Maria Eletta Sani nel monastero a Falerone 1753 Diario epistolare cc. 262- 263

SANI Maria Eletta cc. 262- 263 6 Agosto <1753>
(Viva) Gesù e Maria
A gloria di noi, mio Dio scrivo e per obbedienza del vostro Ministro.
Al 23 Luglio, la mattina dopo l’alba, parmi come se mi fossi trovata in un luogo dove vedevo che l’aria era di fuoco: tutto fiamma e vedevo alcune anime che stava(no) tra queste fiamme, e mi fu dato capire senza sapere da chi, che quelle anime si trovavano tra le fiamme per l’intercessione di sant’Anna. Il giorno della festa (sarebbero) liberate da quel fuoco.
Da quel tempo, io provo un tormento nell’anima, ed è che mi pare di non poter vivere così priva di amore: mi è di un tormento sì acerbo che non posso esprimere se nell’orazione è più gagliardo, perché mi vedo avanti a Dio senza amarlo come ho da vivere io. Il tempo, per me, è un lungo tormento: ogni cosa, ogni pensiero: se vado al Santissimo, se penso di pregare qualche santo mio avvocato, subito mi si rappresenta il mio vivere senza l’amore: “Oh, Dio mio, così non posso vivere: o amare o morire! Meglio la morte che vivere senza l’amarvi”, così oziosa davanti a Dio, se ogni creatura deve amare Dio, ma a me pare di stare in uno stretto obbligo, più di quello che ha un Sacerdote di recitare l’officio divino.
Se lasciasse di recitarlo, gli parrebbe di essere in un continuo peccato mortale. Lo stesso caso accade a me, di non amare Dio. Mi pare di fare peggio di quel Sacerdote che non direbbe l’Officio: mi vedo fredda nella via della mortificazione, debole il corpo mi si (è) tanto ingrevito che le membra m(i) pare che sia(no) di piombo, mi sento data giù: se questo sia buono o cattivo non lo so.
Al 25: la mattina ricevei la santa Assoluzione pregando e tenendo il cuore aperto per ricevere il Santissimo Sangue di Gesù chiedendogli (…) come il Sacerdote mi dava l’Assoluzione, così dal Cielo me la confermasse. A me pare che (con) la divina Misericordia, mi intesi riformata nell’anima per non ricadere in tanti difetti e questo lo vorrei (…) ma temo di me stessa di cacciare i doni di Dio e di cadere (…) e perciò lo prego continuamente, benché mi vedessi piena di doni e di Grazie, temerei di più. Oh, che spavento! Oh, che timore: se ogni creatura è debole, io son cento mille volte più debole e facile a cadere n(ei) difetti e peccati. Dopo feci la Comunione: ohimé, se Dio fa (…) vedere i raggi della sua Bellezza e Chiarezza, non vi sarebbe (…chi) si potesse accostare a ricevere (la) santa Comunione, perché a me pare che Gesù Sacramentato nell’atto che ricevei la santa Particola, mi dava un lume infuso nell’anima che mi diede lume di quel divin Sole di Giustizia, che il sole della Terra è oscuro a paragone di quello splendore che io vidi in quella sacra Particola, e nel mio petto faceva un ondeggiamento che mi faceva palpitare il cuore e pareva che fosse tanto grande che il mio cuore non lo poteva ricevere: non è capace e non occorre abbastanza per fare atti di ringraziamento e di gratitudine verso il mio Dio. L’orazione al solito bene, bensì spesso mi accade che resto con lo spirito, come altre volte gli ho scritto, di restare sopita nei sentimenti.
Il giorno di S. Anna 29 di luglio, mi raccomandai a questa gran santa acciò alla sua SS.ma Figlia mi ottenesse questa Grazia di una nuova vita per amare Iddio e la morte. E da lei mi intesi una gran fiducia. La Comunione la feci al solito. Da qualche giorno, io provo una pena di stare in coro; non posso stare né a sedere, né in ginocchioni, per la grande debolezza di nervi, ma non so dove mi stare. Mi fa pena perché all’orazione non ci posso stare con quella quiete che vorrei: più volte f(acci)o il precetto, se fosse il demonio o cosa diabolica; ma non mi giova niente, per(ci)ò penso che sia veramente male naturale, perché, se Iddio non ci concorre la sanità io l’ho persa. E’ più d’un mese che mi ritrovo con una gran cimurro e ulceramento di gola e la notte Iddio solo sa come la passo: male assai che più volte mi pare di non poterci resistere; ma, se Dio vuole così, sia mille volte benedetto. Se questo sia difetto non lo so, ma mi sento una malinconia continua.
Mi avvedo che non mi (ri)esce quello che io avevo idea, cioè nell’entrare in monastero farmi santa e vivere diversamente da quel che io vivo. (Che) sia benedetto Dio in tutto! La mia continua orazione è (che) sola sola della propria cognizione del proprio spirito e Iddio (in) lontananza, e per ricoverarmi vado ai pié della Croce con Maria SS.ma addolorata e con Lei mi unisco, se no, non saprei come (pote)rci resistere, tra sì acerbe pene, sì lontana da Dio. Essendo questi giorni stata male perciò non ho potuto scrivere. Veramente mi sare(i) sforzata, ma mi creda che io vado giù (…..) di sanità non sto mai senza qualche dolore o male: ora una e (ora) l’altra. Mi sembra il mio corpo una croce. Oggi in punto (…6) di Agosto ricevo una sua lettera: di quanto mi richiede …. che di(a) qualche lume intorno a quel Sacerdote: io lo conferii…. con il Confessore; ma ne stia quieto V. R. perché la cosa è restata sepolta e io poco (…. me ne) ricordo solo per raccomandarlo al Signore acciò lo assista e lo illumini.
Circa poi del mangiare, di quando stavo a casa, le dico che i miei genitori possono riferirlo meglio di me, come mio padre lo disse quando venne per la mia vestizione, che poco avrei dato incomodo che né carne né uova né pesci non mangiavo, bensì i frutti. Se io mangiavo o carne, o pesce, o uovo, mi causava una indigestione di giorni e giorni e per(ci)ò l’avevo lasciato, di non mangiarl(i), campavo bene con mangiare i frutti e queste poche erbe, cibi di poca sostanza. Allora io stavo bene. Il Padre Scaramelli mi comandò che provassi a mangiare qualche cucchiaio di minestra e ci provai, ma poco. Qui adesso la minestra e la carne l(e) mangio quando vi è, bensì poca, anzi è stata grazia di Dio che adesso mangio uovo, perché mi ha dato fastidio. Il dolore dei denti è spesso e sono guasti. La flussione è visibile e perciò non si può dire che sia cosa diabolica. I precetti il Confessore l’ha fatti ed io li vengo facendo, ma vedo che non (….mi) giova(no), perché se mi sento male, mi seguita. Circa (…la) voce, io mai l’ho avuta e dal primo giorno che io (….son qui) la Maestra mi intese leggere e mi disse (…se) potevo alzare più la voce ed il l(e) dissi di no: “Più di questo non posso!” Se io mi sentivo di continuo mancare il fiato nella bocca dello stomaco: vero è che più mi andava scemando in quel tempo del travaglio diabolico ed il P. Santoni mi diceva che quando vedeva me, vedeva il miracolo della Misericordia di Dio perché si trovava a sbattimenti e forze diaboliche; onde a me non fa specie se mi è mancato il fiato. Io sempre sono come una sfiata(ta) e senza fiato; stento e provo pene nello stesso discorrere, (perciò) in coro dico con quella voce che posso e Dio vede la mia debolezza. Io scrissi a V. R. perché intesi dire che non si soddisfaceva (il) coro se non si dicesse forte e subito mi ci venne lo scrupolo e perciò lo scrissi a lei per mia quiete.
Per venire con sincerità io è da carnevale in qua che sto male. Stetti bene quat(tro) giorni in Quaresima e poi sempre male; onde io lo prendo dalle (…mani) di Dio, che voglia darmi da patire. Se le monache (…..) non vi è pericolo perché io stessa gli dico:” Cosa ne farete di me (che) sono inutile?” E loro mi rispondo(no): “Noi non ci curiamo già ce lo (….sapevamo) che voi a(vete) poca sanità”, perciò loro stesse mi danno animo. Di ciò che mi dà ordine che io scriva ogni otto giorni, io lo fa(rò) ma non potrò empire il foglio perché l’orazione è al solito, se (…) mi accade qualche lume lo scriv(erò per)altro, farò come V. R. vuole. Se non mi risponde ogni settimana non occorre, anzi io ce lo prego. Se io gli chiedessi risposta, allora mi farà la carità, peraltro non occorre che mi scriva ogni volta. Per me che io lo (….) per V. R.. Dica all’Angelina che io (ho) pregato san Gaetano acciò la consoli di quanto desidera, che lei preghi secondo il mio desiderio. Mi (è) dispiaciuto che V. R. sia stato male, ma io già me (l’imma)ginavo. S’abbia cura e per fine gli richiedo la S. Benedizione.
4 del corrente mese: il giorno stavo davanti al SS.mo: vidi un’anima che allora in punto era passata da questa vita circondata di fiamme del Purgatorio; ma tanto spaventevole che per qualche tempo restai sbalordita. Mi serve di farci la meditazione.

(Ceralacca e indirizzo di altrui mano) Al Molto Rev. Padre padrone Col.mo – Il Padre Giacinto Aloisi della Compagnia di Gesù – Perugia per Città San Sepolcro

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