MONTAPPONE nella storia di Carlo Tomassini

MONTAPPONE nella storia

Carlo Tomassini

L’antico centro urbano di Montappone sul colle a 369 metri sul livello  del mare, grazie alle attività imprenditoriali rivolte prevalentemente all’industria dei cappelli, si è molto espanso lungo la strada provinciale Montapponese. Ecco i confini: a nord Massa Fermana, ad est Monte Giorgio e Monte Vidon Corrado; a sud Falerone, ad ovest Sant’Angelo in Pontano (MC) e Loro Piceno (MC). E’ un territorio aperto a facili collegamenti con il Maceratese. Nel 2012 con 1753 abitanti su 10, 41 kmq. ha manifestato un’apprezzabile densità di 167,32 abitanti per Kmq. Se osserviamo questo territorio muovendoci  lungo il percorso della strada provinciale, notiamo le antiche contrade: a sud-ovest San Giorgio, ad ovest  la Selva e Chiodi, a nord-ovest Sole, a nord  il colle di San Salvatore,  a nord-est Fontecorata, ad est Tarucchio, a sud-est Spiazzi e Salento. Questi toponimi indicano gli insediamenti medioevali delle aziende rurali curtensi; in particolare San Salvatore indica un’azienda curtense dei monaci Farfensi. Tarucchio divenne ben presto un dominio dei signori che nel basso medioevo sono andati ad abitare  dentro al centro urbano, per partecipare all’amministrazione comunale. Da notare anche i fossati e torrenti: Tarucchio; Faerchio; Merdà; e “Vullicaro” che è un piccolo stagno melmoso dal fango bianco cinereo, tipico fenomeno  dei luoghi da cui fuoriesce il gas dall’interno della crosta terrestre aperta. Interessanti anche le fontane che hanno soddisfatto i prelievi di acqua prima della creazione dell’acquedotto: Gagliano; Fontinelle; Pozzo; Fonte Rio; Peccerosa; Fonte Mana. Il toponimo Villa, riguarda il luogo dove ora sorge la nuova chiesa parrocchiale lungo la strada Montapponese, anticamente vi era S. Maria in Villa. Il toponimo fa pensare ad una villa romana, dato che in queste terre furono inviati, al tempo di Augusto, i soldati veterani degli eserciti di Pompeo e di Cesare. Essi stabilivano la sede dei defunti e degli dei Mani in un’edicola presso la villa, ove riponevano le anfore come urne cinerarie dei famigliari defunti cremati. Quando subentrarono nel IV secolo i cristiani, riutilizzarono queste edicole. Fortunato Frontoni precisa: “Esisteva una chiesa che era officiata dai monaci farfensi nel medioevo sotto il titolo SS. Salvatore[1].” E da questo è derivato anche il titolo di “Pievania” che si dava alla parrocchia ancora nel 1838[2].

Una parte del territorio di Montottone è descritta in un contratto del marzo 1121 tra i figli del conte Ismidone con la cessione di un’azienda rurale, in questa parte del territorio Fermano. Ecco i confini: da un lato la strada che da San Giorgio va verso san Damiano; nel secondo lato la strada che da San Giorgio va verso il Colle Tisiano ed al fossato Norelle; nel terzo lato il fossato Gran Colle verso Tarucchio; nel quarto lato il Laca (Lete?) verso Tarucchio. Queste proprietà del conte Giberto figlio del conte Ismidone erano sul colle abitato e fortificato, con la chiesa di san Rufino che Giberto riserva per sé, mentre vendeva il resto al fratello Gentile al prezzo di duecento soldi, specificando le otto famiglie che abitavano e lavoravano in questo ‘manso’: Caroni, Firmoni, Attoni, Alberici, Masoni, Petri, Baruncelli, Gezoni[3]. Il documento dice chiaramente che questi conti rientravano nel dominio territoriale Fermano.

Gentile di Ismidone, a sua volta, nel 1141,  rendeva i suoi figli vassalli del vescovo di Fermo[4]. Interessa notare i successivi sviluppi di questa cessione, perché anche altri figli del conte Giberto fanno cessioni di proprietà al pronosticato vescovo, Baligano arcidiacono, insieme con il castello di Francavilla d’Ete[5].

Strettissimo divenne il legame tra i nipoti e pronipoti del conte Ismidone con il vescovo perché furono assunti a ruoli amministrativi, tanto che nel 1236, quando il rettore della Marca fece recuperare le riscossioni della tasse spettanti al vescovo di Fermo,  il notaio stabiliva i curatori vescovili, alla presenza di  Guarnerio da Montappone[6]. Montappone era organizzato come Comune  del territorio di Fermo, e queste relazioni favorirono le opere pubbliche, ad esempio le fortificazioni con muraglie e con qualche torrione.

I documenti Fermani conservano testimonianze della vita pubblica e civile dei montapponesi, in particolare in molti atti notarili dell’anno 1327[7]. Tramite il loro incaricato Giacomo Ugolini, il Comune e gli abitanti montapponesi con giuramento promettevano perpetua e fedele cittadinanza Fermana, nell’obbedire agli ordini del podestà e del Capitano di Fermo[8]. Subito il Comune di Fermo, tramite l’incaricato Ser Matteo Petri Rose, recepiva ed accettava questa perpetua cittadinanza con i privilegi, gli onori, e le dignità a favore della comunità, delle persone e del comune montapponesi, anche per il milite Federico Federici[9]. Il comune di Montappone traferiva la giurisdizione e il potere amministrativo alla città di Fermo, per riceverne protezione ed altri vantaggi, messi per iscritto con  patti e capitoli, nella prassi della distrettualità[10].

Durante la lunga permanenza del papa ad Avignone (Francia) alcuni signorotti locali fecero atti di insubordinazione al governo della Marca. Mercenario da Monteverde divenne il tiranno di Fermo e  si appropriò di Montappone, e di Francavilla. La sua uccisione diede possibilità a Fermo di acquisire questi castelli[11].  Gentile da Mogliano poi usurpò con le armi il potere a Fermo, e trovandosi contrastato, fece distruggere il castello di Montappone. I Fermani gli si opposero e lo ridussero assediato nel fortilizio del Girfalco in città, da cui fu snidato a fine giugno del 1355. Allora il papa mandò il card. Egidio Albornoz che il 24 agosto 1355 si stabilì a Fermo e diede un nuovo ordinamento con le Costituzioni della Marca (1356). Va notato che, per una svista, gli storici ripetono erroneamente che l’Albornoz non autorizzò la ricostruzione del castello di Montappone. Al contrario questo Legato papale fu dalla parte dei montapponesi e per questo non autorizzò che si ricostruisse il fortilizio del castellare  dei signorotti perché era stato distrutto per allontanare i tiranni[12]. Il documento albornoziano del 1355 vietava che nel castellare di Montappone si potesse ricostruire un’abitazione fortificata per qualche signorotto pretenzioso[13]. Secondo gli studi della Giorgioni,  il 6 giugno 1365 il giudice romano Pietro Alfonso, uditore del cardinal Albornoz, sentenziò che il castello di Montappone venisse riconsegnato a Mitarella (figlia di Mercenario) da parte di  Fermo[14].  Il Comune della città fece appello al vicario general della Marca[15]. I beni ereditari del genitore Mercenario genitore di costei, furono messi all’asta dalla Camera Romana e nel 1366 Montegiorgio offrì alla Camera, 7000 ducati per acquisire le proprietà che Mercenario ebbe a Monteverde, a Montappone e nella terza parte di Chiarmonte[16]. L’affare non si concluse perché incomodo per Fermo.

Il 31 agosto 1372 I Montapponesi fecero nuovi restauri alle loro abitazioni e rafforzamenti del castello, apponendo anche questa lapide ad onore della collaborazione e della cittadinanza di Fermo[17]: 1372 indizione decima, questa fabbrica a volte, rinnovata per mezzo di Giacomo Angeli da Marsciano, cittadino Perugin,o ad onore del potere della cittadinanza Fermana. E Fermo voleva facilitare l’uso delle risorse locali per le opere pubbliche, evitando tassazioni aggiuntive, come ottenne il 22 ottobre 1372 da Roma, secondo la regolamentazione degli Statuti dei Fermani[18].

Opportunamente si fortificava questo castello perché la pervicacia di Rainaldo da Monteverde, parente di Mitarella, tornava all’assalto nel 1376 con l’aiuto degli avventurieri di Azzo degli Ubaldini, nonostante la difesa da parte delle milizie di Fermo. L’aggressore Monteverde si stabilì a Montegiorgio e saccheggiava i castelli, a cominciare da Montappone, ripetutamente, fino a che nel 1380 non fu decapitato dai Fermani[19]. Tornarono le compagnia di ventura a devastare i castelli nel 1413 con Ludovico Migliorati alleato con Paolo Orsini; fino a quando, nell’ottobre dello stesso anno, gli eserciti, richiesti dal papa, di Carlo Malatesta e di Rodolfo Varano non li scacciarono.

Mali non minori veniva preparando Francesco Sforza che si fece nominare gonfaloniere del papa e marchese e venne a Fermo il 3 gennaio 1434. Dopo lungo e  gravoso imperversare di guerre, egli fu snidato dal girfalco di Fermo nel 1446 e si allontanò. In seguito, Montappone accusato di aver causato danni e per disimpegnarsi, si rimise alla decisione del capitano di Fermo, evitando ogni processo[20]. In quel secolo che per guerre, fame e pestilenze ebbe molti lutti, Fermo fece acquisire un nuovo territorio a Montappone, dandogli la località Apezzana (San Lorenzo) vicino a Loro Piceno[21].

Il secolo XVI ha lasciato splendide opere d’arte nelle chiese di montapponesi. Anzitutto viene notato un prezioso reliquiario del legno della santa Croce del Signore Gesù, in argento dorato e ornato di pietre preziose. Inoltre sono apprezzati i dipinti del 1518, attibuiti al monterubbianese Vincenzo Pagani, nell’oratorio  detto poi del SS. Sacramento. In seguito, a Santa Maria in Castello furono aggiunte le pitture di Cristoforo Roncalli[22]. Lo spirito cristiano favoriva la ricerca della pace e quando, nel 1505, insorse una vertenza per un bosco che Sant’Angelo in Pontano considerava sua appartenenza, i Montapponesi cercarono e conclusero il compromesso presso io Priori della città di Fermo[23].

Da Andrea Bacci si ha notizia che a Montappone esistevano dei Bagni di acqua sulfurea e minerale, praticati a scopo curativo[24].    Nuove chiese hanno espresso l’operosa fede e la spontanea fraternità dei Montapponesi. La confraternita  mariana del santo Rosario, ufficializzata nel 1638 portò a termine la sua chiesa nel 1684 con un dipinto della Madonna del Carmine o Carmelo[25]. Questi confratelli crearono anche il Monte Frumentario per prestare il grano prima della semina e riaverlo l’anno successivo. Un altro Monte Frumentario fu creato dalla confraternita del SS. Sacramento, nata nel sec. XVI, con il titolo del Corpus Domini.

Il secolo XVIII è l’epoca dell’edilizia di ispirazione classicheggiate, dall’Arcadia all’illuminismo. Le precedenti consociazioni fraternali furono accresciute con la compagnia del Suffragio per le anime dei defunti nel 1759. Nella chiesa di Santa Croce[26] c’è una lapide con la data 1757 riferibile all’opera edilizia. Altra novità, nella seconda metà del secolo, la chiesina di San Filippo Neri[27]. L’antica chiesa della Madonna di Gagliano a confine tra Montegiorgio, Montappone e Monte Vidon Corrado richiama i toponimi Montapponello e Podiolo. Grande l’afflusso alla festa annuale. Vi è un dipinto della Madonna della Grazia e della Misericordia di Antonio Cosimi, datato 1794[28].

La fine secolo XVIII con l’invasione dell’esercito napoleonico e con la conseguente soppressione delle associazione religiose per confiscare i loro beni, recò miserie e lutti. Di nuovo dal 1808 tornò il governo francese fino al 1815, e in questi sette anni i castelli di Montappone, Monte Vidon Corrado e Massa furono uniti sotto il governo di Montegiorgio, entro il Dipartimento del Tronto con capoluogo Fermo. Poi dal 1826  fu ripresa l’unione tra Massa e Montappone nel restaurato Stato Romano. La Provincia di Fermo poi fu soppressa il 22 dicembre 1860 con l’occupazione dell’esercito del re di Savoia che il 16 marzo 1861 proclamò, a Torino, il suo Regno d’Italia. Montappone deliberò a favore della richiesta di ripristinare questa provincia[29]. Allora le condizioni dei contadini peggiorarono di molto, mentre l’artigianato stentava a migliorare, nonostante l’Istituto di Arti e Mestieri creato a Fermo dal card. Filippo De Angelis con i beni di Girolamo e Margherita Montani. Ne derivò una forte emigrazione, mai prima registrata, delle energie giovanili verso le Americhe.

Alla tradizione musicale dell’organo nelle chiese nel 1874 fece eco l’organizzazione della Banda Comunale con il “Concerto di ottoni[30].” Quel secolo  noto per la rivoluzione industriale portò la costruzione della la Ferrovia Adriatico-Appennino (Porto San Giorgio-Amandola) consorzio a cui Montappone aderì nel 1882 con la spesa di lire 983,62. Poi la guerra di Libia e la Grande guerra 1915-18 fecero partire anche i soldati montapponesi. Molti loro nomi sono scritti nel monumento ai caduti[31]. A causa della miseria moltissimi morirono per la conseguente epidemia chiamata “Spagnola”.  Il militarismo dominante scatenò anche la seconda guerra mondiale, con tragiche conseguenze per tutti.

Nel dopoguerra, in ogni paese, anche a Montappone,  si lavorò per la “Ricostruzione” sia riattivando e aggiornando l’artigianato nei cappellifici, sia migliorando l’agricoltura con la “Scuola Agraria” qui stabilita nel 1947.  La lavorazione delle trecce fatte con la paglia, secondo quel che si tramanda, all’inizio fu appressa anticamente da una famiglia Fiorentina. Divenne popolare perché veniva eseguita da persone di ogni età, in modo abituale, anche conversando e passeggiando, soprattutto era praticata durante le veglie autunnali ed invernali. Le macchine artigianali servivano a pareggiare gli steli di paglia, e nelle fasi successive, erano necessarie per  la forma al cappello, per la falda, e per il contorno. Durante il Governo Romano pontificio, era lodata la gloriosa solerzia dei Montapponesi,  come diedero testimonianza il  Castellano nel 1840 e l’Enciclopedia nel 1857. Di recente sono state fatte indagini con tesi di laurea che dimostrano la validità dell’imprenditorialità montapponese[32]. Negli anni attorno al 1891 si contavano 2000 addetti alla lavorazione dei cappelli, con le distinte competenze di cucitrici, di pressatori e di guarnitrici. Tre artigiani ai macchinari riuscivano a dare forma finale a seicento cappelli al giorno. L’esportazione era aperta, già nell’anteguerra, in Grecia, nelle Isole Ionie, in Algeria, in Egitto e in Crimea. La vendita al minuto avveniva soprattutto nei mesi di maggio, giugno e luglio, direttamente da parte delle famiglie artigianali. Il blocco della commercializzazione e della produzione è stato causato inseguito dalla seconda guerra mondiale, in anni di miseria e di lotta[33]. Poi l’Italia Repubblica democratica ha rinnovato lo spirito imprenditoriale e, creando  nuovo lavoro, ha recato quel benessere che ha fatto costruire nuove abitazioni e servizi.

Il Museo del Cappello è stato inaugurato nel 1988, poi sostenuto dall’Associazione culturale omonima dal 1996. Inoltre si stampavano periodici: negli anni 1991 fu promosso il mensile di attualità, cultura e curiosità diretto da E. Bartomioli a Montappone col titolo “Il Melograno”. Dal 1992 ha preso l’avvio la rivista “HAT” periodico di arte, cultura e modo di vestire abbinato al cappello (ed. G. Serafini). Per le iniziative culturali e di tempo libero nel 1995 è stata istituita la Pro Loco montapponese[34].

Piace concludere con le feste montapponesi:  il 23 aprile per festeggiare San Giorgio[35], liturgia della Cresima, fiera, gara ciclistica. A giugno l’infiorata per il Corpus Domini. L’ 11 novembre la festa di san Martino. L’ 8 dicembre festa dell’Immacolata con la processione, la musica e i fuochi d’artificio.  Tradizionali anche i ‘focaracci’, la sera prima del 10 dicembre, per salutare la venuta della Madonna della santa casa a Loreto.


[1] FRONTONI, F. Montappone: storia, tradizioni, leggende dalle origini al duemila. Fano 2000, p. 133. La storia di Montappone fu pubblicata nel 1859 e nel 1860 a Fermo da VITALI BRANCADORO, V. Notizie storiche e statistiche di Montappone nella provincia di Fermo. Pierino ZAMPUTI, Cenni storici di Montappone. Falerone 1973 ripubblicava il testo del Brancadoro con alcune aggiunte.

[2] FRONTONI, F. op. cit. p. 116: “ Nel 1838 nella pievania S. Maria in Castello erano unite le intitolazioni al SS. Salvatore e a S. Giorgio.”

[3] AA.VV. Liber iurium dell’episcopato e della città di Fermo (977-1266).Ancona 1996 pp. 406-408.

[4] Nel 1141  Gentile figlio del conte Ismidone dona a Liberto vescovo di Fermo i  suoi figli naturali Allegretto, Giberto e Offreduccio, insieme con tutte le sue proprietà, riservandosene l’usufrutto vita natural durante. Sicché i discendenti del conte Ismidone risultano vassalli del vescovo. Ecco come sono indicati i confini: primo lato il fiume chiamato Tenna, nel secondo lato “Laca” ( Ete o Leta), nel terzo lato la strada che da San Pietro Marano va al Tenna ed all’Ete; dal quarto lato la strada che da san Vito davanti a Monte Vidon <Corrado>  va direttamente al Tenna e all’Ete. Ivi pp. 404-405.

[5] Ivi pp. 405-406: il 28 agosto del 1145 i conti Bernardo,  Ruggero,e Rainaldo, figli del conte Giberto pattuiscono un compenso con Baligano e gli cedono gli uomini, le aziende curtensi, le chiese e le terre a Francavilla.

[6] Ivi pp. 276-278: il 12 maggio 1236 sono stabiliti i curatori o tutori delle riscossioni delle tasse a Monte Santo (=Potenza P.), Ripatransone, Monte San Pietrangeli, Grottazzolina e Monte Urano a vantaggio d i Filippo, vescovo di Fermo. Tra i presenti all’atto notarile c’è  Guarnerio da Montappone. Su Montapponello e su Podiolo prevalsero le mire possessive di Montegiorgio, e, con probabilità, vi erano passati alcuni eredi di Ismidone.  Undici pergamene nell’Archivio di Stato di Fermo, Archivio Diplomatico di Fermo nn. da 1768 al 1778 anno 1307. Montapponello viene oggi chiamato Gagliano, contrada di confine.

[7] Archivio diplomatico di Fermo,  elenco di M. Hubart ai numeri da 1749 a1763 quindici atti, di cui molte copie.

[8] Ivi pergamene nn. 1750; 1752; 1753; 1754; 1755.

[9] Ivi pergamene nn. 1749, 1756, 1757, 1758. Il nobile e potente milite signor Federico Federici (=di Federico) da Montappone, assieme con questo comune, giura perpetua e fedele cittadinanza a Fermo, con rispetto degli ordini, nella cittadinanza Fermana e nel trasferire ogni giurisdizione e potere alla città di Fermo. Ivi pergam. n. 1751 dell’anno 1327.

[10] Ivi pergam. nn. 1759 e 1760. Si incontrano per la sottoscrizione notarile ufficiale Giacomo Ugolini, rappresentante del comune di Montappone, e Ser Matteo Petri Rose rappresentante del comune di Fermo, perg. 1759. Dopo il deliberato del Consiglio dei Trecento di Fermo,  i Priori fermani  assieme con gli uomini del comune montapponese stabiliscono gli statuti ed ordinamenti distrettuali.

[11] Ivi pergam.675 dell’anno 1340. Fu incaricato Iacobuccio Firmani a ricevere questa eredità di Mercenario a Monteverde, Montappone, Francavilla, a nome di Fermo.

[12] Ivi pergam. n. 1763. Nell’autorizzazione data il 30 maggio 1355 dall’Albornoz a Mitarella, figlia di Mercenario da Monteverde e moglie di Gualtiero Alberghetti, signore di Fabriano, si approva la seconda riedificazione di Montappone, escludendo di fare fortilizi senza autorizzazione papale, ivi pergam. n. 1762 edita da PRETE, S, Documenti albornoziani nell’Archivio Diplomatico di Fermo; in “Studia Picena” n. 27 anno 1959 pp. 3-23 riedito Pagine di storia Fermana. Fano 1984 pp. 199-221, doc. edito pp. 213-214.

[13] Ivi doc. in data 8 ottobre 1355, pergam. n. 1761.

[14] GIORGIONI,G. Le carte di Mitarella da Monteverde nell’archivio comunale di Fermo. Tesi di Laurea. Perugia Facoltà di Magistero. A. a. 1971\1972. Alla data.

[15] Ivi pergam. n. 1767 senza anno, ma posteriore al 6 giugno 1365.

[16] Ivi pergam. n. 2147.

[17] Ivi pergam. n. 1763. Epigrafe del torrione ora sistemata nel Museo del cappello a Montottone cfr. FRONTONI, F., Op. cit. pp. 15-16. Ecco il testo: <A.> MCCCLXXII INDictione X \ Hec CAMera REFORmata Per JACOBUM  \  AnGELI De MArScIANo PerUsiNum CIVEM \ HONore POTestATis  CIVITATIS   FIRMANE

[18] Pietro cardinale del titolo di santa Maria in Trastevere stabilisce che non sia la tesoreria né l’esattoria della Camera Apostolica nella Marca a decidere delle tasse del Fermano, ma siano le proprie leggi. Doc. del 22.X.1372 in Archivio Diplomatico di Fermo, cit. pergam. n. 1167, senza nuove gabelle ivi n. 274. Gabelle esistenti ivi pergam. nn. 182 e 786. Nello stesso anno 1372 si insisteva perché restasse a Fermo la sede del governo della Marca pergam. nn. 317 e 408; parimenti il tribunale, pergam. nn. 615 e 841; Fermo acquisiva dalla Camera Romana le proprietà dei signori di Massa pergam. nn. 1319 e 1676; i confini di Montegiorgio venivano delimitati perg. n. 632.

[19] Cronache della città di Fermo a cura di DE MINICIS, G. Firenze 1870 p. 8.

[20] Archivio Diplomatico di Fermo cit. pergam. n. 1764.

[21] P.RATTA, Firmana concessionum. Roma 1770; DAMI, F., De rebus in civitate Firmana gestis fragmentorum libri duo. Roma 1591 p. 80.

[22] Marche. Guida d’Italia del Touring club Italiano, Milano 1979 p. 559

[23] Archivio Diplomatico di Fermo pergam. n. 1765. Ancora un compromesso per un bosco nell’anno 1510, ivi pergam. n. 1566.

[24] BACCI, A. De Thermis. Lib. 4° cap. XIII Venetiis 1571; cfr. FRONTONI, F. p. 135.

[25] Foto in Frontoni, F. p. 125.

[26] Ivi p. 126.

[27] Ivi p. 127.

[28] Ivi p. 131. Nel dipinto la Beata Vergine è contemplata da san Pietro d’Alcantara e san Filippo Neri.

[29] Al Primo Parlamento Italiano per la città e la Provincia di Fermo. Voto adesivo dei consiglieri provinciali alla petizione dei municipio di Fermo 21 marzo 1861 pag. 15.

[30] Banda musicale di Montappone. Regolamento. Tolentino 1890; FRONTONI, F. pag. 136. Uno scrittore dell’epoca: RUGGERI, V., Saggio di epigrammi di Vito Ruggeri da Montappone. Fermo 1860.

[31] FRONTONI, F.  pp. 23-24 “pochi tornarono”.

[32] CASTELLANO, P. Lo Stato Pontificio nei suoi rapporti geografici, storici, politici secondo le ultime divisioni amministrative, giudiziarie ed ecclesiastiche. Roma 1837 p. 688 loda la solerzia dei laboriosi montapponesi. NIGRISOLI, G., Rivista dei più importanti prodotti naturali e manufatturieri dello Stato Pontificio Ferrara, gennaio- giugno 1857 riferiva dell’abbondante produzione esportata all’estero. Esposizione Italiana in Firenze del 1861.vol. 3°. Relazioni dei giurati. Firenze 1865 pp. 153-157. Esposizione provinciale agricola, industriale e artistica in Fermo nel settembre 1869 (Fermo Biblioteca Comunale) pp. 54-55.  IOMMI, I. L’industria dei cappelli di paglia nel circondario di Fermo in “L’esposizione marchigiana”. Macerata 21 gennaio 1905 n. 4 pag. 30. FORTUNATI, R. Montappone ieri ed oggi. Lo sviluppo della lavorazione della paglia ei suoi riflessi socio culturali. Tesi di laurea. Università di Urbino a. a. 1967-1968. Facoltà di Magistero e Pedagogia. SORI, E. Dalla manifattura all’industria. 1861-1940. Macerata 1987 e 1990 pp. 326-338. SERAFINI, G. R. Storia del Cappello di Paglia realizzato con la treccia. Montegranaro 1990.  VITTORI, R. Lo sviluppo dell’imprenditorialità consortile nei Distretti Industriali. Il caso della produzione dei cappelli a Montappone. Tesi di laurea. Università Bocconi, Milano, Facoltà di Economia e Commercio a. a. 1996-1997. Il cappello di paglia dal covone al cappello rammagliato: Montappone Borgo antico 23-24 luglio 2005. Montappone 2005. SABBATUCCI SEVERINI, P. Il distretto fermano dei cappelli: dalla manifattura alla fabbrica. Secolo XIX-X. Atti del convegno Montappone 5-6 luglio 2006 in “Proposte e Ricerche”  57 a. 2006; La terra dei cinque nodi: Massa Fermana, Montappone, Monte Vidon Corrado, Falerone, Servigliano. Associazione dei comuni “Fili di paglia”. Fermo 2006 ca. MASSACCESI, E. La manifattura della paglia a Montappone, pp. 100-120. Catalogo della mostra: Il cappello pazzo: la creatività dei maestri cappellai di Montappone, Massa Fermana e di artisti internazionali. Art director DE MINICIS D.; foto CAPORALETTI, D., Fano 2012.

[33] VITALI, G. 1943-1946. La Resistenza a Monte Vidon Corrado in Quaderni di Storia Picena” supplemento al “l Paese” Monte Vidon Corrado 1994. MUCCI, N. – TAFFETANI, G. Ricordi dal fronte di prigionia. Associazione Nazionale Combattenti e Reduci Sez. di Montappone. Pollenza 1999.  Raccolta foto FORTUNATI, F., Saluti da Montappone 1910-1997. Fano 1997.

[34] Cfr. BUCCOLINI, P: Montappone elementi per la conoscenza e coscienza del paese. Montappone 1999. Tra le personalità descritte da FRONTONI, F.  p. 146 il salesiano missionario Vitali Natalino (nato 1955) dirige corsi professionali a Santiago del Cile.

[35] L’antica festa di San Giorgio è menzionata da BALZOFIORE, F., Parole di laude all’illustre martire di s. Chiesa San Giorgio protettore dell’antica terra di Montappone. Fermo 1860.

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