MONTEGRANARO E SANTA VITTORIA IN MATENANO. Note di Settimi Giovanni

MONTEGRANARO E SANTA VITTORIA IN MATENANO (di Settimi  Giovanni)

La prima notizia che collega Montegranaro a Santa Vittoria è fornita dal Colucci (“Antichità Picene” vol. XXXI pag. 50). Tra le chiese dipendenti da Santa Vittoria nel secolo 11°, risulta anche la chiesa di S. Pietro di Montegranaro: queste parole lasciano sottintendere tutto un lavoro spirituale e materiale di civiltà compiuto dai monaci Benedettini anche in queste zone fertili e ricche, che dall’Ete morto si affacciano al Chienti, dove del resto altri possedimenti ed opere sono conosciuti dalla storia per l’attività del monastero Farfense. Nel secolo 13° risulta a Montegranaro l’opera dei Silvestrini e tuttora si venerano le preziose reliquie del beato Ugo, vissuto e santificatosi a Montegranaro. Credo che qualche buona ragione ci debba essere stata per porre, nei secoli successivi, un dipinto nella chiesa di S. Pietro rappresentante appunto “San Liborio ed il beato Ugo”, protettori di Montegranaro. Il meno che si può pensare è che chiesa e possedimenti di Santa Vittoria siano passati ai religiosi della riforma ecclesiale di S. Silvestro.

Nel 1314 troviamo una relazione tra persone dei due paesi, questa volta poco simpatica, ma la storia ha pagine belle e pagine brutte. Nel monastero di Sant’Angelo in Barvolano, in territorio di Altidona, dipendente dalla Priore di Santa Vittoria, era superiore un monaco originario da Montegranaro. Erano tempi difficili e il disgregarsi della giurisdizione di Farfa, che cominciava allora, aveva indotto il monaco a tentare l’indipendenza e la ribellione. Il Priore di Santa Vittoria fulminò la scomunica, come era suo diritto e incaricò un monaco chierico di portarla a domicilio. Giunto a Fermo, fu assalito, preso prigioniero, bastonato dal fratello del rettore di Sant’Angelo in un Barvolano, tale Andriolo, da Montegranaro, che con armi ed armati si era mosso alla difesa del fratello ribelle. Lo racconta il Brandimarte (“Plinio seniore illustrato” pag. 283).

Nel secolo 15° un egregio Dottore da Montegranaro raggiunse la podesteria di Santa Vittoria in Matenano: un posizione di tutto rilievo, in quei tempi. E il cardinale Legato della Marca il 27 marzo 1481 scriveva ai Priori e ai consiglieri del Comune di Santa Vittoria – che chiama “amici nostri  carissimi”, perché, nelle prossime elezioni vogliano eleggere a Podestà e quindi a Pretore della detta Terra, l’egregio dottore messer Iacopo de Joannini da Montegranaro perché (scrive) “è un uomo dabbene, ufficiale pratico, dotto e integro e nostro amicissimo” (Colucci, XXIX p. 251)

Ma la relazione più suggestiva tra Santa Vittoria e Montegranaro è data dal nuovo ordine religioso dei Cappuccini. Sorta nel monastero del “luogo di sasso”, che era stato donato a san Francesco (dal priore di Santa Vittoria) la religione Cappuccina si diffuse rapidamente nelle Marche e altrove. Nel 1569 sorgeva il convento di Montegranaro, dieci anno dopo quello di Santa Vittoria. Serafino Piampiani, nato a Montegranaro, doveva dare tanta gloria al suo paese nativo e ai Cappuccini. E una buona parte della sua vita la passò a Santa Vittoria, come portinaio e cercatore, quando già la fama della sua virtù era diffusa nei dintorni. Attratto dunque da quella rinomanza – narra il cardinale Svampa nella “Vita di San Serafino da Montegranaro”, un giovane di Monte Vidone si recò al convento di Santa Vittoria e domandò istantemente di parlare a  Fra Serafino. Venne subito il Frate e quel giovane prese a dirgli: “ Io vengo a voi, mandato dalla mamma che si trova in angustia che un terribile disastro minaccia di colpire la nostra famiglia. Caldamente vi prego di raccomandarci al Signore, perché noi facciamo grande assegnamento sulle vostre orazioni.”

E Fra Serafino rispose: “ Non dubitate, figliuolo, io pregherò per voi, per la vostra famiglia e per la signora vostra madre. Anzi direte ad essa che stia tranquilla, perché presto avrà fine la tribolazione che vi affligge.” Poi accarezzando il giovinetto soggiunse: “Angioletto di Dio, volete dirmi che cosa voi fate e quale strada intendete di prendere?” Il giovinetto, ingenuamente, rispose che studiava, senza pensare per allora a ciò che un giorno farebbe nel mondo. Allora Fra Serafino riprese: “ Ebbene, io vi dirò che cosa farete: il vostro studio vi gioverà per servire Dio nella mia religione. Voi un giorno sarete Cappuccino!”.

“Cappuccino?!” disse meravigliato il giovinetto. “ Voi prendete abbaglio, perché io non ho mai avuto il desiderio di farmi prete o frate quando sarò grande”.-  “Eppure – concluse il frate – io non credo ingannarmi. Oggi è festeggiato san Ludovico, che rinunziò alla primogenitura, e rinvestì l’abito dei frati minori. Pigliatelo per protettore, o caro giovinetto, ed io vi do parola che sarete Cappuccino e che vi chiamerete Fra Ludovico.”

E fu il celebre padre Ludovico da Monte Vidone che si distinse molto per le sue virtù e fu zelantissimo predicatore”. (Card. Domenico Svampa “ Vita di san Serafino da Montegranaro” pag. 114)

Ecco perché in Santa Vittoria, già nel 1650 si ha memoria di un quadro rappresentante “Fra’ Serafino da Montegranaro” morto nel 1604, già venerato dai fedeli col titolo di Beato.  Due santi protettori delle due popolazioni.

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