MONTEGIBERTO (FM) scrigno del santuario della Madonna delle Grazie. Notizie desunte dagli studi di SANTARELLI Giuseppe

IL SANTUARIO DI S. MARIA DELLE GRAZIE A MONTE GIBERTO.
Notizie desunte da studi di Santarelli Giuseppe montegibertese.
Un’antica cappella medioevale di s. Margherita, a Monte Giberto, è divenuta la chiesa di S. Maria. L’edificio ha subito nel tempo diversi restauri e trasformazioni: nel 1567, fu rinforzato con robuste mura, utilizzando le offerte dei devoti, e contemporaneamente la sua navata mediana fu ampliata e munita di basse colonne rotonde, le quali dividevano l’altra navata di settentrione. Nel 1569-1570 fu rifatto il pavimento. In un periodo di fervida devozione verso il santuario, nel 1572 fu aperta anche una nuova strada per l’accesso comodo nell’inverno al luogo sacro. La strada, uscendo da Porta da Sole del Castello, costeggiava allora le mura di cinta da quel lato, verso il santuario, secondo un tracciato non molto diverso da quello attuale. Alle due navate, nel 1580, fu aggiunta l’altra navata con portico nel prospetto verso il mezzogiorno, con l’opera di un tal Pietro muratore lombardo. Più tardi, nel 1629, la navata centrale fu alquanto rialzata.
Le varie trasformazioni avevano fatto dell’edificio un ibrido coacervo architettonico. E così, a metà del secolo XVIII l’edificio più volte restaurato, nel 1757 fu abbattuto. E lo fu in un periodo in cui esistevano i mezzi economici ed era in voga una cultura pre-illuministica che preferiva le forme classiche, razionalmente concepite nelle proporzioni e nell’armonia.
Con l’autorizzazione di Alessandro Borgia, arcivescovo di Fermo, fu innalzata la costruzione della nuova chiesa, su disegno e direzione dell’architetto ticinese Giambattista Vassalli della diocesi di Lugano, in uno stile che coniuga elementi tardo barocchi con elementi di gusto classico. Fu poi abbellita con ornamentazioni a stucchi di Giovanni Campana di Ravenna e di Giampietro Gabuti, pure della diocesi di Lugano. La costruzione della chiesa, a tre navate, con tre altari laterali a destra e a sinistra, fu terminata dopo circa 20 anni.
Il santuario dal medioevo, custodisce, sull’altare maggiore, entro un baldacchino decorato, la piccola statua della Madonna delle Grazie, un gioiello di devozione e di arte scultorea. Il preziosissimo simulacro in marmo viene attribuito ad uno scultore di arte pisana del secolo XIV.
Dietro l’altare si trova una tela restaurata raffigurante la Natività di Maria, copia pregevole di un dipinto di Annibale Carracci, già a Loreto ed oggi a Louvre. L’ignoto copista potrebbe essere il Gilberto Todini (nato a Monte Giberto nel 1701) autore forse anche delle altre due grandi tele, anch’esse probabilmente copia, esposte nel presbiterio.
L’organo è stato realizzato da Angelo Morettini di Perugia nel 1830: ha una facciata di 25 canne, una tastiera di 50 tasti e una pedaliera a leggio di 15 tasti.
Nell’abside si scorgono gli affreschi eseguiti da Ludovico Catini, dopo il 1916, con figure ed emblemi Mariani: decorosa opera giovanile con echi di arte liberty floreale, occhieggiante il De Carolis. Nella volta, scolastiche figure mariane di Armando Moreschini, del 1946.
Il manoscritto dell’archivio arcivescovile fermano, databile al 1765 ca. e intitolato: “Della sagra immagine di Santa Maria delle Grazie” offre molte notizie sul santuario di Monte Giberto. Fra i vari altari, quello della Madonna del Rosario, fondato dalla Confraternita della Madonna delle Grazie nel 1580 e ornato con una tela che l’autore di questo manoscritto dice: “dipinta nella scuola del Pagani”. L’altare fu poi rinnovato e abbellito da Giovanni Pietro Gabuzi nel 1763, e vi fu collocata l’antica tela. Quasi sicuramente questo dipinto deve identificarsi con quello ora accantonato nella sagrestia della Confraternita del Sacramento, contigua alla chiesa di S. Nicolò. Raffigura al centro la Madonna con il Bambino, a sinistra i Ss. Domenico, Nicolò, Giberto, e Giovanni Battista, a destra S. Caterina da Siena e, dietro, i volti giovanili di una donna e di un uomo.
La data accertata 1580 può aiutare a ipotizzare un’attribuzione del quadro, senza riferimento alla “scuola del Pagani”. Vincenzo Pagani morì nel 1568, né si conoscono suoi seguaci, ai quali poter assegnare per lo stile questo dipinto. L’anonimo pittore si mostra aggiornato, perché rivela di essere a conoscenza di un noto dipinto di Paolo Veronese (1528-1588) raffigurante Il Matrimonio mistico di S. Caterina (cm 337 × 241) eseguito nel 1575 per la chiesa veneziana di S. Caterina e ora custodito nella Galleria dell’Accademia di Venezia. Infatti, l’autore della tela montegibertese qui riprende l’idea delle due colonne scanalate, con quella interna capitellata, avvolta parzialmente da un drappo, a ridosso delle quali sta la Vergine con il Bambino; come pure vi si ispira per il gruppo dei due angioletti librati nel vuoto, in alto. La tela, dall’impegnativa e solenne impaginazione, si inserisce in quella fervida stagione pittorica degli ultimi due decenni del secolo XVI che ha caratterizzato le Marche, dove si diffuse ad ampio raggio la devozione alla Madonna del Rosario. Il dipinto è ancora in buone condizioni e merita più attenzione. Potrebbe essere ricollocato nel santuario della Madonna delle Grazie, da dove proviene.
Monte Giberto ha avuto un pittore, Gilberto Todini, di famiglia montegibertese, che ha creato vari dipinti per il culto Mariano. A Monterubbiano (FM), nella collegiata di santa Maria dei letterati, una sua tela raffigura la Madonna di Loreto e i santi Stefano e Vincenzo, con data 1770. A Montelparo, la chiesa di Sant’Agostino custodisce una tela raffigurante la Madonna di Loreto con le sante Rita da Cascia e Chiara da Montefalco. Viene attribuita al nostro Todini.
\\ A MONTE GIBERTO UNA TELA INEDITA DEL 1580.
Lo storico dell’arte, Bernard Aikema è del parere che la tradizione iconografica della ‘Madonna del rosario’ in Italia, abbia avuto origine, nel Cinquecento, nelle Marche, e indica due artisti: Giulio Vergari di Amandola e fra’ Fabiano da Urbino, autori di due quadri della Madonna del rosario. Il primo dipingeva una tela per la chiesa di Sant’Arcangelo di Bolognola (MC) nel 1519 e il secondo ne eseguiva un’altra per la chiesa parrocchiale di Cancelli di Fabriano (AN) nel 1533, con le scene dei quindici misteri, diversamente disposte.
E’ stato, però, Lorenzo Lotto a costituire, in materia, un modello e uno stimolo per i pittori marchigiani con la celebre “Madonna del rosario e Santi”, eseguita per la chiesa di S. Domenico a Cingoli (MC) nel 1539, decorata con le quindici storie dei rispettivi misteri in altrettanti tondi.
Spesso erano le confraternite del Rosario a commissionare gli stendardi e le pale d’altare con il soggetto in questione. Un notevole dipinto, raffigurante la Madonna del rosario e santi con i quindici ovali dei misteri tutt’intorno, sinora sconosciuto, si conserva in un locale della parrocchia di S. Nicolò, a Montegiberto (AP). Il dipinto è stato eseguito nel 1580 su committenza della Confraternita montegibertese della Madonna delle Grazie, e fu collocato in un altare laterale nell’omonimo santuario delle Grazie, dove poi sorse la Confraternita Montegibertese del Rosario.
L’impostazione generale e i motivi iconografici ci riconducono subito all’ambiente dei lotteschi. Vi è svolto il tema consueto della Madonna in trono con il Bambino, il quale, mentre con la mano sinistra stringe una rosa, con la destra, tramite un angelo, consegna la corona del rosario a S. Domenico, dopo averla consegnata a S. Caterina da Siena. Dietro la figura di S. Domenico, sono rappresentati tre santi, molto venerati a Monte Giberto: S. Nicolò da Bari, con mitria e pastorale, patrono del paese, al quale è dedicata la chiesa parrocchiale; S. Giovanni Battista, a cui è dedicata un’altra chiesa; e S. Antonio Abate con il pastorale, santo di cui è devota da tempo immemorabile la popolazione rurale del luogo. Dietro la Vergine si scorge un angelo, elegante e composto, che reca in mano un cesto di rose. In alto, due angioletti, tra sei teste di cherubini, in bilico nel loro simpatico volo, reggono ramoscelli di rose fiorite. Sono veramente deliziosi. Sullo sfondo, accanto a due maestose colonne, spicca un bel roseto fiorito. Il roseto è un tema ricorrente in questa materia e trova un esempio insigne nella tela cinquecentesca del Lotto, dove i tondi dei Misteri del rosario sono inseriti proprio in un roseto fiorito.
Il dipinto di Montegiberto si fa apprezzare per l’impaginazione, robusta e sicura, ideata diagonalmente, secondo un modulo classico ricorrente e sempre efficace. Due colonne scanalate, con capitelli corinzi parzialmente visibili, avvolte da due drappi verdeggianti, conferiscono solennità alla scena, composta e maestosa, aperta su un cielo percorso da strisce rosse e da nubi al tramonto e animata, in alto, dallo stupendo alone con cherubini e angioletti. I volti dei personaggi, pacati e un po’ assorti, creano un’atmosfera di meditativo e pensoso colloquio, sfociante in preghiera. Si notano le tonalità, con i rossi e i gialli prevalenti, una cromia di colori nella veste della Vergine, il rosso e il blu.
Il putto alato che distribuisce le corone a S. Domenico, vigoroso e tornito, ci riporta a quel clima pittorico del tardo-cinquecento marchigiano. Gli ovali dei quindici Misteri dipinti nella tela montegibertese recano ricche cornici in stile tardo manieristico, che trovano riscontri, fra l’altro, anche in alcuni riquadri ornamentali a stucco della cappella dei duchi d’Urbino nella basilica lauretana, decorata negli anni 1571-1583.
Le scritte, in caratteri maiuscoli, tradiscono l’antichità della pala per la grafia arcaica, che è riscontrabile anche nell’ultimo Cinquecento: ORACIONE NE LORTO, CRUCIFISSO, RESURETIONE, MISIO’ DE LO SPIRT° SATU [= mis(s)ione de lo Spir(i)to Sa(n)tu]. Vi è anche qualche svista: ASCENSSIONE.
L’ordine di successione delle singole scene dipinte negli ovali è sempre varia, da autore ad autore. Lo sconosciuto pittore della tela inedita di Montegiberto inizia con l’Annunciazione nell’ultima sezione destra della fascia superiore e continua lungo la fascia destra con gli altri ministeri gaudiosi; prosegue poi con i misteri dolorosi, a partire dalla ‘Oracione ne l’Orto’, lungo tutta la fascia inferiore, per finire nel primo riquadro della fascia sinistra, raffigurante il ‘Crucifisso’; e termina con i misteri gloriosi che occupano il resto della stessa fascia e i due terzi di quella superiore, con al centro l’Incoronazione. Tra le caratteristiche peculiari dei pittori dell’ultimo Cinquecento marchigiano rientra anche la scritta didascalica sulla base del trono della Madonna, coperto da un drappo giallorosso: SUAVIS AD DEUM ODOR ORATIO (Soave profumo presso Dio è la preghiera). Si riscontrano altrove esempi di didascalie, per soggetti differenti, come, ad esempio, fa Simone de Magistris (1538 – dopo 1611) autore, fra l’altro, di una Madonna del rosario con i quindici misteri nei riquadri, dipinto del 1575 esistente nella collegiata di S. Ginesio (MC).
In conclusione, la tela montegibertese che va assegnata esattamente all’anno 1580; nelle ‘Visite Patorali’ canoniche da parte degli arcivescovi di Fermo, risulta come immagine di uso liturgico. Gli ovali di questo dipinto costituiscono piccole deliziose scene, compiute in se stesse, con ascendenze lottesche e raffaellesche e, comunque, tipiche di quella fervida e feconda stagione pittorica degli ultimi tre decenni del Cinquecento nelle Marche.
È da dire infine che ci si trova davanti ad un quadro che invita a pregare a meditare sui misteri mariani del rosario, dietro lo stimolo anche dell’immagine di San Domenico, a mani giunte, in pacato e dolce atteggiamento orante. ‘Suavis ad Deum odor oratio!’
Bibliografia essenziale sul dipinto del 1580: B. AIKEMA, “La Pala di Cingoli”, in “Lorenzo Lotto – Atti del Convegno ad Asolo nel 1980”, Treviso 1981, pp. 443-56; P. DAL POGGETTO, “Madonna del rosario e santi” (di Lorenzo Lotto), in “Lorenzo Lotto nelle Marche Il suo tempo. Il suo influsso”. Firenze 1981, pp. 338-41; D. MATTEUCCI, “Il culto del Rosario nelle Marche e i dipinti del Ramazzani”, in ‘Sestante’ agosto 1990, pp. 2-8. Dopo un articolo del 1991 Giuseppe Santarelli ha trattato di questo dipinto nel volume: ”Monte Giberto. Origini e primo sviluppo (secoli XI-XV). Ancona 1998 pagg. 66-67, nota 111.

–\\ IL CULTO MARIANO – LAURETANO A MONTE GIBERTO
Non esiste comune delle Marche in cui non si rinvengano testimonianze di devozione verso la Madonna di Loreto. In alcuni centri maggiori i segni sono luminosi e storicamente significativi. Anche nei piccoli paesi si hanno testimonianze di storia e di devozione legate al santuario di Loreto.
Fra gli altri, a Monte Giberto (FM) che è uno dei più bei castelli di Fermo, issato su una verde collina, con un centro urbano settecentesco, mirabile per il disegno dei suoi edifici di laterizio, umili e nobili ad un tempo, i quali al tramonto si tengono di rosea veste luminosa.
Le sue chiese esibiscono un elegante interno di gusto settecentesco che coniuga residui barocchi con elementi neoclassici per una soluzione armonica e sobria. Lo splendido santuario della Madonna delle Grazie, ricostruito ed ampliato nel 1757, a tre navate ha il veneratissimo simulacro della ” B. Vergine con il S. Bambino “ scolpito su un marmo del nel secolo XIV e giudicato di scuola pisana.
La chiesa di San Giovanni Battista, ricostruita nel 1771, un tempo custodiva un pregevolissimo dipinto di Carlo Crivelli, eseguito nel 1478 ad Ascoli, su commissione della comunità Montegilbertese, e andato disperso.
Oggetti d’arte impreziosiscono anche la chiesa parrocchiale di S. Nicolò; come il bel dipinto ad olio su tela raffigurante la ‘Madonna del Rosario’ di un pittore della seconda metà del secolo XVI e una ‘Ultima cena del Cristo’ dipinta a Firenze nel 1602 su commissione della confraternita del Santissimo Sacramento, annessa alla chiesa parrocchiale. Meritano menzione, fra gli oggetti d’arte e di devozione di questa chiesa anche un dipinto e un gruppo scultoreo ambedue di soggetto lauretano.
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UN DIPINTO DELLA MADONNA DI LORETO. Nella parrocchia S. Nicolò a Monte Giberto, è custodita una grande tela raffigurante la “Vergine Lauretana con il Bambino ed alcuni santi ai lati”. Un prezioso ‘Inventario del benefizio della Ss. ma Vergine di Loreto nel castello di Monte Gilberto fatto per ordine dell’em.o e rev.mo Urbano Paracciani arcivescovo e principe di Fermo, il 31 ottobre 1771 ‘, conservato nell’archivio arcivescovile di Fermo, ci informa sulla storia di questa tela che faceva parte di un altare dedicato alla Madonna di Loreto esistente già nell’antica e ora rimasto nell’attuale rinnovata chiesa di San Nicolò.
Vi si legge che all’altare eretto sul lato destro della chiesa (rispetto all’entrata) sotto il titolo di “Maria Ss.ma di Loreto” era stato dedicato un nuovo beneficio nel 1686 da Delio Tacchini di Monte Giberto. Nel quadro fatto dipingere erano raffigurate le immagini della Vergine con il suo Bambino e di s. Giacomo apostolo, di s. Barnaba, di s. Giacomo, di s. Tommaso di Canterbury, di s. Nicola da Tolentino e dei ss. Felice ed Adautto. Nel mezzo era stato fatto effigiare lo stemma del comune di Monte Giberto. Il quadro, veniva misurato, nell’Inventario citato, in palmi otto e mezzo di altezza (pari a circa 215 cm.) e in palmi cinque e mezzo in larghezza (pari a circa 140 cm.). Aveva una cornice color giallo.
Il beneficio, che era stato dotato da Delio Tacchini, con suo testamento rogato il 26 novembre 1677 dal notaio Alessandro Ruggeri, comportava l’obbligo che vi si celebrasse una s. Messa per settimana a suffragio delle anime della propria famiglia. Il testamento, inoltre, lasciava al Comune di Monte Giberto una casa, affinché questa, dopo la morte di “donna Giacoma”, sua moglie, fosse venduta dallo stesso Comune che doveva impegnarsi a portare a compimento e a provvedere l’altare lauretano, nella chiesa di S. Nicolò, di tutte le cose necessarie per la celebrazione della s. Messa settimanale. In effetti, il Comune vendette la casa e ne ricavò una modica somma di scudi, come risultava dall’istrumento stilato dallo stesso notaio Alessandro Ruggeri il 28 marzo 1678. Gli scudi, su mandato del Comune, furono consegnati ai sacerdoti don Giacinto Angelucci e don Nicola Ruggeri e a un certo Simone Cicchitto, deputati a portare a compimento quanto servisse per l’altare, come stabiliva la delibera dello stesso Comune, comunicata il 6 marzo 1680 ai suddetti deputati che ne diedero ricevuta, segnata a tergo della delibera il 21 luglio 1681.
L’autore dell’Inventario aggiungeva che “si può probabilmente credere” che il denaro fosse stato usato per lo scopo stabilito, dato il fatto che nella chiesa antica di S. Nicolò – ricostruita nel 1749 – questo altare si presentava dotato e veniva officiato, come risulta dalla sacra visita del cardinale Urbano Paracciani, arcivescovo di Fermo, effettuata nell’aprile del 1770, durante la quale l’arcivescovo incaricò il Comune a documentare l’erezione e la dotazione dell’altare in esame.
Questo altare, informa l’Inventario, fu iniziato dal Comune che lo fece erigere in memoria della ” Traslazione della Santa Casa di Nazareth in questa Provincia della Marca”, con l’autorizzazione del cardinale Giovanni Francesco Giannetti, arcivescovo di Fermo, rilasciata il 21 marzo 1686. L’Inventario elenca anche i mobili e le suppellettili dell’altare: croci, carteglorie, candelieri, vasetti, tovaglie, cornucopie, pianete, camici e altro. L’interessamento del Comune nel compimento dell’altare spiega la raffigurazione dello Stemma comunale di Monte Gilberto nella stessa tela. La quale presenta alcuni santi che riscuotevano devozione con dedicazioni, nella diocesi di Fermo, come s. Nicola da Tolentino (a destra) con il giglio in mano; i santi martiri romani Felice e Adautto (a sinistra in alto) venerati a Massignano(dove è dedicata a loro una chiesa rurale); S Giacomo (a sinistra) con il rotolo in mano, allusivo della sua lettera apostolica, probabilmente considerato protettore di “Donna Giacoma”, moglie del testatore Delio Tacchini; San Barnaba (a destra) l’apostolo patrono di Carassai; San Tommaso di Canterbury (a destra) con il libro e pastorale (la cattedrale di Fermo conserva la reliquia della sua Casula); San Girolamo (a sinistra) dottore della Chiesa e traduttore della Bibbia. Forse erano santi legati alla devozione personale del testatore.
Il dipinto fu eseguito probabilmente poco dopo il 1686. Rappresenta la Vergine Lauretana, a figura intera, con il Bambino in braccio, coronata di triregno e avvolta da suntuosa dalmatica, secondo lo schema iconografico diffuso nel tempo. Ai lati, al di sotto di due lampade, si scorgono due Angeli recanti un candelabro ciascuno, elementi ricorrenti nella raffigurazione iconografica Lauretana del secolo XVII.
Sembra opera di mano abbastanza esperta, come si può dedurre dalla buona impaginazione e da una certa accuratezza nella finitura dei volti, specie della Madonna e del Bambino. La mente correrebbe all’ambito della bottega di Giuseppe Ghezzi di Comunanza, a quel tempo attivo a Roma e legato al Pio sodalizio dei Piceni in San Salvatore in Lauro, che tanto promosse, anche sul piano artistico, il culto mariano lauretano.
“ LA MADONNA DE LI CUPPITTI” Nella stessa chiesa parrocchiale di S. Nicolò, si conserva un gruppo ligneo policromo raffigurante la Madonna di Loreto con il Bambino sopra la Casetta. È la classica raffigurazione scultorea che nel centro- nord delle Marche viene detta “Madonna del tettarel” e nel centro- sud “Madonna de li cuppitti”, per il fatto che la figura della Vergine posa sopra il tetto o sopra i coppi della casetta.
Quasi ogni comune delle Marche conserva simulacri del genere. Alcuni di essi furono esposti nella mostra sull’Iconografia della Vergine Lauretana nell’arte, e tenutasi a Loreto nel 1995 e illustrati nel rispettivo Catalogo da Massimo Di Matteo. L’usanza di riprodurre il modellino della Casa Lauretana si diffuse nella regione dopo che, nel 1613, la Congregazione della Marca, con apposita delibera, invitava i Comuni della Provincia a solennizzare con processione la festa della venuta della Santa Casa in terra Picena, il 10 dicembre di ogni anno.
Codesti elaborati lignei risalgono in gran parte ai secoli 17° e 18° e in parte al secolo 19°. Questo di Monte Giberto dovrebbe essere assegnato alla fine del secolo 17° o agli inizi del successivo. Non è da escludere che possa essere stato eseguito proprio nel tempo in cui veniva eretto l’altare della Ss. Madonna di Loreto nella chiesa di S. Nicolò, nell’anno 1686 circa, in un momento di fervida devozione Mariano Lauretana del luogo.
Il gruppo ligneo montegibertese della Casetta con la B. V. Maria e il Figlio, in confronto con altri del genere, appare più semplice, meno ornato, ma pur sempre piacevole per la sua struttura misurata e garbata. La parrocchia usava esporre questo simulacro in chiesa, a dicembre, il pomeriggio del 9 e il giorno 10 in onore della Vergine Lauretana e del divin Figlio. Gli alunni delle scuole locali, al termine delle lezioni, si portavano a venerarlo e sentivano ripetere il meraviglioso racconto del trasporto della casa da Nazareth nelle Marche, dopo che, nella notte precedente, avevano partecipato all’accensione dei “focaracci” che rievocavano il volo angelico nel cielo Piceno trapunto di stelle. Devozione e folclore felicemente si coniugavano ad elevazione dello spirito ed a gaudio dell’immaginazione.
–\\ COMPENDIO DELLE NOTIZIE SUL SANTUARIO della MADONNA DELLE GRAZIE
1290-1292 – E’ segnalata dalle Rationes Decimarum la chiesa di S. Margherita vergine martire, in territorio di Monte Giberto, nella quale, forse nella seconda metà del secolo XIV, sarà collocata la statua della Madonna delle Grazie.
1450 – La chiesa di S. Margherita viene menzionata nell’inventario della chiesa diocesana di S. Maria Mater Domini di Ponzano come beneficiale della stessa e nell’inventario della chiesa di S. Giovanni di Casale, dove si legge che era situata all’esterno del castello di Monte Giberto e unita alla medesima chiesa di S. Giovanni di Casale, sotto l’unico rettore Don Marino di Cola.
1481- Viene fusa in Istria dai fratelli Giacomo e Pierandrea Liberacio una delle due campane dell’antica torre della chiesa che era alta circa la metà del nuovo e attuale campanile.
1527 – Nel primo antico portico del santuario gibertense si vedeva un mattone con iscritta la data 1527
1547 – Anticamente sopra al portale d’ingresso si leggeva l’anno 1547
1550 – Si riscontrano i primi dati di archivio che attestano l’afflusso alla piccola chiesa di pellegrini devoti dell’immagine della Madonna con il Bambino, scolpita in una statua di marmo.
1566 – L’immagine viene collocata dentro un “tabernacolo” con superfici di vetro.
1567-1570 – La chiesa, a forma di cappellina, minaccia qualche rovina per cui ne vengono rinforzate le mura. Viene, inoltre, ampliata la navata centrale e costruito un piccolo portico.
1572 – Viene aperta una nuova strada “da sole” per unire il Castello di Montegiberto alla chiesa di S. Margherita e favorire l’accesso dei devoti, soprattutto durante la stagione invernale.
1573 – Il visitatore apostolico mons. Maremonti nel 1573 riceve notizia che la chiesa era della Confraternita delle Grazie, la quale ne deve presentare il resoconto al vescovo fermano.
1580 – Viene aggiunta una nuova navata alla chiesa, a est, con un nuovo porticato, ad opera di un certo Pietro, muratore lombardo. Attorno al 1580 la confraternita montegibertese del Santo Rosario (a ricordo della vittoria di Lepanto) stabilisce il suo altare con un bel dipinto. Il proprio cappellano vi celebra la santa Messa, una volta a settimana e ogni prima domenica del mese recita anche il santo Rosario.
1587 Dalla visita pastorale la confraternita di S. Maria delle Grazie riceve l’impegno di fare dipingere la cappella dell’altare maggiore. L’idea ha avuto altre esecuzioni nei secoli fino alle attuali tele dei dipinti della Natività di Maria Ss. nell’abside ed ai lati del presbiterio, la Visitazione ad Elisabetta e la Presentazione di Gesù al Tempio della Madonna del Rosario per il rispettivo altare.
1597 – Vengono trascritte alcune regole della Confraternita della Madonna delle Grazie, segnalata fin dalla metà del secolo XVI.
1623 – Romolo Ricci di Monte Vidon Combatte fonda l’altare di S. Carlo Borromeo, e Francesco di Antognazzo erige l’altare dei Ss.Giuseppe e Francesco d’Assisi.
1625 – Giulio Franchellucci, con il danaro del testamento della moglie Ludovica Migliori, fa eseguire un ornamento plastico nell’altare maggiore con le statue di San Filippo Neri e di San Francesco d’Assisi, insieme a una scena dell’Annunciazione.
1626 – Si recano due statue con le figure di san Filippo Neri e di san Francesco d’Assisi (esistono in sacrestia). La famiglia Antognozzi fa erigere un altare dedicato a san Giuseppe ed a san Francesco d’Assisi (il dipinto è in sacrestia).
1629 – Viene rialzata la navata di mezzo della chiesa.
1632 – Un lascito beneficiale importante fu fatto da don Giacomo Mida gibertense per tre cappellanie nel santuario per le celebrazioni dei Sacramenti.
1691 – Giuseppe Bernetti erige l’altare di S. Francesco di Sales.
1694 – Viene fusa una nuova campana da ignoto fonditore.
1703 – Durante un forte terremoto si porta la statua della Madonna in processione per le vie del castello di Monte Giberto. Calato il simulacro dal tabernacolo, viene notata sull’occhio destro della Vergine una lacrima. L’arcivescovo di Fermo Baldassarre Cenci istituisce un processo sul prodigioso fatto che viene ufficialmente descritto. Giuseppe Marini di Monterubbiano lavora due confessionali – in legno bianco – e l’armadio in noce della sagrestia. Gilberto Atti fonda l’altare della Concezione dei Ss. Francesco di Sales e Filippo Benizi.
1704 – La famiglia Avi poté erigere l’altare dedicato alla Concezione di Maria Ss.ma e nel dipinto v’erano anche i santi Francesco Saverio e Filippo Benizi. Sopra all’arco del presbiterio due sculture raffiguravano l’Annunciazione: la beata Vergine e l’arcangelo Gabriele.
1748 – Viene costruita una nuova cantoria per l’organo dall’ebanista fermano Alessandro Pettinelli.
1749 – L’argentiere fermano Domenico Contucci lavora un calice d’argento per la chiesa.
1751 – Viene fatto eseguire a Roma il sigillo in argento della Confraternita della Madonna delle Grazie.
1757 – Si dà inizio ai lavori della nuova chiesa, a tre navate, sorta su disegno e sotto la direzione dell’architetto Giambattista Vassalli della diocesi di Lugano. Gli stucchi vengono eseguiti da Giovanni Campana di Ravenna e da Gian Pietro Gabuzzi della diocesi di Lugano. Tra i trentanove confratelli della B. Vergine delle Grazie, ben dieci sono sacerdoti e tutti auspicano una chiesa grande e bella.
1763 – Giovanni Zagagnoli (o Zagarioli) di Rovigno, scalpellino in marmo, lavora due conchiglie per l’acquasantiera. Gian Pietro Gabuzzi restaura e abbellisce l’altare della Madonna del Rosario per conto dell’omonima Confraternita e a spese della Confraternita della Madonna delle Grazie. Lo stesso artista ripristina il pulpito, precedentemente restaurato da Marco Aurelio Ossicini di Ponzano. Viene costruita la nuova sagrestia. Paulo Fenni lavora un terzo confessionale.
1808 – Durante il governo francese del Regno italico la chiesa subisce un una grave spoliazione di oggetti preziosi e la Confraternita della Madonna delle Grazie viene soppressa con l’incameramento napoleonico dei rispettivi beni.
1832 – Per iniziativa di Giovacchino Fenni e Luigi Nicolini, con le offerte dei fedeli, si fa eseguire un nuovo organo dal prof. Morettini di Perugia. Più tardi, a spese di un comitato, viene rinnovato il baldacchino in legno, posto sopra l’altare maggiore, che accoglie la statua della Madonna.
1870 – Don Nicola Arpili e Giambattista Bernetti, con le offerte dei devoti, provvedono alla fusione della campana grande.
1873 – Su disegno di Pietro Corsi e con l’opera del capomastro Giovanni Nardinocchi, Don Nicola Arpili, raccogliendo elemosine anche tra la gente, fa restaurare la facciata della chiesa e fa sostituire il vecchio porticato con un altro colonnato, in mattoni. Fa anche costruire a sue spese l’appartamento per il cappellano del santuario, adiacente al corpo della chiesa.
1899 – Don Nicola Arpili dona per la statua due corone d’oro, per la Madonna e per il divin Figlio, e solennemente si celebra l’incoronazione l’8 settembre di questo anno.
Dopo il 1916 – Ludovico Catini (1891-1982) di Grottazzolina esegue, nella sezione del presbiterio, alcuni dipinti murali, opera giovanile ma decorosa.
1924 – Vengono derubate le corone auree donate dall’ Arpili. Il conte Tommaso Bernetti di Fermo provvede a procurarne due nuove.
1932 – Un fulmine danneggia uno spigolo del campanile, che viene restaurato dall’Opera Pia Arpili di Montegiberto.
1946 – Viene completata la decorazione della chiesa, eseguita dal Moreschini e promossa dal rettore del santuario Don Guido Pagliuca.
1980 – Tra le varie iniziative promosse nel corso di vari anni dal comitato per i festeggiamenti e dalla Confraternita della Madonna delle Grazie (nuovo pavimento, riscaldamento, ripristino del tetto della chiesa, e altro), si segnala che il 2 agosto 1980, con l’offerta di alcuni benefattori, vengono rimesse le corone sulla statua della Madonna con il Bambino, rubate precedentemente.

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