CIBO SANO CON ATTENZIONE AI FITOTOSSICI studio di Andrea Strafonda agronomo per la salute

ANDREA STRAFONDA INVOGLIA AL CIBO SANO A PROPOSITO DI GLIFOSATO
Da quando il comitato d’appello dell’unione europea sui prodotti fitosanitari, nella seduta del 27/11/2017 ha approvato il rinnovo per altri cinque anni dell’autorizzazione del glifosato (un erbicida totale il cui uso è diffusissimo ormai per tenere pulite scarpate e terreni incolti e poi in tanti altri casi) sui mezzi di informazione si è scatenata una vera e propria lotta tra chi ne promuove l’utilizzo e chi ne è contrario.
Come ad esempio la senatrice Elena Cattaneo, su Repubblica del 1° dicembre 2017, che nel caso fosse messo fuori legge, paventa il ritorno agli anni 50 della nostra agricoltura in cui si praticava il diserbo manuale delle colture agricole, e chi invece ne avverte la pericolosità come tutto il mondo ambientalista e tra i sindacati agricoli la Coldiretti in testa.
Ma cerchiamo di capirci qualcosa e di fare un po’ di chiarezza su questo prodotto di cui tutti parlano e a volte straparlano creando un clima informativo pieno di luoghi comuni e informazioni non corrette.
Il glifosato (meglio noto con il nome commerciale di ROUNDAP) appartiene innanzi tutto alla categoria dei cosiddetti diserbanti totali, comunemente chiamati disseccanti, in quanto non fanno nessuna distinzione tra le piante con cui vengono in contatto, risultando fitotossici per tutte dal momento che inibiscono l’azione di un enzima importante per la sintesi di aminoacidi (fanno eccezione soltanto alcune piante coltivate OGM come la soia). A differenza della maggior parte dei diserbanti cosiddetti selettivi che vengono tollerati dalla coltura su cui vengono distribuiti e che devono proteggere, uccidendo soltanto le erbe infestanti.
Il suo successo commerciale, è stato dovuto oltre che al basso costo di produzione, al suo meccanismo d’azione, che consiste nell’essere assorbito dall’apparato fogliare e da li essere trasportato attraverso la linfa discendente in tutte le parti della pianta fino alle radici e agli organi di riserva, riuscendo quindi ad eliminare anche le infestanti più resistenti dotate di rizomi sotterranei che ne assicurerebbero la sopravvivenza.
Ma ciò che ha reso “famoso” questo diserbante è sicuramente il fatto che è stata creata dall’uomo attraverso l’ingegneria genetica una pianta che gli resiste (a dir vero anche altre), ovvero che riesce a tollerarne gli effetti; è la SOIA OGM definita appunto SOYA RR, dove l’acronimo sta per Roundap Ready, cioè resistente al Roundap (nome commerciale del glifosato). Guarda caso sia il diserbante che la SOYA OGM vengono prodotti dalla Monsanto, che su di esse ha creato una vera fortuna economica, invadendo tutto il continente americano, asiatico, australiano e parte dell’Europa, con la sua coltivazione. Grazie alla modificazione genetica il glifosato può essere usato su larga scala sulle coltivazioni di soia di mezzo mondo, risultando tollerato dalla coltura, anche se iniziano a manifestarsi forme di resistenza da parte di qualche malerba, richiedendo dosi sempre più massicce di prodotto. Ma oltre all’effetto sulle erbe infestanti il glifosato avvelena il terreno bloccando (il termine tecnico è chelazione) alcuni elementi minerali, quali ad esempio il manganese e impedendone, ad esempio, la bio disponibilità per i batteri azoto fissatori (che sono quelli che provvedono alla organicazione dell’azoto) e gli altri batteri benefici del suolo. Il risultato finale è che diminuisce la fertilità dei terreni su cui viene applicato. Si stima che nelle zone dove abitualmente viene irrorato sulle colture OGM la fertilità dei terreni sia scesa drasticamente richiedendo di conseguenza un maggior uso di concimi.
Altre piante sono state modificate geneticamente per resistere alla sua azione e consentirne così l’utilizzo massiccio in pieno campo, come il mais, il cotone e la colza. Quest’uso continuo dello stesso diserbante sui terreni coltivati comporta la selezione di popolazioni di piante geneticamente resistenti allo stesso, per cui dopo alcuni anni le piante infestanti che manifestano resistenza si trovano ad occupare una sorta di “nicchia ecologica” lasciata libera dalle piante più sensibili al diserbante. Ma la ciliegina sulla torta per noi italiani, i più grandi consumatori di pasta al mondo, è arrivata dall’utilizzo sempre più crescente, negli ultimi decenni, di grano duro proveniente dal Canada e coltivato secondo la tecnica del PRE-HARVEST (trattamento pre raccolto). E’ ormai noto che importiamo grano dal Nord America, ma ci siamo mai chiesti come una pianta tipicamente mediterranea come il frumento duro coltivata sin da tempi remoti in tutta la fascia mediterranea e chiaramente vegetante in climi temperati, riesca ad essere coltivata in ambienti freddi e caratterizzati da stagioni primaverili-estive cortissime come il nord America. Pensate che viene coltivato praticamente sotto il circolo polare artico. Bene a quelle latitudini la stagione favorevole alla sua coltivazione è soltanto la breve estate, con la conseguenza che al momento della maturazione della granella il clima è ancora rigido e soprattutto umido non permettendone l’essicazione naturale, anche perché la raccolta avviene nel momento del sopraggiungere della stagione fredda. Ecco allora che viene utilizzato il glifosato per favorirne l’essicazione. Il diserbante infatti uccide la pianta che essiccandosi porta rapidamente la granella al grado di umidità merceologica e soprattutto con un contenuto di proteine che per l’effetto della veloce disidatrazione è conseguentemente alto.
Il risultato è un grano duro con un contenuto di proteine alto, quindi buono per l’industria pastaria italiana, ma anche con un contenuto di glifosato, che sempre comunque al di sotto dei limiti di legge, (10 mg/kg di pasta) entra lo stesso nei nostri piatti e qui viene il bello.
Lo IARC (L’istituto internazionale per la ricerca sul cancro) ha a classificato il glifosato nel gruppo 2A, tra i probabili cancerogeni.
L’EFSA, l’ente europeo per la sicurezza alimentare, ha espresso parere contrario, basandosi su di uno studio effettuato dalla Germania e realizzato, secondo quanto riportato da diverse testate giornalistiche, dalla controparte ovvero le industrie vicine alla Monsanto che spingeva per il rinnovo dell’autorizzazione all’uso dell’erbicida in ambito europeo.
Quindi non c’è che dire, questo benedetto erbicida ce lo ritroviamo nel piatto quando mangiamo pasta di semola prodotta anche con grano canadese, come la maggior parte della pasta industriale italiana, che coinvolge i marchi più blasonati, secondo l’indagine effettuata lo scorso 27 ottobre dalla testata giornalistica televisiva “Report” che ha analizzato 6 marchi famosi di pasta italiana: Barilla, la Molisana, De Cecco, Divella, Garofalo e Rummo e ciò che è emerso è che in tutti i campioni sono state trovate tracce di glifosato, con valori nettamente al di sotto della dose considerata tossica per l’uomo. Ma secondo me è proprio questo il punto, il fatto che i valori riscontrati siano molto al di sotto della dose massima giornaliera accettabile per l’uomo, dovrebbe farci stare tranquilli secondo l’industria pastaria italiana, EFSA e senatrice Cattaneo compresi. E invece no!!!
Io non sono affatto tranquillo per due motivi: uno è che anche a dosi cosiddette sicure, secondo uno studio appena iniziato e ancora in corso svolto dall’istituto RAMAZZINI di Bologna (lo dice la dottoressa Fiorella Belpoggi, direttrice del Centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni” dello stesso istituto), i primi risultati rilevano una certa genotossicità dell’erbicida anche a dosi ritenute sicure per l’uomo, genotossico vuol dire che è in grado di alterare il DNA, e qui ho detto tutto, considerata la lunga esposizione di noi italiani, appunto grandi consumatori di pasta; il secondo motivo è che nessuno parla mai dell’effetto accumulo dei prodotti chimici sulla nostra salute, ancora dopo decenni dall’introduzione massiccia della chimica in agricoltura, si continua a parlare degli effetti dei singoli principi attivi, ma nessuno ha fatto mai una ricerca sugli effetti del cocktail di pesticidi che introduciamo nel nostro organismo a dosi ritenute sicure per le assunzioni dei singoli prodotti, considerando che li ritroviamo, nel riso, nel mais e in tutti i cereali, nonché nelle verdure e nella frutta. Quindi dobbiamo stare tranquilli? Vista la crescente comparsa di malattie degenerative del sistema nervoso, quali Alzheimer, Morbo di Parkinson e altro ancora, più i tumori di cui muore un numero sempre maggiore di persone. Come si fa ad avere ancora fiducia delle rassicurazioni, specie nei confronti della popolazione infantile. Io invece direi che dovremmo tutti svegliarci e decidere noi cosa comprare, boicottando i prodotti che risultano probabilmente dannosi per la nostra salute. A memoria di tutti guardiamo la campagna per l’indicazione dell’Olio di Palma in etichetta, il risultato è che è letteralmente sparito dalla circolazione, almeno come ingrediente dei prodotti da forno. Quindi invito tutti a fare lo stesso, boicottando la pasta fatta con grano canadese, sperando nelle etichette trasparenti che dovrebbero dare attuazione al decreto del MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI del 26 luglio 2017, che obbliga l’industria pastaria a indicare in etichetta l’origine della materia prima, ovvero il paese di coltivazione del frumento duro, nonché il paese di molitura a partire dal prossimo mese di Febbraio (i sei mesi per l’attuazione servirebbero per smaltire le scorte di etichette).
Se ciò accadrà sicuramente l’industria vedendo scendere i propri guadagni correrà ai ripari.Da quel giorno noi consumatori potremo esercitare liberamente il sacrosanto diritto di poter scegliere cosa mangiare, ovvero se pasta importata con tracce di erbicida o pasta prodotta con grano italiano ottenuto senza diserbanti distribuiti in pre raccolta. Così, riportando sull’etichetta l’origine del grano, lei cara senatrice, potrà scegliersi la pasta al glifosato che vuole, tanto può stare tranquilla, perché l’EFSA e le istituzioni europee la rassicurano mentre noi che non ci sentiamo rassicurati possiamo sceglierci la pasta fatta con grano italiano, almeno sosteniamo la nostra granicoltura, magari pagando anche un prezzo più alto, consapevoli che le scelte alimentari finanziano e orientano l’industria. Buon appetito!!!
ANDREA STRAFONDA AGRONOMO

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