per esempio dell’albero fa più impressione il verde): il colore sostituisce l’oggetto. Il disegno, l’espressione dei personaggi non interessano. Il colore stesso sostituisce tutto: disegno, stile, espressione. E il colore non si ottiene con i metodi tradizionali, né si prepara prima: esso risulta da accostamento di colori opposti.

   In poesia all’impressionismo pittorico corrisponde  la sostituzione del contenuto con la parola suggestiva, che riproduce l’impressione fatta dalle cose nel poeta: la parola suggestiva sarebbe il corrispondente del colore.

H)- Espressionismo: è il contrario dell’impressionismo, a cui gli espressionisti rimproverano la dipendenza dall’oggetto o la mancanza di rielaborazione personale, e perciò sostengono che l’arte deve riprodurre non le cose, ma esprimere le cose stesse, così come le ricerca il soggetto, il quale può vederle sotto mille aspetti e in mille modi, che sono strettamente legati alla sua soggettività.

Esponente dell’espressionismo è Van Gogh.

   In poesia all’espressionismo corrisponde  il principio che il poeta deve esprimere i suoi stati d’animo che si formano attraverso il lavoro misterioso del sub-cosciente e che, quindi, sono estremamente soggettivi, come soggettiva è l’espressione di essi.

I)- Crepuscolarismo. E’ un indirizzo letterario che si afferma in Italia tra la fine del ‘800 e il primo ventennio del ‘900, in opposizione alla poesia solenne e rumorosa del Carducci, e a quella sfavillante e raffinata del D’Annunzio, cioè di due autori che allora erano considerati come campioni insuperabili della nostra poesia.

   I crepuscolari (Gozzano – Govoni – Corazzini) si propongono (forse dietro l’esempio di Pascoli) di opporre alla grande poesia la piccola poesia.

   Ecco il repertorio dei crepuscolari: l’autocompianto, l’amore della vita mediocre (gli amori per la serva, le visite pomeridiane, , le festicciole patriottiche, il salotto adorno di “buone cose di pessimo gusto”, cioè di album con le fotografie, di scialli, di merletti, di miniature), il fastidio del vivere quotidiano con gli interminabili pomeriggi domenicali, la pena che fanno i cani randagi, i viaggi in carrozza di III classe piena zeppa di grosse valigie, le corsie degli ospedali e dei ricoveri, le beghine e le beghinerie ecc.

   Questi motivi sono svolti con un senso di rassegnazione condita da ironia: non è solo abbandono al proprio destino, ma è anche sorriso amaro sulla propria esistenza infelice.

   Il linguaggio è volutamente semplice, quasi trasandato. Del decadentismo nei crepuscolari c’è la continua riflessione su sé stessi, l’isolamento ed una specie di voluttà del dolore.

L)- Futurismo. E’ un indirizzo letterario e artistico che è caratterizzato dal proposito di troncare qualsiasi rapporto con il passato e di trovare modi nuovi per la poesia e per l’arte, capaci di esprimere il ritmo velocissimo della civiltà moderna. “Il manifesto futurista”di Marinetti fu pubblicato nel “Figaro” il 20 febbraio 1909; il programma si riassume “nell’amor del pericolo, nell’abitudine all’energia e alla temerarietà, nel movimento aggressivo, nell’insonnia febbrile, nel passo di corsa, nel salto mortale, nello schiaffo e nel pugno”.

   Il mezzo di espressione letteraria di questi motivi è costituito dalle cosiddette “parole in libertà” svincolate dai legami della sintassi e della punteggiatura riproducenti gridi, suoni, rumori, versi di animali, rombo di motori, frastuono di officina. Questa spregiudicatezza aggressiva, congiunta a disprezzo del passato, sarà fatta propria dal movimento fascista, che esalterà lo spirito aggressivo, la violenza, la conquista spavalda, la lotta incessante. Ma non bisogna dimenticare che uguale ed identico era anche lo stile della rivoluzione socialista.

   La spavalderia e l’audacia, lo spirito di conquista che non conosce ostacoli, costituivano parte essenziale dell’ispirazione poetica e della concezione di Nietzsche del super-uomo.

M)- Ermetismo. E’ un indirizzo poetico (poesia lirica soprattutto) caratterizzato dalla difficile decifrabilità del discorso poetico, da una specie di magicità misteriosa della parola, come se il poeta parlasse una lingua sconosciuta. E’ la conclusione estremistica del soggettivismo, del simbolismo, dell’espressione concentrata, che costituiscono gli aspetti fondamentali del decadentismo. E’ una poesia che non  si interpreta con la logica della ragione, ma tentando di penetrare nello stato d’animo del poeta, utilizzando le suggestioni delle immagini e le evocazioni dei suoni della parola.

   Withitfield  nel suo volume “Petrarca e il Petrarchismo” afferma: “l’oscurità della scrittura è utile, dal momento che permette a menti diverse di cogliere verità diverse, uno comprendendo una cosa, altri un’altra” : è un discorso piuttosto strano, che fa poco onore sia ai poeti, che in questo senso ognuno potrebbe interpretare a modo proprio, solo perché il loro discorso non ha un senso preciso, sia per il lettore che, avvicinandosi ad opere di questo genere, non farebbero altro che perder tempo; tuttavia alcuni poeti ermetici, come Ungaretti, Quasimodo, Montale, sono riusciti, attraverso l’espressione ermetica, a comunicare talvolta stati d’animo che non sarebbe stato possibile con l’espressione tradizionale.

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