Attendiamo la novità redentrice? In Europa come in Russia?

Attendere l’apocalisse?

L’impressione di molti  è che siano in arrivo cambiamenti, decisivi per gli atei, che trasformano la situazione. Mi fa pensare allo scritto di un autore russo nell’anno 1908. Scriveva MERESCHKOVSKIJ nel giornale «Riec’»: “Per comprendere la differenza che passa tra noi russi e gli occidentali, non solo di idee, di sentimenti; ma perfino delle primordiali sensazioni, di quella fisica che sta a fondamento di ogni metafisica … essi si sono individualizzati; noi <russi> siamo ancora una informe massa collettiva … presso di noi possono verificarsi le migliori e le peggiori eventualità. La nostra forza, ed in ciò sta pure la nostra debolezza, è che noi crediamo ancora nel cataclisma universale, nella fulminea rivoluzione apocalittica del nuovo cielo e della nuova terra. … Ma la nota più forte del nostro disaccordo con l’Europa e più difficile da definire, è la caratteristica religiosa. Dire semplicemente “noi abbiamo una religione ed essi no” è immodesto e forse falso. Noi tutti, credenti o no, possiamo dire di ognuno di noi più o meno quello che diceva di sé un decadente russo: ”Desidero quel che nel mondo non esiste.” Gli Europei non lo direbbero.”\

Seppure l’animo del popolo russo era orientato a traversie con un seguito di innovazione, o di qualcosa che non esiste, e noi attendiamo … ?

Posted in Senza categoria | Leave a comment

Fiore santo della Gioventù femminile marchigiana di Azione Cattolica Giorgina Lamponi

GIORGINA LAMPONI

     Sulle tracce di quella prima accolta di vergini, che l’ardente apostolato di santa Vittoria aveva riunito intorno a sé e che fiorivano come gigli, spandendo, in un ambiente saturo di paganesimo e di corruzione, l’olezzo delle più belle virtù cristiane, quante fanciulle, lungo i secoli, seguirono lo stesso luminoso cammino! Possiamo anche oggi additare dei fiori scelti che vissero il medesimo ideale, tra difficoltà e lotte non lievi e in un ambiente poco dissimile, quanto a fede e costume, da quello dei primi secoli del cristianesimo.

   Vicinissima a noi, cresciuta anzi in mezzo a noi, è Giorgina Lamponi, che aprì gli occhi alla vita il 14 Luglio 1921, nella terra benedetta dalle reliquie della martire santa Vittoria, e sullo stesso Colle Matenano passò i primi anni della sua infanzia.

   Intelligente, vivace, birichina, fu la delizia dei suoi. Le fotografie di quei primi anni ce fa mostrano graziosissima. Aveva lineamenti fini e delicati, carnagione del colore del giglio, suffusa di un roseo incarnato, occhi grandi e profondi, e una testolina adorna di riccioli castani. All’età di tre anni fu mandata all’asilo infantile ove apprese le prime nozioni di religione. Un giorno in cui la buona Suora fece alla sua piccola scolaresca il racconto della Passione di Gesù, Giorgina ne rimase impressionata e commossa e fece dei generosi propositi, presto spazzati via dal pensiero dei suoi giuochi.

   E tra i giuochi non saranno mancati anche dei capriccetti, data la sua indole ardente. Una volta, per esempio, al cane che le aveva rotta la bambola, senza tanti complimenti tagliò un pezzo di coda.

   Aveva però un cuor d’oro, sensibilissimo, e bastava farle capire che una cosa non andava bene, per eccitare in Lei un pentimento sincero e profondo. Un’altra volta, essendosi permessa di canzonare una Suora alquanto deforme, appena le fu fatto notare che ciò era male, chiese perdono in ginocchio alla medesima, piangendo a calde lacrime: perdono che le fu accordato con un commosso abbraccio.  E la bambina non ricadde più in quel difetto, come più tardi ricordò Lei stessa.

   A sei anni, fu allietata dalla comparsa di un bel fratellino che amò con tanta tenerezza. Ma Peppino, a sei anni soltanto, con sulle labbra il nome della sorellina amata, volò al cielo lasciandola immersa in un dolore così profondo da farla ammalare.

   Aveva circa otto anni quando la sua famiglia lasciò il comune di Santa Vittoria in Matenano per cominciare una serie di peregrinazioni che la portarono in diversi luoghi, quasi per tutto il corso della sua breve esistenza. Nella prima tappa si trovò ad abitare in una villa vicino al mare, poco lontana da Falconara: vita di spiaggia, tra i gaudenti amici di famiglia, tra pericoli e insidie senza numero. E il mondo dopo qualche tempo cominciò ad annidarsi in quel piccolo cuore innocente.

   Più tardi, quando la luce della grazia divina ebbe investito dei suoi celesti fulgori la sua mente, Giorgina ricordando quel periodo così scrisse: «Trascorrevamo il tempo sulla spiaggia; quanti cattivi esempi ho visti! quanti discorsi e parole oscene ho sentito!» E fu così che a dieci anni, quel brutto mondo assediò il mio piccolo cuore, tenuto fino allora puro nell’innocenza. «Conobbi delle amiche; con esse cominciai a frequentare i Teatri; molto mi piaceva il Cinema ed ogni volta che i miei mi proibivano di andarvi, piangevo lungamente e credevo – quant’ero cieca! – che quello fosse un dispiacere incomparabile. Leggevo spesso dei romanzi, ignorando qual terribile veleno possedessero. Tutti i divertimenti mondani erano i miei; però nonostante questo, non ero mai felice e sentivo nel mio interno un vuoto immenso. Oh! se avessi conosciuto Gesù, quanto sarei stata più felice!» La penosa conclusione di Giorgina, pare faccia eco alla grande asserzione di S. Agostino: “Ci hai fatti per Te o Signore, ed il nostro cuore è inquieto finché non si riposi in Te!”.

   Ma il buon Dio, che vegliava con amore su quest’anima da Lui prediletta, l’allontanò ben presto da quell’atmosfera pestifera e la condusse in un ambiente più sano, più tranquillo, ove l’anima sua, dopo il primo disorientamento, si aprì qual fiore per accogliere la celeste rugiada della grazia.

   Nel 1932 Giorgina con la sua famiglia si trasferì in Ancona, e nella Parrocchia di San Pellegrino, l’11 dicembre dello stesso anno, s’iscrisse quale Beniamina, tra le file della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. Fu sempre assidua alle adunanze e attentissima a ciò che la Delegata insegnava. Fin dalle prime volte che frequentò l’Associazione, si notò in Lei un cambiamento. Era più raccolta, più grave nel suo contegno, più mite e paziente e il suo esterno recava l’impronta soave della pace che godeva il suo piccolo cuore. Era perciò amata dalla sua Delegata con vera predilezione per la sua ingenua bontà e semplicità. In questa scuola di alta spiritualità fece la sua preparazione remota alla sua prima Comunione e il 4 Giugno insieme alla sorellina Maria ricevette Gesù per la prima volta. Così ricordava in seguito questo giorno di paradiso.

   “Il nostro Parroco ci preparò con otto giorni di spirituali Esercizi e i il 4 Giugno ricevemmo Gesù nel nostro cuore. La gioia che provai non saprei descriverla, Gesù nel mio cuore vi portò tanta pace e tranquillità, mi pareva di essere mutata. Sentivo Gesù vicino ed ero tanto felice”.

   Ma questa primavera di sole e di luce non durò molto, perché fu nuovamente allontanata da quello ambiente religioso, ed altre nubi si addensarono sul cielo dell’anima sua. Per continuare la classe Seconda Magistrale, fu mandata ad Ascoli, in pensione presso una famiglia; poi, a causa della sua malferma salute, le fu ordinato di lasciare la scuola completamente.

   Si trasferì allora con la famiglia nella piccola borgata di Roccafluvione. Qui con altre signorine manifestò il desiderio che si fondasse l’Associazione Giovanile di Azione Cattolica e presto con vero zelo di ‘Apostola’ vi riuscì. Venne nominata Delegata delle piccolissime.

   Tuttavia non era giunta ancora l’ora di Dio, e in mezzo a quest’oro vi era ancora della scoria. Nell’estate del 1934 fu mandata a Santa Vittoria in Matenano dalla nonna, ove essa ritrovò le sue amichette di una volta con le quali ritornò ad essere frivola e leggera. Si lasciò prendere di nuovo dalle vanità, dalla mania di appassionarsi per le varie dive del cinema, ed altre cose del genere, e poiché era veramente graziosa, amava farsi ammirare. In questo periodo le Madri Benedettine, aprirono una scuola di lavoro. Giorgina ne fu la prima allieva. Non fece però buon viso, né al nuovo ambiente, né alle Monache. Sentiva qualche cosa fra il disprezzo e la commiserazione per il loro genere di vita, e non lo nascondeva. Né è a dire quanta pazienza lei facesse esercitare alla Maestra. Le cose trascorsero così fino alla primavera dell’anno successivo, quando un giorno si presentò improvvisamente alla Maestra e, con un fare un po’ imbarazzato le confidò con la voce rotta dalla commozione che … sentiva tanto vuoto nel cuore…. e poiché il mondo non la faceva felice… desiderava lasciarlo definitivamente e farsi religiosa. Quel giorno segnò una svolta definitiva nel corso della sua vita.

   E si vide ben presto il profondo mutamento che lei operò nella sua condotta. Iniziò un lavorio continuo, minuto, generoso, per corrispondere alla divina predilezione e si donò tutta, senza mantenere alcun compromesso con il precedente modo di vivere. Comunione quotidiana, silenzio, raccoglimento, lettura del Vangelo e della vita dei Santi, abbigliamento modesto e serio, furono li frutto più immediato e la prova stessa del suo nuovo orientamento.

   Com’era da prevedersi, si scatenò la lotta in famiglia e da parte delle vecchie amicizie, ma Giorgina rimase salda e fedele ai propositi fatti, godendo anzi di poter meglio testimoniare così il suo amore al Signore. Scriveva infatti alla sua M. Maestra: “Sapesse come sono felice nel vedermi così disprezzata da tutti! Sì il mondo mi deride, mi tratta da pazza e davvero sono impazzita d’amore per Gesù; io sono tanto contenta perché so che Gesù mi ama ed Egli solo sa apprezzare il mio cuore. Vorrei essere nascosta a tutti, ignorata da tutti, per essere solo di Gesù”.   Era veramente crocifissa al mondo e il mondo a Lei crocifisso e poteva anche Lei esclamare con Gesù: “lo ho vinto il mondo”.

   Nei quasi quattro ultimi anni che passarono dalla primavera del 1935 alla data della sua morte, la sua vita interiore andò arricchendosi e approfondendosi con ritmo sempre più accelerato. Amò Dio al di sopra di tutto. A Lui consacrò la sua giovinezza fulgente di pietà e di candore col voto di castità e per mantenersi sempre più unita al Suo Cuore, concentrò tutte le energie.

   Giorgina si era offerta vittima al Signore per la conversione del Babbo e dei peccatori. Quando ancora stava bene e nulla faceva presagire il terribile male che presto avrebbe stroncato la sua giovane esistenza, Gesù volle renderla partecipe dei dolori della sua passione con sofferenze inesplicabili, perché duravano solo un giorno della settimana, cioè il venerdì. Queste sofferenze straordinarie cominciarono a manifestarsi nei venerdì della quaresima del 1935. Poi nel Giovedì Santo dello stesso anno un sogno le faceva comprendere la sua speciale vocazione alla riparazione per mezzo della sofferenza.

     La morte dei Babbo, avvenuta nell’ Ospedale di Pistoia il 27 novembre 1936, la riempie di profonda tristezza. A questa prova si aggiungeva il deperimento della sua salute: già, le facevano male le spalle, la febbre non l’abbandonava mai; una sinovite al ginocchio la fece per molto tempo zoppicare. E lei taceva e sorrideva sempre, felice che la sua offerta fosse stata accettata con tanto amore dal suo Dio.

     Sentiva alle volte le ripugnanze del male e generosamente le voleva superare. Rivolgendosi alla Maestra delle Novizie del Monastero delle Benedettine a Santa Vittoria, così si esprimeva: «Madre mia, a Lei non posso nascondere nulla; soffro e sento che il male mi consuma lentamente. Più i giorni passano e più mi sento distruggere. Mammina mia, se sapesse come sono felice! Quanto è buono Gesù! Lo ringrazi anche Lei, perché è tanto buono, generoso con la sua piccola figlia. Vorrei che nessuno si accorgesse che soffro, e del male che si va operando in me, perché tutti ne avrebbero compassione e non sarei più felice. Voglio soffrire sola, abbandonata da tutti e compresa solo da Gesù. Salirò al Calvario con più amore e la croce mi sembrerà più leggera.»

   Il male non diminuiva e nel venerdì santo del 1937 dopo le ore due pomeridiane ebbe una forte emottisi. Giorgina non solo non si impressionò, ma tutta raggiante di gioia ne comunicò la notizia alla Madre Maestra delle Benedettine: «Che felicità soffrire, versare sangue in un giorno in cui Gesù aveva versato per suo amore tutto il suo! Quale segno di divina predilezione!»

     Nel luglio del 1937 veniva portata a Montefortino per cambiare aria, ma mentre in un primo momento sembrava che quel fiore quasi appassito, riprendesse il primitivo vigore, dopo non molto tempo il male riprendeva tutta la sua forza. Le sue compagne per ragioni di prudenza si allontanavano; e dalle sue care Monache non riusciva più ad andare. Soltanto si trascinava faticosamente in Chiesa per la santa Comunione: così restava sola con la mamma e con Gesù.

   Al principio del 1938 retava a letto: il male continuava il suo corso e sembrava che si localizzasse nell’intestino, aumentando le sofferenze.

   Scrivendo alla sua Madrina di Cresima, signorina Rocchi, così si esprimeva: «Signorina cara, spesso guardo la sua fotografia e sento un po’ di nostalgia ripensando al tempo della mia infanzia che passai con Lei. Com’ era tutto bello allora! Non capivo la vita e i suoi dolori; e tutto mi rendeva felice. Ora invece tutto è cambiato e con la morte del mio caro Papà il dolore per la prima volta è entrato nel mio cuore e nonostante la mia poca età, comprendo benissimo che in questo mondo non si fa altro che soffrire e piangere. Non creda però che io sia triste e malinconica, no: sto allegra e mi fanno stare ancor più allegra le parole che disse. Gesù: «Beati coloro che piangono, perché saranno consolati».

     Nell’ ultimo periodo della malattia, alcune persone consigliarono la mamma di portare Giorgina a Roma all’ospedale Forlanini per tentare di salvare l’inferma dalla catastrofe che si prevedeva imminente. Al Forlanini non venne accettata, perché i medici la trovarono in fin di vita. La povera Mamma si trovò sola, senza neanche l’appoggio di quelle persone che in un primo momento si erano offerte per aiutarla. Finalmente riuscì a ricoverare la Giorgina nell’Ospedale presso S. Giovanni in Laterano.

   Chi può dire quanto abbia sofferto questa vittima, ormai sull’altare dell’immolazione, nel trovarsi sola in quella grande casa di dolore, tra persone a lei sconosciute, lei così timida, così riservata in tutto!

     In una cartolina scritta circa un mese dopo alla donna così dice: «Comincio ad abituarmi qui all’Ospedale, ma in principio vi ho molto sofferto. Sia fatta la volontà di Dio!». Poi pian piano si avvide che anche in quell’Ospedale, tutti Le volevano bene. Le compagne attratte dalla sua gentile bontà le si avvicinavano con affettuosa premura e le si mostravano cordialissime. Il suo lettino diveniva un centro di attrazione per tutte.

     Poco prima che morisse ebbe la fortuna di prendere parte al Pellegrinaggio ammalati per Loreto. Scrivendo alla cara nonna così si esprime: «Sono stata a Loreto e non ti posso dire le ore felici che vi ho passate. Ho chiesto la grazia alla Vergine santissima ed ora attendo se vuole farmela … Approfittava della sua permanenza a Loreto per acquistare con del denaro regalatole una corona di madreperla per lasciarla alla Mamma, quale ricordo del suo affetto e della sua gratitudine, perché sentiva che presto l’avrebbe lasciata per sempre.

     Gli ultimi momenti di questa preziosa esistenza ci vengono narrati da un Sacerdote, che l’assistette quale angelo consolatore: «Semplice, umile, modesta la sua presenza era appena notata in corsia, o meglio, era un centro ignoto a Lei stessa, d’attrazione in quanto non ci si poteva avvicinare al suo letto senza coglierne subito un sorriso, un inchino che ti scendeva al cuore; sorridere a tutti era un bisogno per l’anima sua, un segreto apostolato di bene nella casa del dolore».

     Quando si trattò di amministrarle l’estrema unzione ebbe un leggero istante di smarrimento: “Sono così grave?” mormorò… Si recitò il santo rosario. Le candide rose dell’Ave Maria si sfogliavano accanto al suo letto verginale in un profumo che era preludio del Paradiso. Rincuorata dalla Madonna s’accinse al Sacramento che ci consacra all’ultima lotta. Alla sua vita di silenzio e di nascondimento mancava un’ultima perla, l’abbandono totale delle creature: Dio, geloso di quell’anima Prediletta, glielo concesse. Ella stessa la sera prima della morte pregò la mamma a ritirarsi dalla corsia: «Mamma, va a casa, riposati, io sto bene così anche sola … ti ringrazio di tutto … va a riposarti, che ne hai tanto bisogno …» La Mamma, lusingata da un’apparente calma dell’inferma, se ne andò. Le compagne di corsia si ritirarono ai propri posti. L’infermiera, dopo l’ultimo giro di ispezione, non notando nulla di straordinario, credette bene lasciarla sola, pronta ad accorrere al minimo allarme.

     La voce dello Sposo fu dolce e silenziosa “Vieni „ cui fece eco un “Vengo, inteso solo dall’Angelo custode. Erano le due di notte. L’infermiera passando, ebbe l’impressione di contemplare il sonno di un angelo.

     Il ‘Padre spirituale’ che ha scritto quanto sopra definisce la vita breve di Giorgina così: “Niente di straordinario, la vita presa nella sua tremenda realtà vissuta nella sua interezza, alla luce di quel Dio, che un giorno ci deve giudicare; pazienza, silenzio, amore all’Eucarestia. Che Iddio mandi tante di queste anime a profumare questo mondo perverso!».

                                                                                                     Vincenzo Vagnoni

Posted in Senza categoria | Tagged | Leave a comment

SANTA VITTORIA PATRONA GIOVENTU’ FEMMINILE DI AZIONE CATTOLICA NELLE MARCHE omelia di Norberto Perini arcivescovo di Fermo

OMELIA DELL’ARCIV. MONS. NORBERTO PERINI a Santa Vittoria in Matenano il 23 dicembre 1950

     1950: anno specialissimo vorrei dire unico negli annali della Chiesa per la frequenza e la solennità dei contatti tra la Santa Chiesa Militante e la Santa Chiesa trionfante.

     Quanti Venerabili vennero beatificati! Dal fanciullo Domenico Savio al Papa Pio X°.

     Quanti Beati vennero canonizzati! Da S. Antonio Maria Claret a S. Vincenzo Strambi, Vescovi e Missionari, alla umile fanciulla marchigiana S. Maria Goretti, martire per essere vergine.

     E presto, prima che tramonti l’anno, precisamente il 1° di Novembre, con una nuova corona d’oro cingerà non un’immagine o una statua di Maria SS. ma la stessa Augusta Fronte della Madre di Dio e Madre nostra vivente gloriosa, proclamando dogma di Fede l’assunzione di Maria SS. al cielo.

     Questo nel vasto, immenso orizzonte della Chiesa universale. Nel più ristretto raggio di una Provincia ecclesiastica noi abbiamo pure intrecciato una corona da deporre sul capo della Santa da cui prende nome questa terra fortunata: Santa Vittoria.

     I Vescovi delle Marche nella loro tornata del 30 Marzo scorso, hanno esaminato l’opportunità di dare alle loro giovani di A. C., a queste schiere che radunano la più sicura e lieta giovinezza cristiana, un aiuto, un modello, una Patrona, e l’hanno scelta in S. Vittoria Vergine e Martire.

     Qualche mese appresso, il 26 Luglio scorso, il S. Padre ratificava tale decisione in un bel messaggio in cui si dichiarava “lieto di additare nella celeste Patrona eternamente viva per tutti l’evangelica consegna” e auspicava che le Schiere di G. F.  si radunassero “a ritemprare presso l’antica Sorella trionfatrice del mondo, il loro spirito di apostolato per i nuovi cimenti”.

     Di questa felice designazione io oggi, faccio la solenne proclamazione. Dal Cielo Santa Vittoria risponda iniziando la sua protezione specialissima sulla gioventù di A. C. Marchigiana.

     Supplica questa gioventù: “Vittoria, Vergine Vincitrice visita la vigna vigorosa”.

     Ed essa risponda; “Fate cuore, o giovani: sono con voi nella battaglia, sarete con me nella vittoria”.

     Ma è proprio degna Santa Vittoria di essere additata come modello alla Gioventù Femminile di A. C. ?       Scorrete i tratti della sua vita.

     Figlia di nobilissima famiglia romana, non si sa per quale fortunata circostanza ebbe fin da fanciulla educazione cristiana. Ancor giovane, nell’età usuale  per le abitudini di quei tempi, si fidanza con un giovane patrizio, Eugenio, Ma la Provvidenza le ha messo vicino una Sorella, forse di sangue, forse solo di spirito, Anatolia, la quale un giorno dipinge a Vittoria la bellezza della castità cristiana.

     Vittoria è affascinata da questa descrizione, e, generosa qual è, à deciso, una volta per sempre, di non avere altro Sposo fuori di Cristo.

     La sua decisione suscita le ire di Eugenio, come già la simile decisione di Anatolia aveva suscitato la reazione del suo pretendente Tito Aurelio.

     I due giovani si alleano per un progetto di seduzione degno del demonio. Usano le minacce, le lusinghe, le preghiere, ma nessuna forza può smuovere le Sante Vergini dal loro proposito. – Si viene alle vendette.

   I due giovani, potenti presso l’Imperatore, che allora era Decio, ottengono che le due fanciulle siano condannate all’esilio e relegate ciascuna nei possedimenti del giovane già fidanzato.

     Addio ai Genitori, ai Parenti, alla casa, alla città; addio tra di loro: Anatolia è portata sulle rive del Capo Fucino, e Vittoria eccola in Sabina, a Trebula Mutuesca, quel paese che ora è chiamato Monte Leone di Sabina.

     Qui si apre una pagina tanto dolorosa quanto gloriosa per la nostra Santa.

     Sono tre anni in cui, tra le spine delle più svariate e crudeli persecuzioni, sbocciano e maturano prodigi di apostolato.

     Intorno ad essa, nobile romana, intelligente e istruita, forte e dolce, si radunano le migliori giovinette del paese, per essere istruite, sia nella Religione cristiana, sia in tutte le arti e conoscenze che ingentiliscono ed elevano la vita.

     Quando poi Vittoria diventa benemerita per aver prodigiosamente liberato il paese da calamità che la pia tradizione, come spesso, simboleggia in un dragone infestante la contrada,  e le viene concesso dalle Autorità locali un antro dove vivere con qualche maggiore libertà, allora l’accorrere delle giovani si fa più numeroso, più entusiastico e più fruttuoso.

     Si forma intorno a Lei una Associazione Cattolica, in cui si studia il Signore, si impara a lavorare, ci si prepara alla vita secondo l’ideale cristiano, e di simile Associazione Vittoria è Presidente. – Alcune si fermano stabilmente con Essa e formano una specie di monastero di cui Vittoria è l’ispiratrice, l’anima.

     Ma dopo tre anni le speranze di Eugenio sono definitivamente deluse; l’odio ha preso il posto dell’amore; lo spettacolo della venerazione di cui Vittoria è circondata gli sembra una irrisione alla sua impotenza, così che esasperato, egli decide la sua morte.

     L’Imperatore firma il Decreto: Si chiederà un’ultima volta a Vittoria che veneri gli dei e rinunci a Cristo.

     Se essa rifiuterà sarà dichiarata colpevole di due delitti: delitto di sacrilegio e delitto di lesa maestà e sarà data in mano al carnefice. – Viene a Trebula Taliarco con questa tremenda sentenza. Egli è giudice, ma è pronto anche a fare da carnefice. Pianti e proteste e suppliche da parte di tutto il popolo, specie da parte delle SS. Vergini che sono salite al numero di 60. Essa sola è serena. Si scorge nel suo sguardo scintillante la viva attesa dello Sposo ormai vicino: è il giorno delle sue nozze con Cristo. – Comincia l’interrogazione. Minacce, promesse, lusinghe nuove. Il

Giudice ha portato con sé una statuetta di Diana e vuole che Vittoria si prostri ad

adorarla: “Giammai: Io adoro solo Cristo Crocifisso perché tutti gli altri troni sono ormai corrosi dai vermi e presto i vostri dei falsi e bugiardi saranno distrutti dalla potenza della croce”.

     Taliarco estrae la sua spada che scintilla alla luce del sole, L’Ultima domanda: “O tu sacrifichi a questa dea che tengo nella mia sinistra o s’immergerà nel tuo petto questa spada che impugno nella mia destra”. La scelta è fatta: “O Gesù, Sposo diletto, tu mi vuoi, tu mi chiami, io vengo a te”.

     La spada del tiranno si affonda nelle sue carni fino al cuore. Aveva intorno ai 20 anni. Un urlo di gioia feroce da una parte; singhiozzi e pianti da un’altra. Essa cade,  e l’anima sua ecco è accolta in Cielo e accompagnata alle Eterne Nozze coll’Agnello Immacolato. Era il 23 Dic. Dell’anno 250: 1700 anni fa.

     Figliuole di Az. Cattolica, è degna Vittoria di essere la Vostra Patrona?

     Avete un’ideale di purezza conforme allo stato a cui il Signore vi chiama? S. Vittoria ve lo addita, ve lo insegna. Avete un ideale di apostolato? S. Vittoria ve ne ha dato esempio: Avete da diffondere intorno a voi quell’atmosfera di amore reciproco che moltiplica la gioia del vivere, che è tanta parte della Religione di Cristo? S. Vittoria vi insegna come.

     Non importa che siano passati 1700 anni da quel prodigio di vita e da quel prodigio di morte. Anzi è più bello: è segno che Cristo non muore mai, che la sua religione è divina, la sua legge è eterna, la sua chiesa vive sempre del fervido tepore del Sangue di Gesù, nel cui solco scorre così il Sangue di Stefano protomartire, come il Sangue dell’ultimo Ministro di Dio ucciso ieri dai rinnegati di oriente; così il Sangue di Vittoria Martire Romana, le cui sacre spoglie dormono sotto questo altare, in questa gloriosa terra Marchigiana, come il Sangue di Maria Goretti Martire Marchigiana, le cui sacre spoglie abbiamo venerato in Roma il giorno della sua massima glorificazione.

     Ringraziamo dunque il Cielo che in questi giorni, in cui tutto ci richiama ad un Cristianesimo forte, operoso, eroico, ci fa brillare di nuova luce davanti allo spirito un esempio così mirabile di eroismo.

     Io ringrazio i Vescovi della Regione Marchigiana che non potevano avere i motivi sentimentali che io avevo nel chiedere, ma compresero il valore dei motivi religiosi nel dare il voto favorevole alla proclamazione di S. Vittoria a Patrona della G. F. di A. C.

     Ringrazio vivamente il Priore, il Curato e il Clero tutto di qui, che si è fatto attivo e intelligente promotore del culto di S. Vittoria.

     Ringrazio vivamente le Autorità civili e scolastiche la cui presenza e la cui opera aggiunge splendore alle solennità. Ringrazio il Comitato dei festeggiamenti e tutto il popolo che, con devoto entusiasmo, si è proposto di mostrarsi riconoscente alla sua e nostra Santa di quanto fu nei secoli la grandezza e la prosperità e la spiccata sanità morale del paese.

     Questi festeggiamenti oggi iniziano, ma durano un anno.  Non significa certo che per un anno si debba vestire l’abito di festa e dimenticarsi dei campi e delle officine da cui traiamo il nostro sostentamento. No. Ma significa che si apre un anno di festa per lo spirito; un anno nel quale a tutti torni più facile di guardare in alto, verso il cielo, di sentire che lassù è la

Patria; di ordinare, sull’esempio dei Santi questa vita così che serva per meritare quella del Paradiso. Significa, o abitanti di S. Vittoria, che se prima eravate depositari fortunati delle Spoglie di S. Vittoria, dovete imparare ad essere diffusori vivi del suo spirito. Significa che l’Archidiocesi di Fermo deve rendersi capace di rigustare i canti e gli osanna che sono risuonati in quel lontano passato quando i monaci di S. Benedetto hanno deciso di trasferire da Farfa il loro grande tesoro, e per il Lazio, l’Umbria, e il Piceno l’hanno portato in trionfo, fin quando non giunsero su questa vetta del Matenano. E qui deposero la S. Urna.

     Il Signore sapeva che tanti secoli dopo, nella sua chiesa sarebbe germogliata una pianta viva, feconda di fiori e di frutti, che si sarebbe chiamata Azione Cattolica. Sapeva che la branchia più gentile ed operosa di questa A. C. avrebbe avuto nome G. F. . Sapeva che la G. F. di A. C. delle Marche, nel desiderio di avere una Patrona, non avrebbe avuto che un piccolo imbarazzo di scelta. E avrebbe scelto S. Vittoria perché pura, perché apostola, perché martire.

     E in quei cortei che 10 secoli fa seguirono plaudenti l’Arca di S. Vittoria pellegrina da Farfa al Matenano, ha visto anche voi, giovani del 1950, ciascuna di voi, a cantare, ad applaudire, a promettere, a supplicare: “Virgo Victoria Victrix, ora pro nobis. = Vergine Vittoria Vittoriosa, prega per noi!”

     Sì, prega per noi che abbiamo bisogno di riportar vittoria sulle nostre passioni, e siamo tanto deboli, e siamo avvolti da tante seduzioni di mondo.

     Prega per noi che abbiamo impegnato una tremenda lotta contro coloro che negano Dio, ne soffocano la voce, ne irridono la legge, ne profanano i Sacramenti, ne abbattono i templi, ne disperdono i ministri, e da questa lotta vogliamo uscire vittoriosi.

     Prega per noi, cui rintronano le orecchie e opprimono il cuore minacce sempre risorgenti di guerra, e abbiamo bisogno di pace, e, rispondendo alla voce del nostro Capo, il Papa, la imploriamo dal tuo Sposo Cristo, Re Pacifico e dalla Madre sua che invochiamo Regina della Pace.

     Prega per noi che oggi siamo gli insidiati, i feriti, i piagati della Chiesa Militante, ma vogliamo essere, quando a Dio piaccia, con te, Vergine Vittoria, i Vittoriosi della Chiesa Trionfante. Così sia.

Posted in Senza categoria | Leave a comment

A SANTA VITTORIA IN MATENANO (FM) la tradizione della FONTE DEL LATTE.

Una tradizione millenaria che si mantiene a Santa Vittoria in Matenano, narra un fatto prodigioso che sarebbe avvenuto, durante la Traslazione nella chiesa sul colle del sacro corpo della Patrona, santa Vittoria, ad opera dell’abate di Farfa, Ratfredo, verso il 934. Il corteo dalla lontana Sabina, nel Lazio, in devota solennità, percorrendo l’Umbria e le Marche, accompagnava il carro a quattro ruote, tirato da buoi, per recare, nella basilica sul colle Matenano, il sarcofago di pietra con entro le sacre reliquie. Quando giunse a circa un miglio dal luogo di destinazione, le persone avvertendo la stanchezza per le fatiche del lungo viaggio e quasi estenuate dall’ arsura e dal caldo, fecero sosta per trovare riposo e ristoro, in vista del Colle Matenano, in un punto dell’attuale contrada San Giovanni.

Mentre l’ombra delle verdi piante rendeva confortante il meriggio e offriva refrigerio ai corpi accaldati, purtroppo gli uomini invano cercavano per ogni dove acqua cui accostare le labbra riarse e non riuscivano a placare la loro sete ardente. Sofferenti e pensosi i monaci, imitati da tutto il popolo del seguito, si prostrarono in preghiera e stringendosi con accresciuta fede e con fervore intorno alla preziosa urna della santa, di cui erano custodi, invocarono devotamente la protezione e l’aiuto dell’amata santa Vittoria.

La suggestiva e pia tradizione tramanda che la Santa protettrice accoglieva i voti e per sua intercessione ecco il miracolo: vedono sgorgare dal suolo un’acqua color latte e provano che ha le proprietà dissetanti e nutritizie.

Il fatto accertato e innegabile è che nella località denominata Fonte del Latte, da secoli e secoli una perenne vena è veramente esistita, situata a parecchi metri di profondità e da questa scaturisce un getto di pura acqua potabile. Il popolo, fin dai tempi remoti, attribuisce a quest’acqua il vantaggioso potere di far tornare il latte alle mamme e alle nutrici che ne soffrissero la scarsità o di farne aumentar la portata.

Quale valore, da un punto di vista umano e scientifico, si può dare a questa tradizione? Ha un fondamento di verità? La multisecolare credenza delle mamme del popolo mantiene l’usanza per cui si recano a prendere e a bere di quest’acqua. Ci domandiamo se sia veramente salutifera ed abbia, come si crede, l’effetto di favorire la detta formazione del latte.

Al punto come stanno oggi le cose, si riscontra l’impossibilità di dare una risposta precisa a questi interrogativi. Bisognerebbe, con diligente e rigoroso esame critico, poter acquisire le testimonianze e vagliarle in modo che risultino sicure, con la dovuta serenità e severità, registrando il numero e le esatte generalità delle persone a cui la detta acqua avrebbe procurato i desiderati effetti favorevoli al latte. Inoltre occorrerebbe accertare con precisione le circostanze e le modalità con cui detti effetti si siano manifestati. Soprattutto sarebbe necessaria ancora una scrupolosa analisi chimica e clinica dell’acqua stessa. Soltanto dopo tali verifiche si potrà, con maggior cognizione di causa, parlare di quanto vi sia di provato in questa interessante disanima. Per ora una cosa è sicura ed è motivo di orgoglio per gli abitanti del centro Matenano: a tutt’oggi – nel pieno secolo delle telecomunicazioni e dell’energia atomica, della sutura chirurgica del cuore e del trapianto degli occhi – la fama di questa Fonte del Latte è ancora diffusa, anche tra persone qualificate, non soltanto fra il popolino tentato di suggestioni. Non è facile capacitarsi a spiegare come tale tradizione popolare possa prosperare ben sicura, ancora nella mentalità scientifica e da oltre mille anni, quando la si volesse considerare basata unicamente sulla superstizione.

Sul luogo del detto prodigio attribuito alla virtù di S. Vittoria sin dall’antichità esisteva una fontana adiacente ad una piccola edicola dotata dell’immagine di santa Vittoria in una nicchia. Questa costruzione aveva sfidato secoli e secoli, ma finì completamente franata. Di conseguenza la ben nota Fonte del Latte si ridusse ad una qualsiasi pozza di acqua terrosa. Eppure nonostante fosse stata così ridotta, restava meta di viaggi da parte di mamme che, addolorate di non poter ben nutrire il loro figlio con il proprio latte, prendevano tale acqua e la bevevano e pregavano, convinte della sua virtù prodigiosa che emanava dall’intercessione della santa Patrona!

E’ rimasta anche una prassi curiosa. La donna che desiderasse la grazia di ottenere il ritorno o l’aumento della portata lattea, usa fare il giro di sette case in ognuna elemosinando un pezzo di pane che poi deve lasciare presso la statua della santa, nella nicchia, a beneficio dei poveri. In antico, questo pane, che raggiungeva fin la quantità di sette pagnotte, veniva lasciato, talora insieme con qualche moneta o monetina nella nicchia dove i poveri andavano poi a prelevare l’elemosina. Ma dopo franata la costruzione il pane e l’eventuale moneta venivano lasciati, sempre a beneficio dei poveri, nella casa più vicina. Non sembra che possa dirsi superstizione questa pratica che non rappresenta altro che un’applicazione del principio cristiano dell’umile carità verso il prossimo.

 Nel 1934 – anno in cui fu celebrato solennemente il millenario della traslazione sul Matenano delle reliquie della martire santa Vittoria – fu posta e benedetta la prima pietra per la ricostruzione della Fonte del Latte. Una pergamena, con magnifica epigrafe latina dettata dal Prof. Cicconi, venne inclusa nella pietra a ricordo dell’evento. Purtroppo molte e tristi difficoltà di vario genere per lunghi anni impedirono il completamento della progettata ricostruzione. Poi, finalmente, il sogno è divenuto realtà. La Fonte del Latte è risorta, nell’anno santo 1950, in occasione del XVII centenario del martirio di santa Vittoria (dall’anno 250), per volontà dell’amministrazione comunale che ha esaudito i voti dei credenti compaesani. la costruzione è stata allora abbellita con unartistica statua delia Santa, ha continuato ad essere meta di pellegrinaggio delle mamme che, con la fede nel cuore, invocano l’ausilio di santa Vittoria per nutrire il corpo delle loro creature con il latte e con la preghiera arricchirne l’anima. <Queste notizie derivate da un articolo edito nel periodico santavittoriese “Santa Vittoria astro dello Stato Farfense” nell’agosto 1950>. Aggiungiamo che gli attuali proprietari del terreno sono gli Antolini che informano i curiosi che il terreno arato si è molto abbassato, facendo crollare la muratura, ma l’acqua vi scorre permanentemente anche in piena estate e scendono a valle dove facilitano una boscaglia arborea le piante sul terreno e vi si muovono i caprioli e i lupi. L’acqua permane utile.

Posted in Senza categoria | Tagged , | Leave a comment

LE PERSONE NEL BENE SONO SALVE, al contrario il male distrugge le persone.

Con don Oreste Bensi l’esortazione dell’apostolo san Paolo su Gesù e il suo bene, evitando il male che distrugge le persone.

Il peccato si identifica con la ribellione stessa dell’uomo contro Dio, anzi con l’uomo che si so­stituisce a Dio; l’uomo afferma: «Non voglio che tu mi dica ciò che è bene e ciò che è male. Sono io che creo il bene e il male». L’uomo distrugge Dio dentro di sé, ma mentre distrugge Dio, di­strugge se stesso.

L’uomo che esclude Dio va verso l’autodistru­zione: quanto più progredisce tecnicamente, qualcosa di terribile lo prende. L’uomo non morirà sulla terra per mancanza di acqua o di energia, o per inquinamento, ma morirà per una pazzia collettiva perché l’uomo nel peccato è nell’assurdo: mette se stesso al posto di Dio.

Dio non vuole che il mondo muoia e ha man­dato Gesù perché il mondo viva, perché il mon­do non muoia ma abbia la vita di Dio, e invece questo mondo muore. Tutte le volte che tu ti la­sci convincere dalla cattiveria, dal tuo egoismo, dalla tua miseria, muori e il mondo muore. Dio fa l’impossibile perché tu non muoia, tuttavia tu lo rifiuti, rifiuti di credere a Cristo, di affidarti a lui, ed ecco allora muori.

Chi crede in Dio non è condannato, ma chi non crede in lui è già stato condannato perché non ha creduto nella persona dell’Unigenito Figlio di Dio.

Posted in Senza categoria | Tagged , , | Leave a comment

In Burundi gli orfani assistiti da da Vittorio Blasi sacerdote (1941-2015)

AMICI  DEGLI  ORFANI del BURUNDI con P.Vittorio Blasi

LETTERA di padre Vittorio Blasi (1941-2015)

   Abbiamo stampato il primo libretto in uso per le classi della scuola materna. Ci avete dato il necessario richiesto per poter fare questa piccola opera per la formazione dei piccolissimi. Ho scritto per chiedere aiuti a livello diocesano a Fermo. I sacerdoti che desiderano aiutare, cercano di farlo e ne sono molto riconoscente. In ogni modo c’è tanta partecipazione alla missione del Burundi. Le immagini della Madonna di Fatima sono arrivate e le distribuirò ai malati. Già un gran successo. Saranno Gesù Misericordioso e la Sua Mamma santissima di Fatima a cambiare i cuori ‘malati’ di tanti malati. Carissimi, restiamo uniti nella preghiera. Cercate di invitare altri a darmi una mano per i libretti. Il loro costo di preventivo in tutto si potrà aggirare sui 6000 Euro circa. Per la stampa dei primi due libretti c’è stato un aumento sul preventivo di circa 1000 Euro. Grazie infinite per tutto quello che fate per noi e per la Missione del Burundi. Il Burundi è di Maria e Maria lo proteggerà sempre e ci proteggerà.

   Grazie infinite.                            In Gesù e Maria –          P. Vittorio Blasi

<Allegato> NET PRESS  con notizie edite 25 giugno 2002. “ Su Internet potrete trovare tutte le notizie dell’Agenzia NET PRESS. Indirizzo E-mail: netpress&cbiuf.con Web= http://www.net press.bi    Bujumbura  Burundi” \ / Le notizie del 25 giugno parlavano dell’instabilità politica. Gli insegnanti delle scuole pubbliche scioperano per la paga. I genitori sono amareggiati. Il governo di Barakana vuol considerare lo sciopero una manipolazione politica dell’opinione pubblica. Ci sono problemi.

Posted in Senza categoria | Tagged , | Leave a comment

SERVIGLIANO NEL TORNEO CASTEL CLEMENTINO 2022

SERVIGLIANO ONORA IL FONDATORE DI CASTEL CLEMENTINO CON IL TORNEO CAVALLERESCO DOMENICA DOPO FERRAGOSTO 2022

   Il Torneo Cavalleresco di Castel Clementino è un interessante spettacolo pubblico di gran successo nelle mirabili rappresentazioni, negli incantevoli cortei dalle splendide fogge e nell’abilità di successo dei cavalieri rionali giostranti. A sera della domenica dopo Ferragosto, ultimata la gara svoltasi al pomeriggio e proclamato il vincitore è festeggiato con il trionfo nel centro urbano fondato da Papa Clemente XIV nel 1772, duecentocinquanta anni or sono. Allora non c’è modo di far defluire la dinamica dell’emozione con cui il rione vittorioso fa i festeggiamenti percorrendo la piazza e le vie attorno per sventolare il nuovo palio conquistato di Castel Clementino.

   Il successo nella giostra degli anelli che sono la quintana, è determinato calcolando i minuti secondi del tempo nell’avanzamento ippico nella lizza, insieme con il maggior numero degli anelli infilati dal singolo competitore rionale, con la necessaria regolarità. Questa giostra viene scoperta ogni anno dai rionanti non solo nell’ansiosa fiducia che il proprio cavaliere conquisti il maggior successo di punteggio, anche nella comparsa diretta di tantissimi figuranti. Ciascun cavaliere competitore mostra la sua abile bravura nella virtuosa perizia con cui riesce ad infilare e trattenere ogni anello nella propria asta.

   I cavalieri ed i cavalli sono scelti direttamente da ciascuno dei cinque rioni in gara: Paese vecchio, Porta Marina, Porta Navarra, Porta Santo Spirito, San Marco. Si destreggiano per la competizione sul campo di lizza in un percorso a forma di otto 8 dove si trovano a gareggiare secondo una sequenza che viene ordinata dalla estrazione fatta in precedenza. La sequenza sorteggiata ha stabilito l’ordine di partenza con cui i cinque competitori si succedono nella gara ravvivata dall’entusiasmo delle tifoserie rionali che incoraggiano cavalieri e cavalli sotto sforzo a che abbiano a vincere il nuovo “Palio Castel Clementino” e conseguire così il riconoscimento del merito della vittoria.

   Le fasi della tenzone sono tre e in ciascuna di queste fasi vengono sospesi anelli di diametro sempre più piccolo, talché il prelevarli è sempre difficoltoso e impegna ogni attitudine, persino fortuna specie per gli anelli più piccoli. I giudici dell’apposita commissione nel contempo calcolano il tempo della durata complessiva del giro della corsa di ogni destriero dal momento della partenza a quello del ritorno alla stazione di consegna degli anelli prelevati. Registrano anche le penalità per le violazioni dei segnali esistenti sulla pista.

   I cittadini serviglianesi formano il gran corteo verso il campo di lizza mostrando un’ilarità speranzosa nel confidare che il cavaliere del proprio rione abbia a vincere il palio. Gli spettatori forestieri fanno apprezzamenti sull’agile corsa dei cavalli, sull’abilità baldanzosa dei fantini, sulla destrezza di movimenti per prelevare gli anelli dall’asta. La contesa è trepidante per il successo nel timore dell’insuccesso, nell’infilare gli anelli delle tre successive fasi. Ogni successo è gridato.

   Ecco nel percorso segnato il fantino sta spronando e accelerando la corsa: ed ecco che a metà della rotta il suo sguardo si affissa con tensione sull’anello appeso al braccio del palo, all’altezza del suo petto. Lo deve e lo vuole infilare e trattenere sull’asta della sua lunga lancia mentre il cavallo ha appena rallentato affinché l’anello non cada. Gran maestria … Ma … Per la vittoria non basta la precisione nell’infilare e prelevare i singoli anelli da consegnare ai giudici, è necessario anche evitare le penalità che diminuiscono il punteggio globale.

   Viene sventolato sul campo il palio: un grande stendardo di tessuto dipinto in forma figurale. Negli ultimi anni il dipinto è stato creato nella locale Scuola Media.  Finalmente il vincitore viene dichiarato nel punteggio assegnato al cavaliere giostrante rionale che ha consegnato il maggior numero di anelli nel tempo più breve e con poche o nessuna penalità. La preparazione di un anno è giunta alla conclusione attesa e la gioia dei vincitori solleva tutti dall’ansia delle tifoserie di Castel Clementino. Soddisfatti. Il 22 agosto 2022 la vittoria ha arriso a Paese Vecchio. Complimenti e rallegramenti.

Posted in Senza categoria | Tagged | Leave a comment

La pace del 1450 tra il governo di Fermo e quello Farfense a Santa Vittoria in Matenano limitrofa a Servigliano

Pacificati tramite il governo di Fermo Servigliano e Santa Vittoria in Matenano nel 1450

   Nell’anno 1450 a Santa Vittoria in Matenano e a Servigliano si vissero le pacificazioni intercomunali promosse dal papa Nicolò V per mezzo del francescano osservante Giacomo della Marca che trattava con i governi provinciali come mediatori di pace. Nella vita di san Giacomo risulta la notevole missione che svolse come pacificatore. E’ interessante il fatto che Servigliano ebbe l’intervento del governo Fermano che concordò i confini della limitrofa Santa Vittoria il 16 giugno di tale anno. I Priori della Città, che tenevano uniti i castelli per mezzo  degli “Statuti dei Fermani”, acquisirono la consegna del terreno dove era vissuto e morto San Gualtiero, tra i serviglianesi, che eressero ivi una chiesa. Ancor oggi il fossato antico chiamato Fosso di san Gualtiero è la precisa linea di confine rimasta indiscussa.

   Esiste l’istrumento nella pergamena in cui il notaio d’autorità apostolica e imperiale che era cancelliere comunale di Santa Vittoria, Antonio di Matteo Totti (da Santa Maria in Lapide, oggi Montegallo) stando con i protagonisti, nella sala grande del pubblico palazzo santavittoriese scriveva la delibera con cui il Consiglio cittadino per ordine del suo podestà Tomasso de Spiccolis, anconetano, nominava – come scritto – “l’illustre signor Ser Antonio Marini … vero e legittimo procuratore, sindaco, nunzio sicuro, speciale agente, facente o quale meglio può dirsi e ritenersi” affinché “dia, ceda, conceda ai signori Priori di Fermo il territorio che il comune di santa Vittoria tiene nel piano di San Gualtiero”. Santa Vittoria in Matenano era stata fondata e rimaneva tra i territori del governo Farfense

   Nell’atto notarile risulta che con la delibera si cancellavano e annullavano i processi giudiziari con tutte le condanne e le pene pecuniarie e afflittive in occasione – si legge – “di qualsiasi malefatta, crimine, eccesso e delitto” dall’una e dall’altra parte. Il procuratore Marini … aveva il preciso mandato: “faccia, ponga termine, pattuisca, conceda, concluda”. Ed egli pacificò da parte del comune di Santa Vittoria ogni trattativa, e la delibera del 16 giugno 1450 preventivamente riconosceva questa conclusione valida e stabilita in perpetuo dichiarando che il loro procuratore “era prosciolto in ogni clausola di quanto deliberasse per cui gli stessi costituenti si sono dichiarati fideiussori con l’ipoteca e l’obbligazione dei beni comunali”. La cessione del Piano di San Gualtiero riguarda ogni diritto e azione giuridica per i beni reali e personali, utili e diretti.

   Il confine aggiornato nel 1450 segnava il limite tra due governi: il governo di Fermo a nord e quello Farfense a sud, con Santa Vittoria in Matenano limitrofa con Servigliano (FM).

Posted in Senza categoria | Tagged , | Leave a comment

STATUTI DEL COMUNE DI FERMO E DEI CASTELLI FERMANI libro secondo edizione 1589 tradotto dal latino da Vesprini Albino

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA ED INDIVIDUALE TRINITA’ INIZIA IL LIBRO SECONDO FELICEMENTE

2 Rub.1 – La corsa del Palio

   Stabiliamo ed ordiniamo che alla corsa del Vellutato, o dello Scarlatto o del Palio di altro colore, che si farà nel giorno della Beata Maria Vergine del mese di agosto, nessuno osi né presuma procurare qualche contrarietà, né impedimento ai concorrenti a detto Palio, oppure dare ad alcuno degli stessi aiuto, consiglio o appoggio nella detta corsa, sia per i cavalli che corrono per detto Palio, sia per i cavallerizzi, o per un altro di questi stessi, nella corsa lungo il detto percorso fino al ricevimento di detto Palio: e chi fa il contrario venga punito a 25 libre di denari, e più e meno a discrezione del signor Podestà o del Capitano. E il Vellutato, lo Scarlatto o il Palio che verrà messo <per l’arrivo> nel percorso dei cavalli, anzitutto sia giudicato dai Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia, e quello che essi avranno giudicato giusto, sia posto, e non un altro, né possa successivamente cambiarsi; e quello che sarà legato, il vincitore lo abbia < a ottenere> come vincitore e non un altro. E anzitutto sia vinto il Palio stesso dal primo concorrente, e che vi arriva primo: e per secondo sia vinto dal cavallo che arriva secondo; terzo ed ultimo ad opera del terzo concorrente, che arriva(no) per la via del mare fino a Palazzo del Comune, come è consuetudine al mattino prima di pranzo e successivamente sia fatto il gioco dell’anello, (il gioco) del toro, come da consuetudine; e a questo gioco dell’anello possono correre, nella festa predetta, soltanto i concorrenti con l’asta con i sonagli.

2 Rub.2

 – Gli imbussolati <nomi>: il modo e il sistema di aprire le urne, e di estrarli; la conservazione delle urne e il ricambiare uno con un l’altro

   Stabiliamo ed ordiniamo che la cassa in cui stanno le borse dei signori <nomi> Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia e l’altra <cassetta> in cui stanno gli altri officiali rimangano nella sacrestia di Santa Maria dell’Episcopato <cattedrale> in altra grande cassa, come vi sono state riposte. E le chiavi della cassa dei signori Priori stiano così: una presso il Gonfaloniere di giustizia, un’altra presso il signor Capitano del popolo e un’altra presso il Priore di San Domenico. Per la cassa degli altri officiali, una chiave stia presso il detto Gonfaloniere e l’altra presso il detto Capitano, oppure, qualora sia vacante l’officio del Capitano, presso il Podestà. Per la grande cassa che sta nella detta sacrestia, una chiave stia presso questo Capitano del popolo oppure presso il Podestà, un’altra chiave presso il Guardiano di San Francesco, e un’altra presso il Priore di Sant’Agostino. Quando si dovrà fare l’estrazione dei signori Priori e degli altri officiali si rispetti questo ordine, cioè dopo che costoro già detti che tengono queste chiavi si sono incontrati, e dopo che, nel giorno precedente, si è fatto il bando per il Consiglio generale, e speciale della Città di Fermo, la detta cassa dove stanno le borse sia portata solennemente nel Consiglio, ad opera degli officiali del signor Capitano o del Podestà o dai collaboratori dei signori Priori, al suono di tromba. E quando l’estrazione sarà stata espletata <le borse> siano ricollocate in una modalità simile <all’avvio>. L’estrazione sia fatta in questo modo, cioè dopo che coloro che tengono chiavi avranno aperto la cassa, il mucchio delle borse di quelli che dovranno essere estratti viene preso dal Cancelliere e dopo aperta la borsa dei Signori o degli altri officiali della contrada che capita nel consueto ordine delle contrade, la si tiene in alto aperta. Allora il signor Capitano del popolo, o il Podestà estragga a sorte da tale borsa, di propria mano, una pallottola e visibilmente la ponga nella mano del Cancelliere il quale la tiene in alto mentre la apre e rende pubblici i nomi che sono scritti dentro. Coloro che si trovano scritti nella cartuccia che sta dentro la pallottola siano i Priori, così gli altri officiali per il tempo determinato, a cominciare felicemente dall’inizio del mese di luglio prossimo venturo dell’anno 1380 e proseguendo si procede. Poi la borsa si richiuda in modo visibile e la si riponga, e la cassa dopo chiusa venga riposta, come detto. Coloro che sono stati estratti da tali borse abbiano il potere, l’autorità, la giurisdizione e la piena facoltà, come loro attribuiti o da attribuirsi secondo la forma degli statuti e dei regolamenti di questa Città. E coloro che saranno stati gli estratti da queste borse siano obbligati e debbano accettare gli uffici per i quali siano stati estratti ed esercitarli, a meno che non abbiano avuto un giustificato motivo o un impedimento, cosa che sia affidata al discernimento e al giudizio dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, del Capitano del popolo o del Podestà. E questa cassa non possa essere aperta pubblicamente, se non nella detta forma, soltanto nel Consiglio generale e speciale, senza alcun inganno, né alcuna estrazione possa avvenire in altro luogo, sotto una pena personale e di moneta per il signor Podestà, per il Capitano del popolo e per ciascuno dei signori Priori e Gonfaloniere di giustizia, da assegnare al Comune di Fermo e su ciò dovrà farsi poi un sindacato in modo speciale, nel tempo del loro sindacato. Anche il Cancelliere di questo Comune sia soggetto alla stessa pena, qualora non l’abbia impedito, per il fatto stesso, e qualora abbia permesso che l’apertura della cassa avvenisse in altro modo e soprattutto qualora ad opera dello stesso Cancelliere nel contare negli stessi Consigli non abbia procurato che siano stati presenti più di quaranta cittadini, oltre i signori <Priori>. Qualora peraltro capitasse che qualcuno che è uscito estratto tra i Signori Priori del popolo e Vessillifero di giustizia, iscritti nella cartuccia, sia morto o assente, o infermo o impedito in altro modo legittimo, cosa che affidiamo al discernimento e all’indizio <giudizio> del Capitano del popolo o del Podestà quando non ci sia il Capitano del tempo, in tal caso si ricorra ad un’altra borsa di <nomi> aggiunti o di «spiciulati» di quella stessa contrada e si estragga un altro a sorte nella forma già detta per il posto del tale che mancava. Qualora questo assente sia morto, allora il suo nome venga cancellato. Qualora egli sia assente oppure in altra maniera impedito, allora il suo nome decada dalla cartuccia estratta e sia iscritto tra gli «spiciulati» della sua contrada. Qualora non ci sia alcuna borsa degli «spiciulati», allora si provveda ad opera dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia e del Capitano del popolo o del Podestà, insieme con il Consiglio speciale per altri «spiciulati» di tale contrada e in modo che provvedano per quelli da mettere nella borsa come sembrerà meglio a loro. Nel caso che mancassero alcuni altri nomi nella borsa, oltre ai Priori e al Gonfaloniere di giustizia, quando non ci siano alcuni ordinati «spiciulati» al loro posto, si provveda per un altro della stessa contrada al posto di colui che non c’è, e ciò ad opera dei signori Priori insieme con lo stesso Consiglio, come vorranno provvedere al meglio. Qualora capitasse che qualcuno estratto per un officio sia assente o comunque impedito, e si sperasse tuttavia che dopo otto giorni il tale estratto possa accedere ad esercitare il detto officio, venga aspettato per questo tempo; qualora poi entro questo tempo non accedesse all’ufficio, si provveda per un altro, il giorno seguente, come sopra e si estragga un altro «spiciulato» a suo posto e il nome di costui sia posto tra gli «spiciulati» secondo l’ordine già detto. Qualora poi al momento dell’estrazione, risultasse che costui stesso sia talmente assente o impedito che non possa accedere al detto esercizio entro otto giorni, in tal caso non si debba attendere, ma nello stesso giorno dell’estrazione si faccia l’estrazione di uno «spiciulato» o si provveda per un altro, come detto sopra. Qualora mancassero le pallottole nella borsa <di nomi> dei Signori <Priori>, allora saranno estratti i detti «spiciulati»” in questo ordine, cioè estraendo quello che giungesse Gonfaloniere della Contrada, dalla borsa degli «spiciulati» del Gonfaloniere di tale contrada e da qualsiasi altra borsa degli «spiciulati» di qualsiasi contrada venga estratto un Priore. E si proceda in questa forma per questi «spiciulati» da dover estrarre, fino a quando dureranno, purché i signori Priori e Gonfaloniere che saranno trovati nell’ultima pallottola, siano obbligati e debbano avere i Consigli <civici> opportuni e provvedere, e far provvedere per un’altra delibera della Città, da fare per il tempo successivo, come sembrerà più conveniente che si dovrà provvedere nel modo più vantaggioso negli stessi consigli, purché tuttavia tutti i singoli  «spiciulati» e messi nella borsa siano estratti come è stato detto e ad essi non si possa arrecare alcuna offesa, in alcun modo. Qualora invece (non ci sia) capitasse che qualcuno tra i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia dopo che abbia intrapreso l’ufficio, entro otto giorni morisse o si ammalasse o sia in altro modo impedito talmente che non potesse esercitare l’officio, allora gli altri soci siano considerati che hanno ed esercitano la piena autorità e i poteri senza di lui e si faccia come se l’officio non sia di altro numero se non quello rimasto. E ciò qualora uno soltanto morisse o sia in un altro modo impedito. Invece qualora siano molti <impediti>, allora si proceda da uno <si vada> oltre per altri, facendo l’estrazione degli “speciulati” e degli aggiunti a posto dei tali <impediti>, come sta ordinato sopra nella prima estrazione. Riguardo ad altri offici per i quali non sono state fatte le borse, gli officiali siano incaricati secondo la forma degli statuti e nell’ordine consueto, senza tuttavia derogare in alcunché per nessuno tra i presenti capitoli, e queste cose piuttosto debbano derogare da tutti, nel perdurare del presente statuto. Sono considerati e siano legittimi coloro che stanno nelle dette borse, abilitati per gli stessi offici per i quali sono stati messi nella borsa, purché siano oriundi dalla Città o dal contado di Fermo. In caso diverso la loro elezione non sia valida, nonostante nessuna eccezione o impedimento che venisse opposto e nonostante alcun statuto fatto o da farsi che contraddicesse in qualche cosa contro il modo di mettere nella borsa e in contrasto al detto ordine, e per <la validità> si faccia deroga a tali cose ed esse non siano ostacoli mentre perdura <valido> il presente statuto. E sia rispettata la forma data, cioè come capita da una contrada sia il Vessillifero di giustizia e da questa contrada non ci sia alcun Priore ed i Priori siano delle altre cinque contrade e in tal modo con il Vessillifero fanno sei. E questo Vessillifero, tra costoro, debba avere soltanto una sola voce <nel decidere> e una sola pallottola e non di più per conservare l’unione e la qualità. Aggiungiamo che non ci sia nessuno che possa farsi sostituire al governo a posto di un altro, se non con la rinuncia di colui che ceda il posto per un altro, con rinuncia fatta prima per ogni cosa del governo nelle mani del Comune, nonostante qualsiasi cosa.

2 Rub.3 – Il potere dei signori Priori e il loro officio.

   L’officio dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia sia ed è questo: i signori Priori e il Gonfaloniere per la durata dei due mesi del loro officio siano, stiano, abitino e restino continuamente in un solo palazzo deputato per loro abitazione e nessuno per tutto il tempo della durata del loro officio si allontani in alcun modo da questo palazzo, né alcuno, per nessuna ragione né causa, vada fuori da questo palazzo se non per motivo di infermità o per fare i Consigli generali e speciali, oppure per il motivo di andare a far visita a qualche grande superiore temporale amministrativo> o spirituale che venga nella Città di Fermo e per il motivo di associarsi al vessillo del Gonfaloniere di giustizia del popolo, quando viene portato e dato allo stesso Gonfaloniere secondo la forma dello statuto riguardante il suo officio, inoltre a motivo di andare in chiesa per una pratica del culto divino e di andare a ispezionare per dover far riparare o rifare le mura del Comune, e anche se ci sia altra causa di necessità e che sia evidente per l’utilità del Comune; e allora costoro possano validamente uscire, inoltre <escono> qualora è data a loro o a uno di loro la licenza per effetto di una delibera. Inoltre se sia capitato che uno di loro durante l’officio sia morto, due di loro possano andare a dare onoranza al loro socio. Essi siano vigilanti giorno e notte e si adoperino e realizzino le cose più utili e più vantaggiose e di necessità del popolo del Comune di Fermo. Insieme con loro dimori di continuo il loro Notaio al fine di esercitare il suo officio secondo la forma degli statuti riguardanti l’officio del Notaio dei signori Priori del popolo. E il detto Gonfaloniere abbia tanta voce <d’autorità> nel compiere le singole cose, quanta ne ha ciascuno dei signori Priori del popolo. Per i vestiti i Priori e il Gonfaloniere indossino e debbano indossare palli lunghi o abiti lunghi fino ai calcagni, di panno tessuto con molta finezza, almeno di un colore rosso, o rosaceo, o paonazzo, o nero, o di seta oppure broccato, e <vestiti> non tanto corti, né di altro colore né di altro panno, quand’anche siano costretti e dovessero per voto indossare altri panni o colori. Per la loro custodia e per il servizio abbiano un cuoco e un norcino e sei damigelli vestiti con l’abito della divisa appropriata del Comune di Fermo. E una volta all’anno tutti loro singoli, a spese del Comune, debbano essere vestiti con uno stesso abito tra i detti vestiti, cioè nella festa dell’Assunzione della beata Vergine Maria del mese di agosto, <abiti> con sette braccia di panno per ciascuno, di estimo di un fiorino per ogni braccio. E coloro che non portano questi vestiti appropriati incorrano nella penalità di 10 bolognini per ciascuno di essi e per ciascuna giornata, con il salario di un fiorino per ciascuno e per ciascun mese ed anche con un salario minore, se c’è un’adunata tra i signori Priori, il Gonfaloniere e i collaboratori o i damigelli. In questo caso si conserva la detta convenzione di salario, e tale convenzione del salario, anche il costo dei vestiti, sia da pagare dall’erario e dai beni del Comune di Fermo per mezzo del Banchiere di questo Comune. E vogliamo che ciò si abbia ad iniziare dalle calende <giorno 1>del mese di giugno del 1383 e finendo come segue. E abbiano il cibo nel detto palazzo a spese degli stessi Priori. E per le spese degli stessi signori Priori e del Gonfaloniere, del Notaio di questi Priori, dei sei damigelli, e del Cuoco, abbiano da ogni ricchezza e dall’erario di questo Comune, 102 ducati d’oro per le spese nei due mesi del loro officio. Tuttavia questi damigelli per l’onore del palazzo in nessun modo possano essere Slavi né Albanesi. E il signor Podestà e il signor Capitano e i loro officiali e ogni altro officiale del Comune di Fermo insieme con questi signori Priori e con il Gonfaloniere, a richiesta loro, siano e debbano essere partecipi e insieme trattare, prendere provvedimenti e deliberare tutte le singole cose che considereranno utili e necessarie o opportune per il Comune sugli affari del Comune e delle singole persone dello stesso e mandare ad effetto le stesse delibere con tutti i modi. E nessuno che venisse eletto Priore o Gonfaloniere durante il tempo del suo officio di priorato assolutamente, non possa e non debba esercitare la sua professione, ma essere continuamente impegnato in questo officio per esercitare tale officio e per fare le cose utili e necessarie e opportune per questo Comune, come detto in precedenza, e adoperare sempre cura, sollecitudine, provvedimenti e attenzioni nell’essere, stare, dimorare, comprendere, pensare e provvedere e nel controllare i fatti di questo Comune e a vantaggio e per ogni cosa migliore e più utile per il popolo e per il Comune, dagli affari di questo Comune e sopra di essi, e per il Comune di Fermo. E né questi Priori, né il Gonfaloniere o neppure alcuno di essi, in occasione di tale loro officio, ricevano alcunché a modo di salario, di regalo, di premio, né direttamente, né in modo indiretto, né dal Comune, né da alcuna speciale persona, sotto le penalità contenute nel precedente capitolo, ma ricevano soltanto il salario dal Comune per le spese già dette. E tengano questa norma speciale: ciascuno di questi signori Priori divenga Priore dei Priori per dieci giorni e non di più. E durante questi dieci giorni i Priori e il Gonfaloniere siano tenuti ad obbedire e a sottostare a colui che sia stato Priore dei Priori in quelle cose che il detto Priore dei Priori avrà voluto imporre. E il Priore dei Priori debba proporre, e deliberare la proposta tra di loro, le cose che a lui sembreranno convenienti per i convocati, o almeno degli altri cinque, computato lo stesso Priore dei Priori fra i radunati. E senza la licenza di questo Priore dei Priori, nessuno tra questi Priori possa proporre né deliberare o rispondere per qualche cosa. Inoltre se sarà avvenuto che qualche Comunità, università, o superiore amministrativo (temporale) o spirituale scriva o mandi un ambasciatore ai signori Priori o al Comune di Fermo o in altro modo, a questo Comune o ai Priori sia data una elezione o qualsivoglia altra disposizione di mandare o di provvedere per costoro che così mandano o danno commissione per <eleggere> qualche officiale, con qualunque nome <di officiale> sia censito, né i detti Priori né il Gonfaloniere, né il loro Notaio, che ci siano nel tempo, né alcuno di loro durante il loro officio o per due mesi ad esso successivi, possano accettare un officio, di cui sopra si è scritto, né da se stessi, né per mezzo di un altro e non può farlo neanche alcun loro consanguineo, né un congiunto o un affine fino al terzo grado <di generazione> inclusivamente, da calcolare secondo il diritto Canonico, durante detto officio, <costoro> da sé o tramite altri; né durante i due mesi successivi, sotto la penalità di 1000 libre di denaro per ciascun trasgressore, per qualsivoglia volta, da imporre sul fatto e sia privato degli uffici e dei benefici della Città di Fermo in perpetuo per il fatto stesso che ha trasgredito. E questi signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia siano obbligati, almeno una volta ogni mese, nel Consiglio generale fare proposte e farle proporre sul conservare il presente stato popolare pacifico <di Fermo>, inoltre debbono fare una proposta generale sulle dette cose e in avversione contro la malvagità della tirannia, sotto pena del giuramento prestato e di 100 fiorini di oro, per ciascuno da riscuotere di fatto dagli stessi nel tempo del loro sindacato. E in questo Consiglio, tutte le cose che sembreranno opportune ai signori Priori e ai loro Consiglieri possano essere deliberate, ottenute e decise, nonostante l’omissione di qualche solennità che sia richiesta dalla forma di qualche statuto, solamente al fine di conservare, e salvaguardare lo stato libero, pacifico e popolare di questa Città. E su ciò dovranno essere sindacati, in modo speciale. Questi Priori pratichino e debbano praticare la cura e la sollecitudine riguardo agli offici che vanno amministrati dai Rettori e dagli officiali del Comune di Fermo, per non far commettere una frode né una negligenza; e anche aver riguardo per i denari e per gli averi del Comune affinché non siano dilapidati né spesi in malo modo, né oltrepassando il modo dovuto o quanto esige l’ordine. E devono intervenire per tutte le altre cose del Comune che a loro sembreranno necessarie e utili. E qualora abbiano visto che in qualcosa si proceda male e il modo dovuto o l’ordine non si siano praticati, li facciano correggere e riportare, con tutti i modi, a ciò che è congruo e utile per il Comune e si torni alla giustizia e fare sì che sia praticata. E qualora in un Concilio generale o in quello speciale si siano dati ordini e fatte delibere che in qualche modo riguardassero un Rettore o un officiale o chiunque altro, costui al cui riguardo si sia trattato o riguardo al quale in qualche modo la cosa si riferisca, egli non possa essere presente né sia valido che egli sta in questo Consiglio, né alcun altro della sua famiglia possa stare o essere presente in questo Consiglio, né i fratelli carnali, né i consobrini, né i nipoti carnali, e consobrini, né i cognati carnali, né i generi, né i suoceri di colui per il cui vantaggio o svantaggio si tratta nel detto Consiglio. E qualora agissero in un modo diverso, per il diritto stesso quello che sia stato fatto non abbia validità. E qualora siano stati presenti < a ciò> i signori Priori e il Gonfaloniere essi facciano rendere assenti costoro. E questi Priori e il Gonfaloniere possano provvedere e deliberare tutte le singole cose che essi considereranno che saranno necessarie e utili da dover trattare, provvedere e deliberare per le necessità e per l’utilità del Comune, dopo aver convocato per ogni contrada le persone sagge che siano state o sembrassero loro essere le migliori a vantaggio del Comune e in presenza di ambedue i Rettori o con uno di essi o anche senza alcuno di questi, secondo come i Priori e al Gonfaloniere considereranno sia  meglio. E questi Rettori siano obbligati pienamente a far eseguire tutte le singole cose deliberate dai Consigli e dalla Cernita, a loro istanza. E questi signori Priori e il Gonfaloniere possano e abbiano la giurisdizione e l’autorità per far riunire questi Consigli a loro volontà nel loro palazzo, quando e tutte le volte e in ogni modo che essi abbiano voluto, o anche in altri palazzi, se così considerassero  opportuno <avvenga> con la presenza di questi Rettori, o di qualcuno di questi stessi, o anche in assenza di questi, e in tali Consigli proporre, deliberare e fare riforme sulle cose che servono allo stato buono, pacifico e popolare della Città di Fermo. E questi Rettori siano obbligati a mandare in esecuzione le decisioni provvedute e deliberate in tali Consigli o in qualcuno degli altri, quando un Rettore della Città sia presente, o sia assente, ci sia validità e resti stabilito, come se sia stato fatto con la loro presenza o con il loro consenso. E nessuna lettera da doversi mandare da parte del Comune, possa essere sigillata se non c’è il consenso partecipato di tutti i Priori o della maggior parte di questi, purché cinque di essi almeno siano in concordia, dopo che tra di loro la decisione sia stata mandata <a votazione> e sia stata conseguita, facendo votazioni con le fave nere e bianche. E nel momento quando la lettera viene sigillata, essi tutti riuniti insieme debbano stare presenti all’atto di sigillare, per il caso che ci sia qualche dissenso su ciò. E sul fatto che qualcuno abbia trasgredito su queste cose o su qualcuna di esse, costui sia punito sul fatto a 100 fiorini d’oro, anche a pena maggiore e più dura, nella realtà e nella persona, ad arbitrio del Rettore secondo quanto abbia comportato la qualità del reato. E durante il loro officio nessun Priore né il Gonfaloniere, che ci sarà nel tempo, possa andare in qualche ambasciata per il Comune di Fermo fuori dalla Città e dal contado, sotto la pena di libre 1000 per ciascuno e per ciascuna volta, penalità da prelevare sul fatto ad opera dei Rettori o del loro sindacatore. Questi Priori e il Gonfaloniere possano imporre nei predetti Consigli le penalità e i bandi e il Podestà o il Capitano o uno di questi stessi debba riscuotere e mettere in esecuzione questi bandi; i Banditori e i Divulgatori e i Balivi del Comune debbano stare agli ordini dei Priori e del Gonfaloniere e obbedire loro in tutte le singole cose opportune per questo Comune e fare i bandi del Consiglio e dei Consigli; e affinché possano eseguire al meglio il loro incarico abbiano due Balivi dei quali ciascuno riceva dal Comune tre libre ogni mese e alla festa dell’Assunzione della gloriosissima Vergine Maria del mese di agosto ricevere, ogni anno, una tunica, dagli averi e dalle spese del Comune di Fermo. E questi signori Priori e il Gonfaloniere siano obbligati, in tutti i giorni di venerdì del loro officio e debbano dare udienza pubblica e generale a qualsiasi persona che voglia dire qualcosa. E qualora capitasse che una richiesta sia stata fatta da qualcuno, per cose di competenza dei Priori e del Gonfaloniere di giustizia, costui, se non avrà dato per iscritto la petizione, non sia ascoltato da loro in altro modo e il Priore dei Priori faccia leggere tale petizione tra questi Priori e Gonfaloniere mentre il richiedente sta assente, e su questa richiesta essi insieme fanno delibera se quello che viene chiesto sia cosa giusta, o non sia giusta; e qualora essi facessero in maniera diversa, la delibera e il provvedimento non siano validi per il diritto stesso. E qualora (che mai avvenga) una discordia sorgesse o ci sia stato un contrasto tra il signor Podestà e il Capitano, che saranno in carica durante il tempo, questi signori Priori e il Gonfaloniere siano obbligati a fare, ad adoperarsi talmente e ad agire nel proprio palazzo in modo tale e con opere per avere un successo, giorno e notte, con tutte le loro possibilità, al fine che sia fatta concordia tra questi stessi; e qualora questi siano stati negligenti nel fare queste cose, ciascuno di essi, Priori e Gonfaloniere siano puniti a 50 libre di denaro. Inoltre questi signori Priori e il Gonfaloniere, qualsivoglia volta quando ci sarà stata una necessità, possano eleggere uno o più ambasciatori o oratori secondo come considereranno meglio per il Comune e mandare questo o questi ambasciatori o oratori, sempre con scritti i punti dell’ambasceria quando essa è portata soltanto nella provincia della Marca; ma per fuori dalla Provincia in realtà essi non possano trasmetterla senza un decreto della solenne Cernita, né eleggere né deputare in mancanza di qualche approvazione del Consiglio, che è dovuta, dopo che in Comune sia tenuta una copia riservata dei punti <del contenuto> dell’ambasceria già registrata nel registro del Comune ad opera del Cancelliere o di un Notaio a ciò deputato. Inoltre ogni lettera, che, per qualsiasi occasione, sia pervenuta al Comune, da qualunque comunità, luogo, signore, o da altra qualunque persona, venga assegnata ai signori Priori del popolo e al Gonfaloniere di giustizia e la riceva il Priore dei Priori, la apra e la consegni al Cancelliere per dover esser letta e tradotta in volgare, in presenza di questi Signori e del Gonfaloniere. Inoltre né il Podestà, né il Capitano, né alcun altro possa, né debba proporre alcunché in Consiglio, né fare delibere senza la presenza di questi Priori e del Gonfaloniere e senza il loro consenso, sotto penalità 500 libre di denaro e qualora si facesse diversamente non c’è validità per il diritto stesso. Inoltre questi Priori e il Gonfaloniere di giustizia non si intromettano nelle cause nel conoscerle, affidarle e terminarle o agendo o facendo in modo diverso riguardo ad alcune cause criminali o civili o miste che siano discusse nella Curia del Podestà o del Capitano o di qualunque altro officiale della Città di Fermo o cause che siano capitate da discutere nel futuro, essi non facciano richieste dì nessuna cosa al Podestà o al Capitano o ad altro officiale del Comune di Fermo su qualche cosa o su una causa e neanche su qualcuno da condannare o da assolvere; e se essi abbiano trasgredito, siano puniti con 100 libre di denaro per ciascuno di essi e per ciascuna volta. Per una causa demandata nel percorso del secondo appello a questi Priori e al Gonfaloniere, essi possano e debbano darne commissione nel termine di otto giorni dal giorno quando siano stati richiesti dalle parti o da una delle due parti al fine che la causa sia ascoltata, conosciuta, e terminata soltanto con il Collegio o con i componenti il Collegio della Città, sotto penalità e per la pena di 25 libre di denaro da dover pagare sul fatto, qualora abbiano trasgredito e su questo abbiano il sindacato in modo speciale. E quelli che fanno l’appello, entro cinque giorni immediatamente dopo aver interposto l’appello, debbano chiedere di fronte a questi signori Priori che la causa venga commissionata e siano obbligati anche a far citare gli appellati entro questo termine di cinque giorni in modo che facciano la comparsa di fronte a questi signori Priori, al fine di dover porre i sospettati e gli audaci e qualora entro questi 5 giorni costoro che fanno l’appello non abbiano chiesto che queste cause siano commissionate ad opera dei signori Priori, né abbiano fatto citare gli appellati per porre i sospettati e gli audaci, come detto sopra, allora la causa di appello sia deserta e invalidata per il diritto stesso. Stabiliamo anche che le seconde cause di appello che sono affidate per opera di questi signori Priori, siano giustificate chiaramente dai primi atti; facendo eccezione nel caso di reperimento di nuovi strumenti pubblici che possano e debbano essere ammessi in queste cause, dopo che, riguardo a questi sia fatto giuramento che si è avuta la novità della notizia. Siano obbligati in realtà e debbano dare la commissione di tutte le cause di appello entro la scadenza dei dieci giorni immediatamente successivi a cominciare dal giorno dell’interposizione, sotto penalità di 25 ducati per ciascun Priore, qualora non abbiano dato la commissione entro detta scadenza. Incorra parimenti nella pena di 25 ducati anche il Cancelliere se sarà dimenticato e non farà dichiarazione al contestato. E anche il Sindaco del Comune deputato per le cause qualora non si sia adoperato a sollecitare e non abbia procurato che le dette cause degli appelli siano assegnate entro la detta scadenza, incorra nella penalità già detta di 25 ducati da riscuotere sul fatto da tutti questi già detti quando essi abbiano trasgredito o trascurato nelle dette cose. E durante tutto il tempo del loro officio essi Priori, Gonfaloniere e il loro Notaio, o qualcuno di essi non possano incontrarsi in modo reale e personale né essere incontrati da altri, né possano farsi proporre in qualche consiglio su qualche loro propria questione o per un fatto proprio di qualcuno di questi stessi. Qualora abbiano trasgredito, tramite qualcuno o alcuni di loro stessi, non ci sia validità, per il diritto stesso, e nondimeno siano puniti con la detta penalità di 100 libre. E durante tutto il tempo del loro officio di Priori e di Vessillifero della giustizia e di Notaio, per le loro cause e vertenze, dopo il giorno del loro giuramento, non decorra per nessuna parte una scadenza, ma siano in quello stato in cui erano nel giorno del giuramento del loro officio, e se qualcuno di questi stessi abbia fatto una mancanza in detto officio o abbia commesso una frode o un inganno, sia punito a 100 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta, ad opera del Giudice di giustizia o dei loro sindacatori senza alcuna solennità giudiziaria; e non sia assunto mai più a tale officio, ma anzi gli venga revocato e tolto. E il Giudice di giustizia sia obbligato e debba praticare tutte queste singole cose, e le faccia praticare, sotto la penalità di 100 libre di denaro. Inoltre questi Priori e Gonfaloniere non possano proporre provvedere o deliberare in alcun Consiglio, né tra di loro o in altro modo; né il Podestà o uno dei suoi officiali o il Capitano del popolo, neppure qualcuno dei suoi officiali o alcun altro officiale del Comune di Fermo vengano sindacati né verificati, se non dopo finito il tempo del proprio officio, sotto penalità di 500 libre di denaro e per ciascuna volta e per ciascuno di questi Priori e del Gonfaloniere; e per il vigore dell’autorità del presente statuto, per il fatto stesso, sia condannato a questa pena, e sia estromesso fuori dal collegio e dalla società del popolo di Fermo e non possa essere ammesso affatto a nessun legittimo atto. Inoltre essi non possano né provvedere, né deliberare su alcuna spesa da pagare da parte del Comune, per alcun motivo se non fino alla somma di 10 libre di denaro soltanto e per un motivo necessario e utile a favore del Comune; e sopra a questa somma possano spendere dai beni e dal denaro del Comune fino alla somma di 500 libre di denaro, dopo fatta la delibera e la provvisione su quello che debba essere speso, decidendo prima tra di loro insieme con i Regolatori del Comune e con i Capitani delle arti delle sei contrade, a maggioranza di questi stessi; ma per una somma superiore non possano fare spese, se prima non è stata fatta una simile delibera e la provvisione per questa spesa ad opera loro, insieme con Regolatori e con i Capitani delle arti e questa provvisione e la deliberazione ad opera di questi Priori e Gonfaloniere precedentemente sia portata ad un Consiglio speciale del popolo, <votando> con fave bianche e nere, secondo la forma degli statuti che esprimono questo argomento; e qualora s facesse in altro modo, quello che sia stato fatto non abbia validità, e non possa in nessun modo essere messo nell’uscita <di spese> del Comune ad opera del Banchiere per qualsiasi richiesta di colore e qualora venisse a riscontrarsi che è stato computato nella <spese di> uscita del Comune, il Banchiere paghi di sua tasca; anche se, in altro modo, il Banchiere sia stato assolto riguardo al suo officio e alla sua amministrazione del ”Banchierato”, ed egli rimane sempre obbligato verso il Comune sino a quando integralmente ed effettivamente abbia soddisfatto di tale dispendio a favore del Comune. Inoltre questi signori Priori e il Gonfaloniere nella circostanza in cui ci sia strepito nella Città o nel distretto oppure in qualche tempo di guerra ci sia una rivolta, in qualsiasi circostanza e in qualunque luogo sembrerà a loro che è cosa utile per il Comune, mandino, a spese del Comune, i custodi ai Castelli e ai fortilizi del Comune di Fermo e gli osservatori o gli arcieri, purché mandino idonei custodi e abitanti stabili della Città di Fermo. Inoltre non si possa fare nessuna procedura di inquisizione contro questi Priori e il Gonfaloniere di giustizia e il loro Notaio, né contro alcuno di questi, durante tutto il tempo di durata dell’officio, fino ad un anno dopo terminato questo officio, a motivo di qualche malefatta o quasi, a meno che se non si tratti di omicidio o di percosse fatte pubblicamente o di falsità di testimonianze o di documenti o di  rubare nelle strade, di bestemmia di Dio e dei santi, di tradimento, di violazione di vergini o sacre monache, e a meno che si riscontri che fece qualcosa, durante il loro officio di Priori, che abbiano ricevuto qualche somma di denaro per “baratteria” o che abbiano commesso una frode e tutto ciò <non> sia considerato e abbia luogo se non quando accusato o denunciato da colui che ne ha sofferto il danno; nel quale caso contro di loro o contro qualcuno di questi si possa fare la procedura. Inoltre questi Priori e il Gonfaloniere di giustizia non possano fare alcuna proposta nel Consiglio generale o in quello speciale se prima questa non sia stata deliberata ad opera dei signori Priori e Gonfaloniere di giustizia insieme con i Capitani delle arti, con i Regolatori e con gli uomini chiamati alla Cernita o ad opera della maggioranza tra di questi. Se si sia fatto in altro modo non ha validità per il diritto stesso. E il Cancelliere non possa né debba scrivere la proposta fatta sotto pena di 100 libre di denaro da riscuotere da lui sul fatto ad opera di qualunque officiale di questa Città, per ciascuna volta in cui si sia trasgredito. Inoltre essi non possano concedere alcuni offici o castellanie nella Città o nel contado, se prima questi offici non siano stato messi nel bussolo e <dati> a coloro che sono nel bussolo ed estratti dal bussolo, sotto pena di 100 libre di denaro, per ciascuno e per ciascuna volta quando si farà la trasgressione. E nondimeno quello che è stato fatto in violazione di questa forma, non abbia validità per il diritto stesso. Inoltre essi non possano, né debbano scrivere a favore di qualcuno che sia stato condannato per reati nei Castelli del contado, senza l’autorizzazione o la delibera della solenne Cernita, sotto penalità di 25 libre di denaro per ciascun Priore, per ciascuna volta quando abbiano trasgredito e penalità di 50 libre al Cancelliere del Comune per qualsivoglia volta in cui abbia scritto ciò. Inoltre essi non possano scrivere in nessun luogo una lettera, per uffici, per benefici o per conduzioni di armigeri a favore di qualcuno che richieda tali cose, e neppure qualora insorgessero controversie e liti tra i Cittadini o tra gli abitanti del contado, senza la delibera della detta Cernita, sotto la detta penalità. Inoltre questi Priori e il Gonfaloniere non possano prendere, né confermare, né cancellare nessuno degli stipendiari equestri, né i fanti senza il consenso, la presenza e la delibera dei Regolatori e della Cernita di almeno quattro buoni uomini per ciascuna contrada. Inoltre questi Priori non possano avviare né provocare alcuna guerra né combattimenti o un’impresa militare, né possano introdurre novità da cui potessero venire o seguire una guerra o qualche scandalo per questo Comune, né fare azioni audaci, senza il consenso espresso e la delibera del Consiglio generale o di quello speciale, sotto penalità di 1000 libre di denaro e anche maggiore nei beni e nella persona, ad arbitrio del Rettore. Riguardo a questo si faccia la procedura con validità e si faccia una indagine contro di essi o contro ciascuno di essi anche durante il tempo del loro officio e la pena predetta venga imposta a questi stessi. E colui che sia stato condannato in questa occasione ad una pena inferiore alla morte, diventi perpetuamente infame e sia privato dei benefici e degli onori del Comune. Inoltre i signori Priori non partecipano a nessuna delle cerimonie di nozze o di lutto o per la morte di qualcuno, eccettuando di padre, di figlio, di fratello carnale, di moglie, di sorella, di nipote o figlio del fratello o consobrino o altro suo congiunto o affine fino al secondo grado incluso come computato dal diritto canonico. Allora, in tale caso, chi è parente come detto, o affine <possa> andare insieme con qualcuno dei suoi soci Priori alle nozze, o al lutto. <Per i trasgressori> Penalità di 25 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre essi non possano mandare nessuno degli esecutori nel contado, se non con il consenso dei Regolatori, sotto la detta penalità, per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre questi Priori e il Vessillifero e il Notaio, dopo espletato il loro officio, nel quinquennio successivo possano portare impunemente nella Città qualsiasi arma di offesa e di difesa, purché costoro tuttavia non la portino nel Palazzo dei Priori, o nel Consiglio generale o in quello speciale. Inoltre non possono concedere nessun salvacondotto, né sicurtà a nessuno, in modo indeterminato o senza stabilire la durata di tempo; e abbiano validità di stabilire fino a 10 giorni e non oltre, senza una delibera della Cernita di quattro buoni uomini per ciascuna contrada. E questo sia autorizzato anche per le cose passate. Questi salvacondotti concessi o da concedere ad opera dei signori Priori o della Cernita solenne debbano essere praticati in modo illeso e rispettato da parte degli officiali della Città e del contado di Fermo, sotto pena di 100 ducati da pagare sul fatto al Banchiere del Comune da ogni officiale trasgressore che non rispetti questi salvacondotti e sia privato del suo officio e si intenda esserne privato per l’autorità della presente legge. Questi salvacondotti non siano di pregiudizio per le cause civili da dove discutere di fronte a qualsiasi officiale, o commissario, arbitro, o conciliatore che amministra la giustizia in questa Città o nel suo contado. Nonostante questi salvacondotti, queste cause civili possano discutersi, indagarsi, investigarsi, terminarsi e decidersi dagli officiali, dai commissari, dagli arbitri e dai conciliatori, anche se questi salvacondotti siano stati concessi o si concedessero a qualcuna delle parti oppure ad entrambe le parti che hanno tra di loro la o le cause, il processo o i processi.

 2 Rub.4

– Lo speciale divieto per i signori Priori e per il Gonfaloniere di giustizia, e per i Regolatori, anche per il Banchiere del Comune.

   Dato che coloro che gestiscono gli offici della Repubblica e coloro che hanno la direzione di questi stessi, debbono e sono obbligati ad astenersi dai propri comodi e la privata utilità per lo più < da questi> è preferita a quella pubblica, ciò non debba esserci: pertanto decretiamo ed ordiniamo che nessuno, in qualsiasi condizione si trovi, che disimpegni gli offici di Priore o di Gonfaloniere o di Regolatore o di Banchiere in occasione di qualsivoglia prestito in cose o in denaro che costoro avessero nel Comune di Fermo e neanche in occasione di qualche credito per qualche suo consanguineo o affine di primo o di secondo grado da calcolarsi secondo il diritto Canonico, osi o presuma di trattare, ordinare o deliberare o collaborare a che il debito anzidetto da parte di questo Comune in denaro o in cose di questo Comune sia pagato, sia dato o sia attribuito a se stesso o ad un suo consanguineo o ad un affine, se non, per sorte in generale si sia provveduto, si sia trattato e sia agito a favore di tutti gli altri i quali, in un caso simile, siano tenuti a ricevere al riguardo di un simile motivo o materia. E chi abbia trasgredito nelle dette cose o in qualcuna di queste, perda ciò che è tenuto a ricevere, o anche vogliamo che ciò che risultasse che abbia fatto per sé, o per i suoi consanguinei, come già detto, addivenga al Comune. E il Comune, per il fatto stesso, sia liberato. E oltre a ciò debba essere irremissibilmente condannato al doppio. E su ciò si debba fare il sindacato in modo speciale. In realtà con la pena di cento libre di denari sia punito l’officio del Priorato o dei Regolatori i quali deliberano o permettono le dette cose, per il fatto stesso e per ciascuna volta,0 per qualsivoglia Priore e Gonfaloniere e Regolatore.

2 Rub.5 – L’officio del Gonfaloniere del Comune di Fermo 

L’officio del Gonfaloniere generale della giustizia e del popolo sia questo, cioè dopo che è stata fatta la sua elezione , secondo la forma del capitolo riguardante la sua elezione, il Podestà e il Capitano del popolo, i Priori e il Consiglio speciale del popolo, nell’ultimo giorno di domenica del secondo mese dell’officio del predecessore, con il vessillo generale del popolo e della giustizia debbano accedere, dietro questo vessillo, verso il Palazzo del Comune, e ivi allora, con il Consiglio generale presso questo palazzo, colui che è stato eletto Gonfaloniere sia obbligato a fare l’accettazione di questo officio e a dare buoni ed idonei fideiussori sul dover agire ed esercitare questo officio, durante tutto il tempo del suo officio, in buona fedeltà e senza frode e secondo la forma dei capitoli e degli ordinamenti che riguardano il suo officio e secondo la forma del capitolo riguardante l’officio dei Priori. E questo statuto sia applicato in relazione al Gonfaloniere. Dopo che nel detto modo sono state concluse queste cose, il Podestà, il Capitano e Priori e gli altri tutti del Consiglio, insieme con questo Gonfaloniere e con questo vessillo debbano andare dietro questo vessillo ed entrare nella chiesa che sarà scelta dai signori Priori. Il Podestà e il Capitano o uno di costoro debba consegnare il vessillo nelle mani di questo Gonfaloniere e questo Gonfaloniere debba accogliere questo vessillo. Dopo queste cose il Podestà e il Capitano con questo vessillo e tutti del detto Consiglio devono tornare, dietro di lui, al Palazzo dei signori Priori e qui il vessillo viene riposto nella camera dello stesso Gonfaloniere nel Palazzo e qui debba essere continuamente tenuto e conservato e ben custodito. Questo vessillo non possa né debba essere prelevato né portato da questo signor Gonfaloniere né da qualcun altro, né in alcun esercito, o cavalcata, né ad alcun tumulto che ci sia o capitasse (oh, questo non sia) nella Città o nel distretto di Fermo. Non si può rimuovere né portare presso qualche luogo per una qualunque causa, senza la presenza, la licenza, il consenso del Consiglio generale o speciale e neanche di volontà dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere della giustizia, né della maggior parte di questi, se non quando avvenisse il rinnovo del Gonfaloniere. E questo può essere portato secondo la consueta tradizione al Palazzo del Comune e alla Chiesa, senza praticare solennità alcuna, ma al che non possa avvenire nulla su questo, andando e tornando con sollecitudine, con cautela e buon impegno. E allo scopo che questo vessillo possa essere associato con onore, il Podestà, o il Capitano nel giorno precedente è obbligato a mandare o far mandare ai Capitani delle Società <annunciando> che il giorno seguente essi debbano essere presenti per associarsi con questo vessillo insieme con tutte le loro Società. E a questi Capitani delle Società Il Podestà e il Capitano, possano imporre penalità, qualora non intervenissero, di soldi 5 per ciascuno. Questo Podestà e il Capitano siano obbligati e debbano eseguire o far eseguire queste cose, sotto la penalità di 500 libre di denaro dal proprio salario. A queste <pene> quando abbiano trasgredito debbono essere condannati ad opera degli avvocati del Comune o dei loro Sindaci. E tutte e singole le persone delle Società del popolo siano obbligate e debbano stabilmente andare al Consiglio quando il vessillo viene consegnato al Gonfaloniere. E il Capitano sia obbligato a far riunire e cercare in questo Consiglio tutti quelli di queste Società, singolarmente, e condannare tutti quelli che non vanno o non vengono a questo Consiglio <pena> di cinque soldi per ciascuno e per tutti e singoli coloro che non si recano o non vanno a questo Consiglio e riscuotere di fatto la pena, a favore di questo Comune, facendo eccezione per chi abbia avuto un giusto motivo e pertanto non sia affatto condannato. Allora nel tempo quando tutti i singoli saranno nella circostanza in questo Consiglio siano obbligati e debbano accompagnare questo Gonfaloniere sino alla abitazione, e anche i nuovi Priori quando ritorneranno da questo Consiglio, sotto la detta penalità. E questo Gonfaloniere sia obbligato e debba andare, armato di armi o senza armi, secondo l’opportunità, assieme con il detto vessillo, per volontà di questi Priori o nella loro maggior parte, a confermare il libero, buono e pacifico Stato del Comune di Fermo e del popolo. Inoltre quando sia capitato per qualche caso che il Podestà o il Capitano chiamano e ricercano i giurati del popolo o qualche parte di questi a dover esercitare il loro officio, in modo vantaggioso a favore dello Stato buono, libero e pacifico del Comune e del popolo, conservandolo e difendendolo e il detto Gonfaloniere insieme con i detti Priori e quelli del collegio siano obbligati e debbano riunirsi in un determinato luogo che viene scelto dai signori Priori o a loro maggioranza, allo scopo che gli anzidetti del popolo possano fare il seguito al detto vessillo e alle altre insegne del popolo e della Società del popolo nel modo che maggiormente li onori: queste cose quando saranno stati richiesti ad opera dei detti signori Priori o della maggioranza di questi stessi. E questo Gonfaloniere sia obbligato insieme con quelli del popolo, quando capitasse che qualche reato sia commesso (cosa che sia allontanata da Dio) sulla persona di qualche cittadino o sia commesso ad opera di qualcuno dei nobili della Città o del contado e assolutamente debba fare sì che non rimanga impunito un reato, con il pretesto di qualche autorità, e quando, dopo che è stata emanata la sentenza del Podestà o del Capitano riguardo a tale reato, entro quindici giorni, questo Podestà o Capitano non avranno fatto eseguire, secondo come dovrebbe avvenire per il diritto, la condanna e la sentenza che ci fosse, in occasione di questo reato, sulla persona o sulle cose del delinquente, allora insieme con 200 giurati del popolo, o di loro maggior parte ed anche insieme con altri buoni cittadini, se lo avrà considerato conveniente, debbano andare dal Podestà o dal Capitano, con le armi o senza queste, secondo come sarà stato necessario, e aiutare il Podestà o il Capitano con tutte le truppe per accedere, insieme con gli aiutanti del Rettore, alla abitazione di quel tale condannato o altrove, in modo che l’esecuzione della sentenza avvenga e la sentenza sia mandata in esecuzione e la vendetta<punizione> riguardo al reato commesso risulti per loro opera, affinché questo reato non rimanga senza punizione con il pretesto di qualche potenza. E nessuno osi né presuma con parole o con gesti offendere in qualunque modo, ingiuriare o ostacolare questo Gonfaloniere o qualcun altro del popolo che sta allora a seguirlo o voglia seguirlo, almeno con un ostacolo che sia di impedimento o ritardi l’esecuzione. E sia punito chi abbia trasgredito, ad arbitrio del Podestà o del Capitano. E qualora siano negligenti il Gonfaloniere o alcuni dei predetti 200 o alcuni altri del popolo, richiesti a dover fare le cose dette sopra, questo Gonfaloniere sia multato a 500 e ogni altro a 50 libre di denari. E nel periodo dei detti quindici giorni, durante i quali questi signori Podestà o Capitano o Gonfaloniere e gli altri predetti del popolo debbono far fare l’esecuzione predetta, nessuno della Città di Fermo osi tenere aperto alcun alloggio, fino a quando il castigo per questo reato non sarà avvenuto e sia stata fatta l’esecuzione nella persona o nelle cose, come già detto, sotto penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E chiunque facesse impedimento, (cosa che non possa avvenire) in qualsiasi maniera, contro questo Gonfaloniere o contro qualcun altro del popolo o contro qualcuno del suo seguito, sia punito ad arbitrio del Podestà o del Capitano, dopo aver verificato la qualità del reato e la condizione della persona e del tempo e del luogo. Inoltre il signor Gonfaloniere insieme o senza questi Priori sia obbligato tuttavia, (dando tuttavia in precedenza l’informazione sulle dette cose al Podestà o al Rettore di questa Città deputato dal Comune di Fermo) a congregare in una determinata parte dell’abitazione o del Palazzo dei signori Priori, tutti i sei Capitani delle contrade, delle società del popolo, anche i capitani delle arti di queste società del popolo e trattare insieme con questi, per provvedere e disporre ogni singola cosa che sia considerata che sarà utile e necessaria a vantaggio della società e del collegio di questo popolo, per la sua salvezza e per il rinnovamento, bensì dopo che tra di loro sia stata realizzata questa disamina. E faccia venire tutti insieme alla presenza dei Priori per interrogarli e ammonirli per mezzo delle cose che sono state esaminate e provvedute e ultimate ad opera loro a favore dell’utilità e a comodità di questo popolo. E il signor Podestà e il Capitano e i Priori mettano in esecuzione come loro stessi Podestà e Capitano e Priori considereranno migliore espediente. E questi sei Capitani e gli altri delle contrade e delle società delle arti del popolo siano obbligati e debbano obbedire a questo Gonfaloniere e in queste e in altre cose spettanti al suo officio, a sua richiesta ed a suo mandato, sotto pena di cinque soldi di denaro per ciascuno e per ciascuna volta quando abbiano trasgredito e prendendo in considerazione la qualità del reato, esigendo una pena maggiore, ad arbitrio del Rettore.

2 Rub.6 – L’elezione del Podestà e del Capitano

   Decretiamo ed ordiniamo e con questa legge assicuriamo che il Podestà e il Capitano della Città di Fermo debba essere eletto nel modo qui dichiarato, cioè che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia, nel primo mese del governo del Podestà o del Capitano nel Consiglio generale o in quello speciale facciano estrarre dalle cassette o dalle borse dove gli officiali, gli elettori del nuovo Podestà o del Capitano sono <scritti> sotto la penalità di 100 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta quando non lo abbiano fatto. E questi elettori entro un mese da calcolare dal giorno dell’estrazione, facciano eleggere da loro stessi, o ad opera di altri, il nuovo Podestà o il Capitano, sotto pena di 100 libre di denaro, per ciascuno e per ciascuna volta, quando trasgredissero. La somma del loro salario, poi, viene da essi dichiarata nel tempo quando si debba fare l’elezione di questo Podestà; sia espresso anche il numero degli officiali e degli aiutanti. In modo simile si faccia anche per il Capitano, quando venisse eletto ad opera dei Sindaci, oppure di questi elettori o per mezzo di una lettera del Comune con i modi, i patti e le dette condizioni, cioè che il Podestà debba portare con sé o avere e tenere due Giudici buoni ed idonei d’età maggiore di 30 anni e di questi uno sia dottore di leggi e di questo dottorato egli debba informare i Priori e il Gonfaloniere che saranno in carica nel tempo, entro cinque giorni dopo il giuramento del Podestà, sotto pena di 100 fiorini d’oro. E il secondo giudice sia uomo esperto e questo dottore di leggi debba esercitare l’officio delle leggi civili; mentre l’altro giudice dovrà essere deputato come giudice nelle cose penali; inoltre avere due soci letterati della detta età, buoni ed idonei; cinque notai buoni, idonei ed esperti di età maggiore di anni 25, e di questi uno debba essere deputato ai reati, e uno alle cose straordinarie e i restanti tre Notai al governo dei nostri Castelli cioè del Porto, di Torre di Palme e di Marano <=Cupra Marittima>. Debba tenere quattro Damigelli, venti aiutanti o buoni tiratori e adatti a dover portare armi, quattro cavalli armigeri e un Cuoco. Non conduca con sé alcun officiale che provenga da qualche terra o luogo vicino alla nostra Città Fermana per 40 miglia, né possano condurre né tenere alcun officiale che sia stato condannato per la mala gestione del suo officio nella nostra Città, né alcun altro che sia stato al servizio del secondo Nerone <cioè> Rainaldo da Monteverde, un tempo tiranno di questa Città. La persona del Podestà e dei suoi officiali e aiutanti, dopo espletato l’officio, non può essere riconfermata né stare in alcuno officio o ministero del nostro Comune, fino al tempo che è limitato dai nostri statuti e ordini. In questo officio debba risiedere di persona, continuamente, e non pernottare fuori dalla Città, durante questo suo officio, se non c’è l’espressa autorizzazione del Consiglio e in tale occasione sia per l’utilità del Comune di questa Città, e in nessun modo per sua utilità o comodo proprio, sotto pena di 25 fiorini d’oro per ciascuna volta e per ciascun giorno. Non debba avere nulla per la carcerazione di qualcuno né per la custodia. Non debba detenere alcuno nel Palazzo per un debito civile oltre una giornata, ma lo debba mandare alle carceri del nostro Comune, dove costui debba stare costretto; né può detenere alcuno oltre una giornata nelle carceri del suo palazzo o nel palazzo stesso per una causa penale, se non nel caso in cui venga condannato principalmente nella persona o sotto condizione. Sia obbligato a mandare uno dei suoi officiali insieme con uno dei Regolatori del nostro Comune, ogni qualvolta sia stato richiesto, debba mandare a fare la presentazione ai Castellani delle Rocche del nostro contado, la presentazione della sua persona, dei suoi officiali e dei cavalli. Sia obbligato a fare la presentazione ai Regolatori del nostro Comune, a loro richiesta, due volte al mese. E affinché nelle presentazioni sia evitata ogni frode, dato che alcuni in modo particolare usano essere presentati come aiutanti, e questi fanno qualche arte nella Città, o sono Lenoni, con la presente legge si fa la prevenzione per cui nessuno degli aiutanti del Podestà o del Capitano o di qualunque officiale del foro, qualora abbiano esercitato qualche arte o siano Lenoni e non abitino nel palazzo, mai debbano essere ricevuti né essere accolti per aiutanti. Qualora si sia fatto in modo diverso, sia assolutamente assentato e mai ammesso alle presentazioni. Inoltre non debba ricevere, né profittare nulla oltre al detto salario e ai detti emolumenti e altre cose permesse e concesse dalla forma degli statuti del nostro Comune; se non quel che debba avere per ciascun catturato cioè quattro soldi nella piazza di San Martino per un debito civile; ma fuori da questa piazza, dentro la Città, otto soldi di denaro per ciascun catturato. Per tale occasione però nel Contado otto soldi per ogni aiutante e per ogni giorno. Per un debito di fisco non debba avere nulla, né debba ricevere, durante l’officio suo, nessun servizio, né regalo né dono ospitale, ma debba contentarsi soltanto del suo salario e degli emolumenti che gli sono concessi dalla forma dei nostri statuti e ordinamenti. A sue spese e a suo costo debba avere per il suo officio e metterci la carta opportuna, la cera e l’inchiostro. E infatti, prima del detto semestre debbano venire, lui e i suoi officiali e gli aiutanti presso questa nostra Città, e restare di persona nella Città per quattro giorni. E la venuta, la sosta, la permanenza e la partenza di lui, dei suoi officiali e degli aiutanti dovrà essere a suo rischio, pericolo e sorte, a sue spese e costi. E qualora la morte rapisse (non sia mai) la persona di questo Podestà durante il suo officio, si soddisferà il dovuto dell’infrascritto salario soltanto per la rata del tempo. Pertanto sia obbligato a permanere di persona al continuo esercizio dell’officio di questo governo insieme con tutti i singoli già detti e non tramite un vicario né un sostituto per tutto il detto tempo. E debba rimanere parimenti, dopo ultimato l’ufficio, per otto giorni continui per il sindacato o per il rendiconto insieme con questi suoi officiali e aiutanti. E nel frattempo, fino a quando questo sindacato non sarà stato definito con sentenza di assoluzione o di condanna (che non lo sia), la quarta parte del suo salario scritto sotto, debba stare a modo di deposito, presso il Banchiere del nostro Comune. Inoltre non debba né possa essere sindacato durante il tempo del suo officio, e qualora venga sindacato durante questo tempo, tale sindacato non abbia nessuna validità. e qualora il detto suo sindacato avvenisse nel detto tempo, debba pagare e lasciare al nostro Comune la terza parte del suo salario scritto sotto. Infine debba lasciare in questo Comune dalle cose sue proprie quattro buone balestre in stato sufficiente con i crochi o con buoni “bandoni”. E debba lasciare in questo Comune otto dei suoi pavesi <scudi>. In realtà il salario che egli debba ricevere dal nostro Comune per sé, e per questi suoi officiali, per gli aiutanti e per i cavalli, sarà di 2.720 duemilasettecentoventi libre di denari della nostra usuale moneta a suo tempo corrente in questa Città. Si aggiungano però queste condizioni in questo statuto: che questo Podestà non farà in modo né consentirà che il detto suo salario abbia ad essere aumentato, entro il tempo del proprio officio. E se capitasse che questo Podestà o qualcuno dei suoi officiali o degli aiutanti, durante il tempo del loro sindacato venisse condannato, o prima, oppure dopo per qualche ragione o causa, questo Podestà non chiederà poi mai rappresaglie, né alcuno di questi officiali, né riceverà rappresaglia alcuna dal loro Comune, né da qualunque altro Comune, né da un signore o Rettore; né essi useranno rappresaglie qualora fossero concesse contro un Comune o contro singole persone di questa Città o del suo distretto o di terra alcuna che è tenuta per questa Città, oppure è raccomandata a questa stessa. Egli rinuncerà espressamente a tali rappresaglie, a nome proprio e per ciascuno degli anzidetti, con una remissione plenaria e per questo farà solenne promessa ratificata validamente. E ciò sarà così praticato e debba essere stabile. E, dopo la sua accettazione egli farà fare la delibera legittimamente negli opportuni Consigli della sua terra. E porterà questa delibera con sé in forma pubblica e nell’iniziare il suo officio assegnerà e darà al Cancelliere del nostro Comune questa delibera. Inoltre questo Podestà non debba portare con sé, né tenere alcun Giudice né officiale che avesse un divieto nella nostra Città secondo la forma dei nostri statuti e questo tempo del divieto venga espresso specificamente ai Giudici e gli altri officiali nel dover mandare l’elezione. Quando poi si realizzerà l’elezione del Capitano del popolo, o del Giudice di giustizia, tutte le cose anzidette vengano espresse e ripetute nell’elezione di essi e di ciascuno di essi. Si fa salvo e si fa riserva che il salario e il numero degli officiali, degli aiutanti e dei cavalli, anche la consegna delle balestre e dei pavesi, rimanga e debba rimanere nei poteri e nella volontà dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia e dei Regolatori, dei Confalonieri delle contrade, dei Capitani delle arti e della Cernita di quattro buoni uomini per ciascuna contrada, oltre ai già detti. E quello che questi faranno, diranno, e delibereranno, almeno a maggioranza dei già detti, riguardo e per il salario  e il detto numero degli officiali, e la consegna che dovrà essere fatta al nostro Comune, come già detto, abbia piena forza di validità, nonostante qualunque altro statuto che si esprima in contrario.

2 Rub.7 – Il giuramento del Podestà e del Capitano, la loro autorità e l’officio.

   Ordiniamo che il Podestà della Città di Fermo sia e si intenda essere il Giudice ordinario della Città, del contado e del distretto di Fermo e per l’autorità del presente statuto e senza alcuna riserva di giurisdizione, abbia e debba avere e s’intenda che gli sono attribuiti, dati e concessi ogni potere e ogni giurisdizione sia di mero e misto impero, sia anche di qualsiasi giurisdizione con poteri di spada e senza, tanto nelle cause civili, come anche nelle penali e in quelle miste e senza alcuna riserva di giurisdizione. Ed è il suo Giudice dei reati deputato da lui stesso ai reati abbia e debba avere l’autorità e il potere di fare indagini e fare la procedura, a meno che non prevedesse altro la forma degli statuti, e tramite ogni via e giurisdizione in tutte le singole cause penali e miste e per tutti i singoli atti e in ogni e singolo atto che, in giudizio e fuori, riguardano e vertono su cause penali o cause miste fino alla sentenza esclusivamente. E queste sentenze debbano essere promulgate soltanto ad opera del Podestà e non da alcuno dei Giudici di esse, né dal vicario, se non in caso di assenza o di un altro legittimo e giusto impedimento; in questo caso vengano promulgate viene fatta dal suo Vicario per sentenze penali o miste. In realtà al Capitano della Città di Fermo siano e si intendano attribuiti i poteri e la giurisdizione assoluta negli appelli e negli appelli interposti e da interporre, tanto nelle cause civili quanto nelle criminali e in quelle miste. Peraltro si intenda e sia che i poteri e la giurisdizione sono negati a questo Capitano in ogni modo nelle prime cause civili e prime miste, se non sono intentate in modo principale e incidentale attraverso cause di appello o di nullità, o di domanda di riduzioni ad arbitrio di un buonuomo, o di restituzione all’integro; oppure la giurisdizione fosse stata attribuita o si attribuisse in futuro al Capitano in modo speciale quando si faccia per la forma di qualche statuto o tramite una delibera. In realtà nelle cause penali si intendano e siano concessi i poteri e la giurisdizione a questo Capitano di fare indagine, di fare la procedura, di condannare, di fare esecuzioni per i reati, i delitti e tutti gli eccessi al modo come per il Podestà. Sia praticata la prevenzione tra questi Rettori riguardo al dover fare indagini su tali reati attraverso la semplice consegna della copia alla camera, nonostante qualsiasi altro statuto contrario. Si fa salvo che sempre le denunce sui reati che i Sindaci del contado hanno dovere di far debbano essere consegnati soltanto al Podestà e alla sua Curia.

Inoltre tutti i poteri e la giurisdizione in ogni modo si intendano concessi e siano attribuiti  al Capitano sulla grascia (viveri) e contro coloro che esportano la grascia dalla Città o dal contado, e di dare esecuzione a tutte le singole sentenze penali, emanate da parte di qualsiasi Rettore di questa Città e compiere l’esecuzione, in modo personale e reale, come in esse si contiene, di fatto, senza processo alcuno e inoltre negli altri casi in cui la giurisdizione fosse concessa a lui, o gli fosse stata concessa dalla forma dei nostri statuti. E questo Podestà, e anche il Capitano giurino sui santi Vangeli di Dio, toccando corporalmente con la mano il libro, che egli governa, salvaguarda, regola e mantiene, per quanto a lui possibile, la Città Fermana e il suo contado e il distretto, le giurisdizioni, i privilegi, le cose, i beni mobili e immobili, la società e il collegio del popolo di questa Città, per l’esaltazione, la magnificenza e per l’onore della sacrosanta Chiesa Romana e del santo signore nostro Papa. E qualora alcuni beni del Comune di questa Città fossero stati perduti, con tutte le sue possibilità egli debba recuperarli e adoperarsi per recuperarli, e tenere le cose recondite e i segreti del Comune e non rivelarli ad alcuno in alcun modo e sempre dare il miglio consiglio a vantaggio del Comune. Egli è impegnato ad eseguire e a far eseguire e far adempiere ai suoi officiali tutti gli statuti di questo volume e le delibere e gli ordinamenti già fatti e quelli che si faranno, senza alcuna riduzione né eccezione; debba salvaguardare nei loro diritti le chiese, le persone ecclesiastiche, le vedove, i pupilli, gli orfani e altre persone misere e tutte le altre; debba per quanto possibile mantenere e regolare e gestire e favorire i Priori del popolo e i Gonfalonieri di giustizia e anche gli altri Confalonieri delle contrade, le arti e lo stesso collegio di questo popolo, e lo stesso popolo tutto e la sua libertà e la pace; debba permanere continuamente di persona ad opera sua e dei suoi officiali in questo officio per tutto il tempo del loro officio e di quello di ciascuno di loro, e per tutto il tempo del sindacato, a non abbandonarlo per alcuna ragione né motivo, fino al termine del suo officio, pernottando fuori dalla Città di Fermo e dal suo distretto, se non in servizio del Comune di Fermo; e in questo caso venga autorizzato a pernottare e assentarsi con la licenza e con il mandato del Comune. E senza l’espressa licenza del Consiglio generale poi non può recarsi nella sua patria o ad altro luogo, per sua utilità né per il comodo di esercitare un qualche officio o una Rettoria fuori dalla Città e dal contado, sotto pena di 25 fiorini d’oro per ciascun giorno e per ciascuna volta. Debba poi a fare il rendiconto di questo suo officio secondo la forma della sua elezione e secondo la lettera presentatagli per questo officio, insieme con tutti gli officiali, gli aiutanti e i cavalli ed egli si obblighi per essi principalmente e ne abbia dovere in ogni caso. Non chiederà l’arbitrato né lo farà chiedere nel Consiglio, né alcun’altra cosa contro la forma degli statuti del Comune. Né farà alcuna proposta, né la fa fare per la sua riconferma, né per essere rieletto come Podestà o come Capitano; né si adopererà a ciò per tutto il tempo del divieto secondo la forma dei nostri statuti. Si contenterà del suo salario senza alcun altro emolumento e non chiederà di più, né riceverà di più direttamente, né indirettamente, senza chiedere alcun “colore”, da sé o per mezzo dei suoi officiali, o dei famigliari o di altra persona sottomessa. Egli sosterrà, favorirà e proteggerà l’officio del signor Capitano e lo stesso signor Capitano di questa Città, userà deferenza per lui e per il suo officio secondo la forma degli statuti riguardanti il suo officio, e vicendevolmente da parte del Capitano verso il Podestà. E qualora sia capitato che qualcuno dei suoi officiali o dei suoi aiutanti, a motivo di qualche suo officio, fosse condannato dai “raziocinatori” del Comune o dal Sindaco del Comune, egli non chiederà rappresaglia alcuna e non ne accoglierà e non ne farà uso da parte di qualche signore, né da qualche Comune contro il Comune, né contro qualche altra persona speciale di questa Città o del suo distretto o di qualche Terra che fosse, o è tenuta a favore per il Comune di Fermo, in occasione della condanna che avvenisse di lui stesso o di qualcuno dei suoi aiutanti. Non riceverà per sé un servizio, né doni ospitali da alcun Cittadino o abitante del contado di questa Città, non si metterà né a mangiare né bere insieme con alcun Cittadino, o abitante del contado, o alcun altro che abita in Città o nel contado, se non insieme con i signori Priori e con il Gonfaloniere della giustizia, a meno che non avverrà di recarsi lui stesso nel territorio del contado di questa Città, fuori dalla Città, per alcuni fatti del Comune. Inoltre il Podestà, anche il Capitano e ogni altro Rettore siano obbligati a fare la presentazione di sé, dei suoi officiali, degli aiutanti e dei cavalli secondo la forma del precedente capitolo. Inoltre sia obbligato a mandare un officiale con i Regolatori secondo quanto espresso nel prossimo precedente capitolo. Inoltre sia obbligato a leggere le sentenze penali nel Consiglio generale alla presenza del Banchiere e del suo Notaio, e non in modo diverso, sotto penalità di 100 libre di denari per ciascuna volta e debba personalmente consegnare a questo Notaio la copia di queste sentenze penali in carta pergamena di mano del Notaio dei reati che le ha scritte o lette; subito dopo lette queste sentenze e per il Rettore che trasgredisse la penalità di 200 libre di denaro per ciascuna volta e per il Notaio dei reati, la penalità di 25 libre di denaro per ciascuna volta. E al termine del loro officio, nei quattro giorni prima della scadenza siano obbligati e debbano restituire e consegnare ai Regolatori di questo Comune tutti i suoi registri, i processi e le scritture e le filze tramite l’inventario, legati e sigillati con sigillo di questi Regolatori, purché questi registri abbiano le copertine di pergamena e in queste copertine siano dipinti gli stemmi di ciascuno di questi Regolatori, sotto la pena predetta. E il Rettore non possa ricevere né avere alcuna cosa né somma di denaro, da sé né tramite un altro, da parte di nessuna persona per l’occasione delle carceri o della custodia, sotto penalità di 100 libre di denaro per ciascuno, e per ciascuna volta, da prelevarsi da lui, sul fatto. Inoltre questo Rettore non possa tenere recluso qualcuno che è catturato per debito pecuniario, se non nelle dette carceri comunali poste del Girfalco per più di un solo giorno, non nel suo palazzo o nelle carceri o altrove, né può carcerare né far carcerare o far detenere alcuno altrove, sotto pena di 100 libre di denaro. In realtà per un delitto o un crimine per il quale la pena da dover imporre viene ad essere principalmente personale o sotto condizione, il Rettore possa detenere nel palazzo chiunque che sia da condannare a questa pena personale o farlo tenere nel suo palazzo o farla porre e custodire, a suo arbitrio di volontà, e per questa cosa non può ricevere né far prendere alcuna somma di denaro in nessun modo. Gli aiutanti del Rettore ricevano per ogni persona catturata per debito civile soldi quattro se nella Piazza di San Martino; e fuori dalla Piazza all’interno della Città, soldi otto; nel contado, poi, per ciascun giorno e per ciascun aiutante soldi otto, senza le spese. Per un debito fiscale il Rettore mandi i suoi aiutanti gratis. Egli adempirà tutte le singole cose in generale e le farà adempiere, tramite i suoi officiali e gli aiutanti, con buona fedeltà e senza frode, rimuovendo l’odio, le simpatie, il timore, le suppliche e ogni comodità speciale o disagio, cose che si sanno riguardare il suo officio. E quando sia aiutato e salvato da Dio, giurerà sui santi Vangeli sotto valore del suo giuramento e obbligando tutti i suoi beni e sotto la pena contenuta nello statuto, per le cose che in qualche modo abbia trasgredito, e con la pena di 200 libre di denari nei singoli capitoli già detti, nei quali non sia imposta una specifica pena per qualche trasgressione o mancato adempimento da parte di questo Rettore. Egli prometterà al Cancelliere comunale, che fa la stipula per questo Comune, o al Sindaco di questo Comune, solennemente a vantaggio del Comune stesso e delle particolari persone a ciò interessate, che adempirà tutte queste singole cose. E il Cancelliere di questo Comune che nel tempo sarà incaricato, darà lettura di tutte queste cose, nell’occasione del giuramento e presenterà ciò in tali scritti, che saranno redatti in forma pubblica. Si proceda e si compia in modo simile in ogni singola cosa nel giuramento del signor Capitano. E questo Capitano si contenti del suo salario e almeno degli altri emolumenti, come si procederebbe nella sua elezione oppure a motivo degli statuti del Comune di Fermo. Non né sia valido chiedere, né ricevere da questo Comune nient’altro, neanche da parte di persone particolari e speciali, sotto pena di 100 libre di denaro per ciascuna volta in cui trasgredisse. Inoltre questo signor Podestà sia obbligato, anche il Capitano, all’inizio del proprio officio, rivolgersi a tutti i singoli Consiglieri del Consiglio generale e di quello speciale e li faccia giurare che dovranno venire al Consiglio quando verrà dato un bando <annuncio> dall’Araldo e con la penalità di 500 libre di denari per il Podestà o per il Capitano se omettesse o di farlo.

2 Rub.8 – Il divieto per gli officiali ‘forensi’.

   Decretiamo ed ordiniamo, con lo scopo di dover conservare il presente libero e popolare Stato e di sterminare i mali e di far memoria delle cose passate, che Giovanni Bartolini e ser Bartolomeo Gori da Arezzo, un tempo Podestà e Cancelliere di Fermo e Andrea da Spoleto e Matteo da Castello e anche tutti gli altri singoli ‘forensi’ che ci fossero stati nel tempo della tirannide del signor Rainaldo da Monteverde, per qualche officio o stipendio, o provvigione nella Città o nel contado di Fermo, non possano stare in alcun officio né in futuro, possano esercitare a stipendio nella Città di Fermo o nel suo contado. Se si facesse diversamente per il diritto stesso non c’è validità ed essi stessi e coloro che consapevolmente eleggessero questi o qualcuno di loro, incorrano per il fatto stesso nella penalità di 1000 fiorini d’oro per ciascuno e per ciascuna volta. Si intenda che ciò ha validità per tutte le singole le persone che sono delle abitazioni loro o sono consanguinei dei già detti Giovanni e Bartolomeo, Andrea e Matteo. Inoltre nessuno che venga da una Terra o da un luogo vicino alla Città di Fermo nello spazio di 40 miglia possa stare in alcun officio di questa Città o del suo contado, con qualche Rettore o pro Rettore di questa Città. Inoltre che nessuno che sia stato Prorettore nella Città di Fermo per la durata di cinque anni calcolati da quando ha ultimato il suo officio possa accedere a nessuno officio presso questa Città e neppure esercitarvelo. I Giudici che nel tempo siano stati in questa Città per qualche officio, non possano stare in questa Città in un officio, calcolando tre anni da quando hanno ultimato il loro officio. I militari e i notai abbiano <questo> divieto per due anni; e per sei mesi poi il divieto per i damigelli e per gli aiutanti. Quando si debba fare l’elezione di qualche Rettore o degli officiali della Città di Fermo sempre si faccia una informazione speciale di questi divieti, espressamente. Inoltre chiunque dei Rettori o degli officiali della Città di Fermo sia stato condannato per la sua mala amministrazione in questa Città di Fermo, non possa tornare per alcun officio in seguito presso questa Città e qualora si facesse diversamente per il diritto stesso non ha validità, ma sia subito annullato per il fatto stesso e colui che trasgredisce incorra nella pena di 200 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre, sotto la già detta pena, nessuno possa essere eletto né assunto come Rettore della Città di Fermo o per qualche officio in questa Città di Fermo in modo principale e a sua opera in una Città o Terra o luogo dove <proveniva> al tempo di questa sua elezione a Rettore in detta Città <di Fermo> o principale officiale.  E qualora quando lo si eleggesse in modo diverso e accettasse per lo stesso diritto non c’è validità. E su ciò si faccia una informazione speciale anche per l’elezione da farsi di qualche Rettore di questa Città, in modo tale che da una stessa Città o dal contando, non ci siano Rettori nello stesso tempo. E neppure uno solo che proviene da uno stesso luogo sia successore nello stesso officio, di un altro che provenga dallo stesso luogo. Inoltre ordiniamo che il Podestà e qualsivoglia Rettore, stabilito in modo principale in questa Città di Fermo, sia obbligato a pagare la penalità per tutto quelle cose che fossero state commesse, fatte, perpetrate, trascurate, omesse da parte dei suoi officiali o famigliari o da qualcuno di questi nel detto officio e durante questo officio e per tutte le singole cose che si commettessero, perpetrassero, omettessero ad opera dei suoi officiali, o famigliari o da qualcuno di questi; tale Rettore debba pagare la condanna che è stata fatta o da farsi per tale cosa colpevole, al modo come se in modo principale fosse stato colpevole. E da ora, per l’autorità della presente legge egli sia e sia considerato fideiussore di tutti i singoli officiali, i famigliari e di qualsivoglia di questi stessi, e per l’autorità della presente legge si comprenda che ha rinunciato al beneficio della fideiussione e ad ogni altro beneficio che compete o competesse o potesse competere, nell’occasione già detta, a questo Rettore.

2 Rub.9 – L’officio del Cancelliere.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Cancelliere del Comune di Fermo sia e debba essere <originario> della Città di Fermo e sia obbligato a fare tutte le singole delibere e gli ordinamenti, anche i decreti e le decisioni che si facessero ad opera dei magnifici signori Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia, dalle Cernite, dalle delibere, dai Consigli speciali e generali anche dal parlamento di questa Città. Inoltre questo Cancelliere sia obbligato a fare di propria mano o a far fare ogni singola lettera missiva e responsiva, emanate da parte del Comune di Fermo, e tutti gli atti di concessioni, assoluzioni, rivendicazioni, grazie, alienazioni ed ogni contratto ad opera di questo Comune, e pertinenti a questo Comune, e questo Cancelliere debba fare il rogito delle dette cose. Questo Cancelliere sia obbligato a registrare le decisioni, le delibere e tutti i decreti scrivendoli di propria mano o di mano altrui; e pubblicare di propria mano tutti i singoli giuramenti dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia e degli altri officiali di questo Comune; questo Cancelliere sia obbligato a farne la narrazione e la comunicazione. E per tutte le cose che sono di competenza del suo officio, nessun altro possa né debba intromettersi, se non per volontà che sia provenuta dallo stesso Cancelliere. Inoltre sia obbligato a tenere un registro grande degli atti che abbia fogli di pergamena o di papiro e in questo registro siano registrate tutte le delibere e gli ordinamenti di questo Comune, del Consiglio generale o speciale e le decisioni deliberate o da deliberare ad opera di coloro che deliberano, <tenere> inoltre un altro registro in cui vengano registrati i diritti di proprietà, i contratti del Comune e gli obblighi da soddisfare, le donazioni e i decreti; inoltre un altro registro in cui vengano scritte le decisioni che si fanno ad opera delle Cernite. Inoltre non possa scrivere nessuna proposta in alcun Consiglio, che nel giorno precedente, nella Cernita non sia stata prima deliberata e anche la delibera sia anche registrata, sotto pena di 50 libre di denaro da prelevare sul fatto. Qualora si facesse qualcosa diversamente non abbia valore per il diritto stesso. Inoltre non possa sigillare nessuna missiva con il sigillo del Comune se in una fase precedente non sia stata ottenuta con fave nere e bianche tra i Priori. Inoltre egli non possa leggere né scrivere o annotare nessuna proposta che fosse contraria alla forma degli statuti o di qualche statuto, sotto pena di 100 libre di denaro che debba sottrarre a se stesso. Se si fosse fatto diversamente non abbia validità. Questo Cancelliere inoltre sia obbligato e debba, sotto la pena di giuramento pretato, e con la penalità di 25 libre di denari, registrare al termine di ciascun bimestre, nei predetti registri, tutte le singole deliberazioni dei Consigli, le decisioni, le Cernite, i contratti, e le provvigioni del Comune, le cose fatte e celebrate nel bimestre predetto, in modo tale che al termine di ciascuno degli offici del priorato, risulti chiaramente che cosa è stato fatto e deliberato nel tempo dell’officio dei signori Priori. Inoltre questo Cancelliere, nei quindici giorni che precedono l’ultimazione di qualsiasi officio di un Rettore della Città di Fermo, che viene sindacato e debba essere sindacato ad opera di un Sindaco ‘forense’ da eleggersi ad opera dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia; sia obbligato e debba mandare una lettera per tutto il contado di Fermo per rendere noto alle comunità il sindacato di questo Rettore e a tutte le singole persone di questo contado, in modo tale che questo sindacato sia noto a tutti e coloro che vogliono fare lamentele su questo Rettore non possano addurre di non avere informazione di questo sindacato. Qualora il Cancelliere sia stato negligente in queste cose, incorra nella penalità di 50 libre di denaro per il fatto stesso, per ciascuna volta in cui abbia trasgredito e sia stato negligente.

2 Rub.10 – L’officio del Notaio dei Signori.

   Stabiliamo ed ordiniamo che il Notaio eletto, estratto dall’urna, e destinato al servizio dei signori Priori del popolo, e del Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo e per il loro incarico, sia obbligato e debba, giorno e notte, stare e dimorare con i signori Priori del popolo, co il Gonfaloniere di giustizia e nel palazzo di residenza loro, durante il tempo di due mesi del loro incarico, e di non allontanarsi da essi senza il loro permesso, sotto penalità di 25 fiorini d’oro per qualsivoglia volta che abbia trasgredito. E durante detto tempo sia obbligato scrivere e registrare ogni lettera spedita o ricevuta, i bollettini e tutte le altre scritture secondo il volere e il mandato dei signori Priori e del Gonfaloniere della giustizia: fino a tanto però che non si arresti dall’officio del Cancelliere, se non in quanto sia provenuto dalla volontà dello stesso Cancelliere.

2 Rub.11 – L’officio e l’ordine che debbono essere tenuti dai Gonfalonieri delle contrade e dagli altri Cittadini delle dette contrade.

   Al fine di dare efficacia alla tutela del presente libero stato popolare di questa Città, e alla resistenza contro i tentativi di tutti quegli iniqui che vogliono perturbare questo stato di queste contrade, in qualsiasi modo, e al fine di mettersi contro quei disordini che sorgono casualmente improvvisi dai quali, in qualche modo questo Stato possa ricevere danni, decretiamo e disponiamo che tutte le volte che in questa Città o in qualche contrada di questa Città un disordine, un tumulto o un’adunata ci sia, insorga o si inizi, ad opera di chiunque o di altri qualsiasi, di qualunque condizione siano, quando verosimilmente, nell’effetto, ciò possa prestarsi ad essere un impedimento per questo Stato, su mandato o richiesta dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia o del Podestà o del Capitano del popolo di questa Città e anche da se stessi, tutti i singoli Confalonieri delle contrade di questa Città che tengono i vessilli piccoli di questo Comune, allorché si siano avveduti e ne abbiano fatto constatazione, siano obbligati e abbiano dovere cioè ciascuno nella sua contrada, ad esporre i vessilli davanti alla propria abitazione e adoperarsi, secondo le possibilità, a riunire o far riunire tutti e singoli quelli della propria contrada presso tale vessillo. E tutti costoro di questa contrada siano in obbligo e in dovere di andare a seguire questo vessillo e obbedire a questo Gonfaloniere. E questo Gonfaloniere, insieme con questo vessillo, e con quelli della contrada e costoro della contrada, tutti, siano obbligati ad andare e stare con armi e con mezzi di difesa, insieme con il detto Gonfaloniere e sotto questo vessillo per dover fare resistenza contro chiunque di coloro che vogliano turbare lo Stato e per andare al palazzo di residenza di questi signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia e obbedire e ottemperare a questi signori Priori e al Gonfaloniere in ogni singola cosa che a loro sia stata comandata da costoro e fare, compiere e adoperarsi per tutte le singole cose a vantaggio della salvaguardia di questo Stato. Equando questi Gonfalonieri abbiano trasgredito in queste cose o in qualcuna di esse, vengano puniti sul fatto con penalità di 100 libre di denaro, per ciascuna volta, omettendo ogni formalità e ufficialità, senz’altro, ad opera del Podestà o del Capitano, e nondimeno, per il fatto stesso, si faccia a costoro la privazione di ogni officio e di ogni beneficio di questo Comune. Chiunque altro, poi, di questa contrada che non si associa o ricusi di doversi associare come detto a questo vessillo e a questo Gonfaloniere, nel detto modo, sia punito per ciascuna volta a 25 libre di denaro. E per sostenere le spese che occorrono a questi Gonfalonieri, nel giorno del loro giuramento e dell’accoglienza di questo gonfalone, debbano ricevere dalle finanze di questo Comune un fiorino d’oro per ciascuno di essi stessi e il Banchiere del Comune debba darlo a loro.

2 Rub. 12 – Il modo di riunire i Consigli, di presentare le proposte, di arringare e di deliberare in essi.

   Decretiamo e ordiniamo che ogni qualvolta, per qualche caso, bisognasse riunire il Consiglio generale o quello speciale oppure entrambi, la riunione non ha validità se non con il consenso e con la volontà dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia. E qualora lo si sia deciso per volontà di questi, il Podestà o il Capitano sia obbligato a che si faccia pubblicamente il bando per il concilio, un giorno per l’altro, o di mattina per la sera, a meno che non ci sia una causa o necessità urgente, nel quale caso, secondo come questi Priori daranno ordinanza, per il <Consiglio> generale o per quello speciale o per entrambi per cui si debba fare il bando pubblicamente per lo stesso giorno di Consiglio, i Consiglieri vengano al Consiglio. E se capitasse qualche caso di un Consiglio opportuno che, espressamente l’effetto della forma di qualche statuto, per il quale bisognasse far conoscere la causa, ossia che sia dichiarata dal banditore, allora venga comunicato che avviene per tale causa, e la commissione di tale modo sia fatta a costui in particolare. E dopo che sono stati fatti il bando e la sua relazione a questo Rettore e al Notaio delle delibere, gli stessi signori Priori e il Gonfaloniere, alla presenza di questi e del Podestà o del Capitano, quando a questi Priori e al Gonfaloniere sembrerà che sia necessaria la presenza di questi Rettori o di qualcuno di questi stessi e non in altro modo, facciano il Consiglio. E prima che venga fatta qualche proposta in questo Consiglio facciano e facciano fare, almeno un giorno prima, la Cernita in cui propongano e decidano quello che debba essere proposto nel Consiglio da fare. A questa Cernita debbano essere presenti i Regolatori insieme con questi signori Priori e con il Gonfaloniere, i Capitani delle arti, e i Gonfalonieri delle contrade, oppure nella loro maggior parte e almeno quattro uomini per ogni contrada, se sia utile per il Comune e questo debba essere espresso chiaramente per mezzo del Cancelliere del Comune. E quello che sia stato approvato e deciso ad opera degli anzidetti, lo si possa proporre in tale Consiglio, e qualora si facesse in altro modo non abbia validità in alcun modo quello che sarà stato così deliberato in questo Consiglio. E qualora i Priori e il Gonfaloniere non abbiano messo in pratica questa forma, siano puniti per ciascuna volta a 10 libre per ciascuno e quello che è stato fatto non abbia validità per il diritto stesso. E questi signori Priori e il Gonfaloniere non possano proporre alcunché, né deliberare nel Consiglio generale o speciale se non quello che è stato deciso di proporre nella detta Cernita, come già detto. Dopo aperta la riunione del Consiglio si debbano leggere, ad opera del Cancelliere o del Notaio delle delibere, le proposte in questo Consiglio in ordine e in serie. E successivamente, quando avvenisse il Consiglio per opera del Potestà o del Capitano o di un Vicario di questi, debba fare le proposte con la presenza, il consenso e la volontà dei Priori e del Gonfaloniere, altrimenti, qualora non ci sia la presenza del Podestà o del Capitano o di un Vicario loro, per mezzo del Gonfaloniere di giustizia. Queste proposte, una o più, siano fatte in modo chiaro e trasparente così che quelli del Consiglio capiscano bene e in maniera accessibile, sotto penalità di 25 libre di denaro per chi trasgredisca, o il Potestà o il Capitano o un Vicario di questi; inoltre 10 libre di denaro<penalità> al Cancelliere oppure al Notaio delle delibere, per qualsivoglia volta che si sia trasgredito ad opera di qualcuno di questi stessi. Dopo che sono state lette le dette proposte, come già detto, chi voglia fare un’arringa prima giuri nelle mani del Cancelliere o del Notaio delle delibere che egli consiglia con fedeltà e legalità per la pubblica utilità, poi si alzi presso il luogo dell’arringa, purché quelli che fanno l’arringa non siano più di sei in un solo Consiglio e non possano fare l’arringa più di questi sei, a meno che la gravità dell’affare non richiedesse altro modo e dai signori Priori e dal Gonfaloniere sia considerato utile. E nessuno osi esprime un consiglio o un’arringa nei Consigli, se non soltanto sulle cose proposte, sotto penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E nessuna persona, senza la licenza dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, possa dare consiglio né fare arringa se non sopra una sola proposta nei Consigli, se non una volta soltanto, facendo eccezione quando venissero letti gli statuti fatti ad opera degli statutari del Comune, nel tempo dell’approvazione di questi. E chi contravvenisse sia punito alla detta pena sul fatto, senza alcun processo. Dopo che sono state fatte così le consultazioni, questi Priori e il Gonfaloniere, alla presenza del Podestà o del Capitano o di uno dei loro vicari oppure senza questi, da sé, insieme con il Cancelliere o con il Notaio delle delibere, facciano la delibera su che cosa si debba mettere a votazione tra le cose dette nelle arringhe. Dopo che è stato così deciso e messo per iscritto per opera del Notaio delle delibere o del Cancelliere, questi si alzi e tutte le cose delle arringhe dette in questo Consiglio nelle arringhe siano lette a tutti in modo particolareggiato e distinto, per tutti, e dica apertamente una tale cosa detta dal tale, piace ai signori Priori e al Gonfaloniere che ciò, si metta a votazione. Dopo fatto questo, si alzi il Rettore e metta a votazione quella cosa detta che è stata decisa dai signori Priori e dal Gonfaloniere. E se tale cosa detta viene approvata nel modo come contenuto nello statuto che riguarda l’autorità del Consiglio, va bene; se al contrario non sia stata approvata, sia messa a votazione un’altra cosa dopo che questa è stata decisa dai signori Priori e dal Gonfaloniere, secondo la forma già detta. E per vincere la votazione sia sufficiente quando vincano due delle tre parti dei presenti <2\3>, fatta eccezione per i casi nei quali venga disposto in altro modo dagli statuti di questo volume. E la votazione si faccia con fave nere e bianche e non con lupini. Queste fave siano messe in un bussolo soltanto e in segreto con le mani di coloro che le raccolgono, nonostante qualsiasi consuetudine in contrasto. E questo debba essere praticato anche nel contado e nella giurisdizione. E dopo che sia stata fatta la delibera si legga questa delibera per mezzo del detto Notaio delle delibere o del Cancelliere prima che questo Consiglio si congedi; e tale ordine sia praticato in ogni proposta di per sé, in modo tale che in nessun modo una proposta venga mescolata con altra, quando su di essa sia richiesto di fare una votazione. E nessuno si allontani dal Consiglio fino a quando non sia stata letta la delibera dal detto Notaio, sotto pena di 10 soldi di denaro per ciascuno che trasgredisca. Vogliamo tuttavia che qualora si proponesse in Cernita o in qualche Consiglio generale o speciale qualcosa e la votazione proposta fosse perdente, qualora si tratti di dare il condono o la composizione per i cittadini esiliati i quali fossero esiliati o condannati per il motivo di turbamento dello stato, non possano essere di nuovo proposti se non dopo trascorso un anno dal giorno della votazione perduta. In realtà se si sia trattato di altre cose, non può essere fatta una proposta, fino a tre mesi dopo la votazione perduta. Qualora la votazione perduta abbia riguardato altre cose non si possa proporre di ripeterla, e di nuovo, se non dopo passato un mese da calcolare come sopra; e qualora si facesse in altro modo senza rispettare questa forma, quello che sia stato fatto non abbia validità per il diritto stesso. E i Priori e il Gonfaloniere e il Cancelliere e il Notaio delle delibere che agissero in modo contrario alle dette cose o abbiano scritto, incorrano nella pena di 25 libre di denaro, per ciascuno di questi stessi, e per ciascuna volta.

2 Rub.13

– Il Consiglio speciale del popolo

   Il Consiglio speciale della Città di Fermo sia e debba essere di un numero di 150, e non di un numero maggiore: e sia <composto> di persone popolari, e con un numero di persone popolari e non dai nobili da detta Città: e nessuno possa essere eletto, né chiamato in questo Consiglio, che non sia Cittadino Fermano, e di età di 25 anni almeno, avente un patrimonio di 50 libre almeno. E chiunque venga trovato in detto Consiglio, ed eletto in modo contrario alla detta forma, non abbia alcuna voce in detto Consiglio, come gli altri Consiglieri l’hanno. E non possa far parte di detto Consiglio se non un uomo soltanto di una singola abitazione. Aggiungiamo che nessuno possa essere eletto, posto o scritto in qualche Consiglio generale, o speciale se prima non sarà stato deliberato, e ottenuto nella Cernita.

2 Rub.14 – L’autorità, la giurisdizione e il potere del Consiglio speciale

   Il Consiglio dei 150 buoni uomini della Città di Fermo abbia poteri, abbia autorità sulle delibere e sul fare gli ordinamenti su tutto ciò che sia stato proposto ad opera del Rettore della Città di Fermo o del suo Vicario, dopo il consenso dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia. E qualunque cosa sia stata approvata in questo Consiglio ottenuta e deliberata con i due terzi delle parti presenti che stanno in questo Consiglio, abbia validità, obbligo e pieno vigore e venga mandato in esecuzione, come se fosse deliberato e deciso ad opera di tutto il Consiglio dei 300 o dal Parlamento di questa Città insieme con questo Consiglio; sempre tuttavia e anzitutto che quello che sia stato proposto, approvato e deciso in questo Consiglio dei 150, sia stato approvato nella Cernita dichiarata ed ordinata in conformità al capitolo che riguarda il modo di congregare i Consigli. E in questo Consiglio dei 150 quando esso venisse fatto, debbano essere presenti almeno ottanta Consiglieri. Quello che sarà stato deciso, come già detto, abbia piena stabilità di vigore, come se sia stato fatto e deciso ad opera di questo Consiglio al completo.

2 Rub.15 – Il Consiglio generale

   Il Consiglio generale della Città di Fermo debba essere di numero non meno di 300 Consiglieri e non di un numero inferiore; e in questo Consiglio nessuno sia eletto che non sia Cittadino Fermano, che abita di continuo nella Città di Fermo, di età almeno di 25 anni, avente un patrimonio di non meno di 25 libre e l’estimo del padre sia a vantaggio del figlio di famiglia. Tuttavia nel detto Consiglio non possono essere eletti molti che abitano insieme in una sola abitazione <ma un eletto solo>. Chiunque, in realtà, sia stato eletto senza che abbia le dette cose, non abbia alcuna ‘voce’ nel detto Consiglio.

2 Rub.16 – L’arbitrio del Consiglio generale

   Con questa perpetua legge decretiamo che qualunque cosa sia proposta in detto Consiglio dei trecento, da un Rettore della Città di Fermo o da un suo Vicario con l’approvazione dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia che ci saranno nel tempo, purché vi siano presenti 150 Consiglieri di detto Consiglio, e ivi sia deliberata dai due terzi dei Consiglieri presenti, abbia validità e sia fatta valere, come se sia stata deliberata da tutto il Consiglio. E detto Consiglio abbia autorità e potere pieno di deliberare e di decretare tutte le cose che fossero proposte in detto Consiglio, ad opera dei signori Priori, o dal Rettore, come se avvenisse ad opera di tutto il parlamento e vi fossero deliberate.

2 Rub.17 – Il modo di mandare la decisione con fave nere e bianche.

   Ordiniamo che le votazioni che si mettessero nelle Cernite, nei Consigli e siano messe a tutte qualsiasi le decisioni e si facciano con le fave nere per il sì e alle fave bianche per il no, ad opera del Priore dei Priori, o dal Capitano, o dal Podestà o dal loro vicario, o dall’altro dei due loro Vicari, o ad opera del Gonfaloniere di giustizia; e queste fave siano consegnate e riconsegnate segretamente e non visibilmente in mano ai raccoglitori. E questi raccoglitori segretamente le mettano nei bussoli e non possano immettere, né ricevere se non una singola fava soltanto per una sola volta, sotto pena di 10 libre di denari per qualsivoglia volta, e per ciascuna fava, per qualunque da immettere. E in ciò lo statuto sia preciso e che non si possa derogare ad esso: sempre in tutti e singoli i casi, qualsivoglia votazione di per sé sia partecipata con le fave nere e bianche, e non con altra maniera; E quanto fatto in modo diverso non abbia validità, né sia fatto valere.

2 Rub.18 – Il modo di sospendere gli Statuti

   Ogni volta che si tratti di sospendere qualche statuto, si pratichi questa procedura, cioè il Capitano del popolo, se c’è, o il Podestà, o il Vicario di qualcuno di loro, insieme con i Priori del popolo, con il Vessillifero di giustizia, con i Capitani delle arti o a maggioranza di questi e con altri, di cui sopra si menziona nel capitolo sul congregare i Consigli, si riuniscano nella Cernita che qui si debba fare o a maggioranza di questi stessi, insieme uniti. E ad opera del signor Capitano del popolo o del Podestà, o di qualcuno dei loro vicari, si faccia la proposta <per decidere> se la sospensione fosse utile o sulla evidente utilità per il Comune, riguardo a quello statuto della cui sospensione si debba trattare. E dopo che è stata fatta questa proposta, ad opera di qualcuno o di alcuni dei predetti si debba fare una arringa; e dopo l’arringa; e dopo fatta l’arringa e la consultazione su ciò, una sola cosa tra quelle dette sia messa a votazione con fave nere e bianche. E quando, ivi, a maggioranza di costoro presenti, sia stato deliberato che si faccia la sospensione <dello statuto> per cose migliori e per una maggiore utilità, dopo che anzitutto sia stato letto lo statuto di cui si tratta, parola per parola, in lingua volgare e distintamente e dopo fatta la delibera di tale forma, ciò venga riportato al Consiglio generale o a quello speciale, nel giorno seguente dopo la delibera o in seguito in modo tale che questa sospensione, prima, sempre si deliberasse in questa Cernita. E in questo Consiglio da farsi sulle cose predette, vi siano e debbano essere presenti almeno 150 Consiglieri e ivi si faccia la proposta sulla sospensione del detto statuto che venga letto in questo Consiglio in lingua volgare, interamente, al pieno discernimento di tutti i Consiglieri. Non si possa né debba fare in altra maniera <diversa> da come è stato detto. Dopo fatta questa proposta, si faccia l’arringa su di essa ad opera di qualcuno o di alcuni tra questi Consiglieri e dopo fatta l’arringa e la consultazione su questa proposta, sia fatta la votazione con fave bianche e nere. E qualora sia stata approvata la detta sospensione da tre parti di questi Consiglieri presenti in questo Consiglio, tale sospensione sia valida almeno per tale volta soltanto, nonostante qualche delibera che parli al contrario. Tuttavia in nessun modo si può sospendere, proporre né decidere su qualche statuto che trattasse dell’elezione del Podestà o del Capitano, o trattasse della riconferma di questi o di qualcuno di questi, o riguardasse il non concedere azione d’arbitrio ad un Rettore, o ad un officiale del Comune o riguardasse i loro offici, e di non dover aumentare il salario al Podestà o al Capitano o a qualche officiale del Comune per qualche ‘colore’ richiesto, e riguardasse il non dover fare doni a questi, né ad alcuno di essi, o il non spendere, in altro modo, denaro o un altro bene del Comune, oltrepassando e prescindendo dalla forma degli statuti del Comune. E nessun Rettore, Priore o Gonfaloniere né qualunque altro officiale del Comune di Fermo osi, né presuma far proposta né far deliberare in qualche Consiglio, o riunione o parlamento sull’aumentare il salario del Podestà, o del Capitano o di qualche altro officiale, direttamente o indirettamente, a favore dello stipendio dei sergenti, delle guardie o per qualsiasi ‘colore’ richiesto. E nessuno osi fare arringa affinché si facciano le cose anzidette o qualcuna di queste, neppure che venga creato o stabilito un Sindaco per rendere indenni questi Rettori, Priori e il Gonfaloniere, o altri o altro officiale o chiunque altro che proponesse, scrivesse, decidesse, o consentisse o arringasse. E nessuno osi assumere su di sé questo sindacato, né scrivere tale sindacato, o una proposta o una decisione. E qualora qualcuno abbia agito o detto il contrario di qualcuna delle dette cose, se sia stato il Podestà o il Capitano sia punito a 500 libre di denaro, se sia stato un altro officiale cittadino, o un “forense” <forestiero> sia punito con 300 libre di denaro e costui debba essere rimosso in entrambi i casi con infamia dall’officio suo e sia infame. Se, in realtà, un’altra persona particolare abbia fatto le dette cose, sia punito a 200 libre di denari con infamia.

2 Rub.19 – I Regolatori, il loro officio, le entrate ed uscite del Comune, e i Revisori dei conti del Comune e il loro officio

   L’ officio dei Regolatori del Comune e del loro Notaio sia questo cioè questi Regolatori ed i loro notai, dopo fatta la loro elezione, debbano fare il giuramento di esercitare legalmente e bene il loro officio e debbano stare e rimanere nel palazzo dei signori Priori nelle ore congrue e dovute, oppure in un luogo congruo e decoroso per dovere esaminare i debiti che di fronte a loro venisse chiesto che vengano soddisfatti e pagati dal Comune. E dopo che su ciò abbiano fatto la disamina e la decisone, si proceda con questa procedura, cioè dopo che questi signori Priori e il Gonfaloniere hanno esaminato il debito o altra cosa, qualora a loro sembrasse opportuno di concedere la bolletta su ciò, allora essi, con un loro mandato, debbano fare scrivere, di mano del Notaio dei signori Priori, la bolletta su questa decisione. E infine questa bolletta così dichiarata e scritta venga mandata ai Regolatori anzidetti, e questi Regolatori infine, dopo esaminato il debito richiesto e dopo che essi hanno dichiarato, tutti insieme, che il debito debba essere soddisfatto dalla Comunità ritualmente e ragionevolmente, e dopo fatta tra di loro questa decisione, siano obbligati e debbano far registrare questa bolletta dei signori Priori e del Gonfaloniere, sottoscritta di mano del Cancelliere dei signori Priori e del Gonfaloniere, e la fanno registrare e sottoscrivere ad opera del loro Notaio, e sottoscritta così, mandarla al Notaio del registro che la debba registrare. E questa ‘bolla’ registrata sia assegnata al Banchiere del Comune di Fermo che la tenga e la registri e infine la mandi in esecuzione, come è contenuto in essa, per soddisfare questo debito ed estinguerlo. E questi Regolatori e il loro Notaio siano obbligati ad avere presso di loro e tenere i registri degli officiali del Comune e i registri degli stipendiari del Comune e ad opera del Comune di Fermo si dovrebbe dare a questi officiali e stipendiari qualcosa a titolo di salario dal Comune; in modo tale che quando i debiti del Comune saranno esaminati, si possa vedere e conoscere pienamente se il debito chiesto è giusto, o no, e se l’officio o le cose per cui questo salario è richiesto, è stato compiuto dal richiedente o no. E qualora a questi risulterà chiaro e manifesto che questo officio è stato adempiuto, venga concessa la bolla; in caso diverso, no. E questa procedura sia mantenuta nel dovere esaminare ogni altro debito di questo Comune, cioè che il debito risulti che è liquido. E dopo fatta la decisione da parte loro sul dover concedere la ‘bolla’, il detto Notaio sia obbligato a scrivere in un solo registro che questo debito è stato dichiarato da doversi pagare. E dopo fatta e concessa questa ‘bolla’ (come è stato detto) per questo debito, cancellare questo debito e scrivere ivi come questa ‘bolla’ è stata concessa per pagare questo debito. Si debba fare diligentemente un’indagine nell’esaminare i debiti, e investigare prontamente e cautamente attraverso ogni via, nel miglior modo come si potrà, prima di concedere questa bolla <considerando> se il debito che è chiesto esista ovvero sia stato soddisfatto altra volta, se debba essere soddisfatto, o no, e se venga chiesto per giusta causa o non giusta. E qualora abbiano scoperto oppure altra volta abbiano ricevuto informazioni che qualcuno chieda qualche debito, già pagato o soddisfatto, siano obbligati e, sotto valore del giuramento fatto e sotto pena di 25 libre di denaro per ciascuno di questi stessi, debbano denunciare, senza ritardo, questa cosa al signor Capitano del popolo oppure ad un altro Rettore. E questo signor Capitano o il Rettore debba fare indagine contro quel tale chiedente e condannare il tale scoperto colpevole, fino alla somma di 100 libre, e più oppure meno, a suo arbitrio, considerando la qualità e la condizione della persona, e la quantità del debito pagato due volte. In questo caso non si applica lo statuto sulla pena per chi chiede un debito già pagato, posta nel registro dei reati. E quando viene concessa qualche ‘bolla’ per il salario di qualche officio del Comune per un officiale, il Notaio dei Regolatori sia obbligato a scrivere nel registro degli officiali, secondo l’elezione fatta di quel determinato officio in quale maniera è concessa a lui la ‘bolla’ per pagare il salario di tale officio, al fine che si possa meglio sapere in seguito, che questo debito o salario sia stato soddisfatto, affinché non possa essere richiesto né pagato una seconda volta con inganno a danno del Comune. Inoltre questo Notaio sia obbligato a scrivere da se stesso in un solo registro il giorno dell’arrivo e della partenza degli ambasciatori del Comune di Fermo e degli altri che hanno un salario o un salario di diaria o uno stipendio; similmente siano scritti i giorni singoli dell’attività loro, individualmente, nel registro di questi Regolatori, di mano del loro Notaio, al fine che si possa meglio sapere per quanti giorni e in quale maniera si debba concedere loro la ‘bolla’ del salario; e queste bolle non possano essere concesse in un modo diverso. E dopo che la ‘bolla’ è stata concessa, il Notaio scriva vicino lì dove ha scritto gli arrivi e le partenze degli ambasciatori e dei detti nunzi o di coloro che (come già detto) hanno fatto il servizio, per quale motivo questa ‘bolla’ è stata concessa per questo salario. E allora siano cancellati questo debito e i giorni detti, al fine che non si faccia un’altra ‘bolla’ su ciò. E quando si richiedesse qualche altro debito, quanto il salario di qualche officiale o di un ambasciatore, questi Regolatori non debbano concedere la ‘bolla’ se in precedenza essi non hanno visto e avuto l’istrumento, la sentenza, o la delibera del Consiglio in forma pubblica ed estratta dal registro originale del Comune, per quale cosa e per quanto tale debito fosse richiesto. E dopo concessa la ‘bolla’ di tale forma, di fronte a questi stessi, faccia o faccia fare la cancellatura su quell’istrumento di qualunque debito del Comune, sulla sentenza, o sulla delibera in vigore della quale viene fatta la richiesta di qualcosa al Comune. Questo <atto> con cancellatura lo tengano presso di loro e lo pongano e lo facciano porre in una filza. E dopo avere ultimato il loro officio debbano farne la consegna ai loro successori affinché sempre (all’occorrenza) si possa ritrovarlo, sempre tuttavia esaminando, prima che la bolla sia concessa da loro, come già detto, se tale debito sia giusto, o non sia giusto, come già detto. E affinché i Regolatori del Comune non concedano una ‘bolla’ a qualcuno e non facciano cose quando non dovessero farle, facciano fare un solo registro in cui, tramite il loro Notaio, siano scritti i singoli nomi di tutti coloro che devono ricevere qualcosa dal Comune. E non appena è stata concessa la bolla a qualcuno, pongano una cancellatura al debito in detto registro, affinché alcun pagamento non possa essere reiterato. E si salvaguardi la conformità, nelle ‘bolle’ da concedere e nei pagamenti da fare secondo l’ordine di questo registro. E i Regolatori che saranno stati in carica nel tempo, come sopra è espresso, quando abbiano visto che esistono debiti, mostrino queste ‘bolle’ e le concedano. Per le carte, per la cera, per l’inchiostro e per altre cose minute e necessarie al Comune, e su tali cose non si può far risultare alcun istrumento pubblico, né una sentenza, né una delibera, essi possano concedere le ‘bolle’ secondo come sembrerà più utile e meglio per il Comune e per ciascuna singola cosa tra queste stesse. E questi Regolatori debbano eseguire, col vincolo del giuramento, tutte queste cose, sotto pena di 50 libre di denaro per ciascuno e per qualsivoglia caso, quando abbiano trasgredito. Questi Regolatori non possano fare giammai le ‘bolle’ straordinarie dal denaro del Comune se non siano derivate da una delibera della Cernita, ad eccezione delle bolle riguardanti <spese> per la fabbrica e le riparazioni del palazzo, delle strade della Città, delle mura, e per gli oratori o ambasciatori che vengono mandati in Provincia; altrimenti <le bolle> siano totalmente nulle, e i Regolatori e il Notaio loro scrivente incorrano per il fatto stesso nella pena del doppio della somma contenuta nella detta ‘bolla’ <non valida>. E allo scopo che non si commetta una frode nel loro officio, vogliamo che ci siano due registri simili che vanno scritti dallo stesso Notaio nei quali sono registrati questi debiti e uno di questi registri debba restare presso i Priori e il Gonfaloniere del popolo e l’altro presso i detti Regolatori. E senza il consenso e la volontà dei signori Priori e del Gonfaloniere non pussa essere registrato alcun creditore né debitore in questo registro. Se in contrasto a ciò si scrivesse, la scrittura non abbia validità. E dopo ultimato il loro officio, debbano fare il rendiconto del loro officio, come è contenuto nel capitolo sul dovere dei rendiconti degli officiali. Inoltre nessuno dei Regolatori del Comune di Fermo, neanche il loro Notaio, durante il loro officio, non possa né debba acquistare o comperare alcun bene, una proprietà e qualsiasi cosa del Comune, né alcunché pertinente in qualche modo a questo Comune, da se stessi o tramite altri, per nessun titolo, diritto o motivo, in nessun modo, sotto penalità di 1000 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta, da imporsi ad opera del Rettore di Fermo o del loro sindacatore, sul fatto, senza alcun processo, e per questa stessa cosa, qualora abbiano trasgredito, e siano privati e si intendano privati in perpetuo di tutti e i singoli gli uffici e i benefici della Città e del contado di Fermo. E il Rettore di Fermo e il Sindacatore di questi Regolatori e del loro notaio abbiano il mero e libero arbitrio per fare indagine sulle anzidette cose contro costoro e di punire con le dette pene chi abbia trasgredito. Eccetto che per furto e “baratteria” questi i sindacatori non possano essere sottoposti al sindacato su queste cose. Inoltre questi Regolatori debbano essere presenti a tutte e le singole riunioni di Credenza, e ai Consigli, presso i palazzi dei signori Priori e del Gonfaloniere, ad ogni loro richiesta. Inoltre debbono avere cura e sollecitudine per le gabelle e per le altre cose e per i beni del Comune, affinché questi beni non siano amministrati male, né dilapidati. Inoltre siano obbligati e debbano, due volte in ciascun mese, fare la presentazione di tutti e i singoli officiali e degli stipendiati del Comune di Fermo e dei collaboratori dei signori Priori. E dopo fatta questa presentazione, nel successivo Consiglio, subito, debbano far leggere i “puntati” <assenti>, se ve ne sono, e dopo che questi sono stati letti, siano obbligati a dare per iscritto i nomi di questi “puntati” al Notaio del registro e questo notaio del registro, insieme con i Regolatori e con il loro Notaio, debbano esaminare e scomputare tali puntature <degli assenti> dai loro salari o stipendi. E dopo fatto questo scomputo, per mezzo di una ‘bolla’ degli stessi Regolatori, anzitutto facciano registrare questa bolla e dopo aver registrata così questa ‘bolla’, la debbono mandare al Banchiere del Comune. E secondo questa bolla, questo Banchiere debba fare i pagamenti e per nulla in modo diverso, sicché nel dover fare a suo tempo i pagamenti ai Rettori, o agli stipendiati, si consideri quanto debba essere detratto, affinché il commettere frode alcuna non abbia validità. Queste sono le penalità delle puntature <di assenze> cioè per le persone del Podestà e del Capitano e del Giudice di giustizia 100 fiorini d’oro per ciascuno e per ciascuna puntatura, e per il Vicario del Podestà e del Capitano fiorini 50; per il Giudice dei reati fiorini 30; per ciascun milite fiorini 25; per ciascun Notaio fiorini 10; per ciascun damigello fiorini 5, per ciascun collaboratore fiorini 3 e per ciascun cavallo fiorini 4. Le pene in realtà della puntatura degli stipendiati del contado e dei Castelli di Fermo: per ciascuno stipendiato, sia soldato, sia cavaliere, perda la paga di un mese, per chi è riscontrato ‘puntato’ <assente>. Le pene poi di puntatura per gli officiali del contado e dei Castelli di Fermo, per ciascun officiale principale, fiorini 10, per il Vicario o per il Notaio fiorini 5; per ciascun collaboratore fiorini 3. Ma le pene per i Castellani siano fiorini 25 a ciascun castellano. E tutte queste singole pene delle puntature siano assegnate al Comune di Fermo. Inoltre uno solo dei Regolatori insieme con uno solo degli officiali del Capitano del popolo o del Podestà o di altro officiale, vada insieme una volta in ciascun mese almeno a dover fare la presentazione degli officiali del contado e dei Castelli e delle incaricati alle Rocche e degli altri stipendiati che ci fossero nel contado di Fermo e faccia questa presentazione con fedeltà e con diligenza e debba portare in iscritto e far leggere nel Consiglio del Comune tutti quelli ‘puntati’ nel contado. Egli debba segnare gli eletti per il Notaio del registro e per il Notaio dei Regolatori, che li registrino e facciano lo scomputo per mezzo di una loro bolla registrata, come già detto e li pongano nelle entrate del Comune e infine li consegnino al notaio del Banchiere che li registri e li ponga nelle entrate del Comune. E al momento del pagamento del tale Notaio, officiale o addetto alla rocca debba fare la detrazione dalla paga di costui. E ciascun Rettore sia obbligato per gli anzidetti a mandare uno solo dei suoi officiali con uno solo di questi Regolatori, ad ogni sua richiesta, per fare la rivisita di queste Rocche e le presentazioni, sotto pena per ciascun Rettore di 100 libre di denaro quando trasgredisca o quando rifiuti di fare le dette cose, per ciascuno e per ciascuna volta. I Regolatori, in realtà, e il loro Notaio, quando siano stati negligenti in queste cose o in qualcuna delle dette cose, o non abbiano compiuto queste cose o qualcuna di esse, siano puniti con la penalità di libre 50 di denaro, sul fatto, per ciascuno e per ciascuna volta, senza alcun processo. Inoltre tutti i singoli Rettori e gli officiali del Comune di Fermo sono obbligati e debbano praticare tutte le singole cose contenute in questo statuto, con vincolo di giuramento, con penalità di 100 libre di denari per ciascuno e per ciascuna volta quando abbiano agito in contrasto con le cose scritte sotto e scritte sopra o contro qualcuna di queste. E allo scopo non abbia validità che il Comune venga defraudato, si debbano dare e concedere i collaboratori a questi Regolatori per riscuotere le male paghe o altri debitori del Comune, o quelli che tengono qualcosa spettante a questo Comune. E questi Regolatori siano obbligati anche a rivedere, insieme con un officiale del Comune di Fermo e a considerare le fortificazioni delle Rocche e le cose che sono in esse, nel contado, cioè tanto le fortificazioni che vi stanno per il Comune di Fermo, come pure degli incaricati delle Rocche e dei Castellani. E quando vanno alla rivisita di queste Rocche portino con sé una copia dell’inventario della fortificazione di ciascun Castello o Rocca e facciano la relazione al Consiglio speciale per le cose non ritrovate. E il Capitano oppure il Podestà di Fermo, dopo aver preso visione di questa relazione, debbano punire e condannare sul fatto e senza nessun processo colui o coloro che abbiano commesso qualche frode riguardo alle fortificazioni di queste Rocche, con restituzione del triplo di quanto hanno defraudato al Comune e diano punizioni con altre pene, sul fatto e ad arbitrio del Rettore e per la cosa stessa <il colpevole> perda il suo salario e per il resto sia privato di ogni officio e di ogni beneficio del Comune di Fermo. E si faccia fede riguardo alle dette cose alla sola relazione dell’officiale e così si tenga <stabilito>. Inoltre riguardi principalmente l’officio di questi Regolatori <l’incarico> di rivedere e calcolare i registri e i rendiconti dei Banchieri del Comune, e di altri officiali nelle mani dei quali si sa per i soldi, per le cose e per i beni del Comune, entro quindici giorni dopo che la notizia sia arrivate a questi Regolatori e facciano scrivere subito nel loro registro, per mano del loro Notaio, quel calcolo che avranno trovato o deliberato e in ogni caso debbano consegnarlo al Notaio del registro in modo tale che ogni cosa risulti evidente nel registro di registrazione. Questi Regolatori siano obbligati alle anzidette cose, anche il loro Notaio e il Notaio del registro, sotto penalità di 25 libre di denaro per ciascuno di essi, e di fare tale restituzione del danno che è stato patito dal Comune a motivo della omissione di costoro, e di qualsivoglia di questi. E riguardo a tutto quanto è contenuto nel presente statuto e ad ogni altra cosa <dannosa> commessa per opera di questi o di uno di questi, in frode, a danno e a detrimento di questo Comune, questi Regolatori debbono essere sindacati quando hanno ultimato il loro officio, ad opera del Giudice di giustizia o del Capitano del popolo, secondo la forma dello statuto che sta nella rubrica che riguarda il sindacato dei signori Priori del popolo e altro.

2 Rub.20 – L’officio del Banchiere e del suo Notaio

   l’officio del Banchiere del Comune sia tale, cioè che prima di iniziare il suo officio faccia il giuramento corporale di reggere e di esercitare il suo officio bene, fedelmente e legalmente e senza frode e secondo la forma degli statuti del Comune di Fermo e di non venderlo, e dopo ultimato il suo officio fare un rendiconto sufficientemente delle cose fatte da lui nel medesimo officio e debba su ciò presentare idonei fideiussori. Faccia un giuramento simile anche il suo Notaio che sia Notaio pubblico di autorità imperiale o apostolica e debba giurare insieme con questo Banchiere nella sala grande del Palazzo insieme con altri cittadini, di fronte ai signori Priori. Qualora si sia fatto in modo diverso, i signori Priori respingano questo Banchiere e non ammettano questo Banchiere in alcun modo al giuramento. E il Cancelliere non faccia la stipula, né lo accolga, sotto la penalità di 10 ducati per ciascuno dei signori Priori e per il Cancelliere 5 ducati da trattenere sul fatto dal loro salario e da pagare qualora abbiano trasgredito. Essi possano e debbano eleggere ed estrarre un altro Banchiere tra quelli nel bussolo per esercitare l’officio di Banchierato, con un Notaio da prendere e da avere, come già detto. E questo Banchiere sia obbligato anzitutto ad avere la borsa che gli va consegnata a spese del Comune in cui sempre tenga i soldi di questo Comune e non in altra borsa. Inoltre questo Banchiere e il suo Notaio hanno obbligo di stare nel palazzo dei Priori al banco, dove sarà loro ordinato ed esercitare soltanto ad opera propria il loro officio e riporre i registri degli atti del loro officio dentro lo arci-scanno del Comune e non tenere fuori dal palazzo questi registri, né alcuno di questi, neppure portarli fuori dal luogo della loro residenza, né permettere in alcun modo di portarli fuori, neppure scrivere o fare in qualche modo alcuna scrittura né atto pertinente al loro officio in altro luogo, se non in questo detto. E ciascuno, tanto il Banchiere quanto il Notaio abbia il suo registro fatto da sé, in cui scrive le entrate e le uscite dei conti del Comune, e da se stessi e non per mezzo di un sostituto scrivano il giorno, la località, i testimoni in queste scritture; e quanto fatto in modo diverso non ha validità per il diritto stesso, con penalità per chiunque trasgredisca in una delle cose predette di 25 libre di denaro, per qualsivoglia volta. Inoltre il Notaio di questo Banchiere sia obbligato, tutte le volte che in Consiglio sono presentate le sentenze penali <fatte> nella Curia del Podestà o del Capitano, a stare presente per dover ascoltare queste sentenze insieme con il Notaio del Rettore che le legge e tenere nelle mani una pergamena di queste sentenze, scritta di mano del Notaio che legge nelle pergamene in quel momento; e dopo che la sentenza è stata proclamata la debba prendere con sé e riporla nel detto arci-scanno, sotto pena di 10 libre di denaro per ciascuna volta. E le sentenze penali non possano essere né presentate, né lette senza la presenza e la richiesta del detto Notaio, sotto pena, per ciascuna volta, di 100 libre di denaro per ciascun Rettore e per l’officiale che trasgrediscano e 100 denaro per il Notaio per ciascuna volta che le leggesse in modo diverso. E il Rettore o l’officiale che presenta le sentenze e il Notaio che le legge, qualora non abbia presentato le copie di queste sentenze, quando così queste sono lette o fatte conoscere, né le abbia date a questo Notaio del Banchiere, sia no puniti con la pena, per ciascuna volta, di 200 libre di denari; ma per il Notaio che legge la pena sia di 25 libre di denaro, per ciascuna volta. E il Banchiere e il suo Notaio facciano insistenza sollecitando che queste sentenze pubblicate siano messe in esecuzione. Inoltre questo Banchiere sia obbligato a custodire e a salvaguardare con diligenza e fedeltà, tutti i soldi e le cose pertinenti al Comune che dalle condanne e da altri modi siano pervenute nelle sue mani. Questo Banchiere e il suo Notaio, di mano propria, ciascuno nel suo registro, senza intervallo di tempo, debbono fare la registrazione delle entrate dei conti del Comune, nel modo e nella forma indicati sopra, sotto pena di 100 libre di denari per ciascuno e per ciascuna volta. Questo Banchiere non possa fare alcuna dichiarazione né contenuto dei soldi né di cosa che riguardasse il Comune, senza l’intervento di un pagamento manuale e della consegna, sotto penalità, per qualsivoglia volta e per ciascuno di loro di 100 libre di denaro  per il Banchiere e per il Notaio che scrive ciò, da esigersi sul fatto anche durante il loro officio, ad opera del Rettore o del Giudice di giustizia della Città di Fermo. E quello che venisse fatto in maniera diversa, non ha validità per il diritto stesso. E questo Banchiere non possa dare né pagare alcuna cosa né una somma di soldi di questo Comune o pertinenti a questo Comune a nessuno, se precedentemente non ha visto la bolla e il mandato dei signori Priori e del Gonfaloniere che sia scritta di mano del loro Notaio e segnata con il loro sigillo e approvata poi dai Regolatori del Comune, e al riguardo sottoscritta di mano del Notaio e ad opera di costoro dotata di sigillata, e contenente scritta la somma o la cosa e il motivo, anche la persona a cui si facciano la consegna o il pagamento, e dopo che questa bolla sia stata vista e sottoscritta dal Notaio del registro. In realtà non possa ricevere cosa alcuna né somma di soldi che siano pertinenti al Comune o di questo Comune in altro modo se prima non ha avuto la ‘bolla’ dei signori Priori, e del Gonfaloniere, scritta di mano del loro Notaio e sottoscritta solennemente e dotata di sigillo almeno con il loro sigillo piccolo e contenente <scritta> la somma o la cosa. E lo stesso Banchiere dopo ricevuta questa bolla, sia obbligato a scrivere di propria mano sotto questa stessa che ha ricevuto, e in quale giorno, la somma o la cosa ivi contenuta, e infine rimandarla al Notaio dei Regolatori e del registro, che la debbano registrare. E poi dopo che è stata così registrata egli la debba mandare al Notaio dei signori Priori che la debba subito mettere nella filza e conservare. Il Notaio del Banchiere debba registrare queste bollette che contengono le cose predette, aggiungendo solennemente il giorno della presentazione. Questo Banchiere infine debba mandare in esecuzione le cose contenute in essa. E lui stesso, come anche il suo Notaio, ciascuno sia obbligato a scrivere di propria mano nel suo registro le cose ricevute, date e pagate nei conti del Comune. E non sia lecito al Notaio nel fare la registrazione, né al Banchiere nel pagare e nell’eseguire secondo quanto contenuto in una bolletta sottoscritta, di cambiare l’ordine degli atti o delle scritture, posporre o mutare, sotto pena di perdita dell’officio e di 100 libre di denari per chi trasgredisca e per ciascuna volta, nei singoli casi anzidetti, da esigersi sul fatto. E se questo Banchiere non avesse di che soddisfare (in pagamento) quanto contenuto in tali bollette registrate, come già detto, il suo successore sia obbligato ad eseguire le dette cose secondo l’ordine delle scritture del suo predecessore, quando <la somma> sarà giunta nelle sue mani, dai soldi e dall’avere dal Comune. Il Banchiere comunale non possa spendere alcunché né pagare per le migliorie di qualche palazzo, dell’ospitalità, della masseria o di alcun’altra cosa del Rettore o di un officiale del Comune, senza la ‘bolla’ solennizzata nel detto modo, altrimenti restituisca dal proprio <avere>. E qualora risultasse che abbia speso a nome del Comune più di quanto stia nell’entrata che gli sia pervenuta per il Comune, venga imputato a lui stesso, a propria perdita. Egli non ammetta alcuna delega da nessuno, né una compensazione di alcun debito a cui il Comune fosse stato obbligato, per qualsiasi ragione o causa, ad eccezione di qualcosa (?) per cui il Comune fosse stato obbligato a risarcire quel tale, oppure chi delegasse a nome suo proprio o ereditario: in questo caso egli possa e debba farlo, dopo aver rispettato la solennità della detta bolla; con penalità per il Banchiere che trasgredisca in qualche cosa, di 100 libre di denaro per ciascuna volta. E quello che sia stato fatto in modo contrastante, non abbia validità per il diritto stesso. Aggiungiamo inoltre che questo Banchiere non osi, né presuma prelevare, spendere, né toccare senza una delibera della Cernita i denari dell’assetto <provviste> del contado, se non per il pagamento delle taglie. E se i signori Priori o i Regolatori lo comandassero, egli non sia obbligato ad obbedire; ma chi trasgredisca venga privato degli uffici e dei benefici per il fatto stesso e sia anche messo in carcere per riconsegnare e restituire i soldi prelevati dall’assetto. E da qui non sia scarcerato fino a quando non avrà ridato i soldi e abbia pagato per queste taglie da soddisfare. Questo Banchiere sia obbligato e debba pagare i soldi degli assetti per gli assetti, quelli delle arti per le arti, le cose ordinarie per le cose ordinarie, le altre cose per altre cose, secondo come sarà stato l’ordine, e pagare tutte le ‘bolle’ ordinarie e non straordinarie, senza una delibera della Cernita, sotto la pena predetta di privazione, con questa espressa dichiarazione che nel tempo del suo rendiconto da fare e da calcolare, i Regolatori non ammettano in alcun modo tali bolle straordinarie pagate, ma si intenda che il Banchiere stesso le abbia pagate con i suoi propri soldi. E qualora a motivo del prelievo da fare dei soldi dell’assetto, ad opera di questo Banchiere, avvenissero esecuzioni e corressero spese al Comune, allora ricadano sul detto Banchiere che sia obbligato e costretto a pagare dai suoi propri soldi dette spese e le esecuzioni da fare in occasione del pagamento delle taglie. E dopo che ha ultimato il suo officio non possa né debba scrivere né aggiungere nulla nel registro o bastardello, sotto pena di 50 ducati. E neppure il Notaio dei Regolatori faccia alcuna aggiunta nel registro. E questo Banchiere non possa, né ad opera sua, né tramite altri, comprare o ricevere da alcuno qualsiasi qualche diritto contro il Comune, né valga a prendere o trattenere <per sé> qualcosa dai soldi e dall’avere del Comune, a motivo di cosa acquistata o ricevuta o acquisita, sotto pena di cento libre di denaro per ciascuna volta. E tutto quello che sia stato fatto in modo contrastante non abbia validità per il diritto stesso. Egli perda il costo e restituisca quanto ricevuto o trattenuto del Comune, e il restituito sia assegnato al Comune. Su queste cose possa essere accusato da chiunque. Inoltre il Banchiere e il suo Notaio, durante il loro officio, non possa, ad opera propria né tramite altri, comprare o ricevere nessuna gabella del Comune o qualsiasi altra cosa o diritto del Comune, né cosa pertinente al Comune, né acquisirla, con nessun titolo o aspetto, sotto pena di 100 libre di denaro da riscuotere sul fatto da chiunque trasgredisca, per ciascuna volta, senza processo e perda la spesa insieme con la cosa o il diritto per il fatto stesso. Inoltre questo Banchiere paghi il salario al Podestà, al Capitano e a ciascun altro officiale del Comune, a ciascuno di questi, nel seguente modo: cioè la terza parte al termine dei primi due mesi, un’altra terza parte alla fine dei successivi due mesi, e la restante terza parte al termine del suo sindacato. E dopo ultimato questo sindacato e dopo fatto il rendiconto, se non avvenisse una condanna, sia fatto il pagamento, ma ricevendo prima, da questo Banchiere e dal Notaio del registro, a nome del Comune, la quietanza totale e sufficiente e finale, fatta da questo Rettore o dall’officiale per quanto potesse chiedere in occasione del salario del suo officio, diversamente si intenda che avesse pagato con i soldi propri. Inoltre questo Banchiere e il suo Notaio, non possano ricevere soldi o cose, né chiederli per una bolletta che abbia dato a qualcuno e l’abbia fatta nel far fede al Rettore o a un officiale sulla condanna che qualcuno abbia pagato, o per qualsiasi altra bolla o scrittura che abbia dato nel suo officio o abbia fatto. Ma piuttosto sia obbligato ciascuno di essi, gratis, a dare subito gratis e fare la bolla <ricevuta> di tale pagamento, e delle altre cose opportune, su richiesta o domanda di un tale solvente e di colui a cui spetta, sotto pena di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Questo Banchiere non riceva né faccia ricevere alcuna ricompensa, né dono, né premio o regalo ospitale da qualche persona alla quale il Comune o il Banchiere per il Comune dovesse qualcosa, per pagare tale debito, o per sbrigare il pagamento o per qualche altra occasione o motivo o ragione del suo officio; e se abbia trasgredito ad opera sua o tramite altri, prendendo qualcosa o trattenendola in qualche modo o per un colore qualsiasi richiesto da parte di colui con il quale il Comune fosse in debito per qualsiasi causa o su altro a nome di lui, sia punito ad opera del Podestà o del Capitano, anche durante il suo officio, o dopo, o anche ad opera del Sindacatore, per ciascuna volta, a libre 100 sul fatto e senza processo alcuno e tuttavia qualunque cosa abbia ricevuto o abbia tenuto nella detta occasione la debba lasciare e in più oltre a questo pagare il doppio al Comune e venga costretto a consegnarla nel predetto modo e per il resto sia escluso e privato in perpetuo, per ciò stesso, di ogni e singolo officio della Città e del contado di Fermo in perpetuo. E non si possa può fare appello, querela, reclamo, supplica di restituzione all’intero, o trattare di nullità o fare opposizione per la sentenza che si debba emettere, né per la pena da imporre per le dette cose contro questo Banchiere e il suo Notaio. E ciascun Rettore della Città di Fermo abbia libero arbitrio di fare indagine, investigazione e punizione e condannare i predetti sulle dette cose, sul fatto, senza processo alcuno. E le cose che contro costoro saranno state fatte o stabilite

 su ciò per qualcuna delle dette occasioni, il Rettore o l’officiale che stabilisce o fa in tal modo non debba o possa essere sindacato, né stare al sindacato se non soltanto per furto e “baratteria”.

 E qualora capitasse che si faccia una procedura sulle dette cose contro questo Banchiere, durante il suo officio e sia stato punito e condannato, venga deposto dal suo officio, per ciò stesso, e faccia il suo rendiconto al Comune entro il terzo giorno e chiunque sia considerato come legittimo accusatore e denunciatore sulle dette cose e sia tenuto segreto, e venga praticato per le cose passate, presenti e future. E questo Banchiere, anche il suo Notaio, abbiano dai soldi del Comune il salario consueto che lo stesso Banchiere validamente tiene per sé dai detti soldi, tuttavia interponendo la solennità della detta bolletta. E sia obbligato entro i detti tre giorni dall’ultimazione del suo officio, a riconsegnare ai Regolatori i suoi registri e le dette bollette dei conti anzidetti; e qualora entro tali tre giorni non lo abbia fatto, sia punito a libre 100 di denaro ad opera di qualsiasi Rettore. E dopo visto e fatto il rendiconto della sua amministrazione, ad opera di questi Regolatori deputati a ciò, i detti registri con le bollette dei pagamenti fatte dallo stesso Banchiere, debbano essere siano riposti in un sacchetto, tra le altre scritture del Comune. E qualora questo Banchiere, o il suo Notaio in questo loro officio abbiano commesso qualche frode in tale suo officio, in contrasto alla forma di questo statuto o di altri statuti che riguardano il suo officio, sia punito a libero arbitrio del Podestà, del Capitano, o del sindacatore, anche sul fatto e senza processo alcuno, considerando la qualità di reato, facendo salvi comunque gli statuti e le dette pene. Chiunque sia considerato legittimo accusatore e denunciatore riguardo alle dette cose. E questi Rettori possano fare indagini e investigare con libero arbitrio, anche senza praticare nessuna solennità, anche punire e condannare, come già detto. E ciascun Banchiere sia obbligato a tenere la copia di questo statuto, affinché l’allegare l’ignoranza sulle dette cose non sia valido. Inoltre nella mattinata quando i signori Priori e il Vessillifero di giustizia consegnano le chiavi e i sigilli del Comune ai loro successori nel loro officio, questo Banchiere sia obbligato ad mostrarsi, subito dopo fatta la riconsegna da parte di questi signori Priori e del Gonfaloniere, alla presenza di questi signori e di fronte a tutti gli astanti in questa consegna, e dica al tale successore nel suo officio, pubblicamente e apertamente: “Io consegna a te, tale, mio successore la borsa in cui è consuetudine che siano tenuti i soldi del Comune e in questa restituisco le rimanenze restituisco a te, cioè ‘tanti’ che stanno in questa borsa”. E qualora non ci sia alcun avanzo, allora consegna questa borsa vuota a lui e dica che a se stesso non avanza nulla, in modo che ivi a tutti gli astanti giunga la notizia se c’è qualche avanzo o no. E il Notaio del Banchiere successore sia obbligato a scrivere questa riconsegna di questa borsa, con ordine all’inizio del registro della sue entrate; poi questo Banchiere che abbia ultimato così il suo officio, e riconsegnato la borsa in tale modo, anche il suo Notaio siano obbligati, entro il terzo giorno a restituire e riconsegnare, ai Regolatori di questo Comune, quei registri delle entrate e delle uscite e di tutti i conti di questo Banchiere, in modo che sia visibile chiaramente la contabilità e si possa esaminarla. E qualora, nel rendere la contabilità, si sia riscontrato che questo Banchiere non abbia riconsegnato tutto intero il residuo dei soldi da restituire, nel momento della riconsegna di questa borsa, sia obbligato al doppio di ciò che avrebbe dovuto riconsegnare, se fosse obbligato allorquando ha riconsegnato la borsa e oltre a ciò sia punito ad arbitrio del sindacatore.

2 Rub.21 – L’officio dei Consoli dei Mercanti.

   Questo sia l’officio dei Consoli dei negozianti per l’officio del consolato e del loro Notaio, cioè questi Consoli e il loro Notaio debbano stare continuamente nelle ore congrue, nel luogo consueto per il rendiconto e per conoscere ed ultimare tutte le questioni che vertono tra qualsiasi persone, sia cittadini e forestieri in occasione di un acquisto o di una vendita di mercanzie di cose mobili tanto prodotte, quanto da produrre, attraverso il mare o per terra ad opera di chiunque, e di qualsiasi quantità siano e tutte le altre questioni per qualsiasi motivi fino alla somma di 100 soldi di denari soltanto; purché la parte attiva giuri che debba ricevere per questa causa una somma non maggiore per non fare la divisione della somma per la stessa causa, e affinché non si commetta una frode in questa giurisdizione e sempre si consideri quel che è dovuto e non quello che viene richiesto. E quanto sia fatto in maniera difforme non abbia validità né regga per il diritto stesso. Nelle altre questioni poi o nelle altre cause questi Consoli non possano intromettersi né abbiano validità le inchieste su di esse, né abbiano giurisdizione, se non quando spontaneamente i litiganti vorranno convenire alla loro presenza e spontaneamente faranno la lite e daranno le risposte di fronte a loro; e di queste cose che si dibattono di fronte a loro, possano fare inchieste e definirle in modo sommario, semplice e pacatamente, senza rumore e senza parvenza di processo, omettendo qualsiasi solennità e essenzialità, ma solamente con lo scoprire la verità del fatto. E siano obbligati a decidere tutte le cause vertenti di fronte a loro, delle quali fanno le inchieste, senza il consenso delle parti e debbano ultimare entro 25 giorni da calcolare dal giorno della prima citazione, sotto pena di 25 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Entro questa scadenza decidano le cause di cui hanno cognizione per spontaneo consenso, se sono di prezzo di 25 libre di denaro o meno di questo, ciò sotto la detta penalità.  Nelle altre <cause> poi mantengano il modo ordinato e le scadenze ordinate delle cause civili ordinarie che stanno nel registro delle cause civili. Questa scadenza nella Curia di questi Consoli decorra dal giorno della concessione della contumacia in tutti i giorni anche festivi che non siano di culto in onore di Dio; purché a questi sia sempre chiaro, riguardo a queste cose, e manifestato per mezzo di un istrumento o di una scrittura, di mano del debitore o del promettitore della somma, o di qualche cosa, o per mezzo della confessione della parte, o tramite i testimoni, o per mezzo della prova semi-completa e tramite il giuramento della parte di colui dal quale questi Consoli dei negozianti considerano opportuno debba farsi. E il Podestà o il Capitano, in carica nel tempo, siano obbligati e debbano mettere in esecuzione le sentenze e i precetti pubblicati e fatti ad opera di questi Consoli secondo la giurisdizione degli stessi Consoli, costringendo la parte condannata in maniera reale e personale, come sembrerà più e conveniente a questi signori Rettori o ad uno di costoro che mettono in esecuzione i precetti o le sentenze. Nell’esercizio di questo loro officio questi Consoli possano imporre le pene e i bandi fino alla somma di 25 libre di denaro inclusivamente o meno di ciò, in considerazione della quantità e della qualità del fatto e della faccenda della causa. Il Podestà il Capitano o uno di loro è obbligato a fare l’esecuzione di questi bandi imposti e da imporre ad opera di questi Consoli e a prelevare alla parte disobbediente, su richiesta di questi Consoli o della parte a favore della quale si fanno le cose predette, e dopo trascorsi 10 giorni dal giorno del precetto fatto, costringere e far costringere questi disobbedienti nel palazzo e la loro famiglia mandare il balivo del Comune a catturare colui o coloro che gli stessi consoli hanno voluto ed hanno dichiarato per questi debiti da pagare o per i bandi imposti nelle occasioni dette sopra, secondo la loro sentenza e il loro mandato. E questi Consoli siano obbligati a fare e a far fare le cose predette e a farle fare, adempierle e metterle in esecuzione, come detto sopra, e essi stessi e il loro notaio debbano esercitare bene e legalmente questo officio, ed agire senza frode, e senza alcuna malizia e secondo la predetta maniera e se procedessero in modo differente non c’è validità giuridica per il diritto stesso. E questi Consoli ed il loro Notaio all’inizio del loro officio debbano fare il giuramento di esercitare bene e legalmente questo officio e non possano avere alcun salario, né debbano averlo dal Comune né da persone speciali, se non secondo le scritture che sono fatte in occasione di questo officio e percepire in questo officio secondo il modo e la forma trasmessa nel capitolo sul salario dei notai delle banche civili di questa Città. Questo salario poi o guadagno venga diviso tra questi Consoli e il loro Notaio e ciascuno con la sua rata. E questi Consoli e il loro Notaio siano eletti in questo modo, cioè ci sia un sacchetto in cui si ripongono tre marsupi e in uno di questi si ripongono sei cedole in pallottole di cera e in ciascuna di queste pallottole <di nomi> siano posti un avvocato o procuratore collegiale e matricolato, ed un negoziante, e un Notaio tra la contrada Castello e la contrada Pila; in un altro marsupio siano poste altre sei cedole nelle predette pallottole e in ciascuna di queste è posto un avvocato o procuratore collegiale, come detto sopra, e un negoziante, e un Notaio tra la contrada San Martino e la contrada Fiorenza; e la stessa forma e modo si pratichino per la contrada San Bartolomeo e Campoleggio. E questo ordinamento si faccia ad opera dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia e di due buoni uomini per <ciascuna> contrada. E questi Consoli e il Notaio siano estratti da questo sacchetto, finché durano queste cedole. Dopo finite queste, se ne fanno altre di nuovo nella forma e nel modo predetti. E le autorizzazioni delle tenute date e da darsi e da riceversi hanno validità d’autorità dei Consoli a favore dei creditori contro i debitori e queste tenute si tengano per l’autorità del presente statuto, e tali tenute siano messe in esecuzione come si trova scritto più ampiamente nel capitolo sulle licenze e sulle tenute. E questo statuto presente sia e debba essere preciso e deroghi per ogni altro statuto fatto, e provvigione e delibera fatte. E questi Consoli sono obbligati e debbono in tutto e per tutto adempiere questo statuto e non immischiarsi in altre questioni su cui non fanno indagine, secondo la forma del presente statuto. E se contravvenissero alle cose contenute nel presente statuto, ciò che facessero non abbia validità giuridica per il diritto stesso, e gli officiali del Comune non sono obbligati ad esecuzione le cose estranee a tale giurisdizione che si facessero. E questi Consoli siano obbligati ad esercitare il proprio officio da sé stessi, né lo possono affidare ad altri; tuttavia tra di loro uno può affidare a un altro Console la commissione di indagine sulle cause vertenti di fronte a loro esclusivamente, fino alla sentenza. Questi due poi sono obbligati a dare insieme le sentenze definitive e a pubblicarle; e si facesse diversamente la sentenza non ha nessuna validità, in qualsiasi modo. Aggiungiamo che il loro Notaio sia obbligato e debba registrare e annotare tutti i loro atti e le sentenze nel registro da farsi nel tempo di ciascun officio dei Consoli e dopo ultimato il tempo dell’officio dei detti Consoli, il Notaio restituisca il predetto registro pubblicato al Notaio dei Regolatori. E il Notaio dei Regolatori sia obbligato, senza alcun compenso, a mostrare questo registro a chiunque pensa di essere interessato per le sue cose, tutte le volte che costui vorrà vedere e leggere questo registro.

2 Rub.22 – L’officio del Massaro che debba provvedere e rivedere le masserizie e le fortificazioni del Comune

   Sia e si intenda Massaro del Comune della Città di Fermo colui che è e sarà in futuro, il Sindaco del Comune per le faccende; sia e si intenda il suo Notaio chi è e sarà eletto per l’officio del registro del Comune. Questo Massaro sia obbligato e debba fare scrivere a questo Notaio tutte le cose e le suppellettili del Comune che stanno e che staranno nel palazzo dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, del signor Podestà, del signor Capitano o del Giudice di giustizia o di qualsiasi altro officiale forense di questo Comune, il quale avesse cose e alcune suppellettili dai beni e dalle cose di questo Comune e gliene debba far fare gli inventari, e assegnarle ai signori Priori e agli altri predetti officiali, nel primo giorno quando entrano nel palazzo di loro abitazione, con un rogito del notaio. E nel tempo in cui questi officiali debbano ultimare, uscendo dal palazzo, debba riscuotere da costoro il rendiconto di tali cose e suppellettili già dette e da loro debba riprendere le predette cose illese. Qualora questi signori Priori e il Podestà il Capitano o il Giudice di giustizia o gli altri officiali predetti non restituissero intatte le cose date e consegnate a loro, tramite questo Massaro, essi sono obbligati a rimediare e farle rifare spendendo il salario proprio loro. E il Sindaco che farà il sindacato di costoro o di qualcuno di essi, a richiesta del detto Massaro, nel tempo del sindacato, sia obbligato a far ristabilire le dette cose da quel tale officiale che non ha restituito le cose già dette, o non restituisce dal salario di questo tale officiale e a spese di tale officiale le cose che ha perdute o rovinate. E si faccia l’acquisto di altra cosa che sostituisce quella perduta o rovinata e sia stabilita di nuovo, in modo che le cose e le suppellettili del Comune siano sempre mantenute e amministrate. Qualora questo Massaro o il suo Notaio risultassero negligenti in qualcuna delle cose dette, e qualora si perdesse o si distruggesse qualcuna delle suppellettili e non si facesse il recupero da parte di questi officiali, come detto sopra, per loro negligenza, oppure non lo esigessero, incorrano nella pena di 10 libre di denaro per ciascuna volta e per qualsiasi cosa o suppellettile predetta e per ciascuno di essi, e tuttavia siano obbligati al recupero di queste cose o suppellettili perdute o distrutte, a proprie spese. E il successore di questo Massaro sia obbligato ad riscuotere il rendiconto dal suo predecessore o vedere gli inventari fatti ad opera del predecessore suo, con rogito notarile, e averne da lui la consegna, in modo che, con chiarezza e apertamente, si veda per difetto di chi le cose e le suppellettili siano perse o rovinate oppure non siano state chieste o richieste da questi officiali; e siano obbligati a queste penalità e al predetto recupero.  

2 Rub.23 – L’elezione dei Notai dei Tribunali dei giudici civili e degli appelli e il loro officio.

   In questo modo i notai dei banchi per gli atti civili e per gli appelli siano eletti e tale sia il loro officio, cioè ogni Podestà all’inizio del suo officio o governo, nel Consiglio dei 150 faccia eleggere alle “scarfine” <controlli>, secondo il solito modo, quattro notai per ciascuna contrada, buoni, esperti e legali, di età minima di 25 anni. Questi notai devono sedere e stare presso i banchi delle cause civili insieme con il Podestà e con i suoi Giudici. Due di questi siano notai degli appelli con il Capitano e con il suo Giudice oppure con il Giudice di giustizia e degli appelli se non ci sia il Capitano. E quelli che sono stati scelti per le cause civili, non possono stare all’ufficio degli appelli e viceversa i notai degli appelli non possono stare, né esercitare l’officio delle cause civili, durante detto tempo. E colui che ottenesse questa “scarfina”, non può trattenerla per sé se non è un Notaio buono, esperto e legale; ma, come è stato detto, eleggere un altro Notaio buono, esperto e legale. E il loro officio duri sei mesi, cioè dall’inizio dell’officio del Podestà fino alla fine del suo officio. E Nessuno possa eleggersi per questo officio se non sia da almeno dai precedenti venti anni, tra i Cittadini e abitanti della Città di Fermo, lui stesso, il padre e il nonno e se non abbia almeno l’età di 25 anni, come già detto. E qualora qualcuno trasgredisce, sia facendo l’elezione, sia accettandola, paghi la penalità di 10 libre di denaro. Questi notai possano stare al servizio in questi uffici tramite un Notaio sostituto, parimenti notaio buono ed idoneo ed esperto e legale, il quale giuri di esercitare questo officio bene e legalmente. E scrivere bene e fedelmente tutte le scritture pertinenti e spettanti il loro officio, per le quali saranno richiesti. Inoltre chiunque di questi notai, sia di atti civili sia di appelli, sia obbligato e debba fare il calendario nei propri registri, cioè scrivere tutti i giorni di attività giuridica e quelli di riposo, con il motivo per cui sono di riposo. E qualora contravvenga, sia punito sul fatto, ciascuno < di essi> e per ciascuna volta a 10 libre di denaro e per il resto durante questo tempo di sei mesi non possano sedere né stare presso i detti banchi.

2 Rub.24 – L’officio dell’Avvocato e del Sindaco del Comune per le cause.

  Ordiniamo che per difendere i diritti e le cause del Comune, anche per compiere e venire a conoscere i diritti di questo Comune, sia eletto un avvocato buono ed esperto e venga stabilito un Sindaco per il Comune, nel Consiglio. E questi sono obbligati a difendere e trattare le cause del Comune sia nell’azione attiva, sia nella difesa. E questo Sindaco e questo avvocato abbiano un mandato speciale e generale per le cause ad ogni atto delle cause, con piena, libera e generale amministrazione sulle predette cose, come se hanno un pubblico mandato sia nell’azione attiva, sia anche nella difesa in una causa principale e in appello. E l’officio di questi dura un anno. E per il loro salario abbiano quello che sarà dichiarato ad opera dei signori Priori e dei Regolatori. E affinché non si commetta frode alcuna nei reati, siano obbligati e debbano vedere e studiare tutte e singole le denunce di reati e le accuse prima che debbano consegnarle tramite i Sindaci o qualunque altra persona, ai Rettori della Città di Fermo, o ai loro officiali e di mano di uno di essi le debbono sottoscrivere e questi non possano riceverle senza questa sottoscrizione. Inoltre siano obbligati e debbano, per coloro che vogliono dare petizioni ai Rettori o ai loro officiali forensi, nel tempo del loro sindacato, mettere a disposizione l’avvocatura, il consiglio e patrocinio, ricevendo la mercede che compete, sotto penalità di perdere il loro salario e essere privati dell’officio quando contravvengono per negligenza o per rifiuto di prestare questo patrocinio. Inoltre questo avvocato e questo procuratore per la difesa di persone povere e miserabili e di altre che non trovano un avvocato o un procuratore, sono obbligati e debbono fare da difensori per queste persone povere e miserabili e per altre persone che non trovano un avvocato e un procuratore, ricevendo la mercede che compete. Qualora non lo facciano e siano negligenti, perdano il salario. A questi Avvocato e Sindaco, allo scopo di renderli maggiormente solleciti per gli interessi del Comune, sia pagato ad opera del Comune un salario in ogni mese. Qualora essi siano trovati fraudolenti in qualche imbroglio, siano puniti nella penalità contenuta negli statuti. E tutti possano fare l’accusa e lucrino la metà di tali penalità e venga tenuto segreto l’accusatore. Inoltre questo Sindaco nel tempo del sindacato del Podestà e del Capitano sia obbligato e debba comparire di fronte ai Sindacatori con una petizione formulata nell’inquisizione generale e darla, chiederla e attivarla e praticare ogni diligenza in essa, in modo tale che il sindacato di questi venga discusso con severità. E questo Avvocato abbia almeno l’età di 25 anni e anche il Sindaco, almeno di questa età. E siano obbligati a scrivere un registro o inventario di ogni singola causa e questione del Comune e lasciarlo ai successori. E chi ha assunto questo officio non possa reiterarlo fino a sei anni, calcolati da quando ha finito il suo officio.

Libro 2

2 Rub.25 – Gli officiali dei Castelli del Comune di Fermo da imbussolare.

Nomi dei Castelli Maggiori

   Poiché è opportuno che i Castelli del Comune di Fermo siano governati con giustizia e ricevano incrementi, sotto la protezione di questa Città, pertanto con questa legge decretiamo che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia che ci sono ora e quelli che ci saranno nel tempo, insieme con i Regolatori, i Capitani dei collegi e dei riformatori, siano obbligati e debbano fare che siano messi nel bussolo quattro uomini per ogni contrada, che siano oriundi dalla Città di Fermo, competenti, idonei ed esperti ad esercitare gli offici e costoro siano tra i più competenti e tra i migliori di ciascuna contrada per i detti Castelli migliori e maggiori e questi quattro uomini così eletti ossia i loro nomi siano posti in un sacchetto o in un bussolo. E i nomi dei seguenti Castelli Maggiori siano posti in un altro bussolo. E ad opera del Gonfaloniere di giustizia venga estratto “alla scarfina” il nome di uno di quelli <che sono stati> posti nel detto bussolo in cui stanno i nomi dei detti quattro <uomini per ciascuna contrada. E poi da lui si estragga dall’altro bussolo in cui stanno i nomi del Castello. E chi capita, costui sia l’officiale, il Vicario, o il Podestà di quel Castello. E si faccia così con ordine fino a quando restano i detti Castelli maggiori. E colui che è estratto in tale modo, come gli capita, sia obbligato a dover dirigere quel Castello, sotto pena di 100 libre di denaro. E il suo officio dura per sei mesi e non oltre, salvo se, alla scadenza, il suo successore non arrivasse, sia obbligato ad aspettare il successore, e il suo officio duri fino all’arrivo del successore suo, e non possa abbandonare l’officio fino a quando il successore non viene. E a costui venga data la paga per la rata del salario e del tempo e debba dirigere il detto Castello secondo gli statuti e secondo la forma dei patti stabiliti tra il Comune di Fermo e questo Castello, ossia con gli uomini di questo Castello. Inoltre costui che è stato così estratto sia obbligato a giurare sui santi Vangeli di Dio, nelle mani di questi signori Priori, che eserciterà questo officio bene, legalmente e fedelmente e senza frode e secondo la forma di tali statuti di Fermo e dei detti patti, a servizio e agli ordini di questi signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia.

   Nomi dei Castelli Maggiori:

Castello di Grotte a Mare, Castello di Petritoli, Castello di Servigliano, Castello di Falerone, Castello o Terra di Monte dei Fiori, Castello di Sant’Angelo in Pontano, Castello di Loro, Castello di Mogliano, Castello di Monte Santo Pietro oltre il Tenna.

2 Rub.26

<Nomi dei Castelli Medi>

 Inoltre i signori Priori, e il Gonfaloniere insieme con i detti signori Regolatori e Capitani delle arti e con i detti riformatori <di delibere>, in maniera simile, siano obbligati a far mettere nelle borse sufficienti nomi di Notai e dei loro operatori e sufficienti per andare negli offici, sia della Città come pure del contado, per esercitare gli offici dei seguenti Castelli Medi. Il loro officio abbia la durata di sei mesi e non di più, a meno che il successore non giunga entro la scadenza, come sopra. E allo stesso modo siano messi in una borsa i nomi dei Castelli medi(ocri) e siano estratti come sopra. E colui a cui tocca sia obbligato, come sopra, ad andare, sotto la detta pena. Né alcuno fra quelli detti sopra e fra gli officiali che saranno detti nel seguito, possa essere riconfermato in qualche officio, sotto penalità di 100 libre di denaro al detto officiale che abbia accettato di essere confermato in qualche officio, tra quelli detti sopra, dei Castelli del contado, e tra quelli che saranno detti in seguito. E i detti officiali dirigano, secondo la forma già detta, agli ordini e nei servizi dei detti signori.

 Nomi dai Castelli medi:

Castello di San Benedetto, Castello di Massegnano, Castello di Campofilone, Castello di Altidona, Castello di Lapedona, Castello di Medio, Castello di Monte Giberto, Castello di Rapagnano, Castello di Torre di Palme, Castello di Belmonte, Castello di Monte Falcone, Castello di Smerillo, Castello di Torre San Patrizio, Castello di Monte Appone, Castello di Gualdo, Castello di Monte Attone, Castello di Marano, Castello del Porto <di Fermo>.

2 Rub.27

   Inoltre i detti signori Priori e il Gonfaloniere unitamente con i detti signori Regolatori e con i Capitani delle arti, e insieme con i riformatori, siano obbligati a far mettere nella borsa altri Notai valenti e capaci, e anche i non notai, purché tuttavia siano capaci a dirigere gli offici sia della Città che del contado. I nomi di questi costoro e dei Castelli Minori scritti sotto siano estratti secondo l’ordine già detto. E a colui a cui tocca la “scarfina” del nome del Castello di qualche officio, sia obbligato a dirigerlo ed a non rifiutare e a non essere riluttante, sotto la penalità di 100 libre di denaro da prelevarsi ad opera del Rettore di Fermo, sul fatto stesso. L’incarico di costoro abbia la durata di sei mesi, come detto sopra, e anzitutto, come sopra, facendo il giuramento e dopo averlo fatto, gestiscano tale officio, come già sopra

Nomi dei Castelli Minori:

Castello di Moregnano, Castello di Moriscoi Castello di Trocchiaro,

Castello di Ponzano, Castello di Monte Guidone Combatte, Castello di Collina,

Castello di San Pietro Morico, Castello di Sant’Elpidio Morico, Castello di Ortezzano,

Castello di Monte Leone, Castello delle Grotte Azoline, Castello di Sant’Andrea,

Castello di Acquaviva, Castello di Petriolo, Castello di Mainardo,

Castello di Monturano, Castello di Francavilla, Castello di Magliano,

Castello di Ripa Cerreto, Castello di Monte Guidone Corrado, Castello di Massa,

Castello di Ripa Verde, Castello di Pedaso, Castello di Buccabianca,

Castello di Belluco, Castello di Castelletta presso Petriolo, Castello di Mercato,

Castello di Morumpadario, Castello di Guardia, Castello di Monte Aquilino,

Castello di Monte Verde, Castello di Partino, Castello di Monte Guarmine,

Castello di Monte Rainaldo, Castello Fermano, Castello Bassio, Castello di Apezzano,

Castello di Alteta, Castello di Poggio di Rainaldo, Castello di Gabbiano,

Castello di Collicillo, Castello di Monte Sicco, Castello di Santa Maria Mater Domini,

Castello di Montone, Castello di Lognano, Castello di Monte San Martino presso Lapedona,

Castello di Monte Aponillo, Castello di Monte Vinardisco, Castello di Poggio Santa Lucia,

Castello di Poggio fuori le Grotte Azoline, Castello di Chiarmonte, Castello sotto Sant’Elpidio,

 Castello di Bucchiano

2 Rub.28 – Gli estratti dal bossolo debbono essere Cittadini Fermani.

   Questi officiali estratti in tale modo per la direzione di detti offici, o di qualche officio, non possano essere eletti, messi i nomi; nelle borse, o estratti per detti incarichi o per alcuno di essi, se non siano già Cittadini della Città di Fermo, o comitativi <abitanti> del contado di detta Città, abitanti di questa Città almeno da 10 anni continui, e almeno durante tale tempo, si segnalino o si siano segnalati per gli obblighi reali e personali al Comune di Fermo. Se qualcuno in verità in contrasto alla predetta formalità, e estraneo alle dette cose essa sia stato estratto, chiamato o nominato a detti offici, o a qualcuno di essi, la sua elezione e la nomina non siano valide. E quando qualcuno sia stato trovato ad esercitare qualcuno dei predetti offici, senza che la detta formalità sia stata praticata, incorra nella penalità di 500 libre di denaro sul fatto stesso per ciascuno di essi e per ciascuna volta: e qualunque cosa fatta da lui non abbia validità per il diritto stesso. E questi officiali che siano stati così estratti per i detti offici non possano né debbano assentarsi dai loro offici, né pernottare al di fuori dei Castelli che dirigono senza apposito permesso dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, sotto penalità di 10 libre di denaro per ciascuna volta, quando abbiano pernottato fuori, e per ciascuno di essi, prelevando sul fatto la pena da essi, e da ciascuno di essi per opera del Rettore di Fermo, da applicarsi sul fatto. Essi possano da chiunque essere accusati e denunciati e l’accusatore o denunciatore abbia la metà della penalità che avrà fatto arrivare in Comune a ragione della sua accusa o denuncia.

2 Rub.29

I Castellani delle Rocche del contado da mettere nel bussolo.

   Decretiamo ed ordiniamo che i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, <ora> presenti e quelli che ci saranno nel tempo, siano obbligati e debbano mettere nella borsa i <nomi di> cittadini della Città di Fermo, che da loro saranno dichiarati idonei per inviarli a custodire le rocche e i fortilizi del contado e del distretto di Fermo. E colui che sia stato estratto per questa custodia, non possa rinunciare, se non per un motivo evidente, che i detti signori Priori e il Vessillifero possano accettare a loro discrezione: ed esistendo il detto motivo, successivamente, venga estratto un altro con la detta modalità, fino a quando sopra a ciò sia stato provveduto. Colui che così è stato estratto possa stare in tale rocca e nei fortiIizi e debba per sei mesi e ulteriormente fino all’effettivo arrivo del successore, ma non oltre. E prima che acceda a tale custodia, egli presenti idonei fideiussori per mille fiorini d’oro ai detti Priori e al Gonfaloniere e al loro Cancelliere riguardo al custodire e conservare tale Rocca e il fortilizio e le fortificazioni in essi esistenti, le cose  che per il Comune di Fermo gli siano state consegnate, per la durata di detto tempo, <con la fideiussione> di riconsegnarle, dopo finito tale tempo, le stesse cose al castellano suo successore, o ad altri secondo gli ordini dei signori Priori e del Gonfaloniere; e se non avrà fatto ciò, egli incorra nella pena dei detti mille fiorini d’oro; che venga richiesta a lui stesso ed ai suoi fideiussori, e che si debba riscuotere a favore del Comune, se si sia trasgredito. E nondimeno a costui messo così di traverso, dopo che abbia agito in contrasto alle dette cose, si faccia l’amputazione della testa dalle spalle, cosicché muoia e tutti i suoi beni siano dati al pubblico dominio. E sia obbligato di andare a tale custodia con i servi e con le difese e con altre cose adatte, e obbligato su richiesta a fare la rassegna di coloro che furono assegnati a ciò. Inoltre nessun officiale e incaricato per la Rocca, o qualsiasi castellano di qualche Rocca, o fortilizio, senza esplicito permesso dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia possa, né debba assentarsi da detto suo incarico, o Castellania, o Rocca, sotto la pena per chi agisca al contrario di 25 fiorini d’oro per ciascuna volta e anche ad una pena maggiore ad arbitrio del Podestà, da prelevargli sul fatto.

2 Rub.30

Il Sindacato dei signori Priori del popolo, del Vessillifero di giustizia, dei Regolatori e dei loro Notai.

   Affinché tutti e singoli coloro che dirigono gli offici del nostro Comune siano validi nel rendiconto plenario della loro amministrazione, e i minori e gli inferiori tutti traggano un buon esempio dai maggiori, decretiamo che i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia e i Regolatori del Comune abbiano un costante sindacato e debbono essere sindacati delle cose che gestiscono e amministrano, di quelle che trascurano e omettono nei loro offici. Ecco il modo: i signori Priori e il Gonfaloniere incaricati nel tempo, nel giorno quando fanno il giuramento del loro officio, siano obbligati a scegliere sei uomini Cittadini idonei, cioè uno per ciascuna contrada e un Notaio capace allo scopo di fare il sindacato dei loro predecessori, insieme con il Capitano o con il Giudice di giustizia di questa Città e nello stesso giorno comunicare a questo signor Capitano o al Giudice i nomi di questi sindacatori e del Notaio. E questo Capitano o il Giudice di giustizia e questi sindacatori dopo che precedentemente abbiano prestato il giuramento nelle mani del Capitano o del Giudice di esercitare l’officio di questo sindacato bene, fedelmente, legalmente, senza frode, dopo aver fatto cessare il rancore e la preferenza, e con incominciare, nel giorno successivo, questo sindacato e sindacare questi signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia con investigare diligentemente e di fare indagine riguardo e sopra ogni e singolo reato, sulle cose commesse, trascurate e omesse da parte di costoro, nel tempo del loro officio contro la forma degli statuti del Comune di Fermo, e qualora essi abbiano riscontrato colpevoli costoro o qualcuno di essi, siano obbligati a punire e a condannare alle pene contenute nel libro degli statuti. Qualora invece riscontreranno che costoro hanno gestito bene e legalmente, siano obbligati ad assolvere. E il tempo o la scadenza di questo sindacato duri otto giorni e non oltre. E questi signori Priori e il Gonfaloniere che ci saranno nel tempo, e questo Capitano o il Giudice, anche questi sindacatori siano obbligati ad eseguire le cose già dette, sotto la penalità di 100 libre di denaro per ciascuno di essi. E questo stesso modo sia praticato nel dover fare il sindacato dei Regolatori e del loro Notaio, alla fine del loro officio.

2 Rub.31

Il sindacato degli officiali dei “forensi” <avvocati>.

   Il Podestà, il Capitano e i rimanenti officiali della Città di Fermo, dopo ultimato il loro officio siano obbligati e debbano, insieme con tutti e i singoli i loro officiali e collaboratori, essere sottoposti al sindacato sulle cose compiute, commesse, omesse e trascurate da parte loro e dei loro officiali e collaboratori, nel tempo del loro officio, e siano obbligati a rispondere per sé, e per questi stessi tutti e singoli e fare il rendiconto dell’amministrazione, della gestione ai sotto-sindaci che debbano essere eletti dai signori Priori che ci saranno nel tempo. E costoro siano Cittadini Fermani e tra essi almeno uno sia dottore in legge. Questi sindacatori debbano mandare una lettera nel territorio del contado e del distretto di Fermo, notificando a tutti i Castelli, alle Comunità e alle persone singolari dei Castelli e dei luoghi del contado, sul sindacato degli officiali da dover fare. Questi sindacatori, affinché si comportino più onestamente in questo sindacato e siano liberi da ogni frode, all’inizio giurino corporalmente, toccando con la mano le Scritture, dopo aver allontanato da essi le paure, le preferenze, le raccomandazioni, il pagamento, ogni altro favore umano, che essi esercitano bene questo sindacato, con giustizia e fedeltà, senza inganno né frode. Inoltre non ricevano nessuna polizza o lettera né richieste se non pubblicamente e apertamente presso il Banco della legge dove a tutti sia lecito parlare e comunicare e allegare i propri diritti; inoltre procedano e amministrino la giustizia e non permettano che vengano lacerate né sottratte in nessun modo le petizioni né le querele che debbono essere presentate di fronte a loro. Questi sindacatori siano obbligati ad adempiere queste cose, ogni singola, sotto penalità di 25 ducati per ciascuno e per ciascuna volta e in ognuno dei detti casi e sotto il vigore del prestato giuramento, come sopra. E questi officiali da sottoporre al sindacato siano obbligati a restare personalmente in Città negli otto giorni di continuo e non partirsene durante questo sindacato, e anche attraverso i procuratori deputati in modo speciale, possano e debbano essere consegnate le petizioni, le citazioni contro costoro e contro i loro officiali e famigli, entro il sesto giorno dopo che hanno concluso il loro officio e dopo fatta la risposta all’inquisizione generale di questo stesso sindacato. Dopo trascorsi questi otto giorni, nel giorno successivo, prima dell’ora terza costoro debbano o essere o condannati o assolti ad opera di questi Sindaci, sotto pena contro questi Sindaci, se non lo avranno fatto, <pena> di 25 scudi da assegnare al Comune di Fermo, e nondimeno l’officiale <giudicato> venga considerato assolto. Ogni Notaio della Città e del contado di Fermo, iscritto in <ruolo> matricola sia obbligato e debba scrivere, a richiesta di chiunque vuole chiedere <di far> le petizioni contro questi officiali, durante questo sindacato e non debbano differirle sotto pena di un ducato d’oro contro ciascuno <di essi> che ricusa e per ciascuna volta, ricevendo tuttavia la mercede che compete per la scrittura. Non sia possibile, né sia valido che si faccia un appello, né un reclamo, neppure chiedere un ricorso, né parlare di nullità, contro la sentenza che debba essere data nel sindacato di qualche officiale, se prima non si è fatto il pagamento di ciò cui fu condannato, secondo la forma del Breve di Pio IV di felice memoria, che fu ottenuto da parte della Città di Fermo come è registrato qui di seguito. Inoltre nessuno di questi officiali possa chiedere né far chiedere che qualcuno di loro sia sottoposto al sindacato durante il tempo in cui esercita il suo officio. E qualora questi Priori presentassero o facessero presentare proposte, incorrano nella penalità di 100 fiorini di oro per ciascuno e qualunque cosa si facesse in contrasto alle dette cose non abbia validità, per il diritto stesso. Aggiungiamo che in questo sindacato i sindacatori possano fare la procedura sommariamente, con semplicità e chiarezza, senza rumore né parvenza di processo, nei giorni anche di feste in onore di Dio, omettendo ogni solennità e sostanza processuale, soltanto dopo aver accertato la verità del fatto, fino ad aver concluso la sentenza. E il presente statuto sia di conclusione ultima e a deroga di tutti gli altri che riguardano il sindacato degli officiali “forensi” che siano in contrasto o al di fuori della forma di questo statuto.

Pio quarto papa

Ai diletti figli i Priori e alla Comunità della nostra Città Fermana.

Diletti figli, salute e apostolica benedizione. Di recente, i diletti figli oratori che avete destinati presso di Noi hanno presentato lamentele. Gli officiali deputati di tempo in tempo nella vostra Città Fermana, dopo che hanno concluso i giorni del loro amministrare, ad opera dei Sindaci <sindacatori>, vengono costretti, secondo i detti statuti e le consuetudini della Città, e secondo le costituzioni nostre provinciali e secondo la forma e il corso degli ordinamenti, a perorare una causa in alcuni giorni e a fare il rendiconto dell’amministrazione. Quando si vedono condannati dalle sentenze dei Giudici, costoro sperando di evadere impuniti, hanno preso l’abitudine di contrastare <le condanne> e chiedono il ricorso ai superiori, e con questa ragione e con tale metodo sfuggono all’esecuzione delle sentenze pubblicate contro di loro, oppure le impediscono e spessissimo fanno in modo che quelli che hanno fatto le querele contro di loro, per la povertà, non riescano a far proseguire queste cause, e affaticati dalle spese, dai travagli del ricorso e degli appelli, siano costretti a disertare il processo giudiziario. Da ciò deriva che i sindacati già detti rimangano impediti e senza punizione e le sentenze pubblicate dai Sindaci contro costoro rimangono trascurate e senza alcun effetto, con gravi danni per gli abitanti della Città vostra e con esempi perniciosi. Secondo i vostri statuti e per mezzo delle costituzioni provinciali, non sia concesso l’appello contro tal genere di sentenze <date> da sindacatori, da eleggersi come d’uso. Neanche alle persone sindacate sia concesso contrastare. Piuttosto, queste sentenze, dopo che sono state pubblicate, debbono essere messe in esecuzione prontamente, facendo cessare ogni ritardo e dilazione, affinché imparino ad esercitare i propri offici con rettitudine, questi officiali che sono certamente consapevoli che avranno a fare il rendiconto in breve tempo dei propri atti compiuti in bene o no, e che siano attenti alla giustizia per timore del giudizio. Questi vostri oratori  ci hanno supplicati umilmente che con benignità apostolica ci degnassimo di togliere questa prava consuetudine e abuso della vostra Città e di provvedere in altri modi per le dette cose a vantaggio del suo Stato. Pertanto Noi che abbiamo cura affinché la giustizia sia amministrata in ogni luogo, con fermezza, rivolgiamo l’attenzione specifica al felice Stato della vostra Città e per mezzo del presente scritto vi affidiamo e ordiniamo che, per l’avvenire, per le sentenze dei sindacatori che debbono essere eletti al <modo> solito, gli statuti che sono stati confermati da parte della Sede Apostolica e le costituzioni provinciali siano messi in pratica completamente, con precisione, nei modi de, e, seguendo la forma e il tenore di questi, e non permettiate che le sentenze di questo genere siano eluse

 con pretesto di nessun appello interposto ad opera di coloro che sono sindacati e che le esecuzioni di esse per nessun accordo siano impedite o revocate, ma procuriate che subito le sentenze siano eseguite ad opera di quei sindacatori per praticare la giustizia secondo il tenore degli stessi statuti e delle costituzioni. Provvediamo tuttavia anzitutto che la parte attiva per la quale la sentenza è stata pubblicata e l’esecuzione sia rimasta eseguita, nonostante qualsiasi appello interposto ad opera della parte attiva, faccia il deposito <della penalità> in modo reale ed attuale per l’esecuzione <che poi sarà> da restituire subito, qualora sarà stata revocata la sentenza condannatoria ad opera de Giudice presso il quale si ebbe il ricorso o ad opera del revisore così dichiarato, in questo caso ciò che è stato depositato fatelo restituire senza ritardo allo stesso officiale. E vogliamo e comandiamo che si faccia in questo modo nonostante le cose messe in precedenza e nonostante qualsiasi contrarietà da costituzione apostolica, ordinamenti, leggi imperiali e da qualsiasi altra cosa. Data a Roma presso San Pietro, sotto l’anello del pescatore il giorno 23 ottobre 1581 anno secondo del Nostro Pontificato.

Glorierio

Rub.32

Il sindacato degli Officiali dei Castelli del Comitato.

 Ordiniamo che chiunque del contado di Fermo sia stato officiale o Rettore in un Castello, in una comunità o Villa, oppure abbia amministrato un altro qualsivoglia officio per il Comune di Fermo, dopo ultimato il suo officio, entro il terzo giorno, si presenti di fronte al Giudice di giustizia ed ai Regolatori del Comune e questi Giudice e Regolatori debbano fare il sindacato su di lui ed riscuotere da lui il rendiconto della sua amministrazione e mandare una lettera al Castello o Villa in cui egli abbia svolto il suo officio in modo che sia lecito a chiunque voglia fare lamentele per tale officio, o chiedere a lui qualcosa per le cose che egli ivi ha compiute e comparire in loro presenza per dire quello che vogliono ed essi siano obbligati di fare una indagine contro quel tale e a investigare sulle cose commesse ivi e sulle cose gestite ad opera di tale officiale o amministratore nel suo officio. E senza clamore, senza parvenza di processo, questi Giudice e Regolatori, siano obbligati entro otto giorni dal giorno in cui l’officiale si sia giustificato, assolvere o condannare tale officiale. Qualora non lo facessero, dopo trascorsi questi otto giorni egli venga considerato come assolto e liberato da questo sindacato. Peraltro non è possibile fare appello contro la sentenza che debba essere da essi promulgata per tale sindacato, né fare reclamo, né parlare di invalidità o fare una diversa querela, né chiedere il rinnovo. E riguardo a questo sindacato, il Giudice di giustizia e i Regolatori non possano percepire nulla da parte del tale officiale, se non quanto per consuetudine si riceve e soltanto ciò che hanno da parte di questi Regolatori, sotto penalità contro chiunque trasgredisca di libre 25 libre di denaro per ciascuna volta e per ciascuno di essi. E qualora questo officiale non si presentasse entro detto terzo giorno dopo l’ultimo giorno del suo officio di fronte a questi Giudice e Regolatori, come già detto, e non desse il rendiconto della sua amministrazione e per quello dell’officio, si intenda che sia venuto meno ai doveri del suo officio e possa e debba essere punito pecuniariamente, ad arbitrio di questi Sindacatori e per il resto si intenda che sia stato privato di tutti singol offici e benefici del Comune di Fermo, in perpetuo.

2 Rub.33

I Banditori del Comune e il loro officio.

   Siano cinque, o più o meno, i Banditori del Comune di Fermo, come i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia e i Regolatori giudicheranno che sia opportuno. E questi banditori abbiano e debbano avere dal Comune di Fermo per loro salario annualmente il consueto salario per ciascuno di loro e ad opera del Comune di Fermo debbono ricevere per vestire un paio di panni per ciascuno di loro, una volta all’anno, nella festa di Santa Maria del mese di agosto. Tuttavia questo vestiario da fare in tal modo per loro sia distribuito come divisa del Comune di Fermo. E quelli che non indossano queste vesti distribuite incorrano nella pena di 10 bolognini per ciascuno e per ciascuna volta. Questi Banditori siano obbligati a stare in servizio stabilmente per questo loro officio, secondo le necessità, per il Comune, nella Città di Fermo e fuori nell’esercito e nella cavalcata, con un cavallo o un ronzino per ciascuno di loro, e secondo i patti stabiliti e le convenzioni fatte e da farsi tra questo Comune e gli stessi Banditori. Qualora qualcuno di essi Banditori non abbia avuto un ronzino o un cavallo e qualora non abbia compiuto le altre cose a cui è stato obbligato, o qualora non abbia espletato il suo officio in maniera fedele, sollecita e legale, non riceva alcun salario dal Comune. E senza l’autorizzazione dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia nessuno di loro vada fuori dal distretto di Fermo per esercitare l’officio della tromba né a usare la tromba presso alcuna Curia o per fornimento o per nessun altro motivo, sotto pena di 10 denari. Questi banditori siano obbligati inoltre a fare il bando di qualcosa, nel modo come ogni volta sarà stato ingiunto a loro da parte del Podestà o del Capitano o dei Priori o del Gonfaloniere di giustizia o da chiunque di loro, nella Città e nei luoghi consueti e soliti, sotto la predetta penalità a cui il Podestà o il Capitano debba condannare questi o qualcuno di essi. E questi banditori non possano prendere alcunché da qualcuno posto nel bando. Questi banditori inoltre debbano e siano obbligati, continuamente, nelle ore congrue, due di loro, a stare presso il Palazzo del Comune e due di essi presso il Palazzo del Popolo in modo che quando sarà stato opportuno si possa avere disponibilità, e siano obbligati con vincolo di giuramento e sotto la detta penalità, ogni volta che essi, per il Comune, facessero alcuni bandi generali, dopo aver premesso il suono della tromba, a fare il bando a voce alta, e senza alcuna frode né malizia, nei luoghi consueti. A questi suonatori di tromba sia lecito portare ogni tipo di armi, impunemente.

2 Rub.34

L’officio dei Balivi del Comune di Fermo.

    I Balivi del Comune di Fermo siano eletti in questo modo, cioè siano eletti due Balivi da ciascuna contrada, ad opera dei Consiglieri della Città, della propria contrada, “a scarfina”, oltre ai Balivi che debbono essere assegnati da parte dei Comuni dei Castelli del Comune di Fermo. E nessuno che sia stato eletto Balivo possa fare la sostituzione se non dalla propria contrada dalla quale egli è stato prima eletto. Qualora non venga reperito alcuno nella contrada, allora possano essere dati da un’altra contrada. E il Podestà sia obbligato a ricevere da ciascun Balivo e a far ricevere il giuramento e un fideiussore idoneo, almeno 10 libre di denaro sull’adempiere e esercitare questo officio con buona fedeltà e senza frode e secondo la forma degli statuti del Comune di Fermo. Qualora sia capitato che un Balivo faccia in modo falso una ambasciata o una relazione, sia punito sul fatto ad arbitrio del Podestà o del Capitano, dopo che sia stata verificata la qualità del reato. I loro copricapi o berretti si facciano e siano e debbano essere rossi con una crocetta bianca e facciano gli indumenti distribuiti e li portino indossati come distinta divisa del Comune di Fermo. Debbono portare sul capo questi copricapi ogni giorno, senza che siano coperti con alcun altro segno, né varietà, sotto penalità per ciascuno di loro che non porti il copricapo o il berretto nel detto modo, di 10 libre di denaro per ciascuna volta, da riscuotersi sul fatto. E sia eletto un solo Balivo in ciascun Castello o Villa e costoro possano fare ambasciate negli stessi Castelli e Ville. Come agli altri Balivi della Città, i copricapi anzidetti siano dati anche a questi Balivi dei Castelli e li debbono portare come detto sopra e con la detta penalità. E peraltro questi Balivi nel dover fare una citazione, siano obbligati ad esprimere ad uno di fronte a chi essi lo citano. E questi Balivi della Città abbiano il consueto salario. E tutti i Balivi, per ogni ambasciata che uno di questi Balivi abbia fatto in servizio e a richiesta di qualcuno, possano ricevere due denari da persone speciali a cui hanno fatto le ambasciate in Città quando è presente colui che dovesse esser citato; se non sia stato presente, soltanto quattro denari. Qualora invece abbiano dato una commissione dentro la Città, denari dodici; se l’abbiano data fuori per un miglio (miliare) nei pressi della Città abbiano e possano ricevere da colui al quale hanno dato la commissione per mandato della Curia, soltanto due soldi di denaro; ma qualora sia fuori da questa Città e più lontano di un miglio, dodici denari e non di più per ciascun miglio oltre al già detto miglio. E se abbiano fatto qualche ambasciata andando per Ville e per i Castelli della Città abbiano e possano ricevere soltanto sei denari per ogni miglio. Qualora qualcuno abbia agito in contrasto contro qualcuna delle dette cose, venga punito sul fatto a 10 soldi di denaro, per ciascuna volta. E nessun Balivo possa essere custode o “saltario” (difensore) né catturare né detenere alcuno nella persona o nelle cose che abbia portate fuori dalla Città in contrasto con il bando, non possa neanche denunciare qualcuno che abbia lavorato nei giorni festivi. Non possa neanche avere qualche altro officio della Città di Fermo o fuori questa, ma soltanto quello che compete all’officio di Balivo. E qualora qualche Balivo abbia citato qualcuno o abbia fatto una ambasciata che non abbia riferito o riportato per quel tal giorno e per la tale ora in cui abbia fatto la citazione, <come> gli sia stata imposta, sia punito a 10 soldi di denaro per ciascuna volta, anche a due soldi di denaro per colui del quale sia stata l’ambasciata. E nondimeno sia tenuto a rimborsare tutto il danno che il tale stesso abbia sostenuto e si creda al giuramento di costui riguardo alla colpa e riguardo al difetto del Balivo e anche sul danno fino alla somma di 5 soldi di denaro. Quando qualche Cittadino o uno del contado di questa Città volessero mandare questo Balivo ad un altro, dentro o fuori dalla Città per qualche suo fatto nelle cose che sono di competenza dell’officio di questo Balivo, sia obbligato e debba andare per la richiesta e la domanda del tale che lo vuole mandarlo, e questo Balivo possa ricevere per il viaggio dodici denari per ogni miglio, se sia stato dentro al contado o al distretto di Fermo; se invece sia stato fuori da questo contado o distretto, o fuori dalla Provincia della Marca, possa ricevere otto soldi di denaro per ciascun giorno e non di più, sia che sia andato per il Comune, sia per le persone singolari.

E qualora uno abbia ricevuto di più o abbia rinunciato a fare un’ambasciata, il Podestà o il Capitano sul fatto siano obbligati, sul fatto a prelevargli 20 soldi di denaro e metà di questa penalità sia per il Comune e l’altra metà per l’accusatore. E nessun Balivo si allontani dalla Curia, ma ciascuno di essi debba continuamente rimanervi, quando non ha l’autorizzazione dal Rettore o da qualche altro officiale del Rettore per allontanarsi. E chi abbia trasgredito  sia punito, per ciascuna volta, alla penalità di due soldi. E nessun Balivo osi né presuma portare, per un servizio disonesto, qualche donna Fermana al palazzo o in qualche Curia; e qualora l’abbia portata, paghi il bando di 10 libre di denari e qualora non lo pagasse sia colpito con la frusta pubblicamente attraverso la Città. E a nessun Balivo sia lecito portare alcuna arma offensiva né difensiva attraverso la Città, se non nel modo come la portano gli altri cittadini Fermani, con l’idonea tassa. I Balivi siano obbligati a fare le relazioni sulle ambasciate al Giudice o al Notaio, direttamente, non tramite altri, a voce o per iscritto e la relazione sia valida fatta in questo modo, ma non in altro modo. Quando alcuni siano stati posti in bando <esilio>, il bando è dato a notificare ai Balivi e ciascuno di questi Balivi possa ricevere da coloro che sono stati posti nel bando per il dovere di fare la notifica del bando, per il loro lavoro, quattro denari per ciascuno che sia notificato e per ciascuna volta, quando il bando avvenisse nelle Ville o nei Castelli riceva soltanto dodici denari per ciascun miliare (miglio) e non di più. E quando coloro ai quali il bando sia notificato fossero più di uno nel contado, tra tutti prendano questa somma. E qualora un Balivo abbia trasgredito nel ricevere di più, venga punito sul fatto, per ciascuna volta, a 20 soldi di denaro e possa essere accusato o denunciato da chiunque dei già detti, e metà del bando debba averla l’accusatore o denunciatore nei detti singoli capi di accusa e nei capitoli esposti nel seguito. E si dia fiducia al suo giuramento, cioè dell’accusatore o del denunciatore e il denunciatore sia tenuto segreto. Inoltre nessun Balivo possa essere fideiussore per qualcuno in occasione di qualche reato, in nessuna Curia della Città di Fermo e se abbia trasgredito, Ciascuno sia punito a 100 soldi, per ciascuna volta. E nessun Balivo possa né debba andare associato con un altro Balivo nella Città per qualche ambasciata in cause civili a richiesta di qualcuno. E quando più Balivi siano andati per una ambasciata, tutti insieme ricevano le dette somme e si faccia il pagamento soltanto per uno <tramite>. Inoltre qualora sia capitato che qualche Balivo prenda pegno per <darlo a> qualcuno, lo debba presentare a colui per la cui richiesta l’ha preso, nel giorno in cui lo ha ricevuto, oppure al Massaro dei pegni del Comune, se fosse deputato un Massaro a queste cose per il Comune di Fermo, sotto penalità di 40 soldi di denaro, per ciascuna volta. E qualora il Balivo al quale un officiale del Comune, dal quale egli abbia ricevuto il pegno, abbia detto e comandato <la consegna> nello stesso giorno nel quale questo officiale gli abbia detto e comandato, qualora non restituisse il pegno ricevuto <dandolo> a colui per il quale sia stato ricevuto, sia messo e chiuso in carcere e non venga rilasciato fino a quando non abbia riconsegnato questo pegno o il suo valore stimato. Per l’estimo di questo pegno si dia fiducia al giuramento di colui per il quale sia stato ricevuto, fino alla somma di 10 soldi ed anche di somma maggiore a volontà del Podestà, o del Capitano o di un altro officiale che ne ha competenza, considerando la condizione di vita della persona richiedente e nonostante ciò questo Balivo che non adempia queste cose sia punito a 20 soldi di denaro, sul fatto. E l’officiale del Comune quando dia il mandato ad un Balivo che dia gravame a qualcuno o alcuni, sia obbligato sotto penalità di 10 libre di denaro a dare la cedola a questo Balivo per iscritto con il nome di colui il quale debba essere aggravato e i pegni presi ad opera dei Balivi del Comune, quando siano presi ad opera della Curia del Comune, siano assegnati al Massaro del Comune e questo Massaro venga eletto per opera dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia e dei Regolatori, un Massaro buono ed idoneo, come sembrerà meglio a costoro. L’officio di questo Massaro abbia la durata di sei mesi e dopo ultimato l’officio di costui se ne elegga un altro nel detto modo. E chi sia stato una volta in questo officio, non possa stare in questo officio fino a due anni. E questo Massaro possa ricevere da ogni pignorato otto denari per sé e per il Balivo. Qualora siano molti i pegni presi a favore di uno solo, per lo stesso motivo, e assegnatigli nello stesso giorno, riceva altrettanto e non di più. E questo Massaro sia obbligato a dare al Balivo, subito dopo che a lui abbia consegnato il pegno quattro denari per ogni pegno. E se da una sola persona, nello stesso giorno, ricevesse molti pegni, dia allo stesso Balivo soltanto quattro denari e non di più. E il detto Massaro abbia un registro per detto officio, nel quale registro, subito, appena a lui sia stati consegnati i pegni, scriva in esso e quando avrà fatto la restituzione, scriva la restituzione con il giorno in cui sono stati presi o restituiti con il nome di colui di cui sono i pegni il nome e per mandato di chi fossero stati ricevuti. E questo Massaro sia obbligato a por rimedio per i pegni che fossero persi e che gli fossero stati assegnati; e per quello che il Balivo avesse assegnato, si stia alla relazione del Balivo quando abbia mostrato le cose scritte di mano di questo Massaro riguardo a questi pegni assegnati a lui. E il Massaro sia obbligato a dare questa scrittura ad ogni Balivo che gli consegni i pegni, sotto pena per il Massaro e per il Balivo che contravvengano nelle cose predette di 40 soldi di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Qualora tuttavia il Balivo ha preso qualche pegno da una persona, sia obbligato per il suo viaggio o per il lavoro a porre questo pegno fra la terza abitazione, dall’abitazione dove ha preso questo pegno e, all’apertamente, in modo tale che non possa andare perduto, e qualora si perdesse, sia obbligato a restituirlo, e se abbia trasgredito sia punito alla detta pena e riguardo al pegno o del valore stimato del pegno si dia fiducia al giuramento di colui a cui sia appartenuto il pegno. In generale, questi Balivi facciano ogni altra e singola cosa che è di competenza del loro officio, con fedeltà schietta e senza frode, né malizia alcuna e secondo la forma del presente capitolo e degli altri capitoli di questo volume che trattano del loro officio, sotto la pena e il bando scritti in questi capitoli. E non possano questi Balivi, né alcuno di loro, fare citazioni, se non per una sola, per ogni singolo giorno soltanto. Qualora le facessero per molti giorni, la citazione non sia valida per il diritto stesso, e colui che facesse tale citazione sia condannato a 25 soldi di denaro, per ciascuna volta e possa essere accusato da chiunque ed essere denunciato come detto sopra. Si faccia il pagamento a questi Balivi che siano pagati per il loro salario secondo la forma praticata fino ad ora.

2 Rub.35

L‘ufficio del custode delle carceri

   I signori Priori e il Vessillifero di giustizia insieme con i Regolatori, nel mese di dicembre, dispongano e provvedano che un Cittadino Fermano buono ed idoneo divenga custode delle carceri e dei carcerati e il suo officio inizi dal primo gennaio e perduri per un anno. E questi Priori dopo che sia stato fatto pubblicamente l’annuncio all’asta attraverso la Città per quelli che vogliano essere custodi di questo carcere e dei carcerati con i patti dichiarati, dispongano e provvedano per questo custode o per un sovrintendente, secondo l’aggrado della loro volontà e dopo aver ricevuto fideiussori idonei, cittadini Fermani, di almeno 1000 fiorini d’oro da tale custode e

soprintendente, sul dovere di custodire questo carcere e i carcerati con somma diligenza e sul dover presentare i carcerati ai Rettori, e sul dovere tenere indenni i Rettori, il fisco e le persone private riguardo a queste carceri. E questo custode per ogni carcerato possa e debba ricevere e avere quattro soldi nell’entrare e altrettanto nell’uscire, per ciascun giorno con notte due soldi. E nulla possa ricevere oltre questa somma direttamente o indirettamente sotto pena, quando abbia trasgredito, di 25 libre di denari per ciascuna volta, da prelevare sul fatto da lui. Nondimeno quello che abbia preso più di questa somma, sia costretto, sul fatto, a restituirlo al triplo. E questo custode sia obbligato, a richiesta di un qualsivoglia Rettore o di un officiale del Comune di Fermo a ricevere e custodire in queste carceri tutte le singole persone presentate a lui da parte di uno di loro e non darlo ad alcuno senza o contro la volontà del Rettore il quale ha richiesto di assegnare questo carcerato e neppure rilasciarlo senza l’espressa licenza di questo Rettore o officiale. E questo custode sia obbligato a fare e faccia un registro in cui per ciascun carcerato scriva il nome e il cognome del carcerato e il motivo per cui è detenuto ed a richiesta di chi è stato consegnato e il giorno della presentazione e del rilascio di uno qualsivoglia. Qualora, contrariamente a quanto detto, questo custode abbia rilasciato un carcerato, oppure qualche carcerato di quelli affidati a lui nelle carceri, sia evaso o fuggito, sia punito sul fatto, in modo reale e personale, ad arbitrio del Rettore senza alcun processo, dopo aver considerando e riflettuto sulla qualità e sulla quantità del fatto per cui <quello> era stato posto in carcere, e riguardo al danno sia costretto sempre a risarcire il danno che abbia fatto a qualcuno riguardo a ciò, con il doppio del danno fatto.

2 Rub.36

Le pitture da farsi delle porte

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Podestà, che ci sarà nel tempo, sia obbligato e debba, a spese del Comune di Fermo, sotto il vincolo del giuramento, far dipingere gli stemmi della Santa Madre Chiesa, del nostro signore il Papa e del Comune di Fermo, in ogni porta della Città di Fermo, ove non ci stessero.

2 Rub.37

Divieto per gli Officiali del Contado

   Chiunque per conto del Comune di Fermo in qualche Castello o in un fortilizio, o Rocca del contado di Fermo sia stato in qualche officio in modo principale, oppure insieme con un altro, dopo che ha ultimato tale incarico non possa per un semestre stare, né essere eletto in qualche officio, o nell’amministrazione, o nella custodia nello stesso Castello, fortilizio o Rocca né in modo principale autonomo né insieme con un altro per il Comune, né essere eletto entro sei mesi da conteggiare dal giorno in cui ha ultimato l’incarico. Se qualcuno invece si sarà comportato al contrario, incorra per il fatto stesso nella pena di 50 libre di denaro e nondimeno non possa stare nell’officio e nell’amministrazione detta prima. Inoltre non possa stare in qualche Castello o Rocca o fortilizio del contado, per il Comune di Fermo, né essere, oltre sei mesi, in qualche officio, neanche esservi riconfermato, né essere prorogato oltre il detto tempo, senza uno speciale provvedimento del Consiglio Generale di questa Città, sotto la penalità di 50 libre di denaro contro ciascun trasgressore da prelevarsi sul fatto; e nondimeno non possa stare nel predetto officio: e ciò abbia luogo per le cose presenti, le passate e le future. Inoltre ordiniamo che nessun oriundo, né un abituale abitatore di qualche Castello del contado di Fermo, possa stare né essere in modo principale, né insieme con un altro, in qualche officio in qualche castello di questo contado che stia distante vicino dieci miglia o meno al Castello della sua origine, o della sua abitazione, neppure <possa> nel Castello della sua abitazione o della sua origine, sotto penalità di 25 libre di denaro, e nondimeno non valga che gestisca un officio, e per lo stesso diritto non abbiano validità le cose da lui fatte, né gli atti compiuti da lui.

2 Rub.38

Divieto per gli Officiali nella Città, e il cumulo degli offici.

   Al fine che gli offici siano estesi a più persone, decretiamo che chi sia stato nell’officio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia o del Notariato di questo Priorato, per sei mesi calcolando dal giorno in cui abbia deposto tale officio, non possa stare nello stesso officio del Priorato, o del Vessillifetato, o del detto Notariato, né per il modo di estrazione da cassette <urne>, né per altro modo, né per elezione. Peraltro quando qualcuno sia stato in qualche altro officio, possa essere deputato ad altro, soprattutto se fosse nominato ad altro officio senza salario, quando sembri opportuno ai signori Priori e al Gonfaloniere, purché nell’avvicendarsi, non possa avere dal Comune molteplici e diversi offici insieme con il salario. In realtà colui che sia stato estratto Priore o Vessillifero, se venisse estratto Tesoriere o Regolatore o come altro officiale del Comune, non possa esercitare alcun altro officio, se non l’ufficio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia e se sia stato estratto per qualche altro, < il nome> sia rimesso nella borsa. E qualora uno fosse stato estratto precedentemente ad un altro officio e successivamente fosse estratto come Priore o come Vessillifero, allora faccia le dimissioni da ogni altro officio ed eserciti l’officio di Priorato o del Vessilliferato, dimettendosi dal primo officio e il nome sia rimesso nella borsa da dove sia stato estratto. Inoltre colui che sia stato nell’officio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia né egli stesso, non possano né il padre, né un figlio o il fratello carnale stare presso questo officio per sei mesi calcolati dal giorno quando egli ha ultimato l’officio. Inoltre vogliamo che chi sia stato nell’officio del Priorato o del Vessilliferato, da allora per sei mesi, non possa stare in questo officio, né nell’ufficio della Tesoreria o dei Regolatori o del Notariato loro. Inoltre colui che sia stato nell’ufficio dei Regolatori, o del Notaio dei Regolatori non possa essere Banchiere né Notaio del Banchiere da allora per sei mesi. Inoltre chi sia stato nell’officio dei Regolatori, o del Notariato dei Regolatori, non possa essere Banchiere, o Notaio del Banchiere da allora per sei mesi. Inoltre chi sia stato Banchiere o Notaio del Banchiere non possa stare nell’ufficio del Regolatori da allora entro il detto tempo di sei mesi. E che abbia trasgredito sia condannato a 100 libre di denaro da assegnare al Comune di Fermo.

 Rub.39

Nessuno presuma di poter scacciare i cittadini o i distrettuali fuori dal Foro della Città di Fermo.

   Se qualcuno in modo principale <direttamente> o altrimenti, in qualsiasi altro modo, personalmente o tramite un altro a suo nome, o con mandato, tanto ad opera sua, o sia anche a opera di un altro a titolo di procuratore o di qualsiasi altro titolo, abbia portato o tentato o abbia cercato di portare fuori dal foro giuridico della Città di Fermo qualche Cittadino o abitante del contado o del distretto o dimorante Fermano o qualsivoglia altro, su una cosa o sopra una cosa soggetta e sottoposta alla giurisdizione del Comune di Fermo, senza espressa licenza dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo con <il Consiglio di> Cernita di quattro buoni uomini per <ciascuna> contrada e in qualsiasi modo  tentasse di farlo direttamente o indirettamente,  in occasione di qualche causa, o lite, o affare civile, o penale, o misto, o altro, comunque la cosa sia chiamata di qualsiasi diritto o nome, per il fatto stesso incorra nella penalità di 500 libre di denaro per ciascuna volta. La detta causa venga riportata alla Curia del Comune di Fermo e nondimeno chi trasgredisce decada per lo stesso fatto da ogni suo diritto. E qualsivoglia Rettore della Città di Fermo abbia libero arbitrio di fare la procedura, di investigare, di fare l’indagine, di punire e di condannare alla detta pena, contro tutti singoli coloro che commettono ciò, come già detto, anche sul fatto, senza alcuna scrittura o processo, omettendo ogni solennità e sostanza di statuti e di giurisprudenza.

2 Rub. 40

Nessuno Fermano o distrettuale, senza una licenza, osi andare <lontano> per uno stipendio o per una provvigione.

   Nessun Cittadino, o abitante del contado, o abitante del distretto Fermano, oppure abitante della Città o del contado di Fermo, in qualsiasi condizione o stato si trovi, osi né presuma in qualche modo andare o stare a pagamento, a provvigione, o a servizio al modo di armigero in qualche terra o luogo con una Comunità <Comune>, o con un signore, o con un nobile in qualsiasi stato o condizione si trovi, che fosse vicino 50 miglia, o meno,  alla Città di Fermo, senza un’ espressa licenza dei signori Priori del popolo o del Vessillifero di giustizia della Città di Fermo. Se qualcuno invece abbia trasgredito in qualche modo direttamente o indirettamente, in modo reale e personale, in compagnia o separatamente, sia punito ad arbitrio del Rettore.

2 Rub.41

Non si costruiscano nuovi fortilizi, né si ricostruiscano quelli distrutti.

   Stabiliamo ed ordiniamo che nessuna Comunità o persona privata, in qualsiasi stato o condizione si trovi, osi né presuma, in qualche modo, di costruire ex novo, edificare, o ricostruire qualche fortilizio, Rocca o Castello nel territorio della Città o del distretto di Fermo, senza un’esplicita licenza del Consiglio Generale della Città di Fermo, sotto multa in denaro e pena nella persona; e nondimeno qualsiasi cosa sia stata fatta in maniera diversa o in contrasto, sul fatto debba completamente essere distrutta a spese di chi l’ha fatta in contrasto alle dette cose, o a qualcuna delle dette cose.

2 Rub.42

L’officio degli Ambasciatori del Comune di Fermo.

   Decretiamo e ordiniamo che qualsivoglia Oratore o Ambasciatore, che debba essere eletto in qualsiasi legazione o ambasciata per il Comune, porti scritti i suoi mandati o l’ambasciata sua scritta con il sigillo del Comune, e le cose scritte rimangano negli atti del Comune di Fermo. E non sia lecito ad alcuno degli Ambasciatori dire nulla oltre l’ambasciata a lui imposta, né dire ulteriori cose che siano principalmente attinenti all’ambasciata stessa, e qualora tale Ambasciatore abbia trasgredito sia condannato a 100 libre di denaro e in perpetuo sia privato delle ambascerie del Comune di Fermo. E si eleggano come ambasciatori colui o coloro che sono i migliori e i più utili per il Comune secondo la volontà dei signori Priori e del Gonfaloniere, o a maggioranza di questi, essendo cancellati e annullati i capitoli che esponessero cosa in contrasto. E in calce o al termine della lettera che egli porterà per l’ambasciata a lui imposta, si scriva che il signore o la terra a cui è mandato non dia credito all’ambasciatore se non per le cose che sono state scritte in questi registri sotto i detti sigilli. E tale ambasciatore eletto non possa rinunciare a detta ambasciata se non avrà dimostrato per mezzo del medico o per mezzo di un testimone che egli è infermo. E il Podestà e il Capitano costringano tale ambasciatore a portare a termine la stessa ambasciata, per mezzo di una imposizione di bandi o di multe, oppure per qualsiasi altra via, come sembrerà ad essi che convenga. Inoltre vogliamo che un ambasciatore del Comune di Fermo che facesse un’ambasciata, non importa quanto, all’interno del contado di Fermo, sia che ritorni, sia che non ritorni in quel giorno, abbia dal Comune per le spese e per il vitto loro, per ciascun cavallo, 20 soldi di denaro in ciascuno giorno. Se, in realtà, facesse l’ambasciata fuori dal contado per le spese e il vitto, per un solo cavallo con un servitore quaranta soldi di denari. Se avrà portato molti cavalli, per ciascun cavallo che avrà portato abbia mezzo fiorino d’oro per ciascun giorno, e non di più, purché nessun ambasciatore possa portare più di tre cavalli. Se, in realtà, qualche ambasciatore sia stato mandato da questo Comune alla Curia di Roma, dell’Imperatore o del Re abbia per ciascun giorno, abbia come suo salario e per le spese per ciascun cavallo mezzo fiorino d’oro, purché nessun Ambasciatore possa condurre più di quattro cavalli a spese del Comune. E gli Ambasciatori facciano giuramento prima che vadano per queste ambasciate che non si intrometteranno a fare, né faranno alcuna ambasciata, se non quelle che siano stati date a loro per la parte del Comune di Fermo; e chi abbia trasgredito sia punito come è stato detto nel presente capitolo e non riceva nulla dal Comune per tale ambasciata. E gli ambasciatori siano costretti a fare come è stato detto, se non abbiano avuto una giustificazione, come espresso sopra nel presente capitolo o se non avranno dimostrato un motivo legittimo di sospetto di persona in occasione di una speciale inimicizia. Dopo che questi motivi sono stati comprovati, come è espresso sopra, nessuno che abbia avuto la giustificazione sia costretto ad andare contro sua voglia. E i signori Priori del popolo siano obbligati a far scrivere in un solo quaderno il giorno quando sia stato Ambasciatore e quando tornato abbia riferito: e sia scritto dal Notaio degli stessi Priori o dal Notaio del Tesoriere. E l’Ambasciatore sia obbligato a far redigere lo scritto per sé da questo Notaio, altrimenti non riceva nulla dall’ambasciata. E il Tesoriere sia obbligato a soddisfare questi ambasciatori nei detti salari, stabiliti a lui, a volontà di questi stessi e di coloro dai quali abbia preso i cavalli, secondo quanto è stato detto. Qualora non si facessero i pagamenti, questi ambasciatori non siano costretti ad andare in una ambasciata. E il pericolo dei cavalli mentre si svolgesse la detta ambasciata soggiaccia al Comune. Inoltre nessun possa essere così costretto a dover dare a affittare ad alcuno il suo cavallo o il ronzino per vettura se non ci sia stata l’usanza di affittare per vettura. E qualora qualche ambasciatore che sia parte dei militi del Comune sia stato in una ambasciata del Comune nel tempo quando il Comune di Fermo o tutti i militi del Comune di Fermo, o i militi della propria contrada, della quale fosse ambasciatore, stessero nell’esercito o in altro servizio del Comune, senza nessun stipendio, l’ambasciatore in tal caso non debba ricevere nulla dal Comune dal tempo detto sopra quando i militi siano stati in questo servizio. E nessun Fermano sia costretto a fare un’ambasciata a spese proprie, ma soltanto a spese del Comune. E qualsivoglia ambasciatore che sia andato in un’ambasciata del Comune e abbia voluto riconsegnare al Comune qualche cavallo viziato o guastato o magagnatosi in questa ambasciata, lo debba riconsegnare al Comune in quel giorno in cui ritornasse dalla ambasciata o nel giorno seguente; e qualora non lo abbia riconsegnato entro questa scadenza non sia ricevuto dal Comune, e non possa neppure ricevere un estimo <valutazione> di questo cavallo. Né alcun ambasciatore possa o debba riconsegnare al Comune di Fermo qualche cavallo condotto dallo stesso ambasciatore del Comune che fosse venuto meno per vecchiaia, per malattia o per disabilità del cavallo stesso, ma qualora per sua colpa sia stato magagnato e se lo consegnerà non venga ricevuto per il Comune.

2 Rub.43

Il Podestà, il Capitano e gli altri Officiali del Comune di Fermo non vadano a fare ambasciate.

   Inoltre ordiniamo e decretiamo che né il Podestà, né il Capitano né alcun altro officiale del Comune di Fermo, durante il tempo del loro incarico, neppure un officiale di qualcuno di questi stessi, o i servitori, andare in un’ambasciata del Comune di Fermo, con vincolo di giuramento, e sotto penalità di 100 libre di denaro dal loro salario per ciascuna volta quando abbiano fatto il contrario, se non qualora fosse di necessità che questi stessi o qualcuno di loro, andasse a visitare i Castelli, e quando occorresse che essi stessi si rechino alla Curia del signor Marchese per il parlamento generale. In questi casi ciascuno di loro abbia un certo salario, quale sembrerà essere opportuno ai signori Priori, al Gonfaloniere di giustizia e al Consiglio generale, e con un certo numero di cavalli quale sembrerà essere conveniente agli stessi Priori, purché <chi va> non possa avere più di 20 soldi di denaro per ciascun cavallo che avrà portato e per ciascun giorno. E nessuno debba dare in affitto <a pagamento> un cavallo del Comune a questi stessi, o a qualcuno di essi, in alcun modo o per alcun motivo e colui che abbia trasgredito sia punito a 10 libre di denaro; e possa essere accusato da chiunque e denunciato, fino a due anni e l’accusatore o il denunciatore siano tenuti segreti. E lo stesso Podestà e il Capitano che abbia ricevuto il cavallo siano obbligato ad altrettanto. E questo statuto non possa essere cancellato né si possa in qualcosa derogare. E il Notaio delle delibere e il Cancelliere sotto vincolo di giuramento e sotto penalità di 25 libre di denaro dal suo salario, non possa né debba in alcun modo fare o scrivere qualche proposta sulle cose già dette, salvo qualora l’andare nell’esercito o alla cavalcata sia stata una necessità per il Podestà o per il Capitano in base ad una delibera del Consiglio. E sia legittimo che debba avere dal Comune 20 soldi di denaro per ciascun giorno. E, per ogni cavallo o mulo che avrà portato, oltre al numero dei cavalli debba tenere secondo la forma della sua elezione nel servizio per il Comune, nell’esercito o nella detta cavalcata, purché il Podestà non ne possa condurne oltre 10 e il Capitano oltre 5, sotto la detta penalità. E nessun officiale del Comune di Fermo né alcun altro ‘forense’ <del foro> possa andare in giro nel distretto di Fermo a fare alcune esecuzioni per alcuni ‘assetti’, per dazi o per qualsiasi altri motivi, eccetto che per dare esecuzione alle condanne e possa allora andare senza che si dia a loro alcun altro salario né compenso, oltre al salario che è stato concesso loro a motivo del loro officio, oppure per la forma di qualche statuto di Fermo. E le esecuzioni tutte che siano da fare nel distretto di Fermo per qualunque causa, si facciano soltanto per mezzo di cittadini Fermani, e non per mezzo di altri, eccetto per le condanne. E questi esecutori siano eletti e incaricati dai signori Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia soltanto tra i cittadini. E vadano con la lettera di questi signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, come è di consuetudine. E qualsivoglia esecutore abbia, per ciascun giorno in cui abbia fatto pernottamento per questa esecuzione, 20 soldi di denaro e non di più, calcolando il giorno di partenza e quello di ritorno alla Città di Fermo, sotto penalità per chi agisca contro questa modalità, o per ciascuno che va, anche per chi lo manda di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E i Sindaci dei Castelli non debbano obbedire oltre e contro questa forma stabilita né dare alcunché a costoro che vanno, contro questa forma, né pagare, sotto detta penalità.

2 Rub.44

Coloro che ricevono l’onore militare.

   Quando qualche Cittadino Fermano abitante nella Città di Fermo abbia voluto ricevere l’onore e la dignità della cavalleria e della milizia nella Città di Fermo debba avere dal Comune di questa Città di Fermo 100 libre di denaro dai beni e dall’erario di questo Comune e queste gli vengano date, contate ed assegnate interamente dal Comune di questa Città nel giorno in cui avrà assunto la detta dignità e l’onore.

2 Rub.45

Le vendite fatte di beni degli esiliati <condannati al bando>.

   Tutte e singole le vendite, le alienazioni o le cessioni già fatte o che si facessero in futuro ad opera dei Sindaci del Comune di Fermo dei beni degli esiliati o dei condannati <al bando> del Comune di Fermo o dei loro fidejussori o di altri beni del Comune abbiano validità e obblighino e ottengano una perpetua stabilità e debbano essere rispettate dal Comune di Fermo in maniera esatta ed inviolabile. E questo Comune sia obbligato a difendere tali vendite e alienazioni proteggendo gli acquirenti contro qualsiasi molestatori, salvo sempre il diritto di altri che pretendono qualche diritto sui beni predetti, e salvo il diritto del prezzo. E il prezzo debba essere restituito dal Comune agli acquirenti quando i detti beni venduti per legge sia dati indietro dai detti acquirenti.

2 Rub.46

L’officio del Notaio del Podestà che debba risiedere nel Porto.

    Il Notaio del Podestà che deve stare a Porto San Giorgio secondo la forma dell’elezione del Podestà, sia obbligato e debba catturare e far catturare tutti e singoli coloro che commettessero e facessero qualche reato di qualunque genere sia, e debba mandarli sotto fidata custodia a questo signor Podestà e alla Curia Fermana ed egli debba spiare e far spiare tutti i singoli “terrageni” <nativi dal territorio> anche i “forensi”<ospiti> che portassero armi di difesa e di offesa in questo Porto in contrasto alla forma dello statuto, in modo che quando alcuni cittadini saranno venuti a questo Porto dalla Città o da qualsiasi luogo, siano fermati e debbano depositare subito le armi che portassero presso il fondaco <magazzeno> del Comune di Fermo o nel suo ospizio, sotto la penalità contenuta nello statuto. E subito quando gli ospiti entrano nell’ospizio, colui che accoglie gli ospiti debba dire agli ospiti che non portino armi perché c’è il bando per queste stesse. Qualora l’ospitante non lo abbia fatto soffra la pena che dovrebbe patire l’ospite. E l’ospite non sia obbligato alla detta pena contenuta nello statuto del Comune di Fermo. E subito il detto Vicario mandi al Podestà l’ospitante che prima non abbia detto all’ospite che è proibito portare armi. E questo Vicario sia obbligato a gestire i tavoloni e i vasi e gli arnesi del Comune di Fermo e riceverli per mezzo di un inventario e renderli al Sindaco del Comune di Fermo; e qualora egli abbia trasgredito, sia punito a 10 libre di denaro, per ogni volta. E gli uomini di questo Porto siano obbligati e debbano obbedire a lui in tutte le cose che riguardano il suo officio. Qualora questo Notaio abbia commesso qualche frode o sia stato negligente in questo officio, subito sia espulso da questo officio. E questo Vicario sia obbligato, sotto la detta pena, a fare e a far fare la custodia notturna per mezzo di uomini di questo Porto riguardo al fatto che non accada alcun danno né furto in nessuna abitazione dello stesso Porto; cosicché non accada alcun danno o furto in alcuna abitazione dello stesso Porto; purché non siano posti a fare questa custodia le vedove, i pupilli e i vecchi di età maggiore di settanta anni, né le persone miserabili e purché questo officio non sia di pregiudizio a coloro che acquistarono e in futuro acquisteranno l’anzidetta gabella.

Rub.47

Il Podestà o il Capitano o il loro officiale siano obbligati, ogni qualvolta sarà necessario, recarsi fuori Città a proprie spese.

   Ogni volta che sia capitato e sia stato necessario che il Podestà, il Capitano o qualcuno di essi o un giudice, un milite di qualsivoglia di essi o altro officiale “forense” del Comune di Fermo vada in qualche luogo per ultimare qualche questione, oppure altrimenti per esercitare il suo officio, essi e ciascuno di essi che sia stato necessitato per queste cose, siano completamente obbligati ad andare, quando ce ne sia stata la necessità, senza salario, con i cavalli degli stessi Podestà o Capitano. E se agissero contrariamente, ciascuno di questi che abbia trasgredito sia punito dal suo salario a 25 libre di denaro per ciascuna volta. E il Tesoriere del Comune sia obbligato a prelevare la penalità dal salario dello stesso officiale e qualora questo Tesoriere non l’abbia prelevato, sia obbligato lo stesso Tesoriere a pagare di sue proprie spese al Comune. E i Regolatori del Comune non debbano, sotto la detta pena, fare la ‘bolla’ per questi Rettori, né per qualcuno di quelli già detti, neppure bollare la ‘bolla’ per qualcuno degli anzidetti e qualora abbia messo il bollo, questa ‘bolla’ non abbia validità. E nessun officiale, servitore o subalterno di essi, né alcuno di essi stessi possa, sotto detta pena, accettare o ricevere denaro alcuno o alcune cose da una persona speciale per qualche custodia o per una esecuzione o per qualche altro motivo in occasione di un qualche officio, sotto la detta pena, per ciascuno e per ciascuna volta. E il Podestà e il Capitano e per questi, ogni altro officiale del Comune nel suo officio sia obbligato e debba, con vincolo di giuramento, e sotto la detta pena, a praticare e a fare praticare ad opera dei loro officiali, dei servitori e dei subalterni tutte le singole cose contenute nell’anzidetto statuto.

2 Rub. 48

I Castellani non vanno accolti nel distretto di Fermo.

   Vogliamo ed ordiniamo che nessun Castello o Villa osi né presuma di accogliere qualcuno come Castellano del Castello, o della Villa né di fare qualche esenzione a qualcuno senza l’esplicito permesso dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia da darsi per iscritto. E il Castello e la Comunità che abbia trasgredito siano puniti, per ciascuna volta, a libre 50 di denaro. Il Podestà ha l’obbligo di far conoscere questo capitolo agli uomini dei Castelli e alle Ville del contado e del distretto di Fermo.

2 Rub.49

Tutti quelli dei Castelli e delle Ville del Comune di Fermo debbano essere considerati cittadini.

    Inoltre decretiamo ed ordiniamo che tutti quelli dei Castelli e delle Ville del Comune di Fermo che abitano nei detti Castelli e Ville, e questi sono Castelli e Ville che pagano e fanno atti di subordinazione reali e personali nel Comune di Fermo, siano difesi in qualità di Cittadini Fermani e siano e siano considerati, in ogni cosa e per ogni cosa, Cittadini. Non intendiamo recar danno, con questo statuto, ad un beneficio ad essi concesso da un altro statuto inserito nel presente volume, riguardo al dimezzamento della pena per i delitti commessi dagli abitanti del contado. E coloro che in verità che non abbiano fatto atti reali e personali di sottomissione e da meno di cinque anni non li abbiano fatti al Comune di Fermo, e che non siano stati iscritti nel libro dei ‘fumanti’ <focolari> del Comune di Fermo, non siano considerati, né difesi come Cittadini e non godano di alcun privilegio goduto da Cittadini. Eccettuiamo coloro che abbiano le giuste e legittime immunità, e i patti dal Comune di Fermo, e dai signori Priori, e dal Vessillifero di giustizia di questa Città.

2 Rub.50

Il salario del Notaio e dei Balivi non debba essere ricevuto dai Sindaci dei Castelli e delle Ville.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Notaio del Podestà, che ci sarà nel tempo, debba accogliere e scrivere i Sindaci dei Castelli e delle Ville e costoro che sono diretti a vantaggio dei loro Castelli e delle Ville, siano obbligati e debbano, senza nessun salario, sotto penalità di 10 libre di denaro, e debbano scrivere i nomi, le presentazioni o i risultati dei sindacati, e comandare a costoro  che denuncino i reati, e facciano le altre cose a cui siano obbligati. Inoltre i balivi, che citassero questi Sindaci o alcuni altri dei Castelli e delle Ville, in qualunque occasione, o modo o motivo, in nessun modo possano né debbano ricevere nulla da costoro <sindaci>, per il loro lavoro, più di quanto a loro venisse concesso per disposizione degli statuti. E il balivo che abbia trasgredito sia condannato imperdonabilmente a 20 soldi di denaro e riguardo a ciò si creda al giuramento di colui dal quale ha ricevuto di più.

2 Rub.51

La libertà concessa a coloro che vengono per insegnare o per studiare nella Città di Fermo.

    Coloro che vogliono venire nella Città di Fermo per studiare, o per insegnare qualche scienza, o per praticare l’esercizio di qualche arte, liberamente e tranquillamente vengano con le loro cose, con la servitù e con persone, malgrado le azioni di rivalsa concesse o da concedersi in futuro a chicchessia.

2 Rub.52

I cittadini, dai quali il Comune di Fermo non ottiene rispetto, non siano difesi quali cittadini.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che i Cittadini e gli altri abitanti della Città dai quali il Comune di Fermo non riceva atti reali e personali o misti di sottomissione, non siano difesi al modo dei cittadini, né godano del beneficio di alcun statuto di questa Città. E tale statuto peraltro non sia inteso né venga applicato a coloro che hanno dal Comune di Fermo privilegi, immunità, ed esenzioni reali e personali o miste o qualcuna di queste.

2 Rub.53

I Notai del Podestà, del Capitano, o del Giudice di giustizia, o di altro officiale forestiero non possano rivelare al pubblico i contratti.

   I notai del Potestà, del Capitano, del Giudice di giustizia o di ogni altro qualunque officiale ‘forense’ non ardiscano, né presumano scrivere o pubblicare alcun contratto né alcuni atti civili o statuti da cui possano ricevere qualche compenso o recepirlo dalle parti, o da persone speciali se non esclusivamente gli atti per i quali sono stati incaricati dal proprio Rettore e senza percepire un salario. E qualora abbino trasgredito, gli atti o gli altri contratti, per lo stesso diritto, non abbiano validità e incorrano nella penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre nessun Notaio, né officiale tra gli anzidetti osi né presuma fare rogito o pubblicare qualche testamento, i codicilli, una donazione in occasione di morte, né altra ultima volontà, sotto pena di 100 soldi di denaro. Ma questo signor Podestà, il Capitano o il Giudice di giustizia e i loro officiali, a richiesta e a volontà di chiunque che essi detenessero nel loro carcere, e che dovesse essere condannato all’ultimo supplizio, siano obbligati e debbano chiamare e far accompagnare a quel tale così detenuto uno o due notai della Città per far scrivere l’ultima sua volontà se abbia voluto farla; sotto penalità al Podestà, al Capitano o al Giudice di giustizia, quando sia stato negligenti nelle dette cose, di 200 libre di denaro.

2 Rub.54

IL Podestà sia obbligato ad assegnare l’esenzione da imposte (franchigia) a coloro che vengono ad abitare nella Città. 

   Chiunque forestiero (forense) che sarà venuto, dal giorno di oggi in avanti, ad abitare nella Città di Fermo e avrà giurato la cittadinanza e di abitare in perpetuo in questa Città, e avrà voluto sottomettere se stesso e le sue cose sotto la giurisdizione della Città di Fermo e fare un acquisto nella Città secondo le sue possibilità, entro quattro mesi dal giorno dell’accoglienza, costui e costoro da qualunque luogo siano stati, siano accolti tra i Cittadini e si conceda a loro il privilegio della franchigia di dieci anni secondo la forma dello statuto o della delibera della Città di Fermo. E non siano di alcun giovamento il privilegio né l’immunità concessi, qualora colui o coloro a cui il privilegio della franchigia sia stato concesso, non abbiano fatto, entro il detto tempo di quattro mesi, l’acquisto, nonostante un capitolo, né alcun privilegio, e sia obbligato a pagare la tassa del ‘fumante’ <focolare> per la rata in proporzione della ricchezza delle sue cose e secondo l’imposizione del fumante, già fatta nel tempo e da farsi. E colui che verrà ad abitare nella Città Fermana e avrà avuto il privilegio della franchigia e sia stato accolto come Cittadino, anche se sia stato un figlio di una famiglia, sia considerato e trattato e reputato per ogni cosa e in tutte le cose, nei contratti, nei processi, nelle cause civili e penali, nella sua azione giuridica, e nel difendersi, nel disporre e nell’organizzare i suoi beni e nell’esercizio di qualsiasi cosa, come ogni padre di famiglia, nonostante la patria potestà sua. E qualora qualcuno degli anzidetti abbia fatto un acquisto con frode di qualche cosa che è posseduta dal venditore e non posseduta da colui che mostra che ha fatto l’acquisto, si presuma che l’acquisto sia stato fatto con frode e il venditore sia punito a 10 libre di denaro e di questo bando <penalità> la metà sia per l’accusatore o per il denunciatore. E quando colui che è stato accolto, abbia fatto l’acquisto, come è detto sopra, sia immune e esente da tutti gli atti reali e personali di sudditanza fino al detto tempo di dieci anni; ad eccezione per l’esercito e per il salario del Podestà, cose per le quali non sia e non debba essere immune, in realtà sia esente da ogni altro atto di sudditanza. E qualora un officiale gli imponesse qualcosa o gliela comandasse e lo gravasse per alcuni altri atti di sottomissione, egli non sia obbligato ad obbedire agli ordini dell’officiale; e l’officiale trasgressore sia punito nel tempo del sindacato a 10 libre di denaro. E un Sindaco che accolga costui come Cittadino venga disposto nel Consiglio generale della Città di Fermo; e il Notaio o il Cancelliere ne faccia rogito e da costui riceva le promesse e le stipule. Vogliamo inoltre che se gli anzidetti che venissero accolti tra i cittadini, o qualcuno di loro, prendessero moglie nella Città di Fermo o nel contado, e da questa sua moglie gli provenisse qualche podere, sia obbligato a pagare l’estimo del valore riguardante questo podere della moglie, nonostante la sua immunità. Inoltre diciamo la stessa cosa allorché a costui per la morte di qualcuno, provenisse qualcosa da un testamento o <da lascito> senza testamento, e sia obbligato a pagare al Comune l’estimo sulle cose pervenutegli in tale occasione, come non fosse esente né immune. Inoltre diciamo che il tale che fosse stato accolto come Cittadino sia obbligato e debba far scrivere l’acquisto che egli abbia fatto nel registro degli estimi del Comune di Fermo, nella contrada in cui abbia avuto l’abitazione, con il suo nome, come sono iscritti gli altri cittadini, in modo tale che l’acquisto e i possessi suoi appaiano con evidenza, affinché non si possa commettere una frode; e qualora egli abbia fatto in maniera diversa egli sia privato del privilegio e dell’immunità e dell’esenzione.

2 Rub.55

L’ immunità da concedersi alle persone che vengono e vogliono abitare nelle terre e nei possedimenti con estimo <dei beni> per le persone della Città di Fermo.

   Tutti coloro che, da oggi in seguito, di qualunque luogo siano stati, fuori dalla Città e dal contado di Fermo, verranno per abitare e per fare l’abitazione, la perpetua residenza, assieme con tutta la loro famiglia, se l’hanno avuta, in e sopra un possesso di qualche Cittadino della Città di Fermo e questa possessione sia stata descritta e posta nel registro degli estimi del Comune e da ciò venga pagato un estimo al Comune di Fermo, e fosse stato posto entro le seguenti senaite <delimitazioni a confine>, cioè dal trivio di Spirnachia direttamente fino al fiume Tenna, e sino al varco Tosiani di Tenna, fino al fiume, e direttamente dal detto Trivio Spirnachia, oltre da San Giovanni di Busio e da san Cipriano, di qua verso la Città <Fermo>, e Monte Rosario <Rosato>, e Colle Brunetti, e da Monte San Martino, e da Monte Morino fino al fiume Tenna, e fino al mare, e attraverso la strada del mare e dal Castello di Grotta Azzolina di qua verso la Città, e da Santa Polinaria o san Bartolomeo di Ponzino di qua, e dal Castello di Rapagnano di qua verso la Città, dovunque <sia> dentro o fra questi luoghi e confini, e qualcuno di questi verso la Città, e i Borghi della Città, da questi luoghi oltre, o in qualcuno di questi, se sono <possessi> negli estimi, come <detto> sopra; <costoro> non diano al Comune di Fermo nessun atto di sottomissione reale, personale né estimo, né fumante, ma siano liberi e esenti da tutte le singole dette cose, di qualunque genere siano e potessero essere. E il Podestà o il Capitano o i loro servitori, o un qualche altro officiale del Comune di Fermo, non facciano molestie né gravino costoro già detti o alcuno di essi, con nessuna prestazione di ossequi <atti di sottomissione>, in nessun modo, sotto pena di 100 fiorini d’oro dal loro salario e con vincolo di giuramento, ma siano obbligati a fare la difesa di questi stessi e dei loro beni e della famiglia. E qualora sia stato inferto a questi immigrati qualche danno ad opera di alcuni banditi <esiliati> o da chiunque altro, e se i nomi di danneggiatori non fossero conosciuti tale danno debba essere risarcito a costoro dal Comune di Fermo. E riguardo all’estimo dei danni si accetti quello che dicono coloro che hanno sofferto il danno, fino alla somma di 20 soldi di denaro, con giuramento, e per più di ciò fino a 100 soldi si accetti quanto essi dichiarano assieme con un testimone e con giuramento; e per più di ciò, con le prove di due o tre testimoni degni di fede; tuttavia in modo tale che qualora il danno, dato a costoro o a qualcuno di essi, sia stato causato da tali esiliati <condannati> del Comune di Fermo i quali avessero i padri, i fratelli e i figli, siano obbligati al risarcimento essi e non il Comune. E il Podestà sia obbligato e debba costringere questi al risarcimento, in modo reale e personale, con efficacia. Inoltre se qualcuno  abbia ucciso qualche bestia, o polli, oche e simili nelle case di abitazione di questi immigrati o di qualcuno di questi, oppure uno sciame delle api abbia fatto distruzioni in queste loro abitazioni, paghi per penalità 25 libre di denaro; ma se non abbiano fatto le dette cose dentro queste case, ma al difuori, nelle possessioni, o nelle vie pubbliche all’intorno di tale abitazione, per mezzo miliare, sia punito 10 libre di denaro e si faccia risarcimento a chi ha sofferto il danno con il doppio in ognuno dei casi già detti. Inoltre se qualcuno abbia percosso uno degli anzidetti <immigrati> oppure uno dei loro familiari, oppure abbia usurpato le loro cose, sia punito al doppio di quanto sarebbe punito se avesse offeso un altro o ne avesse usurpato le cose.

2 Rub.56

I nobili del Contado non paghino le ‘collette’ <dazi>.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che i nobili del contado che vengono per far i servizi del Comune di Fermo a proprie spese e coloro che hanno possessi nella Città e nel contado o nelle pertinenze della Città di Fermo, e questi sono stati messi nell’estimo nei Castelli del Comune di Fermo, siano liberi ed esenti dalla prestazione di qualsiasi colletta. I “comitatensi” <abitanti del contado> infatti si intendano essere i nobili che stanno a servizio del Comune di Fermo con i loro cavalli ed a loro spese. E quei “comitatensi” che vogliono praticare questo capitolo siano obbligati a farsi iscrivere prima che venga imposta qualche dativa e facciano promessa di servire al Comune in tempo di guerra, a tutte loro spese e con propri cavalli ed armi, e per queste cose prestino cauzioni idonee e sicurtà. E da allora in poi non possano avere cavalli né stipendi dal Comune, e nondimeno essi siano obbligati a pagare per tutti i possessi di cui abbiano avuto abitudine di pagare la dativa al Comune e di quelle cose che sia venute e perverranno ad essi per qualunque motivo e qualora questi nobili si siano rifiutati di fare le cose qui dette, non possano godere del beneficio del presente statuto, e siano costretti alla prestazione delle dative imposte e da imporsi nel Comune di Fermo.

2 Rub.57

Il Notaio degli estimi del Comune di Fermo.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che i Notai degli estimi della Città di Fermo i quali aggiornano ed hanno gli estimi del Comune in carte bambagine, siano obbligati a scrivere questi estimi in fogli di pergamene e a ricopiare come debbono e per come sono stati eletti. E il Capitano futuro costringa coloro che non abbiano scritto le cose anzidette, né abbiano ricopiato in pergamene di scriverli e di ricopiarli in fogli di pergamene, come hanno obbligo e hanno dovere e il Capitano faccia dare loro le pergamene per questi estimi per mezzo del Tesoriere del Comune, e i Regolatori del Comune per queste cose concedano ad essi la ‘bolla’. E allo scopo che non avvenga alcuna frode per il Comune, quando i terreni, le case o altre cose sono cancellati e quando sono iscritti, siano obbligati e debbano riscuotere il giuramento da entrambe le parti che chiedessero che si faccia il cambiamento o l’iscrizione o la cancellazione in modo che non lo facciano con frode al Comune, e non per motivo di esimersi da qualche ‘fumante’ <tassa da focolare> del Comune, in tutto, né in parte né allo scopo di uscire fuori da qualche Consiglio. E chi abbia trasgredito sia punito a 10 libre di denaro. Riguardo alla copiatura nei fogli di pergamene, i Regolatori possano concedere loro le ‘bolle’ con il salario deciso per loro. In ciascuna contrada sia eletto un Notaio buono e legale per dover tenere il registro degli estimi della contrada in cui sia stato eletto. E questi Notai <siano eletti> nel modo e nella forma in cui vengono eletti il Notaio o i Notai che hanno gli stessi registri, sotto penalità di 25 libre di denaro; e dopo ultimato il loro officio siano obbligati a riconsegnare questiregistri per i loro successori nell’officio, in presenza dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia. E l’officio di questi Notai e di ciascuno di essi abbia la durata di soltanto un anno; e ultimato l’officio siano eletti altri nella forma predetta e si proceda a una nuova elezione. E colui che sia stato in questo officio non possa essere eletto dopo sino a 5 anni allo stesso officio. E dopo ultimato il tempo di un anno, questo Notaio sia obbligato e debba andare presso i signori Priori del popolo e presso il Gonfaloniere di giustizia, affinché sia eletto il suo successore, sotto la detta penalità. E il Podestà e il Capitano del popolo siano obbligati e debbano adempiere tutte le dette cose, con vincolo di giuramento e con penalità di 100 libre da pagare nel tempo del loro sindacato.

2 Rub.58

Le pacificazioni sono da farsi ad opera del Podestà.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Podestà entro il primo mese del suo governo debba efficacemente adoperarsi per far fare tutte le paci fra i Cittadini Fermani, interponendo le sue parti, come a lui sembrerà convenire; purché tuttavia non costringa con sentenza coloro che rifiutano del tutto di fare pace.

2 Rub.59

Il Podestà o il Capitano o i loro officiali non dicano un’offesa ad alcuno.

   Inoltre Decretiamo ed ordiniamo che il Podestà o il Capitano o qualsivoglia altro officiale del Comune di Fermo non osi né presuma di dire né di fare un’offesa a nessun ‘arringatore’ nel Consiglio sotto la pena di 25 libre di denaro, per ciascuna volta quando abbia trasgredito in queste cose. Se in realtà si sia espresso altrove, non nei detti Consigli, sia condannato alla metà di detta penalità e il Sindacatore sia obbligato a prelevare questa pena dal loro salario durante il sindacato di costoro o di qualcuno di essi.

2 Rub.60 

La libertà e la franchigia per coloro <immigrati> che da dieci anni abbiano abitato nella Città di Fermo e per i vassalli che vengono e che vogliono abitare nella Città. In questo caso nessuno possa essere Procuratore per i “forensi”.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che chiunque abbia abitato in modo continuativo nella Città di Fermo per dieci anni di tempo perdurante ed entro questo tempo non sia stato molestato né gravato di fronte al Giudice competente riguardo all’omaggio, alla fedeltà o al servizio nel dovuto e negli usi, non venga in seguito inquietato riguardo a qualcuna delle dette cose. E questa investigazione sia fatta sommariamente, senza spesa per quella persona che è convocata e non ci stia nessuno come “forense”, in tali casi, Avvocato o Procuratore, contro qualche Cittadino che fosse convocato sulle dette cose; e qualora abbia trasgredito, non sia ascoltato, e sia punito a 10 libre di denaro. E si intenda la stessa cosa per quelli che siano venuti ad abitare nel distretto di Fermo; purché in entrambi i casi, siano resi Cittadini e facciano un acquisto secondo la forma dello statuto. La stessa cosa diciamo riguardo agli uomini dei Castelli che siano venuti ad abitare presso la Città Fermana, se vi abbiano abitato per dieci anni e non siano vessati riguardo alle dette cose di fronte a un Giudice competente. Inoltre chiunque come “forense” sia venuto ad abitare nella Città di Fermo, o nel contado di questa, e abbia abitato in questa Città e nel contado o abiterà in futuro per dieci anni continui, senza molestia, né turbamento né interpellanza fatta riguardo a lui di fronte a un Giudice competente, non possa esser turbato e non ci sia validità di molestarlo da parte di alcuno, né che sia molestato a motivo di <tassa> di vassallatico o di omaggio, ma sia e si intenda liberato da ogni vassallatico e omaggio.

2 Rub.61

I Notai siano obbligati a redigere atti.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che un Notaio che è richiesto che faccia qualche istrumento, sia obbligato a scrivere questo istrumento e completarlo e darlo alle parti entro gli otto giorni successivi dal giorno quando ha fatto il rogito, dopo che dalle parti gli è stata data la mercede per il suo lavoro e per la carta. E se il Notaio abbia trasgredito, paghi la condanna di 5 soldi di denaro e ciascun Notaio debba scrivere per se stesso in un protocollo e in una ‘abbreviatura’ <nota> di qualsiasi contratto di rogito che egli debba scrivere e riportarvi gli anni del Signore, l’Indizione, il mese, il giorno, il numero, i pesi, le misure e le quantità dichiarate tra le parti, cose chiare e palesi e non oscure né confuse. E il Notaio sia obbligato a scriverlo allorché sarà stato richiesto, prima che le parti si allontanino da lui, e a leggere prontamente per tali parti contraenti quello che ha scritto e il Notaio alla fine di ogni contratto scriva: «Io … tale Notaio rogato scrissi» sotto pena per il Notaio che trasgredisca, di 100 soldi di denaro. E i contraenti prontamente dopo le dette cose, debbano pagare al Notaio, per il suo lavoro di rogito, la competente mercede, sotto pena di 20 soldi di denaro; e il Notaio entro l’ottavo giorno dopo queste cose, debba fare l’istrumento per le parti, se avranno voluto, sotto pena di 20 soldi di denaro e rendere nella forma ufficiale per le parti o per qualcuna di esse che lo abbia richiesto. E di tutto quello che sia restato nel rogito il Notaio sia obbligato a fare un protocollo in qualche libro registro e non su cartucce o cedole, sotto pena di 100 libre di denaro se non lo abbia fatto. Inoltre ciascun Notaio che sia stato chiamato a fare qualche istrumento e per fare il rogito di qualche contratto, sia obbligato ad andarci, sotto pena di 20 soldi di denaro, salvo che non abbia avuto un giusto motivo di giustificazione. Inoltre ciascun Notaio che sia stato chiamato o richiesto da qualcuno che volesse fare una protesta al Podestà, al Capitano o agli altri officiali, oppure volesse interporre un appello, sia obbligato ad andare e fare rogito sulle dette cose e scrivere questa protesta o appello e redigerla in forma pubblica e consegnarla a colui che lo ha indotto. E se abbia trasgredito, paghi il bando (condanna) di 25 soldi di denaro, e qualora colui che abbia indotto il Notaio per le dette cose non abbia pagato a questo Notaio la competente mercede, sia punito a 20 soldi di denaro e nondimeno sia obbligato a compensare.

2 Rub.62

Avere il Sindaco e il Procuratore per Fermo nella Curia Romana e nella Curia del signor Marchese <della Marca Fermana>.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo per il buon stato della Città di Fermo e affinché il Comune non incorra in un pericolo né in un danno e affinché non ci sia validità al decadere i suoi diritti, dato che molti processi e condanne sono fatti ad opera del Rettore della Marca Fermana e i Giudici della sua Curia contro il Comune e contro le persone della Città di Fermo e del suo distretto e dato il fatto che le cause di appello non proseguono, come per la maggior parte sono abbandonate. I signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia, quando a loro sembrerà utile, possano eleggere un solo Sindaco per il Comune di Fermo il quale stia e debba stare nella Curia Romana o nella Curia del signor Marchese, o un solo Sindaco in una sola Curia e un altro nell’altra, come a loro sembrerà opportuno. Questi debbano tenere la difesa delle cause del Comune di Fermo e per essi e per ciascuno di essi possano e debbano decretare il salario che sia giusto e congruo. E questi signori Priori possano dichiarare a costoro questo salario. Questo salario venga imposto e riscosso insieme con il salario dei Podestà e del Capitano.

2 Rub.63

Le lampade dei mercanti della Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che otto lampade debbano esserci, ed ardere nella sera, e durante la notte, e essere accese sul crepuscolo vespertino, ossia fra il giorno e la notte, e per tutta la notte debbano permanere accese, e lungo la strada da San Martino fino la chiesa di San Matteo: e affinché questo sia fatto si debbono costringersi tutti i mercanti della Città a loro spese ad opera del Podestà. Inoltre ci siano dodici lampade allo stesso modo e forma, che debbano essere accese ed ardere nel modo anzidetto da San Matteo fino a San Zenone. E tutti i mercanti della Città, i quali nelle stesse vie e strade hanno le botteghe o i posti in stanze, siano obbligati a contribuire per le dette cose e lo facciano e si faccia e si debba fare a spese loro. E il Podestà faccia fare le dette cose con vincolo del giuramento.

2 Rub.64

Sia consentito ricusare uno statuto.

   Ordiniamo che chiunque abbia rinunciato a qualche statuto, non possa in seguito utilizzare il beneficio dello stesso statuto per il quale da lui sia stata fatta rinuncia; tranne quando in uno statuto di questo volume si trovasse scritto che in qualche <preciso> caso il beneficio di uno statuto non può essere rinunciato; allora, nonostante il presente statuto, sia salvaguardato ciò che in esso fosse disposto, e a questo o a questi <statuti>i non intendiamo derogare con il presente statuto.

2 Rub.65

Quando un affare del Podestà o di una persona speciale, venga trattato in un qualsiasi Consiglio, oppure nella Cernita, <costui> debba starsene lontano.

   Quando si sta trattando, in qualche Consiglio generale o speciale o in qualche Cernita o <adunanza> di Credenza su un fatto di qualcuno, del Podestà, del Capitano, o di altro officiale della Città di Fermo o di altra persona speciale e questo fatto o affare, riguardasse il comodo o l’incomodo di qualcuno degli anzidetti, vogliamo che in questo Consiglio, Cernita, o Adunanza non debba essere presente lo stesso tale officiale o altra singola persona il cui comodo o incomodo viene trattato, e neanche (siano presenti) i fratelli carnali, e consobrini, né i nipoti carnali e consobrini, né i generi, i suoceri, i cognati carnali dei costui, né coloro del cui comodo oppure incomodo sia sta trattando. Qualora questi sia stato presenti in questo Consiglio, Cernita, o Credenza, il tale officiale già detto o l’altra perdona speciale, del cui comodo oppure incomodo si trattasse non debba essere presente, neanche <presenti> i fratelli carnali e consobrini, e i nipoti carnali, consobrini, generi, suoceri e cognati carnali di costui o costoro del cui comodo oppure incomodo si trattasse. E qualora fossero <presenti> in tale Consiglio o Adunanza debbano allontanarsene e qualora non lo abbiano fatto e restassero presenti e quando in tale Consiglio, Cernita, o Credenza si compisse o deliberasse qualcosa nel servizio di costui, non abbia validità quanto sia stato fatto e deliberato a favore di costui. E i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia siano obbligati sotto penalità di 100 libre di denaro,

ad espellere da questi luoghi

il tale del cui fatto si trattasse e i già nominati qui, attinenti a ciò, e non <si debba> permettere che restino, e qualora siano stati negligenti nelle dette cose siano obbligati a pagare la detta penalità nel tempo del loro sindacato.

2 Rub.66

Quando qualcuno abitasse o avesse l’abitazione ai confini delle contrade, sia a lui lecito farsi registrare nella contrada dove più gli sia piaciuto.

   A colui che abita nel confine di due contrade, oppure al confine in mezzo a due contrade della Città di Fermo, sia lecito, e possa farsi registrare nella contrada dove lui abbia preferito nel registro dei ‘focolari’ <famiglie>, anche nel registro del Consiglio e in qualunque altro registro o scrittura che comprendesse le contrade e possa esercitare l’officio e usufruire del beneficio in detta contrada, dove sarà iscritto per il fumante e per il Consiglio e come gli altri di detta contrada fanno, e usufruiscono. Dopo scelta una contrada non possa recedere per un’altra contrada.

2 Rub.67

Il Podestà, il Capitano e gli altri Officiali del Comune siano obbligati e debbano fornire compiacimento di se stessi.

   Decretiamo e ordiniamo che tutte le porte dei Palazzi del Comune di Fermo e le porte del Palazzo del popolo, siano aperte dalla prima ora del giorno fino alla terza ora, e <poi> dall’ora nona fino al tramonto del sole, ad eccezione delle porte delle camere e nelle ore in cui mangiano o dormono, nei tempi consueti. E il Podestà o il Capitano e ciascuno di questi, quando abbiano trasgredito, venga punito per ciascuna volta a 50 libre di denari dal suo salario, da pagare al Banchiere del Comune di Fermo. Essi non possano porre una cedola o una scrittura di alcuni <uomini> nei muri o nelle stanghe, nelle colonne, né nelle porte, né in alcun altro edificio di questi palazzi, né possano proibire ad alcun Cittadino o abitante di Fermo che entri in questi palazzi nei tempi e nelle ore consuete. Tuttavia questo statuto non si applichi nelle porte del Palazzo dove sono i Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia di questa Città.

2 Rub.68

La custodia e l’immunità <nei castelli> di San Benedetto, di Monte Falcone e di Smerillo.

   Dato il fatto che molte e diverse novità sono viste che possano capitare ed avvenire in diversi tempi e che per i Castelli di San Benedetto del Tronto, di Monte Falcone, e di Smerillo e di Gualdo, per ciascuno di questi c’è necessità di un allestimento di fortificazioni, e noi volendo provvedere più accortamente alla custodia e alla difesa di essi, decretiamo e ordiniamo che quando i Castellani e i Sergenti sono mandati a custodire questi Castelli o qualcuno di questi, prima che questi Castellani, e Sergenti vi siano mandati o prima che vi vadano per tale custodia, a loro e a ciascuno di questi sia pagato da ogni avere e dall’erario del Comune tutto il salario che debbono riceverlo per sei mesi quando debbono stare a custodire questi Castelli. E il signor Podestà e il Capitano e i Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia, che ci saranno nel tempo, siano obbligati e debbano, sotto vincolo di giuramento, sotto la penalità di 100 libre di denaro per il Potestà o per il Capitano e per ciascuno di questi; e <penalità> di 50 libre di denaro per ciascun Priore, e per il Gonfaloniere e debbano far fare il detto pagamento a questi Castellani e ai Sergenti per mezzo del Banchiere del Comune, secondo il loro potere, senza ritardo, a richiesta di questi Castellani, e per le custodie di ciascuno di tali Castelli, nel giorno in cui debbono iniziare la loro custodia. E questi Castellani e Sergenti e ciascuno di questi, sotto pena di 50 libre di denaro, per ciascuno di loro, siano obbligati a fare bene il servizio ed in ciascuno di questi Castelli, cioè nella Rocca dello stesso Castello, debbano aver continuamente e conservare le cose commestibili necessarie per il vitto che siano almeno durevoli per tre mesi per tutti gli aiutanti i quali debbono stare in queste Rocche. E questi Castellani e i Sergenti che staranno a custodire queste Rocche, non possano né debbano allontanarsi in nessun modo da questa custodia, ma debbano far residenza continuamente in queste Rocche,

 e coloro che, tra i Sergenti di ciascun Castellano tra gli anzidetti, debbano rimanere giorno e notte continuamente in ciascuna di queste Rocche cioè nella torre della stessa Rocca per fare la custodia. E colui che abbia trasgredito in qualcosa, sia punito con la pena dello statuto del Comune di Fermo. E il Podestà e il Capitano e ciascuno, ad opera propria, sia obbligato a mandare un suo milite o uno solo dei suoi notai insieme con i Regolatori del Comune o con qualcuno di questi, a fare la rivista delle Rocche del Comune di Fermo, secondo la forma dei nostri statuti, e a vedere se in queste ci siano fortificazioni adeguate e se i Castellani hanno tutti gli aiutanti che debbono avere. E questi Regolatori, uno solo o molti, che saranno andati a vedere le cose anzidette insieme con questo officiale, debbano fare segnare (la puntatura) se avranno trovato qualcuno che non avesse gli aiutanti dovuti; e sia accolta la relazione di costui e si dia piena fiducia a costui.

2 Rub.69

Tutti i singoli abitanti del Castello di San Benedetto debbano sorvegliare bene questo Castello notte e giorno.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che tutti e i singoli abitanti del Castello di San Benedetto, che attualmente ci sono e che ci saranno in futuro, siano obbligati e debbano con sollecitudine, giorno e notte,

vigilare, occuparsi e usare attenzione a che questo Castello di San Benedetto sia ben custodito. E siano obbligati a risistemare gli steccati verso il mare e tenerli integri. E quelli, che siano andati ad abitare in questo Castello, siano liberi ed esenti dalla prestazione dei fumanti e di dazi (dative) fino a dieci anni dal giorno in cui siano venuti ad abitare in questo Castello, cosicché questi stessi non possano e non debbano, in alcun modo, essere molestati riguardo ai detti dazi.

Rub.70

I mugnai debbono eleggersi i Capitani.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Podestà, il Capitano, o il Giudice di giustizia, quando iniziano il loro officio di uno di loro, o del loro governo, con vincolo del giuramento e sotto la pena di 50 libre di denaro da prelevare dal loro salario, siano tenuti e debbano riunire ed obbligare i Mugnai della Città per fare il Capitano tra gli stessi Mugnai, cioè uno solo nel primo corso superiore dei Molini e un altro nel corso inferiore dei Molini sotto i primi mulini situati in detto corso <d’acqua>. Questi Capitani siano obbligati a spese dei padroni degli stessi mulini a mandare l’acqua in una posizione di tale modo che i mulini possano in ogni tempo macinare e che gli uomini di questa Città, nel macinare, non abbiano a ricevere alcun danno nel macinare a causa della mancanza dell’acqua.

2 Rub.71

Vendite e donazioni fatte da qualcuno che divenisse Cittadino Fermano.

   Chiunque sia venuto nella Città di Fermo ad abitare con la cittadinanza e sia stato accolto come Cittadino di questa Città e, quando, a motivo di questa cittadinanza, abbia comprato una abitazione e alcuni possessi in Città o nel distretto di Fermo, oppure, a qualunque altro titolo, abbia acquistato questi possessi, non possa vendere questi possessi o abitazioni né alcuno di questi, né alienarli, né, con qualunque titolo trasferirli ad un altro tra i vivi, senza l’espressa licenza dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia, insieme con i Regolatori del Comune affinché non eviti la cittadinanza né si allontani con la sua famiglia e con le altre cose sue; e questi signori Priori e il Gonfaloniere e i Regolatori possano concedere questa licenza quando a loro sembrerà opportuno

che tali cose non accadano a motivo di evitare la predetta cittadinanza. Se poi qualcuno abbia trasgredito e abbia fatto la vendita o altro contratto tra i vivi in contrasto contro la predetta forma dello statuto, senza aver ottenuto la licenza, come detto sopra, la vendita, l’alienazione e qualsiasi altro contratto fatto non abbia validità per il diritto stesso e la cosa venduta in tal modo pervenga al Comune e sia assegnata al Comune di Fermo e tanto l’acquirente quanto il venditore o chi celebri un altro contratto tra i vivi incorrano nella pena di 25 libre di denaro per il fatto stesso, per ciascuno di essi e debbano incorrervi senza alcuna sentenza e senza il ministero di alcun Giudice. E chi trasgredisce, su tutte queste cose dette sopra, possa da chiunque essere accusato o denunciato; e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà del bando <condanna> cioè di queste 25 libre. Vogliamo anche che il Podestà e il Capitano e ciascuno di questi costringano e debbano costringere tutti singoli coloro che avessero promesso o promettessero la cittadinanza della Città di Fermo e i loro fideiussori ad abitare nella Città di Fermo, e a pagare le pene e i bandi già detti, sul fatto,  omettendo ogni solennità e sostanza del diritto e degli statuti, e in base al vedere e sapere se hanno fatto promesse, a richiesta del Sindaco del Comune o di un altro qualsiasi Cittadino o abitante di questa Città.

2 Rub.72

L’osservanza degli statuti.

    Il Podestà, il Capitano, qualsiasi altro officiale della Città di Fermo sia obbligato e debba praticare tutti i singoli statuti del Comune di Fermo che riguardano e concernono gli offici di essi stessi e di ciascuno di loro, sotto la pena contenuta negli stessi statuti. E se la pena non fosse aggiunta in questi, siano obbligati e debbano metterli in pratica, sotto la penalità per ognuno che trasgredisca, di 100 libre da prelevare, per ciascuna volta, dal salario loro, e di ciascuno di loro.

2 Rub.73

Che i terreni siano soggetti al pagamento dei tributi.

   Affinché gli estimi del Comune di Fermo non siano diminuiti, vogliamo ed ordiniamo che tutti i fondi rustici, e urbani, le abitazioni e tutti i possessi ubicati nella Città e nel contado di Fermo, siano e si intenda che debbano essere tributari, per l’avvenire, alle casse del Comune di Fermo, e registrati per gli oneri dei tributi e per le ‘collette’ <tasse> da imporsi in questo Comune di Fermo, e per tutti gli oneri da imporsi in questo Comune dal giorno odierno

 in poi, e siano obbligati e debbano essere obbligati dovunque questi possessi o qualcuno di essi siano indirizzati per questi oneri, nonostante alcuni privilegi, immunità, ed esenzioni concessi a chiunque, e da concedersi in futuro; sempre salvi i patti fatti e stabiliti tra il Comune di Fermo e gli abitanti del contado o i nobili del contado, o della Città di Fermo o altre private persone, per le quali cose non intendiamo derogare in alcunché con il presente statuto.

2 Rub.74

La parte delle vecchie condanne che va data agli Officiali.

   Affinché gli officiali abbiano materiale per eseguire le condanne vecchie, decretiamo e ordiniamo che il Podestà, il Capitano, il Giudice di giustizia, o il Bargello della Città di Fermo e ciascuno di questi, abbiano e debbano avere due soldi di denaro per ciascuna libra dei denari che abbiano fatto assegnare al Comune, a motivo della esecuzione delle precedenti condanne fatte ad opera dei loro predecessori e nei tre mesi antecedenti il loro officio. E il Banchiere del Comune, nel tempo in cui egli stesso abbia ricevuto la somma della condanna, sia obbligato a dare questi due soldi al tale officiale che fa l’esecuzione e a colui che fa l’esecuzione. Riguardo poi alle condanne fatte ad opera dei loro predecessori e di ciascuno di questi, ne tempo successivo ai detti tre mesi, prima dell’inizio del loro officio, non possano, né debbano ricevere nulla dal Comune né dal Banchiere del Comune, ma siano obbligati a eseguire senza un premio e senza ricevere niente denaro; e il Podestà e i suoi officiali possano eseguire le condanne fatte ad opera del Potestà, o del Bargello. E il Bargello, e ciascuno di coloro che fanno l’esecuzione delle condanne fatte ad opera del Podestà e del Capitano, ricevano i due soldi, purché l’officiale nulla riceva, dopo i detti tre mesi, per le vecchie condanne pubblicate e fatte dal predecessore, nonostante qualche altro statuto del presente volume che disponga il contrario. E vogliamo la deroga totale di esso in questa parte per mezzo del presente statuto.

2 Rub.75

La giurisdizione del milite del Podestà.

   Ogni Milite o il Socio del Podestà della Città di Fermo possa esaminare, e porre fine sulle cause civili che si svolgono davanti a lui, ed emettere la sentenza fino a 100 soldi e non per una somma maggiore né per una cosa di una maggiore somma; a meno che non sia avvenuto pacificamente, per volontà delle parti, e la loro giurisdizione non sia stata prorogata esplicitamente. E questo Milite, o il Socio, possano esaminare e portare alla fine le cause vertenti di fronte ad essi, in maniera sommaria, semplice, amichevole, senza chiasso né parvenza di processo, in ogni tempo, anche festivo, ad eccezione però delle feste fatte in onore di Dio, dopo trovata la sola verità del fatto, omettendo ogni solennità e sostanza dei processi.

2 Rub.76

 Le deleghe da fare a qualcuno del denaro e di altre cose del Comune.

   In vigore e per l’autorità della presente legge sia fatto lo statuto e sia decretato, al fine che la nostra Repubblica abbia credito e, quando sarà stato opportuno, venga sovvenzionata con denari e al fine che le cose, una volta che saranno state deliberate, siano mantenute sempre stabili, e non siano rimosse, ogni delega e promessa di denari o di qualsiasi altra cosa delegata e promessa ad opera del Comune di Fermo, sia sempre valida, stabile e mandata in esecuzione, così pure, in futuro, ogni delega e promessa di denari e di qualsiasi cosa che si debbono delegare e promettere ad opera del Comune, e questa delega e la promessa, una volta che siano state fatte ad opera della Cernita e del Concilio, oppure si facessero di nuovo siano valide. E i signori Priori e i Regolatori, che ci saranno nel tempo, non possano fare proposte né farle fare in alcun modo nella Cernita e nel Consiglio, neppure rimuovere tali cose in altro modo, né ostacolarle per qualche richiesta o aspetto, né fare il contrario e così nessuno possa né debba dare consiglio, né fare un’arringa contraria a questa presente legge, sotto penalità a ciascun Priore e a ciascun Regolatore, e a chi faccia l’arringa o dia il consiglio,  per la penalità di 100 ducati da riscuotere sul fatto da chiunque faccia trasgredisse le cose già dette, penalità da assegnare alla Camera del Comune a vantaggio della costruzione delle mura.

2 Rub.77

I Militi e gli Officiali e del Capitano non possano entrare nelle abitazioni per le esecuzioni dei reati civili e dei danni dati.

   Per eliminare le lamentele che gli abitanti del contado fanno di continuo a causa di estorsioni, che vengono fatte dagli officiali che vanno per il contado per fare le esecuzioni, entrando nelle case di questi comitativi, e portando via cose commestibili e anche altri beni, con il massimo danno e pregiudizio per i comitativi, pertanto con l’autorità della presente legge decretiamo che, per l’avvenire, questi militi e gli officiali del Capitano e del Podestà, o i loro aiutanti, che vanno nel contado per fare esecuzioni, tanto reali, quanto personali, sia per i misfatti, che per i danni dati, e per i debiti civili, non possano entrare nell’abitazione, o nelle abitazioni di questi comitativi, né degli abitanti in questo contado, senza la presenza di due o almeno uno dei Massari della Credenza dei Castelli di questo contado; e qualora costoro abbiano trasgredito, per il fatto stesso, siano privati degli offici e siano licenziati da questa Città. E questi Massari di Credenza non appena sia stato stati cercati dai detti (officiali) o da qualcuno di essi, immediatamente, senza indugio o qualsiasi renitenza, sul fatto stesso e per lo stesso diritto, siano tenuti, debbano e siano obbligati ad andare, ed accedere con essi nelle abitazioni anzidette, sotto la pena di 10 libre di denaro per ogni Massaro trasgressore, o renitente, da riscuotersi e da assegnare al Comune di Fermo, a questo scopo che i predetti militi, officiali e i loro aiutanti non sottraggano o non portino via dalle dette abitazioni neppure le cose commestibili, né prendano in alcun modo il vino, né mangino, né bevano.

2 Rub.78

L’osservanza degli statuti delle Società e dei Castelli della Città di Fermo.

   Inoltre decretiamo che i signori Priori del popolo, e il Gonfaloniere di giustizia, il Podestà, il Capitano del popolo e gli altri officiali del Comune di Fermo non debbano praticare, né fare praticare altri statuti, né gli ordinamenti di qualche Castello, o Villa del contado di Fermo, né di qualche Società o del Collegio, se i detti statuti o ordinamenti non fossero approvati, ad opera della Cernita, nella maggior parte. E qualora fossero approvati e confermati dalla detta Cernita, e non siano stati in alcuna parte contrari a qualche statuto della Città di Fermo, che abbiano la piena validità di vigore. In verità, chi trasgredisce, anche coloro che fanno gli statuti anzidetti, o coloro che ne fanno uso, e che li allegano consapevolmente mentre non fossero stati approvati dai già detti, siano puniti con 25 libre di denaro e nondimeno in nessun modo i detti statuti e ordinamenti non abbiano valore automaticamente.

2 Rub.79

Tutti i pegni debbano essere consegnati al Depositario.

   Al fine che i pegni, che vengono presi, non siano persi, ma siano conservati sotto una buona custodia, con l’autorità della presente legge decretiamo che tutti i singoli officiali, e i Balivi di questa Città siano obbligati e abbiano dovere, nello stesso giorno nel quale un pegno o i pegni siano stati fatti, o siano stati comandati che si facciano, che li depositino o facciano depositare presso il Depositario dei pegni, da eleggersi e da destinarsi ad opera dei signori Priori e dei Regolatori sotto pena per ciascun officiale, o Balivo trasgressore di un fiorino da trattenersi, sul fatto, dalla loro paga, per ogni pegno, e per rimediare qualora il pegno fosse andato perduto. E questo Depositario dei pegni sia obbligato e debba descrivere tutti i pegni nel suo registro, o nel bastardello e annotare i nomi dei padroni e conservarli bene. E abbia per il suo lavoro 4 denari per ogni pegno al tempo della loro restituzione. E se detti pegni, dopo che siano stati consegnati a questo Depositario andassero perduti, lo stesso Depositario sia obbligato a restituire l’estimo o il valore dei pegni perduti. E così egli si obblighi, prometta e faccia fideiussione al tempo della sua elezione.

2 Rub.80

Il compenso da pagarsi agli Officiali del Contado per le scritture, per le esecuzioni reali e personali e per gli altri atti.

   Allo scopo di evitare lamentele, o illeciti pagamenti che vengono fatti agli officiali del contado sopra le richieste e le esecuzioni e altri atti civili, con la presente legge decretiamo che gli officiali del contado, per l’avvenire, per le richieste, o altri atti da farsi dinanzi a loro, per qualunque motivo e somma questi siano, non possano chiedere, né ricevere, per i debiti civili, più di un bolognino per ogni richiesta e per ogni atto. E così per le esecuzioni civili, tanto personali quanto reali civili, abbiano un bolognino per ogni singolo ducato, e non chiedano, né ricevano di più, cioè fino alla somma di 40 ducati, computando 40 Bolognini per singolo ducato. E sopra i 40 ducati in su, qualsiasi sia la quantità, non possano chiedere, né ricevere oltre Bolognini 40 per una escussione di detta somma, qualunque essa sia.

2 Rub.81

Elezione e officio del Bargello.

   I signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia e i Regolatori, i Capitani delle arti, i Confalonieri delle contrade, insieme con quattro buoni uomini per ciascuna contrada da eleggersi ad opera di questi signori Priori, o dalla maggioranza di questi, ogni volta che ad essi sembrerà che sia utile per il Comune, abbiano la potestà, l’autorità, il pieno potere di eleggere, di chiamare o di nominare il Bargello nella Città e nel contado di Fermo. Questo Bargello, in questo officio, abbia con sé un bravo Notaio maggiore di 25 anni, sette aiutanti armigeri e due cavalli buoni e valevoli. In realtà il salario di detto Bargello, per lui, per la servitù, e per i cavalli anzidetti, debba essere di 500 libre di denaro della moneta corrente in Città e nel contado di Fermo, e con un salario maggiore o minore, secondo come sia stato previsto e deciso dai detti signori <Priori> o dagli altri già nominati, oppure <deciso> dalla maggior parte di questi stessi. Questo Bargello debba venire nella Città di Fermo, e stare in detta di Città, per tutto il suo tempo con la detta servitù, personalmente e di rimanere con i cavalli, con ogni suo rischio, e a sue spese. Inoltre sia obbligato, in maniera personale, all’esercizio continuo del detto officio, e che non lo eserciti tramite un sostituto. Debba, inoltre, portare la ‘mora’ nel nostro contado, nei fortilizi e nel distretto ed andare quasi di continuo con la detta scorta militare per esercitare il suo officio, con a suo carico tutti i pagamenti e le spese, né riceva alcunché gratis dalla comunità né da particolari persone. E debba fare la presentazione del detto suo Notaio, degli aiutanti e dei cavalli ai Regolatori del nostro Comune, ad ogni loro richiesta. Inoltre, dopo ultimato il suo officio, debba e sia obbligato a sottostare con il suo Notaio e con gli aiutanti al sindacato per 5 giorni, e presentare il rendiconto delle cose da lui gestite e amministrate, purché non siano obbligati se non per i furti e ‘baratteria’ egli stesso o i suoi aiutanti e il Notaio. Qualora egli stesso, o il suo Notaio, o qualcuno della sua servitù a causa del proprio officio (mai sia!) venisse condannato per qualche ragione, non chiederà, né farà chiedere qualche rivalsa (rappresaglia) contro la Città di Fermo, o il contado o qualche terra che aderisce al questa stessa Città, né contro persone speciali di questi luoghi, né farà uso di dette rivalse, alle quali esplicitamente rinuncerà a nome suo e dei suoi officiali e degli aiutanti, per le quali prometta come cosa decisa. Dopo l’accettazione del suo officio, legalmente, negli opportuni Consigli della sua detta terra, faccia deliberare le cose anzidette Egli sia obbligato a portare con sé questa delibera alla sua venuta e le debba presentare al Cancelliere del Comune di Fermo. Si aggiunge questa condizione, che qualora, durante l’officio anzidetto sia accaduto che il Bargello muoia (mai sia!) il salario a lui promesso venga pagato per la quota parte e non per intero, e oltre al detto salario non riceverà nulla se non ciò che a lui fosse stato concesso dalla forma dei nostri statuti. Non debba avere con sé alcun officiale o aiutante che sia stato al servizio del crudelissimo tiranno Rainaldo da Monteverde, o avesse qualche altra inibizione secondo la forma dei nostri statuti. Questo Bargello abbia l’ordinaria giurisdizione di investigare, di fare la procedura, di punire e condannare, in modo sommario, semplice, con calma, senza processo, né alcuna solennità contro ogni persona che esportasse, dalla Città di Fermo e dal contado di Fermo, le vettovaglie, le biade, i cereali, l’orzo, i legumi e per ogni altra cosa proibita dalla forma di qualche statuto e dell’ordinamento della Città di Fermo. E sia obbligato e debba, contro i questi già detti, fare indagini e investigare, condannare e punire quelli trovati colpevoli. E abbia e debba avere la quarta parte delle penalità, di quanto avrà fatto incassare al Comune di Fermo per detta ragione o a ragione della scoperta fatta ad opera sua oppure di un suo officiale, cosicché tre parti <della penalità> siano assegnate al Comune, e la restante quarta parte sia per il detto Bargello per le cose scoperte da lui e da un suo officiale. In realtà, qualora questo Bargello non abbia scoperto questi fraudolenti e coloro che portavano le biade o le dette vettovaglie, ma qualche accusatore o denunciatore sia sopraggiunto, quando legalmente avrà fornito le prove dell’accusa e della denuncia per mezzo di testimoni, o per mezzo di legali e sufficienti indizi, questo accusatore o denunciatore, a motivo di questa sua accusa o denuncia, abbia la quarta parte della penalità che fosse assegnata, con successo, al Comune; così che tre parti rimangano al Comune, e la restante <parte> sia dell’accusatore o denunciatore. Inoltre questo Bargello, quando catturasse e conducesse nel carcere del Comune qualche ‘bandito’ e condannato della Città di Fermo, nella persona, a motivo di una sommossa o di un attentato di turbare il presente Stato libero e popolare, egli abbia 100 libre di denaro dall’erario del Comune di Fermo, per ogni condannato e ‘bandito’ per la detta causa o ragione. Qualora poi catturerà un altro ‘bandito’ e condannato nella sua persona, per altra circostanza o motivo diversi dal turbare lo Stato, se sia stato condannato alla morte, in modo principale o sotto condizione, cosicché dovesse perdere la vita personale, abbia e che debba avere, per la detta occasione, e dal detto Comune e dal Banchiere del Comune 50 libre di denaro. Qualora di fatto si tratti di un bandito e condannato ad essere privato di qualche membro in modo principale, o sotto condizione, cosicché l’esecuzione venisse fatta in qualche membro di costui, il Bargello abbia da detto erario, dal Banchiere libre 25 di denaro. In realtà, qualora catturasse uno e conducesse il catturato e lo portasse nel carcere del Comune e presentasse qualche bandito e condannato contumace e per qualsiasi occasione per contumacia condannato <multato> in denari, egli abbia e debba avere, per questa ragione, due soldi per ogni libra di quella somma che con successo abbia fatto assegnare al Comune. E il Banchiere del Comune sia obbligato a pagare a questo Bargello le dette somme entro un mese dal giorno della esecuzione fatta al detto condannato nella persona o in un membro, e per il condannato in denari, entro il terzo giorno, dal giorno del pagamento che deve esser fatto da tale condannato; sotto penalità per detto Tesoriere se trasgredisce di 100 libre di denaro. Vogliamo tuttavia che qualora questo Bargello, o il suo Notaio o un suo aiutante offendesse qualcuno tra questi condannati (banditi) o uno di costoro che volessero prosciogliere le dette cose vietate fuori dal contado, o resistessero al detto Bargello, o al suo officiale o all’aiutante nell’esercita il suo officio, non sia soggetto ad alcuna pena. Inoltre, il detto Bargello sia obbligato, possa e debba punire e condannare tutti i singoli che, secondo la forma dei nostri statuti, arrecano danno di persona o con gli animali nei possedimenti o nelle cose di un altro; qualora egli stesso, o un suo officiale, abbia scoperto coloro che arrecano il danno, e in fragranza di reato, a ragione della sua scoperta, abbia la quarta parte della penalità, di quanto ha fatto incassare al Comune. Il Giudice di giustizia della Città di Fermo, nello stesso modo, ha e debba avere comunque le stesse cose, nonostante alcun statuto già fatto o che si farà che si esprima in contrario, e a codesto espressamente deroghiamo. Inoltre vogliamo che tutti i guadagni anzidetti concessi al Bargello riguardo a chi esporta le vettovaglie e le biade; anche i guadagni di colui che cattura questi banditi, siano intesi come richiesti e concessi al signor Podestà, al Capitano e al Giudice di giustizia e a ciascuno dei loro officiali, e a tutti gli altri officiali della Città e del contado di Fermo. Tutti singoli costoro, abbiano i detti guadagni quando catturassero i detti <delinquenti> o qualcuno degli stessi, e li scoprissero, nel modo come li avrebbe questo Bargello, se egli stesso scoprisse, o catturasse, o facesse tali cose. Inoltre vogliamo che non sia lecito a nessuno nella Curia del Bargello stornare, avocare o interporre, in altra maniera, le sue parti, a servizio dei tali trovati <colpevoli> per qualcuna delle dette cose vietate, specialmente al servizio di qualche esportatore o di uno che vuole esportare il grano, le biade o le vettovaglie in contrasto con la forma dei nostri statuti. Se, in realtà, qualcuno informato oppure non informato, sia venuto e avesse parlato a servizio degli anzidetti <delinquenti>, per il fatto stesso incorra nella penalità di 100 libre di denaro, da prelevargli ad opera del Bargello o di qualunque altro officiale e da assegnare al Comune di Fermo. Si aggiunte a questo statuto che quelli della Grascia<annona> della Città di Fermo, sotto penalità di 100 fiorini d’oro, non possano concedere il permesso di esportare le vettovaglie dal contado di Fermo, più di 5 salme di grano, orzo e di altre biade, senza il permesso dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia e della Cernita che deve decidere su ciò, e in tale Cernita siano presenti i Regolatori, i Capitani delle arti, il Gonfaloniere delle contrade e quattro buoni uomini per ciascuna contrada, o la maggioranza di questi. E qualora si facesse in modo diverso, non abbia validità in alcun modo. E dato che già su cosa sia la “Grassia” (grascia) e cosa sia contenuto nel nome “grassia” è stato ripetuto il dubbio, in altra occasione, affermiamo e dichiariamo che nella parola “grassia” siano compresi e siano intesi il grano, l’orzo, la fava, il farro grande, le carni porcine, vive o macellate di recente. In verità al di fuori di queste cose qui dette, non vogliamo che altre cose di qualunque genere siano da comprendere nella parola “grassia”. Vogliamo anche che, se qualcuno nelle macellerie (beccarie) del Comune abbia comperato 20 libre di carni porcine, o meno di ciò, possa esportarle liberamente dalla Città e dal distretto di Fermo, e ciò abbia validità, senza pena.

2 Rub.82

I cittadini che sono al governo nell’officio del priorato.

   Decretiamo per il decoro e per l’utilità della Repubblica che tutti i Cittadini Fermani che stanno nell’ufficio del Priorato di questa Città e negli altri offici del Comune e non abitino al modo delle famiglie né hanno continua dimora in questa Città, come gli altri cittadini, da subito siano cancellati, rimossi e annullati dal già detto officio del Priorato e da ogni altro officio e beneficio del Comune di Fermo, e al posto di questi si mettano altri Cittadini Fermani che abitano al modo delle famiglie e hanno dimora continua con la propria famiglia in questa Città Fermana.

2 Rub.83

Per coloro che non partecipano alla Cernita e al Consiglio e per chi ha difficoltà a parteciparvi.

   Con questa legge si dià avvertimento che tutti i cittadini che non venissero alla Cernita e al Consiglio, siano obbligati a fare un’investigazione, paghino e siano obbligati a pagare la penalità di 5 soldi, per ciascuno e per ciascuna volta, con queste condizioni che sempre per il giorno antecedente o alla sera per il giorno seguente quelli della Cernita siano contattati a voce o nella abitazione della propria abitazione e il Consiglio, a sera, venga proclamato come si usa, e nel giorno in cui avviene questa Cernita, oppure il Consiglio, si suoni la campana a rintocchi, poi a distesa. E dopo suonata in questo modo, subito si faccia e si debba fare un accertamento e quelli che saranno riscontrati che non stanno presenti in tale verifica, come <detto> sopra, siano segnati e quelli segnati così siano obbligati a pagare tale penalità e siano costretti. Aggiungiamo anche che qualora nello stesso giorno in cui avviene la Cernita fosse necessario avvisare la riunione di Cernita, allora i cittadini siano interpellati a voce e se non venissero siano obbligati a pagare questa penalità di 5 soldi. Ma quelli che fossero interpellati nell’abitazione e non a voce, in tal giorno per lo stesso giorno, non siano obbligati alla penalità e non siano obbligati neanche quelli che avessero una giustificazione giusta e legittima per non esser potuti venire: E nessuno venga al posto di un altro, la sua voce sia lasciata o rimessa ad alcun altro, con nessun patto, sotto pena di 10 ducati. In realtà i <cittadini> deputati che non sono stati iscritti non vengano in alcun modo, né possano venire, sotto la stessa penalità di 10 ducati, per ciascun trasgressore e per ciascuna volta.

2 Rub.84

Le chiavi delle carceri stiano nelle mani del Podestà.

   Le chiavi delle carceri stiano presso il signor Podestà nostro Fermano, ed egli stesso tenga queste chiavi; e la metà del lucro di queste carceri sia assegnato al Comune, e l’altra metà sia per questo Podestà il quale debba fare conoscere al Notaio dei signori Regolatori <il giorno> quando qualcuno sia stato in carcere e similmente il giorno in cui uscito. Inoltre l’esecuzione per le carceri avvenga ad opera del Potestà e dei suoi officiali e il premio dell’entrata e dell’uscita sia per il Capitano, ma la mercede delle carceri sia per i militari associati e per il Comune di Fermo, per la custodia dei carcerati.

2 Rub.85

I debitori del Comune siano iscritti nel registro di “specchio” <copia>.

   I debitori del Comune che sono nel registro del Comune e che ci saranno per il futuro siano obbligati a pagare il loro debito alla scadenza di due mesi immediatamente seguenti dopo il giorno del debito accordato, altrimenti, dopo trascorsa tale scadenza siano iscritti nel registro di “specchio” <copia>. E qualora dopo che siano stati iscritti nel registro di Copia, questi debitori vissero estratti per qualche Officio del Comune, per tale volta, soltanto, vengano cancellati e non vengano ammessi a tale officio estratto, come sopra. E il Notaio dei Regolatori sotto penalità di perdita del salario del mese in cui abbia trascurato di fare questo, sia obbligato a dichiarare, nel pubblico Consiglio, i debitori annotati nel detto registro, in modo che i loro nomi pubblicamente siano ascoltati.

2 Rub.86

Per coloro che fanno chiasso nelle Cernite e nei Consigli.

   Allorché un turbamento fosse imminente apertamente, a causa delle abitudini trascorse e disordinate, nelle Cernite e nei Consigli, e ne conseguirebbe la rovina del presente Stato popolare, se non si avesse a prendere un provvedimento di moderazione affinché si viva secondo le leggi e

la giustizia in modo civile, urbano e con vera carità, e con grande dignità nei detti Consigli e Cernite, in modo che tutti i cittadini stiano conservando il decoro e non prorompano con gesti disonorevoli, per l’autorità della presente legge sia fatto lo statuto che qualora qualcuno nella Cernita o nel Consiglio si alzasse dal luogo dove egli siede e si muovesse contro qualche altro che sta nella Cernita o nel Consiglio, oppure stesse nel luogo dove lui siede e facesse minacce o dicesse parole ingiuriose, o facesse promesse contro qualcun che resta nella Cernita o nel Concilio, o facesse altra cosa contro la persona di qualcuno, o portasse turbamento alla detta Cernita o Consiglio in altro modo, oppure anche quando altercassero, giungessero alla rissa o alle mani in tale Cernita o Concilio, <costui> venga escluso dagli offici e dai benefici del Comune. I signori Priori che ci saranno nel tempo, sotto penalità di 25 ducati per ciascuno, anche per il Cancelliere del Comune sotto la penalità del salario di un mese, qualora non facesse un richiamo e non protestasse che questa legge sia mandata di esecuzione, essi nella stessa presente Cernita o Concilio siano obbligati e debbano mettere a votazione con fave, dichiarando che quel tale sia escluso dai detti offici e dai benefici del Comune; e chiunque vuole

 e approva che sia escluso dai detti offici e benefici del Comune consegni nel bussolo la sua fava nera del “sì”; e chi non vuole e non approva che il tale sia cancellato dai detti offici e benefici del Comune, consegni la sua fava bianca nel bussolo per il “no” e quando, dopo raccolte e contate le fave, per la parte in maggioranza venisse disposto, allora quel tale sia escluso dagli offici e dai benefici del Comune e sia considerato come escluso in perpetuo. Tuttavia incorra nella penalità di 5 soldi colui che in Cernita e in Concilio si alzasse dal suo posto e si recasse in un altro luogo per parlare con qualche Cittadino o in qualche modo parlasse oppure interrompesse il consigliere che sta nel luogo dell’arringa.

2 Rub.87

La riscossione delle condanne, tanto dei reati quanto di danni fatti, e di altri debitori fiscali.

    Decretiamo la presente legge allo scopo che si riscuotano e si assegnino al Comune le condanne delle pene e i beni confiscati per il Comune e altri debiti, tanto delle dative, quanto di altre cose fiscali. I Regolatori e il loro Notaio, all’inizio dell’officio del Potestà e del Capitano, siano obbligati e debbano con diligenza e sollecitudine preoccuparsi che ad opera del Tesoriere, a questi Podestà e Capitano e alla loro Curia siano consegnati tutti gli esiliati e i condannati e i beni di quei condannati che sono stati confiscati per il Comune, e anche tutti i debitori del Comune, tanto per le dative quanto per altri beni. E questi Podestà e Capitano e i loro officiali siano obbligati e debbano fare riscossione di queste condanne e dei detti beni confiscati e dei detti debitori. E quando la lista di questi condannati, dei beni confiscati e degli altri debitori viene consegnata a questi Potestà e Capitano e alla loro Curia questi Regolatori con il loro Notaio debbano fare un rogito con la presenza dei testimoni, facendo protesta e assegnando per un salario a loro favore. E qualora non facessero la riscossione, da subito ciò venga computato nel loro salario per l’autorità della presente legge. E qualora questi Regolatori saranno negligenti e non osservassero le dette cose, subito siano privati dell’officio di Regolatori.

2 Rub.88

Le insegne del Comune non siano date in dono ai Rettori.

   Con questa legge decretiamo che i Priori del popolo in nessuna Cernita, o Consiglio possano né debbano proporre o far proporre mai che lo stendardo, il vessillo, né le insegne del Comune si donino, né che si paghino al Podestà, o ai Capitani, o ad altri Rettori. E nessuno possa fare arringa o dare un consiglio a che tali cose si donino ai detti Podestà e Rettori, sotto penalità di 100 ducati per ciascuno dei Priori e di chi fa l’arringa, e con privazione di tutti gli offici e dei benefici del Comune e sotto penalità di 25 ducati e di privazione dell’officio per il Cancelliere che faccia la scrittura e per chi acconsente.

2 Rub.89

Nell’ottenere i benefici <del Comune> venga offerto il favore ai Cittadini Fermani e del Distretto.

   Dato che è utile e lodevole che a godere dei benefici ecclesiastici siano piuttosto i Cittadini e i distrettuali della giurisdizione Fermana e della Diocesi anziché i forestieri, con la presente legge decretiamo che la Comunità Fermana, nell’avvenire, sempre in ostacolo a estranei e ‘forensi’,

favorisca, intervenga ed operi, dovunque, presso il Sommo Pontefice, presso i reverendi signori Cardinali, presso il reverendo signor Vescovo Fermano e dovunque potrà essere necessario, con ogni modo, via, ragione, con lettere, con ogni sforzo e con tutte le forze affinché questi Cittadini <Fermani >e distrettuali conseguano questi stessi benefici, anziché altri esterni. Infatti non conviene che gli estranei occupino le cose che debbono essere dei Cittadini e dei distrettuali e pertanto in ciò non si ometta nulla di favorevole, tuttavia restando stabile la legge sullo scrivere una lettera per i benefici.

2 Rub.90

Come si possano fare le suppliche riguardanti i reati, il pagamento del capitale dei soldi e le grazie da ottenere.

   Per precludere le vie a quelli che vogliano fare suppliche che i reati restino senza punizione, decretiamo e comandiamo che i signori Priori, per il futuro, non possano né debbano accogliere le suppliche riguardanti i reati e le penalità dei gravi delitti oppure le condanne pecuniarie, se prima i delinquenti non abbiano ottenuto la pace dagli offesi, sotto pena di 10 libre di denaro per ciascun Priore e Cancelliere del Comune e per ogni volta che abbiano trasgredito. Dopo avuta questa pace e dopo che ne sia stata fatta fede per mezzo del rogito del Notaio di mano propria, nelle dette suppliche, essi possano ricevere queste suppliche e proporle nelle Cernite e nei Consigli, non in altra maniera: in precedenza i supplicanti abbiano pagato al Banchiere del Comune di Fermo sei denari per ciascuna libra della propria condanna dei soldi per le riscossioni. E di questo loro pagamento debba esserci riscontro nella detta supplica per mano di questo Banchiere o del suo Notaio, qualora le pene siano state meramente pecuniarie. Ma se le pene siano state condizionali e afflittive del corpo o taglio di membra, allora dopo che questi supplicanti precedentemente abbiano pagato due ducati di moneta a questo Banchiere e dopo che sia stata data la fede riguardo a tali pacificazione e pagamento, come qui sopra, essi possano riceverle e proporle, come detto sopra. Tuttavia si debba espressamente comprendere che nelle pene pecuniarie e in quelle condizionali, mai si possa fare il pagamento di soldi per riscossioni, né debba farsi oltre la somma di due ducati di moneta, nonostante che questa penalità pecuniaria ascendesse a somma maggiore, a ragione del pagamento di sei denari per ogni libra. A coloro che hanno fatto in tal modo le suppliche non si possano fare le grazie, né le condiscendenze di benefici, cioè della pace e del raddoppio delle penalità con un quarto aggiunto in più, a meno che non siano ottenute nelle Cernite e nei Consigli dai quattro quinti dei Cittadini <consiglieri> ivi presenti riuniti in sufficiente numero, con questa esplicita dichiarazione che sopra questi reati, processi e condanne di tali reati, cioè pene pecuniarie, non si possa soprassedere, né porre una scadenza, né si faccia altra grazia, né altra delibera, né concessione, né donazione a qualche chiesa, salvo sempre lo statuto riguardante l’offerta dei carcerati, neanche fare condiscendenza per qualche religione, per qualche persona, se non soltanto, almeno la remissione e la grazia dei benefici della pace, del pagamento, del raddoppio delle pene di un quarto aggiunto in più. A coloro che negano i reati, ai contumaci, a chi confessa, neanche si possa condiscendere con il beneficio della confessione, sotto pena di 25 libre di denaro a ciascun Priore, al Cancelliere del Comune, al Regolatore, al consigliere, da pagare sul fatto da costoro e da ciascuno di loro, per ogni volta quando abbiano trasgredito. E il Podestà e i suoi officiali siano obbligati e debbano riscuotere sul fatto queste penalità e farle riscuotere sul fatto, e senza alcun processo, ed abbiano la quarta parte di tali pene che nel tempo avranno fatto incassare al Comune, quando il Tesoriere del Comune le riceverà. E qualora da queste suppliche non si ottenessero le grazie, allora coloro che vogliano reiterare la supplica lo possano, facendo però salva la forma dello statuto nella rubrica che riguarda il modo di riunire il Consiglio riguardo al tempo di fare le proposte. Questi che vogliano fare le suppliche siano tuttavia obbligati a pagare di nuovo al Banchiere del Comune le dette riscossioni obbligate dei soldi. Quelli poi che ottengono la grazia nella Cernita e nel Consiglio riguardo alle dette condanne, entro un mese dal giorno della celebrazione del Consiglio, siano obbligati a pagare al Banchiere del Comune la tassa fatta dal Cernita e dal Consiglio. E dopo passata tale scadenza, queste grazie divengano nulle e siano considerate annullate. E coloro che non hanno fatto il detto pagamento non possano ulteriormente presentare una supplica per queste loro condanne, in nessun tempo, e le loro suppliche non siano accolte, sotto penalità di 10 ducati d’oro al Cancelliere dei Comune qualora abbia accettato queste suppliche, o le abbia lette. Inoltre i signori Priori non possano in alcun modo comandare agli officiali, né chiedere loro, né esortali, a che soprassiedano alle esecuzioni fatte, tanto reali che personali, riguardo alle dette condanne, prima che ci sia la delibera della Cernita, facendo salvo che se nella Cernita l’avessero ottenuto e l’esecuzione avvenga dopo la deliberazione della Cernita, in tal caso i signori Priori possano e debbano fare soprassedere, fino a quando non si facesse il Consiglio. Nelle pene condizionali, peraltro, si possa condiscendere a chi fa le suppliche, soltanto nella condizione, e non nella penalità pecuniaria, né alcuna parte di questa,

per il motivo che questa non sia stata pagata secondo la forma degli statuti

, dopo che si è incorsi nella condizione, e questa essendo pena principale pecuniaria, neppure alcuna sua parte, e questa per nessuna ragione né aspetto, possa essere rimessa né condonata sia incorso nella condizione principale pecuniaria. E per il diritto stesso, qualunque cosa sia stata fatta su ciò, senza aver eseguito tutte le cose qui sopra specificate, non abbia nessuna validità. E allo scopo di sbrigare le suppliche, i signori Priori, ogni settimana nel giorno di venerdì, siano obbligati e debbano

fare il raduno e riunire la Cernita in cui soltanto le suppliche vengano lette e proposte. Riguardo alle pene capitali poi decretiamo che per il futuro tutti gli omicidi, i grassatori o gli assassini, i traditori e anche i ladri che per i delitti di tali tipi sono incorsi nelle pene capitali, qualora tal cose nel tempo saranno pervenute nelle mani del Comune di Fermo o dei suoi officiali scontino le loro dovute pene stabilite secondo la forma dello statuto. Quelli che non sia stato possibile che fossero catturati, stiano esuli per un intero decennio da calcolare dal giorno quando i reati e i delitti sono stati commessi, entro questo tempo, una loro supplica non abbia validità, né questi siano ascoltati, in alcun modo, né possano avere grazia alcuna nel Comune. Peraltro se dopo passato il decennio avranno voluto fare una supplica, a questi sia concessa l’ammissione, dopo avvenuta la pacificazione e dopo fattane fede per opera di un rogito di un Notaio su ciò. Non si possa fare la grazia né altro condono per una quantità minore di 100 ducati di oro per coloro che siano stati della Città e per quelli del contado non si possa per meno della somma di 50 ducati d’oro da pagare di fatto, non si possa fare condono a lui, o ad altro, neanche condiscendere, né che ci sia un compenso. Non ci sia validità, per il diritto stesso, qualora si sia trasgredito con qualcosa in contrasto alle dette cose, ma i signori Priori che facessero proposte, e quelli che consigliassero, e quelli che scrivessero, incorrano nella pena di 100 ducati d’oro, da pagarsi, sul fatto, e su queste cose una condiscendenza non possa né essere data né avuta.

2 Rub.91

I custodi da eleggersi nei Castelli in riva al mare.

   Decretiamo che nei Castelli della riviera del mare siano eletti i custodi, cioè dieci nel Castello di Torre di Palme, sei nel Castello di Boccabianca, dieci nel Castello di Marano <=Cupra Marittima>, dieci nel Castello di Grottammare, quattro nel Castello di San Benedetto, uomini buoni e legali in ciascuno di questi Castelli, come già detto, e abbiano la durata di un anno, e siano nei e dei detti luoghi. E siano eletti per mezzo dei Priori, del Gonfaloniere e del Capitano o del Giudice di giustizia che ci saranno nel tempo. Questi debbano e siano obbligati a fare la custodia con sollecitudine, notte e giorno, e fare indagini che nessuno dei detti Castelli, né di altrove, presuma né osi in alcun modo comprare, né riporre, il mosto o il vino da questi Castelli, né da altro luogo, o in dono, o in deposito o con altra accortezza, neanche trasferire o portare ciò in qualcuno di questi Castelli da altri vigneti; neppure il mosto o il vino che è dei vigneti propri di questi Castelli e del distretto della riviera marittima di questi Castelli. E per chi abbia trasgredito ci sia la condanna per la Comunità del Castello a 100 libre di denaro, e per una persona speciale a 25 libre di denaro. E qualora i detti officiali siano stati negligenti nel fare le indagini e nel fare le denunce, siano condannati a 10 libre di denaro. E qualora essi abbiano commesso frode o inganno, e qualsivoglia di questi officiali siano puniti e condannati a 25 libre di denaro a favore del Comune.

 Inoltre in qualsiasi denuncia o inquisizione da fare ad opera di questi officiali o a opera di qualcuno di essi, il Capitano o il Giudice, che ci sarà nel tempo, abbia pieno arbitrio di fare inquisizione sulle dette cose, contro coloro che non fanno le denunce e possa inquisire e condannare, con ogni maniera e metodo che egli voglia, quelli chetrasgrediscono, secondo la forma scritta sopra.

                                                                  -.-.-.-.FINE del secondo libro.-.-.-.

                                                                           <Traduzione di Albino Vesprini>

Posted in Senza categoria | Tagged | Leave a comment

Giustozzi Raimondo ricorda quando ci si recava al molino. Esperienze lombarde e marchigiane a Corridonia :mulino al Chienti

QUANDO CI SI RECAVA AL MULINO

Un tempo, il contadino aveva poche occasioni per uscire dagli orizzonti delimitati dai propri campi. Andava all’udienza dal fattore una volta alla settimana, si recava al frantoio quando aveva raccolto le olive, andava al mulino per macinare il grano. La diffidenza verso chi poteva imbrogliarlo era tanta. Era proverbiale poi quella verso il mugnaio. “El murnée de la bela farina, cont i oeucc la varda, cont i man la rampina”. Il mugnaio guarda con gli occhi la bella farina e la ruba con le mani. Il detto brianzolo sta ad indicare che il mugnaio, presso il mondo contadino di una volta, non godeva di grande stima, perché era solito sempre alterare il peso della farina dal grano macinato. Analogamente, la scarsa onestà del mugnaio che ruba sul peso della farina, ha ispirato un canto popolare, in voga un tempo nel maceratese: “Vaco all’Inferno e c’era l’anticristo/ che la varba tenia a un mulinaro;/ lo mulinaro scia dato a la frusta/ perché non tene la velangia giusta;/ lo mulinaro scia dato a la corda/ perché tene la velangia  torta”. Vado all’inferno e c’era il diavolo che teneva per la barba un mugnaio. Il mugnaio sia condannato ad essere frustato perché ha la bilancia truccata. Il mugnaio sia appeso alla corda perché non ha la bilancia regolare. Anche la moglie del mugnaio veniva accusata come ladra: “la bella mulinara/ per lo mulino va;/ la rubba la farina/ con tutte do’ le mà”. La moglie del mugnaio  si aggira per il mulino e ruba la farina con tutte e due le mani.

Un tempo, l’ambiente dei mulini, disseminati lungo i corsi d’acqua, animava non solo la valle del Lambro in Brianza, ma anche le nostre vallate del Chienti e del Potenza. All’altezza di San Claudio al Chienti, lungo la ”carrareccia”, l’antica via “quae venit a mare”, c’è ancora il mulino Franceschetti. Si trova lungo la strada, sulla sinistra, provenendo da Civitanova Marche, poco dopo l’omonima Scuola Elementare. E’ nascosto da una scarpata. Dalla carrozzabile è visibile solo il tetto dell’edificio. La costruzione del manufatto risale, secondo alcuni documenti d’archivio, al 1144  ma era già funzionante circa vent’anni prima. Annibale e Claudio Franceschetti, proprietari del mulino vi hanno lavorato per quarantacinque anni, condividendo gioie, fatiche e soddisfazioni. Annibale, grande affabulatore, ogni volta che andavo a trovarlo, scherzava spesso sul proprio nome di origine cartaginese, lontano parente di Amilcare Barca, mentre suo fratello aveva un nome tutto romano, Claudio appunto, dal console romano Claudio Marcello. Annibale si era diplomato in agraria, mentre Claudio, più piccolo di lui di qualche anno, aveva frequentato le Scuole Industriali di Corridonia.Nel dicembre del 2007 ricevettero dalle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’onorificenza di Cavalieri della Repubblica Italiana.

Una volta il mulino era un punto d’incontro per tutti. Era per gli uomini quello che il lavatoio pubblico rappresentava per le donne. Si discuteva di quello che succedeva in paese o nelle campagne: l’udienza dal fattore, l’ultima figlia da maritare, le nevicate che avevano seccato i vitigni, l’ultima fiera del bestiame tenutasi nel paese vicino. Si scambiavano confidenze e si allacciavano amicizie che durano tuttora. Anche i carabinieri si recavano spesso al mulino, per farsi dare notizie che potevano essere importanti per loro. Inoltre, dato che il mugnaio era una persona colta e di cui ci si poteva fidare, di notte, anche i ladri, quasi sempre analfabeti, andavano da lui, affinché dividesse tra loro i soldi, oppure conservasse il bottino delle loro ruberie. Si iniziava a lavorare dalle quattro del mattino ed in alcuni momenti dell’anno si macinava il grano a ciclo continuo. I contadini anche per ingannare le lunghe attese, tiravano fuori dalla sporta la famosa “malletta”, un involtino legato assieme da “lu sparò”, un largo tovagliolo di stoffa grezza, disegnato a larghi quadrettoni, contenente pane, formaggio, salame e l’immancabile bottiglia di vino.

All’esterno del mulino si trovavano: il vallato, la “canada” del Lambro, canale di derivazione secondaria dell’acqua presa direttamente dal fiume, la chiusa, lo sfogo delle acque. Dentro il mulino c’era la sala delle macchine girevoli. Gli spazi per le lunghe attese erano più o meno ampi. Tra il rumorio delle mole e il fragore delle acque, l’ambiente si animava per il chiacchierio vario degli uomini. Ruote, cinghie, buratti, manovelle, cassetti; era tutto un fantastico armamentario sprizzante farina bianca o gialla a seconda che si macinava il grano o il granturco e tutto questo era comune ai mulini della valle del Lambro e del Chienti o di qualsiasi altro fiume d’Italia.

Sulla vallata del Lambro, nel suo medio corso, insistevano per un breve tratto ben sei mulini: Mulino Peregallo (Briosco), ancora funzionante, Mulino Crivelli (Giussano), Mulino Filo, Mulino Resica, Bistorgio, Mulino Ponte, questi ultimi quattro si distribuivano tutti, nello spazio di due chilometri appena, nel comune di Verano Brianza. In alcuni documenti del 1400, che ebbi modo di consultare nei diciotto anni di insegnamento trascorsi presso la Scuola Media di Verano Brianza, i quattro mulini, che avevano ognuno più corpi di fabbrica, contavano ben ventiquattro “rodigini”, ruote per la macinazione del frumento. Con l’avvento della prima industrializzazione, i mulini conobbero una diversa destinazione d’uso. Molti si trasformarono in filande, è il caso del Mulino Filo, altri in torcitoi, incannatoi, tessiture, cartiere e industrie chimiche. Il fiume Lambro, dal Celtico “Lamber” bell’acqua, proprio a seguito di queste trasformazioni epocali diventò ben presto uno dei fiumi più inquinati d’Italia. Ricordo ancora un grande striscione che legava le due opposte sponde del fiume all’altezza di Canonica Lambro (Triuggio): “Lo spirito del fiume risorgerà e punirà coloro che si sono resi responsabili della sua morte”. Si era alla fine degli anni settanta del ‘900. Oggi, sembra che le cose siano cambiate con l’istituzione del Parco della Valle del Lambro.

Per produrre la farina, si metteva il granoturco e il grano all’interno di un grande imbuto chiamato “arcella” o “tramoggia”; in seguito, il granoturco o il grano finiva tra due macine di pietra poste in posizione verticale. Il mugnaio, il “murnée” si tingeva di bianco se macinava il grano (murnée de bianc), si tingeva di giallo se macinava il granturco (murnée de giald).  Le due macine venivano mosse dalla forza motrice prodotta dall’azione dell’acqua che cadeva dall’invaso, in modo forzato, attraverso un condotto, sulla “retrecina”, una grande ruota messa in posizione orizzontale. Quest’ultima aveva all’estremità delle coppe in ferro o in legno che ricevevano lo “schiaffo” d’acqua che cadeva dall’alto in modo violento La forza dell’acqua, la cui quantità veniva regolata da una chiusa posta alla sommità dell’invaso artificiale, faceva muovere la retrecina che girava vorticosamente. Le due macine e la retrecina erano collegate ad un fusello di legno posto in verticale, che poggiava sopra una banchina. Un marchingegno in bronzo legava quest’ultima alle due macine. L’acqua veniva prelevata dal vicino vallato e la quantità d’acqua necessaria per la molitura doveva essere sempre dichiarata alle autorità competenti.

I raggiunti limiti d’età, ma anche la penuria d’acqua, utilizzata per scopi industriali ed agricoli, avevano consigliato i due fratelli Franceschetti a cessare l’attività molitoria, una quindicina d’anni fa. Dei tempi in cui il mulino era un luogo pulsante di vita, rimangono i ricordi che vanno conservati e tramandati. La farina di grano appena uscita dal mulino veniva subito utilizzata per farne del pane profumato, cotto nell’attiguo forno. Nel 1944, nel corso della seconda guerra mondiale, le truppe tedesche, che si fermarono sul Chienti nel mese di giugno, si sfamarono con il pane prodotto dal forno “Franceschetti” di San Claudio. Merita attenzione il mulino in questione, in vendita con la terra annessa, perché esiste da ottocento settantatré anni, muto testimone di epoche passate.

Raimondo Giustozzi

Bibliografia

Ronzoni D.F., Dai campi alla fabbrica, alle origini della Brianza industriale, Missaglia 1994

Ronzoni D.F., Alla ricerca delle radici perdute, per una storia di Briosco Capriano e Fornaci, Briosco 1985

La Valle del Lambro da Monza a Merone, Missaglia 1997

Ronzoni D.F., La Brianza, una terra, Missaglia 2001

Posted in Senza categoria | Tagged , | Leave a comment