Maria Eletta Sani lettera c. 134 Falerone Macerata

Maria Eletta Sani lettera c. 134
Viva Gesù
Ieri per qualche tempo dopo partita da lei, si allontanò da me il nemico: con rabbia si mordeva le dita perché io sempre più son risoluta di scoprire e dire con sincerità al Ministro di Dio e di obbedire. Questa notte ho dormito un po’ quieta prima dalle ore sei fino ore nove, poi ho incominciato a travagliare e penare. Alle ore undici sono andata alla Madonna con gran pena, ma tanto l’ho superato. Nell’esser ritornata mi è comparso il demonio in forma di donna – la similitudine mia – burlandomi come io vado alla Madonna e burlando la mia poca devozione. In questo lo credo, che in me ci sia poca devozione. Ma io non voglio lasciare di visitarla. Già i soliti assalti, angustie e inquietudini di non fare quello che mi ha ordinato la sua obbedienza. Non potevo portare la croce. Ho incominciato a fare la disciplina alle spalle e incominciavo a dire il ‘Miserere’ e il ‘De profundis’, dicendo: “Mi trovo nel profondo dell’iniquità, Signore, e per(ci)ò (e)sclamo a voi, mio Dio”. Subito mi ha incominciato le tirature dei bracci con dolori insoffribili. Non l’ho potuto terminare per necessità, ho lasciato di fare la disciplina. Ma questa sera la rifarò di nuovo. Mentre mi ha fatto vedere il nemico un’anima di una povera dannata, tutto fuoco, ho veduto come tutto il suo corpo scorticato ed insanguinato che faceva intenerire le pietre. (A) questo mi ha detto che in vita faceva tante e grandi e lunghe penitenze che ha durato lungo tempo di vita aspra (in) penitenze e poi in fine della sua vita si dannò e si è dannata: ora urla e pena per sempre. Insomma mi ha fatto vedere che benché una si flagell(i) e faccia delle penitenze, pure si danna. Oh, quanto mi ha fatto specie quest’anima: dopo aver fatta tanta penitenza, scorticata tutta la pelle e poi dannarsi, vederla tutta cinta di fuoco, o pene insoffribili di scriverglielo! mi fa (venire) i gricci alla carne. Oh, Dio, che vita timorosa! come bisogna vivere con timore di dannarsi! Non giova la penitenza. Oh, se lei avesse intesa questa infelice anima come si lamentava delle sue insopportabili pene e come i demoni la tormentano! Malediva le penitenze, malediva il tutto: per non (di)lungarmi tralascio. Gli basta saperlo e poi già lei capisce il misero stato di chi si danna per sua disgrazia. Il Signore ce ne liberi tutti. Non può credere il gran timore che mi ha lasciato questo. Mi raccomando alla Ss.ma Vergine acciò mi voglia liberare da queste pene da me meritate. Oggi poi mi trovo tutta afflitta e addolorata per ogni parte del corpo, con dolore al mio solito male, con una polluzione di sangue che mi fa svenire dalla gran debolezza. Non mi reggo in piedi. Oh, quanto mi sento sazia di soffrire più tante pene e angustie. Mi trovo impaziente, confusa, disperata e mille inquietudini di anima e di corpo. Mi aiuto più che posso, ma mi creda che mi sento una smania tra il corpo, le ossa e la pelle che mi morderei e mi scuoierei la carne da me stessa. Non si può vivere. Mi rivolgo verso Maria Addolorata acciò mi dia fortezza. Mi sento sepolta in un mare di pene. Mi raccomandi al Signore e per non poter più scrivere domando la sua s. Benedizione. Tanto domani spero di venire per miracolo della Ss.ma Vergine. /Ceralacca e indirizzo\ Al P. Scaramelli

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