Maria Eletta Sani lettera c. 167 Falerone Macerata

SANI lettera c. 167
Viva Gesù e Maria
A gloria di Dio incomincio a scrivere perché così mi fa intendere per(mezzo) del suo Ministro per dare gloria a Dio e per confusione del nemico. Prima della Comunione mi ha. tormentato assai con impedimento di non poter ricevere la santa Particola. Ma dopo la Comunione sono restata quieta, e mi sono intesa portare via lo spirito in Dio, all’immensa Divinità di queste tre divine Persone. Mi sentivo lo spirito in un riposo di amore e mi è passato il tempo fino alle (ore) dodici, né mai mi sarei staccata da quella Luce divina. Nel vedere, (come) facevo questo divino Spirito tutto sfavillante di amore e di doni celesti, in Dio rimiravo e mi faceva intendere con chiara notizia i doni di questo Spirito Paraclito, doni sì grandi in cui intendevo come riempì tante sfere di gerarchie celesti. O fuoco che infiamma di amore e di carità verso Dio! Intendevo dove si posa questo divino Spirito e fa albergo e vi impressione (e) come diventa e cambia lo spirito tutto in Dio e farà che lo spirito sempre opera per il solo amore di Dio. Io intendevo che allora lo spirito sia tutto di Dio e lo Spirito di Dio sia tutto del povero spirito. O dono sì eccellente di carità e di amore! Intendevo come questo divino Spirito porta i sette doni come raggi di carità che infiamma i cuori di sapienza, di amore, di fede, di sapienza e di tutte le virtù, con una carità sì accesa che il cuore umano lo fa trasformare in amore di Dio. Era tanta l’accesa brama del mio povero spirito, che io non ho mai provato simile accesa brama del mio povero spirito e arrivava tanto all’eccessivo desiderio che non poteva reggerlo, si disforma il proprio spirito. Solo sentivo un acceso desiderio di quel fuoco di amore e di carità. Dopo di essere stata un lungo tempo in questo disfacimento di spirito, mi sono intesa ravvivare una fede (e) sopito lo spirito di tale maniera che però molte volte non so sollevarmi il proprio spirito e viene cagionato da questo avvilimento. Conoscevo che lo spirito è attaccato (a) questo corpo di ‘terra. O Dio mio, in che eccessivo spasimo si è trovato il mio spirito: desideravo l’amore, vedevo il donatore di ogni Bene, capivo la pienezza dei doni di quel donatore di amore, il fuoco di carità e di ogni virtù; e vedersi essere priva di quell’acceso fuoco di carità! Ne capivo la felice sorte di ricevere in albergo questo divino Spirito; e poi vedere l’impedimento dello spirito, l’avvilimento che tiene sommerso e quasi sopito lo spirito! Io non so ridire in che spasimo si è trovato lo mio povero spirito. So bene che tutto dì oggi il mio spirito è stato quasi, e spesso fra quello spasimo. Anche nell’umanità ne ho sentito la partecipazione. Più volte però mi sono trovata in voli alla richiesta di questo amore e fuoco di carità che bruciasse in me tutte le imperfezioni e accendesse il mio cuore. E ritrovandomi al cospetto di questo divino Consolatore, mi sentivo rinvigorire lo spirito in una somma quiete che oggi non ho provato nessuna turbazione, né interna né esterna, solo in grandi accese brame e sfogavo gli accesi desideri verso il Donatore di questo fuoco di amore e di carità. Il mio spirito e il mio cuore, in affetti sensibili, non potevano reggere. Mi sentivo a volte battimenti di cuore da non poterci reggere. Richiedo la sua santa Benedizione.
/Indirizzata/ Al P. Scaramelli

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